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La rubrica di Mauro Trentini

a cura di Mauro Trentini avvocato

mail: trentinilegal@bluewin.ch

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B BU UO ON NEE FFEES STTEE,, A AN NZZII N NO O,, B BU UO ON N N NA ATTA ALLEE

olto discutere, nelle ultime settimane, ha fatto l’Unione Europea che con un documento interno per la comunicazione delle istituzioni comunitarie, ha tracciato una sorta di nuovo decalogo linguistico nel segno del rispetto della diversità. Per i burocrati europei è necessario eliminare ogni riferimento di genere, mai presumere l’orientamento sessuale di una persona. Pure vietato sarebbe stato anche rivolgersi alla platea con il classico “signore e signori” . Il tutto a tutela di qualsiasi diversità e in nome dell’uguaglianza. In un documento di una trentina di pagine intitolato “Union of Equality” sul quale poi si è dovuto “fortunatamente” aggiungo io, fare dietrofront, si è cercato di far passare il seguente pensiero: “Ognuno in Ue ha il diritto di essere trattato in maniera eguale” senza riferimenti di “genere, etnia, razza, religione, disabilità e orientamento sessuale” . Si può certamente condividere il pensiero sul trattamento egualitario per tutti, senza nessuna discriminazione. Quello che perô, per lo meno il sottoscritto come tanti altri, non può accettare è che in nome di questo trattamento egualitario vengano semplicemente cancellati o rimesse in discussione le fondamenta del nostro essere cristiani, le nostre tradizioni che, in Europa, da secoli ci accompagnano. Più di tutti ha fatto discutere la proposta di sostituire il classico e radicato Buon Natale con un più neutro Buone Feste. Ma perché mai e in nome di quale principio egualitario dovrei rinunciare ad augurare Buon Natale al mio prossimo, indipendentemente dall’origine etnica del medesimo? Il Natale, come tutti sanno, è una festa annuale che commemora la nascita di Gesù Cristo, osservata principalmente il 25 dicembre come celebrazione religiosa e culturale tra miliardi di persone in tutto il mondo. Il giorno di Natale è un giorno festivo in molti paesi, è celebrato religiosamente dalla maggioranza dei cristiani, così come culturalmente da molti non cristiani, e costituisce un parte integrante delle festività natalizie organizzate attorno ad esso. Ho avuto l’occasione nella mia vita di incontrare molte persone, non tutte necessariamente cattoliche. Come io ho sempre rispettato le loro tradizioni, assumendo i comportamenti dettati da religioni diverse dalla mia, mai mi sognerei di dire ad esempio ad un mussulmano di rinunciare a pronunciare la parola Ramadan e sostituirla con un buone feste. Il Ramadan è il nome del nono mese dell’anno nel calendario lunare musulmano, nel quale, secondo la tradizione islamica, Maometto ricevette la rivelazione del Corano “come guida per gli uomini di retta direzione e salvezza” (Sura II, v. 185). È il mese sacro del digiuno, dedicato alla preghiera, alla meditazione e all’autodisciplina. Il digiuno è un obbligo per tutti i musulmani praticanti adulti e sani che, dalle prime luci dell’alba fino al tramonto, non possono mangiare, bere, fumare e praticare sesso. Dal digiuno sono esentati i minorenni, i vecchi, i malati, le donne che allattano o in gravidanza. Le donne durante il ciclo mestruale e chi è in viaggio sono, solo temporaneamente, esentati. Al tramonto il digiuno viene interrotto con un dattero o un bicchiere d’acqua. Poi segue il pasto serale (iftar). Ramadan e Natale sono due periodi particolari dell’anno dove gli addetti alla religione mussulmana e a quella cattolica celebrano, chi in un modo e chi in un altro, il loro Dio. Ramadan e Natale convivono più o meno serenamente da secoli e possono benissimo continuare a farlo nel semplice, ma non esasperato, rispetto dell’uno nei

Mconfronti dell’altro.

Vero è che l’UE dopo le prime polemiche si è affrettata ad affermare che “non vietiamo o scoraggiamo l’uso della parola Natale, è ovvio. Celebrare il Natale e usare nomi e simboli cristiani sono parte della ricca eredità europea. Come Commissione, siamo neutrali sulle questioni delle religioni, abbiamo un costante dialogo con tutte le organizzazioni religiose e non confessionali. Si tratta di un documento interno preparato ad un livello tecnico con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza di una comunicazione inclusiva” , per poi aggiungere che la proposta veniva per il momento ritirata poiche noi europei non eravamo ancora pronti a questi cambiamenti che avrebbero comunque riguardato solo le comunicazioni che avvengono all’interno delle aule dell’Europarlamento (e delle Commissioni) e i funzionari nelle loro interlocuzioni.

E no Signori miei, da europeo e cattolico non posso permettere, nemmeno a livello di comunicazioni interne, che dei funzionari, pure loro europei, facciano semplicemente astrazione di concetti che ci appartengono dalla notte dei tempi. Non lo posso permettere io come, ritengo, non lo permetterebbe nemmeno un mussulmano, se si volesse abolire la parola Ramadan. Non nascondiamoci nemmeno dietro ad un dito. Questi Concetti “astrusi” (permettetemelo) passerebbero rapidamente dalle aule del parlamento europeo a quelle di tutti i parlamenti e commissioni del continente.

Non intendo alimentare oltre le polemiche su questo “inutile” documento europeo, ragione per la quale termino qui le mie brevi considerazioni non dopo, però, aver augurato ai cari lettori de l’Eco un buon Natale, nello stesso modo in cui farei, con i mussulmani augurando, il momento venuto, buon Ramadan.

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