COSTOZERO - Felicità, la rivoluzione

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editoriale

RIPRESA ECONOMICA, UNA BRUSCA FRENATA

Ci aspettavamo una “riscossa economica mondiale”. Siamo alle prese, invece, con una seria, preoccupante e nuova battuta d’arresto. Ogni guerra finisce e anche quella in Ucraina, speriamo presto, volgerà al termine ma nel mentre bisogna attrezzarsi per contrastare la crisi energetica nel nostro Paese semplificando le procedure autorizzative per accelerare lo sviluppo delle rinnovabili

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uello che doveva essere l’anno del rilancio economico e, allo stesso tempo, della promozione decisa di una ripresa verde, inclusiva e resiliente, capace di contrastare i cambiamenti climatici e le tante disuguaglianze emerse nel corso dell’emergenza sanitaria, si sta rivelando - mese dopo mese - un 2022 a elevata incertezza. Il graduale iter di superamento della pandemia sta viaggiando di pari passo, infatti, con il profilarsi di tante, nuove fonti di instabilità, dovute all’allarme di rischi geopolitici e ai recenti e dolorosi eventi bellici in Ucraina, che si sommano alle criticità già manifestatesi nell’ultimo anno in termini di difficoltà di approvvigionamento e innalzamento dei costi di materie prime, gas ed energia. Secondo le stime di Confindustria, attualmente i rincari di petrolio, gas e carbone comportano per l’economia italiana un incremento dei costi di produzione del 77%, con un aumento in termini di bolletta energetica pari a 5,7 miliardi, su base mensile, e circa 68 miliardi su base annua. Le imprese, se nei primi mesi hanno retto comprimendo i margini e posticipando gli investimenti, non saranno in grado di continuare a farlo ancora a lungo. Di rimando, molte di queste si vedranno costrette a ridurre o addirittura sospendere la produzione o a programmare di farlo nei prossimi mesi. Ci aspettavamo una “riscossa economica mondiale”. Siamo alle prese, invece, con una seria, preoccupante e nuova battuta d’arresto. Ogni guerra finisce e anche questa, speriamo presto, volgerà al termine ma nel mentre come attrezzarsi per contrastare la crisi energetica nel nostro Paese che dipende anche da un problema strutturale? Nel breve termine sarebbe indispensabile, per scongiurare una ulteriore spirale inflazionistica, raggiungere un accordo a livello europeo per un price-cap al prezzo del gas. La riduzione del consumo di combustibili fossili è tra i primi obiettivi da raggiungere puntando sull’efficientamento energetico. La completa indipendenza della fornitura di gas e petrolio dalla Russia puntando, come si sta facendo, su approvvigionamenti da altri Paesi, è altrettanto impellente. Al di là di posizioni ideologiche, una soluzione potrebbe anche essere data dai reattori nucleari di quarta generazione, i cui vantaggi potrebbero essere complementari a quelli delle energie rinnovabili seppure in tempi non celeri. Ciò che è certo è che, nella complicata transizione ecologica, non dobbiamo precluderci alcun tipo di strada o ricerca su nuove tecnologie. Imprescindibile al momento il via libera allo sviluppo delle rinnovabili, snellendo e accelerando l’iter autorizzativo, sia dei progetti in sospeso che dei nuovi che saranno presentati. Il tempo diventa allora ancora una volta una variabile determinante. In questa caotica e incerta situazione, è ancora più urgente quindi l’implementazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Al netto di tutte le difficoltà presenti e di quelle già immaginabili, infatti, l’Italia con il PNRR dispone di uno strumento senza precedenti per rafforzare e far crescere tutta la sua economia e le sue imprese e creando le basi per uno sviluppo più equilibrato e inclusivo, possibile solo aggredendo i fattori del ritardo dell'economia del Mezzogiorno e rafforzando la coesione territoriale. Antonio Ferraioli presidente Confindustria Salerno N. 2 | 2022

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IN QUESTO NUMERO Editoriale Ripresa economica, una brusca frenata di Antonio Ferraioli......................................................... 1

Primo Piano

Espressomat: distributori automatici di design, innovazione e sostenibilità a cura della redazione......................................................... 23

Business

Salerno Letteratura 2022, la felicità, la rivoluzione di Raffaella Venerando..................................................... 4

ALL4LABELS insieme a HP Indigo taglia il traguardo dei 25 anni nel campo della stampa digitale a cura della redazione........................................................ 24

Carillo: «Il nostro Festival un esempio di rigore e resistenza civile» intervista a G. Carillo......................................................... 6

Bond Food Mezzogiorno, il finanziamento si fa innovativo a cura della redazione........................................................ 26

Calabrò:«Le nostre industrie sono capitale sociale positivo» intervista ad A. Calabrò....................................................... 8

Best Packaging 2022, sul podio l’alleanza sostenibile Di Mauro-Veronesi a cura della redazione........................................................ 27

L'opinione

Palazzo Innovazione, uno spazio di lavoro costruito intorno alle persone intervista a M. Vitolo....................................................... 28

I nodi dell'economia italiana intervista a C. Cottarelli...................................................... 10 Per un futuro davvero sostenibile intervista a G. De Feo...................................................... 12

Focus Il ruolo e il peso dell’industria nel Mezzogiorno di A. Casolaro e A. Cozzolino......................................... 14

Confindustria Salerno Premio Best Practices 2022, occhi già puntati sulla prossima edizione di Raffaella Venerando..................................................... 17 Confindustria Salerno cresce e si rafforza con nuovi soci a cura della redazione......................................................... 20 CCIAA SALERNO, Andrea Prete eletto presidente per acclamazione a cura della redazione......................................................... 21

New entries Octopus IoT, la sicurezza in un click a cura della redazione......................................................... 22

Aziende, la strada verso la crescita intervista a I. Allegro....................................................... 30 Trucillo, salgono a 4 le caffetterie inaugurate a Dubai a cura della redazione........................................................ 32

Lavoro Sanità, licenziato in tronco il medico che ha omesso l’esito positivo al test Covid-19 di Paolo Ambron................................................................ 33

Eventi Packaging design, i premiati da OneMorePack 2022 a cura della redazione........................................................ 34

Privacy

Colapietro: «La privacy non è un limite alla competitività delle aziende» intervista a C. Colapietro.................................................... 36

Norme e Società La riforma della giustizia: tra efficientismo e nuovi paradigmi culturali di Marco Marinaro............................................................. 38


Re-Values lab

PNRR e nuovo Codice Appalti, in quale direzione si sta andando di Luigi Maria D'Angiolella................................................ 40

Curiosità, motore di vita intervista ad A. Autuori......................................................... 56

Il contratto di associazione in partecipazione di Maurizio Galardo............................................................. 42

Bon Ton Come stai? Troviamo un piano B di Nicola Santini................................................................... 58

Fisco

Mondi Persistenti

Il report sulla sostenibilità entra nella relazione sulla gestione di Marco Fiorentino........................................................... 44

Aloy: tra rovine future e nuovi valori di Alfonso Amendola e Annachiara Guerra........................... 59

Super ACE, chiarimenti di Alessandro Sacrestano.................................................... 46

Salute Estate, l’importanza di una corretta beauty routine di Antonino Di Pietro............................................................. 61

Formazione Assidai, la salute prima di tutto intervista ad A. Indennimeo................................................. 48

Il concetto di traslazione nell'obesità di Giuseppe Fatati.................................................................. 62

Libri

Societing 4.0

I miei stupidi intenti a cura di Raffaella Venerando............................................... 63

L’innovazione tecnologica che parla ai territori di Alex Giordano................................................................... 50

Home Cinema

Mercati

C’MON C’MON a cura di Vito Salerno............................................................. 63

Digitalizzazione, gli effetti sull’export delle aziende di Daniele Trimarchi.............................................................. 52

Dai Social

Aziende, tra competenze, tecnologia e sostenibilità di Andrea Boscaro............................................................... 54

COSTOZERO N. 2 | GIUGNO - AGOSTO 2022

Trimestrale di Economia, Finanza, Politica Imprenditoriale e Tempo Libero di Confindustria Salerno Reg. Trib. di Salerno N. 677 del 22/10/1987 - Iscrizione al Roc N. 23241/2013 Direttore Editoriale Antonio Ferraioli Direttore Responsabile Alessandro Sacrestano

a cura di Vito Salerno............................................................. 64

Redazione Raffaella Venerando

Stampa Arti Grafiche Boccia/Salerno

Project Management Vito Salerno

Foto Archivio Costozero Massimo Pica/Ag. Fotografica Vito Pastorino per le immagini di Salerno Letteratura

Società Editrice Direzione e Redazione Assindustria Salerno Service Srl Via Madonna Di Fatima, 194 Tel. 089 2873699 P. iva 03971170653 redazione@costozero.it www.costozero.it

Grafica e Impaginazione Moreplus srl | www.moreplus.it Copertina: identità visiva di Giuseppe Durante, Opera srl Le opinioni espresse negli articoli appartengono ai singoli autori dei quali si intende rispettare la piena libertà di giudizio

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SALERNO LETTERATURA 2022, LA FELICITÀ, LA RIVOLUZIONE

Un'edizione da record quella che ha celebrato il decennale dalla fondazione. Duecento ospiti, dieci sezioni e tantissimi eventi hanno animato il centro storico di Salerno dal 18 al 25 giugno per un festival sempre più virtuoso di Raffaella Venerando

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a cultura rende liberi. Ma anche felici e rivoluzionari. È questa forse la lezione più importante della decima edizione di Salerno Letteratura Festival che, per sette lunghi e densi giorni, ha disseminato in vari luoghi della città entusiasmo, parole, dibattiti, narrazioni. Conclusasi da pochi giorni, la manifestazione che vede Ines Mainieri alla direzione organizzativa e Gennaro Carillo e Paolo Di Paolo a quella artistica - lascia dietro di sé la voglia di fare ancora di più e meglio negli anni a venire. Duecento ospiti per duecento proposte e ben diciottomila presenze (cifra stimata sulle prenotazioni registrate) hanno dato ragione all’ardore della progettualità degli organizzatori che quest’anno hanno offerto al pubblico ampio del festival momenti dedicati sì alla narrativa, ma anche all’attualità, alla scienza, alla politica, al mondo classico, alla filosofia e all’economia. Proprio nella sezione Sguardi sul mondo attuale/ economia, rientrava l’incontro andato in scena la

sera del 24 giugno scorso che ha visti protagonisti - in una prima parte - Antonio Ferraioli, presidente Confindustria Salerno; Andrea Prete, presidente Unioncamere e Camera di Commercio di Salerno e Antonio Alunni, presidente Gruppo Tecnico Cultura di Confindustria. A condurre, il poliedrico Paolo Di Paolo, l’uomo con le parole giuste. Fil rouge di questo momento il legame tra impresa e cultura, una relazione in continua evoluzione che mette insieme visione e concretezza perché - per dirla con le parole del presidente Ferraioli - «l’impresa stessa è cultura perché si adegua ai tempi che cambiano, perché non può essere arida o avulsa dalla realtà complessa che la circonda, perché al centro di essa c’è l’uomo, la dignità del lavoro, la responsabilità per il presente e il futuro perché si affermi un’economia di tutti e per tutti, che sia sensibile alle necessità di sostenibilità sociale ed economica oggi indispensabili». A seguire l’incontro con Antonio Calabrò, autore di “L’avvenire della memoria” (Egea), sempre


primo piano

I finalisti del Premio Letteratura d'impresa promosso da Festival Città Impresa-ItalyPost

sotto la regia del co-direttore artistico Di Paolo. La serata si è poi conclusa con i finalisti del Premio Letteratura d’Impresa, promosso da Festival Città Impresa-ItalyPost, realizzato in collaborazione con la Camera di Commercio di Salerno e Confindustria Salerno: Chiara Alessi, autrice di Tante care cose (Longanesi); Luigi Garlando, autore di L’album dei sogni (Mondadori); Veronica Galletta, autrice di Nina sull’argine (Minimum fax); Francesco Vena e Emiliano Maria Cappuccitti, autori di Cosa vuoi di più dalla vita? Amaro Lucano: storia di un’Italia dal bicchiere mezzo pieno (Rubbettino); Fulvia

Antonio Calabrò intervistato da Paolo Di Paolo

Antonio Ferraioli, presidente Confindustria Salerno

D’Aloisio, autrice di Partecipare all’impresa globale. Una ricerca antropologica in Automobili Lamborghini (Franco Angeli).

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l festival Salerno Letteratura è finanziato dalla Regione Campania, ed è sostenuto da: Comune di Salerno, Camera di Commercio di Salerno, Luiss Università Guido Carli, Bper Banca, La Doria, Chin8 Neri e P&Co. Il progetto è realizzato con il patrocinio di Regione Campania, Comune di Salerno, Università degli Studi di Salerno, Confindustria Salerno, Camera di Commercio di Salerno, Arcidiocesi Salerno Campagna Acerno, Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana, Fondazione della Comunità Salernitana. Il progetto Sponsor evento: Fondazione Cassa di Risparmio Salernitana, Fondazione della Comunità Salernitana, Luiss Summer School, IlTuoGiornale.it, Rotary Club Salerno, Michele Autuori 1871, Notai Salerno, Ordine dei Commercialisti, Ordine degli Ingegneri, Ellegi, Read, Inner Wheel. Sponsor tecnici: Arti Grafiche Boccia spa, Fg industria grafica, Genesis, Maf, TicketSms.it. Collaborazioni: Università degli Studi di Salerno, Fondazione Maria e Goffredo Bellonci, Goethe Institute, Salerno Analogica, Associazione Laes, Blam Strategie Adattive. N. 2 | 2022

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primo piano

INTERVISTA A GENNARO CARILLO CO-DIRETTORE ARTISTICO SALERNO LETTERATURA

CARILLO:

«Il nostro festival un esempio di rigore e resistenza civile» 6

Il tema scelto quest'anno è di ascendenza pasoliniana. Rivoluzione come rivolta etica, felicità come fine ultimo dell'azione e della vita di Raffaella Venerando

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uota dieci: si celebra quest’anno il decennale dalla fondazione di Salerno Letteratura. Il tema scelto è di quelli eterni: la felicità, la rivoluzione. Che valore ha per il Festival questa accoppiata, è più una promessa o una ricerca? Direi subito che il traguardo dei dieci anni, in un contesto come il nostro, non era affatto scontato e va dato merito alla meravigliosa struttura organizzativa del festival se si è potuto tagliarlo. Le direzioni artistiche sono sempre effimere. I direttori passano, talora, purtroppo, per motivi non belli. Ma se un festival continua comunque è perché poggia su basi solide, su un

“cuore” che a Salerno è tutto al femminile. Il binomio felicità/rivoluzione è di ascendenza pasoliniana. Ne facciamo un uso tutto sommato disincantato: nessuno, oggi, pensa seriamente a una rivoluzione prossima ventura, se per rivoluzione s'intende, letteralmente, il rovesciamento del quadro istituzionale, la modifica radicale dell'assetto costituzionale. Tuttavia, rivoluzione significa non rassegnarsi alle derive della società, in primo luogo quella censitaria; non accettare le disuguaglianze come una necessità di natura ma provare, piuttosto, a contrastarle. Rivoluzione, poi, vuol dire essenzialmente rivolta etica, tentativo di trasformazione di sé. La


felicità? Obiettivo non facile. Ma l'etica antica ci aiuta, facendo della felicità il fine ultimo dell'azione e della vita. Ecco, aver escluso la ricerca della felicità dal nostro orizzonte morale è uno dei limiti più grandi di un certo pensiero moderno. Risponderei dunque che la felicità non è una promessa (chi dovrebbe promettercela?) ma una ricerca che dura l'intero arco della vita. La prolusione è stata affidata alla giornalista e inviata di guerra Francesca Mannocchi che, con tanta competenza e sensibilità, sta raccontando l’attualità della guerra in Ucraina. Francesca Mannocchi è una figura alla quale teniamo tantissimo. Rappresenta la sopravvivenza di un'etica sottesa al racconto del reale. In un tempo nel quale gli ambienti comunicativi sono sempre più tossici, e inficiati da manipolazioni violente, Mannocchi è una felice eccezione e un modello per chiunque voglia fare il reporter. La prolusione che ha scritto per noi e che ha donato al nostro pubblico è un piccolo gioiello anche di prosa: un ritmo di scrittura ormai riconoscibilissimo. Il che, in un festival che ha la letteratura nella propria ragione sociale, non è irrilevante. Dieci le sezioni all’interno del Festival, scelte soprattutto in ragione di un’inclusività che tocca in primo luogo i contenuti. Quali sono state le novità e quali le conferme? Mi fa molto piacere che si noti la prevalenza dei contenuti sulle contingenze editoriali. Questo è il tratto distintivo del nostro festival: privilegiare le idee, la coerenza interna ai percorsi, piuttosto che i diktat del mercato. Non vogliamo essere una mostra del libro. Ce ne sono, e di ottime, ma noi preferiamo marcare nel nostro piccolo e con qualche colpo di testa una differenza. Di qui, un'accezione molto ampia di “letteratura”, che arriva a comprendere anche linguaggi diversi da quello della finzione. La filosofia o l'economia, per esempio, entrambe lette da un angolo visuale che tuttavia ne valorizzi gli aspetti in senso lato “narrativi”. Per non parlare dei classici, ai quali da tre anni dedichiamo una sezione apposita: a testimonianza dell'amore per opere e autori che non soffrono dell'usura del tempo ma che, come diceva Giuseppe Pontiggia, sono stati e sempre saranno i "contemporanei del futuro". Salerno Letteratura è anche scoperta della città.

Francesca Mannocchi

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«Francesca Mannocchi è una felice eccezione e un modello per chiunque voglia fare il reporter. La prolusione che ha scritto per noi è un piccolo gioiello anche di prosa» _________________________

Tanti i nuovi luoghi ospiti quest’anno. Un messaggio di apertura e bellezza per i visitatori, ma forse anche per gli stessi cittadini salernitani? Certo. Nessuna città è nota fino in fondo. Anzi, non c'è niente di meno noto del consueto, di ciò su cui gettiamo ogni giorno un'occhiata distratta. Trasformare un intero centro storico in una grande scenografia è un modo per scoprire una città mediterranea meravigliosa e sottovalutata. Ma cos’è la letteratura in tempi come i nostri? E qual è il suo augurio per il futuro del festival? La letteratura è una forma di conoscenza. Una chiave di accesso alla realtà. Si può arrivare alla verità mediante la finzione. Questa, per esempio, è la grande scommessa vinta da Proust. A Salerno Letteratura auguro un futuro. Una continuità che nasca da un'adesione sempre più convinta al nostro progetto da parte delle istituzioni pubbliche che lo hanno sostenuto finora. Questo festival dovrebbe essere un piccolo vanto per la città di Salerno, la regione Campania, ma forse anche per tutto il Paese. Credo sia un esempio di rigore e di resistenza civile al degrado, di fiducia nella potenza emancipatrice della bellezza. Anche questa è rivoluzione.

N. 2 | 2022

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primo piano

INTERVISTA AD ANTONIO CALABRÒ PRESIDENTE DI MUSEIMPRESA E DELLA GIURIA DEL PREMIO LETTERATURA D’IMPRESA

CALABRÒ:

«Le nostre industrie sono capitale sociale positivo» 8

La cultura del mercato si deve legare con le esigenze di migliori equilibri sociali, la competitività deve essere declinata in stretto raccordo con la solidarietà. Occorre lavorare per fare crescere una nuova “cultura d’impresa riformista”, valorizzando anche la lezione dei migliori maestri italiani dell’economia di Raffaella Venerando

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residente, nel suo ultimo libro “L’avvenire della memoria Raccontare l’impresa per stimolare l’innovazione ”, pubblicato da Egea, la convinzione di fondo è che le imprese abbiano le carte in regola per far fronte alla necessità di rivedere le scelte economiche e culturali sul “progresso”. Quali sono questi punti di forza da raccontare? La consapevolezza delle proprie radici industriali e di una storica cultura del servizio, con attenzione per la qualità e le esigenze delle persone. E una forte inclinazione all’innovazione nel senso più ampio del termine, guardando a prodotti, meccanismi di produzione, ricerca scientifica e tecnologica, materiali, linguaggi del marketing e dell’innovazione, relazioni industriali. In sintesi: un radicamento in territori ricchi di cultura e

senso della bellezza. E uno sguardo sempre attento all’evoluzione dei mercati, interni e soprattutto internazionali. Vale la pena non dimenticare la lezione di Carlo Maria Cipolla, uno dei maggiori storici del Novecento: “Gli italiani sono abituati, fin dal Medio Evo, a produrre, all’ombra dei campanili, cose belle che piacciono al mondo”. L’attualità di questa condizione è confermata dal nostro continuare a essere, nonostante tutto, il secondo paese manifatturiero d’Europa, dopo la Germania. Un primato che ci aiuta ad affrontare positivamente le crisi. Il capitalismo deve farsi più inclusivo. Come si fanno, però, a scardinare i pregiudizi ancora contro l’impresa che, a guardarla da dentro, è forse molto meglio di quel che appare? È necessario continuare a insistere in una vera e propria battaglia culturale sui valori


che guidano le imprese nel produrre valore economico: il lavoro ben fatto, la produzione di risorse che alimentano un benessere diffuso, il premio al merito che alimenta, proprio nelle imprese, un buon ascensore sociale. I valori del cambiamento positivo. E quelli della sostenibilità ambientale e sociale, rispetto ai quali le nostre aziende sono tra le migliori in Europa. Bisogna aprirsi al pubblico, agli studenti, agli abitanti delle comunità che stanno attorno alle imprese. E fare capire che le nostre industrie sono capitale sociale positivo, attori responsabili dell’innovazione. Da sempre lei sostiene che la cultura sia il vero vantaggio competitivo del Paese e che fare impresa innovativa sia una grande e vincente scelta culturale. Chi va ancora convinto che sia questa la giusta direzione? I decisori politici a tutti i livelli, in Europa, al governo e nel Parlamento italiano, nelle strutture del potere locale. Gli altri attori sociali, a cominciare dai sindacati. E i protagonisti della scuola, dell’università e delle attività culturali in generale. Insistendo sul fatto che “fare impresa significa fare cultura”, se cultura sono, naturalmente, la letteratura, le arti visive, il cinema e il teatro, la musica e la fotografia, ma anche la messa a punto d’una nuova tecnologia, un processo chimico, un contratto di lavoro ben costruito che trasforma le relazioni sociali, un bilancio chiaro e comprensibile, un nuovo prodotto che migliora la qualità della vita. Cultura immateriale e materiale. Lievito delle trasformazioni positive. Scelte, processi produttivi, innovazioni che meritano attenzione e racconto. La crisi che lei descrive come cominciata nel 2008 ha cambiato forma, invadendo e pervadendo anche i linguaggi che risentono della violenza, della superbia, dell’ingratitudine. Di che segno deve essere il cambiamento? Le imprese di quali nuovi linguaggi possono e devono farsi promotrici? Un cambiamento dei paradigmi tradizionali di produzione e consumo, appunto nel segno della sostenibilità. E un’attenzione coerente per le esigenze delle persone. La cultura del mercato si deve legare con le esigenze di migliori equilibri sociali, la competitività deve essere declinata in stretto raccordo con la solidarietà. Occorre lavorare per un vero e proprio “capitalismo inclusivo”. E fare crescere una nuova “cultura d’impresa riformista”, valorizzando anche la lezione dei migliori maestri italiani dell’economia, da Antonio Genovesi (lungimirante illuminista napoletano, con la sua “economia civile” che ha ispirato Adam Smith e che oggi risuona anche nelle parole di Papa Francesco) a Federico Caffè, originale in-

terprete del liberalismo con forti venature sociali di John Maynard Keynes. Caffè, il maestro di Mario Draghi, uomo del buon governo con una forte caratterizzazione da riformatore lungimirante ed europeista. Occorre una rivoluzione anche in termini di metodo: secondo lei bisogna investire «non solo sugli eventi, ma soprattutto sulle strutture che innervano i processi culturali nel lungo periodo». Per raggiungere quali migliori risultati? Rafforzare, fin dall’inizio dei processi di formazione, con una buona educazione civica, la coscienza di una responsabilità civile per costruire un futuro migliore, più equilibrato e responsabile. Investire su scuole, biblioteche, teatri, conservatori musicali, musei, centri di ricerca, impianti per lo sport attivo, luoghi in cui essere protagonisti di una cultura diffusa. Cultura, dunque, come partecipazione. E come democrazia. Anche le nostre imprese ne avranno straordinari vantaggi in termini di produttività e competitività. Nel suo libro, c’è spazio per una colta riflessione sul potere, sul senso e il valore distorto che oggi si dà di questa parola, sostantivo e verbo al tempo stesso. Qual è la lezione della cultura del passato che andrebbe recuperata? Il “classico” come equilibrio di lunga durata di forme, funzioni, relazioni. I musei e gli archivi d’impresa, riuniti in Museimpresa (l’associazione fondata più di vent’anni fa da Confindustria e Assolombarda, con 120 tra iscritti e sostenitori istituzionali), ne offrono esemplari testimonianze. E un migliore senso del tempo, fuori dalla frenesia rapace dell’accumulazione finanziaria e con una grande attenzione per gli equilibri tra lavoro, produzione, comunità e fiducia nel futuro. Occorre “armonia” per gestire una nuova fabbrica. Oltre a questa potente parola, quali altre sono le parole necessarie per leggere e raccontare le imprese di oggi? Innovazione. Partecipazione. Condivisione. Responsabilità. Concretezza nella ricerca della perfezione del lavoro quotidiano ben fatto. E ambizione nel progettare e realizzare processi di cambiamento. La letteratura, non solo quella di impresa, cosa può? Aiutare a costruire un “umanesimo industriale” che si declina in “umanesimo digitale” in questa stagione del primato dell’economia della conoscenza e della crescente diffusione dell’Intelligenza Artificiale. E insistere su una “cultura politecnica” che sviluppi sempre nuove sintesi tra saperi umanistici e conoscenze scientifiche. Disegnando e raccontando una nuova dimensione del progresso.

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l'opinione

INTERVISTA A CARLO COTTARELLI, DIRETTORE DELL’OSSERVATORIO SUI CONTI PUBBLICI ITALIANI

I NODI DELL'ECONOMIA ITALIANA

Se da un lato è necessario che il livello del salario minimo non sia troppo basso altrimenti non sarebbe utile ad assolvere la funzione di sostenere il reddito delle persone, dall’altro sarebbe opportuno evitare un livello troppo alto perché potrebbe penalizzare i redditi a più bassa produttività e determinare una riduzione della occupazione regolare da parte delle imprese e un aumento del lavoro nero di Raffaella Venerando

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alario minimo: Confindustria sostiene che i CCNL firmati per tutte le qualifiche siano più alti delle proposte di salario minimo. La Contrattazione resta il modello da seguire. Ma il salario minimo sarebbe una misura adeguata al nostro Paese? Di cosa bisogna tener conto per evitare distorsioni? La questione non è peregrina tenuto conto che quasi tutti i Paesi europei hanno una legislazione sul salario minimo. Il punto però è quale livello considerare. Se da un lato è necessario che il livello non sia troppo basso altrimenti il cosiddetto salario minimo non sarebbe utile ad assolvere la funzione di sostenere il reddito delle persone - dall’altro sarebbe opportuno evitare un livello troppo alto perché potrebbe penalizzare i redditi a più bassa produttività e determinare una riduzione della occupazione regolare da parte delle imprese e un aumento del lavoro nero. Non

Carlo Cottarelli

è pertanto una questione semplice, né di facile soluzione. Una strada potrebbe essere quella di gestirlo a livello regionale o locale, consentendo quindi di aumentarlo rispetto al quid nazionale laddove la produttività è effettivamente più bassa come al Sud Italia, ma anche rispetto a questo orientamento ci sarebbero rilievi politici, con alcuni pronti a insorgere e a parlare di gabbie salariali. In linea di principio comunque il dibattito sul tema non dovrebbe destare tanto scalpore, come invece succede nel nostro Paese.

E il Reddito di Cittadinanza: secondo lei come andrebbe rivisto? Nei fatti, così come è stato concepito, il reddito di cittadinanza è poco generoso per le famiglie con figli e più sostanzioso per i single. Anche in questo caso, sarebbe importante fosse contemplata una differenziazione a livello regionale, in linea con quanto l’Istat certifica, ovvero che il costo della vita è diverso da città a città, anche in funzione delle possibili, diverse dimensioni del luogo in cui si vive. In altri Paesi europei il reddi-


to minimo garantito è gestito infatti a livello locale proprio per tenere contro di queste differenze. Il taglio del cuneo fiscale andrebbe fatto, si farà? Se sì, come? In parte è già stato ridotto, dapprima con gli ottanta - poi diventati cento - euro stanziati da Renzi, cui sono andati ad aggiungersi i 6/8 miliardi del taglio delle tasse sui redditi medio bassi. Qualcosa, insomma, è stato fatto. Si potrebbe certamente fare di più, ma il nodo restano le fonti di finanziamento. Tra le sue battaglie flagship ci sono il contrasto all’evasione e la semplificazione. A che punto siamo su entrambi i versanti? Lievi miglioramenti ci sono stati sul versante evasione, specie per l’Iva, grazie alla fatturazione elettronica. Il tax

gap è calato in misura marcata nel 2018, raggiungendo la cifra di circa 102,8 miliardi di euro, dagli iniziali 110. Certo, il livello di evasione complessivo resta di dimensioni esorbitanti. Rispetto, invece, alla semplificazione resta moltissimo da fare. Qualcosa è stato fatto solo rispetto alla velocità degli investimenti legati al PNRR e anche alle rinnovabili. La guerra in Ucraina imperversa e non pare vicina la fine del conflitto. L’inflazione intanto accelera. Quali saranno le ripercussioni sulla nostra economia nel medio-lungo periodo? Dipenderà da quanto durerà il conflitto. Di sicuro cambieranno i rapporti geopolitici e ci sarà un ripensamento della globalizzazione, senza che questo significhi tornare indietro. Decisive saranno le

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«Il tax gap è calato in misura marcata nel 2018, raggiungendo la cifra di circa 102,8 miliardi di euro, dagli iniziali 110» _________________________

scelte delle banche centrali per ridurre l’inflazione nell’area euro senza causare fenomeni recessivi. Lo scorso anno, nel tentativo di reflazionare le economie, le banche centrali hanno a conti fatti esagerato troppo nelle politiche espansive, con effetti deleteri anche sul costo delle materie prime.

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l'opinione

INTERVISTA A GIOVANNI DE FEO, PROFESSORE DI ECOLOGIA INDUSTRIALE DELL'UNIVERSITÀ DI SALERNO

PER UN FUTURO DAVVERO SOSTENIBILE

Energia, inquinamento, cambiamento climatico: per ciascuno di questi problemi va costruita più di un’alternativa, scegliendo poi quella che, con un approccio multicriteriale, sia capace di ottimizzare le tre variabili ambientale, economica e sociale di Raffaella Venerando

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rofessore, in molti avevano detto che il mondo post covid doveva essere circolare. Poi la guerra in Ucraina, il caro energia e quello delle materie prime. A oggi quanto valgono e quanto vengono applicate le soluzioni offerte dall’economia sostenibile? Il riciclo può essere la risposta sia in termini di riduzione degli inquinanti, sia dei consumi di energia? Sfatiamo subito un mito: l’economia circolare non esiste, così come non esiste l’economia lineare. L’economia reale è in parte lineare e in parte circolare. A rigore, bisognerebbe parlare di economia “quasi” circolare. Infatti, non è possibile chiudere il cerchio in maniera perfetta, poiché alla fine “avanza” sempre qualcosa. L’economia rurale era molto più circolare di quanto si pensi e molti processi, oggi ritenuti sostenibili, sono meno circolari di quanto si possa pensare. Un’economia sostenibile è un’economia che tiene conto anche della variabile sociale e deve, quindi, considerare la perdita di

posti di lavoro come un elemento di mancata sostenibilità. Il riciclo è un processo industriale e, quindi, richiede materie ed energia in ingresso e produce emissioni e rifiuti che, a loro volta, generano impatti e danni ambientali. In ogni occasione occorre costruire più di un’alternativa risolutiva del problema e scegliere l’alternativa più sostenibile, che con un approccio multicriteriale ottimizza le tre variabili ambientale, economica e sociale. Quindi, non si può dire che il riciclo sia sempre la scelta più sostenibile, ma occorre valutare caso per caso, senza pregiudizi. L'Italia ha chiuso 32 discariche; all’appello ne mancano 12. La Commissione europea ha concesso al nostro Paese due mesi - di cui uno già trascorso - per porre rimedio alla situazione. In caso contrario, la Commissione potrebbe decidere di adire la Corte di giustizia dell'Ue. Quanto è concreto questo rischio? Si tratta chiaramente delle discariche costruite e gestite in difformità alla Direttiva 1999/31/ CE e successive modifiche e

integrazioni. Invece, la discarica controllata, costruita e gestita in ottemperanza alla Direttiva europea, così come recepita dal Legislatore nazionale, è un elemento del sistema di gestione dei rifiuti e la sua assenza è fonte di problemi. Proprio per la carenza di discariche controllate in Campania, l’Italia paga 40.000 euro al giorno da luglio 2015 e al momento disponiamo di sole due discariche per rifiuti non pericolosi in via di esaurimento, mentre siamo l’unica regione a non avere alcuna discarica controllata per rifiuti pericolosi, mentre la piccolissima Valle d’Aosta ne abbonda. Sul piano della gestione dei rifiuti cosa ancora non funziona nel nostro Paese e, più nello specifico, nella nostra regione? Complessivamente come Paese non siamo messi male per quanto riguarda la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti speciali. Chiaramente la situazione cambia molto spostandosi dal Nord al Sud, dove il problema principale è la carenza impiantistica, soprattutto in termini di impianti di trattamento della frazione organica


e impianti di trattamento termico con recupero energetico. Per quanto riguarda gli inceneritori, ad esempio, su tutti si segnala la situazione deficitaria della Sicilia e del Lazio, con la situazione di Roma tristemente famosa in tutto il mondo sia per l’invio fuori regione e fuori nazione dei rifiuti, sia per le assurde immagini dei cinghiali che albergano nei pressi dei cassonetti... In Campania, il principale problema è la carenza di impianti di trattamento dell’umido, per circa 450.000 tonnellate l’anno, unitamente a una non elevata percentuale di raccolta differenziata, ferma al 54%, e a una non elevata purezza dei materiali da raccolta differenziata, caratterizzati da un’eccessiva presenza di frazioni estranee soprattutto per quanto riguarda l’organico e la carta. Lei ha sempre rimarcato quanto fosse necessario che alla base dell’ideazione dei prodotti industriali ci fosse la possibilità concreta di disassemblarli facilmente in materiali omogenei da avviare al relativo processo di riuso o recupero. Sul versante dell’ecodesign il nostro mondo produttivo è migliorato? Purtroppo si producono prodotti sempre più complessi e poco disassemblabili. Si pensi, giusto per citare un esempio, alle apparecchiature elettriche ed elettroniche e ai televisori, in particolare. Una volta un apparecchio televisivo si poteva aprire e sostituirne singole componenti. Ora siamo, in pratica, alla black box, per non parlare, poi, dell’obsolescenza tecnologica programmata, con il ciclo di vita dei prodotti che si accorcia sempre di più... Sulla base degli ultimi dati Istat sull’inflazione, il costo di Gpl e

metano è salito del +43,6%. Eppure, dalla frazione umida per fermentazione potremmo ricavarne metano. Quanto sarebbe utile investire in questa direzione? Sarebbe utilissimo. Giusto per avere un’idea, partiamo dalle 30 milioni di tonnellate di rifiuti urbani che annualmente produciamo in Italia. Un terzo è costituito da frazione organica che potrebbe essere inviata a digestione anaerobica per la produzione di biogas da affinare a metano. Da ogni tonnellata di rifiuti organici potremmo tirare fuori 90 standard metri cubi di metano arrivando così a coprire la domanda di circa tre milioni di persone, per le quali, quindi, non dovremmo più importare gas naturale dall’estero. Naturalmente, la digestione anaerobica non si applica solo agli scarti organici di cucine e ristoranti ma anche ai sottoprodotti organici delle attività agricole e zootecniche. La riduzione degli impatti ambientali sarebbe notevole accompagnata da una riduzione dei costi per gli utilizzatori, cioè le famiglie e le industrie. Per la plastica si parla di riciclo avanzato. Cosa vuole dire e quali sarebbero i vantaggi? Le materie plastiche soffrono di un’ipersemplificazione della comunicazione sintetizzabile in slogan come “plastic free”. Il problema, infatti, non è la plastica in sé, ma l’eccessivo utilizzo di materiali monouso, soprattutto quando vengono dispersi nell’ambiente e non correttamente avviati al riciclo. A tal proposito, oltre al riciclo meccanico e al recupero energetico delle pastiche post consumo, si stanno sempre più affacciando nel mondo

della ricerca e anche sul mercato i processi di riciclo chimico dei polimeri. Questi ultimi comprendono tutti i processi che modificano chimicamente i rifiuti polimerici per ottenere materiali ad alto valore aggiunto, come i relativi monomeri. Esempi di processi di riciclo chimico dei rifiuti plastici sono la depolimerizzazione, la pirolisi, la gassificazione, solvolisi, etc.. Questi consentono di trattare più efficacemente materiali come gli imballaggi multistrato e le miscele plastiche complesse per i quali il tradizionale riciclo meccanico si dimostra poco o per nulla efficace. In termini di consapevolezza, è cresciuta la coscienza ambientale degli italiani? La strada da fare per raggiungere una piena consapevolezza delle problematiche ambientali è stretta e in salita, poiché molti processi, come i cambiamenti climatici, avvengono molto lentamente e non tutti si rendono conto della necessità di invertire la rotta immediatamente, altrimenti corriamo il rischio di fare la fine del famoso aneddoto della rana nella pentola sul fuoco. Ritenendo trascurabili gli incrementi di riscaldamento, infatti, giunge a un cambiamento complessivo per lei fatale. È lo stesso identico rischio che corriamo noi, con la differenza che non dobbiamo gestire solo il problema del riscaldamento globale e della plastica negli oceani. Per nostra sfortuna i problemi ambientali sono innumerevoli e della maggior parte di essi siamo noi ad esserne responsabili. A noi, quindi, tocca prenderci cura delle cose per costruire insieme un futuro davvero sostenibile!

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IL RUOLO E IL PESO DELL’INDUSTRIA NEL MEZZOGIORNO SRM ha lavorato alla nuova ricerca della collana “Un Sud che Innova e Produce”. Dalle analisi effettuate si rileva che investire e sviluppare l’industria del Sud abbia ricadute per tutta l’Italia: un investimento di 100 euro in quest'area genera una ricaduta di 54 euro nel Centro-Nord di Agnese Casolaro e Autilia Cozzolino | Ricercatrici Ufficio Economia delle Imprese e del Territorio, SRM www.sr-m.it

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RM ha elaborato, in collaborazione con il CESDIM (Centro Studi e documentazione sull’industria nel Mezzogiorno) dell’Università di Bari, la nuova ricerca dal titolo “Il tessuto manifatturiero del Mezzogiorno. Potenzialità economiche, dinamiche produttive e strategie di filiera” che si inserisce nella collana studi “Un Sud che innova e produce”, la cui presentazione è calendarizzata il prossimo 22 luglio a Bari. Il lavoro nasce dal costante interesse per il settore industriale meridionale che, segnato oggi tanto dagli effetti del Covid-19 quanto dalle tensioni geopolitiche internazionali legate al conflitto tra Russia e Ucraina, si trova davanti a nuove sfide e a nuove opportunità. In particolare, l’obiettivo della ricerca è proprio quello di tracciare, alla luce degli eventi manifestatisi nell’ultimo biennio e delle nuove tendenze prospettiche, un quadro del tessuto manifatturiero dell’Italia meridionale, ricco

di potenzialità e con forti interconnessioni con le catene del valore nazionali e internazionali. Il Mezzogiorno risulta, infatti, caratterizzato non solo da un tessuto industriale articolato intorno alla presenza di numerose Pmi e alcune grandi eccellenze, ma anche da importanti relazioni di interscambio nell’ambito di filiere produttive lunghe. La sua valenza e le sue potenzialità sono notevoli, anche in considerazione dei nuovi paradigmi di crescita tracciati a livello comunitario e improntati sempre più su logiche innovative e di sostenibilità e dalle nuove opportunità legate alle risorse e alle progettualità del Next Generation Ue e delle politiche europee e nazionali ordinarie. Lo studio parte da un profilo storico dell’industrializzazione nel Sud (1946-oggi) per presentare, con dettagli regionali, la caratterizzazione manifatturiera delle aziende produttive. Si analizzano, quindi, le dinamiche e le prospettive di crescita del manifatturiero

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«Il Mezzogiorno risulta caratterizzato non solo da un tessuto industriale articolato intorno alla presenza di numerose Pmi e alcune grandi eccellenze, ma anche da importanti relazioni di interscambio nell’ambito di filiere produttive lunghe» _________________________

meridionale, affrontando le tematiche connesse alla presenza industriale di un’area: l’evoluzione delle Global Value Chain, il ruolo della bioeconomia, la dimensione innovativa del sistema produttivo,


la logistica e le ZES. Si riportano, infine, anche i risultati di una Survey SRM su strategie e prospettive di rilancio future delle imprese manifatturiere. Per entrare nel merito dei contenuti, viene evidenziato in primis come, diversamente da quanto spesso si narra, il Sud ha un’anima industriale. È un territorio molto eterogeneo in cui convivono aree di arretratezza e punte di eccellenza formidabili, industrie altamente tecnologiche e alleanze d’avanguardia con il mondo accademico. Solo per citare alcuni dati: • Con 93.570 imprese impegnate nelle produzioni manifatturiere il Mezzogiorno rappresenta ¼ delle 372.343 imprese italiane. • Se l’Italia è al primo posto in Europa per numerosità di imprese manifatturiere,

il Mezzogiorno (se fosse considerato uno stato) occuperebbe il settimo posto, tra Spagna (171.281) e Slovacchia (81.152). • Sono presenti molti stabilimenti produttivi con oltre 500 addetti: circa 60 siti di società produttrici di beni e servizi, con più di 70mila occupati diretti. • Inoltre, le tre maggiori fabbriche italiane per numero di occupati (diretti e indotto) sono al Sud: le Acciaierie d’Italia a Taranto (8.123 addetti diretti e 5.000 nell’indotto); la Stellantis, a San Nicola di Melfi (PZ), (6.761 dipendenti e 3000 nell’indotto); la Sevel in Val di Sangro (CH), (5.726 addetti diretti e 5.000 nell’indotto). Esiste, inoltre, una crescente volontà di investire in ricerca e innovazione - sono

varie le iniziative di trasferimento tecnologico con centri di ricerca e Università - con cui si prova a recuperare il gap storico, pur scontando dimensioni complessive ancora non soddisfacenti. Se da un lato, infatti, cresce sia il numero delle imprese innovative meridionali (+52% nel periodo 2014-2018, in Italia +34,3%) che la loro spesa in innovazione (+158% nel periodo 2014-2018, in Italia +96%), dall’altro aumentano anche le Pmi innovative del territorio (+127% nel periodo 2019-2022, in Italia +124%) e le Startup (+47%, in Italia +41,3%). Da sottolineare anche che il Mezzogiorno è l’area con il più elevato tasso di imprenditorialità giovanile: 10,7% contro l’8,9% in Italia. Guardando alla specializzazione settoriale dell’industria manifatturiera meridionale si

4A+Pharma in Italia e nel Mezzogiorno: % sul manifatturiero Valore Aggiunto

Export

Unità locali

Occupati

4A+Pharma Mezzogiorno

47,1

45,7

39,5

45,6

4A+Pharma Italia

32

36

30,6

31,4

Fonte: SRM su dati Istat (V.A. 2019, Export 2021, U.L. e occupati 2019)

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rilevano (come già evidenziato in altri precedenti studi) alcuni elementi di eccellenza, specie nelle cosiddette “4A+Pharma” (Alimentare, Abbigliamento, Aerospazio, Automotive e Bio-farmaceutica) attraverso le quali il Sud dimostra di saper produrre e innovare.Queste filiere rappresentano il 47% del valore aggiunto manifatturiero meridionale (32% in Italia), il 46% dell’export (36% per l’Italia), il 45,6% degli occupati (31,4% per l’Italia) e il 39,5% delle unità locali (30,6% per l’Italia). Inoltre, il peso del valore aggiunto di tali filiere sul dato nazionale è del 18%, ben superiore a quello che si rileva nell’ambito manifatturiero (12%). Di non secondaria importanza è la componente tecnologica di tali filiere che, negli ultimi anni, è stata in forte crescita. Da sottolineare come, tra il 2012 e il 2019, l’incidenza del valore aggiunto delle imprese a media-alta tecnologia è cresciuta più rapidamente al Sud Italia: +17,2% rispetto +3,7% del Nord e meno -1,1% del Centro. Non va, poi, dimenticato che esiste una quinta “A”, quella relativa all’ambiente

e all’economia sostenibile e bio-based in cui il Sud rappresenta un player importante. Nel Mezzogiorno, la relazione tra Ambiente e Territorio ha una sua specificità. In particolare, se si considera la filiera bioeconomica, il Sud, con un valore aggiunto nel 2019 di 24,4 miliardi di euro e con circa 732mila addetti, rappresenta rispettivamente il 24% e il 36,5% del relativo dato nazionale. Nell’area il peso del valore aggiunto sul totale economia è del 6,8%, valore superiore a quello nazionale (6,3%). In termini di occupazione, gli addetti a produzioni bio sono pari al 10,7% degli occupati complessivi nella ripartizione, circa 3 punti percentuali in più rispetto alla media italiana del 7,9%. In ogni caso, il valore delle filiere manifatturiere meridionali va misurato anche attraverso le innumerevoli relazioni produttive che percorrono lo stivale da Nord a Sud e viceversa. Molte produzioni di eccellenza a livello nazionale hanno parte della loro supply chain nel Mezzogiorno e investire nel settore manifatturiero meridionale genera un notevole

impatto economico, non solo interno ma anche sul Paese. Considerevoli sono infatti i legami con la supply chain nazionale: le attività produttive meridionali si caratterizzano per il loro carattere di subfornitura al sistema nazionale e internazionale mascherando spesso il reale contributo al ruolo del made in Italy nel mondo. Dalle analisi effettuate si rileva che per ogni euro che dal Sud va all’estero se ne aggiungono 1,3 destinati al resto del Paese. Questo fa sì che investire e sviluppare l’industria del Sud abbia ricadute per tutta l’Italia: un investimento di 100 euro nel Mezzogiorno genera una ricaduta di 54 euro nel Centro-Nord. Emerge, per concludere, come sia ormai il momento che il Sud produttivo torni ad avere la centralità che merita nel più ampio contesto nazionale e internazionale. Ci sono numerose e nuove opportunità per intraprendere la strada del rilancio (basti pensare alle rilevanti risorse disponibili per i prossimi anni) ed è un’occasione che non possiamo sprecare.


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PREMIO BEST PRACTICES PER L'INNOVAZIONE 2022, OCCHI GIÀ PUNTATI SULLA PROSSIMA EDIZIONE

Sfida intensa tra i sessantaquattro progetti in gara. Sul podio Immensive, Babilot e Levante di Raffaella Venerando

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n applicativo VR grazie al quale il lavoratore viene calato in scenari on the job protetti, esenti da rischi reali, e in cui vive situazioni complesse che richiedono scelte a tutela della propria e della altrui sicurezza, sperimentando come vere le conseguenze negative di comportamenti errati. Stiamo parlando del progetto UniVRsafe - frutto della collaborazione tra Lunaecom e la casertana Immensive che lo ha realizzato e presentato al Premio Best Practices per l’Innovazione 2022, meritandone la vittoria. Questa tecnologia dall’ampio potenziale educativo e ad alto grado di immersività è risultata, infatti, prima tra i 64 progetti in gara. L’innovazione risponde alla necessità di investire sui livelli di attenzione dei lavoratori: molti incidenti dipendono infatti da negligenza e - forse - dalla sottovalutazione dei rischi da parte dei lavoratori che compiono determinate azioni quasi in automatico. Il sistema mira, proprio a

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Francesco Serravalle, project leader Premio BPI

interrompere l’automazione dei comportamenti inconsci, attraverso l’esperienza in prima persona per un apprendimento auto-guidato più rapido. Oltre a Immensive, sono saliti sul podio dell’iniziativa organizzata da Confindustria Salerno in collaborazione con la Camera di Commercio di Salerno e Sviluppo Campania, e con i main partner Terna Spa e Banca di Credito Popolare, anche Levante srl e ACS Advanced Carbon Solutions per la categoria greentech con il

pannello fotovoltaico leggero, trasportabile e brevettato, realizzato recuperando gli scarti di lavorazione della fibra di carbonio. Per la categoria IOT, si è classificata prima BABILOT, startup innovativa napoletana che ha ideato P-Carpet, un sistema, con piattaforma e app a supporto, che risolve in modo intelligente il problema del parcheggio auto. Il dispositivo IOT brevettato e riciclato - composto da una molteplicità di sensori annegati nello spessore di un sottile tappeto - rileva

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la presenza delle auto e dimensiona autonomamente lo spazio libero disponibile, informando in tempo reale sullo stato degli stalli di sosta e parcheggi. Il Premio BPI, anche quest’anno, non è stato però solo competizione, ma anche un trionfo di cooperazione e creatività con la sezione Idea Generation dedicata agli studenti dell’Università di Salerno e della Luiss Guido Carli. Gli studenti hanno partecipato a una gara organizzata dai docenti tesa a sviluppare idee nel campo della green economy, con particolare attenzione agli obiettivi di sviluppo sostenibile 7, 12 e 13 successivamente valutati da una giuria interna. Per Luiss sono stati coinvolti, invece, gli studenti degli X-labs, una delle quattro esperienze fomative en-

quiry-based che scandiscono i due anni della laurea magistrale internazionale Law, Digital Innovation and Sustainability dell’ateneo capitolino. Sei team composti da studentesse, studenti e mentor, organizzati in X-labs program, hanno co-progettato modelli di business per startup o nuove business unit capaci di alimentare l’ecosistema dell’innovazione sostenibile. Da questa edizione esce rafforzata ancor di più la capacità di fare rete del Premio BPI che, con le new entries di Luiss - Guido Carli, Unina e Terna, ha irrobustito il suo ecosistema, di anno in anno sempre più vivace, integrato, connesso. Ottime sono le premesse poi per lavorare a una nuova, prestigiosa partnership: quella con Fondazione con

il Sud, come con entusiasmo ci racconta il project leader della manifestazione Francesco Serravalle: «Con il presidente Carlo Borgomeo, ospite del talk dedicato all’innovazione sociale che ha aperto la seconda giornata del Premio, è nato un dialogo costruttivo intorno alla possibilità di unire le forze già dal prossimo anno, mettendo a fattor comune le differenti competenze: da una parte l’esperienza della Fondazione nel promuovere percorsi di coesione sociale e buone pratiche di rete per favorire lo sviluppo del Sud; dall’altra la nostra, ormai consolidata, nel diffondere la cultura dell’innovazione ad alto impatto. Con questa sfida negli occhi, siamo già pronti per l’edizione 2023. L’attesa è lunga un anno ma ne varrà la pena».

17 giugno 2022. Francesco Sorrentino Ceo di Immensive premiato da Antonio Ferraioli presidente Confindustria Salerno


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IL VALORE DEL CAPITALE UMANO Nel terzo giorno del Premio BPI spazio all'hackathon in collaborazione con Terna di R.V.

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n un’organizzazione, qualunque sia la sua natura, la differenza la fa il capitale umano. Questo il messaggio chiaro e inequivocabile emerso dall'incontro su “Le organizzazioni ad alto capitale umano”, tenutosi il 17 giugno presso la sede della CCIAA di Salerno e magistralmente condotto da Alex Giordano, esperto di Social Innovation e Digital Transformation. Stimolati dal moderatore, i protagonisti del confronto - il presidente di Confindustria Salerno Antonio Ferraioli; Andrea Prete, presidente CCIAA di Salerno e Unioncamere e il presidente Luiss Guido Carli Vincenzo Boccia - sono stati concordi nel ritenere che il futuro valore di un’azienda dipenderà - e dipende già oggi - anche da come questa sarà capace di gestire e valorizzare quel capitale intangibile che rappresenta la chiave del successo. Capitale in continua trasformazione per rispondere ai cambiamenti del mercato del lavoro aggiornando in modo permanente formazione e competenze. Inevitabile si rimarcasse, anche in questa occasione, il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro. «La difficoltà delle imprese a reperire

il personale interessa 4 profili professionali su 10 - ha ricordato Andrea Prete, fenomeno che pone un poderoso freno all’operatività di molti settori. I dati mostrano chiaramente le lacune dell’orientamento e del sistema della formazione, e la necessità di adattare gli strumenti per avvicinare la domanda e l’offerta di lavoro». Necessario, pertanto, secondo il presidente Ferraioli «insistere sulla centralità del capitale umano, l'elemento più prezioso di un'azienda, l’unico in grado di decretarne concretamente il successo». Per Vincenzo Boccia «indispensabile puntare su una formazione moderna specialmente in un Paese come l'Italia caratterizzato dalla mancanza di materie prime, superando la conflittualità tra imprese e università per vivere con consapevolezza questo momento storico e affrontare “con metodo” le sfide poste dalla cultura della complessità». L'incontro - che rientrava nella più ampia cornice del Premio BPI - si è poi concluso con la premiazione dell'hackathon, condotta dal presidente dei GI salernitani Marco Gambardella, che ha visti coinvolti Terna e 5 team di giovani studenti delle scuole secondarie di secondo grado di Salerno e Nocera.

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CONFINDUSTRIA SALERNO CRESCE E SI RAFFORZA CON NUOVI SOCI Continua il trend positivo di adesioni all'Associazione: nel 2021 cinquantanove le imprese iscritte a cura della redazione

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ono cinquantanove le nuove aziende entrate a far parte della base associativa di Confindustria Salerno nel 2021 mentre, in questo primo semestre 2022, i nuovi iscritti sono già trentasette. Alcune di queste nuove associate hanno avuto l’occasione di presentare le proprie attività e confrontarsi con altri colleghi imprenditori nel corso del Welcome Day svoltosi lo scorso 26 maggio, incontro tradizionalmente organizzato dalla Presidenza di Confindustria Salerno allo scopo di dare vita a un momento di ascolto diretto, per condividere con gli imprenditori neoiscritti opinioni, proposte ed esigenze con l’obiettivo

di migliorare e modernizzare sempre di più l’Associazione, cogliendo nuovi spunti, istanze e necessità. Il Presidente di Confindustria Salerno, Antonio Ferraioli, nel dare il benvenuto insieme con i vicepresidenti Lina Piccolo, Marco Gambardella, Vito Cinque e Pierluigi Pastore, si è detto orgoglioso di tanto entusiasmo e tanta partecipazione: «Le nuove adesioni, avvenute in un momento estremamente delicato per le aziende, confermano il riconoscimento dell’Associazione Industriali di Salerno come partner autorevole e proattivo nel supportare le imprese del territorio nelle sfide piccole e grandi che le aspettano. Fare impresa è una scelta di co-

raggio e impegno e associarsi a Confindustria consente di creare una rete virtuosa di confronto e crescita, indispensabile per rafforzare la competitività del nostro territorio e, più in generale, dell’economia italiana». Continua, peraltro, il trend positivo di nuovi soci per Confindustria Salerno, che nel 2020 ha visto l’Associazione premiata da Confindustria come “Brand Ambassador” proprio per il numero di nuove adesioni raggiunto nell’anno precedente. Un dato che ne consolida la rappresentatività e ne rafforza il ruolo di tutela delle imprese salernitane, anche in un momento storico di grande difficoltà.


CCIAA SALERNO, ANDREA PRETE ELETTO PRESIDENTE PER ACCLAMAZIONE Non c'è stato neanche bisogno di votare. Il Consiglio, nel corso della seduta d’insediamento del 28 aprile 2022, ha confermato il presidente uscente scegliendo la strada della continuità a cura della redazione

«R

ingrazio i rappresentanti del sistema economico salernitano per l'attestazione unanime verso la mia persona - ha dichiarato il presidente della Camera di Commercio di Salerno Andrea Prete - circostanza che mi stimola ulteriormente ad affrontare con energia il cammino che insieme affronteremo nella consiliatura che da oggi prende il via. La crisi sanitaria e le turbolenze geopolitiche presenti nell'Europa dell'Est rendono ancora più ostico lo scenario su cui quotidianamente agiscono i protagonisti della nostra comunità economica. La resilienza fin qui dimostrata dalle imprese salernitane dovrà necessariamente trovare nuova linfa per affrontare e consolidare le cosiddette transizioni in atto, in primis quella digitale ed ecologica. La Camera di Commercio di Salerno proseguirà nel cammino fin qui intrapreso al fianco delle imprese, soprattutto con interventi di informazione e di assistenza che devono andare ben oltre la dimensione delle risorse finanziarie disponibili». Andrea Prete, ingegnere, dirige da oltre quarant’anni un’impresa specializzata nella produzione di cavi elettrici per automazione industriale e strumentazione. Dal

Vincenzo De Luca e Andrea Prete

21 luglio 2021 è presidente di Unioncamere, di cui è stato vice presidente vicario sin dal 2018. È stato componente della Giunta nazionale di Confindustria nel 2006-2009 e ha ricoperto l’incarico di presidente di Confindustria Salerno (tra il 2003 e il 2007 e tra il 2017 e il 2021). Il Consiglio della Camera di Commercio di Salerno, composto da 25 membri, dura in carica 5 anni. Ecco i componenti (raggruppati per settore di appartenenza):

Agricoltura: Rosario Rago, Vito Busillo. Industria: Andrea Prete, Giuseppe Gallo, Giovanni De Angelis. Commercio: Pasquale Giglio, Aldo Trezza, Gina Molinaro, Sabato Pecoraro, Giovanni D'Agostino, Franco Risi. Artigianato: Lucio Ronca, Demetrio Cuzzola. Turismo: Raffaele Esposito, Giacomo Errico. Trasporti e Credito: Annarita Colasante, Camillo Catarozzo. Servizi alle Imprese: Assunta Gambardella, Roberto Scermino, Mario Arciuolo. Cooperative: Salvatore Scafuri. Trasformazione Alimentare: Mauro Maccauro. Organizzazioni Sindacali: Gerardo Pirone. Associazioni dei Consumatori: Romano Ciccone. Liberi Professionisti: Salvatore Giordano.

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OCTOPUS IOT, LA SICUREZZA IN UN CLICK

La società salernitana innova il settore della home security con perfortuna.it® e Securho® a cura della redazione

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ata come startup innovativa, Octopus IoT è una hardware & software house formata da un team di professionisti con esperienza pluriennale nel settore della sicurezza e nella sperimentazione e innovazione di processi IT. L’offerta della Octopus IoT nasce per rispondere a un bisogno attualmente insoddisfatto nel campo della home security con una duplice funzione: rendere smart l’acquisto di beni e servizi di sicurezza portando innovazione in un settore legato in gran parte a modelli di business ormai superati. Il business model adottato, difatti, si fonda sull’interazione e la partecipazione attiva di tutti gli attori coinvolti nel processo: famiglie, produttori, rivenditori, installatori, manutentori e società di vigilanza, offrendo soluzioni personalizzabili ed espandibili, in assoluta libertà. Per raggiungere tale scopo la

società ha sviluppato la piattaforma web perfortuna.it® (www.perfortuna.it) e il device hardware Securho®. Con perfortuna.it® nasce il primo marketplace italiano dedicato al mondo della sicurezza. Asset chiave del network perfortuna.it® è il device Securho®. Con esso è possibile costruire il proprio sistema di sicurezza e video allarme, liberamente e senza limiti, integrarlo con i sistemi di sicurezza preesistenti e con le più moderne tecnologie disponibili sul mercato, gestirlo con un’unica applicazione da smartphone e acquistare, in qualsiasi momento con un semplice click, servizi di vigilanza su misura, scegliendoli tra quelli disponibili nella propria zona ed esprimere pareri e recensioni. Gli istituti di vigilanza possono promuovere e vendere i loro servizi direttamente dal web, ampliare il loro mercato, interagire con i potenziali clienti,

scegliere le proprie politiche commerciali in un mercato di libera concorrenza, abbattere i costi di infrastruttura e ridurre quelli di pubblicità e marketing. Le aziende produttrici e reseller, invece, possono commercializzare i propri prodotti di sicurezza, usufruendo di moduli e-commerce, cataloghi online e dashboard personalizzate. Gli installatori possono gestire i sistemi di allarme dei propri clienti da remoto, prevenire eventuali disfunzioni ed intervenire con immediatezza. L’uscita sul mercato dell’iniziativa è prevista entro la fine di quest’anno.

Octopus IoT srl Via Acquasanta, 15 84131 - Salerno tel: 089 925 40 74 info@octopusiot.it


ESPRESSOMAT: DISTRIBUTORI AUTOMATICI DI DESIGN, INNOVAZIONE E SOSTENIBILITÀ L’azienda lavora h24 per garantire a tutti i suoi clienti momenti di pausa perfetti con il suo servizio di installazione, manutenzione e rifornimento

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a cura della redazione

n buon espresso e un sano snack sono la giusta ricarica nelle giornate di duro lavoro. Il presupposto base è quello di stimolare nuove idee e incrementare l’energia attraverso la cosiddetta “Pausa caffè”, offrendo gratuitamente il miglior servizio e allestendo le aree di ristoro su richieste specifiche. I punti di forza che caratterizzano Espressomat - la cui divisione commerciale è Dnt sas - passano dalle effettive richieste dei prodotti, provenienti anche da agricoltura biologica, no OGM, a km 0, senza conservanti o allergeni, e a basso contenuto calorico, alla manutenzione e assistenza monitorata costantemente dalla sala regia, fino al rifornimento e controllo quotidiano eseguito dal personale altamente specializzato nella formazione delle prassi igiene alimentare. Tutti i distributori automatici offerti possono essere dotati di sistemi a pagamento avanzato nella forma più evoluta del cashless (banconote, carte di credito, app e NFC) per consentire alla clientela il modo più comodo di scelta per poter acquistare, le integrazioni

con badge a banda magnetica e chip identificativi possono ulteriormente essere utilizzati per consentire l’uso di tutto il parco machine installato. Inoltre, i distributori automatici sono disposti di telemetria a bordo per il controllo da remoto delle funzionalità delle macchine, così da anticipare i disservizi per le mancanze dei prodotti desiderati. Tutto il personale esterno può infatti verificare in tempo reale lo stato di ogni macchina e intervenire tempestivamente in caso di anomalie o pianificare efficacemente i tempi di intervento. Espressomat è tra i fondatori di È-ORA, la prima rete d’imprese nazionale della distribuzione automatica attraverso cui sarà possibile offrire ai clienti un servizio sempre più performante e innovativo in grado di coprire l’Italia intera. Insieme alla rete si impegna ad attuare i principi presenti nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile per favorire e creare un’Economia Circolare volta allo sviluppo dell’intero Pianeta. Nuovi progetti: Ri-Vending/Hybrid nasce con lo scopo di rendere ancora più sostenibile il riciclo dei bicchieri e delle palette in plasti-

ca usati per distributori automatici creando un “ciclo chiuso” di recupero. Sfridoo l’azienda valorizza al massimo i residui di produzione restituendo loro un valore completamente perso. Non solo sostenibilità ambientale ma anche sociale: con WAMI viene donata acqua potabile a comunità in giro per il mondo che non vi hanno accesso. Grazie alla collaborazione con l’impresa sociale Bee4, inoltre, l’azienda si impegna a offrire opportunità di riscatto a persone che vivono parentesi della loro vita all’interno dei luoghi di pena. Espressomat sostiene dunque progetti concreti per fornire il proprio contributo all’ambiente e alla società locale. Una realtà del territorio in continua crescita che si impegna ogni giorno a migliorare i momenti di relax!

Dnt sas Piazza amendola,1 84014 - Nocera Inferiore (Sa) www.espressomat.it info@espressomat.it numero verde 800 894 491 N. 2 | 2022

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ALL4LABELS INSIEME A HP INDIGO TAGLIA IL TRAGUARDO DEI 25 ANNI NEL CAMPO DELLA STAMPA DIGITALE

Passato e presente di successo e un futuro ancora più promettente per il Gruppo leader globale nel settore delle etichette e del packaging. Allo studio nuove soluzioni digitali, sostenibili e interamente personalizzabili che consentono ai clienti di rispondere alle richieste di un mercato in continuo e rapido cambiamento a cura della redazione

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ll4Labels Global Packaging Group, leader globale nel settore delle etichette e del packaging, ha festeggiato i 25 anni di attività nel settore della stampa digitale insieme allo storico partner HP Indigo. Nel corso dell’evento, All4Labels e HP Indigo hanno sottoscritto l’estensione dell’accordo quadro per ulteriori cinque anni, con l’obiettivo di promuovere una collaborazione strategica tra i due partner finalizzata ad ampliare del +30% la Digital Footprint di All4Lables nel mondo. Questo importante traguardo è stato celebrato con un evento presso il sito All4Labels di Trittau (Germania) - uno dei principali stabilimenti di produzione di eti-

chette e packaging a livello globale - con un’intera giornata dedicata all’approfondimento di tematiche relative alle più recenti tecnologie di stampa digitale, partendo dallo sviluppo delle prime macchine per la stampa digitale installate 25 anni fa in All4Labels. La giornata si è anche focalizzata sugli sviluppi sinergici tra tecnologia di stampa digitale e le più recenti soluzioni sostenibili. All4Labels è pioniera nelle soluzioni di stampa digitale grazie al costante apporto di nuove applicazioni sul mercato e allo sviluppo di soluzioni innovative e sostenibili per diversi settori industriali. Durante il 25° anniversario, All4Labels ha annunciato l’impegno recentemente profuso per l’installazione di una delle prime macchi-

ne da stampa digitale HP Indigo V12 presso il sito di Trittau (Germania). Si tratta della prima macchina da stampa digitale ad utilizzare la nuova tecnologia LEPx, per etichette in bobina, in grado di stampare a una velocità di 120 metri lineari al minuto, riducendo notevolmente gli scarti e le emissioni di CO2, con tutte le funzionalità della tecnologia HP Indigo. All4Labels intende essere promotrice di un progresso nell’innovazione e nella tecnologia, grazie alla propria capacità di fornire soluzioni digitali, innovative, sostenibili e interamente personalizzabili che consentono ai clienti di rispondere alle richieste di un mercato in continuo e rapido cambiamento. «Siamo molto felici di fe-


steggiare i 25 anni dall’installazione della prima macchina da stampa digitale HP Indigo presso All4Labels. Il rapporto è cresciuto nel corso degli anni fino a diventare una collaborazione profonda, basata sulla fiducia, che si è rafforzata sempre di più» così Haim Levit, SVP e GM di HP Industrial Print Business. «Negli ultimi 25 anni il business di All4Labels si è evoluto, attraverso quattro generazioni di nostri prodotti e soluzioni. Questa è una grande opportunità per costruire sul passato ma anche per guardare al futuro. Abbiamo investito molto in innovazioni e risorse per le nostre future macchine da stampa digitale e siamo estremamente orgogliosi che All4Labels stia proseguendo in questo percorso. Queste macchine innovative consentiranno a All4Labels un posizionamento all’avanguardia nei settori in cui opera e le permetteranno di continuare a fare la differenza sul mercato». Adrian Tippenhauer, Chief Executive Officer di All4Labels afferma: «Nuove tecnologie e digitalizzazione, insieme al nostro approccio innovativo, ci consentono di supportare i clienti al meglio e di reinventare il mondo della stampa digitale. 25 anni fa a Trittau abbiamo segnato il primo passo verso il successo e la nostra leadership nel settore delle etichette digitali, estendendo successivamente la nostra esperienza a tutto il gruppo su scala globale. In All4Labels anticipiamo le esigenze dei

consumatori e consentiamo ai nostri partner di sfruttare appieno fattori chiave come la digitalizzazione, la personalizzazione del prodotto e la sostenibilità. Le nostre tecnologie sono all’avanguardia e ci permettono di automatizzare, migliorare la produttività, la qualità e la sicurezza». Massimiliano Martino, Chief Technology Officer di All4Lables aggiunge: «Siamo pronti a plasmare il futuro del settore rendendo la stampa digitale più veloce, continuativa e altamente efficiente in ogni suo aspetto. Mentre stiamo contribuendo allo sviluppo delle nuove macchine da stampa HP Indigo, tra cui la V12, abbiamo già implementato un programma di digitalizzazione avanzato che comprende un portale online in cui i clienti possono ordinare direttamente le stampe. Stiamo collegando le nostre linee di stampa HP Indigo a veicoli automatizzati e robot per migliorare drasticamente la sicurezza e l’efficienza della produzione. In particolare, per l’industria 4.0 insieme ad HP Indigo, abbiamo dotato gli operatori di cuffie e visori per la realtà aumentata, che consentono di visualizzare in 3D e in real time le macchine da stampa per operazioni, assistenza, simulazioni e formazione da remoto. Tutte le nostre macchine da stampa HP Indigo sono collegate in rete per monitorare in diretta le loro prestazioni di produzione. Stiamo inoltre creando una sala di controllo centrale nella nostra sede di Amburgo per monitorare e

gestire la nostra produzione digitale in tutto il mondo». Con riferimento all’implementazione di soluzioni sostenibili All4Labels ha messo in atto programmi strutturati per migliorare l’efficienza produttiva, ridurre gli impatti e massimizzare la durata di vita delle attrezzature. Vengono costantemente effettuati dei Life Cycle Assessments per ridurre il più possibile le emissioni di ogni fase di stampa e di trasformazione, con particolare attenzione alla riduzione degli inchiostri per accelerare la completa circolarità dei substrati. All4Labels sta pianificando il lancio di uno strumento proprietario di valutazione del ciclo di vita specifico per la stampa digitale, che sarà utilizzato congiuntamente a HP Indigo. 25 _________________________

«Durante il 25° anniversario, All4Labels ha annunciato l’impegno recentemente profuso per l’installazione di una delle prime macchine da stampa digitale HP Indigo V12 presso il sito di Trittau (Germania)» _________________________

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business

BOND FOOD MEZZOGIORNO, IL FINANZIAMENTO SI FA INNOVATIVO Un'offerta distintiva che associa la consulenza specialistica per la definizione e l'implementazione delle strategie di sostenibilità a uno strumento finanziario evoluto come il minibond, con la possibilità anche di beneficiare della garanzia SACE a cura della redazione

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“Bond Food Mezzogiorno” l’ultima iniziativa di UniCredit per supportare le aziende agroalimentari del Sud sostenendole nella transizione verso modelli di business più green e, nel contempo, favorendo l’apertura delle PMI del Sud al mercato dei capitali. “Bond Food Mezzogiorno” è infatti il primo programma di emissione di minibond lanciato da UniCredit e SACE per finanziare i piani di sviluppo di medio-lungo termine legati alla crescita sostenibile e internazionale delle imprese del Mezzogiorno appartenenti al settore agroalimentare. Dal lancio dell’iniziativa (ottobre 2021) ad oggi sono 17 le aziende del Sud che hanno emesso minibond, con risorse complessive raccolte pari a oltre 65 milioni. «Con Bond Food Mezzogiorno - spiega Annalisa Areni, Responsabile per il Sud di UniCredit Italia - in quanto banca leader in Italia nel favorire l'accesso delle PMI al mercato dei capitali ci poniamo un obiettivo ambizioso: mettere a disposizione delle aziende del settore agroalimentare del Mezzogiorno, eccellenza del Made in Italy, un'offerta distintiva che associa la consulenza specialistica per la definizione e l'implementazione delle strategie di sostenibilità a uno strumento finanziario evoluto come il minibond, con la possibilità anche di beneficia-

re della garanzia SACE. Con Bond Food Mezzogiorno abbiamo realizzato un'operazione di sistema per mobilitare nuovo credito, incentivare forme alternative di finanziamento degli investimenti e promuovere la cultura della sostenibilità». UniCredit mette infatti a disposizione delle aziende del settore del Mezzogiorno un’offerta distintiva che associa, oltre al minibond e alla possibilità di beneficiare della garanzia SACE, anche una consulenza specialistica grazie al coinvolgimento di Nativa, Regenerative Design Company e prima Società Benefit e B Corp in Europa, in qualità di Sustainability Advisor per l’identificazione, l’implementazione e la misurazione degli obiettivi ESG, riconoscendo inoltre una premialità alle società emittenti nella forma di una riduzione del tasso cedolare al raggiungimento degli obiettivi fissati al momento dell’emissione. Bond Food Mezzogiorno è solo l’ultima iniziativa sul fronte dei minibond, emissioni di obbligazioni di taglio piccolo (fino a 50 milioni) che permettono alle Pmi di finanziare i piani di sviluppo a medio-lungo termine con fonti di finanziamento complementari ai prestiti bancari. Con 44 emissioni nel Paese nel corso del 2021 per un controvalore di 251 milioni di euro, UniCredit è leader nel mercato

Annalisa Areni, responsabile per il Sud di UniCredit Italia

dei capitali anche nel segmento delle PMI attraverso i minibond. Un andamento che ha consentito a UniCredit di sfiorare la soglia degli 800 milioni di euro erogati con lo strumento dei minibond in 5 anni a favore di 115 PMI italiane. Un contributo importante al raggiungimento dei risultati finora conseguiti da UniCredit è arrivato proprio dal Sud. «I minibond stanno avendo sempre più successo, soprattutto tra le Pmi del Sud - conclude Annalisa Areni - stiamo assistendo quindi ad una svolta del sistema imprenditoriale del Mezzogiorno verso forme di finanziamento innovative e ciò è anche un segnale della vivacità del sistema imprenditoriale locale in quanto l'emissione rappresenta un messaggio di solidità al mercato, grazie al fatto che solo le società con determinati presupposti possono accedervi».

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BEST PACKAGING 2022, SUL PODIO L’ALLEANZA SOSTENIBILE DI MAURO-VERONESI Una sinergia vincente quella che ha visto riconoscere al Gruppo Di Mauro, e al suo cliente Veronesi, il premio dell’Istituto Italiano dell’Imballaggio per la sezione Ambiente a cura della redazione

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na sinergia vincente e sostenibile quella che ha visto riconoscere al Gruppo Di Mauro, e al suo cliente Veronesi, il premio Best Packaging 2022 per la sezione Ambiente, nel corso della cerimonia tenutasi all’Ipack-Ima organizzata dall’Istituto Italiano dell’Imballaggio, che da anni ormai premia e fa conoscere soluzioni innovative e sostenibili in materia di packaging. Per la sezione ambiente, patrocinata dal CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi), il riconoscimento è stato infatti assegnato alle confezioni di mangimi Veronesi per l’acquacoltura che, grazie alla nuova composizione in un unico materiale (mono PE), sono state rese ricicla-

27 bili al 95%. L’innovazione è stata realizzata in collaborazione con Di Mauro Flexible Packaging, azienda con sede a Cava de’ Tirreni ma clientela internazionale, specializzata nella proposta di soluzioni per un packaging più sostenibile e compostabile. Questa premiata soluzione nasce da una precisa esigenza: ideare per un prodotto sostenibile un imballo altrettanto sostenibile. La linea di prodotti Veronesi certificata OMG free, creata rispettando l’impatto ambientale, necessitava di un cambiamento anche nel suo packaging. Il passaggio da una struttura complessa OPA/PE ad un mono-film PE ha reso l’imballo in linea con i principi di economia circolare e di sostenibilità. Per assicurarne la riciclabilità il nuovo packa-

ging è stato progettato secondo le più attuali linee guida (CEFLEX, RECYCLASS, ecc.) limitando al massimo i componenti estranei al polimero di base il cui flusso di raccolta, selezione e riciclo è ampiamente sviluppato in Italie e in Europa. Riconosciuto riciclabile al 95%, l’imballo ha determinato un ulteriore valore aggiunto per la gamma di mangimi Veronesi. _________________________

«Il laminato è stato progettato in accordo con le più attuali linee guida per il “design for recycling”» _________________________

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PALAZZO INNOVAZIONE, UNO SPAZIO DI LAVORO COSTRUITO INTORNO ALLE PERSONE Una delle ultime novità è VITA, il programma, unico a livello nazionale, riservato a startup e innovatori del settore della digital health. Ne abbiamo parlato con Mario Vitolo, Ceo di Palazzo Innovazione di Raffaella Venerando

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Salerno l’innovazione ha una delle sue sedi più dinamiche nel Complesso Monumentale di Santa Sofia: Palazzo Innovazione, un bene in qualche misura rigenerato che oggi è uno spazio di lavoro e progettualità di notevole importanza. Per quanti non lo conoscessero, di cosa si occupa Palazzo Innovazione di cui lei è ceo? Un catalizzatore di possibilità. Palazzo Innovazione è un coworking dedicato all’innovazione digitale e sociale. Dal 2018 ha aperto le porte a startup, aziende, acceleratori e investitori creando, nel centro storico di Salerno, uno spazio di ispirazione e di lavoro costruito intorno alle persone. In un continuum unico tra sto-

ria millenaria e innovazione, nel Complesso Monumentale di Santa Sofia risalente al X secolo, Palazzo Innovazione è il luogo ideale per entrare in contatto con un network di professionisti e godere della possibilità di nuove sinergie e opportunità di business. Operiamo su tre principali aree: la gestione di spazi coworking, la realizzazione di eventi per aziende ed enti, l’erogazione di corsi di formazione con il progetto School. Le attività di coworking rappresentano il primo business di Palazzo con circa 100 postazioni di lavoro per ognuno dei due piani. All'interno si trovano quattro sale meeting e una Rest Area, uno spazio ricreativo in cui i coworker possono trattenersi per bere e mangiare qualcosa.

Il terzo piano, detto social floor - con due sale di lavoro grandi e un salone di circa 300 mq - è destinato invece a iniziative in presenza e alla registrazione di eventi digitali da remoto. Altri spazi per gli eventi sono lo Square e il terrazzo adiacente al social Floor, con vista mare sulla Costiera Amalfitana. Ad oggi tanti sono gli eventi realizzati e circa 80 le attività digitali come i mercoledì di Palazzo e i Seminari What’s next? Sono stati organizzati diversi kickoff per aziende nazionali e multinazionali, che hanno utilizzato i nostri servizi. Fin dagli inizi Healthware Group è il principale partner dell’iniziativa, da cui Palazzo Innovazione ha ereditato la filosofia e la logica. La col-


Uno dei momenti di alta formazione insieme con i Giovani Imprenditori di Confindustria Salerno

laborazione avviata nel 2020 con Virvelle, società di consulenza e formazione, ha rappresentato un altro importante passo in avanti e la nascita di Palazzo Innovazione School né è l’esempio. Con la pandemia il potenziale dell’innovazione e della tecnologia è esploso in tutta la sua forza. Palazzo Innovazione ha beneficiato di questa inaspettata accelerazione? La forte spinta del South working, o comunque l’accesso obbligato allo smart working da un lato, e i temi della digitalizzazione e della sostenibilità dall'altro hanno senza dubbio spinto sulla crescita dell’iniziativa proiettandoci su uno scenario Internazionale. Da settembre 2021, infatti, il tasso di occupazione supera il 100% tanto da farci valutare la possibilità di allargare le attività anche geograficamente, puntando sia su altre sedi a Salerno, sia fuori regione. Una delle ultime novità è

VITA, il programma, unico a livello nazionale, riservato a startup e innovatori del settore della digital health. Quali saranno gli obiettivi? Presso di noi avrà sede il primo acceleratore di startup nella Digital Health di CDP Venture Capital Sgr, realizzato insieme a Healthware Group e Accelerace (acceleratore danese). Il programma beneficia del supporto di Zcube Zambon Research Venture, in qualità di Innovation Partner e dei Corporate Partners Petrone Group e SIFI, oltre che di circa 20 Ecosystem Partner nazionali e internazionali, tra cui Fondazione ENPAM e l’Istituto Nazionale Tumori - Fondazione Pascale di Napoli. Ci crediamo molto. Crediamo nell’apporto che questo può dare alla trasformazione digitale della salute, sostenendo la crescita e lo sviluppo delle startup più capaci e promettenti. La formazione però resta

uno dei vostri asset portanti. Lo è grazie a un team di docenti, professionisti e speaker esperti e a un catalogo di cinque corsi annuali per giovani laureati, una Academy di Corsi IT per le aziende resident, diversi momenti formativi a favore di associazioni di categoria e università. Di recente, infatti, abbiamo proposto tre lezioni di alta formazione manageriale al Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Salerno, molto seguite e apprezzate. La prima, incentrata sui fattori ESG e SRI, è stata curata da Salvatore Amitrano, ex presidente dei Giovani Industriali di Avellino, imprenditore e manager. Il secondo seminario era dedicato, invece, alle blockchain con l’esperto Marco Crotta. L’ultimo, dislocato in esterna presso Confindustria Salerno, era focalizzato su Strategia ed Execution, con docente Piero Tagliapietra.

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AZIENDE, LA STRADA VERSO LA CRESCITA La finanza alternativa non è più una chimera per sostenere il business delle imprese e consolidarne il vantaggio competitivo di Raffaella Venerando

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vo Allegro, CEO di Iniziativa, società di advisory e consulenza direzionale attiva nei settori del corporate finance, finanza agevolata, business advisor e in ambito PPP e public che da oltre 40 anni supporta i processi di sviluppo delle imprese e della Pubblica amministrazione, analizza in questa intervista le caratteristiche di alcuni percorsi che possono seguire le aziende nei propri processi di crescita. Il mercato dei capitali è una delle strade che le aziende possono percorrere per favorire rapidamente la propria crescita. Ma quanto è facile - o difficile - per un’azienda, oggi, accedere a questa strada? I mercati dei capitali hanno permesso alle imprese e alle nazioni, nel tempo, di prosperare. Bisogna tener presente però che l’accesso al capitale non è un diritto, ma un privilegio. C’è quindi il dovere di attirare quel capitale in maniera responsabile e sostenibile. Appunto, sostenibile. Quanto, allora, le aziende devono tener presente la sostenibilità? Preferiamo concentrarci sulla sostenibilità non tanto perché siamo esclusivamente ecologisti, quanto perché siamo ca-

pitalisti e legati da un rapporto fiduciario verso i nostri clienti. Questo impegno richiede dunque una piena comprensione di come le aziende stanno adattando le loro attività ai massicci cambiamenti che colpiscono l’economia. E cosa chiedete - e consigliate - alle aziende, una volta completata la fase di analisi? Nell’ambito di questo modus operandi, stiamo chiedendo alle aziende di fissare obiettivi a breve, medio e lungo termine per implementare effettivamente nelle loro strategie il tema della sostenibilità. Questi obiettivi, insieme con la qualità dei piani necessari per raggiungerli, sono cruciali anche per comprendere gli interessi economici a lungo termine di soci e azionisti. Abbiamo però bisogno che i governi

forniscano percorsi chiari e una tassonomia coerente per la politica di sostenibilità, la regolamentazione e la divulgazione. Come valutare correttamente un’impresa o un investimento? Il concetto base è che non basta più guardare ai soli dati finanziari. Sempre più spesso, infatti, le decisioni di investimento e le valutazioni sui piani aziendali non si basano più esclusivamente su parametri finanziari, ma tengono conto anche di fattori extra-finanziari, come ad esempio i fattori ESG. Vale a dire? Environmental, Social and Governance, fattori che giocano un ruolo fondamentale nel determinare la strategia di sostenibilità di un investimento

Ivo Allegro Ceo Iniziativa


nel medio-lungo periodo. Alla luce della crisi ambientale e della scarsità e dei costi elevati delle materie prime, non è mai stato così essenziale come oggi tanto per gli Stati e i loro cittadini quanto per le aziende e i loro dipendenti, mettere al centro dell’attenzione i criteri e gli obiettivi ESG e trasformare in circolari i processi economici mondiali. Per questi motivi la selezione, la condivisione, la misurazione e il monitoraggio dei criteri e obiettivi ESG sarà sempre più importante e centrale per una gestione ottimale e resiliente della res publica e delle imprese. A cosa bisogna fare attenzione? Al giorno d’oggi manca ancora una definizione e una procedura di raccolta unitaria e globalmente riconosciuta dei parametri ESG. Non esiste cioè una chiara identificazione delle informazioni minime da inserire nei report di sostenibilità, e questo è un grande problema che determina potenziali rischi per gli investitori di essere coinvolti in attività di greenwashing e socialwashing, una “operazione di maquillage” che dà solo una patina molto

esile di sostenibilità senza incidere effettivamente sui determinanti del business. Facciamo un focus sui canali di finanziamento: quanto la struttura finanziaria delle imprese italiane, rispetto agli altri paesi europei, è caratterizzata da un’elevata dipendenza dal finanziamento bancario? Moltissimo, in maniera addirittura preponderante rispetto al capitale di rischio. L’elevato indebitamento bancario che caratterizza la struttura finanziaria delle imprese è ancora più evidente nel caso delle PMI, dove l’incidenza dei debiti bancari sul totale di debiti finanziari è circa il 66% nel caso delle PMI, mentre è poco più del 33% nel caso delle grandi imprese. Qual è la tendenza attuale del credito erogato alle imprese? L’ammontare del credito erogato alle imprese ha registrato significative contrazioni rispetto ai valori precedenti alla crisi: a fine 2019 la somma dei prestiti alle società non finanziarie si è ridotta di quasi il 27% rispetto al 2011. Quello cui abbiamo assistito nel quadro emergenziale della pandemia è quindi un fattore eccezionale e non la normalità.

Quali sono stati i motivi? C’è stata una selezione più rigida dei prenditori insieme all’applicazione di tassi più elevati. Il periodo vissuto oltre il 2019, inoltre, è stato caratterizzato da tassi di interesse piuttosto bassi, anche sul debito a medio/lungo termine. Tuttavia, le aspettative dei mercati sono per un progressivo aumento dei tassi di interesse, che può evincersi dalla tendenza crescente della curva EURIRS dal 2020 in poi. Cosa fare dunque per crescere, rimanere competitivi e continuare ad acquisire quote di mercato, nonché per gestire eventuali processi connessi con i passaggi generazionali? È necessario che le imprese e le PMI si aprano a nuove soluzioni, soprattutto con riferimento ai modelli e agli strumenti finanziari. In questo contesto il credit crunch vissuto, seppur non con continuità negli ultimi anni, ha spinto le PMI a valutare nuove forme di finanziamento alternative al fine di sostenere il proprio business e consolidarne il vantaggio competitivo: bond, strumenti ibridi e borsa oggi non sono chimere per le imprese ma leve effettivamente azionabili.

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TRUCILLO, SALGONO A 4 LE CAFFETTERIE INAUGURATE A DUBAI Prosegue l’espansione della torrefazione negli Emirati Arabi Uniti. Il profumo del caffè salernitano potrà essere gustato in un nuovo locale situato nel lussuoso parco residenziale South Village in fase di costruzione nel quartiere Dubai South di Raffaella Venerando

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on c’è tre senza quattro. Nuova apertura per Caffè Trucillo negli Emirati Arabi Uniti. La torrefazione di Salerno specializzata da tre generazioni nel servire i migliori locali oggi presente in 40 Paesi esteri, da cui deriva il 60% del fatturato, continua la sua espansione in Medio Oriente. La quarta caffetteria Trucillo a Dubai fa parte di un piano avviato nel 2019 dagli imprenditori salernitani con Arabian Horeca di MHAO Group. Trucillo è il caffè scelto dalla società di general trading fondata nel 1946 dalla famiglia Al Otaiba - una delle più antiche e influenti nella storia degli Emirati Arabi Uniti - per promuovere sul territorio il concept tradizio-

nale di caffetteria all’italiana. Il nuovo locale si trova nel lussuoso parco residenziale South Village in fase di costruzione con annesso golf 18 buche situato nel quartiere Dubai South. Questa location per il tempo libero offrirà un'ampia varietà di punti ristoro e negozi, un salone di bellezza e un supermercato. South Village dista 3 minuti dall'aeroporto internazionale di Al Maktoum ed è di facile accesso da Emirates Road. Anche gli altri tre coffee shop Trucillo si situano in altrettante posizioni strategiche della città: ad Al Seef, cuore culturale ed economico del Paese; all’interno del Dubai World Trade Center, l’edificio simbolo dell'espansione finanziaria e commerciale di Dubai, che ospita i

grandi eventi; e all’interno della Sheikh Marwan Tower su Sheikh Zayed Road, vicino alla stazione Financial Center sulla linea rossa della metropolitana, cuore delle relazioni business. Il piano di sviluppo prevede nuove aperture negli Emirati.

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«South Village offrirà un'ampia varietà di punti ristoro e negozi, un salone di bellezza e un supermercato» _________________________


lavoro

SANITÀ, LICENZIATO IN TRONCO IL MEDICO CHE HA OMESSO L’ESITO POSITIVO AL TEST COVID-19 Paolo Ambron avvocato giuslavorista | info@studiolegaleambron.it

La condotta colposa del dottore ha leso il vincolo fiduciario con la struttura di cui era dipendente, rendendo impossibile proseguire il rapporto di lavoro

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l Tribunale civile di Pavia, sezione lavoro, dopo lunga e delicata istruttoria ha emesso il 19 aprile scorso una sentenza di rilevante interesse nei confronti di un medico di una struttura sanitaria. Questi, nell’ottobre 2020, prima dell’avvio della campagna vaccinale quando i rischi di infezione mortale risultavano ancora più elevati, non comunicava a una collega che si era sottoposta al test covid-19 il risultato dell’esito positivo. Il comportamento omissivo del medico, si legge in motivazione, ha così causato un serio pericolo non solo per la salute della diretta interessata “tamponata”, ma anche dei pazienti e dei colleghi del reparto. Pertanto, veniva disposta la risoluzione del rapporto di lavoro con effetto immediato, senza indennità di preavviso e il provvedimento veniva impugnato con rito Fornero. Il processo sommario si concludeva con ordinanza di rigetto e quindi della legittimità del licenziamento. Tale decisione veniva poi confermata dal Tribunale di Pavia con sentenza in commento del 19/4/2022 RG. 228/22. Il magistrato chiamato a giudicare precisava che nessuna delle difese proposte dal ricorrente «scalfiva le conclusioni cui era giunta la ordinanza che aveva definito la prima fase del giudizio». Anzi, la documentazione allegata dal ricorrente ne confermava la colpevolezza. E invero, al ricorrente erano stati contestati numerosi fatti, ma quello più rilevante era relativo alla colpevole omissione di comunicare ad una dipendente della struttura sanitaria l’esito del tampone molecolare risultato positivo. La dottoressa si era sottoposta al tampone in seguito ad un caso di positività di altro collega.

Preoccupata e non avendo avuto alcuna informazione sull’esito del tampone si era autonomamente attivata e aveva saputo di essere positiva al covid. La responsabilità della mancata comunicazione risultava essere del medico, poi licenziato, il quale “era stato adibito alla attività tamponi e vaccinazioni influenzali, con conseguente responsabilità di comunicare l’esito positivo alla dipendente”. Il medico respingeva gli addebiti contestati, affermando di non avere avuto alcun formale incarico di comunicare i risultati dei referti al personale “tamponato”. Aggiungeva di avere avuto un carico eccessivo di lavoro nell’ambito della struttura sanitaria, ove peraltro era manifesto un deficit organizzativo. Infatti, dichiarava di non essere stato messo al corrente della modifica organizzativa sulla procedura tamponi/ referti avvenuta nell’ottobre 2020 con la creazione del nuovo sistema informatico “galileo”. In sede istruttoria tali giustificazioni venivano smentite. Risultavano, infatti, formali comunicazioni della Direzione relative all’incarico assegnatogli di comunicare l’esito dei referti positivi. Veniva, inoltre, provato che il carico di lavoro non era eccessivo e che il cambiamento organizzativo, che prevedeva la canalizzazione in un unico sistema dei referti e di tutti gli esami di laboratorio, era stato portato a conoscenza del ricorrente, che aveva quindi omesso colpevolmente di consultare il sistema informatico. La sua condotta, di natura colposa, risultava idonea a determinare una lesione del vincolo fiduciario, così irrimediabile da non consentire la ulteriore prosecuzione del rapporto di lavoro. N. 2 | 2022

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PACKAGING DESIGN, I PREMIATI DA ONEMOREPACK 2022 A Città della Scienza, a Napoli, in scena le premiazioni nell’ambito del FORUM del 9 giugno. Gli organizzatori: «Subito al lavoro per la nuova edizione» di Raffaella Venerando

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ono stati resi noti i vincitori delle due competizioni, per professionisti e studenti, del PREMIO OneMorePack 2022. La cerimonia si è tenuta giovedì 9 giugno, nel corso del FORUM sul packaging design promosso e organizzato da Grafica Metelliana. Gli accreditati quest’anno hanno avuto accesso alla galleria con le novità dei partner, alla mostra dei progetti in shortlist e alla Sala Newton di Città della Scienza, a Napoli, per gli interventi degli speaker d’eccezione: Fabio Babiloni, docente di Neuroeconomia e Neuromarketing presso l’Università La Sapienza di Roma, direttore scientifico di Brain Signs; Matteo Leonti, general ma-

nager dell’agenzia creativa Smith Lumen. «Dopo un anno di stop nel 2020 e l’edizione in versione digitale nel 2021, ritornare ad organizzare l’evento in presenza è stata una sfida, e all’inizio non sapevamo cosa aspettarci. L’entusiasmo dei partner e di tutti coloro i quali ci hanno

supportato, e le presenze che abbiamo raggiunto, ci fanno dire che il bilancio di questa edizione è sicuramente positivo» hanno commentato all’unisono gli organizzatori. OneMorePack è oggi diventato il principale momento di confronto e condivisione del Sud Italia sul packaging desi-


eventi

PRIMO CLASSIFICATO PACKAGING: Kiton exclusive gift box, Sintesi Studio + Studiolibero

MENZIONE FUNZIONALITÁ: Panetto enogastronomico Longo, Basile ADV

MENZIONE HERITAGE: Packaging Gay Odin Antville

gn per creativi, marketer, agenzie di comunicazione, studenti, designer e aziende. «Ci metteremo subito al lavoro - conferma Iole Preziosi, responsabile marketing di Grafica Metelliana per scovare novità e punti di vista nuovi e complementari, che ci permettano di offrire sempre un evento diverso e innovativo». «Il packaging è sempre più protagonista, è sotto gli occhi di tutti. Dobbiamo studiarne le forme già espresse - commenta Gerardo Di Agostino, AD di Grafica Metelliana, promotrice di OneMorePack - e quelle che avrà domani, secondo criteri di sostenibilità ambientale e sociale. Senza tralasciare gli aspetti progettuali, del design e della creatività». OneMorePack 2022 gode del patrocinio di Assografici, Art Directors Club Italiano, UNA Aziende della Comunicazione Unite, ADI delegazione Campania e Confindustria Campania. Partner del FORUM: Heidelberg, Fedrigoni, Brizzi Distribuzione, Luxoro, HP, Stratosfera. Media Partner: Stampamedia, Printlovers, Inside Marketing, Converter&Cartotecnica, Rassegna Grafica e Packaging Space. Partner tecnici: Question Mark, Oneprint. Partner contest studenti: Malafronte. 3 gli studenti sul podio che hanno lavorato e prototipato secondo il brief rilasciato in collaborazione con l’azienda Malafronte. 2500 euro il montepremi totale a loro corrisposto, attraverso borse lavoro e buoni per l’acquisto di tecnologie professionali. PRIMO CLASSIFICATO STUDENTI: Angelo Manna, Accademia delle Belle Arti di Napoli MOTIVAZIONE: Per l’aspetto elegante, e al contempo premium, che conferisce al prodotto, rendendolo altamente attrattivo. SECONDO CLASSIFICATO STUDENTI: Federica Lumini, Accademia delle Belle Arti di Napoli MOTIVAZIONE: Per la coniugazione del packaging per la regalistica da ricorrenza. Per il posizionamento molto alto e l’effetto sorpresa che genera il prodotto che viene celato in un pack a scrigno. TERZO CLASSIFICATO STUDENTI: Claudio Crescenzo, Accademia delle Belle Arti di Napoli MOTIVAZIONE: Per l’originalità dell’elemento frontale, che offre un accessorio di servizio per il consumo del tarallo, divenendo così il packaging gadget e fornendo una soluzione per il consumo in modalità “street food”.

MENZIONE GRAPHIC DESIGN: Astucci Delfino Battista, Dimensione Pubblicità

MENZIONE RACCONTO DEL TERRITORIO: Nativo Antico Rosso di Campagnano, Arcadia

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MENZIONE STORYTELLING: Panettone Siciliano Di Stefano, Industria 01

PRIMO CLASSIFICATO LABEL: Vesuvius, Basile AD

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privacy

COLAPIETRO: «LA PRIVACY NON È UN LIMITE ALLA COMPETITIVITÀ DELLE AZIENDE» Carlo Colapietro Professore ordinario di Diritto pubblico presso l’Università degli studi Roma Tre e Direttore del Master presso Smedata

Tra le prossime sfide, la necessità di rendere sostenibile la “macchina della protezione dei dati personali”, non solo formando al meglio le aziende, ma anche trovando nuove soluzioni smart, volte a rendere tutto più semplice e funzionale rispetto alle esigenze delle singole realtà

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rofessore, SMEDATA è alla seconda edizione. Rispetto al passato, cosa è cambiato? Finalità e obiettivi restano gli stessi? A cambiare è il punto di partenza delle aziende? Il tema della protezione dei dati personali è per noi oggi molto diverso rispetto da come si poneva solo qualche anno fa, quando la materia è stata completamente rivoluzionata dall’entrata in vigore del GDPR. Infatti, quella che noi oggi chiamiamo impropriamente privacy non è più un adempimento che le aziende scorgono con timore da lontano, ma una realtà che insiste da vicino sui soggetti chiamati a rispettare la normativa di ri-

ferimento. È innegabile che il processo di compliance abbia richiesto notevoli sforzi, soprattutto per le realtà più piccole, ma ha consentito anche lo sviluppo di nuove conoscenze e la creazione di nuovi profili professionali, spesso multidisciplinari, oggi molto ambiti sia in nel privato, sia nel pubblico. Sicuramente il principale obiettivo di SMEDATA è stato raggiunto. La sensibilizzazione del mondo del lavoro e la formazione dei professionisti chiamati ad avere a che fare quotidianamente con i dati personali hanno richiesto di rivedere al rialzo gli obiettivi, aggiungendo all’attività di formazione basilare quella di confronto con i rappresentati delle

aziende, pubbliche e private, al fine di rendere il più sostenibile possibile i processi e gli investimenti richiesti dalla conformazione alla normativa. Infatti, è innegabile come per molte realtà, soprattutto piccole e medie imprese, la compliance normativa possa rappresentare spesso un peso, sia in termini di risorse economiche e finanziarie che umane. Ecco, le prossime sfide che si profilano all’orizzonte - specialmente per l’Università - sono proprio quelle poste dalla necessità di rendere sostenibile la “macchina della protezione dei dati personali”, non solo formando al meglio le aziende, ma anche ricercando e trovando nuove soluzioni “smart”, volte a rendere


tutto più semplice e funzionale rispetto alle esigenze delle singole realtà. Particolare enfasi, nella prima edizione, è stata posta all’assicurare che i cittadini avessero conoscenze sufficienti su come esercitare in modo efficace i loro diritti in quanto soggetti interessati. Mediamente oggi i cittadini ne sanno di più? L’altra faccia della medaglia sono proprio le persone i cui dati vengono trattati da enti e imprese. Oggi i cittadini, in qualità di soggetti interessati, sono sicuramente più coscienti: della normativa, degli adempimenti e soprattutto dei loro diritti. Complice la pandemia da Covid-19, che ha obbligato a trasferire le nostre vite sempre più online, i cittadini sono stati chiamati a confrontarsi - e, a volte, scontrarsi - con la tutela dei dati personali. Esemplari sono state le sfide che si sono poste a causa del fatto che buona parte dei lavoratori, ma anche degli studenti, sono stati costretti a svolgere le proprie attività da remoto lontani dagli uffici e dalle scuole, provocando un aumento esponenziale dei trattamenti, atteso che enormi quantità di dati personali sono state elaborate attraverso sistemi tecnologici, tra i quali, peraltro, cloud o VPN. È vero, qualche problema c’è stato, sia in termini di vincoli iniziali per lo svolgimento delle attività, che di violazioni

dei dati personali. Ma oggi tutto questo è qualcosa che fa parte della conoscenza dei cittadini che, seppur “inciampati” nella privacy, hanno sicuramente acquisito maggiori nozioni e, soprattutto, sensibilità al tema. Oggi che i dati hanno uno straordinario valore economico, non rischiamo per tutelare la privacy di perdere occasioni di competitività rispetto ad altri Paesi non europei più disinvolti sul tema? Che i dati abbiano ormai acquisito un importante valore economico in determinati settori di mercato è innegabilmente vero. Questo porta i player commerciali a spingersi sempre più avanti, proponendo operazioni in cui i dati personali sono considerati addirittura moneta di scambio per i servizi offerti. Un esempio è proprio la recente Direttiva Ue 2019/770, la quale - nonostante le discordanti opinioni in merito - ha di fatto previsto la possibilità per i fornitori di contenuti digitali o di servizi digitali di farlo dietro la corrispettiva fornitura da parte del consumatore dei propri dati personali. Questa previsione ha sicuramente aperto la porta alla legittimazione di pratiche commerciali già da tempo attuate nell’ambito del complesso gioco della domanda e dell’offerta che caratterizza il mercato. Gli operatori sanno che oggi alcune pratiche sono

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«Oggi i cittadini, in qualità di soggetti interessati, sono sicuramente più coscienti: della normativa, degli adempimenti e soprattutto dei loro diritti» _________________________

consentite, in determinata misura e nel rispetto di precisi adempimenti. Non dimentichiamo, però, che questo non vuol dire aver legittimato qualsiasi comportamento ma, anzi, aver voluto regolare pratiche commerciali nel rispetto della normativa a protezione dei dati personali che, altrimenti, avrebbe vissuto nell’ombra delle regole di mercato. La privacy non potrà mai essere considerata un limite alla competitività delle aziende: la protezione dei dati personali è oggi un diritto fondamentale e solo chi sarà in grado di perseguire i propri obiettivi di impresa con la tutela dei propri clienti/consumatori sarà veramente competitivo, in quanto sarà scelto prioritariamente rispetto ai concorrenti meno attenti a questa nuova cultura.

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LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA: TRA EFFICIENTISMO E NUOVI PARADIGMI CULTURALI Marco Marinaro avvocato cassazionista - professore a contratto di “Giustizia sostenibile e ADR” del Dipartimento di Giurisprudenza della LUISS “Guido Carli” di Roma - giudice ausiliario della Corte di Appello di Napoli - mediatore e arbitro | mmarinaro@luiss.it

Occorre trovare nuovi equilibri nell’accesso alla giurisdizione mediante l’implementazione e l’incentivazione di sistemi complementari, creando così una diversa cultura nell’approccio al conflitto e riducendo anche la domanda che diversamente approderebbe sempre e comunque al sistema giudiziario statale

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a pubblicazione del decimo rapporto annuale della Commissione europea sullo stato della giustizia nei Paesi dell’Unione europea registra per l’Italia un nuovo primato negativo. Infatti, dalla lettura del rapporto EU Justice Scoreboard 2022 emerge ancora una volta un quadro preoccupante sull’efficienza della giustizia italiana, posto che l’Italia si colloca nell’ultima posizione di tutte le classifiche che attengono alla durata media dei procedimenti in materia civile e commerciale. I segnali positivi che pur iniziano ad affiorare non sono sufficienti tuttora ad invertire la rotta e l’Italia (con riguardo ai dati del 2020 pubblicati nel report del 2022) si distingue tristemente nel quadro europeo delineato dalla Commissione UE per l’incapacità di fornire adeguate risposte in termini di efficienza. E così dal rapporto 2022 emerge una stima della durata dei procedimenti civili e commerciali, in primo grado, pari a 674 giorni (in crescita rispetto ai 532 giorni del 2019, con un incremento del 27%). Anche per il secondo grado di giudizio si passa dai 791 giorni del 2019 ai 1.026 del 2020 (con un incremento del 30%). Peraltro, l’incidenza della pandemia è certa come è certo che l’Italia ha maturato i peggiori dati tra i Paesi dell’Unione. Un segnale positivo riguarda invece la definizione dell’arretrato anche se il numero di procedimenti civili pendenti in primo grado pone l’Italia

tra i Paesi che registrano i numeri tuttora più elevati in Europa. Questi dati riportano alla memoria altre rilevazioni statistiche, tra le quali quelle del Ministero della giustizia che non molto tempo fa aveva stimato la pendenza di oltre 550 mila procedimenti che potrebbero causare richieste di indennizzo per l’irragionevole durata del processo. Al riguardo, appare utile ricordare che fino al 2001 l’Italia era tra gli Stati che avevano subìto il maggior numero di condanne dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per violazioni della Convenzione europea sui diritti umani e, in particolare, dell’art. 6, che impone agli Stati di garantire una durata ragionevole dei processi. Il 37% di tutte le sentenze di condanna da parte della Corte per inefficienza della giustizia era a carico dell’Italia. E il numero dei procedimenti contro l’Italia a Strasburgo sarebbe andato via via aumentando se, il 18 aprile 2001, non fosse entrata in vigore la legge 89/2001 (conosciuta come legge Pinto), che impone di richiedere l’indennizzo per l’eccessiva durata dei processi mediante il ricorso a una Corte di Appello italiana anziché alla Corte europea. La situazione è poi progressivamente migliorata, anche se in alcune recenti statistiche della Corte europea dei diritti umani l’Italia resta tra gli Stati membri del Consiglio d’Europa che hanno il più alto numero di casi di cui Strasburgo deve occuparsi. A fronte di questa situazione, si deve sotto-


lineare che, per la prima volta, l’Italia sta lavorando ad un’estesa e complessa riforma della giustizia civile. Infatti, con l’approvazione della legge del 26 novembre 2021 n. 206 il Parlamento ha conferito la delega al Governo per l’attuazione di un ampio ventaglio di interventi con il dichiarato obiettivo di ridurre la durata dei processi concordata in sede europea entro i 5 anni del PNRR (riduzione della durata del 40% sino ad arrivare a “quota mille”, cioè ad una durata media dei processi di mille giorni). In tempi record è stata adottata la legge delega (infatti, le linee programmatiche sono state tracciate dalla Ministra Cartabia alle Commissioni Giustizia dei due rami del Parlamento il 17 e il 18 marzo 2021) e anche la fase attuativa - avviata nel gennaio scorso con la nomina dei Gruppi di lavoro - è nella fase finale che prevede la redazione delle proposte per poter giungere poi alla definitiva approvazione da parte del Governo entro la scadenza del termine fissato per il 24 dicembre 2022. La situazione appare quindi estremamente complessa, ma inizia a prendere corpo una profonda riforma della giustizia civile i cui princìpi sono orientati non soltanto all’efficienza e, quindi, alla riduzione dei tempi processuali, ma anche alla realizzazione di un sistema integrato tra giurisdizione e strumenti consensuali in una logica non meramente deflativa. Si tratta di un obiettivo ambizioso e necessario. D’altronde, le esperienze maturate all’esito delle molteplici riforme del processo civile hanno dimostrato come il tentativo di incidere (solo) sulla durata del processo modificando le norme che lo regolamentano è velleitario: insomma, trasponendo il noto aforisma di Winston Churchill, la sfida non è più quella di chi resta in piedi in un secchio e cerca di sollevarsi tirando il manico. Il tema dell’efficienza, infatti, non può essere trattato in una prospettiva semplicemente quantitativa. Il “prodotto” del sistema giustizia non consente di lavorare alle riforme nella logica di un mero efficientismo che non valorizzi le esigenze della migliore e più efficace tutela dei diritti dei cittadini e delle imprese che vivono situazioni conflittuali e che devono trovare adeguata e rapida composizione. E la vera e più profonda novità della riforma in atto attinge proprio ad una prospettiva culturale che non limita il suo sguardo alla durata del processo e al miglioramento dei suoi meccanismi interni, ma si apre a un sistema allargato che colloca la giurisdizione e gli altri strumenti di giustizia in un rapporto di complementarità. Non più subordinazione, dunque, dei sistemi consensuali

al processo, ma integrazione e cooperazione tra gli stessi caratterizzano il nuovo corso della giustizia. In questa rinnovata prospettiva la giustizia non si identifica con la giurisdizione e i procedimenti consensuali non sono ancillari al processo, ma possono interagire creando percorsi virtuosi. E se l’efficienza della giustizia costituisce il necessario presupposto per il corretto funzionamento del sistema economico, ancor di più la stessa appare indispensabile per la coesione sociale del Paese concorrendo a ricucire e a risanare il tessuto connettivo della società. D’altronde basterebbe rilevare che le modalità nelle quali in una società si confligge dipendono direttamente anche dagli strumenti di risoluzione che la medesima società offre ai suoi consociati per avvedersi che è necessario investire seriamente nei sistemi di dispute resolution c.dd. “coesistenziali”, quelli cioè tesi a “rammendare” il rapporto conflittuale valorizzando prioritariamente l’esigenza della pacifica convivenza e della sostenibilità sociale.Nel contesto descritto, ritorna nitido il messaggio della Ministra Cartabia contenuto nelle linee programmatiche della riforma in cui, a suo tempo, ha assegnato con chiarezza centralità alla mediazione e agli altri sistemi di risoluzione delle controversie diversi dal processo, valorizzandone gli effetti virtuosi. Crisi della giurisdizione e crisi del sistema giudiziario sono dunque entrambe causa ed effetto di un collasso che è culturale prim’ancora che organizzativo e che per questo non può trovare soluzione soltanto attraverso azioni di riorganizzazione degli uffici o di implementazione degli organici e ancor meno nell’ennesima riforma processuale. Per ogni esperienza organizzativa sociale e non solo aziendale vi è un break even point che la giustizia civile ha superato da tempo; aumentare le risorse sposterebbe soltanto un po’ in avanti il BEP. Occorre rafforzare e promuovere sistemi di autocomposizione dei conflitti in una prospettiva di sostenibilità utile ad un riequilibrio fisiologico del circuito conflitto/rimedio. È in gioco la sostenibilità del sistema della giustizia civile e, quindi, l’effettività della tutela dei diritti, ma anche l’efficienza del sistema economico e la coesione sociale. Ci sono tutti i presupposti perché la riforma possa muoversi fino in fondo nella direzione indicata. Ma è necessario ora, e più di prima, «il coraggio delle visioni» (secondo quando indicato dal presidente Draghi al Senato riunito per votare la fiducia al nuovo Governo che si accingeva a lavorare per la «nuova ricostruzione»). N. 2 | 2022

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PNRR E NUOVO CODICE APPALTI, IN QUALE DIREZIONE SI STA ANDANDO Luigi Maria D’Angiolella avvocato | studio D'Angiolella dangiolella@studiolegaledangiolella.it

Alcune anticipazioni di un disegno di legge volto a semplificare e restituire agli operatori del settore una riforma chiara ed efficiente

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arlamento e Governo, per quanto di competenza, stanno perseguendo con grande impegno l’obiettivo di riordinare e semplificare le previsioni del D.Lgs. 50/2016 (Codice Contratti pubblici) per evitare l’avvio di procedure di infrazione da parte della Commissione europea e rispettare gli impegni presi con il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) dopo l’emergenza Covid. Da più parti vi sono anticipazioni di un disegno di legge delega di iniziativa governativa, non ancora completamente definito, con una disciplina riformata in tema di appalti pubblici, orientata all’adeguamento e ai principi espressi dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale e delle Giurisdizioni superiori, interne e sovranazionali, e all’armonizzazione delle varie fonti normative nazionali intervenute negli ultimi anni.

Il testo di disegno di legge delega, conosciuto dagli operatori ad aprile 2022, sembra apporti elementi di novità rispetto alla precedente versione di gennaio 2022, tra i quali possono principalmente menzionarsi i seguenti: a) introduzione della necessità della “definizione di modalità di monitoraggio dell’accorpamento e della riorganizzazione delle stazioni appaltanti”. Si tenterà di ridurre il numero degli Enti che possono svolgere gare attraverso una migliore organizzazione di risorse umane e/o economiche; b) nei contratti sotto soglia, la prospettiva è rifarsi a criteri di selezione oggettivi basati ad esempio su soglie specifiche di fatturato o referenze pregresse; c) revisione dei criteri ambientali minimi, con maggiore attenzione a questo aspetto così rilevante anche per il PNRR; d) obbligo di inserire nei bandi di gara modalità per arrivare alla revisione prezzi, solo in

presenza di condizioni di natura oggettiva e non prevedibili, in coerenza con le recenti disposizioni già adottata al fine di fronteggiare l’incremento del costo delle materie prime; e) semplificazione della causa di esclusione, per rendere le regole di partecipazione chiare e certe, tramite l’individuazione e tipizzazione di fattispecie che hanno creato non pochi problemi interpretativi, come quelli che rigardano, ad esempio, le norme per definire l’illecito professionale; f) ridefinizione della disciplina delle varianti in corso d’opera in relazione alla possibilità di modifica dei contratti durante la fase dell’esecuzione; g) revisione del sistema delle garanzie fideiussiorie per la partecipazione e l’esecuzione dei contratti pubblici, attraverso la previsione di una disciplina uniforme sia per i settori ordinari, sia per quelli speciali. Si tratta di indicazioni che seguono le ultime linee evoluti-


ve anche della giurisprudenza, che opera, come spesso accade in materie così specifiche, da battistrada per il Legislatore. Va anche detto che, scopo precipuo della riforma, è la coerenza con le Direttive Comunitarie, come espressamente imposto dal Sistema europeo, che vede la disciplina degli Appalti Pubblici come materia fissata dal Legislatore Europeo cui conformarsi. Ecco perché si sta operando per evitare il c.d. gold plating (espressione certo efficace che significa placcatura in oro, per dire di come viene trasformata ed estesa la direttiva una volta recepita dagli Stati Nazionali) con disposizioni aggiuntive più estese, a volte meno gravose, a volte di più, ma sempre contrastanti con le diretti-

ve europee in tema di appalti pubblici. Per ora, in linea di principio, il divieto di gold plating è previsto in premessa nel disegno di legge di delega per la riscrittura del codice dei contratti pubblici per imporre la stretta aderenza alle direttive europee. L’esperienza, purtroppo, insegna che nelle ultime tre riforme del Codice degli Appalti il testo finale licenziato dalle Camere non sempre è stato così rispettoso delle norme europee. La Corte di Giustizia, per questo, non ha mancato di ammonire lo Stato Italiano, come ad esempio con l’ultima pronuncia della Corte di Giustizia Europea n. 642 del 28.4.2022. E si badi che non si tratta solo di questioni formali, ma di

confusione tra norme nazionali ed europee (che prevalgono nella applicazione pratica) e che finiscono per rendere più complessa e difficile la vita giornaliera degli operatori. Non è il caso di seguire gli interpreti più estremi, che vorrebbero un semplice rinvio alle norme europee in tema di appalto, perché le peculiarità nazionali hanno il loro peso, ma per far ciò si richiede una attenta e accurata comparazione di principi applicati e anche una precisa tecnica legislativa. Ad esempio il testo provvisorio di DDL, di cui qui si tratta, prevede strumenti premiali per pari opportunità generazionali e di genere negli appalti pubblici, iniziativa, se si vuole anche lodevole, ma non prevista a livello europeo. 41

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IL CONTRATTO DI ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE Maurizio Galardo Avvocato Cassazionista e Dottore di ricerca in diritto commerciale Studio Legale Galardo & Venturiello mgalardo@galardoventuriello.it

Pur senza costituire una società, con il contratto di associazione in partecipazione, un imprenditore (associante) può attribuire ad un altro soggetto (associato) una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari, verso il corrispettivo di un determinato apporto

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on il contratto di associazione in partecipazione, l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto. Nel caso in cui l’associato sia una persona fisica, l’apporto non può consistere, neppure in parte, in una prestazione di lavoro (art. 2549 cod. civ.). La natura dell’apporto può essere, invece, patrimoniale o personale, purché strumentale all’impresa o all’affare. Si tratta di un contratto consensuale con causa di scambio (partecipazione agli utili per l’associato e ricevimento di un apporto per l’associante ex art. 2549 cod. civ.), a forma libera. La validità del contratto è subordinata all’esistenza di elementi concreti dai quali desumere l’incidenza dell’apporto

dell’associato nel conseguimento degli utili. La gestione dell’attività d’impresa spetta esclusivamente all’associante (art. 2552 cod. civ.) che dovrà farlo con diligenza in quanto unico responsabile nei confronti dei terzi, mentre l’associato ha diritto al rendiconto della gestione (art. 2552 co. 3) all’esito dell’affare oppure annualmente se l’affare si protrae per oltre un anno, indipendente dal contratto che non può derogare a questo aspetto. Se la partecipazione agli utili è un elemento essenziale del contratto, caratterizzandolo come contratto di scambio, il criterio di ripartizione delle perdite è, invece, derogabile fino a poterle escludere completamente (c.d. cointeressenza impropria). È nullo il patto che prevede la responsabilità illimitata dell’associato per le perdite dell’associante. La partecipazione agli utili può

essere varia, potendo consistere anche in una percentuale del prezzo di vendita del prodotto formante oggetto dell’affare cui partecipa l’associante. L’associante non può attribuire altre partecipazioni per la stessa impresa o lo stesso affare senza il consenso dei precedenti associati (art. 2550 cod. civ.); la norma non si applica se due o più partecipazioni siano contestuali. Con la nuova disciplina contenuta nel D.lgs. 81/2015 nel caso in cui l’associato sia una persona fisica l’apporto di cui all’art. 2549 co. 1 cod. civ. non può consistere, nemmeno in parte in una prestazione lavorativa; sono fatti salvi fino alla loro cessazione i contratti di associazione in partecipazione in essere alla data di entrata in vigore di tale normativa. Il contratto di cointeressenza si differenza dall’associazione in partecipazione pur essendo


considerato nell’ultima delle norme codicistiche sull’associazione in partecipazione (art. 2554 cod. civ.) per l’assenza dalla partecipazione alle perdite o per la mancanza dell’apporto dell’associato. Il contratto di cointeressenza agli utili rappresenta una figura affine e, in qualche misura, derivata dall’associazione in partecipazione, tanto che l’art. 2554 c.c. estende ad esso l’applicabilità degli artt. 2551 (in tema di diritti ed obbligazioni dei terzi) e 2552 c.c. (in tema di diritti dell’associante e dell’associato). Si possono individuare due tipologie di cointeressenza che la dottrina ha classificato come “impropria” (art. 2554, co. 1, prima parte, c.c.) e “propria” (art. 2554, co. 1, seconda parte, c.c.). La cointeressenza impropria è quel contratto che attribuisce al cointeressato, a fronte di un apporto, la partecipazione agli utili di un’impresa (ma anche, secondo una lettura sistematica, di uno più affari, come specificato nell’art. 2549 c.c.) ma non la partecipazione alle perdite. La cointeressenza propria è invece quel contratto che attribuisce al cointeressato la partecipazione sia agli utili, sia alle perdite dell’impresa dell’associante ma senza il corrispettivo di un determinato apporto. Per ciò che attiene la natura, la forma, l’oggetto della prestazione dei contratti di cointeressenza, vale quanto previsto in tema di associazione in partecipazione, con la precisazione che, nella cointeressenza impropria, manca l’alea che invece caratteriz-

za la prestazione che spetta all’associato. L’aleatorietà è invece presente nella cointeressenza propria, laddove sarà richiesto al cointeressato un esborso in caso di perdite. Dal contratto di associazione in partecipazione si differenza anche il contratto di lavoro subordinato, anche nell’ipotesi in cui il conferimento dell’associato consista nella prestazione di lavoro, deve trattarsi necessariamente di lavoro autonomo in quanto se vi è subordinazione non vi può essere un contratto di associazione in partecipazione. Elemento essenziale del rapporto di associazione in partecipazione è la condivisione del rischio d’impresa da parte dell’associato. L’associazione in partecipazione si differenzia nettamente dal contratto di società poiché la gestione dell’impresa è di pertinenza esclusiva dell’associante (art. 2552 cod. civ.) in quanto il contratto è un contratto di scambio, sinallagmatico e non associativo. L’apporto dell’associato può essere di più varia natura: patrimoniale o personale purché sia strumentale all’esercizio dell’impresa o alla gestione dell’affare. In assenza della previsione di un termine di durata del contratto, ciascuna delle parti può recedere unilateralmente ai sensi e con le modalità dell’art. 1373 cod. civ.. Un orientamento recente ritiene che il contratto di associazione in partecipazione stipulato per un tempo determinato non può essere sciolto anticipatamente a iniziativa unilaterale di una parte, ma

solo risolto per inadempimento dell’una o dell’altra parte. Sul punto la giurisprudenza ha riscontrato alcune ipotesi di risoluzione per inadempimento del contratto in esame: i) mancata tenuta della contabilità che non consente all’associato un controllo sulla gestione; ii) inerzia dell’associante rispetto all’attività da svolgere; iii) mancata presentazione del rendiconto. Il contratto si scioglie altresì per il fallimento dell’associante (art. 76 l. fall.). In tal caso l’associato (art. 77 l.fall.) «ha diritto di far valere nel passivo del fallimento il credito per quella parte del conferimento la quale non è assorbita dalle perdite a suo carico», mentre è tenuto al versamento della parte ancora dovuta nei limiti delle perdite a suo carico. A seguito dell’eventuale risoluzione del contratto l’associato ha diritto ad ottenere la restituzione dell’apporto, diminuito delle eventuali perdite e aumentato degli utili maturati fino alla risoluzione. L’aumento di valore dell’impresa spetta invece al solo associante. Sotto il profilo fiscale, laddove il contratto in esame preveda l’apporto di capitale oppure l’apporto misto di capitale e lavoro, la remunerazione all’associato non è deducibile dall’associante e le quote di utili percepiti dall’associato sono tassate come fossero dividendi. Se l’apporto è costituito da solo lavoro, l’associante potrà dedurre la remunerazione erogata in base al criterio di competenza e l’associato matura un reddito di lavoro autonomo.

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IL REPORT SULLA SOSTENIBILITÀ ENTRA NELLA RELAZIONE SULLA GESTIONE Marco Fiorentino dottore commercialista / revisore legale dei Conti marcofiorentino@fiorentinoassociati.it

Al momento il documento - da redigere in base a specifici EU sustainability reporting standards (ESRS) - è obbligatorio solo per le società quotate. Restano naturalmente escluse le microimprese

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a tematica delle informazioni sulla sostenibilità economica, ambientale e sociale delle attività sta assumendo sempre più rilevanza, nell’ambito dei processi di analisi e valutazione delle imprese. È divenuto ormai principio infatti che un’azienda non sia valutata soltanto in base alla sua redditività o ai suoi flussi di cassa, ma anche in relazione alle politiche che adotta su questioni non finanziarie ritenute giustamente rilevanti, quali l’ambiente, il sociale e l’adeguatezza della governance (in acronimo i temi ESG). Le ricadute di questo nuovo approccio sono molto significative per le aziende, in virtù della circostanza che nei fatti, a parità di condizioni, l’azienda “sostenibile” oggi (e ancor più nel futuro) vale di più di un’azienda old style. Non solo e non tanto in termini di valore mone-

tario, ma soprattutto di affidabilità gestionale, organizzativa e finanziaria, di correttezza nei comportamenti e di attenzione alla qualità e alla sicurezza (intese in senso lato), divenuti elementi attrattivi nelle relazioni con qualunque stakeholder. Queste dichiarazioni di natura non finanziaria (DNF) sullo stato delle imprese sono già state oggetto di specifica normativa europea, entrata in vigore in Italia con il DLGS 254/2016, ma nel 2021 la Commissione Europea ha pubblicato la proposta di modifica, denominata Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD). L’obiettivo di questa proposta è la predisposizione di un aggiornato set sistematico di informazioni sulla sostenibilità, che le imprese devono fornire rispettando standard europei ben precisi e che saranno a disposizione di tutti gli stakeholder (analisti - SGR - compa-

gnie di assicurazione - banche - agenzie di rating - investitori) intenzionati a conoscere più approfonditamente le imprese e a valutarne il tasso di responsabilizzazione (accountability). In sintesi, la proposta prevede che il Report debba essere redatto in base a specifici EU sustainability reporting standards (ESRS) e sotto il profilo soggettivo questi principi dovranno applicarsi obbligatoriamente alle società quotate. Tuttavia, per le PMI quotate viene prevista la possibilità di applicare standard semplificati, mentre per le PMI non quotate il report è su base volontaria. Restano naturalmente escluse le microimprese. La limitata adozione obbligatoria del report alle sole imprese quotate non deve fuorviante, in quanto, anche per le ragioni sopra accennate, ben presto questi presidi informativi di natura non finanziaria verranno richie-


sti a prescindere, innanzitutto dai vari stakeholder (primi fra tutti le banche o i cc.dd. “Big Suppliers” - “Big Clients” di tante PMI non quotate) e poi dalle stesse imprese non quotate. In questo senso, infatti, i rispettivi interessi sembrano del tutto coincidenti e si sostanziano nel tenere sempre alto il livello di qualità delle loro relazioni e duraturo il rapporto. Ma medesimo interesse sussiste anche - o forse a maggior ragione - per il Pubblico, nella sua frequente posizione di contraente in tanti rapporti con il Privato. Insomma, può concludersi che la crescita di consapevolezza, da un lato, dell’importanza di tematiche come ambiente, sociale, governo delle decisioni e dall’altro, della necessaria responsabilizzazione degli attori del mondo dell’impresa, ha determinato che: (i) l’informazione non finanziaria assuma la stessa rilevanza dell’informativa di bilancio in senso proprio; (ii) la platea dei soggetti potenzialmente interessati a ricevere queste informazioni, ai fini delle loro scelte, sia praticamente illimitata. L’obbligo di rendicontazione entrerà in vigore con riferimento ai bilanci dell’esercizio 2023 e dell’esercizio 2026 per le PMI, anche se - ricollegandosi alle considerazioni precedenti - è molto probabile che tali imprese anticipino di molto l’adozione su base volontaria. Venendo al processo di adozione dei nuovi parametri, la proposta della Commissione è stata soggetta ai commenti dell’EFRAG, che ad aprile 2022 ha mandato in consulta-

zione le bozze degli standard europei per il reporting di sostenibilità (ESRS). Le bozze (Exposure draft) in estrema sintesi prevedono: a) 2 Principi standard generali - “cross-cutting standards”: il primo riguarda i principi generali e le aree di rendicontazione (ESRS 1 General principles); il secondo riguarda la rendicontazione sulle caratteristiche generali dell’azienda, il contesto di riferimento, strategia, business model e governance (ESRS 2 General, strategy, governance and materiality assessment disclosure requirements); b) 11 Principi standard specifici - “standard sector-agnostic”, raggruppati in 3 gruppi che possono così riassumersi: • Standard ambientali (environment): E.1: clima; E.2: inquinamento; E.3: acqua e risorse marine; E.4: biodiversità ed ecosistema; E.5: economia circolare; • Standard sociali: S.1: lavoro dipendente; S.2: fornitori e forza lavoro nella catena del valore; S.3: territorio e comunità interessate; S.4: utilizzatori e consumatori finali; • Standard di governance: G.1: governance, controllo dei rischi e controllo interno; G.2: gestione degli affari. I principi sono numerosi e coprono praticamente ogni ambito o settore dell’impresa, ma ciò non appaia eccessivo, in quanto l’obiettivo che essi intendono raggiungere è proprio quello di fornire un quadro dell’impresa complementare e - per certi versi - alternativo, ai dati classici riportati nel package di bilancio, che consenta appunto agli stakeholder di cogliere

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«Ben presto questi presidi informativi di natura non finanziaria verranno richiesti a prescindere, innanzitutto dai vari stakeholder e poi dalle stesse imprese non quotate» _________________________

elementi di analisi che il dato numerico da solo non riesce a dare. Con il risultato, auspicabile almeno nelle intenzioni del legislatore, di arrivare ad avere una visione completa sull’impresa, le sue attività, le sue prospettive, sia in termini numerici, sia di sostenibilità. La rappresentazione di queste informazioni non finanziarie dovrà avvenire nella Relazione sulla Gestione, che quindi si arricchirà di nuovi paragrafi, prospetti e dettagli, ulteriori a quelli, già significativi previsti nella sua attuale configurazione. L’importanza che questi temi andranno ad assumere nel futuro per i vantaggi (o svantaggi) competitivi che potranno determinare, unita alla oggettiva complessità delle informazioni da raccogliere e dei presidi da predisporre, non può che portare le imprese a muoversi per tempo per le necessarie implementazioni organizzative. Ma si sa, per le imprese la tempestività è sempre un presupposto indispensabile.

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SUPER ACE, CHIARIMENTI Alessandro Sacrestano management consultant Sagit&Associati srl amministratore unico Assindustria Salerno Service srl asacrestano@studiosagit.it

Entro il limite dei 5 milioni di euro sarà possibile computarla al rendimento nozionale del 15%, applicandosi all’eccedenza, invece, la percentuale ordinaria dell’1,3%

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n recente chiarimento fornito dall’Amministrazione Finanziaria nel contesto di Telefisco 2022 ha consentito di ribadire un interessante assunto a proposito dei limiti di ammissibilità della Riserva di Rivalutazione di beni strumentali ai fini della c.d. Super ACE, reintrodotta nel nostro ordinamento dall’articolo 1, comma 287, della legge 27 dicembre 2019, n. 160. Nonostante il chiarimento, restano ancora dubbie alcune posizioni limite, come ad esempio il momento di rilevanza delle poste iscritte nella voce “Utili a nuovo” del Patrimonio Netto. Abbandonata per un breve periodo, la norma che consente di detassare il rendimento nozionale del capitale proprio è stata reintrodotta nel nostro ordinamento fiscale dall’articolo 1, comma 287, della legge 27 dicembre 2019, n. 160.

L’agevolazione è fruibile sia dai soggetti IRPEF titolari di reddito d’impresa, sia dai soggetti IRES. Essa opera, come detto, sotto forma di detassazione (della Super ACE si dirà in seguito) della quota di reddito calcolata applicando un coefficiente di remunerazione alla base ACE che registra gli incrementi netti del capitale proprio dell’impresa. Quest’ultima, in buona sostanza, è data dalla sommatoria degli incrementi rilevanti del Patrimonio Netto registrati rispetto alle consistenze del medesimo al 31 dicembre 2010. Gli incrementi rilevanti sono così riassumibili: a) conferimenti in denaro; b) utili destinati a riserva non indisponibile. I predetti valori vanno nettizzati rispetto alle riduzioni del patrimonio netto intervenute per attribuzione, a qualsiasi titolo, ai soci o partecipanti. La detassazione opera nei limiti

del reddito imponibile dell’esercizio, con possibilità di riportare in avanti l’eccedenza. In alternativa, l’eccedenza può essere altresì convertita in credito d’imposta spendibile solo ai fini IRAP in quote costanti nei cinque periodi d’imposta successivi. Limitatamente agli esercizi 2020 e 2021, nel caso in cui una società ceda a titolo oneroso, entro il 31 dicembre 2021, crediti deteriorati è possibile trasformare in credito d’imposta le imposte anticipate riferite all’importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto non ancora dedotto né fruito tramite credito d’imposta alla data della cessione. La deduzione è calcolata applicando alla base ACE il “coefficiente di remunerazione”, attualmente fissato all’1,3 per cento. Tuttavia, allo scopo di favorire la patrimonializzazione


delle imprese nel periodo COVID, il Decreto Sostegni bis ha aumentato, per i soli incrementi operati nel 2021, il rendimento nozionale dell’ACE dal 1,3% al 15% con possibilità di convertire in credito d’imposta la detassazione spettante. Passando al novero del calcolo della base ACE, restringendo per semplicità il campo di analisi alle società di capitali, queste dovranno sommare, a decorrere dal 2011 o, se successiva, dalla data di costituzione: • i conferimenti in denaro da parte dei soci; • gli utili netti di bilancio accantonati a riserve non indisponibili; • la rinuncia da parte dei soci ai crediti di origine finanziaria vantati verso la società. A proposito di Riserve disponibili, esse sono quelle liberamente utilizzabili per la distribuzione ai soci, per la copertura di perdite e per l’aumento del capitale sociale. Si tratta, quindi: • della riserva legale; • della riserva statutaria; • della riserva straordinaria; • della riserva indivisibile; • della riserva in sospensione d’imposta delle Reti d’impresa; • delle riserve disponibili così valutate dopo la “riclassificazione” da riserve indisponibili a seguito del venire meno della condizione di indisponibilità. A ben vedere, restano del tutto escluse dal computo: • le riserve formate con utili diversi da quelli realmente conseguiti ai sensi dell’art. 2433 c.c., in quanto derivanti da processi di valutazione (come recentemente ribadito dall’Agenzia delle Entrate nel corso di Telefisco);

• le riserve formate con utili realmente conseguiti che, per obbligo di legge, non sono distribuibili né utilizzabili a copertura di perdite e aumenti gratuiti di capitale. Contestualmente, si dovrà invece detrarre dagli incrementi: • la distribuzione di qualsivoglia riserva di utili o di capitale; • la riduzione del capitale sociale con attribuzione ai soci; • dal 2016, l’incremento del valore dei titoli e valori mobiliari rispetto alla consistenza presente nel bilancio 2010; • il conferimento in denaro a società del gruppo; • l’incremento dei finanziamenti a società del gruppo; • il conferimento proveniente da soci ubicati in Paesi black list; • l’acquisto di aziende da società del gruppo; • l’acquisto di partecipazioni di controllo da società del gruppo. La base ACE non potrà in nessun caso essere superiore al valore del patrimonio netto contabile alla fine dell’esercizio, aumentato del risultato dell’esercizio medesimo. Costituita la base ACE, questa dovrà essere moltiplicata per il rendimento nozionale, così individuandosi la quota di reddito detassabile. A proposito di Riserve indisponibili, nel recente incontro di Telefisco l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che fra queste debbono includersi (nonostante uno storico parere contrario di Assonime) anche le Riserve di Rivalutazione in quanto, come tali, formate con utili diversi da quelli realmente conseguiti ai sensi dell’art. 2433 c.c.. Ovviamente, tale limitazione

resiste fino all’esercizio in cui viene meno il vincolo di indisponibilità. Ciò nonostante, come già ampiamente ribadito nel contesto della Risposta ad Interpello n. 889/2021, le stesse Riserve concorrono comunque a formare la base Ace in ragione dei maggiori ammortamenti (contabili e non fiscali) stanziati sui valori rivalutati. In pratica, così come illustrato dall’OIC n. 4, l’ammortamento eseguito sul valore rivalutato, che di fatto determina minori utili, ha l’effetto di “concretizzare” la corrispondente quota di plusvalore. Le precisazioni del Fisco nell’incontro organizzato da Il Sole 24 Ore sono servite soprattutto a chiarire che la quota “realizzata” è determinata sul 97% del maggior valore delle immobilizzazioni iscritte, dovendosi tenere conto dell’imposta sostitutiva versata del 3%. Con riferimento, quindi, alla Super ACE, entro il limite dei 5 milioni di euro sarà possibile computarla al rendimento nozionale del 15%, applicandosi all’eccedenza, invece, la percentuale ordinaria dell’1,3%. A mero scopo esemplificativo, quindi, dato per 1.000 l’ammortamento imputato a conto economico in assenza di rivalutazione e 2.000 quello che invece tiene conto del valore dei cespiti rivalutati, la base ACE sarà costituita dalla differenza tra i predetti valori e, quindi, pari a 1.000. Tuttavia, detta base sarà assunta al 97%, nettizzandola dell’imposta sostitutiva. Applicando il rendimento nozionale del 15% si avrà quindi un credito d’imposta (o una detassazione) di 145,50.

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formazione

ASSIDAI, LA SALUTE PRIMA DI TUTTO Mutualità e solidarietà sono i cardini del Fondo presieduto da Armando Indennimeo che assicura l’impegno a migliorare sempre di più il range delle coperture e dei servizi a disposizione dei manager e delle loro famiglie a cura della redazione

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ottor Indennimeo, per lei un altro riconoscimento e impegno: la presidenza di Assidai. Quali saranno le prime azioni da mettere in campo e i principi che le ispireranno? È un onore essere stato eletto presidente di un Fondo sanitario come Assidai che si prende cura della salute dei manager e delle loro famiglie da più di 30 anni. Il mio compito sarà quello di guidare il Fondo in un’ottica di continuità con tutto quanto è stato fatto in passato, con un’attenzione molto forte verso l’innovazione e la sostenibilità con l’obiettivo di allargare la platea delle aziende industriali che scelgono Assidai. I nostri colleghi iscritti al Fondo e i potenziali nuovi aderenti sono al centro del nostro progetto. Faremo di tutto per cercare di migliorare sempre di più il range delle coperture e dei servizi a loro disposizione, tutto questo nel rispetto dei valori che caratterizzano il Fondo, primi fra tutti la mutualità e la solidarietà. Quanto e come sono cambiati i bisogni delle imprese e dei lavoratori negli ultimi

Armando Indennimeo Presidente Assidai e Federmanager Salerno

anni segnatamente all’assistenza sanitaria integrativa? Negli ultimi anni, soprattutto a seguito della pandemia, l’attenzione verso la salute è divenuta un aspetto prioritario per tutti noi. Le aziende valutano il tema dell’assistenza sanitaria il benefit più importante per attirare e trattenere talenti, come d’altra parte i manager desiderano avere per sé stessi e la propria famiglia una tutela sanitaria completa e semplice da utilizzare. Proprio per andare incontro alle esigenze reciproche di aziende e lavoratori, l’ultimo rinnovo del contratto CCNL Dirigenti Industria siglato nel luglio 2019 da Federmanager

e Confindustria, ha previsto, in ambito di assistenza sanitaria, una forte collaborazione tra Fasi e Assidai realizzata attraverso la neonata società di servizi IWS – Industria Welfare Salute, partecipata da Confindustria, Federmanager e Fasi. Tale partnership ha dato luogo alla possibilità attraverso Assidai di integrare le prestazioni previste da nomenclatore tariffario Fasi, fino al 100% della spesa sostenuta. Il “Prodotto Unico Fasi/Assidai” garantisce al mondo delle aziende industriali per i propri dirigenti in servizio, un’assistenza sanitaria completa con la possibilità di gestire un’unica


richiesta di rimborso Fasi/ Assidai e un unico accesso facilitato al network di strutture sanitarie convenzionate, il tutto gestito ad opera di IWS. Da non sottovalutare le importanti coperture in caso di non autosufficienza (LTC Long Term Care) incluse nel Prodotto Unico che possono aiutare, con l’erogazione di un’importante rendita vitalizia mensile, le famiglie che dovessero affrontare drammatici casi di disabilità permanenti. Sostenibilità, transizione ecologica e digitale sono direttrici da cui dipenderà lo sviluppo delle imprese nell’immediato futuro. Quali saranno allora le competenze necessarie per i nuovi (e non solo) manager? Le imprese dovranno as-

sicurare competenze sempre più dinamiche per poter contribuire al processo di innovazione. È urgente una convergenza sulla necessità di perseguire una transizione ecologica e digitale e aggiungo energetica, che valorizzi gli “asset” industriali e sociali del Paese facendo leva su investimenti volti alla crescita delle filiere innovative e alla riconversione. Federmanager e Confindustria convengono che occorre progettare e realizzare percorsi formativi e di certificazione delle competenze coerenti con le mutate esigenze delle imprese, rivolti alle figure professionali dei manager della transizione energetica nel quadro dei cambiamenti climatici e sociali e delle mutate esigenze

di mercato. Occorre che le attività siano rivolte a esperti e a giovani manager al fine di contribuire a realizzare un sistema sociale più inclusivo che valorizzi le competenze. Innovazione e digitalizzazione sono parole chiave ma è necessario assicurare competenze (hard e soft skill) e modelli organizzativi smart e orizzontali. Inserire figure professionali e manageriali nelle PMI con lo scopo di ottenere obiettivi di efficientamento dei modelli di produzione avendo come priorità i tempi di trasformazione e di cambiamento per una transizione ecologica, digitale ed energetica inclusiva che non lasci indietro nessuno. L’Italia potrà giocare un ruolo di leader per competenze tecniche e know how. 49

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societing 4.0

L’INNOVAZIONE TECNOLOGICA CHE PARLA AI TERRITORI Alex Giordano docente di Marketing e Trasformazione Digitale - Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università Federico II di Napoli direttore scientifico del programma di ricerca/azione Societing 4.0

Questo oggi può essere il senso dei processi di innovazione: riconnettere gli attori di un territorio per riguardare i luoghi favorendone lo sviluppo

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roponiamo di seguito una riflessione sul perché le MPMI non hanno risposto agli incentivi e alle proposte di introduzione di tecnologie 4.0 in modo consistente e proviamo a proporre una modalità altra di innovazione che affronta insieme l’innovazione tecnologica e quella sociale. Quelle che seguono sono riflessioni che nascono dall’esperienza diretta e dall’incontro con centinaia di piccoli e piccolissimi imprenditori soprattutto campani, nel corso di questi tre anni di attività all’interno del PIDMed di Salerno. Le ragioni per le quali le MPMI tendono a stare distanti dal 4.0 sono diverse e si combinano tra loro, rafforzando la resistenza e il disinteresse: • molti imprenditori, specie quelli che fondano la loro attività sul lavoro artigianale, non comprendono l’utilità di introdurre tecnologie 4.0 nei loro processi produttivi. Alcuni anzi temono di poter ridurre il potere competitivo se la loro attività viene automatizzata; • i piccoli e piccolissimi imprenditori -che lavorano soli o con pochi collaboratori- non hanno processi produttivi codificati e basano il loro lavoro sull’estro e su saperi spesso fondati sulla tradizione e su quanto tramandato (questo accade spesso per esempio nel lavoro agricolo). Il valore aggiunto di macchine e strumenti che raccolgono informazioni che loro già conoscono e che elaborano soluzioni al posto loro non è considerato né utile, né desiderabile;

la conoscenza degli strumenti 4.0 e il loro potenziale di applicazione non è così diffuso; • molte delle soluzioni proposte sono pensate per contesti diversi da quelli specifici della singola impresa mentre il livello di customizzazione delle soluzioni per le MPMI deve essere molto più alto; • le istituzioni che hanno il compito di informare, alfabetizzare ed erogare incentivi spesso non elaborano strategie informative efficaci; • spesso queste imprese non appartengono a tessuti imprenditoriali fatti di grandi imprese che trainano i processi di innovazione e, anzi, si trovano in zone distanti dai centri urbani e dai sistemi produttivi che potrebbero favorire la diffusione di queste tecnologie (per esempio condizionando la catena dei fornitori nell’uso di determinati strumenti). C’è una dimensione che gli economisti forse non prendono sufficientemente in considerazione: un’innovazione tecnologica come quella immaginata dalla rivoluzione 4.0 ha bisogno di cambiamenti sociali che siano altrettanto rivoluzionari. Industry 5.0: a Trasformative Vision for Europe, un interessante Policy brief realizzato da un gruppo di esperti chiamati dall’Europa a riempire di senso questa rivoluzione annunciata che ancora non si è palesata in tutto il suo potenziale. Si dice chiaramente che un nuovo paradigma della produzione industriale deve uscire dal modello attuale creando un approccio persona-pianeta-prosperità in tutta la catena del valore. E a queste ri-


flessioni serva aggiungere un elemento-chiave: le nostre MPMI appartengono a contesti territoriali che possono diventare laboratori preziosi per favorire incontri, confronti e scambi dai quali far emergere punti di vista nuovi, creando connessioni e ponti tra discipline e posizioni differenti e distanti. I processi di capacitazione, che presuppongono la trasmissione, la condivisione e la trasformazione dei saperi, si producono sempre a partire da condizioni locali. Anche se hanno vocazione a delocalizzarsi su un mercato, nelle biblioteche, nei network scientifici, nelle scuole e nelle università o attraverso tipi di scambio, i saperi pratici e teorici variano in funzione delle epoche e dei milieux tecno-geografici. Ci sono diverse teorie e vari studi che osservano come l’organizzazione territoriale delle attività economiche genera esternalità positive di conoscenza e condivisione (il cosiddetto spillover) con effetti evidenti dal punto di vista del benessere dei territori e delle persone. E sono fenomeni, questi, fortemente condizionati dalla concentrazione geografica, soprattutto quando si tratta di diffusione di conoscenza tacita, in quanto legati ai comportamenti sociali dei gruppi umani, in cui la prossimità e l’incontro diretto aumentano la probabilità di comunicazione cioè di scambio di informazioni, idee e conoscenza. La concentrazione geografica gioca un ruolo fondamentale per l’innovazione e le stesse imprese,

quando sono radicate, creano un ciclo di feedback che le rende attori del cambiamento. Gli attori di un territorio compartecipano alla definizione della capacità innovativa del luogo oltre che alla sua specializzazione. In questo senso il territorio diventa una parte attiva nella nascita di pratiche, processi, idee, soluzioni e sono molte le esperienze che evidenziano questa funzione che meglio si esprime quando attori chiave (magari istituzionali) giocano un ruolo di regia. In questo modo a livello territoriale si possono creare nuove occasioni, nuove risposte ai bisogni, nuove ricombinazioni degli interessi, con un orientamento generativo e sostenibile per tutto il sistema territoriale. Questo oggi può essere il senso dei processi di innovazione: riconnettere gli attori di un territorio per riguardare i luoghi favorendone il loro sviluppo. Riguardare nel duplice senso di aver riguardo per loro e di tornare a guardarli perché nessuno sviluppo può avvenire sulla base del disprezzo dei luoghi, della loro vendita all’incanto, dagli stupri industriali della modernità a quelli turistici della postmodernità (Cassano F. Il pensiero meridiano, Editori Laterza, 1996). E riguardare con sguardo rinnovato, un riguardare aumentato grazie alle possibilità offerte da una nuova alleanza tra intelligenze collettive e tecnologie digitali, finalizzata a creare ponti tra la comunità locali e le comunità di intenzione, di tutti gli impatti positivi generati sul Pianeta da una certa visione del Mondo.

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mercati

DIGITALIZZAZIONE, GLI EFFETTI SULL’EXPORT DELLE AZIENDE Daniele Trimarchi Studio Trimarchi daniele@studiotrimarchi.com

Il settore è alle prese con una necessaria interconnessione di tutti i sistemi lungo l’intero processo per eliminare operazioni ripetitive, inefficienze e carenze strutturali.Vedremo quanti per non soccombere si adegueranno

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l processo di digitalizzazione annunciato alcuni anni fa con la quarta rivoluzione industriale è stato un campanello d’allarme in parte inascoltato da alcune aziende. Quello che è successo negli anni successivi è paragonabile agli esami di riparazione in materia di trasformazione digitale: obbligatori per essere ammessi al futuro. Ci sono settori che, per loro natura, si sono evoluti molto più lentamente di altri, ma gli effetti di questi ultimi avranno ripercussioni nelle attività export. Uno degli esempi più eclatanti è l'impatto della digitalizzazione nella logistica e l'importanza di questa nella catena di approvvigionamento dell’industria. È mia opinione che le premes-

se per un’evoluzione di questo settore siano individuabili nell’applicazione di sistemi di intelligenza artificiale, automazione dei processi e integrazione verticale e orizzontale tra i vari players per tutta la catena di approvvigionamento. Basti pensare che ancora oggi inviare in container da un paese all’altro obbliga tutta una serie di operatori ad inserire nei propri sistemi le medesime informazioni lungo tutto il processo logistico. Appena pochi anni fa, pre-pandemia, si lavorava in un ambiente in cui la carta occupava ancora un ruolo importante durante i processi della logistica, eppure i sistemi in essere oggi sono pressappoco gli stessi di allora, come i sistemi in cloud, interfacce e CRM che tanto ci sa-

rebbero serviti per recuperare informazioni in modo snello. Il concetto sembra banale, ma si sta obbligando il settore a una interconnessione di tutti i sistemi lungo l’intero processo in modo che gli operatori in tempo reale siano allineati, eliminando così operazioni ripetitive, inefficienze e carenze strutturali. C’è da dire però che alcuni player si erano già affacciati a un passaggio alla digitalizzazione, e per questo sono stati notevolmente avvantaggiati quando è scoppiata la pandemia. Tuttavia però le strutture elefantiache, a causa di resistenze interne dovute a personale poco avvezzo ai cambiamenti, e senza parlare della mancanza di accentrare le informazioni in un unico software nella medesima


azienda, hanno reso l’adeguamento lento rischiando di procurare un problema di gestione nel lungo termine. É oramai chiaro che lo scambio di transazioni elettroniche e dei documenti digitali attraverso l'ecosistema logistico può trasformare completamente i processi delle aziende che esportano. Oggi questa evoluzione sembra ancora lontana dal mondo B2C. Le shipping line, per esempio, seguendo un approccio top down, hanno iniziato a imporre proprie piattaforme che stanno testando sugli operatori della logistica (B2B), ma francamente solo in pochi casi c’è una parvenza di integrabilità con altri sistemi (qualcuna consente di scaricare un file da poter utilizzare). Indipendentemente dalla modalità di trasporto, la comple-

ta digitalizzazione e integrazione del settore fornirà un sistema efficiente, economico e sicuro per trasferire non solo le merci in tempi più rapidi e sostenibili, ma le informazioni a vari livelli in tempo reale. Negli ultimi anni si stanno affacciando sul mercato una miriade di aziende innovative che, con un approccio bottom up (provengono dall’esperienza di utilizzatori finali), favoriscono la trasformazione del settore imponendo una visione più ampia a soddisfare i requisiti degli stessi operatori nel modo più sostenibile possibile in termini di utilizzo e con tecnologie appropriate all’integrazione tra players. Con questi presupposti, molti operatori stanno guardando preoccupati al proprio modello di business, e grazie ai numerosi investimenti in

questo periodo disponibili, stanno cercando la strada per evolversi. Ciò che ci porterà il prossimo futuro non è facilmente prevedibile, ma è una rivoluzione copernicana che senza dubbio porterà vantaggi, ma anche fuoriuscite dal mercato di quegli intermediari più restii ai cambiamenti. Insomma, sembra più vicino lo sviluppo di piattaforme che (come INTTRA, la piattaforma elettronica di e-commerce dedicata al settore dei trasporti marittimi containerizzati), mirano a una maggiore connettività, ma che consentono un utilizzo da parte di aziende finali. Si profila, pertanto, una brusca accelerazione tale da modificare in tempi brevi l’intero sistema a vantaggio di una movimentazione più sostenibile delle merci tra vari mercati. Vedremo.

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mercati

AZIENDE, TRA COMPETENZE, TECNOLOGIA E SOSTENIBILITÀ Andrea Boscaro Partner The Vortex

La digitalizzazione di un territorio passa dall’offerta di servizi digital, non solo dalla loro domanda

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mberto Eco sosteneva che vi fossero degli oggetti, come il cucchiaio, il martello, la ruota, le forbici che, una volta inventati, non possono essere fatti meglio. Per la verità, percorrendo la sua meravigliosa casa-biblioteca, lo sosteneva anche dei libri e in effetti, a distanza di tempo, il confronto con tablet ed e-reader è ancora aperto: come dargli torto? Altri oggetti invece, come l'automobile e la bicicletta, sono arrivati a noi dopo un lungo percorso di selezione fra opzioni che, per tecnologia e per design, sono state assai diverse e, anno dopo anno, non smettono mai di cambiare. Persino nel mondo digitale, lo sviluppo del Metaverso pare indicare, almeno in termini di intento, l'approssimarsi di una svolta nella storia che si è concretizzata con il consolidarsi

dell’e-commerce: chi l’avrebbe immaginato che, nel primo trimestre 2022, ben 33 milioni di italiani, a detta del Politecnico di Milano, hanno fatto almeno un acquisto online? Parlare di Internet con un sedicenne è poi istruttivo per comprendere come l'emergere di social media come TikTok non stia rappresentando solo l’ascesa di un nuovo operatore, ma una trasformazione dei social media come li abbiamo finora conosciuti: meno social network, più piattaforme di entertainment. Del resto in piazza non ci si è mai andati per confrontarsi con chiunque, ma accanto a chiunque si è sempre assistito ai concerti. Quanto al Metaverso, come insegna Il Dilemma dell'Innovatore, è (quasi) sempre un attore esterno che si impone nel cavalcare un cambiamento della tecnologia e, sempre chiacchierando con un do-

dicenne, scopriremmo che Roblox e Zepeto già oggi ci sono e costituiscono l’orizzonte verso il quale la Rete si sta muovendo.Se, come imprenditori e non solo come utenti di Internet, vogliamo preparare le nostre aziende al domani, è utile conoscere il cambiamento della tecnologia tanto quanto avere consapevolezza della trasformazione dei cambiamenti. Bisogni, desideri, valori sono elementi psicologici da considerare necessariamente quando si sviluppa un progetto online, tanto di comunicazione quanto di business, ma da questi non può mai essere disgiunta la fiducia come, da anni e in modo preveggente, ricorda sempre il Trust Barometer di Edelman. Pubblicato anche in un anno complicato come questo, sembra ricordare che, nonostante il caldo, l'inverno non è ancora finito: il divario di fiducia nel-


le istituzioni fra Paesi ad alto e Paesi a basso reddito, dopo l'anno delle chiusure, cresce e la fiducia, al contempo causa ed effetto delle difficoltà di questi lunghi mesi, è una promessa il cui rispetto dipenderà dai risvolti economici e sociali della pandemia e della guerra in Ucraina. La domanda che emerge dal Trust Barometer alle imprese è di accrescere il loro ruolo non solo come centri di competenza, ma anche come fattori di stabilità: non solo testimoni di valori, ma loro attori perché responsabili della sostenibilità ambientale e sociale del loro operare in un territorio e su un mercato. A proposito di sostenibilità, uno degli osservatori più acuti della contemporaneità, Yuval Noah Harari, ricorda di considerare sempre la dimensione regionale dell’impatto occupazionale della tecnologia:

quando quest'ultima cambia, le competenze che richiede si sviluppano e si concentrano in aree territoriali specifiche. Prima della pandemia, l’analisi di Ambrosetti - The European House aveva rivelato quanto più del 46% del fatturato del mercato del digital retail fosse concentrato nel Nord-Ovest, con in testa la Lombardia che contribuiva per il 39% al totale. Il tempo è come un fiocco di neve: si scioglie mentre decidi cosa farne e, nei mesi in cui devono essere allocate le risorse dal PNRR destinate alla digitalizzazione, l'attenzione deve essere posta ad accrescere competenze e capacità organizzative sul fronte dell'offerta e non solo della domanda, per permettere alle aziende di avere nella propria regione e al proprio fianco, non solo a portata di Zoom, professionisti in grado di supportarle.

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«Bisogni, desideri, valori sono elementi psicologici da considerare necessariamente quando si sviluppa un progetto online, tanto di comunicazione quanto di business, ma da questi non può mai essere disgiunta la fiducia come, da anni e in modo preveggente, ricorda sempre il Trust Barometer di Edelman» _________________________

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re-values lab

CURIOSITÀ, MOTORE DI VITA Dall’impegno nella centenaria azienda di famiglia alla guida di una fondazione di comunità: Antonia Autuori racconta il suo percorso personale e di lavoro a vele spiegate di Raffaella Venerando

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a sua è una storia di un ritorno: formazione e primo lavoro a Milano per poi rientrare a Salerno e dedicarsi all’azienda centenaria di famiglia. Cosa o chi è stata la sirena che l’ha riattirata al Sud? Se mi guardo indietro, trovo tutto il senso delle scelte compiute. Nell’83 mi sono laureata in informatica a Salerno, facoltà scelta per la mia naturale inclinazione nel risolvere i problemi ma soprattutto per la possibilità di trovare facilmente, e in breve tempo, un impiego. Per lavorare in questo campo, però, allora era necessario spostarsi al Nord. Mi sono trasferita così prima a Milano, in IBM, e poi a Roma. Dopo undici anni, mio fratello Ferdinando mi ha convinta a fare ritorno a casa, per mettere a disposizione dell’azienda di famiglia le mie competenze. Erano gli anni - il 1996 - in cui si stava mettendo mano a una profonda trasformazione della società fondata dal mio bisnonno Michele nel 1871, da società unipersonale a personale e poi a srl. Fino ad allora non avevo mai preso in considerazione l’idea di lavorare nell’azienda di famiglia perché ero cresciuta con la convinzione che la logistica

Antonia Autuori Amministratore Delegato Michele Autuori Srl

in ambito portuale non fosse un mestiere per donne. E invece...tornata a Salerno ci ho messo poco a ritagliarmi il mio spazio, informatizzando tutti i processi aziendali. La famiglia è stata la sirena, certo, ma la curiosità è stata fondamentale per accettare la sfida che mi ha cambiato il destino. Ha cominciato nel mondo dell’IT, ai tempi a trazione prevalentemente maschile. Qual è stata la sua esperienza? Ha dovuto faticare per emergere? Contrariamente a quanto si possa immaginare, già a quei tempi le donne nel mondo informatico erano tante, an-

che se la catena dirigistica era quasi esclusivamente al maschile. C’era differenza, nei fatti, tra uomo e donna e c’è tuttora. In IBM, a Segrate, lavorando allo sviluppo dei sistemi informativi interni ero trattata, non dico con sospetto, ma con una certa distanza di sicurezza perché non solo ero donna: ero una donna che veniva dal Sud. A Roma lavoravo nella filiale che seguiva il credito e a quel tempo le banche erano prettamente ambienti maschili. Il mare è per lei un valore identitario? Profondamente. Il mare è dentro di me, l’ho vissuto fin da piccola grazie a mio padre


che mi parlava del suo lavoro così dinamico e coinvolgente e, prima ancora, ai racconti di mio nonno, ai suoi ritratti di un mondo affollato di gente piegata dalla fatica e dalla vita però mai vinta, che guardava al futuro comunque con speranza. In una famiglia come la mia finisci con il respirarlo il mare. Quando mi sono trasferita a Milano era l’affetto che più mi mancava. Per me l’aria, il vento, sono beni insostituibili. _________________________

«Il mare è dentro di me, l’ho vissuto fin da piccola grazie a mio padre che mi parlava del suo lavoro così dinamico e coinvolgente e, prima ancora, ai racconti di mio nonno» _________________________

Non solo impresa. Da anni è presidente della Fondazione Comunità Salernitana. Quale parte di sé esprime questo impegno? Senz’altro la creatività. In un’azienda tradizionale devi pensare soprattutto all’organizzazione; in una Fondazione di comunità, le cui attività devono servire da stimolo per diffondere e incrementare la cultura del dono, devi invece allenarti a pensare in modo diverso rispetto ai modelli che i processi di modernizzazione hanno creato, cer-

cando di coinvolgere sempre più persone nel fare del bene. Il presupposto è semplice e potente ed è lo stesso che sosteneva Antonio Genovesi, filosofo ed economista italiano cui, nel 1754, fu affidata la prima cattedra di economia per la quale impartirà “Lezioni di economia civile”: «È legge dell’universo che non si può far la nostra felicità senza far quella degli altri». C’è quindi distanza - operativa, manageriale, culturale tra l’industria e una realtà del terzo settore? Sostanzialmente no, anche se nel Terzo Settore italiano la componente femminile ha un peso importante ed è molto più numerosa che in altre realtà socio-produttive. Quasi 2 milioni di volontarie e quasi 700mila lavoratrici su 850mila (dati 2021) anche se resta ancora scarsa la loro presenza ai vertici delle associazioni. La forte presenza delle donne è un valore aggiunto per il nostro mondo che, proprio grazie al primato femminile, è fortemente innovativo. È anche vero però che le retribuzioni sono più basse rispetto al settore profit e forse questa è una delle ragioni per cui sono impiegate più donne che spesso scelgono di lavorare non solo per l’aspetto materiale ma soprattutto per quello generativo. Parte della ricompensa è dare vita a progetti che rimangono e che possono davvero avere un riverbero positivo sulla vita degli altri. La società finalmente sta cambiando approccio ri-

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«È legge dell’universo che non si può far la nostra felicità senza far quella degli altri»

cit. Antonio Genovesi _________________________

spetto alle donne di impresa. Cosa è cambiato, la società o sono cambiate le donne? Sono i tempi a essere cambiati. Il nostro è un mondo che non può permettersi più gli angeli del focolare. Le donne devono lavorare, anche se - come dicevo prima - la differenza la fa lo sguardo sulle cose: ancora c’è chi crede che l’uomo deve lavorare, mentre la donna può. Non è così. Quanto alle donne, piuttosto mi preoccupa questa sorta di involuzione cui, credo, stiamo in parte assistendo a causa di modelli sbagliati che ci vogliono o eccezionali se raggiungiamo una posizione professionale importante, o eterne seconde, come molti stereotipi ancora ci fanno credere. Una bipolarità che non mi trova affatto d’accordo. Possiamo probabilmente avere valori più saldi, ma la tenacia, la determinazione e la bravura appartengono alla persona, non al genere. Alle donne quindi dico: siate consapevoli della vostra forza e delle vostre responsabilità anche nella lotta per la parità di genere, tuttora solo agli inizi.

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bon ton

COME STAI? TROVIAMO UN PIANO B

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Ritorniamo a parlare del più e del meno: c’è più profondità in superficie e c’è del bello nella leggerezza, più di quanto si possa immaginare. E se vogliamo chiedere a qualcuno come sta, assicuriamoci che la cosa ci stia a cuore

ph Guido Stazzoni

Nicola Santini esperto di galateo, costume e società

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bbiamo perso l’abitudine a quello che gli inglesi chiamano small talk, arte del conversare bene e poco senza approfondire quasi niente, tanto per il gusto e l’educazione di non starsene in silenzio quando si incontra qualcuno. Alcuni sentono il bisogno di buttarsi su argomenti in cui prendere posizione è un imperativo, senza curarsi del fatto che spesso mancano il tempo di approfondire, gli strumenti, le competenze. E magari la voglia da parte del malcapitato interlocutore. Altri parlano solo di sé. Troppo di sé. Senza nemmeno un se, altrettanto incuranti che del loro io, a chi incrociano, importi davvero così tanto. Una certezza che non si sa da dove venga, ma che imperversa facendo sperare che uno squillo di telefono interrompa la tortura. Per non parlare del come stai. Chiaramente nessuno avrà voglia di dirti che ha le transaminasi sballate o il commercialista col fiato sul collo, quindi si limiterà a dire tutto bene anche quando tutto bene non va. Oppure farà un elenco interminabile di disagi, lamentele, rogne che porteranno chi ha posto la domanda, a domandarsi chi me l’ha fatto fare. Certo, parlare del tempo, come si faceva un tempo, non aiuta. Ci siamo ritrovati ferragosto a giugno con i black out a comando se solo osiamo pretendere un po’ di aria fresca in più. E a che prezzo poi...Siamo diventati bravi solo su whatsapp. Ci si scrive di tutto, a tutte le ore con tutti. Poi ci si incontra e rimane ben poco da dire. Quando mi chiedono come sto

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«Siamo diventati bravi solo su whatsapp. Ci si scrive di tutto, a tutte le ore con tutti. Poi ci si incontra e rimane ben poco da dire» _________________________

rispondo a mezza bocca, se me lo scrivono mi svincolo. Anche quando va tutto bene. Non so se è scaramanzia o consapevolezza che chi domanda raramente ascolta la risposta, fatto sta che il quesito mi disturba assai. Non chiedetemi come sto e smettetela di chiederlo. Se fosse per me lo bannerei anche dal bon ton. Ma sarebbe un’interpretazione totalmente personale. Quello che posso suggerire è ciò che insegnavano i vecchi: ascoltare. Si diventa bravi oratori, persone di compagnia, stando a sentire cosa ci dice chi ci è di fronte prima ancora e meglio, rispetto a chi ti scaraventa una mitragliatrice di parole al vento per poi guardare il telefono o mostrarsi annoiato quando è il turno di aprire le orecchie. Ritorniamo a parlare del più e del meno: c’è più profondità, specie se manca il tempo, in superficie, e c’è del bello nella leggerezza, più di quanto si possa immaginare. E se davvero vogliamo chiedere a qualcuno come sta, assicuriamoci che la cosa ci stia veramente a cuore. Non con tutti si può. Non sempre.


mondi persistenti

Aloy

tra rovine future e nuovi valori La cacciatrice protagonista del videogioco Horizon Forbidden West offre una diversa rappresentazione non della sola donna, ma dell’intero genere: un corpo comune non più sessualizzato, in cui tutti possono riconoscersi espressione non solo del girl power, ma dello human power

“W Alfonso Amendola docente di sociologia dei processi culturali Università di Salerno alfamendola@unisa.it

Annachiara Guerra esperta di Game Studies Università di Salerno

ho can take my hand in the flood?” recita la canzone di Horizon Forbidden West, il secondo titolo sviluppato da Guerrilla Games, seguito di Horizon Zero Dawn, rispettivamente rilasciati sul mercato videoludico a febbraio 2022 e a marzo 2017, entrambi esclusive PlayStation. La frase della canzone, oltre a racchiudere perfettamente la storia della serie, allo stesso tempo rappresenta anche i livelli raggiunti, ormai da tempo, dal videogioco in quanto medium. Creare una colonna sonora o una canzone ad hoc per un videogioco non è cosa nuova nel mondo videoludico, anzi, la funzione è la stessa che per film e serie tv: quello di instillarsi nella memoria individuale e nell’immaginario collettivo. La serie Horizon, infatti, ha una maintheme molto riconoscibile, data anche dal grande successo di Zero Dawn, che ha introdotto nel panorama videoludico Aloy che, col tempo, ha conquistato un posto al fianco dei vari personaggi iconici delle esclusive PlayStation. Ecco perché con Forbidden West, gli sviluppatori hanno deciso di creare una canzone che rispecchiasse non solo il titolo videoludico, ma Aloy stessa. Una melodia che videogiocatori/trici potessero

ascoltare in qualsiasi momento sulle piattaforme di musica in streaming e che parlasse della sua storia. La serie videoludica è ambientata in un “futuro antico”, dove passato preistorico e ipertecnologia si fondono per dar vita a uno scenario post-apocalittico unico nel suo genere e completamente esplorabile. Il tutto ha inizio quando la vita sulla Terra si è estingue nel 2064 a causa di una rivolta di macchine che si nutrono di biomateria per riprodursi autonomamente. La vita è ripartita da zero - appunto Zero Dawn - grazie a un sistema di terraformazione controllato da Gaia, un’intelligenza artificiale.Quest’aspetto della trama, che è il fulcro attorno cui ruota tutta la storia dei due capitoli della serie, sottolinea l’ambiguità della tecnologia: da un lato portatrice di opportunità, dall’altro potenzialmente distruttiva. Tutto dipende dall’utilizzo che l’uomo ne fa. Il 3000 quindi, anno in cui inizia l’avventura di Aloy, vede un mondo in cui le macchine convivono con una civiltà divisa in tribù primitive circondate da rovine che appartengono a un passato, quello del 2064 che, per i videogiocatori/trici, è già un futuro molto lontano. Sono, a tutti gli effetti, delle “rovine future”. Come lo è Aloy. Aloy è nata nel presente - del videogioco - ha nel suo DNA il passato e, contem-

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«The Placeholder. Un’icona di coraggio, tenacia e intraprendenza tiene il posto a tutte le donne della storia che hanno condiviso questi valori e che meriterebbero una statua» _________________________

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poraneamente, viene percepita dal videogiocatore/trice, come un personaggio del futuro. Guerrilla Games ha saputo far confluire passato, presente e futuro sia nella storia del mondo di Horizon, sia nella stessa protagonista. Qualità che, insieme a un carattere forte, caparbio e a un grande senso di responsabilità hanno fatto sì che Aloy facesse breccia nella community videoludica. Quando un personaggio e il mondo intorno ad esso diventano così incisivi, sono repentine le risposte da parte dell’odierna digital society dei consumi. Oggi Fortnite è diventato qualcosa di più di un videogioco, è una piattaforma attraverso cui aziende di ogni settore possono promuovere il proprio brand, diventato una strategia di digital marketing per avere rilevanza mediatica. Aloy, infatti, vi è stata inserita come personaggio giocabile, come tante altre figure iconiche videoludiche e non. Per un periodo è stata data la possibilità di formare una squadra con Aloy e Lara Croft, protagonista della serie Tomb Raider. Entrambe rispecchiano i periodi in cui sono state create. Lara Croft appartiene agli anni ’90, caratterizzato da una forte sessualizzazione del corpo femminile nei media e anche lei ha subìto questo effetto, sebbene allo stesso tempo fosse simbolo di emancipazione femminile e girl power. I tempi cambiano, di conseguenza cambiano i valori e i simboli associati ad essi. Aloy è figlia dei tempi che stiamo vivendo, con una nuova rappresentazione non della sola

donna, ma di genere: un corpo comune - che non vuol dire banale - non più sessualizzato, in cui tutti possono riconoscersi. Girl power, ma anche human power, e chi ha giocato alla serie Horizon sa bene come Aloy sia fondamentale per l’umanità. Da Lara ad Aloy: un passaggio di testimone rappresentato dall’apparizione di entrambe sulle copertine di due riviste importanti, la prima nel 1997 su The Face, la seconda su Vanity Fair, nel 2022. Un passaggio che non equivale all’eliminazione di Lara Croft, che continua infatti a essere una pietra miliare della storia del videogioco, tanto da subire dei reboot in questi anni. PlayStation Italia, per il lancio di Horizon Forbidden West, ha installato una statua temporanea di Aloy a Firenze con una targa che recita «Aloy The Placeholder. Un’icona di coraggio, tenacia e intraprendenza tiene il posto a tutte le donne della storia che hanno condiviso questi valori e che meriterebbero una statua». Molte persone sui social media hanno criticato questa scelta, affermando che Aloy è un personaggio inventato e che dovrebbero esserci statue di donne realmente esistite e che quella di PlayStation sia solo un’azione di marketing. Di sicuro lo è, ma la risposta è nella frase della targa. Aloy tiene il posto, non sostituisce, anzi rappresenta la nuova generazione videoludica, che a sua volta, rispecchia la società odierna, intrisa di valori del presente, che provengono dal passato e guardano al futuro.


salute

ESTATE, L’IMPORTANZA DI UNA CORRETTA BEAUTY ROUTINE Da non sottovalutare l’azione del calore sulla cute. La pelle va protetta anche dai raggi infrarossi che, non schermati dalle creme, surriscaldano le cellule e le danneggiano

Antonino Di Pietro direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis www.antoninodipietro.it www.istitutodermoclinico.com

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on l’arrivo dell’estate la nostra pelle necessita di particolari attenzioni che le consentano di contrastare caldo e disidratazione. Non solo creme e filtri solari, anche difendersi dai raggi ultravioletti è molto importante in termini di prevenzione. In questo periodo dell’anno la pelle va idratata e protetta perché più esposta all’azione dei raggi ultravioletti e infrarossi, è molto importante così fin dal mattino seguire una corretta routine. Appena svegli eseguire una detersione con prodotti non troppo aggressivi per la cute. Buona regola è così quella di evitare saponi molto schiumogeni e sostituirli con un latte detergente. Questi prodotti vanno bene anche la sera per eliminare il trucco, o in alternativa, per rimuovere il make up, si possono usare delle acque micellari. Dopo aver deterso il viso devono essere messi dei principi attivi che possano rinforzare i legami cellulari e rigenerare la pelle per aiutarla ad affrontare al meglio la giornata. Tra i più adatti la glucosamina, la fospidina, la vitamina C, la vitamina E e il deltalattone. Se si va in spiaggia o se si sta molto all’aperto (oltre 20 minuti) a una buona crema rigenerante va associata una protezione solare. I filtri aiutano la pelle a difendersi dalla penetrazione dei raggi solari, le creme di ultima generazione hanno delle formulazioni più leggere, non sono appiccicose e sono facilmente assorbibili dalla pelle. Tra le sostanze più nuove c’è la plusolina che combina l’azione di estratti vegetali come olio di crusca di riso, olio di karanja e olio di cotone. Durante l’esposizione al sole la crema protettiva andrebbe riapplicata ogni due ore, il filtro non dovrebbe scendere sotto il 30. I primi giorni è consigliabile applicare un filtro solare più alto per poi, quando la

pelle ha acquistato una certa quantità di melanina, scendere. La pelle va protetta anche dai raggi infrarossi che non vengono schermati dalle creme. Importanti ricerche dermatologiche hanno dimostrato che la nostra pelle viene danneggiata anche da questi raggi che surriscaldano le cellule e le danneggiano. Non dobbiamo così sottovalutare l’azione del calore sulla nostra pelle. Un buon consiglio è così quello di bagnare frequentemente la pelle quando si sta al sole. Se non si ha a disposizione una doccetta è possibile attrezzarsi con uno spruzzino che va riempito di acqua del rubinetto fredda o acqua minerale. Lo spruzzino può così essere portato in giro e utilizzato per nebulizzare l’acqua sulla pelle. In termini di protezione della cute, inoltre, sarebbe meglio evitare peeling e scrub durante i mesi più caldi, quindi da giugno a settembre. Al termine di una giornata passata all’aria aperte è importante idratare bene la pelle del viso e del corpo. I prodotti doposole sono l’ideale in quanto hanno una texture più fluida. Tra i trattamenti che possono aiutare la pelle durante l’estate, messi a punto all’Istituto Dermoclinico, ci sono il Picotage, il Rimage e il Dermoliftnes. Il primo trattamento rinforza le difese della pelle contro i raggi solari, ristruttura la matrice cellulare e rigenera la pelle in modo naturale. Il Rimage permette la rigenerazione della pelle del viso in tre fasi (elettroporazione, radiofrequenza, biostimolazione led) sfruttando le proprietà della fospidina (fosfolipidi e glucosamina). Il Dermoliftnes, infine, attraverso delle particolari manualità eseguite da personale esperto, consente di favorire il microcircolo, l’ossigenazione dei tessuti e l’allontanamento delle tossine e dei radicali liberi. N. 2 | 2022

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salute

IL CONCETTO DI TRASLAZIONE NELL'OBESITÀ

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La campagna di sensibilizzazione Io Vorrei Che affronta i problemi principali legati all'obesità cercando di stimolare i processi di traslazione efficaci

Giuseppe Fatati presidente Italian Obesity Network

L'

obesità è una malattia cronica che richiede una gestione a lungo termine. L'abbondanza di cibo, la scarsa attività fisica e molti altri fattori ambientali interagiscono con la suscettibilità genetica dell'individuo a produrre un bilancio energetico positivo. La maggior parte di questa energia in eccesso viene immagazzinata sotto forma di grasso in cellule adipose ingrossate e spesso più numerose, ma alcuni lipidi possono infiltrarsi in altri organi come il fegato o il pericardio (grasso ectopico). Le cellule adipose ingrossate e il grasso ectopico producono e secernono una varietà di prodotti metabolici, ormonali e infiammatori che producono danni in organi come le arterie, il cuore, il fegato, i muscoli e il pancreas. L'aumento della prevalenza dell'obesità a livello globale rappresenta un problema di salute pubblica che comporta gravi implicazioni in termini di costi per i sistemi sanitari. Lo studio ACTION-IO (Awareness, Care, and Treatment In Obesity Management - an International Observation) ha evidenziato che, nonostante l’84% delle persone con obesità sia consapevole del grande impatto sulla salute generale, quasi il 40% non la ritiene una malattia cronica, al contrario del 91% dei medici. Inoltre, solo una piccola parte delle persone con obesità (il 13%) e di medici (il 19%) ha dichiarato che la società e/o l'assistenza sanitaria italiana stanno rispondendo in modo soddisfacente alle loro esigenze. Sappiamo che per seguire percorsi razionali sono essenziali le motivazioni alla cura, ovvero l’insieme di fattori intrapsichici e relazionali che concorrono ad attivare e mantenere i comportamenti volti non solo al curarsi nel senso anglosassone del prendersi cura di sé (care) ma anche quelli

volti al farsi curare. Fondamentali sono il rapporto con la malattia e con il sistema sanitario e la cultura della stessa intesa come insieme di concetti compresi e condivisi. É indiscutibile la necessità di attivare programmi di traslazione che consentano, attraverso un’azione sinergica e rapida, di trasformare le evidenze scientifiche in pratiche cliniche e terapeutiche adeguate. Gli ostacoli da superare sono molti: dalla organizzazione del sistema sanitario nazionale che privilegia le patologie acute, per finire con la narrazione corrente dell’obesità come problema estetico e non di salute. In Italia, i pazienti con obesità non beneficiano di forme di esenzione dalle spese sanitarie previste per altre malattie croniche. Inoltre hanno un accesso limitato all'educazione terapeutica e ai programmi intensivi di modifica dello stile di vita nel sistema sanitario nazionale e raramente vengono offerti programmi di terapia cognitivo comportamentale. Nessuno dei farmaci specificatamente indicati per la terapia dell'obesità è rimborsato dal SSN e l'accesso alla chirurgia bariatrica, con percorsi di cura che comportano un follow-up multidisciplinare, è molto difficile da ottenere in diverse regioni d’Italia. Queste numerose forme di discriminazione fanno sì che i pazienti obesi abbiano minori garanzie e opportunità di cura rispetto ai pazienti con altre malattie croniche. L’Italian Obesity Network grazie alla campagna di sensibilizzazione Io Vorrei Che ha prodotto un libro bianco dinamico via web che raggruppa le speranze espresse dai soggetti con obesità e dagli stakeholder per aree tematiche. Questa iniziativa vuole affrontare i problemi principali cercando di stimolare processi di traslazione efficaci.


I miei stupidi intenti ********************************************************

libri

a cura di Raffaella Venerando

di Bernardo Zannoni | Edito da Sellerio, pp. 243

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N

e “I miei stupidi intenti” di Bernardo Zannoni - recentemente insignito del Premio Salerno Libro d’Europa all’interno del festival Salerno Letteratura - una faina si racconta. Racconta la sua singolarità in un mondo in cui la natura fa fatica a reggere il peso dell’intensa attività antropica che ha messo in crisi equilibri individuali e collettivi. Archy - questo il nome del protagonista - è una faina zoppa e in quanto tale incapace di aiutare la madre - cui è stato ucciso il compagno - a procurarsi di che vivere per se stessa e per i suoi figli. Viene quindi venduto per una gallina e mezza a Solomon, volpe usuraia che, su una Bibbia, ha imparato a leggere, scoprendo così il concetto di morte e di tempo. Anche Archy imparerà a farlo, a leggere e a scrivere intuendo che solo le parole regalano l’eternità, solo le parole sono capaci di fermare il tempo. «Imparai ad apprezzare la solitudine e trovare la pace con Dio. Mi fu chiaro che il mondo non odia nessuno, e se è crudele, è perché noi siamo crudeli».

C’MON C’MON

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a cura di Vito Salerno

homecinema

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di Mike Mills

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l brillante e profondo film di Mike Mills è una riuscita ode al rapporto tra adulti e bambini. Joaquin Phoenix è Johnny, un giornalista radiofonico particolarmente assorbito da un progetto di lavoro che lo porta in giro per l'America a intervistare i bambini sul futuro incerto del nostro mondo. Improvvisamente, i suoi piani vengono sconvolti da una crisi familiare quando sua sorella Viv (Gaby Hoffmann) gli chiede di badare a suo figlio di otto anni Jesse (Woody Norman), mentre lei deve occuparsi del padre del bambino, che ha problemi mentali. Johnny ha molte ragioni per voler aiutare sua sorella, ma non ha molta esperienza con i bambini, soprattutto con uno intelligente e perspicace come Jesse. Johnny si trova così a legare con il nipote in una maniera che mai avrebbe previsto, portandolo con sé in un viaggio fra Los Angeles, New York e New Orleans.

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DAI SOCIAL

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