editoriale
ITS, UNO SGUARDO CONCRETO SUL FUTURO
Confindustria Salerno già da qualche anno ha scelto di investire in questi “pilastri educativi”, dapprima entrando come partner nella fondazione dell’ITS Antonio Bruno e, negli ultimi mesi, lavorando a un nuovo Istituto nell’Area Nuove tecnologie per il Made in Italy - Sistema agro-alimentare, la cui fisionomia è in corso di perfezionamento
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l PIL italiano ha fortunatamente ricominciato a correre, tanto che l’Ocse prevede quest’anno per noi una crescita del 6,3%. Ma, lo abbiamo già detto e lo ribadiamo, più di un fattore potrebbe arrestare la ripresa: oltre ai prezzi di energia e materie prime, un nodo da sciogliere restano i bassi livelli di produttività, generati da una politica delle competenze che sembra decisamente aver segnato il passo nel nostro Paese che - non dimentichiamolo - è a trazione manifatturiera. Siamo settimi al mondo e secondi in Europa dietro alla Germania. Non potendo competere sui costi, il sistema delle imprese ha scelto, da tempo, di puntare alla qualità, risultato sì di importanti investimenti ma anche di una preparazione professionale dei lavoratori di assoluto livello fino ad oggi. Da qualche anno infatti molti profili a indirizzo «professionalizzante» sono introvabili, sia per ragioni di numeri, sia perché esiste un sensibile disallineamento in termini di preparazione e competenze tra quello che le aziende chiedono e quello che i candidati possono mettere a disposizione. Il riequilibrio di domanda e offerta delle competenze diventa allora prioritario, specie se si vuole davvero favorire una crescita tanto sostenibile, quanto inclusiva su tutto il territorio nazionale. Un percorso formativo che sembra ben aderire alla nuova fisionomia del mercato del lavoro è quello degli ITS, istituti che consentono a chi li frequenta di trovare subito occupazione e in attività strettamente connesse al percorso di studio. Confindustria Salerno già da qualche anno ha scelto di investire in questi “pilastri educativi”, dapprima entrando come partner nella fondazione dell’ITS per la meccatronica Antonio Bruno e, negli ultimi mesi, lavorando a un nuovo Istituto nell’Area Nuove tecnologie per il Made in Italy - Sistema agro-alimentare, la cui struttura è in corso di perfezionamento. In questo entusiasmante progetto, saremo direttamente coinvolti sia nella didattica, lavorando alla definizione dei piani formativi, sia nella governance, insieme ad altre istituzioni pubbliche e private, aziende, atenei e a istituti di istruzione secondaria superiore. Chiari gli obiettivi: accompagnare le aziende nei percorsi di transizione tecnologica e digitale diretti all’adozione di prassi e modelli di produzione, logistica e distribuzione sostenibili, attraverso la formazione di giovani under 35 che acquisiranno lungo il percorso formativo le competenze necessarie. La struttura dei corsi, che si fonderà su di una solida e concreta esperienza sul campo, siamo certi sarà utile a favorire l'occupazione giovanile e la competitività delle nostre imprese. L’era dell’automazione, per certi versi, è oramai già inoltrata ed è necessario attrezzarsi per affrontarla al meglio. Bisogna investire nella formazione per avere lavoratori sempre più competenti in grado di gestire tecnologie sempre più avanzate. La posta in gioco è alta: formare, trattenere e richiamare sul nostro territorio quel capitale umano indispensabile per guardare al futuro, per promuovere la competitività non solo della nostra economia ma della società nel suo complesso. Antonio Ferraioli presidente Confindustria Salerno dicembre 2021|gennaio 2022
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IN QUESTO NUMERO Editoriale ITS, uno sguardo concreto sul futuro di Antonio Ferraioli......................................................... 1
Primo Piano Salerno Do Design, le forme del genio e della regolatezza di Raffaella Venerando..................................................... 4 La potenza delle reti sociali intervista ad E. Prete......................................................... 5 La ricerca artistica è in continuo divenire intervista a S. Colasanto..................................................... 7 Il design si fa poesia intervista ad A. Gorla........................................................ 8 Trimarchi:«La cultura ha bisogno di una visione laica» intervista a M. Trimarchi..................................................... 11 La forza dell’handmade in Italy intervista a C. Gambardella................................................. 13 Dieci Chiese di Carlo Oriente.................................................................. 14
L'opinione PMI, vince il modello di filiera intervista a P. Lampugnale.................................................. 15 Più grandi, più innovativi intervista a L. Piccolo........................................................ 17
Focus Sfide e opportunità delle imprese manifatturiere del Mezzogiorno: i risultati di una survey SRM di A. Casolaro................................................................... 19
Confindustria Salerno Turismo, la linea sostenibile di Andrea Ferraioli intervista ad A. Ferraioli.................................................... 21 Spazio alle imprese, inaugurato il presidio di Confindustria Salerno nel Vallo di Diano a cura della redazione......................................................... 22
Il Made in Italy in provincia di Salerno: un’eccellenza che fa gola di Serena De Luca............................................................. 23 PMI DAY 2021: l’orgoglio del fare impresa a cura della redazione......................................................... 24
New entries Sautech Group, tecnologia e innovazione a misura di futuro a cura della redazione......................................................... 25 Fratelli Rinaldo, avanti tutta a cura della redazione......................................................... 26
Business San Giorgio, la felicità da prendere a morsi intervista a I. Bruno.......................................................... 27 Maurizio Russo, una storia di amore per il territorio di Raffaella Venerando..................................................... 29 Innovazione tecnologica: evoluzione in azienda e dinamicità di business a cura della redazione......................................................... 31 Convergenze SpA società benefit, un’energetica rivoluzione permanente intervista a R. Pingaro........................................................ 33 GOL, il ruolo delle Agenzie per il lavoro di Giuseppe Melara.......................................................... 35 Bestinflexo, due gruppi salernitani tra i più bravi stampatori d'Italia a cura della redazione......................................................... 37
Lavoro Infortunio sul lavoro in pausa caffè, la Cassazione dice no all’indennizzo di Paolo Ambron................................................................ 38
Norme e Società Giustizia Civile, approvata la legge delega per la riforma della mediazione di Marco Marinaro............................................................. 39
Il PNRR e l'occasione per rendere meno rigida l'interdittiva antimafia di Luigi Maria D'Angiolella............................................... 41
Re-Values lab Sguardo e azione intervista a L. Magaldi............................................................ 57
Fisco
Bon Ton
Accertamento fiscale: dopo la Cassazione è “fine fisco mai” di Marco Fiorentino........................................................... 43
2022, alla larga dalle divisioni di Nicola Santini................................................................... 58
Zes, bonus investimenti ampliato di Alessandro Sacrestano.................................................... 45
Sicurezza Resto al Sud, nuove modifiche di Giuseppe Arleo................................................................ 46
Finisterre È tutto liveness di Alfonso Amendola.......................................................... 59
Salute Cicatrici da acne: danni permanenti o cancellabili? di Antonino Di Pietro............................................................. 61
Trasporti e magazzinaggio: nel 2020 calano gli infortuni ma crescono i decessi a cura della Direzione Centrale Pianificazione e Comunicazione Inail........................................................ 48
Active and green City Project: un progetto di Urban Health / III parte di Giuseppe Fatati.................................................................. 62
Societing 4.0
Libri
Transitare insieme verso il digitale di Alex Giordano................................................................... 50
La città dei vivi a cura di Raffaella Venerando............................................... 63
Mercati
Home Cinema
Fare business in Turchia di Daniele Trimarchi........................................................... 53
Mondocane a cura di Vito Salerno............................................................. 63
La dogana cambia ancora: nuova classificazione e semplificazioni con Sudoco di Antonio Petruzzo............................................................... 55
Dai Social a cura della redazione......................................................... 64
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NUMERO 5/2021
Costozero è il Bimestrale di Economia, Finanza, Politica Imprenditoriale e Tempo Libero di Confindustria Salerno Reg. Trib. di Salerno N. 677 del 22/10/1987 - Iscrizione al Roc N. 23241/2013 Direttore Editoriale Antonio Ferraioli Direttore Responsabile Alessandro Sacrestano
Redazione Raffaella Venerando
Stampa Arti Grafiche Boccia/Salerno
Project Management Vito Salerno
Foto Archivio Costozero Massimo Pica/Ag. Fotografica
Società Editrice Direzione e Redazione Assindustria Salerno Service Srl Via Madonna Di Fatima, 194 Tel. 089 335408 Fax 089 5223007 P. iva 03971170653 redazione@costozero.it www.costozero.it
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primo piano
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SALERNO DO DESIGN
le forme del genio e della regolatezza
Per l’edizione 2021 riflettori accesi su alcune delle molteplici dimensioni del design: lusso, economia circolare, progettazione inclusiva e arte, raccontate attraverso talk, mostre ed esposizioni di Raffaella Venerando
primo piano
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econda edizione ricchissima per Salerno Do Design, la due giorni organizzata l’11 e 12 novembre scorsi al Museo Diocesano dal Gruppo Design, Tessile, Sistema Casa di Confindustria Salerno con il sostegno della CCIAA di Salerno. Quest'anno l'evento ha posto l'attenzione sul valore che il design ha nel ridisegno della società, degli spazi domestici e pubblici, sul sempre più articolato rapporto con le nuove tecnologie e i nuovi materiali. Il design come contenitore e come contenuti, indagato nelle sue molteplici, intelligenti dimensioni, non da ultima la capacità di creare relazioni e conoscenza. Luce puntata in particolare su quattro ambiti: design del lusso, designability, design circolare e design delle arti. Ciascuna delle sfide e delle opportunità di questi particolari segmenti è stata raccontata attraverso panel, esposizioni e mostre, organizzati anche grazie
alla collaborazione dei docenti e studenti dell’Accademia IUAD. Porta la firma di questi ultimi infatti la mostra “Il design, l’arte dell’imperfezione", coadiuvati dai professori Salvatore Colasanto, Giovanni Maione e Vincenzo Esposito. I ragazzi sono stati impegnati in maniera serrata anche per l’allestimento dell’altra esposizione - La tavola del design - in cui protagonisti sono stati i prototipi delle aziende del Gruppo Design, Tessile, Sistema Casa di Confindustria di Salerno, affidatesi per l’occasione alla creatività competente dei più giovani. Il concept della mostra si ispira all’uovo di Munari, forma perfetta. Eppure il design finito, compiuto, non esiste perché non esiste un solo approccio al design anche quando è capace di essere forma dell’utile e ascoltare la diversità umana. Nel corso dell’evento spazio anche alla creatività fotografica insieme con Carlo Oriente e il suo lavoro “Dieci chiese”.
DESIGN CIRCOLARE LA CORRETTA PROGETTAZIONE con Nicoletta Brugnoni, Rossana Orlandi Master Gallery; Davide Crippa, Docente di Design degli interni Politecnico Milano e Venezia; Alessandro Gorla, Creative Director Studio Algoritmo; Mariateresa Imparato, Presidente Legambiente Campania e Carlo Proserpio, Dipartimento di Design Politecnico di Milano
DESIGN SOCIALE PROGETTARE L’INCLUSIONE con Ivo Caruso, Dipartimento Architettura Università degli Studi di Napoli Federico II; Alessandro Naddeo, Ingegneria Industriale Università degli Studi di Salerno; Sara Ricciardi, Designer And Creative Director Sara Ricciardi Studio; Francesco Rizzo, Ghelostudio architettura e Michele Trimarchi, economista della cultura
LE DIRETTRICI DELL’ALTA MANIFATTURA DEL LUSSO con Armando Bruno, CEO Studio Marco Piva; Daniele Della Porta, Architetto e Designer; Claudio Gambardella, Professore Disegno Industriale Università “Luigi Vanvitelli”; Andrea Jandoli, Presidente Adi Campania; Beatrice Rossetti, Beatrice Rossetti Studio. A moderare Giovanna Basile, CEO Hebanon
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INTERVISTA AD ELISA PRETE, PRESIDENTE GRUPPO DESIGN, TESSILE, SISTEMA CASA DI CONFINDUSTRIA SALERNO
LA POTENZA DELLE RETI SOCIALI Due giorni di confronto per uscire da idee e opinioni cristallizzate e polarizzate: «Ci siamo concessi il tempo per guardare al design da più prospettive»
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di Raffaella Venerando
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a scintilla che ha dato avvio due anni fa a Salerno Do Design è ora diventata la piccola fiamma che ha dato vita a un’edizione particolarmente densa di ospiti e contenuti. Che bilancio trae dell’evento? Con grande piacere porto con me questa seconda edizione piena di ispirazione. Credo sia stato raggiunto l’equilibrio auspicato tra i contenuti delle giovani menti creative e quelli dei professionisti custodi di cultura ma soprattutto abbiamo tutti compreso che deve esserci bilanciamento tra ciò che un designer può progettare e ciò che la natura può sopportare. Abbiamo imparato che il design passa attraverso tutti i processi che permeano non solo l’economia ma anche le trasformazioni sociali, culturali, ambientali. Quali altre lezioni possono ispirare le future generazioni? La lezione più grande l’abbiamo imparata dai giovani, definibili come tali non solo per età anagrafica quanto piuttosto per spirito creativo e combattivo, come la preside del Sabatini Menna Ester Andreola che, a fine carriera, ancora si prodiga a dare vita a progetti senza scadenza. O come gli insegnanti
dell’Accademia che, in poche settimane e a inizio corso, hanno motivato e costruito con i loro giovani e aspiranti designers, insieme a noi, questo evento, o ancora come tutti i relatori che da ogni parte d’Italia ci hanno raggiunto per donarci il loro grande contributo culturale e umano. E a livello di esperienza personale, cosa le ha insegnato Salerno Do Design? In questi ultimi mesi che mi hanno vista impegnata nell’organizzazione di questo evento, ho scoperto 3 poteri: il primo è la forza motrice dei giovani, i ragazzi dell’Accademia, quelli del liceo artistico Sabatini Menna, una forza che mi fa ben sperare in un prossimo futuro migliore. Il secondo potere è il vortice creatore delle relazioni: si è subito innescata una rete tra le aziende e il mondo della cultura che ha permesso di creare i convegni di queste due giornate, relazioni che sembravano dovessero essere limitate dalla pandemia ma che, invece, si sono mostrate ancora più solide e proficue; il terzo potere è la paziente conquista del tempo. Credo che l’attesa doni tempo per agire, per il fare, per imparare, non si ottiene tutto subito ma bisogna iniziare e questo vale per le conquiste che dovremo fare per l’ambiente, per noi stessi e per i nostri figli. Vale anche per una economia che con il tempo stiamo cercando di riprendere. Avere pazienza significa superare ogni ostacolo burocratico, economico, relazionale con profonda lealtà.
Da sinistra: Giuseppe Gallo, vicepresidente CCIAA di Salerno; al centro: i docenti dell' IUAD; La tavola del design con i prototipi delle aziende "Rinaldi Group", "Cianciullo Marmi", "Ceramica Artistica Giovanni De Maio", "Hebanon", "Tekla", "Lamberti Design", "ICS Future Village", "Read", "Cotto De Martino", "Marine Leather", "Ciesse Cucine", "MT Plex"
primo piano
INTERVISTA A SALVATORE COLASANTO, IUAD-ACCADEMIA DELLA MODA
LA RICERCA ARTISTICA È IN CONTINUO DIVENIRE
«Ai miei studenti chiedo di essere sempre aperti a nuove ispirazioni, di non tenere mai troppo a bada la loro creatività» di Raffaella Venerando
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rofessore, vuole raccontarci come si è concretizzata la partecipazione dell’Accademia a Salerno Do Design
2021? In realtà, tutto è nato come un gioco. Un’idea di collaborazione su cui da tempo ragionavamo con Elisa Prete divenuta, quasi senza rendercene conto, un progetto cui abbiamo iniziato a dare forma e corpo ad ottobre scorso. Nel giro di due/ tre settimane, abbiamo coinvolto per la mostra gli studenti che, letteralmente, si sono lasciati travolgere da questa opportunità e, carichi come non mai, si sono messi all’opera sotto la mia guida, insieme con i professori Giovanni Maione e Vincenzo Esposito. Quanti ragazzi sono stati effettivamente ingaggiati? Hanno partecipato circa 20 allievi, iscritti al terzo anno del corso di diploma accademico in design e architettura d’interni presso lo IUAD-Accademia della Moda. Perché avete scelto di titolare la mostra
«Il design: l’arte dell’imperfezione»? Come spesso accade, la decisione è venuta fuori all’improvviso. Guardavamo i prototipi degli allievi e, riflettevamo, quanto ciascuno di questi derivasse dalla rielaborazione di un’idea di un oggetto esistente in uno slancio imperfetto, costantemente in evoluzione, non ancora e, forse mai, finito. Mi sono fermato a pensare che anche nel design non esiste la perfezione, la compiutezza. È tutto un continuo divenire, sperimentare, mutare. Una continua tensione alla perfezione. Esiste secondo lei una correlazione tra espressione creativa e positività? A lei cosa regala l’arte? Dico sempre ai miei studenti che il nostro lavoro, quello del designer e dell’architetto, non ha pari in quanto a positività e creatività. La prima ci consente di affrontare le giornate alla ricerca del bello, del nuovo, della sperimentazione. La positività, invece, ci porta ad essere creativi, a stupirci continuamente e soprattutto ci rende capaci di stupire gli altri.
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primo piano
INTERVISTA AD ALESSANDRO GORLA, FONDATORE E CREATIVE DIRECTOR DI STUDIO ALGORITMO
IL DESIGN SI FA POESIA
I lavori del designer, attivo sulla scena romana, liberano i materiali dal circolo vizioso di estrazione-trasformazione-rifiuto di Raffaella Venerando
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osto che un prodotto di alta qualità sia per sua natura un prodotto più sostenibile, una delle sfide che un designer - ma anche un’azienda oggi deve oggi porsi - è quello dell'esaurimento delle risorse. Come chiave risolutiva tu, ad esempio, hai scelto di riutilizzare gli scarti del marmo. Ci racconti come sono nati progetti e prodotti come Panca Apuana, Lampada Lizza e Specchio Foretto? Nel lavoro del designer, la definizione formale di un prodotto è solo l'ultima parte di un lungo iter progettuale che prevede, come prima cosa, un’intensa fase di indagine che coinvolge tanti aspetti, tra i quali una conoscenza profonda dell'azienda di riferimento e del territorio in cui opera. Per questo motivo, quando Matteo Baldini di UP Group, storica azienda di Massa - con la quale hanno collaborato
maestri come Sottsass, Mari, Castiglioni, Rossi, Natalini, Mendini e tanti altri - mi ha inviato un piccolo campione di marmo di Carrara sul quale era incisa la frase “No mountains was harmed during the making of the object” (Nessuna montagna è stata danneggiata durante la realizzazione dell'oggetto, ndr), si è accesa la lampadina della curiosità ed è iniziato un viaggio alla scoperta della storia della lavorazione del marmo. Grazie a Matteo ho avuto la possibilità di visitare le alpi Apuane e le cave estrattive, di ascoltare delle storie meravigliose su un lavoro millenario, un lavoro duro che dava la vita (ma anche la morte) a una terra e a un popolo fiero, anarchico e duro come il marmo, che ha sempre avuto un rapporto straordinario con la montagna. Ma quello che non mi era fino ad allora così chiaro è che la montagna non è infinita, che il marmo è una risorsa naturale ad esauri-
mento e che duemila anni di scavi ed estrazione da parte dell’uomo hanno modificato definitivamente il panorama, creando in me - che mi affacciavo per la prima volta su quelle valli “mangiate” dall’uomo una forte e contrastante emozione. Quel panorama mi ha prepotentemente ricordato il fatto che anche noi designer abbiamo l’onere e l’onore di proteggere la biodiversità e il sistema carsico che rende uniche e irripetibili le montagne Apuane e che la progettazione e produzione di prodotti in marmo necessita di tecniche ecosostenibili, che sfruttino le qualità del materiale di scarto per ridurre al minimo l’attività estrattiva. Da queste premesse è nata la panca APUANA, prodotto che vuole rendere omaggio al territorio, alle sua gente e alle loro storie restituendo, attraverso l’utilizzo di scarti di lastre di marmo rifilate, uno skyline delle montagne che ci regalano un materiale prezioso e affascinante, che va amato, curato e preservato. Seguono la stessa filosofia incentrata sul recupero del marmo inutilizzato anche i prodotti LIZZA e FORETTO; il primo è una lampada applique il cui nome evoca il metodo che in antichità veniva utilizzato per portare a valle i blocchi di marmo attraverso delle slitte chiamate appunto lizze, il secondo uno specchio da parete con piatto vuota tasche abbinato, il cui nome deriva dalla perforazione necessaria a ricavare la sede per la superficie riflettente, dall’utensile utilizzato ma anche da una storica galleria costruita a Carrara durante la seconda guerra mondiale. Entrambe le proposte sono realizzate grazie all’unione di parti di materiale di scarto attraverso l’antica tecnica giapponese del Kintsugi, ovvero l’arte di esaltare le ferite, in cui i pezzi sono tenuti
insieme da una fusione in ottone anch’essa derivata dal recupero di sfridi di lavorazioni industriali, con l'obiettivo di contribuire a interrompere il violento ritiro dalla montagna, una montagna ferita appunto, e di liberare il materiale dal circolo vizioso di estrazione-trasformazione-rifiuto. Non solo riciclo ma anche nuova vita per gli oggetti. Con i tuoi studenti, anche grazie alla trasformazione digitale e, quindi alle più moderne tecnologie di stampa, stai lavorando a un programma di take bake personale grazie al quale gli oggetti tornano ad avere un uso e un fascino senza tempo per un design che, tu stesso, definisci ibrido... Partiamo dal presupposto che spesso un oggetto diventa un rifiuto e viene dismesso perché guasto, vecchio o inservibile, oppure perché la sua funzione cessa nel momento in cui si è concluso il contesto d’uso in cui era inserito. Illuminante in questo senso fu la scoperta del libro “Design del popolo, 220 invenzioni della Russia post-sovietica”, in cui l’autore, Vladimir Arkhipov, ingegnere, medico di formazione e artista autodidatta, ha raccolto una serie di invenzioni popolari di un’incredibile semplicità formale. Un vecchio letto usato come pontile in un lago, il tacco di uno stivale che diventa tappo per la vasca da bagno, un cucchiaino da caffè per fare le bolle di sapone, forchette saldate per vedere la Tv, oggetti home-made, ricavati dalla combinazione di altri oggetti che avevano perso la loro funzione originaria, modificati da un atto creativo che li ha resi unici e di nuovo utili. Il libro racconta di chi li ha prodotti, della fantasia che nasce dalla privazione, della Russia prima dell'avvento di Putin. Queste esperienze progettuali popolari nascevano quindi
Panca Apuana
Design Ibrido
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dalla ristrettezza economica e dall’impossibilità di acquisto di oggetti nuovi, mentre oggi questa filosofia è rivalutata per motivi differenti: abbiamo una così grande disponibilità di oggetti nuovi, monouso e a basso costo, che tendiamo a non riutilizzare più nulla, contribuendo più o meno consapevolmente ad aggravare l’emergenza ambientale legata al loro smaltimento. Urge quindi un radicale cambio di prospettiva, iniziando a interagire con gli oggetti secondo i criteri del riuso, della condivisione e della riparazione. Oggi più che mai dobbiamo ripensare al nostro rapporto con le cose, progettandole in modo che durino di più nel tempo e immaginandone una nuova vita quando avranno cessato il loro utilizzo “ufficiale”. Per questa ragione ho deciso di proporre agli studenti del laboratorio di Product design 2, all’interno del corso di laurea in Habitat Design 3 di Quasar Institute for Advanced Design la stessa sfida: esplorare il proprio “territorio domestico” alla ricerca di un oggetto guasto o che per qualche ragione avesse terminato la sua utilità, per poi mettere a loro disposizione le tecnologie del Q-lab, laboratorio di prototipazione rapida presente all’interno dell’Istituto,
come il taglio laser, la stampa 3D, la fresa a controllo numerico o la termoformatrice, per creare degli apparati o protesi che potessero ridare una nuova vita agli oggetti selezionati. Un’azione progettuale, dunque, nella quale gli studenti hanno dovuto compiere un’operazione di proiezione dell’oggetto in una nuova dimensione funzionale ed estetica, raggiungibile secondo due diverse modalità: la continuità (l’oggetto mantiene la funzione originale anche dopo il riuso) e la decontestualizzazione (l’oggetto viene utilizzato in un ambito completamente diverso da quello d’origine). Il progetto di Arkhipov è uno specchio della società nel quale sono stati creati: nel progettare questi oggetti, ho chiesto ai miei studenti di calarsi nella dimensione ibrida che viviamo oggi tutti noi, tra analogico e digitale, per dar vita ad un linguaggio espressivo che fosse una riflessione nei confronti della contemporaneità. Ne sono nati oggetti ibridi, appunto, in cui la “maceria” della loro vita precedente viene rivalutata, evidenziata o stravolta, prodotti a volte caustici e altre armoniosi, in cui il contrasto, l’opposto, ma anche l’integrazione e il dialogo, hanno dato vita ad un linguaggio estetico sorprendente.
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PANCUCCIA, COMODA LA VITA Un filo di creatività chiamato Young Factory design - contest organizzato e promosso dal Gruppo Design, Tessile, Sistema Casa di Confindustria Salerno - ha unito il genio di Alessandro Gorla e Roberto Rago, conosciutisi nel 2019 proprio in occasione del concorso. Da quel momento i due designer hanno connesso i loro mondi e dato vita al progetto Pancuccia, una rivoluzionaria cuccia per pet dalla silhouette elegante studiata per esser un complemento d’arredo polifunzionale indoor e outdoor. A commissionare il lavoro United Pets, brand leader nella produzione di accessori per animali per pet, che da sempre si contraddistingue per l’innovazione dei suoi oggetti progettati per rispondere ai bisogni degli amici a quattro zampe e, al tempo stesso, per promuovere il reciproco scambio di affetti e rispetto. Pancuccia è una piccola panca che cela al suo interno un vano in grado di ospitare animali di piccola e media taglia. Roberto e Alessandro hanno disegnato il progetto con l’intento di favorire l’interazione con i propri pet, invitando gli amici umani a sedersi e far loro compagnia. Caratterizzato da un pattern ironico che garantisce un maggior grip sul piano seduta, ispirato al capitonnè dei classici imbottiti, il prodotto dichiara fin da subito la sua destinazione d’uso, rendendo la cuccia un vero e proprio complemento d’arredo. Disponibile nelle colorazioni rosa, verde e grigio, l’originale giaciglio è un rifugio domestico confortevole, igienico e lavabile. Realizzata in polietilene Pancuccia è fornita di un cuscino interno bicolore e misura 585x390x450 mm.
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INTERVISTA A MICHELE TRIMARCHI, ECONOMISTA DELLA CULTURA
TRIMARCHI:
«LA CULTURA HA BISOGNO DI UNA VISIONE LAICA»
Necessario uscire dalla tendenza a sacralizzare e credere elitari i musei, e lo stesso vale per i teatri, trasformandoli in spazi ospitali, luoghi di sosta e di socialità: «In questo modo diventano familiari e si abbattono le barriere fisiche e simboliche che li rendono poco accessibile per tutti» di Raffaella Venerando
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musei sono spesso visti come espressioni di un patrimonio sedimentato nel passato, con una connotazione medio-borghese che ancora oggi determina e “sceglie” la composizione dei loro pubblici. Come si sana, allora, la frattura tra gli spazi culturali e i loro pubblici potenziali? Quali elementi strategici sono capaci di liberare il potenziale generativo di un museo e di renderlo più accessibile e inclusivo? I musei italiani sono per lo più ospitati in palazzi magnifici concepiti come residenze. Questo comporta un certo grado di estraneità dei musei rispetto al tessuto urbano: isolati dai percorsi ordinari dei residenti, esclusivi nella forma e nello stile, arroccati sul piano simbolico e privi di segnali che incoraggino la curiosità e il desiderio di esplorare che pure segnano così incisivamente la società dei no-
11 stri anni. Se ci riesce a entrare, si trova un deposito tassonomico di opere d’arte custodite in una sorta di “decorated white cube” del tutto privo di percorsi, e di connessioni con opere, documenti e segni che ne enfatizzino lo spirito del tempo. Questa è stata, per due secoli, la sbornia identitaria di nouveaux riches che anelavano a riconoscere sé stessi come membri di un club esclusivo; la società dei nostri anni chiede, invece, di esplorare, scoprire, interpretare, immaginare: il vecchio format è decisamente obsoleto, lo stesso concetto di museo va ripensato, non più come custodia di memoria rituale, ma come crogiolo della memoria futura. Come si rafforza il senso di bene comune intorno a un’istituzione culturale? L’aspetto stesso dei luoghi della cultura, e la loro imponenza rispetto alla città, finiscono per dare un chiaro messaggio di
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esclusività: «members only». Perché la cultura sia percepita (e risulti realmente) come bene comune si dovrebbe partire dalla mappa urbana: un museo, e lo stesso vale per un teatro, dovrebbe mostrarsi aperto e accogliente anche per quanti non hanno già deciso di visitarlo; spazi ospitali, luoghi di sosta e di socialità, in questo modo si diventa familiari e si abbattono le barriere fisiche e simboliche che lo rendono poco accessibile per tutti. Nel Museumquartier di Vienna, nonostante il clima non sempre morbido, il cortile ospita dei sedili di pietra sui quali ci si può adagiare senza che nessuno chieda perché; è più facile che da lì si voglia curiosare magari entrando nel museo per scoprirne le opere. Se le persone sono inclini a passarci del tempo, poi sarà utile agire sui percorsi e sulla comunicazione: tra una visita e l’altra non possiamo essere abbandonati, il museo dovrebbe farci capire con chiarezza che siamo importanti. In questo modo ci si sente parte di una comunità. Vuole riassumerci i punti chiave dei piani strategici da lei elaborati per il Colosseo e per il Museo MADRE di Napoli? Due contenitori, immagino, profondamente diversi... Per quanto “riassumere” risulti quasi impossibile, posso mettere a fuoco l’approccio che con i miei colleghi adottiamo per costruire una strategia. Di norma, se un’istituzione ne sente il bisogno è perché la vita quotidiana del sistema culturale è segnata da una routine fatta di regole rigide e spesso costrittive, e da un dialogo con la società che si può intensificare ed espandere. L’elemento comune è affrontare gli orizzonti strategici da una prospettiva che sappia partire da zero. Il che non significa ignorare quanto è stato fatto o è in corso (entrambe le istituzioni sono ricche di iniziative e progetti), ma domandarci che cosa si potrebbe offrire a un alieno che atterrasse per la prima volta sulla Terra. In questo modo, pur accreditando la storia e i valori dell’istituzione, si cerca di guardare lontano: quali sono le aspettative percettive della società? Qual è il suo glossario quotidiano? Una comunità cosmopolita così sofisticata e complessa va affrontata, incoraggiata e possibilmente “sedotta” utilizzando il suo linguaggio. Il paradosso virtuoso, che purtroppo il “dibattito” tuttora ignora con un qualche scetticismo, è che l’arte e la cultura sono le aree più eloquenti e incisive per noi contemporanei. La bellezza da sola non basta a creare economia. Servono sempre nuove esperienze e servizi con-
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«Per generare valore il sistema culturale dovrebbe navigare con intelligenza e pertinenza tra le opzioni offerte dalle tecnologie emergenti. Il rischio è aprire la dimensione digitale per creare effetti speciali a buon mercato» _________________________
nettivi affinché prodotti e servizi possano essere tradotti in valore economico. Rispetto a questa finalità le nuove tecnologie - Realtà Aumentata e Virtuale, Blockchain, Intelligenza Artificiale e Internet of Things - che contributo sono capaci di offrire? Per generare valore il sistema culturale dovrebbe navigare con intelligenza e pertinenza tra le opzioni offerte dalle tecnologie emergenti. Il rischio - cui si indulge ogni tanto per superficialità - è aprire la dimensione digitale per creare effetti speciali a buon mercato. Molte delle iniziative etichettate come “immersive” spesso appaiono come oniriche, quasi lisergiche, e certo non attivano alcun dialogo critico con il visitatore. La dimensione digitale è una cosa seria, purché venga adottata in sinergia coerente con quella analogica. Accettiamo - e comprendiamo - il valore aggiunto che possono generare le infografiche durante le partite di calcio, esploriamo le mappe mentre siamo impegnati in un videogioco, e non siamo capaci di raccontare il plot di un’opera lirica con mappe affettive, né di mostrarne il “dietro le quinte” nei cambi di scena, o di inquadrare in primo piano il viso di chi sta per essere trucidato. Le opzioni digitali hanno un potenziale narrativo che può offrire al visitatore e allo spettatore uno spettro esteso di informazioni e di conoscenza (ciò che finora ciascuno di noi fa “artigianalmente” consultando libri e interrogando amici più esperti); in questo modo non soltanto si intensifica il dialogo culturale con i fruitori, ma al tempo stesso si incoraggia l’interesse verso esperienze culturali meno mordi-e-fuggi e più dense, il piacere di condividere e partecipare, la disponibilità a pagare e a donare. È l’ennesimo paradosso virtuoso, che richiede soltanto una visione laica della cultura.
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INTERVISTA A CLAUDIO GAMBARDELLA, DESIGNER E DOCENTE DI DISEGNO INDUSTRIALE UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DELLA CAMPANIA "L. VANVITELLI"
LA FORZA DELL'HANDMADE IN ITALY Il design può essere di slancio, in un rapporto sinergico, all’artigianato, può saldarne e amplificarne il valore con l’ausilio delle tecnologie avanzate di Raffaella Venerando
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l maestro Gregotti riteneva che la fine del design fosse imminente perché si era giunti a processi in cui «la forma non seguiva più la funzione ma il mercato». Per lei cosa è il design oggi? Un mondo a più dimensioni o cosa? Domanda impegnativa che, a mio avviso, non presuppone una risposta assoluta o una drastica verità. Oggi la parola design è abusata: tutto è design, niente è design. Filosoficamente è design tutto ciò che riguarda l’estetica del quotidiano, comprendendo quindi anche i gesti più abituali come l’apparecchiare una tavola con buongusto e anima. Senz’altro il design è un metodo di azione che, personalmente, ricollego all’handmade in Italy. Sulla scorta della lezione di Filippo Alison e Renato De Fusco lei propone di aggiungere la quinta “A”, l’Artidesign, al Made in Italy. Qual è la sua visione? Alle tre A - Alimentazione, abbigliamento, arredamento - si è
aggiunta nel tempo una quarta: automotive. Io ne contempo una quinta, l’Artidesign, utilizzata per la prima volta da Alison e Fusco nel ‘91 quando - anticipando i tempi - hanno tratteggiato il fenomeno relazionale tra design e artigianato. Mi sono appropriato di questo concetto, innalzandolo di senso e applicazione, abbinandolo al Made in Italy. Il design può, infatti, in un rapporto sinergico essere di slancio all’artigianato inteso come “pensato e ben fatto in Italia”, può saldarne e amplificarne il valore con l’ausilio delle tecnologie avanzate. La cultura del progetto aiuterebbe a superare la frammentarietà di un comparto - quello dell’artigianato - troppo spesso chiuso e autoreferenziale. Gli studenti di design industriale in genere non lavorano con gli artigiani, con le tecniche tradizionali. Un errore di metodo, un’occasione mancata? I due mondi sono purtroppo ancora distanti, eppure si tratta di un’opportunità sia per le imprese, sia per i giovani. Il valore proget-
tuale dei giovani darebbe nuova linfa e innovazione ai processi delle imprese artigiane. Mancando lo scambio e la reciprocità, ad ambedue le realtà si nega una possibilità di futuro. Una domanda all’architetto: quanto conta il dialogo diretto con ciascun cliente per interpretarne al meglio le esigenze? Cominciamo con il dire che oggi la professione di architetto andrebbe ripensata, così come la formazione aggiornata profondamente. Nella relazione con il cliente - mi riferisco soprattutto alle ristrutturazioni di interni mi piacerebbe si concretizzasse sempre più quello che chiedo anche ai miei studenti: nei progetti a contare non dovrebbero essere le esigenze superficiali del committente, spesso neanche chiare, ma quella vita e quella competenza distintiva propria di ciascun professionista. A lungo si è parlato di egemonia della tecnica. Oggi invece a prevalere dovrebbero essere le emozioni profonde, la natura e la personalità, non solo tecnica e buongusto.
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primo piano
DIECI CHIESE
Collezione fotografica di Carlo Oriente
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uovi spazi per il sacro. Libero da qualsiasi definizione di carattere puramente estetico, Dieci Chiese è un racconto fotografico che documenta l’aspirazione dell’uomo a costruirsi nuovi spazi di preghiera in cui corpo, mente e spirito si fondino in un’unica identità. Le linee guida del Concilio Vaticano II del 1962 si intrecciano con le dinamiche politico-urbanistiche di gestione del territorio e la necessità di dotare le città in continua espansione con nuovi servizi. In questo quadro generale, le chiese rappresentano i monumenti di una nuova cultura moderna, totem per la diffusione della ricercata bellezza contemporanea, una libera espressione di atmosfere, fascino e mistero legate alla sensibilità del progettista e alla concezione che egli ha dell’individuo e della comunità. In questi luoghi di culto, la luce si forma tra inedite geometrie che creano atmosfere sacre, come disegni nello spazio di una nuova esperienza spirituale del credente con la fede. www.carloriente.it Foto in alto, Chiesa Parrocchiale di Nostra Signora della Misericordia di Angelo Mangiarotti - Baranzate (MI)
Chiesa Sacra Famiglia, Salerno di Paolo Portoghesi, 1974
l'opinione
INTERVISTA A PASQUALE LAMPUGNALE, PRESIDENTE PICCOLA INDUSTRIA CONFINDUSTRIA CAMPANIA
PMI, VINCE IL MODELLO DI FILIERA Per sostenere lo sviluppo e la competitività delle imprese occorre «aggregarsi in una logica di sistema per innovare, accrescere la qualità dei prodotti e farlo in modo sostenibile» di Raffaella Venerando
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uore del messaggio lanciato al Forum della Piccola Industria ad Alba è stato l’importanza di rafforzare la logica di sistema lungo le filiere italiane. L’unione tra imprese come vantaggio competitivo. Ma crescere insieme seguendo quali direttrici? Siamo convinti che il modello ottimale per assicurare sviluppo e competitività delle imprese sia il sistema delle filiere, intese come "multinazionali diffuse". Dobbiamo superare il tema dimensione delle singole imprese e guardare sempre più ad una logica di filiera per garantire al nostro sistema produttivo uno sviluppo solido e duraturo. Bisogna creare un ecosistema favorevole, in grado di far crescere la piccola impresa e, quindi, il Paese. Il cambiamento deve essere in primo luogo culturale. Bisogna investire in formazione e com-
petenze, attrarre talenti e dare spazio ai manager, valorizzare cioè quegli elementi intangibili ancora poco diffusi nelle nostre piccole imprese. La filiera va vista come un luogo privilegiato di scambio di conoscenze e innovazione, come un elemento strategico per il rilancio del sistema Paese che può diventare locomotiva di sviluppo. Le imprese devono fare attenzione alle relazioni nel contesto in cui operano, in una logica che non sia solo commerciale o di mera fornitura, ma che si caratterizzi per le interconnessioni virtuose che possono portare reciproche opportunità. È importante conoscersi, aprirsi all’esterno, perché è proprio alle altre imprese del sistema filiera che spesso affidiamo parte della nostra capacità di crescere. Esistono differenze tra le PMI del Sud e quelle del resto del Paese in termini di criticità e prospettive?
Il 95,7% delle imprese italiane è rappresentato da piccole imprese. Per numero, fatturato e impiego di forza lavoro, le PMI sono la struttura portante dell'intero sistema produttivo nazionale. E in un momento come quello attuale, il ruolo delle PMI è ancor più fondamentale. Più che in termini di Sud/resto del Paese vorrei utilizzare un termine di confronto internazionale. L’Italia conta 4 milioni di PMI contro i 2,7 della Germania e i 3 della Francia. Questi numeri evidenziano l’importanza delle piccole imprese e della manifattura italiana in Europa. Quanto alle prospettive, le stime per il 2024 confermano una crescita a livello nazionale del 2%: Ancora poco per tornare ai tempi pre-Covid. Sono oltre 20 anni ormai che il nostro Paese cresce poco e vede aumentare i divari fra Nord e Sud e rispetto agli altri Paesi europei. Siamo ancora la seconda manifattura d’Euro-
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pa, ma la Francia è poco dietro. Dobbiamo insistere sulle sei direttrici di crescita individuate dalla Commissione europea nel piano Next generation e sulle riforme di accompagnamento al PNRR, vale a dire quella fiscale, del lavoro, della giustizia e della concorrenza. Uno dei maggiori problemi delle PMI campane, accentuato dalla pandemia, è la liquidità. Difficoltà superata o ancora presente per molte imprese? Le misure del Governo hanno dato liquidità al sistema delle imprese e questo, nella fase di lockdown, ha favorito la possibilità di gestire i mancati pagamenti senza così interrompere i flussi di cassa. Si è trattato però di misure straordinarie, e ora sono le imprese a dover lavorare sulla patrimonializzazione, migliorare gli indici di bilancio, focalizzarsi sul core business e sulla redditività, in maniera da crescere e rafforzarsi senza compromettere le possibilità di ripresa. Le imprese devono uscire cioè dal circolo vizioso in base al quale non attraggono capitali e competenze, non possono investire in sviluppo e innovazione e non riescono quindi a fare il salto di qualità decisivo. La pandemia ha accelerato cambiamenti epocali, rendendo urgenti scelte di investimento come quelle legate all'economia circolare e alla digitalizzazione. A che punto siamo? Sostenibilità e digitalizzazione sono due parole d'ordine per il post pandemia. Le imprese hanno sicuramente maggiore consapevolezza sul tema sostenibilità e sulla necessità di
produrre nel rispetto dell’ambiente, ma sono ancora molti quelli che usano questo concetto solo a fini di marketing, e la strada da fare è quindi ancora lunga. Le tecnologie digitali, se applicate tempestivamente e correttamente, portano un grande contributo di competitività. Se ignorate, fanno invece restare le aziende ai margini del mercato. L’Italia è molto indietro su questo fronte, siamo al 25° posto su 28 Paesi Ue nella classifica “totale” digitale. Lo sviluppo digitale di un territorio è indispensabile per sostenere l’innovazione e la competitività del suo sistema produttivo, ma le imprese campane presentano un tasso di integrazione delle tecnologie digitali nei processi produttivi ancora al di sotto della media nazionale. Il divario non dipende dalla dotazione infrastrutturale quanto piuttosto dalle competenze, ancora modeste, che si affiancano a uno scarso utilizzo di internet da parte dei cittadini e a una minore offerta di servizi digitali da parte degli enti locali. Quanto contano il capitale umano e la formazione per le PMI? Sono fondamentali. Non a caso l’ultimo PMI Day di Piccola Industria ha messo al centro il valore delle competenze e il ponte fra scuola, università e imprese. Il capitale umano, soprattutto in questo momento di grande transizione, è un fattore di competitività sempre più essenziale. Se il capitale umano non cresce, difficilmente potranno crescere le imprese. L’Italia investe nella scuola meno di Francia e Germania, i nostri principali competitor: dobbia-
mo invertire questa tendenza puntando sui giovani. Molti studenti scontano un deficit non solo di competenze ma anche di motivazione. Le imprese sono capaci di dare lo stimolo giusto per coprire questo gap, ma vanno aiutate perché la loro disponibilità non basta. Di quali strumenti e decisioni politiche hanno quindi urgenza le PMI per sentirsi sostenute in questa fase di transizione? Il Governo deve impostare un vero e proprio sentiero di innovazione e crescita, mettendo a sistema strumenti fiscali e finanziari che possano sostenere la crescita dimensionale e l’aggregazione tra imprese. Gli spazi e le risorse per sostenere una policy dedicata alla ripresa ci sono, tanto nel PNRR quanto nella politica di coesione. Bisogna sostenere la patrimonializzazione delle imprese, tagliare in maniera decisa il cuneo fiscale e contributivo magari concentrando le risorse recuperate a favore di giovani e donne, le categorie più colpite dalla crisi insieme ai lavoratori a tempo determinato, in prospettiva di una riforma fiscale complessiva. Non condividiamo, tra le varie misure previste, la marcia indietro sul patent box - uno strumento efficace che finora ha funzionato bene - e la modifica della disciplina di rivalutazione dei beni di impresa, prevista dalla legge di bilancio. Abbiamo qualche perplessità anche sul provvedimento sulla concorrenza. Confidiamo in qualche rettifica durante l’iter di approvazione e chiediamo di essere ascoltati di più sui provvedimenti relativi a imprese e mondo del lavoro.
l'opinione
INTERVISTA A LINA PICCOLO, PRESIDENTE PICCOLA INDUSTRIA CONFINDUSTRIA SALERNO
PIÚ GRANDI, PIÚ INNOVATIVI L’irrobustirsi di una logica di filiera può dare buoni effetti anche al di fuori del perimetro d’azienda, rimettendo sul territorio circostante benefici impatti in termini di sostenibilità ambientale e sociale di Raffaella Venerando
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uore del messaggio lanciato nel corso del Forum della PI ad Alba è stata essenzialmente l’importanza di rafforzare la logica di sistema lungo le filiere italiane. L’unione tra imprese come vantaggio competitivo e direzione di crescita. Ad oggi quali sono i freni che di più ostacolano il raggiungimento di questo obiettivo? Quello di Alba è stato un appuntamento, per certi aspetti, simbolico. Dopo lunghi mesi di affanno, quattrocento aziende italiane si sono ritrovate di nuovo dal vivo per confrontarsi e contaminarsi in positivo, con la ritrovata voglia di impresa. Nonostante le sfide legate alla pandemia ancora in corso, infatti, i primi sei mesi del 2021 hanno mostrato segni positivi per la nostra industria che ha ancora una volta dato prova di avere le carte in re-
gola per non arrendersi. Anzi. All’orizzonte oggi si pongono nuovi traguardi, tra cui quello delle filiere è senz’altro uno dei più impegnativi e, in prospettiva, uno dei più redditizi. Secondo un’indagine realizzata dal Centro Studi Tagliacarne per Unioncamere, l’88% delle imprese delle filiere ha adottato, nell’ultimo triennio pre-Covid, misure responsabili in materia di formazione del personale, welfare aziendale, sostenibilità ambientale, rap-
porti con il sistema dell’istruzione, il mondo della cultura e il terzo settore (contro il 55% delle imprese non in filiera). Una percentuale che sale al 92% al Sud. L’irrobustirsi di una logica di filiera anche nei nostri territori può dare pertanto buoni effetti anche al di fuori del perimetro d’azienda, rimettendo sul territorio circostante benefici impatti in termini di sostenibilità ambientale e sociale. La filiera è sinonimo di innovazione e crescita dimen-
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sionale, due requisiti ormai irrinunciabili anche per raggiungere nuovi mercati. Spetta pertanto al governo sostenere le imprese, supportandone la crescita attraverso adeguati strumenti per incrementarne la patrimonializzazione. Piccole e grandi insieme per un mutuo scambio e un altrettanto reciproco vantaggio. In gioco c’è la competitività delle nostre imprese e dell’intero Paese. La pandemia ha accelerato cambiamenti epocali spingendo su scelte di investimento oramai necessarie come quelle legate all'economia circolare e alla digitalizzazione. Dal suo osservatorio, a che punto ritiene siano le imprese salernitane? Oggi l’impresa che ha superato anche la sfida pandemica è senza dubbio più forte, più presente e strutturata. Grazie all’accelerata innescata dalla pandemia, molte imprese hanno dovuto per forza di cose recuperare ritardi in ambito digitale e non solo. Alcune hanno addirittura registrato crescite tali da consentire l’apertura di nuove sedi produttive. In un momento dominato da un livello comunque alto di incertezza generalizzata - dovuta ai rincari esorbitanti dei prezzi di molte materie prime, del trasporto e della logistica - accettare nuove sfide testimonia ancora una volta la perseveranza e l’attitudine positiva del mondo produttivo. Confidiamo, infine, che con l’imminente nomina del commissario delle ZES individuate in Campania (nel mentre andiamo in macchina ancora non è stata ufficializzata, ndr), si liberi fi-
nalmente questa occasione straordinaria per la crescita e lo sviluppo del Sud. Emergenza a mio avviso, questa volta, fa il paio con ripartenza. Quella che gli imprenditori del Salernitano meritano con finanziamenti regionali e nazionali tesi a un netto miglioramento sul piano logistico e occupazionale delle loro aree di interesse. Ma qual è il profilo tipico della piccola industria salernitana? Nel tempo è cambiata? La pandemia - insisto - ci ha resi più forti, nonostante le chiusure, le restrizioni e le nuove regole del gioco, compreso l’utilizzo del green pass su cui mi auguro si diradi ben presto la confusione creatasi. Oggi va affermandosi una nuova concezione di impresa, più consapevole dei propri mezzi, della propria qualità e dei propri punti di forza, più audace nel valicare la propria comfort zone e aprirsi a mercati internazionali. Il PNRR offrirà margini di crescita anche per le piccole e medie imprese salernitane? Al momento cantieri ancora non se ne vedono. Il territorio va messo in sicurezza, nell’accezione più ampia possibile. Occorrono infrastrutture per
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«In un momento dominato da un livello alto di incertezza generalizzata, accettare nuove sfide testimonia ancora una volta la perseveranza e l’attitudine positiva del mondo produttivo» _________________________
una viabilità migliore e per una reale sostenibilità anche ambientale. Di contro, importanza massima va attribuita alla semplificazione amministrativa, una riforma importante da tempo auspicata. Il Mezzogiorno, in modo specifico, è atteso a un banco di prova che non può fallire, dimostrando di avere finalmente acquisito le capacità progettuali e di spesa necessarie per impiegare al meglio le risorse, nei tempi giusti. Una prova di maturità da superare, senza se e senza ma.
focus
SFIDE E OPPORTUNITÀ DELLE IMPRESE MANIFATTURIERE DEL MEZZOGIORNO: I RISULTATI DI UNA SURVEY SRM Dall’indagine è emerso che le aree di intervento all’interno del PNRR che interessano più direttamente le imprese riguardano gli investimenti in innovazione sostenibile, nella digitalizzazione e nella ricerca avanzata in connessione con il sistema pubblico e privato di Agnese Casolaro | Ricercatrice SRM Servizio Imprese e Territorio | www.sr-m.it
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ell’ambito dell’Osservatorio “Ripresa e Resilienza nel Mezzogiorno: sfide e opportunità per le imprese manifatturiere”, nell’estate del 2021 SRM ha avviato un’attività di monitoraggio del sistema produttivo meridionale, realizzando una survey su un campione di imprese manifatturiere in Italia e nel Mezzogiorno. L’obiettivo dell’indagine è quello di cogliere gli umori e i segnali di cambiamento del sistema produttivo meridionale verso un modello di sviluppo coerente con i nuovi indirizzi internazionali di politica economica. Nello specifico, la prima edizione della survey ha coinvolto 700 imprese manifatturiere sull’intero territorio nazionale (delle quali 300 nel solo Mezzogiorno) e i titolari/dirigenti delle aziende sono stati intervistati su diversi aspetti dell’attività d’impresa, in particolare sulla propensione agli investimenti innovativi e sull’internazionalizzazione, sia in termini di esportazioni che di rapporti di fornitura. Risultati significativi sono stati ottenuti anche a livello regionale in riferimento alle tre maggiori regioni meridionali,
Campania, Puglia e Sicilia. Un primo aspetto su cui si è concentrata l’analisi ha riguardato, quindi, la conoscenza del PNRR e le aspettative che le aziende hanno in termini di investimenti, anche in relazione alle misure previste dal Piano. Per il Mezzogiorno il PNRR prevede, infatti, oltre 80 miliardi di euro, risultando centrale per il raggiungimento dell’obiettivo di riequilibrio territoriale posto a livello nazionale. Dalla survey emerge come le imprese meridionali risultino mediamente informate circa i contenuti
e le opportunità offerte dal Piano: il 45% di esse si definisce molto o abbastanza informato, contro il 42% che valuta il proprio livello di informazione come scarso o nullo; a livello nazionale il livello di conoscenza risulta sensibilmente inferiore. Per quanto riguarda, invece, le possibilità di cogliere le opportunità che si presenteranno, l’85% delle imprese meridionali intravede vantaggi diretti o indiretti, contro l’82% in Italia. Le aree di intervento all’interno del Piano che interessano più direttamente le im-
Tasso medio di crescita degli investimenti “innovativi” al 2023 per ambito d’intervento 10,7% 9,5%
9,7%
9,7% 8,2%
Investimenti in digitale
8,7% 7,6%
Investimenti in Investimenti in rapporti innovazione sostenibile con il sistema di ricerca pubblico e privato Mezzogiorno
8,5%
TOTALE investimenti "Innovativi"
Italia
Fonte: Osservatorio Ripresa e Resilienza nel Mezzogiorno: sfide e opportunità per le imprese manifatturiere. Indagine sulle imprese meridionali 2021
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prese riguardano gli investimenti in innovazione sostenibile, nella digitalizzazione e nella ricerca avanzata in connessione con il sistema pubblico e privato e dall’indagine svolta è emerso come molte aziende già indirizzano i propri investimenti verso tali aree. In particolare, nel triennio 20182020, le imprese investitrici sono state pari al 34% del campione per il Mezzogiorno e al 36% mediamente in Italia e il 48,7% delle imprese meridionali investitrici ha realizzato investimenti sostenibili e innovativi per oltre il 3% in più rispetto al dato Italia. Guardando al futuro, le imprese meridionali prevedono di incrementare le spese per investimenti “innovativi” del 9,7% (8,5% a livello nazionale), in particolare quelle per investimenti in innovazione sostenibile (+1,5% di crescita aggiuntiva per il Mezzogiorno rispetto alla media italiana). Nel dettaglio delle singole tipologie: - investimenti in digitale: il 62% delle imprese prevede di aumentare gli investimenti contro il 55% in Italia e con particolare attenzione ai beni strumentali innovativi e alla digitalizzazione dei processi di fornitura; - investimenti in innovazione sostenibile: il 62% di imprese meridionali prevede di aumentare gli investimenti, contro il 51% a livello nazionale. Si punta soprattutto sull’efficienza energetica e sulle fonti rinnovabili; - investimenti in formazione e ricerca: il 56% delle imprese meridionali pensa di aumentarli, rispetto al 49% a livello nazionale. Particolare attenzione si registra per gli investimenti al Web marketing e alle tecniche/strumenti di vendita online. Altro tema centrale dell’indagine è quello dell’interna-
zionalizzazione delle imprese. La pandemia ha colpito severamente il commercio mondiale, penalizzando le esportazioni ma anche incidendo negativamente sugli approvvigionamenti delle imprese e sul funzionamento delle catene di fornitura. Per quanto riguarda le vendite all’estero, il quadro delle imprese meridionali appare caratterizzato da una elevata polarizzazione, con circa metà del sistema produttivo con vendite nulle o marginali oltre i confini nazionali e circa ¼ delle imprese che sviluppano all’estero una quota molto rilevante del loro fatturato. Rispetto al funzionamento delle supply chains, la pandemia ha inciso in modo notevole a causa principalmente del blocco delle attività e delle limitazioni ai trasporti. Dall’indagine è emerso come le imprese meridionali, più che nel resto del Paese, sono state fortemente penalizzate da problemi negli approvvigionamenti durante il periodo della pandemia, tanto da prevedere futuri interventi di modifica/integrazione delle catene di fornitura e di riduzione delle distanze dai fornitori. In particolare, è emerso come 1/3 delle imprese del Mezzogiorno ha fornitori localizzati oltre i confini
nazionali (35% per l’Italia) e, per una percentuale non trascurabile di imprese, la dipendenza dall’estero è notevole: il 15% nel Mezzogiorno e il 18% complessivamente in Italia utilizza input che provengono dall’estero per una quota che supera il 40% del totale. A causa delle conseguenze della pandemia sull’andamento degli scambi commerciali internazionali, il 29% delle imprese del Sud ha segnalato problemi derivanti dall’interruzione delle forniture di input essenziali al processo produttivo; mentre in Italia tale dato è del 19%. Inoltre, in risposta a queste problematiche, il 47% delle imprese prevede una qualche forma di riconfigurazione dei processi produttivi, mentre a livello nazionale solo il 34% delle imprese è intenzionato a intervenire sugli assetti attuali. Le imprese del Mezzogiorno hanno, quindi, grandi aspettative e mostrano una grande volontà nel cogliere l’opportunità che si è presentata con in PNRR. Nonostante la consapevolezza delle complessità del contesto, c’è la voglia di affrontare una nuova sfida per una crescita del territorio che si basi sui nuovi paradigmi dell’innovazione digitale e della sostenibilità.
Problemi riscontrati nelle catene di fornitura (% imprese)
Fonte: Osservatorio Ripresa e Resilienza nel Mezzogiorno: sfide e opportunità per le imprese manifatturiere. Indagine sulle imprese meridionali 2021
confindustria salerno
TURISMO, LA LINEA SOSTENIBILE DI ANDREA FERRAIOLI
Il neo presidente del Gruppo Alberghi, Turismo e Tempo Libero di Confindustria Salerno alle aziende del comparto: «Dobbiamo essere un esempio virtuoso rispetto a un percorso di transizione oramai inevitabile» di Raffaella Venerando
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residente, in linea con la strategia europea, al punto uno del suo programma ha evidenziato la necessità di sviluppare forme più sostenibili di turismo per favorire la piena ripresa. Quali saranno le azioni da compiere? La sostenibilità è senza dubbio la sfida madre che ci troviamo ad affrontare non solo per restare competitivi, ma anche per generare valore in una prospettiva di lungo periodo. Concentreremo l’attenzione verso azioni concrete, tese a declinare la sostenibilità nelle sue dimensioni ambientali, sociali ed economiche. Le aziende turistiche devono essere un esempio virtuoso rispetto ad un percorso di transizione oramai inevitabile. Per noi è importante nei confronti dei nostri ospiti, ma anche riguardo ai nostri figli. Proprio per non fare «bla, bla, bla» metteremo in campo progetti concreti e misurabili. Intanto vogliamo avviare buone pratiche per la riduzione e il riciclo dei rifiuti che produciamo. Abbiamo necessità di pianificare soluzioni innovative e sostenibili per la crescita di una moderna cultura dell’ambiente che rispetti un territorio così delicato come il nostro. Ci impegneremo anche per creare nel nostro settore buona occupazione e cresci-
Andrea Ferraioli
ta economica. Al momento il comparto turistico risente, e di molto, della carenza di manodopera qualificata. L’obiettivo è di colmare questo gap non solo valorizzando lo sviluppo professionale delle persone, insistendo sulla formazione specializzata, ma anche mettendo mano a un aspetto del problema meno “visibile”. Manca il personale perché mancano al contempo alloggi per ospitarlo. Alle nostre offerte di lavoro rispondono in pochi non per retribuzioni non adeguate, anzi, ma per l’impossibilità di risiedere nelle vicinanze di quello che sarà il luogo di lavoro. Ci muoveremo, dunque, per risolvere i danni generati da una gentrificazione che ha reso la Costiera un luogo di forte speculazione immobiliare, con il proliferare di una proposta turistica a basso prezzo e con conseguenze dannose in termini sociali e di
vivibilità del territorio. Le case prima disponibili per destinarle ad alloggi per il personale sono pressoché sparite. La trasformazione di centinaia di immobili in case vacanza ha tolto dal mercato un numero crescente di alloggi residenziali facendo lievitare il costo degli affitti di quelli rimasti liberi. Porremmo, al contempo, l’attenzione anche sulla mobilità sostenibile. Complice anche gli aumentati bisogni di sicurezza innescati dalla pandemia, ci si muove sempre di più in auto. Una direzione ecologicamente insostenibile, da correggere ampliando l’offerta di soluzioni che abbassino notevolmente la produzione di inquinamento. Infine, per far sì che le nostre imprese possano pianificare in tempo utile le proprie attività, avvieremo in partnership con la Camera di Commercio di Salerno un progetto di raccolta e analisi di dati sui flussi turistici. Abbiamo necessità di interpretare i nostri mercati e target con la massima tempestività. Vogliamo tornare a interpretare le necessità dei nostri soci per farle nostre e trasformarle in azioni tangibili. Stare insieme per progettare il nostro futuro non deve rappresentare uno slogan vuoto, ma essere il pane quotidiano del Gruppo Turismo di Confindustria Salerno.
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confindustria salerno
SPAZIO ALLE IMPRESE. INAUGURATO IL PRESIDIO DI CONFINDUSTRIA SALERNO NEL VALLO DI DIANO
Più attenzione e vicinanza alle imprese operanti nelle aree interne del territorio per sostenerne lo sviluppo e la produttività
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a cura della redazione
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are spazio, voce e attenzione a una vivacità imprenditoriale che, troppo spesso, si trova ad agire in un contesto di isolamento, grazie un’azione sinergica degli attori pubblici e privati. Sostanzialmente questa la promessa alla base della costituzione del presidio inaugurato da Confindustria Salerno il 19 novembre scorso nel Vallo di Diano. Un’iniziativa - tenutasi nello storico Complesso della SS. Pietà a Teggiano - che ha incontrato il favore dei tanti imprenditori valdianesi presenti all’incontro e che ha visto la firma del contratto tra Confindustria Salerno e il Comune di Teggiano, in virtù del quale il Comune ha messo a disposizione il locale situato all’interno dell’ex convento. L’importanza dell’evento è stata sottolineata dalla presenza del presidente di Confindustria Salerno Antonio Ferraioli e di Annamaria Curcio, coordinatrice del “Raggruppamento Imprese Vallo di Diano” di Confindustria Salerno. A fare gli onori di casa il sindaco di Teggiano Michele Di Candia. «A nome dell’Ammini-
strazione Comunale e dell’intera comunità di Teggiano - ha sottolineato il primo cittadino - esprimo grande soddisfazione per l’apertura di questo presidio, che darà la possibilità a tutti gli imprenditori del territorio di confrontarsi con gli esperti di Confindustria e di avere assistenza in un momento delicato e di fondamentale importanza. Allo stesso tempo questa sede sarà utile a chi vuole avviare una attività e ha bisogno di informazioni e consigli. Da parte nostra quindi abbiamo immediatamente accolto la richiesta che ci è pervenuta dal presidente Ferraioli e siamo contentissimi di poter inaugurare oggi questo nuovo servizio, che speriamo dia ottimi frutti non soltanto al Vallo di Diano ma anche ai territori limitrofi». Il presidente Antonio Ferraioli ha dimostrato grande apprezzamento per la qualità del tessuto imprenditoriale del Vallo di Diano: «La provincia di Salerno ha sottolineato - vanta una grande estensione territoriale, con un tessuto produttivo ampio e variegato, frutto delle specificità dei territori, ma con una comune propensione
al fare impresa. Per innescare nuovi processi di sviluppo per il Vallo di Diano - come per tutte le aziende di Salerno e del Mezzogiorno - risultano fondamentali una adeguata rete infrastrutturale di connessione alle principali direttrici logistiche, la capacità di chi ci governa di cogliere le opportunità date dal PNRR, e una vera e piena operatività dell'aeroporto Costa d'Amalfi, che consentirebbe il meritato sviluppo turistico ed economico di questa zona dalle grandi potenzialità». Da parte sua Annamaria Curcio ha indicato i vantaggi che potranno derivare per le aziende valdianesi dalla presenza del nuovo sportello di Confindustria Salerno: «L’apertura, del nostro Presidio - ha concluso - intende offrire una possibilità tangibile di entrare maggiormente in relazione con il Sistema Confindustriale. L’economia del Vallo di Diano conta ottime realtà produttive che vanno però sostenute con politiche infrastrutturali e di governo del territorio coerenti ed efficaci, che aiutino a trattenere i giovani e a far crescere le imprese».
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IL MADE IN ITALY IN PROVINCIA DI SALERNO: UN’ECCELLENZA CHE FA GOLA Serena De Luca consigliere Gruppo Giovani Imprenditori Confindustria Salerno delegata al Made in Italy
Fare sistema per difendere e rilanciare la competitività delle nostre aziende
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n uno scenario economico molto complesso come quello che si profila alle soglie del 2022 - in cui da un lato spinge il forte rimbalzo dell’economia globale e dall'altro pesa l'incertezza delle varianti Covid - alcuni dati fanno intravedere un futuro roseo per l’Italia e, in particolare, per le aziende della provincia di Salerno. Il Rapporto Export 2021 dell'Ufficio Studi di Sace ha di recente stimato che le vendite di beni Made in Italy raggiungeranno quota 482 miliardi di euro entro fine anno. La Campania è quella che detiene il maggior volume di export, con una percentuale corrispondente al 24,7% delle esportazioni totali del Mezzogiorno. La provincia di Salerno è, insieme a quella di Napoli, la locomotiva di queste performance positive. I settori più “forti” sono l’agrifood e il comparto farmaceutico; rispettivamente il 25% e il 13% dell’export regionale. Oltre ad averci “aiutato” nei mesi più difficili della storia dell’economia contemporanea, il Made In Italy può essere il fattore vincente per rilanciare l’economia della nostra provincia. Secondo recenti stime ExPAnD il potenziale sfruttabile dell’export campano nel mondo ammonta a circa 8 miliardi di euro: una cifra davvero impressionante. Cosa dobbiamo fare per cogliere questa opportunità di business tanto ghiotta quanto strategica per il futuro delle nostre aziende e del territorio? Fare sistema: ancora una volta, il coinvolgimento e la partecipazione attiva di tutti gli stakeholders saranno fondamentali. Occorre tutelare le aziende esportatrici dalle conseguenze della congiuntura internazionale che, nell’ultimo anno, ha causato un au-
mento incontrollato dei prezzi delle materie prime. La nostra priorità sarà creare un network per il supporto reciproco e la condivisione di best practices in un’ottica di internazionalizzazione. Organizzeremo iniziative per spiegare agli imprenditori come fare e a chi rivolgersi per operare con successo in altri Paesi, “approfittando” anche di fondi e iniziative a sostegno delle imprese italiane come il SACE SIMEST. Il ricorso a fondi esteri dovrà essere il più possibile evitato. Se le nostre aziende dovessero diventare eccessivamente dipendenti dai capitali stranieri, la competitività dell’intera filiera risulterebbe compromessa e non potremmo fare altro che subire passivamente l’aumento dei costi a monte e scaricarlo sui consumatori a valle. Parallelamente, sarà importante ragionare sullo sviluppo e l’implementazione delle infrastrutture che rendono possibile l’export: reti stradali, vie del mare, porti e forniture energetiche dovranno essere performanti e all'altezza delle esigenze delle aziende. Esportare le eccellenze del nostro territorio significa creare valore aggiunto per il nostro territorio: è in quest’ottica che dovremo ragionare e agire tutti insieme nei prossimi anni. Per rafforzare la posizione delle aziende del territorio sarebbe utile creare una rete che le alimenti reciprocamente, in un rapporto di partnership privilegiata volto ad ottimizzare i costi e l’approvvigionamento di materie prime, semi-lavorati e imballi. L’esperienza dell’ultimo anno ci insegna quanto sia importante avere fornitori affidabili e cercare di recuperare spazi produttivi “nostrani” per evitare i rischi di stallo legati alle congiunture internazionali.
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PMI DAY 2021: L’ORGOGLIO DEL FARE IMPRESA Quest'anno a Salerno l'evento si è svolto sia in presenza, con visite degli studenti ai siti produttivi, sia in modalità digitale, con collegamenti da remoto a cura della redazione
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n’edizione più contenuta nei numeri rispetto alle precedenti ma di inalterato valore quella del PMI DAY 2021, andata in scena il 19 novembre scorso. Si è trattato della dodicesima edizione della Giornata Nazionale delle Pmi, organizzata da Piccola Industria Confindustria in collaborazione con le Territoriali del Sistema. Tema al centro della giornata pensata per le giovani generazioni è stato la sostenibilità, declinata in tutte le sue sfaccettature. A livello nazionale, un’importante novità: la concessione del patrocinio del Ministero dell’Istruzione e della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome. Un segnale dell’importanza cruciale non solo di informare i giovani ma anche di formarli, aggiornare il corpo docente, con particolare riguardo a quello delle scuole medie, per far conoscere le molte nuo-
ve professioni che meritano attenzione nell’orientamento scolastico e successivamente professionale dei ragazzi. Confermate invece le partnership con Confagricoltura e Confartigianato. Ultimo giro per Carlo Robiglio che con questa iniziativa ha degnamente concluso il suo mandato di presidente della Piccola: «Abbiamo una grande responsabilità verso le nuove generazioni e dobbiamo aiutarle a comprendere il mondo in cui vivono oggi e a costruire quello in cui saranno adulte domani. E le imprese giocano un ruolo centrale in questa partita: sono le realtà in cui i ragazzi potranno realizzare i propri sogni e ambizioni, in cui potranno crescere, creare e dare sbocco alle proprie attitudini e al loro talento». A Salerno, porte aperte agli studenti per la Bioplast di Fisciano, la Mecar di Nocera Inferiore e la Essenia, quest'ultima impegnata in un incontro virtuale con l’IIS E. Ferrari di Battipaglia.
MECAR - IIS Galilei-Di Palo di Salerno
Bioplast - IIS Basilio Focaccia di Salerno
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SAUTECH GROUP, TECNOLOGIA E INNOVAZIONE A MISURA DI FUTURO Soluzioni avanzate per rendere altamente performanti i processi produttivi e gestionali di ogni tipologia d’impresa, dall’automazione industriale, al telecontrollo, dai servizi ICT fino alla formazione a cura della redazione
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autech Group è un’azienda campana, multi-divisionale, che sviluppa soluzioni tecnologicamente avanzate in vari ambiti, tra cui: automazione industriale, telecontrollo, servizi ICT, servizi digitali per arte e turismo, servizi web e formazione. Nasce nel 2006 con l’obiettivo di dare vita a una realtà che si proponesse come polo di innovazione tecnologica. Innovazione che, soprattutto in ambito industriale, si concretizza nell’obiettivo di velocizzare, ottimizzare e rendere altamente performanti i processi produttivi e gestionali di ogni tipologia d’impresa. La volontà e la capacità di progettare sistemi di controllo automatizzati sempre più efficienti, hanno portato nel tempo Sautech Group a volare verso siti internazionali: alcuni tra i più importanti impianti di produzione, smistamento e stoccaggio in Europa, Asia e Nord Africa la vedono costantemente protagonista. Impianti importanti che sono collegati a collaborazioni durature e continuative con i più
grandi player del settore. In particolare, per Leonardo e MHS Parma, Sautech Group ha collaborato alla creazione degli HUB di DHL e di Amazon in tutta Europa. Per la Salmoiraghi Automatic Handling, invece, si è occupata della realizzazione, gestione e manutenzione dei sistemi di handling di diversi siti produttivi Xin Feng Ming, situati in Cina. Con l’ambizione di cogliere i trend del mercato e creare soluzioni sempre più innovative, Sautech Group ha arricchito il suo lavoro di sviluppo software per il controllo dei processi di produzione degli impianti, con la realizzazione di applicativi IOT su cloud. Ma l’innovazione portata avanti dall’azienda non si ferma qui. Forte, infatti, è anche il focus sulle applicazioni di realtà aumentata e immersiva, ideali sia per le operazioni di manutenzione in ambito industriale, che per la realizzazione di nuove soluzioni digitali. Come quella proposta da TRY IT ON, progetto di ricerca all’avanguardia finanziato dal MISE consistente in
un sistema di prova d’abiti virtuale in grado di riprodurre la reale vestibilità dei capi sugli utenti. La formazione innovativa è un altro dei percorsi su cui l’azienda si sta focalizzando molto. Formazione aziendale, ma anche scolastica. Per la formazione aziendale, ad esempio, Sautech Group fa utilizzo di un prototipo in scala di impianto, risorsa preziosa per l’apprendimento delle nuove leve. Per l’insegnamento scolastico, invece, il team Sautech Group ha sviluppato Martina, una piattaforma per la didattica delle scuole dell’infanzia e primarie.
Sautech Group Corso Umberto I, 158 Cava de' Tirreni (Sa) Tel. 089 9330000 info@sautechgroup.com www.sautechgroup.com dicembre 2021|gennaio 2022
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FRATELLI RINALDO, AVANTI TUTTA Insieme al cliente per allestire la soluzione migliore per efficienza e funzionalità,
proponendo per ogni modello e marca di veicolo il progetto più appropriato, capace di garantire sicurezza, velocità e organizzazione a cura della redazione
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a F.lli Rinaldo è specializzata nell’allestimento di veicoli commerciali e industriali. Quarta generazione di una famiglia dedita da sempre a questo settore. La passione, l’impegno e la tecnica portano l’azienda, alla specializzazione nella costruzione di allestimenti e trasformazioni di veicoli industriali.Le notevoli doti tecniche e organizzative in breve tempo hanno aiutato a far crescere ed espandere il campo della produzione dell’azienda, con l’obiettivo di collaborare con il cliente per allestire la soluzione migliore per efficienza e funzionalità, proponendo per ogni modello e marca di veicolo il progetto più appropriato, garantendo sicurezza, velocità, organizzazione. Un’azienda familiare, tre fratelli Mirko, Antonio e Manuel, guidati dal papà Alfonso dotato di un'esperienza tecnica di oltre 40 anni, uniti da un unico obiettivo: portare avanti una tradizione e un nome storico nel
settore, conosciuto in tutta Italia. Una visione puntata al futuro ha permesso alla Fratelli Rinaldo in poco tempo di sviluppare un sito produttivo nuovo, sintesi efficace tra il lavoro artigianale e le più avanzate tecnologie industriali. Linee produttive specializzate su diversi settori in fortissima espansione dai semirimorchi, ai veicoli per corrieri Express, puntando infine ad un settore che sta raggiungendo quote di mercato altissime, gli allestimenti di furgoni isotermici per il trasporto di merci a temperatura controllata per la piccola e grande distribuzione. Il modo di lavorare dell’azienda ha lo scopo di accompagnare il committente in un percorso che gli permetterà di vivere al meglio il proprio veicolo commerciale, aiutandolo, grazie ad una consulenza strategica mirata e un approccio all’ascolto, a fare ordine tra le tante necessità pratiche che riguardano il suo lavoro, mediando e interpretando i suoi desideri per raggiungere il mas-
simo obiettivo. In altre parole insieme è possibile immaginare e rendere concreto un veicolo funzionale, ma che soprattutto faccia “lavorare al meglio” il suo possessore. La Fratelli Rinaldo sviluppa allestimenti sostenibili con materiali a basso impatto ambientale, per veicoli con carburanti alternativi e veicoli elettrici, efficienti per consumi, per sostenibilità e per capacità di carico. Punto di riferimento per l’assistenza post-vendita, con un reparto carrozzeria capace di far fronte a qualsiasi problema, dalle riparazioni per rimorchi, semirimorchi, trattori stradali e veicoli commerciali all’assistenza per sponde caricatrici.
F.lli Rinaldo srl Via G.Longobardi 94/96 84010 San Valentino Torio (Sa) Tel.0812139216 www.frinaldo.it fratellirinaldosrl@gmail.com
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SAN GIORGIO, LA FELICITÀ DA PRENDERE A MORSI Non solo gusto, bontà e salute. L’azienda salernitana si distingue per impianti produttivi e di conservazione all’avanguardia, cultura tecnica e attenzione continua alla crescita di fiducia della clientela. Ce ne parla Ivan Bruno, socio dell'azienda leader nel comparto food a cura della redazione
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nche quest’anno avete ricevuto il Premio Industria Felix - l'Italia che compete. Una conferma per le vostre buone performance gestionali. Soddisfatti dei risultati conseguiti? Ricevere anche quest’anno questo riconoscimento è per noi un ulteriore e importante motivo d’orgoglio. Questo premio rappresenta l’impegno e gli sforzi, l’affidabilità e la solidità dell’azienda che ogni giorno cerchiamo di preservare nonostante le sfide del mercato. Confermare i risultati è per noi una mission che si ripete ogni anno, possibile solamente se tutte le componenti del sistema aziendale funzionano alla perfezione. Ci contraddistinguono la capacità di reagire velocemente alle dinamiche del mercato e la ricchezza valoriale di una dirigenza a carattere familiare. San Giorgio non è solo grande esperienza e cultura tecnica, ma anche una azienda caratterizzata da valori umani e professionali di altissima caratura. Il ciclone Covid quanto ha inciso sulle vostre attività? Nonostante l’epidemia Covid abbia travolto in particolare il settore del “fuori casa”, la nostra azienda non ha mai chiuso, pur registrando un drastico crollo delle vendite e una perdita di fatturato di circa il 25%. Una riduzione che stia-
mo velocemente recuperando, tanto che per fine anno potremo contare su un fatturato di 37 milioni di euro, dopo aver chiuso l’anno scorso a quota 26,3 milioni di euro.
Ivan Bruno
Siamo riusciti sempre ad essere vicini ai nostri clienti, evadendo la totalità degli ordini e garantendo la merce. Risultati brillanti ottenuti grazie alle capacità e al lavoro della nostra struttura produttiva e di quella distributiva, con le quali siamo in grado di essere il più possibile vicino alla nostra clientela. Per noi l’obiettivo di crescita costante è la forza motrice: guardando al futuro, nei prossimi cinque anni ci siamo posti come traguardo un ulteriore incremento dei risultati raggiunti finora. La pandemia ha avuto l’effetto di aumentare la competizione, favorendo i grossi operatori capaci di organizzarsi
meglio. A mio avviso assisteremo a una progressiva concentrazione del mercato nelle mani di pochi, con tutto quello che un simile riposizionamento comporta. Avete adottato nella vostra azienda i principi dell’industria 4.0. Vuole spiegarci quali le implementazioni scelte e quali i vantaggi che ne sono derivati? Siamo tra le prime aziende ad aver accolto la sfida della trasformazione digitale 4.0: già da 5 anni stiamo lavorando in ottica 4.0 e questo ci ha permesso di gestire meglio anche la pandemia. Negli ultimi anni abbiamo rinnovato i nostri impianti e aggiornato il sistema informativo aziendale: posso senz’altro affermare con orgoglio che la San Giorgio è la prima tra le aziende nazionali nel settore dei surgelati con il sito produttivo più grande d’Italia. Oggi lavoriamo con un gestionale assolutamente innovativo che permette di avere il controllo della filiera, intesa sia come processo produttivo, stoccaggio e distribuzione, sia sotto il profilo dei costi. Da sempre siete attenti alle nuove esigenze in termini di gusto e orientamento dei consumatori. Avete in programma nuove referenze che amplieranno la vostra gamma di offerta? Sì, diverse. Abbiamo ampliato la gamma dei prodotti nord
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europei con una linea danish pastry composta da tre referenze, tra le quali un intreccio al cioccolato, realizzato sempre con pasta danese. Stiamo lavorando, inoltre, ad una linea di prodotti al burro lavorata seguendo le tecniche francesi, ossia seguendo un processo di lavorazione tipico francese che è possibile effettuare solo con impianti particolari, di cui San Giorgio è dotata. Andremo così ad occupare una fetta di mercato finora per noi inesplorata e in cui sono state protagoniste solo le aziende d’Oltralpe molto presenti nel canale foodservice. Proporremo un prodotto “alla francese”,
ma realizzato da un’azienda italiana: non un’alternativa di prodotto, dunque, ma un’alternativa di marchio di fabbrica. Il lancio è previsto a gennaio al Sigep 2022 e per l’occasione abbiamo creato un brand ad hoc. Tre ragioni per cui scegliere un prodotto San Giorgio. Qualità. Ricerchiamo e scegliamo solo le migliori materie prime per offrire prodotti d’eccellenza. La qualità si esprime attraverso i sapori genuini, la salubrità degli ingredienti, le ricette tradizionali e le declinazioni particolari, come la linea vegana. Offriamo un vasta gamma di prodotti sempre più
innovativi, pur preservando la tradizionalità che ci contraddistingue da oltre 40 anni. Innovazione. Abbiamo un sito tra i più innovativi: 15 linee di produzione all’avanguardia e impianti di confezionamento di ultima generazione. Customer satisfaction. Il 90% di tutta la nostra gamma di prodotti viene distribuito attraverso il canale Food Service. Siamo in grado di evadere rapidamente gli ordini perché molto focalizzati sulle esigenze di questo canale. Gestiamo direttamente la metà della distribuzione dei nostri prodotti e questo è molto importante anche perché i costi legati alla logistica sono cresciuti molto in questo anno e mezzo, a causa della difficoltà di realizzare quelle economie di scala che permettono di contenere le tariffe. Nonostante i fenomeni del mercato, riusciamo ad intercettare le preferenze dei consumatori e i trend di mercato che si traducono in ricette artigianali declinabili in grande scala per sviluppare prodotti che rendano felici chi li assaggia.
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MAURIZIO RUSSO, UNA STORIA DI AMORE PER IL TERRITORIO
Due anni fa, nel vuoto creato dal virus, nasce un nuovo progetto: Campaniadamare Museo Arte e Gusto mediterraneo, un punto vendita esclusivo in cui offrire, a clienti e turisti, prodotti identitari capaci di rappresentare pezzi di tradizioni locali di Raffaella Venerando
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uella della Maurizio Russo è una storia di famiglia. Cinque generazioni - l’ultima, quella dei giovanissimi Maurizio, Antonella e Francesca presto in azienda - che, dalla fondazione di una distilleria nel 1899 - producono ancora oggi liquori che sanno del buono made in Campania. Su tutti eccelle il limoncello, divenuto nel tempo una sorta di marchio di fabbrica. Non solo materia prima di elevata qualità - lo sfusato amalfitano, icona del gusto e oro giallo della Costiera Amalfitana ma anche tecnologie e metodi moderni, capaci di tramandare
sapori autentici di un tempo. «Il nostro impegno - esordisce Gianluca Russo, oggi alla guida dell’azienda insieme con il fratello Massimiliano e la mamma Antonietta - è diretto innanzitutto a valorizzare il prodotto tipico locale. Il territorio da portare al palato, con i suoi ingredienti distintivi, le procedure millenarie di coltivazione e la cura di chi ha cuore la qualità su tutto». Nascono da questa filosofia liquori esclusivi e inimitabili, che somigliano a molti altri ma che da molti altri sono profondamente e naturalmente diversi. Gesti, elementi e accortezze codificate nel tempo ma mai standardizzate, costituiscono
un patrimonio identitario che alla Maurizio Russo tutelano ed esaltano a beneficio del cliente finale, come lo stesso Gianluca spiega bene: «Siamo iscritti da tempo al Consorzio di tutela limone Costa d’Amalfi IGP. Negli ultimi anni i nostri sforzi si sono concentrati nel massimizzare la resa del prodotto. Abbiamo spremuto le meningi per far sì che il limone non fosse considerato solo un agrume, ma diventasse anche altro, trasformato. Oggi utilizziamo l’80% del peso del limone grazie all’ottimizzazione delle fasi di produzione. Non solo succo, ma tanti derivati utilizzati per l’industria alimentare
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come semilavorati per pasticceria, ma anche per impieghi diversi, come oli essenziali per profumeria, cosmetica naturale al 100% e molto altro ancora. Abbiamo fatto una scelta, quella di continuare lungo il percorso della qualità perché i nostri prodotti abbiano sempre più sapore, più struttura e un’anima da raccontare». Un’altra idea dal buon profumo nata cinque anni fa in casa Maurizio Russo e oggi divenuta una solida realtà è Bù, crema di liquore prodotta con latte di bufala abbinato alla nocciola di Giffoni tostata. In un unico prodotto due eccellenze campane fuse insieme, miscelate in un gusto nuovo eppure così familiare. Nel tempo poi sono stati ideati il Bù alla grappa di aglianico, al rum caraibico e, ovviamente, al re limoncello. Gianluca prosegue il suo racconto di vita e di impresa, ripercorrendo i mesi difficili della pandemia da Covid-19: «Abbiamo subito una flessione del fatturato dell’80%, ma è stato proprio in questo periodo che abbiamo pensato a come rimodellare al meglio la nostra offerta. Ci siamo allora specializzati nella produzione di igienizzanti e puntato con decisione sul “trasformato” di cui dicevo prima. Abbiamo non solo limitato in breve tempo i danni, ma addirittura oggi i nostri numeri sono in crescita». Due anni fa, nel vuoto creato dal virus, Gianluca insieme con Ivan Pisapia (ceramiche di Cava de’ Tirreni), socio in questo progetto, si lancia con contagioso entusiasmo in una nuova avventura. Nasce così Campaniadamare - Museo Arte e Gusto mediterraneo, uno spazio a Sorrento di 570
mq su due livelli in cui mettere in mostra i prodotti tipici della regione. «Faccio mia la convinzione che "sia meglio scoprire di essere stati ingannati sul prezzo, che sulla qualità della merce". Da qui l’idea di dare vita a un punto vendita esclusivo in cui offrire, a clienti e turisti, non standard e grossolani souvenir, ma prodotti identitari capaci di rappresentare la storia forte di un’azienda, di una famiglia, pezzi di tradizioni, la cultura di un luogo». Campaniadamare mette in vetrina non solo prodotti alimentari fatti in Campania (pasta, liquori, composte, oli) ma anche gioielli, coralli, presepi, tessile, per un paniere di offerta in costante rinnovamento. «La tavola è sempre più una esperienza di qualità non solo estetica e la si vuole imbandire con prodotti veri, specie al ritorno di un viaggio, per ricordare tutto il bello e il buono dell’esperienza fatta. Oggi c’è maggiore consapevolezza in chi compra, si sta radicando una cultura non solo alimentare che prima non c’era. Chi sceglie Campania-
damare, allora, sa che sceglie l’autentico». Il punto vendita di Sorrento è strutturalmente versatile, perfetto per ospitare anche eventi, mostre, scuole di cucina e molto altro. Tra i progetti già pronti, i corsi di barman organizzati con Aibes, utili sia gli addetti ai lavori per l’esercizio della professione, sia per quanti hanno desiderio di imparare cosa c’è dietro un cocktail e uno shaker. Sorrento è però solo la prima tappa del progetto Campaniadamare. Altre sedi sono allo studio, anche all’estero. «Campaniadamare - rimarca Gianluca Russo - vuole essere partner di tutte quelle aziende che vogliono proporsi come esclusive, di tutte quelle realtà piccole e grandi di eccellenza che credono che la memoria abbia un valore emotivo, ma anche e soprattutto etico. Ogni nostro prodotto ha il carattere distintivo di chi quel liquore o quel corallo lo ha sognato, lo ha voluto, lo ha desiderato, lo ha progettato, lo ha realizzato e, infine, lo ha venduto». Identità, in fondo, vuol dire questo: farsi riconoscere e ricordare.
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INNOVAZIONE TECNOLOGICA: EVOLUZIONE IN AZIENDA E DINAMICITÀ DI BUSINESS
La Hard and Soft House è leader territoriale nel settore delle tecnologie, nella realizzazione di progetti ad elevata innovazione dedicati alla digitalizzazione delle PMI. Con Nicola Vito Sudano, Michele Mincuzzi e Antonio Gorrasi in qualità di Governance e con Antonio Maria Zinno, abbiamo parlato delle prospettive di crescita societaria e di estensione del mercato di riferimento con il recente ingresso in Mare Group a cura della redazione
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Antonio Gorrasi, Direttore Generale | Nicola Vito Sudano, A.D. e Direttore Finanziario | Antonio Maria Zinno, A.D. di Mare Group | Michele Mincuzzi, Direttore Commerciale
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n riferimento alle rivoluzioni del mondo informatico, dal suo osservatorio come ha reagito HSH alla pandemia da Covid-19? Quale sarà il valore aggiunto che HSH porterà in Mare Group?
Nicola Vito Sudano, A.D. e Direttore Finanziario: I continui
progressi tecnologici attuati negli anni in HSH hanno rappresentato una enorme marcia in più per riuscire ad affrontare chiusure e distanze. In HSH l’innovazione è il core business e questo ci ha consentito di vivere con ottimismo il periodo pandemico e di trasferire tale fiducia ai nostri clienti che han-
no visto in noi continuità e miglioramento nell’erogazione e gestione dei servizi offerti. Siamo stati un punto di riferimento per gli imprenditori che hanno avviato la trasformazione digitale richiesta dal loro business e ciò ci ha consentito di crescere nel fatturato anche nel 2019 e 2020, definendo nuovi importanti obiettivi ambiziosi per i prossimi anni. Tra questi, l’essere entrati con orgoglio a fare parte di Mare Group e di un ampio progetto strategico. Contribuiremo al piano industriale del gruppo con le nostre competenze, con la dedizione del nostro staff e la nostra visione di eccellenza ed efficacia nella
trasformazione digitale delle imprese. In questo settore abbiamo trent’anni di esperienza, di riconoscimento della qualità erogata ai nostri clienti, di investimenti costanti in innovazione e organizzazione. In Mare Group estenderemo i confini territoriali della nostra offerta e faremo parte dell’integrazione di competenze trasversali e tecnologie ancora più avanzate, grazie alle quali garantire soluzioni e servizi ad un target di mercato che si allargherà dalla PMI alla Grande Impresa fino alla Pubblica Amministrazione, in un contesto di forte digitalizzazione che pervaderà tutti, nessun settore escluso.
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Questo nuovo traguardo può
essere considerato un passo importante nell’espansione dell’azienda? Quali sono le strategie di vendita che adotterete? Più in generale, quali i vantaggi più evidenti nel digitalizzare i processi aziendali?
Michele Mincuzzi, Direttore Commerciale: È un grande pas-
so avanti per la nostra azienda che mira ad affermarsi sempre più come forte punto di riferimento nel processo di Digital Transformation delle imprese italiane. La nostra consapevolezza di leadership IT deriva dai nostri clienti che sempre più ci riconoscono come capaci di im-
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A proposito di capacità attuativa, qual è la chiave per rendere eseguibile una strategia di crescita e innovazione aziendale? Quali saranno le leve che utilizzerà in HSH per il raggiungimento degli obiettivi di crescita? Quali sono la Vision di HSH e i numeri davvero rilevanti del piano industriale? Antonio Gorrasi, Direttore Generale: Generare innovazione
e qualità richiede la capacità di attuare semplificazione nella complessità tecnologica, organizzativa e di processo. La strategia aziendale deve tradursi in esecuzione sia organizzativa, sia progettuale. Le strategie di crescita vanno articolate in fasi granulari, da attualizzare e controllare passo dopo passo,
A proposito del prossimo triennio, come questa strategia si integra nell’evoluzione del gruppo?
Antonio Maria Zinno, A.D. di Mare Group: HSH è una realtà solida
che conosciamo e seguiamo da molti anni: l’acquisizione rinsalda il rapporto, portandolo a un
plementare progetti e definire strategie di impresa 4.0. Abbiamo una strategia commerciale basata sul costante impegno nel fornire soluzioni innovative in partnership con brand internazionali di altissimo livello, come ad esempio Microsoft, HPE, Sophos, Epson, e molti altri. Ciò ci proietta verso una solida e strutturata pianificazione commerciale all’altezza dell’obiettivo di crescita che abbiamo per i prossimi anni. Digitalizzare i processi aziendali non è più solo un’opportunità di efficienza, ma una necessità per restare sul mercato. È vero che ogni cambiamento porta con sé
impegni e rischi, ma non entrare con determinazione in questa nuova realtà può creare impatti negativi profondi al business. Digitalizzare significa migliorarsi, snellire e facilitare i processi, risparmiare tempo e capitale, sicurezza e resilienza, ma soprattutto crescita grazie alla semplificazione dei processi di business indotta dalla tecnologia. Tutto ciò diventa invece alla portata degli imprenditori specie se si affidano a partner solidi che hanno un’esperienza consolidata e riconosciuta in tale ambito: il DNA di HSH!
motivando la squadra aziendale, valorizzando il know-how esistente e creando nuove capacità. In HSH le principali leve alla base della crescita storica e futura sono l’apprendimento continuo di nuove competenze, l’etica e la professionalità di tutto lo staff. La fiducia di Mare Group in HSH dimostra che il duro lavoro ripaga sempre e apre un ventaglio di possibilità nuove, con prospettive molto più ampie delle precedenti. La Vision del nuovo piano industriale di HSH è attuare un programma di trasformazione graduale verso un modello di azienda che, seppur di medie dimensioni, dovrà avere le capacità organizzative delle
grandi imprese per raccogliere le opportunità di crescita del mercato digitale, preservando le attitudini storiche di solidità finanziaria ed economica. Negli ultimi mesi abbiamo infatti avviato una importante riorganizzazione aziendale verso metodologie ad elevata flessibilità e con le caratteristiche di solidità delle aziende di livello Enterprise. Due macro-obiettivi sono alla base del piano industriale: già dal 2022 puntiamo ad un tasso percentuale di crescita del fatturato di anno in anno che raddoppi rispetto al trend storico, incrementando la percentuale di marginalità di oltre il 30% a tre anni.
nuovo livello. Dal punto di vista organizzativo, sfruttare il sistema Mare Group aiuterà HSH a concentrarsi sull’operatività e focalizzarsi sugli obiettivi. Dal punto di vista del mercato, non si tratta semplicemente di allargare gli orizzonti, ma anche e soprattutto di integrare l’offerta tecnologica
ottenendo benefici per entrambe le realtà e, soprattutto, un’offerta più completa, più flessibile e più dinamica verso i clienti, per attuare un’innovazione reale, efficace e utile che sia un vero strumento di crescita per l’intero ecosistema imprenditoriale.
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CONVERGENZE SPA SOCIETÀ BENEFIT, UN’ENERGETICA RIVOLUZIONE PERMANENTE
Non si ferma la crescita della società che oggi rappresenta una delle reti più interconnesse d'Italia e che ha numerosi punti di presenza anche in Europa oltre che a Los Angeles ed Hong Kong
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di Raffaella Venerando
osario Pingaro, presidente di Convergenze SpA SB, società di tecnologia integrata attiva nei settori telecomunicazioni, energia, e-mobility con il network EVO (Electric Vehicles Only), con sede a Capaccio Paestum, pare avere molto chiara la lezione thompsoniana del «Non bisogna mai investire quando l’orizzonte appare sereno». Talmente chiara da aver trasformato la sua azienda, ampliandone il business, in piena pandemia quando la gran parte del mondo produttivo subiva battute d’arresto. Convergenze non solo non si è mai fermata, ma è andata avanti. Obiettivo dopo obiettivo. Telecomunicazioni ed energia sono i due segmenti di business di Convergenze SpA Società Benefit. Quando e come è iniziata quest’avventura imprenditoriale? L'azienda nasce nel 2005 con il preciso intento di colmare, attraverso la tecnologia wireless, il digital divide nel Cilento, in provincia di Salerno. Abbiamo così coperto vaste aree del territorio a sud di Salerno, avviando da lì quella che sarebbe diventata la nostra espansione tecnologica e geografica. Nel 2015, infatti, abbiamo arricchito il portafoglio prodotti
con servizi di energia elettrica e gas naturale, inizialmente come reseller, fino a divenire Operatore del Dispacciamento sul finire del 2017. Il nostro modello di business è dalla prima ora sostenibile.
Rosario Pingaro
La nostra energia, infatti, deriva da fonti rinnovabili, garantite dall’annullamento delle garanzie d’origine sul GSE. In questo modo contribuiamo all’abbattimento delle emissioni di Co2. Da sempre proviamo a conciliare al meglio sostenibilità ambientale e innovazione tecnologica, un connubio che, se ben sfruttato, diventa un elemento di competitività unico. Non solo si acquisisce maggiore resilienza ai momenti di crisi ma soprattutto si riesce a intercettare prima e con maggiore efficacia nuove opportunità di business. Un esempio concreto: in tempi
non sospetti, abbiamo avviato in azienda una completa dematerializzazione di documenti e contratti, eliminando totalmente la carta nei nostri processi. Eravamo quindi fondamentalmente già pronti al cambio di passo richiesto a seguito della diffusione del COVID-19, quando è stato necessario, per ingaggiare nuovi clienti, poter sottoscrivere da remoto atti, contratti e documenti aziendali mediante strumenti informatici. Per natura siamo agili, veloci e totalmente in grado di crescere in tempi difficili. Lo abbiamo dimostrato. Già, tanto che nel dicembre del 2020 - nel pieno quindi del marasma causato dalla pandemia - Convergenze fa il suo ingresso in AIM Italia (ora Euronext Growth Milan), mercato alternativo del capitale gestito da Borsa Italiana S.p.A.. Qual è il disegno alla base di questa decisione? Siamo nati in un garage e non è un modo di dire. Fin da “piccoli”, abbiamo sempre coltivato la sana voglia di crescere e riuscire a fare cose importanti. Eravamo e siamo però tuttora consapevoli che, con le nostre sole forze, alcuni obiettivi ci sarebbero stati preclusi. È sostanzialmente questa la ragione per cui abbiamo deciso, nel 2020, di aprire il nostro
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capitale ad altri investitori. La quotazione è stata non solo il mezzo per recuperare nuove risorse, ma una tappa fondamentale di un percorso più ampio che ci ha permesso di lavorare e raggiungere una maggiore efficienza e capacità di programmazione. Oggi siamo più visibili, strutturati e preparati ad affrontare scenari internazionali. Abbiamo scelto di quotarci in Borsa anche perché volevamo essere da esempio: anche una piccola azienda, localizzata in un territorio di certo non famoso per i data center, può darsi l’opportunità di trasformare in realtà i propri sogni. A gennaio di quest’anno poi avete aperto la nuova divisione Wholesale. Con quali obiettivi? Oggi Convergenze rappresenta una delle reti più interconnesse d'Italia con numerosi punti di presenza anche in Europa oltre che a Los Angeles ed Hong Kong. L’intento era di rendere disponibile questo valore, creato negli ultimi quindici anni, insieme con i nostri processi e le no-
stre best practices, a operatori più piccoli. Dopo undici mesi i risultati ci premiano: si sono aggregati al nostro network oltre 30 reseller, con un fatturato aggregato che supera il milione di euro. Le sue passioni personali penso ad esempio al podismo - hanno influenzato anche le sue scelte professionali, in particolare la predilezione per una visione green delle attività economiche? In altre parole, la scelta di fornire solo energia proveniente da fonti 100% rinnovabili dice molto anche del suo modo di essere e, di rimando, fare impresa? La mia visione green dell’impresa non ha nulla di romantico, anzi. Nel 2011 a Cambridge ho avuto modo di partecipare a una masterclass dell’economista venezuelana Carlota Perez, un ascolto che mi ha aperto un mondo. Lì ho appreso che non poteva esistere un nuovo sviluppo economico se non fondato sul connubio tra innovazione tecnologica e sostenibilità. Si tratta di una scelta obbli-
gata, se vogliamo. Non c’era e non c’è alternativa per un futuro migliore. L’esperienza sportiva legata alla maratona, invece, mi è stata di fondamentale aiuto nel superare le difficoltà di vita e di lavoro. In 42 km di corsa si affrontano e superano tante crisi. Imparare a gestire gli ostacoli ti rende più forte sul lavoro, ti allena allo stress, alla lucidità, all’autocontrollo. Requisiti preziosi per arrivare a buone decisioni e al raggiungimento degli obiettivi. Lei è un imprenditore cilentano, con una variegata esperienza internazionale alle spalle. Perché ha scelto di investire e di rimanere al Sud? Perché se andiamo via tutti il nostro territorio si inaridisce. Ai più giovani dico di andare sì all’estero, di fare esperienza ma poi di ritornare qui al Sud. Abbiamo bisogno di talenti ed energia. Certo, avremmo anche necessità di un contesto ambientale maggiormente favorevole all’impresa. Su questo siamo molto indietro.
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GOL, IL RUOLO DELLE AGENZIE PER IL LAVORO Giuseppe Melara presidente e AD Fmts Group
Diventa fondamentale chiarire a chi bisogna “garantire” dei percorsi di ricollocazione per capire come intervenire, favorendo una maggiore cultura della formazione
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no degli argomenti che sta tenendo banco in questo periodo è senza dubbio la Legge di Bilancio 2022. La linea di demarcazione temporale tra l’anno che sta per finire - che di fatto ha creato i presupposti per definirne le linee guida - e quello che sta per arrivare ci pone di fronte una serie di riflessioni. Nel fare una scelta rispetto all’argomento dal quale partire punterei sul lavoro, sia per formazione che per sensibilità. Oggi ci troviamo a ragionare sui cambiamenti che nel medio e lungo periodo attraverseranno le imprese e i lavoratori e, di conseguenza, sul ruolo che nel tempo avranno gli enti attuatori. A far da bussola, a questo punto, è il programma Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori, strumento utile per l’inserimento nel mercato del lavoro dei soggetti più vulnerabili. Non a caso è stato scelto e usa-
to il sostantivo “garanzia”, quasi a voler sottolineare la solidità del percorso che prende in carico, profila, forma e ricolloca i disoccupati e le persone in transizione occupazionale. Tra i traguardi da raggiungere c'è quello di coinvolgere almeno 3 milioni di persone entro il 2025, di questi il 75% devono essere donne, disoccupati di lunga durata, persone con disabilità, giovani under 30, lavoratori over 55, percettori di ammortizzatori sociali. Gli obiettivi sono chiari. Al centro ci sono le persone e i loro profili. Mondi diversi per i quali sono necessari strumenti specifici. Il lavoro da fare è importante: almeno 800mila beneficiari dovranno essere coinvolti in attività di formazione, di questi circa 300mila seguiranno percorsi di rafforzamento delle competenze digitali. Il focus dunque si sposta su due attori ben precisi: gli enti che mettono in campo progetti e
percorsi utili al raggiungimento degli obiettivi, e quanti devono creare tutte le condizioni necessarie per l’incontro tra domanda e offerta. A chi si sta dunque rivolgendo GOL? La risposta è articolata perché sono diverse le figure previste dal programma: ci sono gli autonomi, i lavoratori in Cig, i beneficiari di Naspi e Dis-coll, del Reddito di Cittadinanza, i fragili o vulnerabili - come Neet, disabili, donne in condizioni di svantaggio, over 55 -, i disoccupati senza sostegno al reddito, i lavoratori autonomi che cessano in via definitiva l’attività professionale e i cosiddetti “working poor” cioè coloro che, pur lavorando, versano in condizione di precarietà e non dispongono di salari dignitosi. Chiarire a chi bisogna “garantire” dei percorsi di ricollocazione lavorativa è utile per capire cosa e come si deve intervenire; così come sarebbe necessario chiamare in causa
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le Agenzie per il Lavoro per capire come il mercato si sta muovendo, quali sono le reali esigenze del sistema impresa e se c’è un bacino dal quale attingere. Fotografia questa che, fermo restando il contributo fornito dai Centri per l’Impiego, ha bisogno anche dei dati delle Agenzie per il Lavoro per essere davvero esaustiva. A questo punto una parentesi diventa necessaria, ed è quella relativa ai modelli utili al raggiungimento dei risultati attesi. Esistono in Italia modelli di Fondi già sperimentati che consentono di formare, attraverso la “politica attiva formazione professionale”, candidati in condizioni di non occupazione e finanziare la formazione agli enti/agenzie che la promuovono, vincolandoli al raggiungimento del 35% di placement affinché sia ammesso il finanziamento, altresì si potrebbe vincolare
altra quota del beneficio alla realizzazione di obiettivi di processo, quali ad esempio la redazione di un CV efficace, scouting delle migliori offerte di lavoro in circolazione, supporto al candidato in fase di colloquio di lavoro. In questo modo si darebbe vita ad una filiera con doppio canale e scopo unico: da una parte la formazione con obiettivo assunzione e dall’altra l’orientamento finalizzato all’occupazione. Nel caso in cui si dovesse perdere il lavoro? Entrerebbe in gioco la ricollocazione. Il reinserimento nel mondo del lavoro chiama in causa diversi punti che lo stesso GOL prevede, come l’upskilling (interventi formativi di breve durata e dal contenuto professionalizzante) o il reskilling (una più strutturata attività di formazione necessaria per sviluppare abilità significativamente
differenti dal passato) o ancora l’inclusione che coinvolge la rete dei servizi territoriali o la stessa ricollocazione collettiva. La Campania, secondo le stime, è tra le prime tre regioni con Lombardia e Sicilia a usufruire del tesoretto a loro assegnato in quota del 20% rispetto al budget predisposto per le "Politiche attive del lavoro" relativo alla missione "Inclusione e coesione" del Recovery Plan. S’iniziano ad intravedere dei segnali ma è importante lavorare anche su una maggiore cultura della formazione. E qui torna il concetto con il quale ho iniziato questa riflessione: solo quando si ha la consapevolezza che ridefinire o rafforzare le proprie competenze rappresenta una garanzia per il futuro, allora la scelta diventa un’inevitabile conseguenza, sia per le imprese che per i lavoratori.
business
BESTINFLEXO, DUE GRUPPI SALERNITANI TRA I PIÙ BRAVI STAMPATORI D'ITALIA La Sada e la Di Mauro Officine Grafiche sul podio del premio organizzato dall'ATIF a cura della redazione
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n settore in forte crescita che, anno dopo anno, si afferma con piglio sempre più deciso. Parliamo della stampa flessografica e del premio “Bestinflexo”(2020 e 2021) targato Atif, quest’anno nuovamente in presenza grazie a quel lavoro di squadra capace di vincere come sottolineato dal presidente Marco Gambardella. Ad aggiudicarsi importanti riconoscimenti per la qualità dei propri prodotti due aziende socie di Confindustria Salerno e capitane di lungo corso del comparto packaging: la Sada di Pontecagnano e la Di Mauro Officine Grafiche di Cava de’ Tirreni. Nella categoria “stampa Flexo su film banda media esterna” si è affermata sulle altre ALUCART, azienda del gruppo DI MAURO. A ritirare il premio Angelo Oliveri, Direttore dello stabilimento di Mazzo di Rho a Milano, che ha ringraziato tutti i collaboratori che con passione, tenacia e disponibilità hanno fronteggiato questo difficile periodo. Altra azienda abituata a calcare il podio del Bestinflexo è la Sada, come ama sottolineare Valentina Sada, Responsabile Marketing e Comunicazione del Gruppo: «È un concorso al quale partecipiamo tutti gli anni perché i lavori in stampa
flessografica commissionati dai nostri clienti sono sempre più complessi e sfidanti. Siamo contenti di gareggiare con i più bravi stampatori d’Italia. Stare sul podio è motivo di orgoglio e soddisfazione, vuol dire che il nostro team ha lavorato bene e che scegliamo sempre le tecnologie più valide a livello tecnologico e i
migliori materiali sussidiari». L’azienda - per l’annualità 2020 - si è classificata al 2 posto nella categoria Cartone ondulato patinato post print e al terzo in quella “Uso creativo e innovativo della flexo”. Secondo posto 2021 invece nella categoria “Cartone ondulato non patinato post print”.
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Alucart premiata nella categoria “stampa Flexo su film banda media esterna”
Gruppo Sada premiato a Bestinflexo
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lavoro
INFORTUNIO IN PAUSA CAFFÈ, LA CASSAZIONE DICE NO ALL’INDENNIZZO Paolo Ambron avvocato giuslavorista info@studiolegaleambron.it
L’assicurazione comprende tutti i casi di incidente avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro, senza coprire però i rischi generici, ovvero quelli derivanti da una scelta arbitraria del lavoratore
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a Corte di Appello di Firenze, con sentenza n. 13545/2014, confermando quanto statuito dal Giudice di prime cure, ha riconosciuto il risarcimento del danno alla lavoratrice infortunatasi durante la pausa caffè mentre percorreva a piedi la strada di rientro presso la sede lavorativa. Il Giudice di primo grado aveva riconosciuto alla lavoratrice il nesso eziologico con l’attività lavorativa considerato che la pausa era stata autorizzata dal datore di lavoro e all’interno della struttura non era presente il servizio bar. La Corte di Appello ha ritenuto che l’evento fosse connesso e accessorio all’attività lavorativa e non ricorresse un’ipotesi di rischio elettivo. A seguito del ricorso in Cassazione da parte dell’Inail, la Suprema Corte con la sentenza n. 32473 dell’8/11/2021 ha riformato quanto stabilito, e riconosciuto, nei primi due gradi di giudizio. Secondo la tesi dell’Inail, le circostanze che avrebbero caratterizzato l’infortunio non sarebbero state tali da ricondurlo nella nozione legale di occasione di lavoro così come specificata dall’art 2 d.P.R. n. 1144 del 1965, secondo cui l’assicurazione comprende tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro, ovvero una inabilità temporanea assoluta che importi l'astensione dal lavoro per più di tre giorni. La lavoratrice, infatti, si era allontanata dal posto di lavoro per recarsi nel vicino bar e tale comportamento rientrerebbe in un rischio volontariamente assunto dalla dipendente, considerato che non si ravvisa nell’esi-
genza di prendere un caffè il carattere del necessario bisogno fisiologico che avrebbe consentito di mantenere la stretta connessione con l’attività lavorativa. La Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha accolto il ricorso dell’Inail, cassando la sentenza impugnata e ribaltando così le decisioni dei due gradi precedenti, stabilendo che, secondo l’art. 2 del D.P.R. n. 1124 del 1965, l’assicurazione comprende tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro ma non copre anche i rischi generici o elettivi, vale a dire quelli scaturiti da una scelta arbitraria del lavoratore che, mosso da impulsi e per soddisfare esigenze personali, crei volutamente una situazione diversa da quella inerente all’attività lavorativa. Il rischio perché possa essere riconosciuto dall’Ente deve essere sempre connesso all’attività lavorativa o comunque non può essere scaturito cioè da una scelta del lavoratore che nessun legame ha con la sua mansione. La Corte di Cassazione ha ritenuto fondate le censure mosse dall’Inail escludendo quindi «la indennizzabilità dell’infortunio subito dalla lavoratrice durante la pausa al di fuori dell’ufficio giudiziario ove prestava la propria attività e lungo il percorso seguito per andare al bar a prendere un caffè, posto che la lavoratrice si è volontariamente esposta ad un rischio non connesso all’attività lavorativa per il soddisfacimento di un bisogno certamente procrastinabile e non impellente, interrompendo così la necessaria connessione causale tra attività lavorativa e incidente».
norme e società
GIUSTIZIA CIVILE, APPROVATA LA LEGGE DELEGA PER LA RIFORMA DELLA MEDIAZIONE Marco Marinaro avvocato cassazionista - professore a contratto di “Giustizia sostenibile e ADR” del Dipartimento di Giurisprudenza della LUISS “Guido Carli” di Roma - giudice ausiliario della Corte di Appello di Napoli - mediatore e arbitro || mmarinaro@luiss.it
Il Governo al lavoro per la fase attuativa che renderà concreto il modello italiano per una giustizia coesistenziale e sostenibile
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a riforma della giustizia civile è legge. Con 364 voti favorevoli, 32 contrari e 7 astenuti, il 25 novembre 2021, la Camera dei Deputati - nel rinnovare la fiducia al Governo - ha approvato il ddl n. 3289 contenente la “Delega al Governo per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonché in materia di esecuzione forzata”, con il dichiarato obiettivo di ridurre la durata dei processi concordata in sede europea entro i 5 anni del PNRR (riduzione della durata del 40% sino ad arrivare a “quota 1000”, cioè a una durata media dei processi di 1000 giorni). In un tempo record prende corpo una profonda riforma della giustizia civile i cui princìpi sono orientati non soltanto all’efficienza e, quindi, alla riduzione
dei tempi processuali, ma anche alla realizzazione di un sistema integrato tra giurisdizione e strumenti consensuali in una logica non meramente deflativa. La legge delega nella sua complessità è chiaramente volta alla costruzione di un sistema virtuoso della giustizia civile, sempre più orientato al radicamento di strumenti coesistenziali e al solidarismo costituzionale. Queste sono le ragioni sottese ad una ampia riforma della mediazione perché possa consolidarsi e ulteriormente diffondersi quale strumento privilegiato per la pacifica convivenza sociale, in uno spazio regolamentato di leale collaborazione con l’ausilio di professionisti esperti. Un sistema poliedrico, integrato e sostenibile. Molto dipenderà dalla fase che si è appena aperta e che condurrà all’approvazione dei decreti delegati. La legge prevede infatti che i princìpi e i criteri direttivi dettati dal Parlamento debbano essere attuati dal Governo
entro un anno. Già dalla prima lettura della legge delega si può rilevare come per la mediazione l’impianto della riforma sia stato strutturato in quattro aree di intervento. In primo luogo, si investe sulla mediazione incentivando e sostenendone l’utilizzo; si prevede infatti il riordino e la semplificazione degli incentivi fiscali, ma anche l'incremento della misura dell'esenzione dall'imposta di registro sugli accordi conciliativi stipulati e inoltre il riconoscimento di un credito d'imposta commisurato al compenso dell'avvocato che assiste la parte nella procedura di mediazione nei limiti previsti dai parametri professionali; con l'ulteriore riconoscimento di un credito d'imposta commisurato al contributo unificato versato dalle parti nel giudizio che risulti estinto a seguito della conclusione dell'accordo di mediazione. E ancora, l'estensione del patrocinio a spese dello Stato alle procedure di mediazione e la
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previsione di un credito d'imposta in favore degli organismi di mediazione commisurato all'indennità non esigibile dalla parte che si trova nelle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato e, infine, la riforma delle spese di avvio della procedura di mediazione e delle indennità spettanti agli organismi di mediazione. Una seconda area di intervento riguarda poi quei princìpi che mirano a risolvere le diverse criticità processuali emerse nel corso del primo decennio di vigenza della mediazione c.d. obbligatoria, al fine di risolvere i dubbi interpretativi e i contrasti giurisprudenziali derivati. Si pensi all’individuazione dell’onere di avvio della mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ma anche alla partecipazione personale delle parti (con la limitazione e la regolamentazione del potere di delegare) e alla effettività della procedura con le relative sanzioni; e ancora allo “scudo” per la responsabilità erariale dei funzionari delle amministrazioni pubbliche che partecipano alla mediazione, alla possibilità di utilizzare la relazione dell’esperto in mediazione nel successivo processo o, ancora, alla possibilità dell’amministratore di condominio di attivare e aderire alla procedura senza la preventiva delibera assembleare. Una terza area riguarda gli interventi sulla mediazione c.d. obbligatoria nella sua duplice declinazione del filtro preventivo (posto dal legislatore in via astratta e generalizzata) e di quello successivo (affidato al giudice per una selezione mirata fatta caso per caso). Per la me-
diazione preventiva viene prevista l’estensione della mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale ad altri ambiti di controversie (in particolare, in materia di contratti di associazione in partecipazione, di consorzio, di franchising, di opera, di rete, di somministrazione, di società di persone e di sub fornitura). Decorsi 5 anni dall’ampliamento viene prevista una verifica dell'opportunità della permanenza della procedura di mediazione come condizione di procedibilità. Quanto alla mediazione successiva, nel corso del processo, l’obiettivo è quello di valorizzare e incentivare la mediazione demandata dal giudice in un regime di collaborazione necessaria fra gli uffici giudiziari, le università, nel rispetto della loro autonomia, l'avvocatura, gli organismi di mediazione, gli enti e le associazioni professionali e di categoria sul territorio, che consegua stabilmente la formazione degli operatori, il monitoraggio delle esperienze e la tracciabilità dei provvedimenti giudiziali che demandano le parti alla mediazione. Alla quarta area di intervento possono ricondursi quei princìpi che puntano a innalzare il livello qualitativo della mediazione. Infatti, il legislatore prevede un intervento sulla normativa che regolamenta gli organismi che amministrano il servizio e sugli enti di formazione. Si prevede così la revisione della disciplina sulla formazione e sull'aggiornamento dei mediatori (aumentando la durata della stessa) e dei criteri di idoneità per l'accreditamento dei formatori teorici e pratici; ma si preve-
de altresì di potenziare i requisiti di qualità e trasparenza del procedimento di mediazione, anche riformando i criteri indicatori dei requisiti di serietà ed efficienza degli enti pubblici o privati abilitati a costituire gli organismi di mediazione come anche la riforma e la razionalizzazione dei criteri di valutazione dell'idoneità del responsabile dell'organismo di mediazione, nonché degli obblighi di quest’ultimo e del responsabile scientifico dell'ente di formazione. Resta invece da affrontare la questione relativa all’autonomia scientifico disciplinare della mediazione (di competenza del MIUR). Infine, il legislatore assegna al Governo un ulteriore compito che attiene alla armonizzazione, all'esito del monitoraggio che dovrà essere effettuato sull'area di applicazione della mediazione obbligatoria, della normativa in materia di procedure stragiudiziali di risoluzione delle controversie previste dalla legge e, allo scopo, raccogliere tutte le discipline in un testo unico degli strumenti complementari alla giurisdizione. Il percorso normativo e culturale avviato con la legge delega potrà consentire di riscrivere il rapporto tra i cittadini e la giustizia e, quindi, tra giurisdizione e ADR. Ciò dipenderà ovviamente dalla puntuale e consapevole attuazione dei princìpi indicati rendendo più efficace la mediazione e ponendo le basi per la realizzazione di un sistema evoluto di giustizia sostenibile. Soltanto all’esito della legislazione attuativa e di quella regolamentare sarà però possibile valutare appieno le innovazioni che saranno apportate.
norme e società
IL PNRR E L’OCCASIONE PER RENDERE MENO RIGIDA L'INTERDITTIVA ANTIMAFIA Luigi Maria D’Angiolella avvocato | studio D'Angiolella dangiolella@studiolegaledangiolella.it
Tra le novità più rilevanti l’introduzione del preventivo contraddittorio, grazie al quale le aziende potranno ora chiarire all’autorità prefettizia alcuni elementi ambigui o fraintendibili
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on il D.L. 152 del 6.11.2021 “Disposizioni urgenti per l’attuazione del PNRR e per l’infiltrazione mafiosa”, sono state introdotte alcune modifiche al T.U. Antimafia (D.l.gs 152/2021) con cui il Governo prova a limitare il ricorso all’interdittiva per favorire la continuità aziendale, non venendo meno, però, alla sempre vigile attenzione che va dedicata ad un fenomeno così pervasivo. In particolare, sono state fissate in legge alcune delle questioni che spesso venivano proposte nei ricorsi amministrativi, perché, in principio, già presenti nel sistema ma che, purtroppo, la giurisprudenza amministrativa non accoglieva se non raramente. Ecco perché la riforma non è di poco conto, portando chiarezza su due elementi decisivi, introducendo il preventivo contraddittorio e misure alternative per i casi meno gravi.
É stato innanzitutto introdotto l’art. 92, comma 2 bis, che questa volta impone la necessità a carico del Prefetto della preventiva comunicazione al soggetto interessato e cioè il necessario contraddittorio nelle ragioni della possibile interdizione, con termine di 20 giorni per presentare memoria. Tale procedura si conclude entro 60 giorni al termine della quale il Prefetto, ove non si proceda ad un’informativa antimafia liberatoria, dispone l’applicazione di cui all’art.94 bis nel caso in cui la situazione sia di “agevolazione occasionale” (concetto su cui si tornerà) o adotti l’interdittiva antimafia secondo il sistema che si conosce.L’altra novità è data dall’art. 94 bis e dall’introduzione del concetto, come detto, di “agevolazione occasionale” alle organizzazioni criminali, come forma meno grave da cui derivano conseguenze diverse. Su tale termine, e cioè su quali siano tentativi definibili di
“agevolazione occasionale”, ci sarà certo da discutere e si dovrà attendere per avere una condivisa formulazione del nuovo istituto da parte della giurisprudenza. In questi casi, che certo sono intesi dal D.L. cit. come quelli meno gravi, il Prefetto può imporre, in luogo della devastante interdittiva, l’osservanza, per un periodo non inferiore ai 6 mesi, di una o più delle seguenti misure: a) l’adozione del contributo organizzativo di cui alla L. 231/2001 atto a rimuovere o prevenire le cause di “agevolazione occasionale”; b) obbigo di comunicare a gruppi interforze gli atti di disposizione di acquisto e pagamento di un certo valore; c) nel caso di società, anche le forme di finanziamento a soci o a terzi comunque l’utilizzo di un conto corrente dedicato a tale attività. Il Prefetto è anche abilitato a nominare degli esperti a sup-
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porto dell’impresa, per l’esecuzione di tali forme di prevenzione. Tali misure vengono meno laddove il Tribunale penale di prevenzione disponga il controllo giudiziario ai sensi del comma 2 art. 34 bis T.U. Antimafia - che è confermato - e che dovrà tener conto anche delle misure adottate dal Prefetto. Il Prefetto, alla scadenza delle misure adottate, verificato il tentativo anche dell’agevolazione occasionale e dell’assenza di altri tentativi di infiltrazione, può rilasciare certificazione antimafia liberatoria. Finalmente, intanto, vi è una norma di civiltà che è quella del preventivo contraddittorio. Moltissime aziende attraverso la semplice spiegazione de visu dell’ avvenimento e/o dei fatti spesso indiziari rilevati dalla Polizia Giudiziaria e che prima portavano direttamente all’interdittiva, ora hanno la possibilità di chiarire se quegli elementi sono fraintesi o più labili di ciò che appaiono, per tranquillizzare così l’Autorità prefettizia. Inoltre, nel caso in cui il Prefetto ritenga sussistente solo la c.d. agevolazione occasionale al sistema criminale (e su questo come detto si aprirà un dibattito giurisprudenziale) potrà adottare misure alternative e in particolare, come detto, obblighi organizzativi che possono reprimere o prevenire all’interno dell’azienda fenomeni sia corruttivi, sia di infiltrazione e la necessità di rintracciare risorse i flussi finanziari. A seguito di tale controllo il Prefetto avrà maggiori elementi, provenienti all’interno
dell’azienda stessa, per poter decidere se adottare o meno misure interdittive. Questi aggiustamenti ritengo siano un grande passo in avanti, da sempre auspicato dagli avvocati e dalle imprese, ed elementi di civiltà per continuare a combattere fenomeni criminosi ma, allo stesso tempo, evitando quelle tagliole che portano al fallimento o comunque ad uno stigma sociale di mafiosità, del tutto fuori sistema. Prima di questa importante novità voluta dal Governo, sulla base di meri rapporti di polizia - a loro volta agganciati a labili indizi, spesso addirittura di carattere sociologico (come lontane parentele o incontri più o meno occasionali) o ancora, a pregiudizi su territori ritenuti ad alto grado di pericolosità - i Prefetti interdicevano aziende a famiglie portandole in breve alla rovina, senza possibilità di un confronto o di un controllo rassicurante per tutti. Certo, i dubbi interpretativi e
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«Nel caso in cui il Prefetto ritenga sussistente solo la c.d. agevolazione occasionale al sistema criminale potrà adottare misure alternative e in particolare obblighi organizzativi che possono reprimere o prevenire fenomeni sia corruttivi, sia di infiltrazione» _________________________
il possibile appesantimento della procedura fanno dubitare sull’applicazione immeditata a regime, ma certamente si è sulla buona strada.
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ACCERTAMENTO FISCALE: DOPO LA CASSAZIONE È “FINE FISCO MAI” Marco Fiorentino dottore commercialista / revisore legale dei Conti marcofiorentino@fiorentinoassociati.it
Secondo una recente pronuncia, il decorso dei termini fa decadere l’azione di accertamento per l’anno in questione ma non la facoltà di utilizzo dei fatti e dei comportamenti fiscali di quell’esercizio. Gli effetti per le imprese non potranno che essere pesanti e portare a situazioni paradossali
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na pronuncia della Corte di Cassazione a sezioni unite (la n.8500/2021) sta provocando una generale sollevazione da parte di operatori ed esperti in materia tributaria, per gli impliciti effetti che essa è in grado di produrre e che vanno probabilmente anche oltre quanto la stessa Corte potesse immaginare. La fattispecie sottoposta al giudizio della Corte riguardava un accertamento effettuato dall’Agenzia delle Entrate (“AGE”) ad una Stabile Organizzazione di una banca estera, avente ad oggetto la deduzione (ex art.106 comma 3 TUIR vecchia formulazione) di perdite su crediti di natura finanziaria vantati verso Parmalat. Questa norma, in sintesi, prevedeva che le svalutazioni sui crediti finanziari, eccedenti una determinata soglia annuale pari allo 0,60% dei crediti complessivi, potessero esse dedotte solo nei nove esercizi successivi. La ma-
teria del contendere era il mancato riconoscimento del diritto a dedurre la svalutazione di un credito (sia per la parte sotto soglia che, a maggior ragione, per la sua eccedenza) per ragioni attinenti alla natura stessa del suddetto credito. La particolarità di questa vicenda è che il periodo d’imposta (2003), in cui era sorto il fatto generatore della contestazione - perdita del credito - era già fiscalmente prescritto e l’AGE aveva indirizzato la sua contestazione sul recupero a tassazione della quota della deduzione (1/9) riferita a un periodo d’imposta successivo ancora “aperto” (2004). In altre parole, l’AGE non potendo più contestare l’irregolarità nell’anno di competenza dell’operazione, ha voluto sterilizzarne gli effetti fiscali negli anni successivi e la sentenza in commento, riformando peraltro le decisioni opposte delle corti di merito, ha ritenuto tale operato corretto. Per motivare questa asserzione la Corte è
partita precisando che a ciascun periodo d’imposta corrisponde un’autonoma e distinta obbligazione tributaria e conseguentemente un’altrettanta distinta attività accertatrice, i cui termini scadono entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello della presentazione della relativa dichiarazione. A questo ha poi aggiunto che i singoli accertamenti sugli elementi pluriennali dedotti, proprio per la natura delle poste in questione, devono necessariamente avere come base l’analisi del loro fatto generatore, e la circostanza che l’annualità di generazione non sia stata oggetto di verifica nei termini, non può mai vanificare l’attività di verifica dell’AGE. Da questi assunti, la Cassazione ha concluso che i termini di decadenza per l’accertamento della deducibilità o meno di un rateo di una componente pluriennale, devono decorrere dall’anno di presentazione della dichiarazione contenente il sud-
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detto rateo e non da quello della prima iscrizione in bilancio della relativa componente. La Corte però è andata anche oltre, ritenendo infatti di chiarire che questa tecnica accertativa è legittima per ogni ipotesi in cui la norma fiscale preveda meccanismi di deduzione di costi o di utilizzi di crediti d’imposta, diluiti nel tempo, introducendo nei fatti una sorta di meccanismo di recapture di atti lontani nel tempo e non più contestabili perché riferiti ad anni non accertabili. Si fa presto a capire che il perimetro del recapture è molto ampio, ricomprendendo ammortamenti, risconti, plusvalenze rateizzate, variazioni in diminuzione a fronte di costi non dedotti nel passato e così via. Esso può estendersi, insomma, a tutte quelle voci del bilancio che possano avere dei disallineamenti temporali tra contabilizzazione e rilevanza fiscale, oppure prevedano dei processi di concorso al reddito imponibile frazionato nel tempo. Ma non è tutto. Secondo la Corte il recapture coinvolge anche l’utilizzo a scalare nel tempo di crediti d’imposta maturati in esercizi non più accertabili, come ad esempio i cc.dd. “Bonus”, oggi largamente utilizzati da parte del Legislatore, nonché l’eventuale acclarata inesistenza di passività verso i soci, rivenienti dal passato. Addirittura, c’è in sentenza anche un richiamo ad una risalente pronuncia della Cassazione (n.1583/1989) che era arrivata ad ipotizzare un sindacato dell’AGE persino sull’utilizzo delle perdite pregresse maturate - ugualmente in periodi non accertabili - laddove fosse possibile contestare l’inesistenza delle stesse a monte. In poche parole, per la Cas-
sazione il decorso dei termini fa decadere l’azione di accertamento per l’anno in questione ma non la facoltà di utilizzo dei fatti e dei comportamenti fiscali di quell’esercizio. Gli effetti per le imprese di questa decisione non potranno che essere pesanti e portare a situazioni paradossali. Per andare in compliance con questa sentenza, infatti, le imprese dovranno stabilire procedure abbastanza stravaganti per stabilire a fine anno quali documenti dismettere di anni passati e quali conservare, sulla base di un analitico esame voce per voce, per periodi di tempo del tutto indefiniti. Questo lavoro certosino potrebbe portare al paradosso di una conservazione per 50 anni nel caso dell’ammortamento del marchio rivalutato (la cui durata di recente è stata proprio portata a tale entità) o fino all’estinzione dell’impresa, nel caso di contestazione nell’utilizzo di perdite pregresse. Tutta questa impostazione giurisprudenziale naturalmente è in evidente contrasto con le disposizioni del codice civile e dell’art. 22 del DPR 600/73, che, per la conservazione dei libri e documenti contabili, prevedono termini precisi e ben più ridotti rispetto a quelli che la Corte immagina. La Cassazione, tuttavia, si è premurata anche di gestire tale contrasto, e se l’è sbrigata facile, precisando che la possibile incostituzionalità della sua pronuncia deve ritenersi superata dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 247/ 2015. Peccato che tale sentenza trattasse del raddoppio dei termini di accertamento in caso di reati penali. Fattispecie, pertanto, del tutto diversa e peraltro riferita a norma non più
in vigore. In buona sostanza, con questa sentenza peraltro a sezioni unite, sembra che venga attribuito all’AGE una sorta di lasciapassare per il “fine fisco mai”. A valle dello scenario prefigurato dalla Cassazione, si pongono dei piccoli problemi pratici. Il primo è come si fa a spiegare ad un imprenditore che deve investire nella logistica, non per aumentare i magazzini ma per stipare documenti contabili. Il secondo è come si può evitare che potenziali investitori esteri fuggano, dinanzi al fatto che se vogliono comprare un’impresa in Italia, per gestire il rischio fiscale, non devono fare le classiche due diligence, ma devono imbastire una revisione analitica contabile-fiscale ed essere anche certi di aver recuperato dal venditore tutti i documenti nel massimo dettaglio possibile degli ultimi decenni. Il terzo problema si riferisce agli effetti che questa visione accertatrice potrà generare sul comportamento delle imprese. Non credo che potremo criticare quell’impresa che, dinanzi a costi in teoria capitalizzabili ma di incerta tenuta fiscale, ritenga più conveniente il loro passaggio integrale a conto economico anziché portarli patrimonio. Infatti, il rischio di un accertamento di un unico esercizio è senza dubbio inferiore a quello dei diversi esercizi in cui il costo capitalizzato verrebbe ammortizzato, e questo comportamento avrebbe anche lo spiacevole corollario del danno in termini finanziari per l’Erario. Si potrà dire certamente che il giudizio di una Cassazione a Sezioni Unite non può che essere corretto per definizione, ma si lasci rispondere che stavolta forse non è giusto.
fisco
ZES, BONUS INVESTIMENTI AMPLIATO Alessandro Sacrestano management consultant Sagit&Associati srl amministratore unico Assindustria Salerno Service srl asacrestano@studiosagit.it
Cresce l’appeal dell’agevolazione. Credito di imposta esteso anche all’acquisto di beni immobili strumentali
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a nuova richiesta di accesso al bonus investimenti nelle aree ZES porta in dote la possibilità di inserire anche l’acquisto di beni immobili strumentali, così come espressamente previsto dall’articolo 57, comma 1, lett. b), n. 4, del DL n. 77/2021. La novità interessa gli investimenti eseguiti dallo scorso 1° giugno. L’allargamento dell’agevolazione determina però anche dei dubbi operativi, ai quali, comunque, può legittimamente darsi risposta sfruttando la prassi ministeriale emanata su agevolazioni similari. Per intenderci, la norma novellata prevede che siano ammessi nell’area ZES gli investimenti in beni immobili strumentali. Ma cosa si intende specificamente per bene immobile strumentale? La domanda ha senso se si tiene conto del fatto che esiste un doppio concetto di strumentalità per gli immobili; il primo, “per natura”, riguarda quelli che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni e, cioè, le unità immobiliari classificate o classificabili nei gruppi catastali “B”, “C”, “D”, “E” e nella categoria “A10” qualora la destinazione ad ufficio o studio privato risulti dal provvedimento amministrativo autorizzatorio. Un secondo criterio è invece quello per “destinazione”, che riguarda tutti gli immobili, a prescindere dalla destinazione, effettivamente utilizzati per l’esercizio dell’attività. Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 38/E/2002, relativa all’analogo incentivo disposto dalla legge n. 388/00, ebbe modo di precisare che tutti gli immobili strumentali di cui all’art. 40
del TUIR rientrano nell’ambito dell’agevolazione. In particolare, l’Amministrazione Finanziaria chiarì che tale condizione si realizza purché questi siano destinati a strutture produttive situate nelle aree svantaggiate e, quindi, coerentemente con il nuovo indirizzo, in area ZES. Il Fisco però aggiunge che non possono essere agevolati gli immobili strumentali per natura dati in locazione a terzi. Si ritiene che tale conclusione sia mutuabile per l’attuale tax credit. Altra problematica riguarda, invece, il carattere della novità. Come noto, per la normativa di agevolazione in argomento i beni acquisiti danno diritto al credito d’imposta solo se nuovi. Questo vale anche per gli immobili, e se sì quand’è che questi possono dirsi nuovi? Ebbene, sempre nel menzionato documento di prassi, l’Agenzia ebbe modo di evidenziare che la novità del bene, deve risultare da un’attestazione del venditore, fatti comunque salvi i poteri dell’amministrazione di procedere al controllo e alla verifica della sussistenza del requisito. Sempre su questo tema, poi, il Fisco ha chiarito che può essere considerato nuovo un fabbricato strumentale acquistato da un’impresa di costruzioni che, prima della cessione, abbia operato sullo stesso una radicale trasformazione; ciò a condizione che gli interventi non costituiscano mero adattamento della struttura alle caratteristiche di una eventuale nuova categoria catastale e che l’importo complessivo dei lavori sia prevalente rispetto al costo di acquisto dell’immobile da parte del cedente, il quale è tenuto ad attestare la sussistenza dei suddetti requisiti.
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RESTO AL SUD, NUOVE MODIFICHE Giuseppe Arleo dottore commercialista | giuseppearleo@libero.it
L'agevolazione si allarga a nuovi soggetti beneficiari e territori per finanziare idee di impresa e creare posti di lavoro
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on le modifiche all’incentivo di Resto al Sud, gestito da Invitalia - Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A., si ampliano in maniera ancora più importante le possibilità di ottenere agevolazioni da parte di quanti vogliano avviare una attività imprenditoriale e, per le imprese operative dal 21 giugno 2017, ampliare o convertire la propria impresa. Sono quindi importanti le modifiche dell’incentivo Resto al Sud, già operative, che ampliano i settori finanziabili, introducendo tra le attività agevolabili quelle attinenti al commercio dopo aver introdotto circa dodici mesi fa i liberi professionisti, e i territori oggetto di agevolazioni, allargando alle isole minori del Centro-Nord. Attraverso l’articolo 13 della Legge 9 novembre 2021,
n. 156 (legge di conversione con modificazioni del Decreto-legge 10 settembre 2021, n. 121) si pongono quindi le basi per un maggiore utilizzo dei fondi a sostegno di un settore che registra oramai una bassa “natalità”, oltre ad essere stato molto danneggiato dalla pandemia. Maggiore supporto anche ad aree geografiche potenzialmente molto attrattive, ma finora poco “visibili”, da aiutare in maniera strategica. Alla data del 1° novembre 2021 i dati ufficiali dell’agevolazione Resto al Sud riportati sul sito istituzionale di Invitalia sono molto importanti: risultano stanziati finora, dalla data di apertura, ben 432 milioni di euro, utili per agevolare 10.210 iniziative presentate e creare ben 38.058 posti di lavoro. Le maggiori opportunità create ai potenziali imprenditori, chiaramente, portano ad una pari necessità di una maggiore
dotazione di mezzi finanziari auspicabile al fine di rendere la misura anche duratura nel tempo. Sicuramente con l’ampliamento orizzontale e verticale (soggetti beneficiari e aree geografiche), i risultati attesi saranno ancora più positivi avendo ad oggetto un settore strategico come il commercio, che necessita di agevolazioni e incentivi, e alcune aree strategiche insulari del nostro Paese finora non agevolate ma che hanno notevoli indotti turistici. L’incentivo, ricordiamo, riguarda quanti - al di sotto dei 56 anni di età - vogliano avviare e/o sviluppare attività d’impresa e professionali. I territori agevolabili sono inquadrati nelle Regioni Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Calabria, Sicilia e Sardegna. Sono altresì agevolabili 116 comuni rientranti nelle Regioni del centro Italia Lazio, Marche e Umbria
colpite da eventi sismici del 2016 e 2017. Sono agevolabili i liberi professionisti, il turismo, la fornitura di servizi alle imprese e alle persone, le attività produttive nei settori industria, artigianato, trasformazione dei prodotti agricoli, pesca e acquacoltura. Sono escluse le attività agricole. Il contributo ottenibile è pari al 100%, copre l’intero investimento ad eccezione dell’iva, ed è al 50% a fondo perduto e la restante parte a finanziamento bancario a tasso zero, erogato da uno degli Istituti di credito convenzionati con Invitalia tramite Abi, garantito dal fondo di garanzia per l’80% e rimborsabile in 8 anni
di cui i primi due di preammortamento. In caso di ditta individuale il contributo ottenibile è pari a 60.000 euro ridotto a 50.000 a socio, in caso di società, fino ad un massimo di 200.000euro. È previsto un contributo aggiuntivo a fondo perduto, erogato solo a completamento dell’investimento, pari a 15.000 euro per le ditte individuali e 10.000 euro a socio in caso di società. Le agevolazioni sono ottenibili a fronte di investimenti in: impianti e attrezzature, arredamenti e macchinari esclusivamente nuovi di fabbrica; opere edili e impiantistica edile entro il 30% dell’investimento; spe-
se inerenti il capitale circolante quali canoni di locazione, materie prime, semilavorati, merci, utenze, assicurazioni ecc. entro il 20% dell’investimento. La valutazione delle domande avviene secondo l’ordine cronologico di arrivo. Ad una prima analisi formale dei requisiti soggettivi e oggettivi, segue una verifica della documentazione prodotta e un colloquio conoscitivo diretto a conoscere le capacità e le competenze nella gestione dei vari aspetti attinenti la gestione dell’attività oggetto di agevolazione. L’iter si conclude poi con una valutazione di merito del progetto presentato.
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NUOVE AREE GEOGRAFICHE AGEVOLABILI
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e aree geografiche che si aggiungono a quelle già agevolabili sono le isole minori quali Campo nell'Elba, Capoliveri, Capraia, Giglio, Marciana, Marciana Marina, Ponza, Porto Azzurro, Portoferraio, Portovenere, Rio, Ventotene. A queste si aggiungono le isole lagunari e lacustri quali Isole della laguna veneta (Lido, Murano, Pellestrina, Burano, Sant’Erasmo, Mazzorbo, Vignole, Torcello, San Giorgio, San Michele, San Clemente, San Francesco del Deserto, Marzobetto, San Lazzaro degli Armeni), Isole della laguna di Grado (Isola di Grado, Isola di Santa Maria di Barbana, Isola di Morgo), Isole del lago d’Iseo (Monte Isola), Isole del lago di Garda, Comacina (lago di Como), Isola d’Orta - San Giulio, Isole del lago Trasimeno (Isola Maggiore e Isola Polvese), Isole Borromee (Isola Superiore, Isola Bella, Isola Madre, Isola San Giovanni). dicembre 2021|gennaio 2022
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TRASPORTI E MAGAZZINAGGIO: NEL 2020 CALANO GLI INFORTUNI MA CRESCONO I DECESSI Con più di una vittima su quattro, la Lombardia è prima per i casi mortali, seguita da Campania (13,3%), Veneto (10,9%) e Piemonte (9,7%) a cura della Direzione Centrale Pianificazione e Comunicazione Inail
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el 2020 le denunce di infortunio sul lavoro nel trasporto e magazzinaggio sono state 29.254, in netto calo rispetto al 2016, quando si contavano oltre 43mila casi (-32,1%), ma anche rispetto al 2019 (-25,8%). Nello stesso anno, però, i casi mortali sono stati 165, in aumento di una trentina di casi dal 2016 (+23,1%) e di una cinquantina dal 2019 (+41,0%). A fare il punto della situazione su questo settore molto variegato, che dà lavoro a circa 1,2 milioni di persone e comprende una serie di attività eterogenee - dal trasporto terrestre e mediante condotte, marittimo e per vie d’acqua, al trasporto aereo, sia di merci sia di passeggeri, e include anche i servizi postali e di corriere, il magazzinaggio delle merci e le attività di supporto, dalla gestione di strade, stazioni di autobus e parcheggi alla movimentazione delle merci - è il nuovo numero del periodico Dati Inail, curato dalla Consulenza statistico attuariale dell’Istituto. L’effetto Covid sull’anda-
mento infortunistico. I dati 2020 sono fortemente influenzati dalla pandemia da Covid-19, che per una parte dell’anno ha ridotto le attività a quelle essenziali e rallentato anche il trasporto di merci e passeggeri ma non i servizi postali e di corriere, che anzi sono aumentati per l’impossibilità di acquistare direttamente nei negozi e per la paura stessa del contagio, che ha spinto molti all’acquisto online. Le attività postali e di corriere, infatti, sono quelle che hanno subito la contrazione minore, inferiore al 10%, degli infortuni denunciati rispetto al 2019 ed è proprio in questo comparto che si contano circa due terzi dei contagi sul lavoro da SARS-CoV-2 rilevati complessivamente nel settore dei trasporti. Il virus ha inciso anche sull’incremento dei decessi, che registrano un aumento dell’incidenza nei servizi postali e nelle attività di corriere (25 vittime nel 2020 rispetto a una media di 7/8 nel quadriennio 2016-2019) e un calo nel solo comparto del magazzinaggio e nelle attività di supporto ai trasporti (-17,4%).
In un terzo delle morti coinvolto un mezzo di trasporto. La quota di infortuni in itinere, avvenuti cioè nel percorso di andata e ritorno tra la casa e il luogo di lavoro, rappresenta il 13% circa sia per il complesso delle denunce che per i casi mortali, mentre gli infortuni con coinvolgimento di un mezzo di trasporto, in occasione di lavoro e in itinere, costituiscono il 18% delle denunce e poco più di un terzo dei casi mortali. L’80% degli infortuni del settore sono denunciati dagli uomini, con i servizi postali e di corriere come unico comparto in cui la quota femminile (51%) supera quella maschile. Le professioni più colpite. La categoria professionale più colpita è quella dei conducenti di veicoli, con il 34% delle denunce e ben il 64% dei casi mortali, seguita dal personale addetto allo spostamento e consegna di merci, con rispettivamente il 13% e l’8%. Gli impiegati addetti allo smistamento e recapito della posta sono al terzo posto per numero di denunce, con il 17%, mentre al terzo posto dei decessi figura
il personale addetto alla segreteria e agli affari generali, con l’8% del totale. Disaggregando i dati, il postino/portalettere è il lavoratore che denuncia più infortuni in valore assoluto (12%), seguito da facchino e autotrasportatore (entrambi con il 6%), conducente di furgone e impiegato amministrativo (entrambi col 5%). A pagare il maggior contributo in termini di vite umane sono invece i conducenti di mezzi pesanti, come camionisti (14%), conducenti di autotreno (13%) e autotrasportatori di merce (10%). La distribuzione territoriale. Quasi sei infortuni su 10 avvengono nel Nord (58,7%), il resto è ripartito tra Centro e Mezzogiorno. Prendendo in considerazione solo i decessi, però, aumenta la quota di casi nel Mezzogiorno, in particolare nel Sud, che dal 14,5% di denunce passa al 26,1% dei morti sul lavoro, e si riduce quella del Centro, dal 20,7% di denunce al 13,3% dei decessi. Le regioni che in valore assoluto registrano il maggior numero di infortuni sono la Lombardia (18,0%), l’Emilia Romagna (12,8%), il Veneto (10,9%) e il Lazio (9,3%). Con più di una vittima su quattro, la Lombardia è prima anche per i casi mortali, seguita da Campania (13,3%), Veneto (10,9%) e Piemonte (9,7%). Con lo stop delle attività rallentano anche le malattie professionali. I dati dell’Inail confermano anche la pericolosità del settore dei trasporti in termini di malattie professionali, collocandolo al quarto posto per numero di patologie denun-
ciate dopo il manifatturiero, le costruzioni e il commercio. Nel quinquennio 2016-2020, se si considerano solo i casi cui è stata assegnata la classificazione Ateco, i trasporti hanno registrato mediamente il 7,7% del totale delle malattie professionali protocollate dall’Istituto, passando dai 2.713 casi di inizio periodo (8,2%) ai 1.989 del 2020 (7,6%), anno in cui si è registrata una consistente diminuzione rispetto all’anno precedente (-26,0%) dovuta principalmente alla chiusura delle attività produttive. Le dorsopatie al primo posto tra le patologie più diffuse. Le patologie che colpiscono più frequentemente i lavoratori del settore trasporti sembrano essere dovute principalmente alle attività tipicamente collegabili alla movimentazione di carichi, a sforzi prolungati, posture non corrette o incidenti stradali. Le dorsopatie, riconducibili ad affezioni a carico dell’apparato della colonna vertebrale, rappresentano infatti il 48,3% del totale riferito al 2020, seguite dai disturbi dei tessuti molli con il 26,8%, dai disturbi dei nervi con il 7,2% e dalle artro-
patie con il 4,7%. Altre malattie, pur incidendo per il rimanente 13,0%, non pesano in modo rilevante se considerate singolarmente. L’estensione della copertura assicurativa ai ciclofattorini. L’Inail si sofferma anche sul fenomeno emergente dei cosiddetti “rider”, lavoratori che operano al servizio di piattaforme anche digitali di “food delivery”. In Italia, in anticipo su altri Paesi dove pure il fenomeno è diffuso e radicato, un’apposita normativa ha disciplinato le forme di tutela di questi lavoratori, tra cui il diritto alla copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, primo passo verso le tutele sociali che da tempo necessitavano di una rielaborazione e ricalibrazione per un’attività molto flessibile ma anche molto concentrata in alcuni orari della giornata, con ritmi estremamente sostenuti che possono generare nuovi specifici rischi per i lavoratori. Molto tuttavia resta da fare, soprattutto in termini di sensibilizzazione dei committenti che gesticono le piattaforme e degli stessi rider.
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societing 4.0
TRANSITARE INSIEME VERSO IL DIGITALE Alex Giordano docente di Marketing e Trasformazione Digitale - Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università Federico II di Napoli direttore scientifico del programma di ricerca/azione Societing 4.0
Nel corso del 2022, nascerà il Societing LAB, nel quale saranno creati percorsi di formazione messi a disposizione delle imprese attraverso il protocollo d’intesa siglato con la CCIAA per il progetto PIDMed e grazie anche alla partnership con il Premio Best Practices per l’Innovazione di Confindustria Salerno
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el corso del 2020 è esploso il tema del digitale: l’impossibilità di movimento e la necessità di dare continuità a tutte le interazioni sociali, culturali, educative ed economiche hanno fatto aumentare la necessità di tecnologia. Questo ha riguardato tutti, comprese le imprese che hanno dovuto far fronte a nuove forme di comunicazione, vendita e consegna dei loro prodotti e servizi. Secondo i dati di Excelsior di Unioncamere rielaborati dall'Area Studi e Statistica - Camera di Commercio di Salerno (l’indagine Excelsior è realizzata da Unioncamere in accordo con l’ANPAL - vedi tabella), la risposta digitale delle imprese alla pandemia è stata quella di una maggiore attenzione alla creazione di strategie più complesse, per affrontare il cambiamento in
Tabella: Imprese che hanno dichiarato di aver effettuato investimenti di elevata importanza per le strategie aziendali nel periodo pre e post Covid19 relativamente a ciascun aspetto della trasformazione digitale in Campania
modo mirato attraverso investimenti organizzati sulla base di piani integrati per l’uso di soluzioni digitali, facendo maggiore attenzione all’organizzazione e ai modelli di business. Questo è un aspetto importante da sottolineare perché, nel lavoro di transizione al digitale che si fa con le PMI, una delle difficoltà è proprio quella di affrontare il tema dell’innovazione tecnologica in modo sinergico e strategico, pensando agli impatti che queste trasformazioni hanno sull’organizzazione e dovendo ripensare tutte le strategie aziendali. Nel pre-Covid il lavoro fatto da PIDMed con le piccole e piccolissime imprese sul 4.0 ha consentito di osservare come queste fossero ancora distanti non solo dal 4.0, ma anche dalle tecnologie 2.0. Una delle principali difficoltà, infatti, è legata al fatto che la tecnologia deve poggiarsi su dei processi formalizzati, quasi del tutto assenti in piccole realtà. In moltissimi casi
le imprese si basano sull’intuito dell’imprenditore e su pratiche che vengono letteralmente “tramandate” e che raramente sono formalizzate. Per avanzare nella trasformazione digitale serve quindi un passaggio necessario: occorre definire e codificare i processi interni e le routine perché le tecnologie 4.0 non sono semplici strumenti. Quando parliamo di trasformazione digitale, parliamo di un cambiamento che ha a che fare con un vero e proprio cambio di modello rispetto a come funziona l’impresa e questo significa che se i processi non sono codificati e formalizzati - per capire dove si possa agganciare la tecnologia - può non essere utile acquistare quella tecnologia. Secondo i dati Excelsior, i primi investimenti delle imprese campane, in seguito all’arrivo del Covid, hanno riguardato l’internet veloce, cloud e analisi di big data; insieme a questi, sono stati fatti inve-
stimenti anche sulla sicurezza informatica. Dal punto di vista delle scelte organizzative la priorità è stata quella di adeguarsi alle necessità conseguenti la gestione dello smart working. Per supportare strategie di cambiamento riguardo i loro modelli di business, le imprese campane hanno avuto l’esigenza di analizzare i nuovi comportamenti e bisogni dei clienti e di creare strategie di marketing digitale. Per far fronte a questi cambiamenti le imprese sono alla ricerca di figure professionali nuove. Secondo i dati Excelsior 2020, le posizioni lavorative per cui le imprese della provincia di Salerno hanno richiesto la capacità di gestire soluzioni innovative 4.0 sono oltre 26.640 su un totale di 59.220 di posizione aperte. É interessante osservare che il possesso di questa competenza legata alla capacità di gestire innovazioni tecnologiche 4.0 è richiesta con quote superiori al
Imprese che hanno effettuato investimenti nei vari ambiti della trasformazione digitale per macrosettore di attività (in%) nel 2020, ITALIA
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50% ai Dirigenti e alle Professioni intellettuali e scientifiche, alle Professioni tecniche e agli Impiegati per i quali le imprese ritengono che la suddetta competenza debba essere anche di “elevata importanza”. Tuttavia, non è semplice reperire queste competenze digitali sul mercato del lavoro locale, tant’è vero che in tutte le province campane si sconta una difficoltà diffusa nel trovare figure-chiave che abbiano competenze digitali di base, competenze su utilizzo dei linguaggi e metodi matematici/informatici e sull’uso di tecnologie 4.0. Nel percorso di PIDMed a supporto della transizione digitale si sta cercando di avvicinare le imprese alle tecnologie abilitanti (realtà virtuale, robotica, IoT, l’uso di Big Data, ecc.), attraverso un primo percorso di alfabetizzazione, cercando di far capire che l’innovazione tecnologica potrebbe valorizzare la loro specificità e la loro natura. Essendo spesso
realtà che hanno parti del loro lavoro ad alto valore aggiunto perché molto artigianali, viene più spesso proposto loro di sperimentare cambiamenti non tanto sul loro core ma su aspetti strategici come l’amministrazione, la logistica o il marketing. Inoltre, PIDMed cerca di favorire la creazione di sistemi di imprese che, sullo stesso territorio, possano condividere soluzioni tecnologiche e dati per co-creare nuove strategie a vantaggio non solo della singola impresa ma dell’intero sistema territoriale in cui le aziende si trovano. La condivisione di dati ambientali/climatici raccolti da sensoricosì come l’analisi di dati legati ai flussi turistici o ancora dati di mercato legati alla provincia e/o alla regione e altre informazioni, possono favorire la creazione di nuove strategie e nuove soluzioni su cui tutti gli imprenditori interessati possono investire risorse, condividere il rischio, o anche ottenere più
Investimenti in tecnologia. Confronto 2015 - 2019 e 2020 - ITALIA
facilmente crediti ed eventuali risorse economiche. Per tutto questo serve, come abbiamo visto, che crescano e si diffondano nuove competenze digitali. Per questo, nel corso del 2022, all’interno del Polo Tecnologico dell’Università Federico II, nascerà il Societing LAB, nel quale saranno creati percorsi di formazione tarati e cuciti sulle reali esigenze delle diverse tipologia di azienda, messi a disposizione delle imprese salernitane attraverso il protocollo d’intesa siglato con la CCIAA per il progetto PIDMed e grazie alla partnership con il Premio Best Practices per l’Innovazione di Confindustria Salerno lanciata dal palco nella scorsa edizione dal sottoscritto con Francesco Serravalle. Perché l’innovazione digitale è una delle occasioni che le imprese possono sfruttare per generare maggior benessere e minori impatti sull’ambiente. Insieme.
mercati
FARE BUSINESS IN TURCHIA
Daniele Trimarchi Studio Trimarchi daniele@studiotrimarchi.com
I vantaggi dell'area geografica ottomana, terreno fertile per prodotti, materie prime e sub-componenti, con una valuta particolarmente conveniente per chi intende fare acquisti
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on sono pochi gli articoli giornalistici che riguardano la lira turca - anche molto criticamente - a causa delle note vicende politiche e altri che definiscono il mercato che essa sviluppa come una grande opportunità. La Turchia, quindi, appare a tutti gli effetti un partner importante per un Paese come l'Italia. Dal mio punto di vista, bisogna attentamente "filtrare" gli aspetti che possono rendere la Turchia davvero un'area interessante per i nostri imprenditori da quelli che, invece, impensieriscono quanti, e non sono pochi, ricercano sbocchi effettivamente operativi. Occorre premettere che nonostante la pandemia e i rischi causati dalle recenti incertezze politiche ed economiche che riguardano l'area turca - il mercato è riuscito, nell’ultimo biennio, ad aumentare il numero delle transazioni economiche con gli altri operatori esteri. Non poche
le cause che spiegano quanto sta accadendo a solo un paio d’ore di aereo da noi. In primis, la semplicità nell'avviare una produzione in loco, poi, la buona forza lavoro frutto di una popolazione giovane ampia e ben preparata, infine la vicinanza ai ricchi mercati arabi che sono in crescita e detengono un grande potere di acquisto. In ogni caso, il fattore principale risiede nella favorevole disposizione all’ingresso di investitori stranieri grazie alla valuta, particolarmente conveniente per chi intende fare acquisti. Come pure, svolge un ruolo essenziale il quadro legislativo che è molto favorevole. Basta dare uno sguardo all’andamento dei principali prodotti esportati dalla Turchia verso l’Italia. Proprio durante la pandemia, molte aziende europee - con difficoltà ad accedere ai mercati di fornitura situati al di fuori dell'Europa - hanno avviato progetti di consolidamento in luoghi alternativi,
identificando nell'area geografica della Turchia terreno fertile dove attingere prodotti, materie prime e sub-componenti. Investitori europei e anche cinesi possiedono in Turchia impianti di produzione strategici, contribuendo al picco di investimenti che si è verificato nel Paese. Secondo fonti istituzionali turche, la maggior parte degli IDE in entrata (Investimenti Diretti Estero) sono arrivati non solo dall'Europa, ma anche dal Nord America e dai Paesi del Golfo, oltre che dall'Asia. In particolare, nel 2020, l'Italia è diventata il primo investitore in Turchia con circa un miliardo di euro (vedi tab.1). Lo Studio Trimarchi ha sviluppato cinque progetti importanti su questo mercato. Nel 2020 abbiamo aperto - per conto di un noto gruppo del settore logistico, con sede in Campania - il secondo ufficio in Turchia (zona Izmir) e nel settembre ‘21 il terzo a Mersina. Un progetto, nato
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nel 2017, in base alla visione fortemente attiva dei proprietari che, con l’apertura della prima sede a Istanbul, hanno inteso posizionarsi come anello di congiunzione tra mercati dell’Est e dell’Ovest. Un’idea che si è rivelata vincente e che sta favorendo il trasporto delle merci anche dall’Italia verso questo Paese. Va segnalata, quindi, l’evoluzione dei flussi di esportazione dall’Italia alla Turchia: +21% (‘21/20) (vedi tab.2) di cui - possiamo affermare - una parte gestita grazie al nostro intervento che si è svilup-
pato anche in merito a una serie di finanziamenti proposti dalla SACE SIMEST sui mercati Extra UE. Occorre evidenziare poi che la Turchia è in crescita e che molti investitori locali hanno iniziato ad espandersi all'estero. La maggior parte ha concentrato risorse e progetti nel Regno Unito, in Europa orientale, in Cina, Russia, India e Messico. Numerose le richieste ricevute da parte di investitori turchi per essere supportati nei processi di espansione delle proprie attività all'estero, con particolare attenzione agli investimenti in asset
durevoli. Recentemente, abbiamo affiancato un noto gruppo interessato alle strutture alberghiere, che ha deciso di proteggersi dalle fluttuazioni della lira turca. Ci troviamo, quindi, di fronte ad un momento storico, decisivo per la Turchia. Lo scenario economico sta cambiando radicalmente e, molto probabilmente, potrà mutare anche il quadro politico. Continueremo a sostenere le richieste di diversi player alla ricerca di un partner adeguato in grado di abbattere il rischio di perdere commesse e business.
Tabella 1. Dati Export Turchia vs Italia
Tabella 2. Esportazioni di prodotti
Fonte: TUIK - Istituto Turco di Statistica
Fonte: TUIK - Istituto Turco di Statistica
IDE nel paese Turchia
Principali paesi investitori
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Svizzera
Principali Paesi investitori in Turchia (mln $)
136
Francia
162
Azerbaigan
186
Germania
312
Qatar
400
Lussemburgo
437 497
Regno Unito
535
Paesi Bassi
783
Stati Uniti
977
Italia 0
200
400
Fonte: TUIK - Istituto Turco di Statistica
600
800
1000
2018
2019
2020
Italia
523
94
977
Stati Uniti
435
340
798
Paesi Bassi
855
1169
595
Regno Unito
445
874
497
Lussemburgo
350
131
437
Qatar
294
570
400
Germania
298
467
312
Azerbaigan
510
566
186
Francia
313
158
162
Svizzera
177
264
136
TOTALE
6.699
5.878
5.671
mercati
LA DOGANA CAMBIA ANCORA: NUOVA CLASSIFICAZIONE E SEMPLIFICAZIONI CON SUDOCO Antonio Petruzzo Customs Advisor | Easyfrontier petruzzo@easyfrontier.it
Tante le novità per il 2022: dalla nomenclatura combinata allo sportello unico doganale e dei controlli
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nno nuovo e vita nuova in dogana. Ebbene sì, dal primo gennaio 2022 verranno introdotte due importanti novità in ambito doganale che daranno nuovo slancio alle operazioni negli scambi commerciali internazionali. Novità che dovranno necessariamente essere recepite al più presto dalle aziende italiane impegnate con importazioni ed esportazioni per non incorrere in misure restrittive, in una diversa tassazione doganale del prodotto oppure in una eventuale fruizione del dazio zero. Attraverso l’attuazione dello Sportello Unico Doganale e dei Controlli, semplificazione attesa da quasi venti anni e appena inserita nel PNRR, le aziende potranno beneficiare di una sostanziale riduzione di tempi e costi di sdoganamento. Con la pubblicazione, lo scor-
so 29 ottobre, del Regolamento UE n. 1832/2021 sono state introdotte importanti novità nella classificazione doganale delle merci. A partire dal 1° gennaio 2022 saranno in vigore i nuovi codici di classifica doganale che, oltre al consueto aggiornamento annuale dei codici di classifica da parte della Commissione europea, ricomprenderà anche le modifiche introdotte al Sistema Armonizzato effettuate da parte dell’Organizzazione Mondiale delle Dogane (WCO). Come noto, la classificazione doganale delle merci è la base di partenza per le operazioni con l’estero, oltre ad essere elemento distintivo per determinare i dazi doganali, individuare misure restrittive al commercio e conoscere l’origine dei beni scambiati. L’aggiornamento previsto per il 2022 del Sistema Armo-
nizzato, che si compone di 6 cifre, avviene con cadenza di cinque anni e interessa quasi la totalità degli scambi mondiali. Per questa prossima edizione le modifiche apportate sono pari a 351 con particolare riferimento ai prodotti di interesse sociale e ambientale. Previsti codici ad hoc per i rifiuti elettrici ed elettronici, per i droni e per le sigarette elettroniche. Da segnalare l’aggiunta degli insetti intesi come nuovo ingrediente alimentare che si accosta alle carni e ai pesci. Una modifica ai codici utilizzati in azienda può avere conseguenze sull’origine doganale della merce scambiata con effetti sul “made in Italy” e quindi sugli accordi di libero scambio. Si ricorda che frequenti sono le verifiche da parte dell’Autorità doganale sulle voci doganali inserite nelle di-
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chiarazioni: eventuali errori possono causare sanzioni rilevanti per l’azienda con il recupero dei diritti doganali non versati fino a tre anni oltre a possibili ripercussioni sotto il profilo penale. Il SUDOCO, sportello unico doganale e dei controlli, rappresenta (finalmente) una semplificazione che consente agli operatori di ridurre tempi e costi di sdoganamento grazie al coordinamento telematico di tutti gli uffici di controllo garantendo la interoperatività tra i sistemi dell’Agenzia delle Dogane e di tutte le amministrazioni coinvolte nelle operazioni internazionali. Il SUDOCO va inteso come un ulteriore passo verso quella digitalizzazione e semplificazione tanto attesa, con l'obiettivo di garantire all’azienda un’unica e sola interfaccia a
cui rivolgersi. Con esso si realizza la possibilità di avere un unico front per effettuare tutte le verifiche necessarie e “consentire all’operatore economico di fornire le informazioni una volta sola e che le merci siano controllate da tali autorità allo stesso momento e nello stesso posto”. Il piano procedurale per accedere a tali semplificazioni risulta alquanto facile: gli operatori forniscono i dati e presentano la dichiarazione delle operazioni import/ export attraverso il portale SUDOCO. Successivamente le dogane attivano i processi di interoperabilità con le altre autorità. La durata dei controlli sulle merci in dogana terminerà entro un’ora per i controlli documentali ed entro cinque per i controlli fisici. Con l’inizio del nuovo anno si
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«La classificazione doganale delle merci è la base di partenza per le operazioni con l’estero, oltre ad essere elemento distintivo per determinare i dazi doganali» _________________________
attendono queste rilevanti novità che spingono sempre più la dogana verso l’innovazione tecnologica per garantire e coniugare la tutela e la competitività delle PMI italiane sui mercati internazionali.
re-values lab
SGUARDO E AZIONE Ispirazione e motivazione sono le molle vitali che orientano le scelte aziendali e personali dell'imprenditrice attiva anche nel settore della cultura di Raffaella Venerando
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ome descriverebbe la cultura che si respira nella sua azienda? Senz’altro innovativa. Ci spingiamo da più di novant’anni sul sentiero dell’innovazione tecnologica, alla continua ricerca del meglio, con una tensione verso l’eccellenza nei progetti e nei prodotti. Per farlo, il nostro riferimento è guardare al mondo, alle sue migliori pratiche. La tecnologia è la chiave della Magaldi per contribuire ad un futuro sostenibile per il Pianeta, con un’attenzione inevitabilmente elevata per il benessere delle persone che lo abitano. Quanto ha influito la famiglia nel suo percorso? La famiglia è la mia forza e il mio slancio. I miei genitori mi hanno dato il “la” per costruire il mio percorso professionale, ma è spettato a me - come è giusto che sia - “spingere” per affermare me stessa. Quale è stata la sfida e la vittoria più grande del suo percorso professionale, quella che forse ha fatto la differenza? Acquisire un certo grado di autonomia responsabile. Capire che quello che mi accade dipende soprattutto da me, che io sono artefice dei miei successi così come dei mancati traguardi, è per me stato motivo di conquista. Con il tempo ho imparato ad aprirmi a informazioni che non
Letizia Magaldi vicepresidente esecutivo Magaldi Power
facevano parte del mio percorso di studio accademico in senso stretto, assecondando la necessità e talvolta l’urgenza di allargare il mio pensiero. La vittoria non è mai un momento ma un percorso. Oggi sento la bellezza degli obiettivi che ho raggiunto anche grazie all’intuizione e mi impegno, con costanza quotidiana e la responsabilità, nel nutrirli e renderli ogni giorno più forti. Finora ritiene di essere arrivata dove voleva? Credo senz'altro di essere riuscita ad abbattere quella barriera invisibile che, spesso, fa pensare di non farcela a raggiungere ciò che desideriamo. Più di tutto però sono convinta occorra avere responsabilità verso il proprio talento, responsabilità che diventa anche sociale poiché poter esprimere le proprie potenzialità vuol dire creare valore sì per se stessi, ma anche per la società e
aiutare a far crescere chi ci circonda. La Premio Nobel per la Pace, Wangari Maathai, ha descritto in termini semplici la difficoltà delle donne di emergere quando ha detto: “Più alto si va, meno donne ci sono.” Qualcosa sta cambiando? Se sì, grazie a chi e a cosa? È ancora purtroppo molto diffuso il pensiero che l’autonomia della donna non sia funzionale alla società, a causa di una radicata cultura della paura e della limitazione dell’altro. Bisogna allora raccontare nuovi modelli virtuosi, esplorare nuovi schemi, per dare evidenza che ciascuno può scegliere il proprio percorso e dare il proprio contributo. La cultura ha questo compito fondamentale: infrangere pregiudizi e credenze precostituite dando vita a un contesto più favorevole alle donne, ai loro obiettivi, di qualsiasi tipo essi siano. Ha mai sentito il peso delle aspettative di genere sulla sua pelle? A volte ho dovuto rallentare, quando ho visto che non era il momento giusto. Ho atteso e poi ripreso la mia strada. Al di là del suo curriculum professionale, come descriverebbe se stessa Letizia Magaldi? Sguardo e Azione. Ciò che passa dai miei occhi mi cattura e mi spinge ad agire in prima persona per conquistarlo.
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bon ton
2022, ALLA LARGA DALLE DIVISIONI Regola numero uno: recuperare il rispetto per l’altro, architrave della società civile di Nicola Santini | esperto di galateo, costume e società
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a non dovevamo uscirne migliori? Ho pensato a lungo prima di scrivere questo articolo e come sempre approfittato in modo barbaro della signora Venerando che ha l'ingrato compito di ricordarmi le scadenze per la consegna. Sono anni e anni che scrivo su queste pagine e mi sento un po' in famiglia quando penso ai lettori di Costozero, motivo per il quale non mi cimenterò con un - ormai a rischio ripetizione - bon ton natalizio, ma con una serie di considerazioni che potrebbero migliorare il nostro modo di essere e di comportarci con il nuovo anno. I più ottimisti ultras dell'#andràtuttobene, quelli del karaoke sui balconi e delle torte a non finire, li rimpiango con una certa malinconia. C'è chi li sfotteva invitando a un bagno di sano realismo. Intanto, loro, hanno sottratto i mesi che sembravano più duri a quella che nel frattempo, dpcm dopo dpcm, diretta dopo diretta, dibattito dopo dibattito, si è trasformata in una quotidianità fatta di divisioni in cui siamo messi costantemente gli uni contro gli altri: pro vax contro no vax, smart workers contro chi va sul posto di lavoro, chi mette la mascherina anche in bicicletta contro chi ti risponde male se lo inviti a indossarla. Ecco, in questo contesto si fa molta fatica a parlare di buone maniere, specialmente se dalle buone maniere ci si aspetta un elenco granitico di certezze
sul si fa e non si fa. Il mio approccio al galateo non è mai stato di quelli che mettono le risposte davanti alle domande. Ho sempre preferito far uso di buon senso davanti alle circostanze e capire quale domanda farsi anziché a quale risposta preconfezionata attingere. Più difficile, forse ma più elastico, più facile da interpretare, più comodo come abito. Abito che non a caso è radice di abitudine: perché da lì tutto parte. Se si è abituati a rispettare le idee altrui così come le proprie non c'è bisogno di vedere in modo talebano nell'altro il nemico, l'untore, la minaccia: basta rispettarlo senza sentire il bisogno di evangelizzare, men che meno di perseguitare. Se c'è un augurio e un auspicio per il 2022 che mi faccio e vi faccio è quello di cercare non la mediazione, non la tolleranza, non l'inclusione (benché il termine faccia fare il pieno di like) se non supportate da un atteggiamento interiore di disponibilità a stare alla larga dalle divisioni. E smettiamola di dare la colpa di tutto alla pandemia: i corrieri che non consegnano, i centralini che non rispondono, la gente che non rispetta le scadenze o i pagamenti non sono frutto del covid. Sono un cancro per questo Paese. E il cancro, lo dicono i dati, non lo dico io, anche in epoca di Covid, non guarda in faccia a nessuno. Noi, anche solo per educazione, guardiamoci in faccia. È il primo step, nella nostra cultura, per essere persone migliori.
finisterre
È tutto liveness La ridefinizione reciproca tra l’esecuzione dal vivo e quella "medializzata"
Alfonso Amendola docente di sociologia dei processi culturali Università di Salerno alfamendola@unisa.it
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n seguito alla pandemia si è molto riflettuto sul concetto di liveness e sugli effetti del Covid 19 sulle esperienze live che vivono sostanzialmente della prossimità fisica, mettendo in discussione il valore del qui e ora. E proprio lungo la lineare del “qui e ora” si sono sviluppate diverse produzioni. Un progetto di ricerca realizzato presso il Massachussetts Institute of Technology (MIT) ha trasformato il coronavirus in una melodia. Per farlo, un team di ricercatori ha utilizzato un’intelligenza artificiale e la tecnica che quest’ultima possiede di tradurre in musica il Covid-19. L’intelligenza artificiale traspone in suoni e vibrazioni le sequenze di amminoacidi che compongono la catena proteica del virus. La melodia è di ben 109 minuti ed è possibile ascoltarla su Soundcloud del professore Markus Buehler. Se da un lato la musica si fa portatrice di capacità scientifiche, come nel caso prima descritto, si verificano eventualità in cui la musica si pone al servizio della salvaguardia del benessere psicologico di un individuo o di un insieme di essi. Divenuta la vera protagonista durante il lockdown, la musica ha conferito sollievo
e profonda emozione, con scenari toccanti e inimmaginabili. Grazie all’utilizzo dei social network è stato possibile creare una rete di contatti che si dessero appuntamento ad una data ora per svolgere una vera e propria perfomance improvvisata. I balconi e le finestre delle proprie abitazioni divenivano palcoscenici per rappresentazioni musicali e spettacoli arrangiati. Un sostanziale, radicale ripensamento del concetto di “liveness”. Le prime riflessioni sulla liveness le dobbiamo a Philip Auslander, incentrate in modo particolare sulla performance, l’arte e la relazione con i media e la tecnologia, che si soffermano in maniera particolare sul teatro, la recitazione cinematografica, la performance art, il cabaret e la musica. Nel suo lavoro riguardante il rapporto tra l’esecuzione live e quella “medializzata” smonta l’idea di un’opposizione, stabilendo un processo di ridefinizione reciproca. Questo approccio torna particolarmente utile alla luce dell’immersione online di questi ultimi mesi. Partendo infatti dal principio che il live in sé non è uno stato incontaminato dai media ma, anzi, nasce insieme alla tecnologica, vediamo come la storia della performance
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dal vivo è legata indissolubilmente a quella dei supporti di registrazione e si estende per non più degli ultimi 100-150 anni. «Lungi dall’essere invasa, contaminata o minacciata dalla mediazione, la performance dal vivo è sempre già inserita con le tracce della possibilità di mediazione tecnica che la definisce come dal vivo». In particolare Auslander, affrontando quella che è la performance musicale, assume una posizione abbastanza forte sulle distinzione tra la musica come essenza e l’essere fisico di chi la fa, in particolare attraverso i suoi studi sulle performance di David Bowie. Egli in particolare afferma: «la musica non è un suono disgiunto dall’essere fisico di chi lo fa...i suoni che sento risultano direttamente da tutti gli aspetti dell’impegno fisico della persona e dell’atto di fare musica - tutti i suoni e i gesti che costituiscono la performance». Tale affermazione rappresenta il risultato e la naturale evoluzione di un’indagine volta a mettere in discussione l’idea ancora diffusa che in una performance musicale sia utile o possibile ancora distinguere la musica dalla tecnica. Auslander pone poi la questione sul pubblico e cioè tra quello che assiste allo show originale e quello che ne osserva la riprodu-
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«La musica non è un suono disgiunto dall’essere fisico di chi lo fa...i suoni che sento risultano direttamente da tutti gli aspetti dell’impegno fisico della persona e dell’atto di fare musica - tutti i suoni e i gesti che costituiscono la performance» _________________________
zione, secondo cui l’autenticità deriverebbe dal percepire la performance riprodotta come facente parte del progetto estetico dell’artista. Lo stesso concerto live, di cui conserviamo ingenuamente un’idea di purezza, che cos’è se non uno spettacolo in serie, mediato sempre e comunque dalla tecnologia e i software audio, i giochi di luce, i mega schermi e tutti gli effetti speciali, che fanno parte del grande evento medializzato, anche se il performer deve apparire vero e il concerto percepito come unico e irripetibile.
salute
CICATRICI DA ACNE: DANNI PERMANENTI O CANCELLABILI? Le tecniche e i trattamenti più efficaci per eliminare questi particolari e, talvolta ostinati, segni del tempo
Antonino Di Pietro direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis www.antoninodipietro.it www.istitutodermoclinico.com
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e cicatrici da acne sono segni provocati dal danneggiamento della pelle a causa delle lesioni infiammatorie tipiche di questa patologia: punti bianchi o neri (comedoni), brufoli o pustole, contenenti pus, e papule. Se curate in modo tempestivo queste lesioni della cute non lasciano traccia, perché la pelle ha la capacità di rigenerarsi e rimediare naturalmente ai danni cutanei. Quando però la componente infiammatoria dell'acne degenera, perché ha una durata prolungata, oppure è aggravata da infezioni, l’epidermide non è in grado di sostituire le aree cicatrizzate che in questo modo assumeranno un aspetto “butterato”, formato da rilievi e avvallamenti. Le aree più colpite dalle cicatrici sono quelle dove tipicamente compare l'acne: viso, ma anche spalle, schiena e la zona sopra lo sterno. Le cicatrici da acne possono avere caratteristiche differenti, generalmente si distinguono in: atrofiche, le più comuni, che si manifestano come delle piccole “fossette” di forma ovale, quadrangolare o triangolare; ipertrofiche sono dure e sollevate sulla pelle, rotondeggianti a forma di cupola oppure allungate come le tipiche cicatrici “da taglio”. Si formano più spesso sul mento, sulla mandibola oppure sulla schiena o il petto e interessano solo la sede della precedente lesione acneica. La presenza delle cicatrici acneiche è spesso motivo disagio e imbarazzo, ma non si tratta solo di un problema estetico. Nelle aree della pelle colpite, infatti, la circolazione sanguigna e l’idratazione risultano compromesse, per cui la pelle risulta meno nutrita e di conseguenza è più soggetta alla disidratazione e all’invecchiamento. Tanto più le cicatrici sono superficiali, ovvero hanno danneggiato solo lo strato
superiore della pelle, più facile sarà rimuoverle completamente. In questi casi, possono essere indicati alcuni trattamenti come il peeling: consiste nell’applicazione sul viso di sostanze chimiche e acide che generano un’esfoliazione accelerata e una stimolazione del derma, in modo da favorirne il rinnovamento cellulare. La luce pulsata va a colpire direttamente la cicatrice. La fotostimolazione led si basa sull’utilizzo di particolari lampade che generano due benefici: riparano le cellule danneggiate e stimolano la produzione di collagene e di elastina, due sostanze fondamentali per la bellezza e la salute della pelle. La tecnologia della radiofrequenza trasforma l’energia elettrica in calore, che penetra in profondità nell’epidermide. Questo favorisce la naturale produzione di collagene. L’effetto finale è una pelle più tonica, elastica e compatta. La fototerapia è un trattamento che si basa sull’utilizzo di speciali lampade in grado di emettere raggi ultravioletti in bande focalizzate (a banda stretta) e simulare così l’azione benefica del sole. In generale poi, sia per attenuare le cicatrici più superficiali, sia per prevenirne la formazione, utili sono anche le creme. Consigliate sono in particolare quelle contenenti fosfolipidi, glucosamina e Fospidina, principi attivi che, contribuendo alla produzione di collagene ed elastina, favoriscono la rigenerazione del tessuto cutaneo. Nel caso di cicatrici molto scavate, è il laser la metodica più efficace anche per le lesioni più critiche. Le cicatrici vengono così cancellate del tutto o, se molto scavate, attenuate notevolmente. Il numero di sedute aumenta all’aumentare della profondità della cicatrice. dicembre 2021|gennaio 2022
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salute
ACTIVE AND GREEN CITY PROJECT: UN PROGETTO DI URBAN HEALTH III parte Dialetto e cucina tradizionale come elementi chiave per migliorare i comportamenti
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Giuseppe Fatati presidente Italian Obesity Network
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no degli obiettivi del progetto è quello di implementare la conoscenza di una alimentazione sostenibile a basso impatto ambientale, sicura, rispettosa della biodiversità e della cultura ed economicamente equa. Abbiamo pensato al dialetto e alla cucina tradizionale quali elementi chiave per migliorare i comportamenti. Per Salvador Dalì la paranoia che porta alla genialità deve passare attraverso le proprie radici più forti, ossia la lingua e la cucina. Le regioni italiane hanno conservato una straordinaria ricchezza e diversità di cibi e vini legata al territorio che ne rappresentano l’identità. Questo è ancora più vero per una città come Terni che in meno di due secoli si è trovata di fronte a sconvolgimenti ripetuti del tessuto cittadino. Fin dal Medioevo Terni è città ad elevato tasso di sviluppo industriale con decine di mulini ad acqua ma è sul finire dell’ottocento che subisce una imponente rivoluzione industriale, culturale e ambientale. La nascita della Acciaieria (Soc. Terni) provoca lo sviluppo di molte iniziative di carattere produttivo. La modernizzazione forzata innesca un evento dinamico di passaggio da equilibri propri di una società rurale a quelli nuovi creati dall’industria. Un esempio su tutti: il 14 marzo 1929 un Decreto ministeriale consente la costruzione di uno sbarramento che impedisce al fiume Velino di precipitare dal monte per unirsi al Nera in modo da favorire le derivazioni idroelettriche. Da quel momento la Cascata delle Marmore diviene un grido spento nella luce. In questo periodo la cultura della città si chiude a riccio all’interno di un dialetto estremizzato e duro, utilizzato anche da chi ben conosce la lingua italiana. Attraverso il vernacolo viene posta in essere una vera resistenza culturale e i poeti
dialettali possono essere considerati cantori e memoria del passato. Uno dei temi ricorrenti di questa resistenza è la salvaguardia delle tradizioni culinarie, espressione fenotipica di appartenenza. Nel 1943 Terni subisce 108 bombardamenti da parte degli Alleati e per gran parte è rasa al suolo. Nel periodo della ricostruzione viene riscoperto il Cantamaggio, manifestazione simbolo di rinascita, caratterizzata da una sfilata di carri allegorici accompagnata da stornelli in dialetto che spesso hanno come soggetto la cucina e la convivialità. Attualmente la città sta vivendo la seconda rivoluzione dell’era post-industriale avvicinandosi, di nuovo, alla lingua locale grazie anche ad un gruppo musicale. Gli Altoforno, che cantando in dialetto ternano hanno coniato il termine Ternitudine che indica un atteggiamento mentale malinconico, legato all’insoddisfazione per il presente. II dialetto è dunque caratteristica identitaria costante nel tempo. Per tale motivo abbiamo pensato che se vogliamo che la cucina tradizionale, a chilometro zero, sia strumento di health management, è utile percorrere la via della conoscenza di piatti e ricette regionali attraverso le poesie in vernacolo. Active and Green City Project si propone la riscoperta dei piatti tipici propri di quel patrimonio culturale che si eredita al pari dei geni. I giovani come food influencer. Le poesie dialettali che raccontano ricette dimenticate, ci ricordano varietà e stagionalità dei prodotti, abbinandoli alle festività, alla base di quell’aspetto della cultura in cucina che oggi definiamo mediterraneità. Secondo Andrea Zanzotto il dialetto è un’ombra viva che ci segue e ci indirizza e in questo progetto speriamo sia una guida sicura verso una alimentazione sostenibile e sana.
La città dei vivi *************************************************
libri
a cura di Raffaella Venerando
di Nicola Lagioia | Einaudi editre, pp. 472
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rotagonisti attanagliati dal dolore. Dolore inflitto, provato, taciuto, mistificato. Ne “La Città dei vivi” Nicola Lagioia ricostruisce con precisione l’orribile delitto Varani, datato marzo 2016. In un palazzone della periferia romana, Manuel Foffo e Marco Prato - si direbbe due giovani di buona famiglia - sequestrano e seviziano per ore, fino alla morte, il giovanissimo Luca Varani. Cosa ha scatenato un reato tanto cruento? Di chi è la colpa? Dei singoli, dell’educazione ricevuta, della droga, delle apparenze, dei pari, di una città affogata nel suo più cupo narcisismo? Nessuna verità incrollabile come risposta. Nicola Lagioia ripercorre questa storia con dovizia di cronaca e poetica dei contrasti. Ne viene fuori un romanzo possessivo e spietato, in cui pare non esserci via d’uscita dal male. «I luoghi del potere, in Italia, si somigliano tutti. Varcate le soglie monumentali ti ritrovi in un labirinto angusto di stanzette e corridoi. Ogni tanto uno scorcio museale. Poi un'altra ragnatela di corridoi, piccoli uffici e ascensori stretti come bare. Il potere vive nelle intercapedini».
MONDOCANE
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a cura di Vito Salerno
homecinema
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di Alessandro Celli
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I
l bel film del regista e sceneggiatore italo-canadese Alessandro Celli ruota attorno alle vicende attraversate da due grandi amici, quasi fratelli, tra l’amore, il crimine e l’ambizione in un mondo immaginario e distopico che assomiglia spaventosamente al nostro. La storia è, infatti, ambientata in un futuro non molto lontano, a Taranto, divenuta una città fantasma cinta da filo spinato in cui nessuno, nemmeno la Polizia, si azzarda ad entrare. Sono rimasti solo i più poveri che lottano ogni giorno per la sopravvivenza, mentre una gang criminale, le Formiche, capeggiate dal carismatico Testacalda (interpretato da Alessandro Borghi), si contende quotidianamente il territorio con un’altra gang. Due orfani tredicenni, cresciuti insieme, sognano di entrare in quella banda. Pietro, soprannominato Mondocane per aver superato la prova d’accettazione nella gang, impone Christian al gruppo che lo deride chiamandolo Pisciasotto. Qualcosa pian piano si incrinerà nel loro precario equilibrio mettendo a rischio tutto quello in cui hanno sempre creduto. Una storia che può essere più cose allo stesso tempo. Una provocazione, un racconto esistenziale, un “coming of age” incentrato sulla ricerca di un’identità familiare e individuale.
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DAI SOCIAL
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