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La Franciacorta del Wine Resort Corte Lantieri
RAFFINATA OSPITALITÀ FRA LE VIGNE DELLA FRANCIACORTA AL Wine Resort Corte Lantieri di Capriolo
melissa sinibaldi
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La storia narra che in tale castello sia stato ospitato l’esule e sommo poeta Dante Alighieri che, ispirato dal paesaggio, avrebbe lì scritto alcuni versi del Cantico del Purgatorio. Nel Cinquecento la famiglia si trasferì a Capriolo, dove si è perpetuata la tradizione vitivinicola e ha oggi sede l’azienda. I Lantieri si distinguevano per la produzione di vini già dal XVI secolo, quando erano apprezzati fornitori alla corte dei Signori Gonzaga di Mantova e alle corti di Ferrara e Milano col Rubino di Corte Franca, antesignano dei vini attuali. La Cantina Lantieri ha sede nel centro storico dell’affascinante borgo medioevale di Capriolo posto sul colle dove si trova anche l’antico palazzo di famiglia. Si raggiunge tramite una caratteristica strada, tra lunghi filari di vite, e offre dalla sua suggestiva terrazza merlata una magnifica vista sull’anfiteatro
I Lantieri de Paratico, nobile e antica famiglia bresciana, hanno radici franciacortine che risalgono a più di mille anni or sono, posto che la prima data certa che le documenta risale all’anno 930 d.C. Il suffisso nobiliare “de Paratico” sta a significare il loro precedente insediamento nel paese omonimo in provincia di Brescia, al confine col lago d’Iseo, in Franciacorta, dove i Lantieri fecero erigere nel Mille il loro magnifico castello.
franciacortino. Il complesso aziendale comprende la struttura storica, della quale fanno parte le vecchie cantine dalle volte seicentesche dove le bottiglie riposano su alte cataste nella penombra, e quella moderna, dove hanno luogo le fasi della vinificazione secondo le attuali e avanzate tecnologie. I vigneti si estendono per 20 ettari, in parte intorno alla cantina e in parte alle pendici del Monte Alto, in un’area della Franciacorta che comprende composizioni di suolo diverse. Tale eterogeneità, oggetto di lunghi e approfonditi studi nell’ambito della zonazione viticola di quest’area, influenza e determina qualità, struttura e profumi dei vini. Le tecniche di coltivazione e vinificazione hanno quindi lo scopo di esaltare le caratteristiche del territorio e la sua origine. I terreni di natura silicio argillosa, particolarmente ricchi di breccia e materia calcarea, esprimono la massima vocazione nella coltura della vite, praticata dalla Cantina Lantieri fin dal Cinquecento. I Franciacorta vengono prodotti esclusivamente mediante l’utilizzo delle uve raccolte manualmente provenienti dai vigneti di proprietà dell’azienda, gestiti con gran cura e attenzione al fine d’ottenere frutti sani, condotti a perfetta maturazione per una produzione annua di 160mila bottiglie. L’azienda ha aderito molti anni fa a un progetto di rispetto ambientale che ha condotto alla coltivazione biologica integrale di tutte le uve utilizzate per la produzione dei propri vini, a una consistente riduzione di emissioni di CO2 nell’atmosfera, grazie all’impiego di fonti energetiche rinnovabili e alla riduzione del consumo di acqua attraverso il recupero delle precipitazioni. Le fasi produttive dalla vinificazione, alla presa di spuma e alla sboccatura, vengono realizzate secondo la filosofia aziendale ispirata alla massimizzazione della qualità e integrità del prodotto. Il risultato costante e di assoluta eccellenza si percepisce in tutti i Franciacorta Lantieri, che si
distinguono per freschezza e mineralità, esprimono i profumi e la polposità del frutto nella sua integrità, sono suadenti, avvolgenti, eleganti e prodighi di sensazioni armoniose e complesse. Tradizione, passione e rinnovamento sono i valori che hanno consentito alla cantina di raggiungere riconoscimenti prestigiosi, fra cui alcuni piazzamenti ai vertici mondiali. Il Franciacorta Cuvée Brut NV Lantieri ha conquistato il titolo di World Champion nella categoria Classic Brut NonVintage Blend al The Champagne & Sparkling Wine World Championship 2019 (CSWWC). Anche nel 2020 il prestigioso concorso ideato da Tom Stevenson, massimo esperto mondiale di Champagne and Sparkling wines, ha assegnato all’azienda ben quattro medaglie d’oro: premiati sono stati i Lantieri Franciacorta NV Cuvée Brut, Lantieri Franciacorta Brut Arcadia 2015, Lantieri Franciacorta Extra Brut, Lantieri Franciacorta NV Cuvée Brut Magnum. Un risultato che la pone prima fra le cantine di Franciacorta, seconda in Italia e fra le primissime al mondo. Oltre ai quattro ori, la cantina ha conquistato anche due argenti col Lantieri Franciacorta Riserva Origines 2013 e il Lantieri Franciacorta Brut Rosè Magnum. Del complesso aziendale fa parte anche Corte Lantieri, elegante Wine Resort con un eccellente ristorante, ai piedi del caratteristico centro storico del borgo medioevale di Capriolo. Perfetto per l’estate 2021, contrassegnata dalla voglia di campagna e luoghi isolati, nella natura e nella tranquillità. L’agriturismo si trova infatti immerso nel verde di uno degli angoli paesaggisticamente più suggestivi e incontaminati della Franciacorta, fra le più pregiate zone vinicole italiane, amatissima da turisti e wine lovers italiani e stranieri. Un luogo ideale per un ritemprante soggiorno lontano dalla folla in totale sicurezza, con amplissimi spazi a disposizione dove potersi godere il proprio tempo. Ricavata dall’accurata ristrutturazione dell’antico palazzo nobiliare di famiglia, Corte Lantieri è un buen retiro per pochi, dato che ha solo sette ampie camere con vista sulle colline e quindi può garantire ai suoi ospiti la massima privacy. Ambienti accoglienti e raffinati, dove trascorrere giorni indimenticabili all’insegna del relax, della buona cucina, del bere eccellente. Tutt’intorno, grandi terrazze, giardini fioriti, una stupenda piscina con solarium affacciata sulle vigne, sentieri per passeggiate e pedalate, angoli nel verde per praticare indisturbati yoga e fare movimento en plein air. In sella alle biciclette a disposizione degli ospiti si raggiungono borghi, pievi, abbazie, aree naturalistiche e a piedi ci s’incammina lungo la fitta rete di sentieri che da Capriolo si inoltrano fra vigne e boschi. Nel ristorante – aperto anche a chi non alloggia nel Wine Resort – i piatti dello chef Paolo Zanardi interpretano le stagioni e raccontano con personalità la tradizione gastronomica franciacortina e quella lacustre del vicino lago d’Iseo. Fra i classici: il risotto al Franciacorta Millesimato mantecato alla robiola due latti, i casoncelli della corte con burro spumeggiante e salvia, le paste con pesce di lago, il manzo della tradizione di Rovato all’olio extravergine, piatto-simbolo del territorio. A comporre i piatti verdure e frutta di stagione (molti dei quali provengono da provenienti dall’orto situato tra i vigneti dell’azienda) e prodotti del territorio ampiamente valorizzati anche negli antipasti, con ampio spazio alla tipicità, quali la sarda essiccata del Sebino con polenta abbrustolita, ma anche i salumi locali quali la Ret (il salame De.Co. di Capriolo) il salame di Montisola, i formaggi tradizionali come il Silter Camuno e il Selvino di Grotta, serviti con sfiziose confetture e mieli locali. Nel menu estivo, dove hanno un posto di rilievo le verdure e gli aromi dell’orto, ecco fra i primi spaghetti di Gragnano alla carbonara di lago, gnocchetti di patate con pesto di fave e trota affumicata, fusillone con verdure di stagione, pancetta croccante e pecorino. Fra i secondi, filetto di vitello al punto rosa, asparagi e patata schiacciata all’olio del Sebino, coscia di coniglio disossata e ripiena al forno con polenta bresciana, filetto di pesce di lago con pomodori secchi e olive nere. Crostatine, semifreddi, dolci al cucchiaio concludono in dolcezza il pasto. Ciascun piatto, presentato con cura e raffinatezza, viene accompagnato dai pregiati Franciacorta della Cantina Lantieri.
AZIENDA AGRICOLA Colline San Biagio andrea cappelli foto bruno bruchi NELLA CAMPAGNA DI CARMIGNANO UN’OSPITALITÀ DI CHARME
Le aziende produttrici della denominazione Carmignano, che insiste sul sistema collinare e montuoso del Montalbano, si dividono fra le località di Santa Cristina a Mezzana, Seano, Carmignano e infine Bacchereto, dove la famiglia di Colline San Biagio, agricoltori dal Cinquecento, all’inizio del nuovo millennio ha deciso di dare nuovo impulso alla propria azienda.
La storia antica del borgo di Bacchereto, immerso in una fresca zona molto boscosa – il toponimo infatti rimanda a frutti di piante
Luigi Pocaterra con la sua famiglia: il figlio Gabriele, la moglie Maria Pia Ragionieri, la cognata Claudia, la suocera Maria Beatrice e la nuora Matilde Rappini di bosco – lo vede già nel Duecento comune rurale legato alla produzione della famosa maiolica fiorentina. Attività che lo legherà per sempre alla grande storia: se Leonardo da Vinci è universalmente conosciuto come il genio indiscusso del Rinascimento, forse non molti sanno che nelle sue vene scorreva un quarto di sangue carmignanese poiché la nonna paterna che lo allevò, Lucia di ser Piero di Zoso, era originaria proprio della frazione di Bacchereto, come attesta una lapide posta all’ingresso di una tipica casa signorile medievale, dove il piccolo Leonardo di ser Piero da Vinci, nato il 15 aprile 1452 da una relazione illegittima, passò molta parte della fanciullezza. Ai tempi Bacchereto – posto sul versante del Montalbano opposto a quello del suo paese d’origine, Vinci – era un minuscolo villaggio di fornaciai già famoso per la produzione di ceramica artistica smaltata, dove la famiglia di Leonardo possedeva una “fornace da orcioli”, a pochi metri da Colline San Biagio. Qui Leonardo poté cominciare giovanissimo a esercitare il suo talento, facendo pratica nella modellazione dell’argilla e nell’ar-
te della terracotta – le sue prime opere in ceramica furono cotte nella fornace dei nonni –, nonché nel disegnare il territorio, come negli studi progettuali sulle deviazioni dell’Arno, dove rappresentò il Montalbano, e nei Fogli di Windsor, 234 fogli che comprendono circa 600 disegni, dove ritrasse ‘Bachereto’. Ma la zona non fu importante solo per la tradizione ceramica e per esser stata luogo ospitale dell’infanzia leonardesca, ma anche per produzione vitivinicola. Infatti già in epoca etrusca e romana nel territorio di Carmignano si producevano vini considerati eccellenti. Ne sono testimonianza il ritrovamento di vasi da vino, utensili per cantina, kántharos – tipico bicchiere da vino – e colini risalenti al periodo etrusco, nonché l’assegnazione da parte del console romano Giulio Cesare a suoi veterani, tra il 60 a.C. e il 50 a.C., di terre coltivate a vite. Ma la consacrazione ufficiale avviene col bando granducale del 7 maggio 1626 da parte di Ferdinando II de’ Medici, quinto granduca di Toscana regnante dal 1621 al 1670, del “Barco Reale” – dal latino barricus, confine –: una bandita di 4.000 ettari sul crinale del Montalbano dettata dalla necessità di disporre di un’area che salvaguardasse la selvaggina, visto che le attività venatorie erano la passione di molti tra i sovrani di casa Medici, adibita anche alla produzione di vino. Custodivano il Barco, chiuso da un muro alto due metri che si estendeva per una lunghezza di 52 chilometri, delle guardie chiamate birri e pene severe erano previste per chi si intrufolava al suo interno per cacciare o portar via uva di frodo. Nemmeno un secolo dopo il granduca Cosimo III de’ Medici – il penultimo appartenente alla dinastia, che regnò dal 1670 al 1723 – non solo istituì un’ulteriore serie di norme molto restrittive per la produzione dei vini all’interno della bandita di famiglia, ma, essendo divenuta la produzione vitivinicola così importante per il regno, il 24 settembre 1716, con capacità innovativa d’antica memoria, emise un bando che s’intitolava “Sopra la Dichiarazione de’ Confini delle quattro regioni Chianti, Pomino, Carmignano e Val d’Arno di Sopra”, delimitando di fatto, per la prima volta nella storia, alcuni territori del Granducato particolarmente vocati per la produzione di vini d’alta qualità. Venne così istituita la tutela ope legis di quella che già allora era una delle principali risorse del tessuto socio-economico del territorio, la produzione enologica, costituendo una sorta di Doc ante-litteram. Per la Toscana di Cosimo III il vino era già un prodotto strategico, infatti il bando traeva origine proprio da una lunga serie di esperienze commerciali che avevano ormai consolidato il valore qualitativo dei prodotti enologici di quei territori. Una terra di vino, quella di Carmignano, fra le quattro più importanti e di qualità eccellente della Toscana di allora, che già riscuoteva un tale successo da far nascere, nella mente del lungimirante Granduca, l’idea di proteggerlo e tutelarlo, stabilendo precise e severe norme per la vendemmia, per garantire la purezza dei vini e
il loro commercio. Per questo Cosimo III istituì anche le Congregazioni di Vigilanza sulla produzione dei vini, che dovevano controllare il rispetto delle norme richieste, essendo il vino già considerato così rappresentativo del “decoro della Nazione” che occorreva mantenerne alta e tutelarne la qualità. Il Bando fu il primo documento giuridico al mondo sul vino, un’antichissima, straordinaria e nobile anticipazione delle moderne denominazioni d’origine controllata, arrivata ben prima delle famose appellation d’origine contrôlée francesi. Ma la storia del vino di Carmignano è costellata di numerose citazioni che ne hanno fatto nei secoli letterati illustri, pittori e poeti, come il Redi che, nel famoso Ditirambo Bacco in Toscana del 1685, ebbe così a elogiarlo: “Ma se Giara io prendo in mano di brillante Carmignano così grato in sen mi piove che ambrosia e nettar non invidio a Giove…” fino al “Vate d’Italia” Gabriele D’Annunzio, che non fece mancare il suo apprezzamento. L’importanza del vino di Carmignano era anche data dal fatto che fosse “navigabile”, cioè poteva esser trasportato via mare arrivando fino al Nuovo Mondo. Infatti, già anticamente, veniva commercializzato negli Stati Uniti dove addirittura migliorava col tempo, mostrando tutte le sue doti di grande vino da invecchiamento. Antico, generazione dopo generazione, è
il legame della famiglia col nettare di Bacco e il territorio di Carmignano e Bacchereto. Ma questo vocatissimo territorio tra Firenze, Prato e Pistoia, dove da secoli si coltiva la vite con risultati qualitativi importanti ha anche un’altra particolarità: il suo terroir e il suo microclima ospitano da circa 500 anni quella che i vecchi viticoltori chiamano “uva francesca”, che altro non è che Cabernet, di cui si narra che le prime barbatelle siano state trapiantate in questo territorio per desiderio di Caterina de’ Medici, quando nel Cinquecento fu regina di Francia. E ancor oggi caratteristica dei vini rossi di Carmignano è la presenza del Cabernet, qui considerato a tutti gli effetti vitigno autoctono, che il disciplinare richiede obbligatoriamente con un taglio che va dal 10 al 20%. Ad accoglierci a Colline San Biagio una bellissima e solida famiglia che crede fortemente nelle indubbie potenzialità di un territorio ricco di una propria forte identità e cultura, di una storia millenaria e una tradizione enoica vecchia di secoli. Fra i volti dell’azienda, uno è sicuramente molto noto al grande pubblico. Si tratta del “notaio filosofo” Luigi Pocaterra – famoso per la partecipazione a tante trasmissioni televisive, personaggio non solo colto e distinto, ma anche divertente, ironico, piacevole e familiare, dallo stile “d’altri tempi” –, vero mentore enogastronomico. Oltre a lui, la cognata Claudia Ragionieri, gran donna di cantina, la moglie professoressa Maria Pia Ragionieri, il figlio Gabriele, anch’egli notaio in Roma, con la moglie Matilde Rappini – con una gran passione per i cavalli – e la piccola Elisabetta. Infine l’amatissima nonna Maria Beatrice, novant’anni e non sentirli, una vera forza della natura, famosa per il suo ragù fatto in casa all’antica. Front man dell’azienda è Gabriele Pocaterra: “Mi piaceva molto andare nei campi col nonno Luigi Ragionieri, che mi spiegava come si devono potare gli olivi e come si cura la vigna. Da queste esperienze è scaturita la mia voglia di continuare la tradizione familiare di vignaioli in Toscana. Abbiamo prodotto il nostro primo Carmignano con la bella vendemmia 2004: per noi il vino è una gran passione e tanto, tanto lavoro; una fatica che però ci appaga, sempre nel segno di una filosofia aziendale che si fonda sulla conduzione familiare con l’obiettivo di proporre ai wine lowers prodotti di altissima qualità”. Colline San Biagio consta di 70 ettari di terreni, di cui 14 di parco vigneti, tutti a denominazione Carmignano – Doc dal 1975 e Docg dal 1990 – posizionati su terreni di medio impasto composti da calcari marnosi di tipo alberese, scisti argillosi ricchi di galestro, sabbia e arenarie con esposizione sud/sud-ovest, a un’altezza compresa fra i 180 e i
270 metri s.l.m. La conduzione agricola è a basso impatto ambientale nel pieno rispetto dei cicli naturali e le piante sono alimentate con vinacce quale fertilizzante organico e sovesci di leguminose e graminacee, quest’ultime sfalciate e interrate nel periodo della fioritura. La protezione del Montalbano dalle correnti fredde, la tessitura, l’altitudine, l’esposizione dei terreni sono presupposto di un microclima unico caratterizzato da luce, sole, leggere brezze e forti escursioni termiche tra il giorno e la notte, condizione ideale per una lenta e perfetta maturazione delle uve, determinante per la conservazione di profumi e la produzione di vini territoriali, eleganti e longevi. Le vigne, con un’età che varia dei 45 ai 25 anni, sono coltivate alle pendici del Montalbano a cordone speronato e archetto toscano per il 65% a Sangiovese, il resto a vitigni bordolesi, dividendosi in due corpi: il primo, dette “Vigne di San Biagio”, insiste intorno alla struttura centrale dell’azienda ed è tutto Sangiovese; più in basso si situa il secondo corpo di quattro parcelle, dette “Vigne di Valle”, impiantate sia a Sangiovese che a Cabernet Sauvignon e Merlot. La cura dei vigneti, la potatura verde, la raccolta manuale e selezionata delle uve con severa cernita, il tradizionale processo di vinificazione, pur nella modernità della cantina e delle sue attrezzature, permettono a quest’azienda di produrre vini d’alto pregio che hanno avuto riconoscimenti sia in ambito nazionale che internazionale. La produzione annuale si attesta sulle 60mila bottiglie, suddivise tra 5 etichette, a partire dal bevibilissimo rosato Igt Balè – 50% Sangiovese e 50% Merlot – vinificato in bianco, passa 8-10 ore sulle bucce, fa solo acciaio per 4-5 mesi e poi un mese d’affinamento in bottiglia prima d’esser rilasciato sui mercati: color rosato brillante, l’olfatto è caratterizzato da note floreali di rosa e glicine che si fondono con nuances fruttate di fragola e ciliegia per un palato fresco e vivace, di buona sapidità e lunga persistenza. Perfetto per l’aperitivo, il Vigna Toia – fresco blend di Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Merlot in percentuali uguali, che fa solo inox – è dedicato a Leonardo, infatti in etichetta è riprodotto il primo disegno autografo del genio di Vinci, il Paesaggio con fiume del 1473, conservato al Gabinetto degli Uffizi, che rappresenta una veduta a volo d’uccello su un panorama toscano: color rosso rubino intenso e vivace, al naso si apre su frutti a bacca rossa con ciliegia e ribes in evidenza, a cui fa seguito una delicata speziatura di pepe rosa che sfuma su note balsamiche; in bocca sorprende con un ingresso setoso che lascia emergere successivamente freschezza e un elegante tannino, caratteristiche che poi si fondono armoniosamente per un finale equilibrato e persistente, da sorseggiare in accompagnamento a primi piatti di pa-
sta fresca fatta in casa condita coi sughi della tradizione toscana. Il Donna Mingarda è un Sangiovese in purezza che racconta col proprio nome la storia della principessa longobarda che donò il castello, la corte e il borgo di Bacchereto al vescovo di Pistoia. Le uve, accuratamente selezionate, fermentano lentamente per 20 giorni coi propri lieviti selvaggi in vasche d’acciaio a temperatura controllata per poi svolgere la malolattica in legno; segue l’affinamento per 12 mesi in barriques di rovere francese di 2° e 3° passaggio, in una percentuale del 30% di 2° passaggio e di 3° il restante. Nel calice ha un color rosso rubino intenso, accompagnato da leggere sfumature granato sull’unghia. L’esame olfattivo presenta note fruttate, che vengono alimentate dai sentori terziari derivanti dall’affinamento. Al palato è fine, elegante, avvolgente con una trama tannica ben integrata. Ottimo coi secondi di carne rossa, è da provare anche coi formaggi stagionati, ideale con polenta e bocconcini di cervo. Punta di diamante della gamma aziendale è il Carmignano Docg Sancti Blasii, in onore dalla medievale pieve che si trova all’interno del terreni di proprietà, le cui prime notizie risalgono al 1287, ovvero a quando una pergamena riporta l’esistenza di una “ecclesia S. Blasii de Fucian, nel plebato di Bacchereto”. È il frutto della selezione delle migliori uve di tutto il parco vigneti, per la cui raccolta non si fanno mai meno di 10 passaggi in vigna, per arrivare fino a 15-16. La fermentazione alcolica viene effettuata in vasche d’acciaio inox a temperatura controllata (28-30° C), mentre la fermentazione malolattica è svolta in barriques. Eccellente vino da lungo invecchiamento, 70% Sangiovese, 20% Cabernet Sauvignon e 10% Merlot, affina in barriques di rovere francese nuove e di secondo passaggio a tostatura media per un periodo che può variare dai 1213 fino ai 15-16 mesi, per infine completare l’elevazione in bottiglia per minimo sei mesi prima di esser rilasciato sui mercati. Rosso rubino molto intenso, emergono al naso note di piccoli frutti rossi, quali lampone, ribes rosso e ciliegia, che si fondono con le note vanigliate e speziate che derivano dall’affinamento in legno. Al palato è di gran struttura ed eleganza con una trama tannica molto fitta e tannini morbidi per una finale lunghissimo. Perfetto per la meditazione. Ecco infine, da una singola vigna con rese bassissime, il Merlot in purezza Quattordicisei, senza dubbio ai livelli dei più grandi Merlot. Di qualità assoluta, l’affinamento viene svolto dapprima in barriques nuove a media tostatura di rovere francese per 15-18 mesi e poi, per un ulteriore anno, in vetro. Ha una veste color rubino intenso con qualche lieve riflesso
violaceo. Il naso è dominato da piccoli frutti rossi, come more e ribes, impreziositi da note di vaniglia e cacao. Al palato è di corpo pieno, morbido e avvolgente con un tannino sì importante, ma sempre rotondo e mai spigoloso. Termina con un finale lungo. Ottimo in abbinamento a piatti a base di selvaggina da pelo in umido, arrosti e brasati di carne rossa. Perfetto anche coi formaggi stagionati, dà il meglio di sé con un arrosto di maiale alle prugne. Delicato e intrigante nei profumi, morbido e vellutato in bocca, dove frutta e spezie si amalgamano con finezza, è un’etichetta da lasciar riposare ancora qualche anno in cantina per assaporarla al massimo delle sue potenzialità. A fianco di questi vini eleganti e perfettamente realizzati trova spazio anche la Grappa Riserva Carmignano, nata dalla sapiente distillazione con impianto artigianale entro 24 ore di sole vinacce freschissime e invecchiata in barriques di rovere di Limousine. Ma non bisogna scordarsi dell’altro prodotto principe: l’olio extravergine d’oliva Igp toscano biologico certificato, avendo Colline San Biagio ben 20 ettari d’oliveti con 5.500 piante d’olivo tutte antiche, poste fra 250 e 400 metri d’altitudine col classico blend di cultivar della tradizione toscana, Moraiolo, Leccino, Frantoio, Pendolino. Da curate pratiche agronomiche, una raccolta manuale secondo tradizione e la frangitura entro le 24 ore dal distacco, nasce un olio tipico e molto toscano, concentrato e delicato. Colline San Biagio non è soltanto vino, infatti dagli inizi degli anni Duemila è anche ospitalità di charme in due antiche strutture. La prima è l’affascinante Antico Convento, destinato a sede di religiosi sin dal’inizio XII secolo e poi di famiglie contadine, che è stato magnificamente restaurato in anni di impegnativi lavori con un concetto estremamente conservativo. Così alcuni segni del suo lontano passato si ritrovano ancor oggi nelle pietre originali riportate alla luce, dove sono incise delle croci e scavate delle nicchie per le candele, allora unico mezzo d’illuminazione. Già solo entrando si viene subito a contatto con l’atmosfera intima e mistica, quasi irreale, che lo anima, già luogo di pace dove i monaci nell’Alto Medioevo svolgevano le loro pratiche quotidiane di preghiera e lavoro. In posizione isolata e perciò molto silenzioso, ma a soli a 25 chilometri da Firenze, il relais offre gran pace e tranquillità, oltre a fantastici panorami su una campagna toscana da cartolina, dove le lancette dell’orologio si fermano… E la mattina si viene svegliati solo dai suoni della natura, con gli uccellini che cinguettano. Al primo piano della struttura vi sono le sette eleganti e ampie suite di classe, con una perfetta conservazione di stili e arredamenti d’epoca, mobili anche d’alto antiquariato di famiglia, soffitti con travi in legno e bagno privato con originale marmo di Carrara. Dovendo pagare le tasse di decima alla chiesa di Roma, da documenti conservati presso l’archivio storico di Firenze si desume che il convento dichiarasse un’importante produzione agricola, dalla quale i nomi delle stanze: Susina Gialla, Pesca, Albicocca, Uva Rossa, Grano, Salvia e Corbezzolo. A disposizione degli ospiti una simpatica piscina all’aperto, uno splendido e importante parco giardino, ombreggiati gazebo, una tettoia dove mangiare al fresco con un bel tavolo comune da 16 persone, un accogliente bar, una sala TV, una sala musica con pianoforte e una sala da biliardo con tavolo originale del Settecento. Il casale può essere affittato anche in maniera esclusiva a un gruppo o a una famiglia e conta complessivamente 14 posti let-
to. Vi è naturalmente la possibilità di avere uno chef a domicilio che può servire dalla colazione, al pranzo, alla cena, oltre a intriganti aperitivi magari a bordo piscina, usufruendo dell’antica cucina del casale che al suo interno prevede anche confortevoli sale da pranzo. I piatti, con materie prime del territorio, sono tutti fatti espressi in casa e, volendo, c’è pure la possibilità di una cooking class per apprendere i segreti della cucina toscana. Poco più sotto, a circa 100 metri su una pittoresca stradina, si trova la seconda struttura, denominata Le Torracce: un classico casale con annessa una torre d’avvistamento del Quattrocento dal bel sapore antico. La struttura ospita quattro appartamenti personalizzati nell’arredamento con mobili ottocenteschi e caratterizzati da uno stile tipicamente toscano: Granturco, coltivazione legata al territorio; Terrarossa, dal nome della località che insiste su terreni ferrosi; Lavanda, con cui sono coltivati diversi campi intorno. Ogni appartamento è dotato di tutti i comfort, col proprio bagno, la propria cucina e, sebbene i poderi toscani abbiano pareti così spesse da crearne un ambiente sempre fresco, è comunque previsto il condizionamento dell’aria. Il quarto appartamento si chiama Torre, proprio perché è stato ricavato dalla completa ristrutturazione della torretta medievale adiacente. Il complesso offre un piccolo bosco romantico, una piscina e una vasca idromassaggio Jacuzzi da quattro posti entrambe all’aperto con vista sulla campagna. Nella vecchia cantina con la volta a botte, che regala una naturale costante temperatura di 18° C per tutto l’anno, è ospitata una suggestiva sala degustazione dove i vini possono esser bevuti anche d’estate sempre piacevolmente freschi. I proprietari sono persone deliziose, calorose e affabili a cui davvero piace avere ospiti, supportati da un personale professionale, gentile, attento, sollecito, riservato e sempre disponibile al bisogno. A richiesta possono organizzare visite con guida alle principali città toscane, gite in campagna, passeggiate a cavallo, sport in bicicletta o mountain bike, giornate al mare, degustazioni di vini e prodotti tipici. “Un’accoglienza a 360°, perché vogliamo rendere partecipi i nostri graditissimi ospiti della grande bellezza di cui l’Italia è leader mondiale, e la Toscana è il leader del leader mondiale!”. Ma il settore ospitalità di Colline San Biagio non si ferma qui… “Ci sono altri progetti, intanto stiamo lavorando al casale Olivo, che si trova all’interno di una riserva naturale di una bellezza scolvolgente, un po’ più in quota, siamo a circa 400 metri s.l.m. alle pendici del Montalbano, dove saranno ricavati altri tre appartamenti. E un altro casale è work in progress…”. Tradizione e passione si dipanano come il fil rouge di una bella aria di famiglia, quella appunto di Colline San Biagio, legata da un antico e particolare rapporto d’amore col territorio di Carmignano e Bacchereto.