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M A G A Z I N E G R AT U I T O D I A R T E E C U LT U R A
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M a r- A p r 2011 Anno X N.1
Milano e il Museo del Novecento:
uno dei volti della rinascita della città. Per capire meglio il progetto realizzato dall’architetto Italo Rota, abbiamo intervistato l’Assessore alla Cultura di Milano Massimiliano Finazzer Flory.
Impressionisti a Palazzo Reale:
le meraviglie del “salotto” di Sterling e Francine, l’incredibile collezione dei coniugi Clark, sarà in mostra fino al 19 giugno 2011. Dagli en plein air di Pissarro alle morbidi bagnanti di Pierre-Auguste Renoir.
Museo Diocesano:
gli anni della formazione di Caravaggio tra Venezia e Milano. Una mostra a cura di Vittorio Sgarbi dal taglio differente che mira a donare il giusto respiro al contesto in cui il maestro opera ricostruendone la formazione artistica.
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MILANO
Porte&mura
Romane, medioevali, spagnole ...le torri e le porte sono in legno, così fragili che il Barbarossa, solo 10 anni dopo, impiegherà un nonnulla per tirare giù tutto...
Blackcat_Wikipedia_Porta Ticinese medievale lato esterno
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ome sempre accade, la successione di dominazioni civili porta a rifacimenti architettonici volti a migliorie, mentre l’arrivo del “barbaro” di turno tutto annienta e distrugge. A questo corso e ricorso storico non si sono sottratti nemmeno i nostri bastioni, nati nel 49 a.c. e rimaneggiati sino al dopo guerra. Le epoche basilari per la loro presa di forma e di significato urbanistico sono sostanzialmente tre: la romana, a sua volta spaccata in Repubblicana e Massimiana, la medioevale ed infine la spagnola, fra le tre forse la più finalizzata ad un indirizzo essenzialmente militare. Nel 49 a.c., in piena epoca Repubblicana, ecco apparire il primo scheletro delle mura, rigorosamente di forma quadrangolare, così come voluto dai criteri urbanistici in uso a Roma. L’ossatura viene rimpolpata con l’inserimento, a
Mura spagnole distanza regolare, di sei porte. Partendo da nord e procedendo in senso orario, abbiamo le porte Cumana, Orientale, Romana, Ticinese, Vercellina, Iovia. Nel 286 d.c. Diocleziano nomina Milano capitale dell’Impero Romano di Occidente. Nel 291 vuole al suo fianco, conferendogli il titolo di Augusto, il suo pupillo Massimia2
no, forse per consolarlo da recenti disfatte militari. E’ Massimiano che amplia i bastioni verso nord-est, con l’aggiunta di altre due porte, Porta Nuova e Tonsa al Verziere, ed inglobando le Terme Erculee, situate allora nella attuale area compresa fra San Babila, Corso Europa e Piazza Fontana. I bastioni, per ora, non sono particolarmente alti, o solidi, od invalicabili: poco più che semplici postazioni per difensori accaniti contro nemici non troppo cattivi. Arriviamo al medioevo, esattamente al 1156, e troviamo mastro Guintellino che progetta, ricalcando pari pari la struttura dei bastioni già esistente, la Cinta Dei Terraggi, così detta perché ottenuta ammassando terra lungo le mura e ricavando, conseguentemente, un fossato. Le torri e le porte sono in legno, così fragili che il Barbarossa, solo 10 anni dopo, impiegherà un nonnulla per tirare giù tutto. Nessun problema, basta ricostruire il complesso in muratura ed il gioco è fatto. Nel 1171 i bastioni rinascono, più forti e più robusti di prima, visto che si arricchiscono di dodici porte minori, dette Pusterle, disposte in un tondo quasi perfetto. Bonvesin Della Riva definisce questa collocazione “Di mirabile rotondità”. Le Pusterle (Sant’Ambrogio, San Marco, Santa Eufemia etc.) sono robusti, piccoli fortini, caratterizzati, generalmente, da una sola arcata sotto la torre difensiva, al contrario delle porte primarie
con due arcate e due torri. La struttura dei bastioni resta più o meno inalterata per secoli, finché, sotto il dominio spagnolo, non si decide, esattamente dal 1546 al 1560, di procedere ad un ulteriore rimpasto estetico e strutturale. Ferrante I Gonzaga, governatore di Milano, intende assegnare ai bastioni il definitivo ruolo di fortificazione militare, e per far ciò aggiunge ulteriori quattro porte: Tosa, Tenaglia, Lodovica, Vigentina. Ma non è ancora finita, perchè nell’epoca napoleonica, Melzi d’Eril fa decadere la finalità militare delle mura per sostituirla con quella daziaria. Ma a Milano è presente il grande architetto Piermarini, allievo del Vanvitelli, il cui super richiestissimo lavoro fa capolino dappertutto al punto da mettere in moto le male lingue dell’epoca che parlano di lui come di un “raccomandato”, bravo, sì, ma pur sempre “raccomandato”. E figuriamoci se Melzi d’Eril se lo lascia scappare! foto di Lorenzo Fratti
Le preesistenti mura spagnole vengono abbattute, in un modo barbaro che tanto ricorda quello del Barbarossa, ed i bastioni si trasformano in novelli giardini pensili, rinverditi con alberi ed aiuole fiorite, dotati di panchine ed ingentiliti da un viale panoramico da cui ci si appaga della vista di tutta Milano, compresa quella del Duomo con sfondo, in giornate che allora si presumono pulitissime, di Alpi innevate. Al Piermarini viene anche affidato un progetto di ristrutturazione della Porta Orientale, concepito in un passaggio allo stile neoclassico. Il lavoro verrà in effetti svolto dal Cagnola, che appronterà un arco “provvisorio” per onorare l’entrata a Milano del vicerè Eugenio Di Beauharnais. Al rifacimento definitivo non si giungerà mai. Solo questi ultimi due saranno attualizzati, a partire dal 1827, dall’architetto Vantini. Nel 1860 Porta Orientale cambia nome e diventa Porta Venezia, mentre la piazza su cui sorge prende il nome di Piazza Oberdan, in onore dell’irredentista impiccato dagli austriaci. Inutile dire che di tutto questo impegnativo lavorio, oggi come oggi resta quasi nulla. Nell’immediato dopoguerra, infatti, i bastioni sono stati cannibalizzati per fare posto agli allora moderni mezzi di trasporto. Ma si sa... Il progresso non può guardare in faccia nessuno. Milena Moriconi
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MILANO
OTTAGONO
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Salotto buono di Milano
ra il 1867 tutti con il naso all’insù ad assistere allo spettacolo che avrebbe affascinato i milanesi fino al 1882: l’accensione delle luminarie per l’inaugurazione dell’incompleta Galleria Vittorio Emanuele II. La cronaca cittadina del tempo riportava: “un lungo applauso era scoppiato da tutte le parti e grazie agli echi sonori dell’immensa cupola, pareva centuplicato …”. Un aggeggio simile ad un trenino su rotaia, correva su un binario installato lungo le pareti accendendo i beccucci a gas delle lampade. Il minuscolo meccanismo fu battezzato “ul rattin”, “piccolo topo”. La Galleria fu realizzata, a partire dal 1865, dal giovane Giuseppe Mengoni, al quale è dedicata la lapide posta sull’intradosso sinistro dell’arco di Piazza Duomo: “Giuseppe Mengoni, creatore di questo monumento imponente segno della volontà di rinnovazione
e della fede nell’avvenire della città allora liberata dal giogo dello straniero, qui morì sul campo del suo ardimento delle sue lotte della sua vittoria il 30 settembre 1877, la vigilia del meritato trionfo”. Neppure cinquantenne, infatti, l’artefice della Galleria morì poco prima dell’inaugurazione cadendo da un’impalcatura. La Galleria faceva parte di un progetto di risistemazione dell’area che lo stesso Mengoni concluse con un arco di trionfo, sul lato nord di Piazza Duomo, di stampo neo quattrocentesco, perfettamente in linea con l’impianto dell’intera struttura in stile eclettico con originali e ardite coperture in ferro e vetro. L’ossatura della copertura è costituita da: 353 tonnellate di ferro e 47 metri separano il pavimento dal punto più alto mentre i due corridoi con volte a botte, sono alti 32m. La splendida cupola sovrasta l’incrocio dei
due bracci principali (rispettivamente 196 e 105 metri) che si uniscono a formare una piazza ottagonale, il salotto di Milano. Sotto la volta, in corrispondenza dell’incrocio dei due assi principali, grandi lunette in mosaico raffigurano i quattro continenti Europa, America, Africa e Asia. Sul pavimento, rifatto negli anni sessanta, sono rappresenta-
Un aggeggio simile ad un trenino su rotaia, correva su un binario installato lungo le pareti, accendendo i beccucci a gas delle lampade ti in mosaico gli stemmi di Milano e le tre capitali del Regno: il toro di Torino, il giglio di Firenze e la lupa di Roma mentre al centro campeggia lo stemma araldico dei Savoia. Proprio questo spazio, tanto caro ai milanesi, punto di collegamento tra due luoghi simbolo della capitale meneghina: Piazza Duomo e piazza della Scala, da una decina d’anni è divenuto il cuore di esposizioni, mostre, sfilate di moda, concerti, presentazioni di libri e di notevoli appuntamenti culturali che, con la manifestazione Milano Ottagono, si rinnovano tra settembre e ottobre con sempre maggior interesse di pubblico. Mariantonia Ronchetti
Arco della Pace La sestiga di Minerva
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a visione più poetica e simbolica dell’Arco della Pace è forse quella che si ottiene appoggiandosi alla balaustra che, alle spalle del Castello Sforzesco, protegge dal terrapieno che si erge sopra il Parco Sempione. La distanza che separa, allineandoli, i due punti di riferimento cittadini, racconta anche un po’ la storia di Milano. Percorrendola, ci si allontana dai bastioni dell’antica tirannide spagnola, le cui vestigia furono abbattute nel 1801 con decreto napoleonico, ma per volontà popolare, e si entra col passo del tempo nell’ottocentesca contesa franco-austriaca, cui corrisponde, sul piano urbanistico, l’imperiale ricostruzione dell’unica isola verde della città. Il giovane Napoleone Bonaparte chiese al Cagnola di riprogettare l’ingresso da Nord-Ovest ed iniziarono così i lavori per la costruzione dell’Arco che, diversamente da quanto atte-
stato nel romanzo Festa Mobile, non è affatto allineato ai parigini Archi di Trionfo del Carrousel e dell’Etoile. La disfatta di Waterloo, tuttavia, coincise con una battuta d’arresto nella elevazione del monumento, che riprese per mano austriaca nel 1826. Fu Francesco I d’Asburgo a dedicarlo a quella pace che aveva transitoriamente quietato le potenze europee, e i lavori passarono nelle mani di Londonio e Peverelli, che li completarono nel 1838. La fortuna però decise per la Francia e che i francesi ne celebrassero il trionfo (forse da qui l’errore di Hemingway e l’associazione d’idee), quando ad attraversarlo furono, in uscita, le truppe di Radetztky dopo le Cinque Giornate e, in ingresso, Napoleone III e Vittorio Emanuele II, dopo la Battaglia di Magenta. L’arco, che compone la Piazza Sempione insieme ai due laterali caselli daziari, è realizzato in marmo di
Crevola, alto 25 metri e largo 24. Come in un libro per il popolo i bassorilievi e le statue allegoriche narrano la storia e la geografia dei voti e dei miti risorgimentali. La fastosa Sestiga in bronzo che si riconosce anche in lontananza è opera di Sangiorgio e raffi-
gura sei cavalli che trainano un carro finemente decorato e condotto da Minerva. I lavori di restauro che iniziarono a metà degli anni Novanta lo hanno restituito ai milanesi solo nel 2010. Paola Teresa Grassi
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MILANO
SAN CARLO
La chiesa“al corso”
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n una delle vie oggi tra le più famose dello shopping milanese sorge la bella chiesa di San Carlo al Corso. L’attuale edificio, riconosciuto come uno degli ultimi esempi del neoclassicismo italiano, sorge sull’area dell’antica chiesa di Santa Maria de’ Servi, fondata nel XIII secolo e sede in città dell’ordine dei Serviti, soppresso per volontà di Napoleone nel 1799. Nella prima metà del secolo scorso, in occasione del nuovo assetto urbano dato al centro storico di Milano, acquista sempre maggiore rilevanza l’asse di collegamento tra il Duomo e la Porta Orientale, allora denominato Corsia dei Servi, oggi Corso Vittorio Emanuele. L’antica chiesa di santa Maria de’ Servi, che sorgeva lateralmente lungo la
i suoi motivi circolari, al Pantheon di Roma, modello molto in voga durante il periodo della Restaurazione, richiamato, oltre che dalla cupola ampia quanto il corpo della Chiesa, anche dalle esedre interne e dalle colonne che delimitano la piazza; né sono da dimenticare le significative somiglianze con la chiesa di San Francesco da Paola a Napoli e con il colonnato di piazza del Plebiscito della stessa città. L’intervento di Amati risalente agli anni tra il 1814 e il 1817, creò un edificio a pianta circolare, con presbiterio e aula centrale a pianta circolare con cappelle perimetrali, preceduto da una piazza porticata e introdotto da un pronao su colonne corinzie.
L’esterno risalta per un colonnato frontale, che si estende ai lati formando una piazza quadrata, aperta su Corso Vittorio Emanuele, composta da 36 grandi colonne monolitiche in granito di Baveno, poste su un’ampia gradinata. Come nel Pantheon romano, il portico frontale d’ingresso ha otto colonne; l’enorme cupola insiste sopra un tamburo cilindrico, abbellito da un’alternanza di semicolonne, finestre e nicchie, mentre la cuspide della lanterna è scandita da cariatidi angeliche che separano le finestre. All’interno della chiesa domina la grande aula realizzata in due ordini architettonici sovrapposti che scandiscono il ritmo nell’alternanza di bassorilievi e nicchie.
Il colonnato anulare in granito rosso che, come nel Pantheon, quasi addossato alle pareti, traforate da esedre che formano cappelle, di cui una, dedicata all’Addolorata, appartiene all’originale antica chiesa conventuale. Al centro, tra le esedre, si apre un profondo presbiterio con una sua piccola cupola, colonne laterali ed una ornamentazione assai ricca. Imponente la cupola centrale voluta da Carlo Amati e dipinta a trompe l’oeil con cassettoni. La chiesa di San Carlo al Corso è tutt’oggi officiata dai Serviti, che hanno da anni accompagnato all’impegno religioso, una intensa attività culturale e assistenziale. Francesca Mariano
Tra il Duomo e la Porta Orientale, allora denominata Corsia dei Servi, oggi Corso Vittorio Emanuele Corsia, venne allora demolita e su progetto dell’architetto monzese Carlo Amati (17761852), si iniziò nel 1839 la costruzione del nuovo tempio, in ringraziamento per la cessazione di un’epidemia di colera, intitolato a San Carlo Borromeo, il grande vescovo milanese che si era occupato, tra l’altro, delle grandi epidemie di peste del XVI secolo. Inaugurata nel 1847, la basilica si ispira, per
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festeggia il suo 10° anniversario cambiando look! La cover è completamente rinnovata, così come la veste grafica, per un taglio editoriale sempre più mirato a valorizzare la Cultura e i Tesori nascosti del nostro Paese, a partire dalle tradizioni più suggestive del territorio. Il free press mantiene sempre lo stesso formato quotidiano su carta di qualità per mantenere integra la propria identità e dare maggiore risalto alle immagini.
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Un vero e proprio “Compagno di Viaggio nel mondo dell’Arte”. Associazione Culturale Ok Arte 4
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MILANO
Villa Faccanoni Da villa a casa di cura
nella zona vicina alla fiera campionaria, con la palazzina Galimberti in via Buonarroti e la palazzina Salmoiraghi in via Raffaello Sanzio. I ricchi effetti cromatici della facciata sono creati dall’accostamento di materiali differenti, come pietre e piastrelle. I ferri battuti e in particolare il cancello sono tra le migliori realizzazioni di Mazzucotelli, il celebre artigiano lombardo specialista nel ferro battuto, che ha collaborato con Sommaruga alla progettazione della villa.
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a Milano di fine Ottocento con il suo sviluppo demografico ed economico fa da sfondo alla nascita di diversi edifici in stile Liberty tra cui Villa Faccanoni, diventata poi Villa Romeo ed oggi sede della clinica Columbus. Costruita nel 1913 dall’architetto Sommaruga, insieme a Palazzo Castiglioni è una fra le opere più conosciute dell’architettura liberty milanese. Villa Romeo, una bella palazzina di oltre 30 locali su 3 piani di 337 mq, con una grande portineria e un ampio giardino, faceva parte di un trittico di costruzioni del Sommaruga
Il fianco dell’edificio è abbellito con due morbidi nudi femminili provenienti dalla facciata di Palazzo Castiglioni
minciarono i lavori, cui partecipò tra gli altri anche di Gio Ponti, che trasformarono villa Romeo in casa di cura; i lavori furono interrotti a causa della guerra e l’edificio subì anche i bombardamenti. Con la fine della guerra si completarono anche le operazioni di trasformazione della villa, a cui furono applicati i criteri moderni: camere di degenza esposte a sud, sale operatorie centralizzate, strutture di accoglienza per i parenti dei ricoverati. Attualmente la clinica Columbus è gestita dalle Suore Missionarie del Sacro Cuore e si chiama Casa di cura Columbus, dal nome del Columbus Hospital che Madre Cabrini aprì a New York nel 1894 per accogliervi gli emigrati italiani.
Il fianco dell’edificio è abbellito con due morbidi e provocanti nudi femminili provenienti dalla facciata di Palazzo Castiglioni, che ritenuti scandalosi per l’epoca, furono prudentemente spostati nel giardino della villa. Poco prima dell’inizio della Seconda Guerra Mondiale co-
Anna Guainazzi
Arte: medicina spirituale A
rt-Ter tratta di arte terapia allo scopo di ottenere il sollievo dallo stress e la predisposizione psicofisica al miglior stato fisiologico possibile. Riprendono le mostre personali e collettive di “Arte: medicina spirituale” organizzate dall’Associazione Art-ter in collaborazione con l’Associazione Culturale Ok Arte nel contesto delle strutture ospedaliere più all’avanguardia. “Arte: medicina spirituale” sintetizza lo spirito del nuovo movimento che ha l’obiettivo di ottenere il sollievo dallo stress e la predisposizione psicofisica al miglior stato fisiologico possibile. Il movimento si propone inoltre come strumento di completamento ed estrema valorizzazione della cromoterapia. L’evoluzione del mondo consumistico, industriale e di mercato, se da un lato ha creato un certo benessere a cui nessuno di noi ormai è disposto a rinunciare, dall’altro sta inevitabilmente esaurendo le risorse naturali, ambientali e psicofisiche. Dalle statistiche è emerso che, in città frenetiche come Milano, il consumo di farmaci ansiolitici e antidepressivi è aumentato in maniera consistente non solo fra gli adulti ma, dato allarmante, anche tra i bambini delle scuole materne ed elementari. E’ auspicabile invece vivere in piena armonia rispettando l’ambiente circostante ed evitando danni che potrebbero in breve tempo diventare irreparabili per la sopravvivenza del nostro pianeta. E’ dimostrato scientificamente come il vivere in un ambiente sereno e luminoso sia di grande aiuto per la cura dei malati soprattutto con sintomi depressivi. L’Associazione culturale no profit ARTTER intende far riflettere l’uomo su quanto
sia importante trovare un rapporto di stabilità e di equilibrio tra la nostra civiltà “tecnologica” e le risorse umane ed ambientali che stanno esaurendosi nell’indifferenza totale. Il movimento artistico, di cui è fondatore l’artista Mike Ciafaloni, opera perchè sia realizzato il desiderio di tutti di vivere in un ambiente più umano, lavorare in luoghi salutari e utilizzare spazi adeguati per il proprio tempo libero. L’architettura, fondamentale nella costruzione di strutture senza
barriere per i disabili, può privilegiare i materiali ecologici e tutte le forme più armoniose. Nel 2009 Mike Ciafaloni ha realizzato “L’albero della vita”, un dipinto di oltre 33 metri (vedi foto) per il nuovo padiglione del Policlinico di San Donato Milanese. Attualmente sta lavorando a due imponenti opere che saranno collocate in maniera permanente, presso l’ospedale San Raffaele di Segrate (Mi).
Per partecipare alle selezioni di ARTE: MEDICINA SPIRITUALE o richiedere ulteriori informazioni inviare curriculum e fotografie di almeno 5 opere via mail a: info@okarte.org mail: francescabellola@gmail.com tel. 347-4300482
Francesca Bellola
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MOSTRE A MILANO
Guardiamo l’arte attraverso
Gli occhi di Caravaggio L’
11 marzo, al Museo Diocesano di Milano, apre al pubblico una rassegna dedicata a Caravaggio e al contesto della sua formazione. Dichiara Vittorio Sgarbi per Ok Arte: “La mostra credo sia un test per capire come Caravaggio è diventato Caravaggio. A Palazzo Reale di Milano nel 1951 si organizza la prima grande monografica dedicata al maestro, dove però la maggior parte delle opere proviene dalle chiese e dai musei non di Milano. È dunque da questo momento che Palazzo Reale diventa simbolo di una realtà milanese - caravaggesca - che però, dal punto di vista delle opere, non esiste; l’artista si
Una mostra dal taglio differente, che mira a donare il giusto respiro al contesto in cui il maestro opera, durante gli anni della sua educazione artistica forma a Milano ma lavora altrove: il Caravaggio lombardo non c’è, però abbiamo le cose che ha visto. E allora Caravaggio è dentro Simone da Peterzano, Savoldo, Tiziano, Romanino,... e la mostra Gli occhi di Caravaggio mette in luce un percorso importante intrapreso dall’artista, che muove i primi passi verso la sua ascesa”. Siamo a Milano. E non è terminata una mostra dedicata a Caravaggio che ne inaugura un’altra.
Non partiamo prevenuti però, giacché il divario tra le due è netto e Gli occhi di Caravaggio implica un messaggio chiaro: la presa di distanza dalle solite e innumerevoli ‘monografiche’ dedicate all’artista milanese, a favore di un’esposizione dal taglio differente, che mira a donare il giusto respiro al contesto in cui il maestro opera, durante gli anni della sua educazione artistica, a Milano (la Milano del Borromeo e della rigorosa Controriforma religiosa) e poco prima di recarsi a Roma, al seguito del cardinal Del Monte. Michelangelo Merisi detto il Caravaggio (1571-1610) è una delle personalità più impetuose del mondo dell’arte e, di conseguenza, delle più chiacchierate, anche nella contemporaneità in cui siamo immersi, nonostante sia scomparso ormai oltre 400 anni or sono. Nativo del capoluogo lombardo – a tutt’oggi è conosciuto ancora con lo pseudonimo della località bergamasca di cui lo si è creduto a lungo originario –, Caravaggio non ha mai eletto un’unica patria, ma allo stesso modo frequenta le taverne e anima la vita di Milano, così come di Roma, Napoli, Messina e persino Malta, ed è uno dei pochi che ha saputo impersonare tutti i clichés dell’artista che elegge ‘sregolatezza e genio’ a suo motto quotidiano. La sua carriera in qualità di artista inizia presto, come è consuetudine in quel rincorrersi di secoli, e all’età di soli tredici anni inizia a frequentare la bottega lombarda di Simone di Peterzano; sembra che il contratto lo volesse presso lo studio del maestro per quattro anni, ma la cronologia non è certa, è probabile che si sia fermato per qualche tempo di più. Poi, intorno alla fine del decennio, il giovane artista ha modo di compiere un viaggio a Venezia, e di guardarsi attorno per
Giovanni Girolamo Savoldo, Ritratto di giovane uomo con flauto,1525 circa Olio su tela, cm 74 x 100 Art Collection Unicredit 6
Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, Medusa Murtola, 1596-1597, Olio su tela applicato su uno scudo di fico, diametro cm 48. Collezione privata, Milano scoprire che bellezze lo circondano. Dunque il senso della mostra è proprio questo, cercare di filtrare il mondo attraverso gli occhi di un giovane e curioso Caravaggio, e di vestire i panni cinque-secenteschi per un tempo strettamente necessario, affinché sia possibile comprendere di che cosa si sia nutrita la sua anima. Due sono i caratteri che tutti ricordano nelle opere del pittore: i forti contrasti chiaroscurali, con quei colori manifesti e imperativi, e la verità schietta dei soggetti, che tante volte è stata oggetto di critica, soprattutto da parte dei contemporanei che non accettavano la mancanza di idealizzazione (e ancor meno in un quadro di tema sacro). Bene, entrambi hanno le loro radici in aree ben precise del nostro Paese, il primo in Veneto – e chi ha ben presenti i colori di Giorgione, o di Tiziano? –, il secondo in Lombardia, dove la naturalezza è sempre stato un tratto distintivo dei soggetti prescelti dai pittori. Si spiega allora la scelta di suddividere l’area espositiva in cinque aree geografiche, Venezia, Cremona, Brescia, Bergamo e Milano, luoghi in cui hanno lavorato, tra gli altri, Tintoretto, i fratelli Campi, Savoldo, Moroni e Figino... presenti con opere dai soggetti che spaziano dal genere del ritratto, come Ritratto di Giovane di Lorenzo Lotto, al tema sacro (ad esempio il San Giovanni Battista di Tiziano Vecellio, proveniente da Venezia). Solo in questo modo si può comprendere appieno come sia nata e, successivamente, si sia evoluta la maestria di Michelangelo Merisi, a cui è dedicato il culmine ‘emotivo’ dell’esposizione, la sesta e ultima sezione, ove vengono mostrate tre
delle più importanti opere del maestro milanese: La Flagellazione di Cristo (mai esposta prima a Milano), la Medusa Murtola e Riposo durante la fuga in Egitto. La Flagellazione, eseguita per la chiesa di San Domenico Maggiore di Napoli, è conservata presso il Museo di Capodimonte della stessa città, ed è una delle ultime sue opere (1607-1608 circa). Il Cristo è al centro della scena, lo sguardo rivolto verso il basso, illuminato a giorno (la luce reale e quella divina, perché, sempre, in Caravaggio sacro e profano divengono una cosa sola), legato alla colonna e con la corona di spine sul capo. Ai suoi lati due bruti, con i volti deformati dalla cattiveria, quasi animaleschi, sono immersi nella semioscurità e intenti a torturalo. Un momento di estremo dolore che ci rende partecipi e compassionevoli verso le sofferenze di un personaggio sacro che si fa uomo tra gli uomini. E, in ultimo, il gran finale: si torna indietro di qualche anno (1596) con la rappresentazione del volto di Medusa, opera di una collezione privata – la versione degli Uffizi è successiva –, dipinta su tela successivamente applicata su uno scudo ligneo. La mitologia fa da protagonista e il volto terrorizzato e dolorante a cui ci troviamo di fronte appartiene a colei il cui sguardo pietrifica. Ora, sconfitta, è innocua, e anche noi possiamo sostenere la sua fissità. Gli occhi di Caravaggio, quelli di Medusa e i nostri. Gli occhi di Caravaggio, a cura di Vittorio Sgarbi 11 marzo – 3 luglio 2011 Milano, Museo Diocesano Orari: da martedì a domenica 10-18; lunedì chiuso. Silvia Colombo
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MOSTRE A MILANO
ARCIMBOLDO Una lunga assenza, un grande ritorno con tutti gli onori che merita il genio
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ilano, finalmente, dedica una mostra di rilievo internazionale all’Arcimboldo. Un tributo dovuto, vuoi per ricordare il “genio” dell’originalissimo artista, vuoi perché città come Vienna e Parigi l’hanno già fatto senza avergli dato i natali. Un ritorno curato con sapienza da Sylvia Ferino Pagden, Direttrice della Pinacoteca del Kunshistorisches Museum di Vienna dalla quale proviene un numero notevole di opere. Arcimboldo visse venticinque anni a Vienna dal 1562 alla corte degli Asburgo chiamato da Ferdinando I, vi rimase con Massimiliano e in seguito con il figlio Rodolfo II. Amato e stimato, come dimostrano il titolo nobiliare che il re gli conferì e i lauti compensi offertigli per i tanti ritratti eseguiti. La sua attività prevedeva anche le coreografie per cortei e l’invenzione, la regia, l’organizzazione di sontuose feste, opere nelle quali dimostrò capacità e originalità davvero speciali. L’artista rimase in Austria raggiungendo una fama che resta viva anche ai giorni nostri. In suo omaggio, ora, nella piazzetta antistante Palazzo Reale è stata collocata l’opera realizzata dall’artista Philip Haas, una monumentale testa ispirata al dipinto “inverno”. All’interno, la mostra propone un percorso chiarificatore del momento storico nel quale Arcimboldo operava. La puntigliosa sensibilità della curatrice mette in risalto ogni dettaglio, chiarisce interrogativi e propone collegamenti, ricordando che Arcimboldo per lungo tempo è stato considerato soltanto un pit-
tore di epoca leonardesca, come a dire che attingesse tutto dal genio di Vinci. In un’atmosfera coinvolgente, verso il centro del percorso davvero esaustivo, diviso in più sezioni, appaiono come emblemi di una visionarietà sapiente che tanto induce a chiedersi quali siano i messaggi che giacciono nasco-
I messaggi che giacciono nascosti sotto l’apparente giocosità, le stupefacenti teste composte che l’hanno reso famoso e amato dai surrealisti sti sotto l’apparente giocosità, le stupefacenti teste composte che l’hanno reso giustamente famoso. Naturalista e “psicologo” riesce a toccare molti tasti della sapienza rappresentativa, inducendo gli studiosi a uno studio più approfondito dei significati simbolici delle sue
opere. Il dipinto “testa delle quattro stagioni dell’anno”, scoperto durante la preparazione delle mostre di Parigi e Vienna e acquistato dalla National Gallery Of Art di Washington, chiude la mostra. Amato dai surrealisti per la sua paradossale creatività, ci stupisce
con l’incredibile ironia e con l’enigmatico messaggio che i suoi ritratti fatti di materie imprevedibili ci comunicano. 10 febbraio – 22 maggio 2011 Palazzo Reale Clara Bartolini
L’ultimo Michelangelo Il “genio” del Rinascimento al Castello Sforzesco D
all’11 febbraio all’8 maggio 2011 è allestita al Castello Sforzesco: “Michelangelo Architetto”, una mostra che nasce da un progetto di Casa Buonarroti e che offre
50 disegni autografi di progetti che spaziano dall’edilizia civile a quella religiosa, alle fortificazioni al visitatore la possibilità di fruire della visione di oltre 50 disegni autografi di progetti, talora incompiuti o non realizzati. Tali disegni spaziano dall’edilizia civile a quella religiosa, alle fortificazioni.
In mostra studi e disegni della basilica romana di San Pietro, diciotto disegni per la basilica di San Lorenzo e studi della sezione della cupola di San Pietro, sulla base di quella brunelleschiana. Nell’occasione sono stati realizzati in 3D alcuni dei grandi progetti michelangioleschi. Nello stesso periodo presso la Pinacoteca Ambrosiana è allestita una mostra dedicata a “Leonardo Architetto” che consente il confronto tra le i due giganti dell’architettura. La mostra “L’ultimo Michelangelo”, che nasce da un’idea del Castello Sforzesco, metterà in esposizione dal 18 marzo al 19 giugno 2011, intorno al sublime e incompiuto capolavoro di Michelangelo, la Pietà Rondanini, l’ultima produzione artistica e letteraria del Buonarroti dove si osserva un profondo mutamento delle scelte figurative e tecniche del maestro, tese a un luminismo di straordinaria intensità fisica e spirituale. Giuliana de Antonellis
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MOSTRE
Tony Oursler Antologica dedicata al video-artista
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antologica dedicata al video-artista americano inaugura il 19 marzo, in concomitanza con l’edizione 2011 di MiArt. La selezione di lavori recenti curata da Gianni Mercurio e Demetrio Paparoni, include alcune coinvolgenti installazioni realizzate negli ultimi anni. Fondatore insieme a Mike Kelley di cui condivide lo spirito di guastatore estetico della band punkrock The Poetics, media designer dei Sonic Youth e di David Bowie, Tony Oursler è decisamente un artista trasversale. Muovendosi sui territori liminari di scultura, design e performance, contribuisce a definire in maniera dinamica i temi del modo di vivere contemporaneo. Inequivoco preludio e quasi indice tematico di questa rappresentazione della realtà è proprio il primo dei due progetti pensati per la mostra al PAC: The Valley. Curata da Tom Eccles nei panni di attore ed interlocutore multimediale, The Valley è già allestita e visitabile con una connessione molto veloce all’Adobe Virtual Museum cui corrisponde il dominio www. adobemuseum.com. Il secondo progetto è Peak, una serie di miscrosculture composta da proiezioni su assemblaggi di vetro, metallo e argilla. Effetto che consegue ad un interrogativo sul come la tecnologia impatta sulla
Crunch, 2003, collezione privata
psiche umana. Fotografo realista, ammiratore dei surrealisti e di Duchamp, un interesse approfondito nei confronti dei disturbi della personalità, Oursler eredita il gene della “visione” come mezzo artistico da una tradizione familiare che tiene insieme pittori e narratori, divulgatori del testo biblico e an-
Fotografo realista, ammiratore dei surrealisti e di Duchamp, un interesse approfondito nei confronti dei disturbi della personalità gelologi. Coerentemente, simboli e indicatori di senso introducono il visitatore attivo in una dimensione onirica ludica e insieme inquietante: uncanny è infatti una delle voci di quella rete-glossario che, insieme a sex, fantasy, dark side, shopping, time, utopian zone, esibisce in un quadro sinottico le non-relazioni del momento attuale. Cifra semantica che era già stata prima dei Talking Heads è l’insieme di sculpture screens degli anni ‘90 che implicavano visi deformati declamanti monologhi intimisti, talvolta deliranti; lo stesso dicasi di Eyes, serie anch’essa presente in questa monografica, che fa interagire l’osservatore con il battito delle palpebre e il respiro dell’iride di dieci occhi proiettati su altrettante sfere sparse nello spazio espositivo. Padiglione Arte Contemporanea (Pac): 19 marzo - 21 giugno, aggiornamenti su www.tonyoursler.com Catalogo 24 ORE Cultura Paola Teresa Grassi
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Ercole dalle fatiche agli amori D
all’11 febbraio al 12 giugno 2011, al Museo di Santa Giulia si tiene la mostra “Ercole il fondatore: dall’antichità al Rinascimento” che, per la prima volta ne rileggerà il mito, dalle fatiche agli amori, dall’antichità pagana al XVI secolo. La mostra di Brescia, nuova nel suo genere e argomento, analizza il passaggio fra il mito pagano di Ercole e il recupero che avvenne in sede cristiana nel Medioevo e poi nel Rinascimento, esponendo apparati fotografici che raffigurano Ercole in età cristiana sulle facciate di alcune cattedrali, come quella di San Marco a Venezia e del Duomo di Fidenza. Tra i rarissimi oggetti nostrani con rappresentazioni erculee, si segnala il prezioso Cofanetto duecentesco con le Storie di Ercole sbalzate su lamina d’argento, concesso in prestito dal Duomo di Anagni. Una sezione significativa è quella che esamina la persistenza del mito di Ercole nel Rinascimento, specialmente in ambito fiorentino, con l’Ercole e l’Idra di Antonio del Pollaiolo degli Uffizi. Questo capolavoro è messo a confronto con alcune placchette in bronzo di proprietà dei Musei di Brescia. Esposti anche la Stregoneria di Dosso Dossi degli Uffizi e i due tondi di bronzo di Jacopo Alari Bonacolsi detto l’Antico. La seconda parte della mostra, dedicata a Ercole fondatore di Brescia, mette al centro l’area del Capitolium, entro la quale si scoprirono numerose vestigia erculee quando, a partire dal Quattrocento, la città di Brescia e alcune zone limitrofe vengono decorate con scene che ritraggono Ercole. Catalogo Electa. Info e prenotazioni: numero verde 800 775083 Giuliana de Antonellis
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MOSTRE
Art&fortE LAB Grandi eventi a Venezia
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ei locali di Art&fortE LAB a Palazzo Cà Zanardi si è appena conclusa la mostra “Quando l’eroe è donna: donna, femmina, martire, santa, amazzone, compagna, ardita e patriota”, mostra che contempla l’eroicità delle donne, in tutte le sue molteplici sfaccettature, organizzata dal prof. Alberto D’Atanasio. Attraverso la collaborazione di protagonisti prestigiosi della scena artistica nazionale e internazionale, Art&fortE, anche in collaborazione con Bucintoro CulturaArt&salE, Art&fortE LAB e Cà Zanardi organizza, progetta e realizza eventi d’arte, e contribuisce a diffondere l’arte e la cultura italiana e internazionale. Art&fortE (presidente Piergiorgio Baroldi) con Bucintoro-Art&salE, in concomitanza con la 54ma edizione de La Biennale di Venezia – Sezione Arti Visive, sta organizzando - con la partecipazione di artisti di fama internazionale ma anche artisti emergenti, alcuni dei quali ancora in fase di selezione (info@arteforte.it), accomunati tutti da cre-
atività di qualità - l’importante evento sui temi della Luce dell’Acqua e dei Colori del fuoco che si terrà a Venezia da giugno a settembre 2011. La Sezione Acqua sarà insediata ai Magaz-
zini del Sale – Magazzino Gardini; la Sezione Fuoco troverà collocazione nella magnifica cornice del cinquecentesco Palazzo di Ca’ Zanardi (CEO Andrea Chinellato) e nell’adiacente Art&fortE LAB, edificio di archeologia industriale veneziana, già sede della Fabbrica dei biscotti Colussi. Altro capitolo “Il Mostro della Laguna”. Si
tratta di una mostra-evento dedicata ad una creatura magica, che nasce da una leggenda veneziana che racconta del suo stanziare a Punta della Dogana a Venezia e viene narrata dallo scrittore Alberto Toso Fei ne “I Segreti del Canal Grande”. Questa creatura, che si concretizza in una scultura dall’anima in acciaio e ricoperta di squame in vetro di Murano, progettata e realizzata dal Gruppo Forme d’Acqua coordinato da Gianluca Orazio, parla un linguaggio nuovo e ambisce a far comunicare ed interagire due materie antiche ed opposte, l’acqua ed il vetro. Il mostro compirà un percorso continentale della durata di circa due anni, con tappa a Venezia durante tutta la prossima estate grazie all’appoggio di Art&fortE con Bucintoro-Art&salE e in altre capitali europee, per poi riemergere ad Istanbul, città alla quale verrà donato e dove troverà la sua collocazione definitiva, probabilmente nei suggestivi ed unici spazi della Cisterna sotterranea della Basilica di Istanbul. Altro particolarissimo evento è la mostra fo-
150 anni dall’Unità P
Le iniziative a Milano
er celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia il Comune di Milano ha attivato iniziative volte a raccontare la storia del nostro Paese con mostre, spettacoli, incontri e approfondimenti. Una celebrazione che deve essere intesa come un momento di riflessione e conoscenza di eventi, degli uomini e delle donne che hanno segnato il destino della nostra nazione con il coinvolgimento della “città tutta”. Milano è una città ove il senso della libertà, dell’indipendenza e di una unità faticosamente conquistata sono fortemente insiti nella popolazione. “Con questo progetto vogliamo rendere visibile ciò che è nascosto nella parola Italia: un pensiero che significa cultura, tra storia e simboli” dichiara l’assessore Massimiliano Finazzer Flory. Il cuore delle celebrazioni sarà il Museo del Risorgimento con numerosi incontri di approfondimento, conferenze e presentazioni di testi relativi al periodo risorgimentale a partire dalla mostra “Napoleone III e l’Italia”. A Palazzo Reale, nella giornata di inaugurazione del 20 marzo, alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, si apre la mostra “La Galleria delle battaglie” e la Sala delle Cariatidi torna ai vecchi fasti con “Il Gran Ballo delle Cinque Giornate”: danze in costume per una grande festa milanese. All’Ottagono della Galleria Vittorio Emanuele, il 16 marzo, è approdato a Milano il Leone di Caprera, storico vascello di proprietà del Museo del Risorgimento che deve il suo nome a Giuseppe Garibaldi, l’esule di Caprera. Il 19 marzo, in collaborazione con il Ministero della Difesa, il Teatro alla Scala ha ospitato il Concerto della Banda dei Carabinieri, mentre il 20 marzo le tre Fanfare Militari si sono esibite in luoghi simbolo della città. A partire dal 29 marzo fino al 3 aprile il Cinema Gnomo presenta 17 marzo 1861: l’Unità della Nazione sul grande schermo. Programma su www.comune.milano.it www.museodelrisorgimento.mi.it www.comune.milano.it/palazzoreale
tografica “Alberi di Laguna” di Anna Zemella presso la sede della Reale Società Canottieri Bucintoro presieduta da Lucia Diglio al Ponte Uno ed al Ponte Due. La mostra è visitabile fino al 7 aprile (orari 10,00-17,00, lunedì escluso). Sempre nella prestigiosa sede dei Magazzini del Sale, al Ponte Tre, si tiene, a partire da sabato 19 marzo 2011, l’esposizione personale di Ciro Palumbo a tema “Il viaggio del giovane vecchio”. L’esposizione, realizzata sotto la curatela di Alberto D’Atanasio, vede protagonista il pittore torinese che propone agli occhi degli osservatori un nuovo linguaggio, sintesi e superamento delle atmosfere metafisiche e surrealiste. La mostra sarà aperta fino al 7 aprile (orari 10,0017,00, lunedì escluso).
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News d’arte dall’Italia News d’arte dal mondo Ogni giorno nuove notizie e migliaia di visitatori Chiedi come esporre le tue opere info@okarte.org tel. 3474300482
Giuliana de Antonellis
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Giovanni Marinelli
Senza titolo, 2005, opera fotografica stampata su carta politenata ai sali d’argento, montata su pannello “leger”, h. 120 x 75 x 2 mm - (operaunica)
Gallerie di riferimento:
Galleria d’Arte Cinquantasei – Bologna – tel. 051250885 Studio Ambre Italia – Novara – tel. 348.4112981 / 3939743869 Galleria Zamenhof - Milano - Tel. 02.83.66.08.23 Galleria del Teatro Romano - Fiesole (FI) tel. 333.606036
Via Urbania, 1 – 61100 Pesaro – Tel.0721.24869 www.giovannimarinelli.com photo@giovannimarinelli.com 10
Mostre: Bologna - “ Wikiarte “ Galleria Wikiarte dal 05 al 31marzo 2011 Bruxelles - “Contemporary Languages” - Amart Gallery dal 05 al 31marzo 2011 Viareggio - “Yare” Yachting after Sales & Refit Exhibition Salone Espositivo Porto di Viareggio dal 31marzo al 02 Aprile 2011 in contemporanea “Yare” presso il Grand Hotel Principe di Piemonte di Viareggio Carrara - “Giorni d’arte”Complesso Fieristico dal 09 al 17 aprile 2011 Ferrara - “Ricordare Guernica per ricordare” omaggio a Pablo Picasso Palazzo della Racchetta dal 09 al 17 aprile 2011 Milano - “Yazz for the eye” mostra fotog. Ass.Cult. Renzo Cortina dal 12 al 30 aprile 2011 La mostra itinerante giungerà a Chicago a luglio 2011 alla galleria Kasia Kay Art Project Fiesole (FI) - “Art-Spring” Galleria del Teatro Romano dal 16 aprile al 05 maggio 2011 in contemporanea “Art-Spring” sede dell’Università Europea di Fiesole Rovigo - “33Artfoto mostra fotografica 33viangeli Gallery dal 30 aprile al 31 maggio 2011 Londra - “Egos” Mostra Internazionale d’Arte Contemporanea - Royal Opera Arcade Gallery dal 02 al 08 maggio 2011
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MOSTRE A MILANO
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Museo del Novecento
arà l’aver battuto Smirne e avere guadagnato l’Expo 2015, sarà un desiderio profondo di rinascita, ma da quella vittoria Milano pare aver imboccato la strada giusta per riprendere le fila del rapporto con l’arte. Non mancano in città luoghi simbolici conosciuti in tutto il mondo. Pensiamo alla Scala, all’Accademia di Brera, al Cenacolo vinciano, ai musei del Castello, al Museo Poldi Pezzoli, solo per citarne alcuni, ed è facile capire come la città sia da sempre votata a questa missione artistica: è nel suo DNA. Mancava un Museo del Novecento e questa lacuna è stata ora colmata. Per capire meglio come si è sviluppata l’idea di portare, in uno degli edifici più rappresentativi del XX secolo, questa importante collezione con un progetto realizzato dall’architetto Italo Rota, abbiamo pensato di intervistare l’Assessore alla Cultura di Milano Massimiliano Finazzer Flory. Perché è stata scelta Piazza del Duomo per ospitare il Museo? “In realtà è il museo ad avere scelto piazza Duomo. Perché estetica ed etica si potessero incontrare in vista di un nuovo e diverso rapporto, con un’idea aperta, tra arte e valori spirituali. La piazza è di tutti. Dio anche, e non di meno il museo. L’invito è quello di cercare la relazione, lo Spirito… “.
Cosa la rende più orgoglioso di questo Museo? “In primo luogo le collezioni civiche perché sono dei cittadini. In secondo luogo è un museo di cui tutti siamo figli. Il Novecento è un secolo che qui viene trattato senza pregiudizi ideologici. Infine questo museo ha posto termine, in un certo modo, all’esilio dei Futuristi. Marinetti e i suoi hanno rappresentato un’avanguardia che ha influenzato altre correnti e culture in Europa, in Occidente e nel mondo, tuttavia qui a Milano (dove prese avvio il Movimento) non esisteva un luogo dedicato al Futurismo in cui esaltare la città che sale, l’elasticità di quegli ideali”. Che cosa vorrebbe migliorare, con il senno di poi? “Può ancora crescere la capacità di relazione tra questo museo e il contesto urbano. La comunicazione, per esempio, è fondamentale, ma deve essere creativa e comunitaria. Perché la comunicazione non è solo informazione, è la ricerca di qualcosa in comune senza rinunciare alle nostre diversità”. Come pensa di sviluppare - acquisizione di nuove opere -, acquisendo gli spazi disponibili?
“Prima ancora di pensare alle opere mi piacerebbe lavorare sull’Arengario 2, ovvero sull’edificio gemello che affianca il Museo del Novecento, completando, così, la collezione nella direzione degli anni Ottanta con la Transavanguardia. Su quest’argomento il Sindaco Letizia Moratti è altrettanto visionario e concreto quanto me.” Che cosa rappresenta secondo lei per Milano questo Museo? “La possibilità che un’opera pubblica sia
fattore di sviluppo, di indotto e di identità. Questo museo rappresenta una Milano che quando va all’estero può dichiarare di avere i titoli per confrontarsi con le altre città d’arte. E’ una smentita di quanti associavano Milano a una città dedita soltanto all’economia e alla finanza. Anzi se Milano è una capitale del lavoro, è perché c’è una cultura del fare.
E il fare deriva dall’ars, dalla techne…” C’è un programma organico che si sviluppa intorno e oltre questo spazio museale? “Sì, e attiene a una strategia che ruota intorno all’idea di sistema aperto. Le collezioni permanenti e gli spazi per le esposizioni temporanee di Palazzo Reale si uniscono idealmente con il Duomo e il suo Museo, candidandosi a essere un soggetto che offre cultura a diversi milioni di visitatori su base annua. Questa proposta, naturalmente, si può integrare alla Galleria Vittorio Emanuele, intesa come monumento, e a Brera per allineare la Pinacoteca alle nostre politiche culturali”. C’è una volontà di risveglio della cultura a Milano? “Non è solo una volontà. E’ la realtà. La cultura, del resto, è sempre primavera, una categoria filosofica, e si contrappone a un inverno dello spirito che credo stiamo attraversando. Ed è bello che questo risveglio sia trasversale a interessi e valori che in passato erano spesso contrapposti. Milano, in questo momento, è una capitale culturale in grado di confrontarsi con successo con le altre città europee”. Come comunichiamo all’estero tutto questo? “Per quanto mi riguarda ho riattivato i gemellaggi tra Milano e le città d’arte nel mondo e ho coinvolto maggiormente gli Istituti culturali italiani all’estero per promuovere insieme una campagna di comunicazione finalizzata anche all’Expo 2015, orientato
M. Finazzer Flory ci racconta: è il museo ad avere scelto piazza Duomo. Perché estetica ed etica si potessero incontrare in vista di un nuovo e diverso rapporto, con un’idea aperta, tra arte e valori spirituali culturalmente. Infine, dopo il mio insediamento, con il Sindaco Letizia Moratti abbiamo deciso di realizzare ogni anno alcuni focus su aree geografiche e stati nazionali esteri coinvolgendo le diplomazie. Milano è la seconda città al mondo per corpi consolari – va ricordato - e questo primato è sinonimo di un’urbanità aperta all’umanità”. Dopo questa interessante digressione, possiamo dire che il Museo si sviluppa su una superficie di 8.200 mq, propone 400 opere di molti tra i più rappresentativi artisti del ‘900, tutte di proprietà delle Civiche Raccolte Artistiche del Comune di Milano. Dal Quarto stato di Pellizza da Volpedo si procede verso il Futurismo, l’arte povera, fino a raggiungere la sala dell’ultimo piano dove si possono ammirare gli splendidi lavori di Fontana e l’impareggiabile vista sul Duomo e la sua piazza. Le fotografie di questa pagina e della copertina sono state fornite gentilmente dall’ufficio comunicazione del Comune di Milano Clara Bartolini
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IN EVIDENZA
Maura Zonta
Geometrie e Allegorie
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a preso il via, all’interno dell’Anfiteatro della Cultura del “Centrale“ di Roma, il nuovo progetto ideato e diretto dall’illustre storico dell’arte di piano internazionale Prof. Carlo Franza. Questa mostra dal titolo “Geometrie e allegorie” è la diciassettesima del nuovo percorso ed è già una novità in quanto si veicolano a Roma nomi dell’arte contemporanea di significativo rilievo: essi evidenziano e mettono in luce gli svolgimenti più intriganti del fare arte nel terzo millennio. L’esposizione riunisce circa quaranta opere dell’artista Maura Zonta (Libe), apparsa agli occhi della critica italiana come una delle più interessanti e propositive figure dell’arte nuova contemporanea per via
della dinamicizzazione di forme e costruzioni allagate da un colore luminoso e decorativo. BALCONATA ROMANA – DICIASSETTE Mostra Promossa da CENTRALE/RISTOTHEATRE ANFITEATRO DELLA CULTURA Roma – Via Celsa 6 (Piazza del Gesù) Tel. 06/6780501 - 69190611 www.centraleristotheatre.com Inaugurazione sabato 5 marzo 2011 ore 18.00 dal 5 marzo al 13 maggio 2011 apertura da lunedì a venerdì ore 9,00 - 18.00
Roberta Musi Tiziana Cordani
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Roberta Musi non sembrano importare le ambientazioni delle sue scene quanto piuttosto le dinamiche interne allo spazio, i rapporti cromatici, che essendo soprattutto elaborati secondo tinte forti e piene, devono essere risolti con particolare intelligenza o per contrapposizione o per armonia, si da equilibrarsi o da ingenerare nuove e possibili innovate soluzioni, come accade con la commistione di colori caldi dominanti in cui si inseriscono improvvise tinte fredde o toni neutri. Sapienza del fare che nasce anche dalla ricca esperienza maturata con l’esercizio per aver praticato tante forme tecniche diverse di pittura, sollecitata dalla sua stessa fantasia a misurarsi con supporti e necessità tanto differenti [...].
Fermo immagine Ogni scena ha la forza di un fermo immagine che abbia catturato, dal vivo, uno sprazzo di realtà. La prospettiva sovente riprende le scene dall’alto, suggerendo un pittore spettatore coinvolto più che descrittore obbiettivo[...]. Se si volesse attingere per un attimo a vetuste e viete classificazioni, si potrebbe definire quella di Roberta Musi come una pittura mascolina e una grafica artistica femminile. Mi piace invece considerare il tutto come una appassionata manifestazione di una personalità umana ed artistica complessa, in cui alla solarità si mischia l’ombra, al sorriso la matura riflessione, così che l’arte è, ancora una volta, lo specchio della vita.
Le stagioni di Alda Berera Carla Ferraris
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ella pittura di Alda Berera è imprescindibile il legame che l’artista ha maturato con la realtà naturale del dato visibile, arricchito da variegate sfumature luministiche derivanti dalla sua conoscenza tecnica, frutto di esperienze approfondite nell’arco di una carriera ricca di riconoscimenti. Nella sua produzione sono presenti numerosi richiami contenutistici (oltre che stilistici) che rimandano ai grandi temi della storia dell’arte: il paesaggio e la natura più intimistica, il ritratto e la figura, l’astrazione
di elementi derivanti dal dato conosciuto e realizzati con particolare attenzione alla calibrazione compositiva e cromatica. Partendo da uno stile più classico di stampo paesaggista, Berera ripercorre infatti grandi “stagioni” artistiche come il Realismo con toni luminosi e pacati, il Surrealismo di alberi e nature morte più vividi dal punto di vista cromatico, arrivando talvolta a tracciare linee quasi fauviste in alcune realizzazioni ed attraversando una sorta di divisionismo accennato in altri dipinti. I lavori astratti sono senza dubbio impre-
Il paesaggio e la natura più intimistica
gnati di atmosferico e personalissimo interesse alla resa tonale del dato cromatico: qui infatti si evidenzia la ricerca del particolare, cui si accosta il sapiente utilizzo complementare del colore mai invadente, ma sempre calibrato e miscelato con cura.
Decima edizione della collettiva al femminile organizzata da Tina Parotti Espongono: Anna Maria Nemeh Anastasio Francesca Cabrini - Maria Teresa Callini LeoNilde Carabba - Paola Carlini - Patrizia Cigoli Adriana Collovati - Cinzia Colombo Patrizia Monzio Compagnoni - Mavi Ferrando Eleonora Fossati - Lorena Garnerone Luisa Maggioni - Vivian Mantilla - Donata Mora Tina Parotti - Valentina Persico - Silvia Ranchicchio Monica Scaglione - Monia Sogni Paola Romoli Venturi - Rosario Viera. 12
Le donne nell’arte oggi TINA PAROTTI galleria via Buscate, 25 - 20020 - Arconate (MI) tel. 338 2105247 tinaparotti@tinaparotti.com www.tinaparotti.com
Inaugurazione: domenica 6 marzo ore 16.00 6 - 18 marzo 2011 con Roberta Calloni al flauto accompagnata da Giorgio Borsani alla chitarra classica e performance della poetessa Maria Elena Mejanimostra a cura di Tina Parotti presentazione di Stefania Carrozzini ingresso libero al pubblico su appuntamento
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IN EVIDENZA
Enrico Fraschetti
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on l’opera “Terra-Bandiera-Lingua” l’autore vuole rendere omaggio alla sua nazione, l’Italia, in occasione del 150° anno dell’unificazione. La bandiera tricolore verde, bianca e rossa ricopre tutto il nostro Paese da nord a sud, da ovest a est, con le splendide isole, il favoloso mare che carezza le coste, le sue maestose montagne. Il tutto è sovrastato dal
grande Dante Alighieri, padre della nostra bella lingua e capostipite della nostra invidiabile cultura. “Oloferne”, omaggio a Caravaggio del 2010 (vedi foto) realizzata da Efras con onice, granito, marmo, quarzite e acciaio inox è un esemplare di rara bellezza, davvero straordinario. Entrambe le opere sono realizzate con la tecnica “Opus Nova” da lui stesso rein-
Rinasce dal medioevo, con criteri di lavorazione innovativi, l’arte musiva “Opus Sectile” per ottenere dei veri quadri marmorei
ventata ispirandosi all’antichissima quanto gloriosa “Opus Sectile” o mosaico in pietra naturale. Come abbiamo già evidenziato nel numero di novembre-dicembre 2010 di Ok Arte, questa tecnica fu largamente impiegata nei primi secoli del medioevo per poi disperdersi. Bisognerà arrivare ai tempi moderni e quindi a Enrico Fraschetti per far rinascere l’Opus Sectile con criteri di lavorazione innovativi, ottendendo così dei veri quadri marmorei. Tutto ciò costituisce un “pezzo unico”, in alcun modo ripetibile e dal valore inestimabile, come le opere di questo grande artista. Fraschetti si dedica con grande passione e generosità a tramandare alle nuove generazioni le tecniche che ha affinato per non disperdere l’arte musiva. www.efras-opusnova.com
Flora Brescianini Rosida M. Vettori “Scatti fotografici impressi su pellicola e trasferiti su tela danno vita a veri dipinti e composizioni pittoriche”
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ono le parole della fotografa Flora Brescianini, ma l’appellativo fotografa è riduttivo, artista è il termine che rende il vero senso del suo lavoro e non solo per l’abilità e la padronanza delle nuove forme espressive offerte dal mezzo fotografico. Le sue immagini, fatte di elementi astratti, riferite alla natura, oppure ai sogni sono limpide quasi iperrealiste, con accostamenti inediti o fluo dai toni cangianti, oppure si presentano “fuori fuoco” irreali, quasi che si dovessero guardare dietro un sottilissimo velo che ren-
de tutto opaco, irriconoscibile, impalpabile. Come dice Flora stessa: “la macchina fotografica diventa la prolunga dei miei occhi” e l’obiettivo pare liberare significati che altrimenti sarebbero relegati nel mondo dell’onirico. Il suo armonico “pittorialismo” pone gli oggetti, anche i più ordinari, in una verità assoluta, liberandoli dalle loro funzioni quotidiane, per assegnarvi inedite accezioni sensoriali e nuovi panorami interiori. Assieme all’espressione formale e iconica, Flora Brescianini mostra un’oculata e attenta ricerca di quei movimenti artistici: impressionismo, cubismo, dadaismo, surrealismo nati per suscitare e per far emergere emozioni. Mariantonia Ronchetti
La trama dell’indefinito
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ome Penelope, come Aracne. Laboriosa la tessitura, instancabile, una banda cromatica accanto all’altra, sull’altra, dentro…qua e là uno sprazzo d’oro, una costruzione fantasiosa ma anche meticolosa, non fortuita, pensata anzi meditata, una costruzione accurata eppure, a osservarla, così
compattate sequenze tonali i riflessi del pensiero, le istanze delle emozioni, le percezioni acute del reale e, ancor più, dell’immaginato.[---] La natura dello spirito fa aggio su quella del cosmo: la pittura di Mandruzzato Vettori, infatti, si oppone alla decrittazione comple-
libera, sfuggente perfino, come se il confine non fosse affar suo, come se il limite non le appartenesse ed anzi, da una traccia di colore all’altra, la premesse un’urgenza di movimento, un’energia di espansione. Rosida Mandruzzato Vettori tesse vigorosamente la sua composita trama di colori, un ordito che si espande e si contrae come in un respiro, mutando in segno ed in ben
ta dell’oggetto, lo occulta, lo accoglie dentro un velame che ne attenua la forma plastica, storna l’attenzione conducendola verso quel territorio complesso e intimo che è abitato dai sentimenti, dalle emozioni, dalle immagini riposte e ne disvela soltanto quella porzione, quell’infinitesimale riflesso, che può essere accolta nella misura dell’arte, con pudore e sensibilità. Tiziana Cordani 13
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IN EVIDENZA
Roberto Lucato
Luisa Maggioni
e i suoi “cattivi” maestri L’artista coglie l’essenza delle cose C’è tanta rabbia verso la “non azione”
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oberto Lucato e i suoi ‘cattivi’ maestri” è il titolo dell’antologica che sarà visitabile il 16 aprile presso Villa Benzi Zecchini, con il Patrocinio della Fondazione Villa Benzi Zecchinie e il Comune di Caerano San Marco. La mostra mette in luce il confronto tra l’artista veneto Roberto Lucato e i maggiori esponenti dell’arte contemporanea del Novecento italiano. La produzione pittorica di Lucato dialogherà con le opere appartenenti alla facoltosa collezione d’arte contemporanea che annovera grandi autori della seconda metà del XX secolo del calibro di Mario Schifano, Renato Mambor, Gastone Biggi, Concetto Pozzati, Salvatore Emblema e Giorgio Celiberti: i “cattivi” maestri di Roberto Lucato. Le opere di Lucato tracciano l’aberrante situazione istituzionale dell’Italia ma lo fanno in una maniera del tutto inedita e significativa, attingendo al linguaggio caricaturale e all’immaginario mordace, che la Goffaggine politica diventa l’Istituzione per eccellenza. Il lessico ironico di Lucato riesce a stemperare la drammaticità e la gravità dei problemi attuali, creando un contesto grottesco denso di sfumature con singolari spunti di riflessione sul presente. Alla base dell’arte di Lucato c’è tanta rab-
bia verso la rassegnazione e la passività generali, verso la “non azione” e proprio per queste motivazioni la rassegna rappresenta un energico scossone a questo comportamento sociale. L’antologica sarà presentata all’inaugurazione dall’illustre storico e critico d’arte Dott. Giorgio Falossi, a cui seguirà il concerto musicale “Serenata” da una poesia di Ernesto Calzavara, con testi di Roberto Scalabrin, poesie di Ernesto Calzavara, Paolo Conte, Silvano Belloni, Katia Carlon, musiche di Simone Zanchini, Astor Piazzolla, Richard Galliano, Paolo Conte….Concluderà la serata la performance audio-visiva di Michele Piovesan e Massimo Barbot. Villa Benzi Zecchini Inaugurazione ore: 18.30 Ingresso libero Orari: da martedì a domenica 15,30 - 18,30 sabato e domenica 10,00 - 12,00 Via Montello, 61 31031 - Caerano di San Marco (TV) Tel. 0423 650509 - cell. 340.6760495 Info: www.robertolucato.it www.villabenzizecchini.it Ufficio stampa: www.sabrinafalzone.info Sabrina Falzone
Ok Arte Design P
rossimamente nel portale www.okarte.net “Ok Arte Design”, la rubrica sulle nuove tendenze, dove la tecnologia e la creatività si contaminano disegnando il futuro. Una panoramica che considera, in primo luogo, i padri fondatori del design made in Italy che tanto hanno insegnato e continueranno ad insegnare e manterrà vivo anche l’interesse verso il design europeo ed internazionale. Questa rubrica è rivolta a tutti coloro che amano l’Arte ed il Design in tutte le forme e sfumature, a tutto tondo, che apprezzano il classico ed il contemporaneo arrivando talune volte agli eccessi.
Eccessi ai quali ci ha abituati e obbligati questa frenetica e bizzarra società; quindi ricorreremo a tutte le nostre doti e capacità per essere sempre esaurienti e al passo con i tempi per soddisfare le vostre aspettative. Vi aspettiamo numerosi su Ok Arte (www. okarte.net) ricordandovi i prossimi importanti appuntamenti che si svolgeranno a Milano, ai quali non potrete mancare. “Salone del mobile”: da martedì 12 Aprile a domenica 17 Aprile 2011 Inoltre consigliamo di visitare: Triennale di Milano, Triennale Bovisa, Triennale Design Museum Alessandro Dalbuono
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obiettivo puntato dall’alto, o frontalmente, da una finestra appannata, rigata d’umidità, su cui si “irrivola” una pioggia densa e su cui s’apre la visione d’insieme di una città. palazzi di vetro e cemento che si intersecano con tratti espressionistici, nitidi e allo stesso tempo sfocati, perché l’aria attorno è insalubre, è sfalsata da una chimica di particelle infinitesimali che si depositano su ogni cosa, rendendone greve il respiro. È questo che si percepisce osservando le opere di Luisa Maggioni, pittrice milanese, classe 1978, che ci rende uno sguardo vitreo ed essenziale sui luoghi dove le vite degli uomini si intersecano, si arrabattano, corrono, combattono l’eterna lotta per la sopravvivenza.
Placido Di Stefano
Staff
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Direttore responsabile Avv. Federico Balconi Direttore editoriale Francesca Bellola Progetto Grafico e impaginazione Kerr Lab kerr@email.it 02 8321963 Stampato dalla Igep Via Castelleone 152 CR Testata OK Arte Reg. Tribunale di Milano del 6 maggio 2008 n. 283 Informazioni e pubblicità 3474300482 info@okarte.org OK ARTE sede in c.so Buenos Aires 45 presso agenzia Cattolica
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Luoghi che sembrano disabitati, ma che invece pullulano di vita, dove gli esseri umani sono rappresentati come ominidi ancestrali, riportati nei tratti essenziali e raffigurati nelle necessità primigenie: inforcano lance, combattono, copulano, rappresentati sempre in spazi limitati, ricavati come nicchie fortuite, dove si intravedono anche animali stilizzati che sembrano far parte delle stesse architetture razionali. Uno sguardo puntato dall’alto, o frontalmente, da una finestra appannata, rigata d’umidità, su cui si “irrivola” una pioggia densa, lo sguardo dell’artista che sa cogliere l’essenza delle cose e le ritrae. www.luisamaggioni.blogspot.com
Hanno Collaborato: Clara Bartolini Silvia Cipriano Silvia Colombo Tiziana Cordani Giuliana De Antonellis Placido Di Stefano Sabrina Falzone Carla Ferraris Fabrizio Gilardi Alessandro Ghezzi Paola Teresa Grassi Anna Guainazzi Luca Impellizzeri Francesca Mariano Ivana Metadow Milena Moriconi Sabrina Panizza Marina Paracciani Ugo Perugini Mariantonia Ronchetti Clara Terrosu Massimo Zanicchi
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MILANO
Terre Vulnerabili
L’anello più debole della catena S
i conclude il 13 aprile 2011 con “L’anello più debole della catena” - ed anche il più importante perché può romperla - l’ultimo quarto del progetto Terre Vulnerabili che segna la direzione artistica di Chiara Bertola all’Hangar Bicocca. Tema centrale è la vulnerabilità intesa come quella singolare capacità empatica che permette a tutti gli esseri umani di riconoscere ed accettare la propria responsabilità etica verso l’altro, verso la comunità e verso l’ambiente. Un progetto fortemente innovativo, sia nel suo farsi – gli artisti prescelti hanno partecipato a vari incontri a partire dal settembre 2009 condividendo il proprio lavoro, modificandolo o trasformandolo per accordarlo agli altri e realizzando opere significative e “site specific” o comunque ripensate per lo spazio di Hangar Bicocca – sia nella modalità di esposizione – si tratta di quattro mostre che hanno coperto un periodo di sette mesi, in quattro fasi come quelle lunari, (21 ottobre 2010, 2 febbraio, 10 marzo) per un totale di trenta artisti internazionali ed altrettante opere. Roman Ondák, Alberto Tadiello, Nari Ward, Franz West saranno protagonisti dell’ultima tappa del percorso che
prevede vulnerabilità e mobilità dei corpi: spostandosi creano, trasformano e articolano lo spazio che attraversano. Gli stessi corpi oggi riescono a piegare l’ambiente che li
Giulia Marchi Una magica realtà
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e immagini che Giulia Marchi riesce a far emergere da una realtà dimenticata e fuori dal nostro tempo indicano quanto ancora l’occhio umano riesca a cogliere malgrado la realtà ci allontani da una natura mai abbastanza vissuta e amata. E’ così che gli oggetti, le atmosfere, i coni d’ombra e le linee di luce riescono a riemergere da un obiettivo attento, colmo di poesia, affine alle emozioni degli eletti. Il loro groviglio, le loro strutture, il loro pesante passato vengono a cattu-
rare il nostro sguardo per ricordarci che possiamo farci domande alle quali non sappiamo rispondere. E allora ecco il gioco di linee sconosciute, i riflessi argentati in uno specchio d’acqua, gli orizzonti sfumati di brume inesistenti, gli oggetti che hanno trovato un altro luogo…insomma, ecco una nuova forma di sguardo, tutto in bianco e nero, con il sapore di un’antica realtà. E’ infatti la dimensione temporale quella che più ci colpisce nell’osservare le foto di Giulia, un tempo-non tempo, in cui la natura o gli oggetti sembrano riaffiorare dal passato, un passato sospeso, nel quale entrare in punta di piedi e da cui uscire rinfrancati. La tecnica semplice del foro stenopeico, antica e allo stesso tempo paziente, ci restituisce una realtà magica, attenta alla luce e ai suoi giochi bizzarri, senza l’invadenza del colore, così da lasciare libero lo sguardo di costruirsi il proprio orizzonte. giulia.marchi@libero.it Marina Paracciani
circonda per trasformare quell’enorme non luogo in un luogo d’incontro e di dialogo. Fondazione Hangar Bicocca Via Privata Chiese 2 Milano, www.hangarbicocca.it
“A Growing Exhibition” fino al 13 aprile 2011.Orari da martedì a domenica 11.00 19.00 giovedì 14.30 – 22.00 Mariantonia Ronchetti
CHIAR DI LUNA Ristorante E’ possibile gustare oltre ai deliziosi piatti tipici della casa, delle originali e squisite pizze
Pizze Filosofiche Pizza Pitagora Il padre del più famoso tra i teoremi, era un convinto vegetariano. La pizza a lui dedicata ha i colori della Pianura della Verità. Potrete trovarvi il verde del paté di olive, il bianco della mozzarella e l’arancione delle carote.
Pizza Cartesio All’insegna del rigoroso dualismo, la Pizza Cartesio separa il
corpo dalla mente, ovvero il pomodoro dalla mozzarella. E nutre il primo con del grana e la seconda con delle noci, la cui forma ricorda quella del cervello umano.
Pizza Kant Gialla come la luce che illumina la mente, la pizza Kant
un delizioso mix di mozzarella, grana, crema di mais e peperoni gialli! Consigliata a tutti i sostenitori della ragion pura!
Pizza Nietzsche Una pizza dai sapori forti, così come forte e decisa la Volontà di Potenza di cui parlava uno tra i più eccentrici filosofi di tutti i tempi. Pomodoro, mozzarella, uovo, pecorino, lardo: una pizza per veri Super-uomini.
Chiar di Luna chiuso martedì e mercoledì via Gandolfi, 12 24042 Capriate S. Gervasio (Bergamo) tel: 02 9091110 www.chiardiluna.it info@chiardiluna.it 15
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MOSTRE A MILANO
L’incredibile collezione dei coniugi Clark sarà in mostra a Milano fino al 19 giugno. Dagli en plein air di Pissarro alle morbide bagnanti di Renoir, dalle ballerine di Degas alle bianche scogliere della Normandia di Monet
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d aggirarsi per le sale di Palazzo Reale ammirando i 73 quadri che riassumono egregiamente quello che è stato il movimento che ha catapultato l’arte nel futuro, viene da pensare che sia incredibile come una collezione di tale portata possa essere appartenuta a una singola famiglia. I soldi, certo, sono un requisito indispensabile per
Sterling e Francine Clark mettere in piedi un’impresa di simile portata, ma altro elemento imprescindibile è il fiuto. E Sterling e Francine Clark di fiuto ne avevano eccome. Tra il 1916 e il 1955 acquistarono, tra le moltissime altre, 64 delle opere oggi in mostra a Milano. Visitando l’esposizione si può rivivere – in minima parte – l’esperienza di quanti ebbero in sorte di accedere alla casa dei due collezionisti. Due collezionisti atipici. Autodi16
Impressionisti Renoir, Ragazza con ventaglio
unico al mondo dovevano essere ancora dipinte. I quadri del “salotto” dei signori Clark saranno in esposizione a Palazzo Reale fino al 19 giugno. Dopo la tappa milanese – che è quella inaugurale – la loro tournée proseguirà per mezzo mondo per concluder-
Le meraviglie del “salotto” di Sterling e Francine sono un mirabile concentrato di quanto l’Impressionismo abbia saputo esprimere si con il ritorno a Williamstown, in Massachusetts. Un posto talmente fuori mano che solo un genio come Sterling poteva scegliere come sede del museo che avrebbe ospitato la fondazione che ne avrebbe eternato il nome accanto a quello della moglie. Dopo aver miracolosamente salvato le sue raccolte d’arte da due guerre mondiali, anche in questo caso il signor Clark la vide lunga: sentiva che, se fosse scoppiato il terzo conflitto, la città di New York sarebbe stata uno dei bersagli principali. A vedere come sono andate le cose, non si è sbagliato di molto. Massimo Zanicchi
datti e allergici ai critici, tanto che il signor Clark arrivò a definire gli storici dell’arte «del tutto privi di occhio per il bello». E fedele a questo motto, nel costruirsi una delle collezioni più importanti al mondo, si affidò all’istinto – quel sesto senso che parte dalla pancia prima ancora che dalla testa – e a giudicare dal risultato non ebbe di che pentirsi. Le meraviglie del “salotto” di Sterling e Francine sono un mirabile concentrato di quanto l’Impressionismo abbia saputo esprimere. Divise in dieci sezioni a ripercorrere i temi cari agli artisti francesi di fine Ottocento, rappresentano il meglio del movimento che ha segnato la transizione tra la tradizione classica e la pittura moderna. Tra i ventisei pittori esposti non mancano i nomi imprescindibili: Claude Monet, Edouard Manet, Camille Pissarro, Alfred Sisley e Pierre August Renoir, il prediletto dei Clark. Di quest’ultimo arrivarono a possedere 31 opere, un patrimonio artistico ed economico più confacente a uno Stato che a una coppia attempata. Non mancano neppure le icone impressioniste: dagli en plein air di Pissarro alle morbide bagnanti di Renoir, dalle ballerine di Degas alle bianche scogliere della Normandia di Monet. E poi ci sono le sorprese. I capolavori che non ti aspetti. Tra tutti l’istante di vita parigina cristallizzato dal ferrarese Giovanni Boldini nel suo “Attraversando la strada”. Talmente reale che nell’ammirarlo, per qualche istante si arriva a credere che basti battere le mani per rimettere in moto la frenesia quotidiana di una “Ville Lumiére” che più grigia non si può. Quella ospitata a Palazzo Reale, insomma, è una mostra che
rende giustizia a una corrente che spesso cade nella trappola di chi la utilizza come facile pretesto per attirare spettatori con promesse false e ammalianti come i canti delle sirene. Oltre alla qualità sopraffina delle opere, l’esposizione è valorizzata da un allestimento ben studiato. Azzeccati i colori delle stanze che ospitano le diverse sezioni e godibile l’intermezzo coreografico/multimediale che attraverso filmati e foto d’epoca proietta i visitatori in quella Parigi di fine Ottocento in cui il Museo d’Orsay era ancora una stazione ferroviaria e molte delle opere che oggi lo rendono
Degas, Ballerine
Massimo Zanicchi
Boldini, Attraversando la strada
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M O S T R E I N I TA L I A
Melozzo da Forlì Piero della Francesca e Raffaello
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e parole in corsivo sono di Daniele Benati curatore del catalogo della straordinaria rassegna relativa all’opera di Melozzo da Forlì. Melozzo degli Ambrogi (1438-1494), lascia la città natale assai giovane e si dirige a Padova, probabilmente al seguito di Ansuino da Forlì collaboratore di Mantegna alla chiesa degli Eremitani, in cui il genio patavino stava per consegnare gli affreschi della cappella Ovetari. Dal maestro il giovane Melozzo sembrerebbe derivare quell’indirizzo di ricerca sullo scorcio, “la vista dal sotto in
“…una personale ricerca sulla bellezza della figura umana, in grado non solo di possedere lo spazio entro cui si colloca, ma di imporsi come canone di una perfezione formale su tutto il creato” seppe dar voce alle ambizioni culturali della corte pontificia, che richiamava in quegli anni artisti da tutta Italia: Ghirlandaio, Perugino, Botticelli di cui sono presentate importanti testimonianze. A questo punto del percorso, si scopre il “cuore” della mostra, per la prima volta fuori dai Musei Vaticani, il grande affresco che raffigura papa Sisto IV in atto di nominare l’umanista Bartolomeo Platina Prefetto della Biblioteca Apostolica. In un ambiente di classica eleganza, l’intellettuale Platina riceve in ginocchio l’ambita nomina. Il papa Della Rovere affida, all’affresco di Melozzo, il valore di un vero e proprio manifesto politico: l’alleanza fra la Chiesa e la Cultura trasposta in immagine. Intorno al capolavoro sono collocati, oltre che gli affreschi provenienti dalla di-
Melozzo da Forlì angelo che suona il liuto strutta decorazione absidale della chiesa romana dei Santi Apostoli, dipinti tra i più cari all’immaginario artistico universale: gli Apostoli e gli Angeli musicanti di Melozzo, il Beato Angelico e Benozzo Gozzoli, Perugino e Bramante, Piero della Francesca e il “divino” Raffaello. Forlì- Musei San Domenico dal 29 gennaio al 12 giugno www.mostramelozzo.it Mariantonia Ronchetti
L’ITALIA S’È DESTA L’Arte del secondo dopoguerra D
Piero della Francesca, Madonna di Senigallia su” e la prospettiva aerea. In seguito, fino ai primissimi anni settanta, la sua presenza è testimoniata a Urbino dove incontra Piero della Francesca attraverso il quale aderirà definitivamente alle nuove certezze della prospettiva matematica. La mostra affianca alle opere del forlivese i capolavori degli artisti con cui venne in contatto nel corso della sua formazione. Ultima tappa del suo peregrinare sarà Roma. Qui, divenuto l’artista di punta negli anni dei pontificati di Pio II e Sisto IV, verrà insignito del titolo di Pictor papalis. Nell’Urbe egli
Italiasedesta-Achille Perilli
Giacomo Balla, ritratto di Benedetta Marinetti
iretto da Claudio Spadoni il MAR di Ravenna è ospitato presso la Loggetta Lombardesca del chiostro dell’Abbazia di Santa Maria in Porto. Negli ultimi anni il museo, già Pinacoteca Comunale, ha rilanciato la sua ricerca culturale, affiancando ad una già consolidata attività di conservazione e di valorizzazione del patrimonio una produzione culturale articolata. Qui si indagano storicamente i grandi temi della contemporaneità e le frontiere della creatività emergente. La mostra “ L’ITALIA S’È DESTA: 1945-1953. Arte italiana del secondo dopoguerra, da De Chirico a Guttuso, da Fontana a Burri” è curata dal direttore del Mar e si prefigge, come scopo principale, l’indagine dei tanti movimenti caratterizzati da linee artistiche fondamentali come l’Informale, il Realismo Impegnato e le diverse declinazioni dell’Astrattismo. Dal 13 febbraio al 26 giugno sono esposte oltre 160 opere di grandi artisti (tra cui Accardi, Afro, Attardi, Baj, Balla, Burri, Campigli, Carrà, Casorati, Consagra, De Chirico, Fontana, Guttuso, Mafai, Manzù, Munari, Savinio, Sironi e Vedova) a documentare, per la prima volta in modo organico ed esaustivo, il panorama culturale ed artistico italiano del secondo dopoguerra. Dal 1945 al 1953 infatti un fervore innovativo sembra aver cambiato il volto dell’arte italiana senza frontiere geografiche. In quel periodo la premessa comune degli artisti italiani sembrava essere la rimozione di quasi tutto ciò che era accaduto fra le due guerre mondiali, guardando soprattutto alla “Guernica” picassiana come modello stilistico e insieme ideologico. Un vivo fermento artistico animava tutta la penisola, nella dura contrapposizione fra figurazione realista e i diversi astrattismi, che vide fiorire movimenti come il Fronte nuovo delle Arti, la Forma 1, lo Spazialismo, il MAC, il Nuclearismo, il Gruppo degli Otto. Carla Ferraris 17
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IN EVIDENZA
Lou Manna
Anche il cibo a New York può avere un’anima
Serate Musicali Concerti del mese di APRILE 2011 Sala Verdi del Conservatorio– Via Conservatorio, 12 – Milano Teatro Dal Verme – Via San Giovanni Sul Muro, 2 - Milano Lunedì 4 aprile 2011 – ore 21.00 (Sala Verdi del Conservatorio) Violinista SHLOMO MINTZ – Pianista PETER JIRIKOVSKY; L. v. BEETHOVEN Sonata n. 3 in mi bemolle maggiore op. 12 n.3 Sonata n. 5 in fa maggiore op. 24 “La Primavera” Sonata n. 7 in do minore op. 30 n. 2 Biglietti: INTERO € 20,00 - RIDOTTO € 15,00 Domenica 10 aprile 2011 – ore 21.00 (Sala Verdi del Conservatorio) “Nell’anniversario dei 200 anni dalla nascita di Franz Liszt” EUROPEAN UNION YOUTH ORCHESTRA - Direttore CLAUS PETER FLOR R. WAGNER Rienzi Overture; R. WAGNER Die Walküre: Addio di Wotan e l’incantesimo del fuoco F. LISZT Les Préludes; R. WAGNER Tannhäuser Overture, Götterdämmerung: Alba e viaggio di Sigfrido sul RenoMarcia Funebre di Sigfrido Atto III, Die Walküre: Cavalcata delle Valchirie Biglietti: INTERO € 20,00 – RIDOTTO € 15,00
“I
l mio strumento di visione attraverso cui posso scrivere ed esprimere i miei sentimenti”, questa la definizione che il famoso fotografo Lou Manna ci dà della macchina fotografica. Appena entriamo nel suo studio, notiamo subito diverse macchine da presa sparse sui tavoli una ventina circa, ci dice Lou, ognuna di queste utilizzata diversamente, per meglio valorizzare l’immagine da fotografare attraverso la giusta canalizzazione della luce e utilizzo dell’obiettivo. Figlio di genitori partenopei, ha sviluppato l’amore per il cibo che ha deciso di trasformare nella sua musa ispiratrice lavorativa. Lou Manna è specializzato infatti nelle fotografie culinarie. Tra i suoi clienti ricordiamo Barilla, Ferrero, Bacardi, Bindi e ancora. E’ grazie al New York Times per cui lavora per quindici anni come photoreporter, che sviluppa e riconosce la sua peculiarità. Si occupa di fotografare le opere d’arte dei più grandi chef, girando per tutti i migliori ristoranti e posti di New York, fotografa il Bellini di Cipriani, il chocolate martini del Peninsula Hotel, la mousse al cioccolato di Bindi oltre che riempire con le sue fotografie i più rinomati libri di cucina, come quello di Pierre Franey, Craig Claiborne. Lou Manna comincia la sua passione per la fotografia alla sola età di otto anni, quando suo padre gli mostra per la prima volta la macchina fotografica e Lou affascinato in una notte d’inverno dalla suo camera da letto dal chiaro scuro della neve nella notte, capisce la sua “missione”. Comincia a lavorare nel giornale della scuola, scatta ed assembla da sé le fotografie del libro di fine anno, fino a volare destreggiandosi tra i vari paesaggi da immortalare per i più rinomati giornali e condividendo ora la sua passione e la sua esperienza con i suoi “discepoli” cui insegna a Stony Brook University, perché per Lou Manna una vita senza condivisione è priva di senso. Silvia Cipriano
Lunedì 11 aprile 2011 – ore 21.00 (Sala Verdi del Conservatorio) Violinista FRANK PETER ZIMMERMANN - Pianista PIOTR ANDERSZEWSKI L. v. BEETHOVEN Sonata n. 5 op 24 “Primavera”; K. SZYMANOWSKI Miti op 30 R. SCHUMANN Sonata n 2 in re minore op 121 Biglietti: INTERO € 15,00 - RIDOTTO € 10,00 Lunedì 18 aprile 2011 – ore 21.00 (Sala Verdi del Conservatorio– Via Conservatorio, 12 – MI) Pianista BRUNO LEONARDO GELBER W. A. MOZART Sonata in la maggiore K 331,Sonata in la minore K 310 ; F. CHOPIN Etude n. 7 op. 25 in do diesis minore, Etude no. 1 Op. 25 in la bemolle maggiore, Etude no. 4 Op. 10 in do diesis minore, Terza Sonata in si minore Op. 58; Biglietti: INTERO € 15,00 - RIDOTTO € 10,00 Mercoledì 27 aprile 2011 – ore 21.00 (Teatro Dal Verme – Via San Giovanni Sul Muro, 2 - MI) CAMERATA DEI LAGHI – Violoncellista UMBERTO CLERICI P. I. CIAIKOVSKI Notturno op. 19 per violoncello e archi A. VIVALDI Concerto per due violoncelli in sol minore; G. SOLLIMA “Violoncellez Vibrez!” per due violoncelli e archi O. RESPIGHI; Antiche Arie e Danze, suite n.3 per archi; B. BARTOK Danze rumene per orchestra d’archi (1917); N. SKALKOTTAS 5 Danze greche per archi (1937) Biglietti: INTERO € 15,00 - RIDOTTO € 10,00 PER INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI: SERATE MUSICALI UFF. BIGLIETTERIA TEL. 02-29409724 DAL LUN. AL VEN. 10.00- 17.00 email: biglietteria@seratemusicali.it sito: www.seratemusicali.it
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La direzione artistica seleziona artisti italiani e stranieri per la settima edizione del Salone Internazionale d’Arte Contemporanea del Carrousel du Louvre di Parigi e per il XIII Grand Prix International di Cannes. Gli artisti possono sottoporre la propria candidatura inviando immagini delle proprie opere e curriculum via email o su supporto magnetico per posta all’indirizzo del critico e storico dell’arte Sabrina Falzone c/o Galleria Il Borgo, corso San Gottardo 14 20136 Milano Il regolamento ed i moduli di iscrizione possono essere scaricati online dal sito: http://www.sabrinafalzone.info/selezioni-in-corso.php info@sabrinafalzone.info www.sabrinafalzone.info
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MILANO
Clara Maffei e CarloTenca “Io volli almeno acquistare la completa indipendenza delle mie azioni e del mio vivere e potermi dire: io appartengo a me medesima, e solo io voglio essere giudice del mio operare. E vinsi, almeno, la schiavitù delle cose convenzionali. E’ a duro prezzo ch’io acquistai tale libertà; pure è qualche cosa anch’essa quando non si vuole usarla che per il bene”
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osì scriveva Clara Maffei ad un’amica, descrivendo anche la natura del suo sodalizio sentimentale ed intellettuale con Carlo Tenca, che fu sempre caratterizzato dalla volontà di mantenere la reciproca autonomia, pur perseguendo obbiettivi comuni. Infatti nel 1848, quando ha inizio la rivolta contro gli Austriaci in tutta Italia e le proteste popolari vengono duramente represse, Clara si prodiga per assistere i feriti in casa Borromeo e sostiene moralmente e finanziariamente i patrioti; accoglie sotto il suo tetto la principessa Cristina di Belgioioso, che giunge a Milano alla testa di un’armata di volontari napoletani, ognuno dei quali sventola un drappo tricolore. Carlo
Tenca è la mente dell’insurrezione, è lo stratega che anima gli scontri nelle vie della città. Dovrà rifugiarsi a Locarno, per sfuggire alla morsa di Radetzky e qui lo seguiranno la madre e Clara. 960 persone saranno giustiziate con processi sommari e solo in seguito ad un’amnistia, Carlo e Clara potranno tornare a Milano e lei alloggerà nel nuovo appartamento di Via Bigli, 21, che conserverà per il resto della sua vita. Poco distante alloggia il Tenca, che riprenderà la propaganda politica fondando un nuovo settimanale, “Il Crepuscolo”, sul quale scriveranno autorevoli esponenti del salotto Maffei, come Zanardelli e Cattaneo. Clara era nata a Bergamo(13/03/1814), dal Conte Giovanni Battista Carrara Spinelli di Clusone, letterato, drammaturgo e poeta e dalla contessa Ottavia Gambara, appartenente ad una famiglia di idee progressiste. Conosce, tramite il padre, il giovane poeta Andrea Maffei e lo sposa il 10 marzo del 1832. Dall’unione nascerà una bambina che, purtroppo, morirà dopo soli nove mesi. Nel 1834 iniziano le serate nel salotto di casa Maffei e tra i fondatori troviamo Tommaso Grossi e Massimo d’A zeglio. Il pittore Francesco Hayez eseguirà un ritratto di Clara e fra le dame, che intrattengono gli ospiti col canto, la più cara ai coniugi Maffei, è la poetessa Giulietta Pezzi, convinta mazziniana. Clara incanta col suo fascino Honoré de Balzac, che la descrive in un suo diario ed offre ospitalità a Listz, che in molti salotti non veniva ricevuto, a causa della sua relazione irregolare con la contessa Agoult, al tempo, in evidente stato di gravidanza. Nel 1842, in occasione della trionfante Prima del Nabucco alla Scala, Clara incontra Giuseppe Verdi, che dopo soli quattro anni si prodigherà per aiutarla nella separazione dal marito, stilata con semplice atto notarile da Tommaso Grossi. Lasciata Milano, la contessa alloggerà a Clusone ed il suo salotto del primo piano, in Corsia dei Giardi-
ni n. 46, si popolerà di ministri, diplomatici ed alti ufficiali che discutono il futuro della Patria. Il ruolo di Clara, padrona di casa, è riconosciuto come insostituibile dai frequentatori del salotto, paragonato da alcuni intellettuali dell’epoca ad una monarchia assoluta e Raffaello Barbiera descrive la contessa nella sua abilità di ricevere e riunire nobili figure, guidando la conversazione, annientando gli attriti e vivacizzando l’ambiente, grazie alla scioltezza dei gesti. Fra gli ospiti, emerge Carlo Tenca (Milano 18161883), letterato e fervente patriota, che desta subito l’attenzione di Clara, la quale, oltre ad ammirarne il fervore, si sente attratta da lui sentimentalmente e ne diventerà l’amante. Di origini umili, Carlo frequentò inizialmente il Seminario, ma poi preferì abbandonarlo per mantenersi agli studi dando lezioni private. Con Alessandro e Carlo Porro partecipò alla nascita della “ Rivista Europea “e nel ’45 ne assunse la guida. Il giornalismo e l’impegno politico furono il centro della sua vita. Dopo il fallimento dei moti del ’48, si avvicinò agli ideali del Cavour e stimolò in tal senso gli intellettuali del Salotto di Clara Maffei. Nella fondazione del settimanale “Il Crepuscolo“ si avvalse dell’autorevole collaborazione di Carlo Cattaneo. L’impegno politico divenne principalmente parlamentare dopo il 1861, quando venne eletto deputato a Milano. Qui fu istituita la famosa scuola superiore femminile, che diventerà il Liceo Linguistico Alessandro Manzoni. Il Tenca militò nella destra moderata per circa vent’anni, membro del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. Si occupò, tra l’altro, della riorganizzazione generale delle scuole di Milano. Giovanni Visconti di Venosta (Milano 1831-1906) lo descrive come l’anima segreta del salotto della contessa Maffei, calmo, freddo, distinto ed aristocratico nei modi, pur essendo di origini popolane. Di bell’aspetto, visse del suo lavoro e non venne mai meno alla dignità ed alla più severa onestà. Clara Terrosu 19
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IN EVIDENZA
Pittori piuttosto pittoreschi
Berthe Morisot
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l 15 aprile 1874 il mondo dell’arte fu scosso da un’ondata tellurica senza precedenti. Il terremoto che sconvolse e rivoluzionò il cosmo della creatività ebbe il suo epicentro a Parigi. Per la precisione al numero 35 del boulevard des Capucines. Quel giorno, presso lo studio fotografico di Nadar (una sorta di Helmut Newton ante litteram) si aprì la prima mostra degli impressionisti e – come si suol dire quando si vuol caricare un evento di una certa enfasi – da allora niente fu più come prima. La portata dell’evento, su cui sono stati versati oceani di inchiostro, è ben nota. Poco noto è un dettaglio che lo caratterizzò. Tra i tanti barbuti protagonisti del passaggio epocale che proiettò l’arte nel futuro, scaraventandola oltre alla idilliaca e polverosa tradizione, vi era una donna. Circostanza non affatto scontata, se si considera che ai tempi, nella pur post rivoluzionaria Francia il motto «Liberté, Égalité, Fraternité» era una faccenda riservata esclusivamente a quelli che orinavano in piedi. La figura femminile rappresentava un accessorio che ogni famiglia doveva avere. Quantomeno per alimentarsi, riprodursi e sollazzarsi. La partecipazione di Berthe Morisot a una mostra d’arte era, dunque, di per sé un evento nell’evento. Giusto per contestualizzare la circostanza, si può notare che diciassette anni prima alla stessa Morisot era stato rifiutato l’ingresso all’Ecole des Beaux-Arts, in quanto per iscriversi bisognava essere sufficientemente uomini da non essere una donna. Con cinque oli, tre pastelli, due acquerelli e la caparbietà (o la temerarietà) di chi si metta in testa di asciugare il mare con una spugna con la convinzione di riuscirci, si rita-
gliò uno spazio nell’azzardo impressionista rifiutando di piegarsi alle convenzioni dell’epoca che rispetto a un cavalletto l’avrebbero posta frontalmente e, mai e poi mai, dietro. Diafana, magra, con i capelli scuri e una bellezza tale da affascinare Edouard Manet, che arrivò a ritrarla undici volte, Berthe Morisot lottò contro i pregiudizi di chi trovava disdi-
Tra i tanti barbuti protagonisti del passaggio epocale che proiettò l’arte nel futuro vi era una donna, unica fra i fondatori dell’impressionismo cevole che una donna impugnasse un pennello per una finalità diversa dal rimuovere la polvere dai soprammobili. Per affrontare questa battaglia impari fece suo, con un secolo di anticipo sui Sex Pistols, l’adagio «Fottitene delle cazzate» e a testa bassa inseguì le proprie passioni, dimostrando che la volontà è la più efficace delle bacchette magiche. Il destino dei precursori però è un triste destino. Indicano la direzione giusta, ma non vivono a sufficienza per vedere confermate le proprie intuizioni sovversive. Fu così anche per Berthe Morisot che morì a Parigi nel 1895 a soli 54 anni. Sul suo certificato di morte, un grigio burocrate, fedele ai codici ma insensibile all’evidenza, mise in pratica la rivincita dei benpensanti vergando alla voce occupazione la dicitura “senza professione”. L’idiozia però non sa fare i conti con l’evoluzione dell’intelligenza collettiva che, seppur ostacolata dalla chiusura mentale di chi vuole preservare lo status quo, sa sempre arrivare al dunque e quando lo fa, lo fa con estrema efficienza. A un solo anno dalla morte, la galleria Durand Ruel le dedicò una retrospettiva che, sgombrando ogni dubbio in proposito, ne mise in luce il talento. Un talento che ha saputo renderla eterna, mentre di tutti coloro che la osteggiarono in vita ormai si è perso il ricordo. Forse se avessero investito il proprio tempo per la realizzazione di un obiettivo più nobile rispetto al castrare le ambizioni altrui, oggi di loro rimarrebbe qualcosa di più rispetto a due date e un nome scolpiti su una lapide. Massimo Zanicchi
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Mostra laboratorio sperimentale arti visive L’Associazione culturale OK ARTE, in collaborazione con l’associazione culturale e la rivista ARTANTIS di Vincenzo Silvano (www.artantis.it), ha presentato una mostra collettiva presso la “Galleria Laboratorio Sperimentale Arti Visive” di via Plinio 46. La mostra, inaugurata il 18 febbraio e conclusa il 4 marzo, ha presentato gli artisti Alexander Maciac, Fulgen Sabatier, Umberta Ruffini, Olena Khudoley e Donatella Saladino. Alexander Maciac è un’artista figurativa che lavora essenzialmente su immagini femminili iperrealistiche. La pittura di Fulgen Sabatier si muove su due fronti: da una parte possiamo individuare un artista fortemente legato alla corrente dell’espressionismo astratto. L’altro fronte riguarda la ricerca dell’artista legata alle regole della Street-Art. Il lavoro di Donatella Saladino è riconducibile ad una pittura di tipo figurativo: pennellate texture ci rimandano al lavoro di un’artista sapiente. Il lavoro di Khudoley Olena è riconducibile ad una tipologia di arte figurativa che spazia affrontando tematiche varie legate al mondo della fantasia, al mondo religioso, riconoscibili nei paesaggi e nei ritratti. Umberta Ruffini lavora su una pittura tipicamente naif, libera da ogni costrizione e da ogni regola, lavora con grande entusiasmo su immagini fantastiche di forte impatto emotivo.
Bar Il Cortiletto di Achille Cennami all’interno dell’Accademia di Brera
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MOSTRE IN LOMBARDIA
La scuola di talenti di Leonardo Il Rinascimento lombardo sotto l’influsso dei “leonardeschi” I
l 2011 è l’anno dello scambio culturale tra Italia e Russia. Tra le numerose iniziative, da segnalare la mostra promossa dalla città di Pavia e dal Museo Ermitage dedicata ai “leonardeschi” che si terrà al Castello Visconteo di Pavia dal 20 marzo al 10 luglio prossimi. Per la prima volta, il Museo Ermitage presta 22 opere della sua collezione, molte delle quali considerate originali di Leonardo, almeno fino a tutto l’Ottocento, che verranno esposte insieme ad altrettanti dipinti delle collezioni pavesi. E’ un’occasione importante per cercare di capire quanti e quali influssi artistici il genio toscano abbia determinato tra i suoi numerosi seguaci lombardi tra il XV e il XVI secolo. Altro che “creatori di cadaveri galvanizzati” come li aveva definiti il critico Roberto Longhi all’inizio del Novecento! I“Leonardeschi” non furono imitatori pedissequi del Maestro, ma svilupparono in modo dinamico l’arte lombarda, all’epoca piuttosto arretrata culturalmente, svecchiandola e introducendo certe concezioni espressive e formali, tra le quali la tecnica dello sfumato, con l’intento di cogliere e rappresentare in modo autentico i sentimenti dell’animo umano. Il sottotitolo della Mostra “da Foppa e Giampietrino” cerca di inquadrare il Rinascimento lombardo anche attraverso pittori precedenti come Foppa e Borgognone che non possono definirsi “leonardeschi” anche se forse qualche influsso di questo tipo esiste: nelle opere del primo si può notare un certo ammorbidimento del risalto plastico (si veda la “Pala Bottigella”, 1477-1478), mentre nel secondo si apprezza la grande raffinatezza e delicatezza dei passaggi cromatici (i riccioli lucenti del “San Giacomo Maggiore”) che alludono ad atmosfere leonardesche. Ma, quando Leonardo comincerà a lavorare a Milano, sotto Ludovico il Moro, realizzando opere come “La vergine delle rocce”, il cartone di “Sant’Anna”, la “Dama con l’ermellino” e “L’ultima cena”, si aprirà una stagione del tutto nuova e ricca di contributi. A partire da Francesco Melzi, uno dei suoi allievi preferiti, di cui si potrà ammirare, tra l’altro, la bellissi-
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www.okarte.net www.okarte.it ma “Flora” (1520). Tra gli altri leonardeschi da citare, il Giampietrino con il “Cristo con il simbolo della Trinità”, dal quale deriva la copia di Brera, l’”Apostolo Giovanni”, e la splendida “Madonna con il bambino”. Anche Bernardino Luini fu coinvolto dalle opere di Leonardo: tra i suoi lavori, da segnalare “Santa Caterina”, proveniente dall’Ermitage. E poi, Cesare da Sesto con la “Sacra Famiglia” e il Sodoma con il suo “Cupido in paesaggio” e altri ancora. L’influsso leonardesco, insomma, circola in queste opere, comprese certe di difficile attribuzione che arrivano dal Museo russo. Pensiamo all’”Angelo” – tra l’altro, in pessime condizioni – l’unica replica della celeberrima opera di Leonardo descritta dal Vasari o la “Donna nuda” che qualcuno fa risalire all’enigmatico Salai, che lavorò con Leonardo a bottega da quando aveva dieci anni e non era certo uno stinco di santo dal momento che lo stesso Maestro non esita a definirlo “ladro, bugiardo, ostinato, ghiotto” - anche se poi seppe conquistarsi la sua fiducia. Ugo Perugini
Sell Art
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potrai inserire gratuitamente i comunicati delle tue mostre. Se vuoi avere maggior visibilità, puoi comparire con un tuo BANNER nella home page ed essere inserito nella news letter inviata agli esperti di settore ed a migliaia di visitatori al mese. Info: info@okarte.org tel. 347-4300482 Attraverso il sito www.okarte.net www.okarte.it si raggiungono ogni giorno migliaia di visitatori
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o spazio “Sell Art” a cura di Clara Bartolini, sul portale www.okarte.net www.okarte.it è una vetrina dedicata ad artisti selezionati ai quali viene data la possibilità di proporre le opere in vendita ed essere visti da un pubblico sempre più vasto di centinaia di migliaia di lettori ogni mese. Tra questi i molti collezionisti in contatto con Ok Arte e i responsabili di gallerie e Musei con i quali il giornale mantiene un rapporto costante. Sell Art non intende sostituirsi ad una Galleria d’arte, piuttosto essere un mezzo più sfaccettato e dinamico, in grado di intercettare opportunità che si presentino nel mondo ormai vastissimo di Internet. Il suo interesse: avere sempre il polso dello stato dell’Arte a livello nazionale e internazionale per trarre per se e per i suoi iscritti le informazioni, i vantaggi e le opportunità che ne possono derivare. Agli artisti aderenti viene assicurata la segnalazione delle proprie mostre, uno sconto speciale in caso si desideri avere un articolo sul giornale, la possibilità di partecipare a collettive o personali organizzate espressamente dal giornale in gallerie o luoghi di interesse particolare. L’elenco dei nomi degli artisti sarà segnalato all’apertura dello spazio, cliccando sul nome si potranno vedere opere e testi inseriti. Per informazioni e adesioni a SellArt: info@okarte.org, telefono 347-4300482, www.okarte.net, www.okarte.it. 21
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MOSTRE
Fabrizio De Andrè
In mostra la vita del musicista-poeta M
ilano ospita dall’11 marzo al 15 maggio 2011, presso la Rotonda della Besana, una mostra dedicata a Fabrizio De Andrè. Si tratta di un’iniziativa partita a Genova, città d’origine del cantautore, dove la mostra è stata aperta a Palazzo Ducale per tutta la prima metà del 2009, in occasione del decennale della scomparsa di De Andrè. In seguito la mostra è stata allestita a Nuoro, Roma e Palermo e la tappa di Milano concluderà il percorso. Una misura della grandezza e della notorietà del personaggio ci può essere già fornita dalla linearità del titolo dato all’esposizione, semplicemente: “Fabrizio De Andrè – la mostra”. Il percorso espositivo ha principalmente un valore documentario, la vita del musicista-poeta viene ripercorsa e messa in relazione ad avvenimenti contemporanei alla creazione dei singoli brani, ma anche a fatti e tematiche attuali che ben si sposano con le storie ideate da Faber, come veniva e viene spesso chiamato il cantautore ligure. Tutto ciò viene ottenuto con l’ausilio di mezzi tecnici, talvolta anche interattivi, dove l’intervento del visitatore fa partire un certo tipo di documenti visivi e audiovisivi, collegati a un album di De Andrè, oppure modifica la struttura della rappresentazione dei personaggi delle canzoni visualizzati in una serie di tarocchi, portando lo spettatore a generarne una rappresentazione personalizzata. Vi è comunque da segnare a merito dei curatori Vittorio Bo, Guido Harari, Vincenzo Mollica, Pepi Morgia e degli allestitori di Studio Azzurro, che, fermo restando ciò che si è detto sull’interesse documentario che suscita, l’insieme dell’esposizione crea comunque un impatto estetico non indifferente e si sforza di cercare la sintonia con la contemporaneità.
Come è facile immaginare, non mancano fotografie, copertine di dischi, locandine, libri annotati, appunti di Fabrizio De Andrè e altri memorabilia. L’esposizione termina con una proiezione a ciclo continuo, della durata di quattro ore, di video con concerti, interviste e altri momenti della vita
di De Andrè, alcuni dei quali, ci assicurano gli organizzatori, sono visibili per la prima volta. La mostra è prodotta dall’Assessorato alla cultura del Comune di Milano, dalla Fondazione Palazzo Ducale di Genova, dalla Fondazione Fabrizio De Andrè e da Silvana Editoriale. Fabrizio Gilardi
Truffaut & Doinel Sul cinema, il tempo e l’amore eroe lettarario, peratro, del Doinel ragazzo. La vicenda è quella di un ragazzaccio (non per niente questo personaggio verrà riconosciuto subito da tutti “l’enfant terrible” del cinema francese) cresciuto senza famiglia, che va a scontrarsi con le istituzioni che lo circondano prima (ne “I 400 Colpi” soprattutto, ma quando sarà cresciuto anche in “Non Drammatizziamo...”), e con l’amo-
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ccadde tutto il 10 di novembre del 1958. Muore Andrè Bazin, massimo teorico ed esteta del cinema francese. Francois Truffaut inizia le riprese de “I 400 Colpi”, e nasce la Nouvelle Vague. Il protagonista della pellicola è un ragazzino parigino di nome Jean Pierre Lèaud, e grazie al sodalizio con il famoso regista francese nascerà e si svilupperà il cosiddetto ciclo di Antoine Doinel. Caso unico nella cinematografia mondiale, Truffaut realizzerà in vent’anni quattro film e un’episodio del film corale “L’amore a vent’anni”, tutti aventi come protagonista Antoine Doinel interpretato sempre da Lèaud, strizzando così l’occhio ai modi della Commedia umana cara a Balzac,
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re (nell’episodio del sopra citato film corale e in “Baci Rubati”) ed il suo nostalgico ricordo poi (“L’amore Fugge”, che chiude peraltro la saga). Doinel si porrà allo spettatore, dopo uno sguardo più attento, come perfetta sintesi tra due personalità, due identità distinte ma parallele, aventi due sguardi verso il mondo e la vita complementari gli uni con gli altri. Come ebbe a dire lo stesso regi-
sta, Doinel rappresenta “un personaggio immaginario che si trova ad essere la sintesi di due persone reali”, in un rapporto regista-attore che si spinge molto più in là di quello di Scorsese con De Niro e con Di Caprio più di recente, o come quello di Herzog con Kinski. L’attitudine alla vita di Doinel è sempre fanciullesca e sognante, tendente com’è all’insicurezza e tormentata dallo spettro del ridimensionamento delle lungimiranti aspettative dell’infanzia deluse dall’incombente presenza della realtà e dal conseguente ed inevitabile imborghesimento insito nell’approdo all’interno del mondo adulto; sarà perciò considerato lo stereotipo per eccellenza dell’anti-eroe. Il finale de “I 400 Colpi” ci racconta perciò, (quando Doinel approda alla fine di una corsa a perdifiato, filmata attraverso un’efficacissimo piano sequenza, davanti una battigia deserta ed un mare infinito che egli osserva con uno sguardo pieno di smarrimento) della continua ricerca che noi tutti facciamo del tempo che ancora ci attende. Filmografia del ciclo Doinel: “I 400 Colpi”; episodio “Antoine & Colette” in “L’amore a Vent’anni”; “Baci Rubati”; “Non Drammatizziamo...è solo Questione Di Corna”; “L’amore Fugge”. Luca Impellizzeri
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ITINERARI IN LOMBARDIA
San Francesco
niata da un affresco posizionato sulla parete di fondo del braccio destro del transetto, sopra la tomba di Antonio Fissiraga sostenitore e finanziatore dell’opera, fratello o nipote del Vescovo di Lodi, Bongiovanni Fissiraga, che aveva donato ai frati minori la piccola chiesa di San Nicolò sulle cui fondamenta si inizia a costruire il Tempio di San Francesco. L’affresco votivo testimone della fine dei lavori è “La Madonna con Bambino, i Santi Nicola e Francesco e Francesco Fissiraga che presenta il modellino della Chiesa”. All’autore, un anonimo Maestro lombardo, capace di palesare le novità dell’arte pittorica del tempo, si dà il nome di Maestro dei
Chiesa di San Francesco a Lodi “L’antico Tempio avea canti e colori d’una soavità che ancor mi trema dentro”
Fissiraga. Sua è anche la volta a croce del transetto, con i “Simboli dei quattro Evangelisti” e “I quattro Evangelisti allo scrittoio”. Entrando in Chiesa si resta estasiati, colpiti dalla ricchezza di affreschi, cappelle, volte a crociera con costoloni, colonne e semicolonne in laterizio, monofore che ne permettono l’illuminazione naturale. E quando il sole entra dal grande rosone è uno sfavillio di colori bronzei e dorati che fa tremare il cuore dall’emozione, proprio come recitano i versi di Ada Negri: “ l’antico tempio avea canti e colori d’una soavità che ancor mi trema dentro”. L’organo è opera del celebre organista bergamasco Serassi, collocato con la cantoria nel 1853. Un portale di marmo, in stile barocco che introduce agli affreschi che esaltano il Mistero dell’Eucarestia.
L’interno della Chiesa è a croce latina a tre navate e l’altare maggiore con il coro è bellissimo; marmi pregiati policromi e di madreperla lo rendono ricco e raffinato. La chiesa è piena di Madonne, tutte suggestive con affreschi che raccontano dalla sua nascita alla sua ascensione, merita nota la “Madonna dell’ermellino” da Ada Negri tanto cantata: “ chiusa in un manto d’ermellino, bianca imperatrice al divin Figlio serva.” E’ una immagine dolcissima, ha in mano un fiore, è in piedi su un pavimento a mosaico con una lunga veste a gigli e stola d’ermellino. Di pittore ignoto ha una cornice stellata con un’iscrizione a caratteri gotici che così recita: “Quando arriverai davanti alla Vergine Immacolata, bada di non passare oltre senza dire un’Ave”. Ivana Metadow
Ada Negri e la sua chiesa di Lodi V
oglio parlarvi di un antico tempio che sorge nel centro di Lodi. Da lontano è in effetti solo una grande facciata perché incompiuta, priva del tetto, ma è maestosa, in cotto rosato, con un grande rosone in marmo bianco posto sopra un alto protiro ogivale con colonne in cotto su plinti di pietra e due lesene semicilindriche. Ciò che dona leggerezza a tutta la struttura frontale sono due bifore laterali a cielo aperto, un particolare tipico lodigiano già visto anche nella Basilica di San Bassiano a Lodi Vecchio. “Dal vano delle due bifore ancora sorride il cielo con pupille azzurre….” Così scriveva
in poesia Ada Negri. La presenza della poetessa nata a Lodi nel 1870, si sente fin dalla piazza antistante l’ingresso. Infatti nei giardini attigui campeggiano suoi versi in rima, che tanto hanno decantato il suo rapporto con il tempio e sotto il grande quadro ad olio “San Francesco riceve le stimmate” di Fra Sollecito Arisi del 1601, si trova la tomba della poetessa e scrittrice lodigiana. La Chiesa è in stile romanico-gotico, i lavori d costruzione iniziarono intorno alla seconda metà del XIII secolo e terminarono verso il 1290. La fine dei lavori di costruzione è testimo-
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GIACOMETTI
Icona dell’esistenzialismo “I giorni passano ed io mi illudo di afferrare, di fermare ciò che fugge, e corro, corro senza muovermi dal posto in cui sto”
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uesta breve ma intensa affermazione di Giacometti, celebrato al MAGA di Gallarate con un’ampia retrospettiva di opere inedite in Europa provenienti dalla collezione privata degli eredi, rispec-
chia la profondità e lo spessore del suo carattere. La superba mostra, curata da Michael Peppiatt autore del catalogo in due volumi in collaborazione con Electa, presenta, dal 6 marzo al 5 giugno 2011, i momenti più intimi di un artista tra i più significativi del Novecento. I dipinti, le sculture ed i disegni esposti ripercorrono tutta la sua carriera dagli esordi in Svizzera paese d’origine, al trasferimento parigino sino alla sua morte. Ed è proprio il piccolo e squallido studio preso in affitto nel 1926 a Parigi la sua fonte d’ispirazione ed il fulcro d’attrazione di pittori, scrittori ed intellettuali di quel periodo. Una minuscola stanza priva di qualsiasi comodità con i muri scrostati e le perdite d’acqua dal soffitto, diventa per l’artista sempre più capiente per installare grandi sculture in fase d’esecuzione. Giacomet-
ti eccelleva anche nella scrittura, prendeva appunti e disegnava sempre anche quando usciva a notte inoltrata dal suo studio per recarsi nei bar, nelle osterie o nei bordelli di Montparnasse. Questa sua vivacità intellettuale gli permetteva di confrontarsi con i più grandi letterari e filosofi quali: Maurice Merleau-Ponty, Sartre, Samuel Beckett, con il quale nacque un’amicizia. Si narra che anche Marlene Dietrich ebbe un breve flirt posando per il maestro. Giacometti divise lo studio con il fratello Diego, suo braccio destro nel lavoro,
che accolse con una certa diffidenza l’arrivo della giovane moglie Annette. Anche quando arriverà il successo negli ultimi anni di vita, Giacometti manterrà lo stesso stile di vita lavorando in maniera maniacale distruggendo e ricostruendo molti dei suoi lavori. Gli anni della guerra segnano la svolta della sua carriera, infatti, per costrizione, le dimensioni delle sue sculture tendono a ridursi sino ad sgretolarsi. Il percorso espositivo si apre con “Grande Femme” ed è arricchito da disegni e schizzi su giornali e taccuini, da video con dichiarazioni e interviste. Giacometti, che per armonizzare la sua visione interiore alle figure scure e scarne era alla continua ricerca della verità, si definiva con umiltà: “uno scultore mancato”. www.museomaga.it Francesca Bellola
Pier Domenico Magri P
ier Domenico Magri afferma la sua creatività in maniera forte e decisa, come un prodotto del suo felice istinto, ma anche (io sarei tentato di dire soprattutto) come il prodotto di una cultura raffinata, e diversa rispetto alle consuetudini culturali degli artisti. Magri è un artista solo apparentemente spontaneo, ma soprattutto non ingenuo. Conosce tutte le scaltrezze dell’espressività fino al limite estremo dell’espressionismo astratto (anche un po’ di maniera). Con la pittura di Magri siamo al confine tra il reale e l’astratto, tra sogno e segno, dove il sogno si lega al reale e l’astrazione genera il segno. Le ipotesi che questo pittore suggerisce sono estremamente radicali ad onta delle apparenze. Le sue forme che si stemperano nelle nuvole e acquistano magiche suggestioni nell’incanto del sapiente cromatismo hanno a volte bagliori tiepoleschi o più spesso rievocano la calda luce dei cieli del Piazzetta, e l’occhio si riposa nella contemplazione assorta. Poi gradatamente, a mano a mano che l’osservazione si fa analitica e si svelano le pieghe del quadro, ti senti una specie
La sua pittura dinamica è al confine tra il reale e l’astratto, tra sogno e segno, dove il sogno si lega al reale e l’astrazione genera il segno di arsura psicologica, e quelle forme si trasformano in realtà pietrose, insoddisfatte, in città tumultuose e violente, oppure in morbidi prati riposanti; ma prevale una intrinseca cosmicità. E non è un caso che abbia intitolato una sua recente mostra “I colori dell’Universo”.
Soprattutto perché c’è un dato decisivo nella sua pittura, che si manifesta come nonesistenza, come non-più-esistenza, e che trova nella dimensione pittorica la sua ragione di essere, il significato del suo riacquistare significato. Proprio perché li registra come realtà sognata e li cancella dal mondo dell’esistenza reale, gli eventi per una sorta di trascinamento perdono anche la loro condizione di realtà sognata e la loro inesistenza risulta totale. Bruno Rosada 24
Il respiro del Cosmo
Inaugurazione sabato 2 aprile ore 18.00 Personale di Pier Domenico Magri a cura di Arianna Sartori Galleria Arianna Sartori via Ippolito Nievo, 10 Mantova dal 2 al 14 aprile 2011 tel. 0376-324260