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Banksy espone in stazione

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Morire d'Europa

Morire d'Europa

a cura di

Andrea Pagnacco

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Una delle armi più efficaci di un “street artist” della statura di Banksy è la sua sorniona ironia coniugata e su questo non ci piove alla sua personale morale. Si aggiunga inoltre, come pepe su una torta, il suo velenoso sarcasmo che aleggia nei suoi numerosi lavori sui muri delle città di tante parti del mondo; muri che nelle loro parti dipinte si rendono veramente preziosi.

Come vi ricorderete, Banksy è quell'artista inglese di cui nessuno sa chi sia e di cui un lavoro venduto all'asta da Sotheby's fu distrutto subito dopo l'acquisto da parte di una ricca collezionista.

L'eccitante spunto di vergare un pezzo su Banksy, mi è venuto da un consistente ed esteso numero di opere del Banksy presenti e allineati in una mostra dal titolo “The World of Banksy” all'interno della stazione di Milano. Si, proprio alla stazione del capoluogo lombardo, anche perché di un maestro come lui ci si può aspettare questo e altro.

Sono 130 lavori che danno la misura delle doti e del pensiero veramente coerente di un artista ormai conosciuto dentro i luoghi chiusi delle sue esposizioni e nello stesso tempo fuori con i suoi muri o murales che dirsi voglia.

Oggi di muri o estensioni dipinte (con spesso dei risultati discutibili) di ogni genere si trovano in molte città e agglomerati umani, tanto che oltre a quelli di un maestro consacrato come Banksy vi sono torme di pittori o tali che intraprendono le vie della cosiddetta “Street art” .

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a cura della

Redazione

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Al Volkshaus di Zurigo, incontro con Martina Mengoni nell’ambito della Giornata della Memoria. Mengoni è esperta di Primo Levi, su cui ha pubblicato vari saggi, tra i quali Primo Levi e i tedeschi (Einaudi, 2017). Inoltre è la curatrice della corrispondenza tra Primo Levi e Claude LéviStrauss. La sua più recente pubblicazione si intitola "I sommersi e i salvati" di Primo Levi. Storia di un libro (Quodlibet, 2021). Mengoni attualmente è assistente all’Istituto di Lingua e Letteratura Italiana dell’Università di Berna e collabora con il Centro Studi Primo Levi di Torino. Durante l’incontro sarà garantito un servizio di traduzione simultanea dall'italiano al tedesco.

Il libro

I sommersi e i salvati è l’ultimo libro scritto e pubblicato da Primo Levi. Percepito a lungo dalla critica come un librotestamento, ha avuto in realtà una lunga genesi, che attraversa quasi trent’anni della vita dello scrittore.

È dal 1959, quando riceve la notizia che Se questo è un uomo sarà tradotto in Germania, che Levi inizia a interrogarsi nuovamente sulla sua esperienza ad Auschwitz: dialogando innanzitutto con il suo traduttore Heinz Riedt, poi entrando in corrispondenza con i suoi lettori tedeschi e infine, a partire dagli anni Settanta, attraverso vivaci incontri nelle scuole.

Alle origini dei Sommersi e i salvati ci sono dunque una traduzione in tedesco e il progetto, poi accantonato, di tradurre in italiano e commentare le lettere ricevute dalla Germania. La scrittura del libro si intreccia inoltre con le traduzioni di cui Levi si fa promotore in Italia, e si alimenta delle poesie e dei romanzi (tedeschi e non solo) che legge fin da ragazzo, da Heine a Morgenstern, da Mann a Döblin. Per far emergere pienamente il significato dei Sommersi e i salvati si devono dunque recuperare decine di libri e centinaia di lettere, in quattro lingue diverse, e incontrare personaggi storici e romanzeschi, classi di studenti e vecchi reduci, vittime e carnefici. Bisogna sovrapporre la biografia di Levi a interi decenni di storia d’Italia e d’Europa, dove l’infinitamente grande – l’elaborazione del passato e le sue proiezioni sul presente – incrocia l’infinitamente piccolo: come nel caso del giovane soldato delle SS che, in punto di morte, chiede il perdono di un prigioniero ebreo. E dunque, si è corso il rischio di scrivere un libro intero per raccontare la nascita di un altro.

Per partecipare all'evento è obbligatorio essere in possesso del certificato covid (vaccinazione completa, guariti o muniti di un test negativo [48h) e anche durante l'evento dovrà essere indossata la mascherina; inoltre è obbligatoria l’iscrizione per tutte le persone (sito web Istituto Italiano di Cultura) oppure chiamando il 044 202 48 46.

Dove e quando: mercoledì 26 gennaio 2022, ore 18.45 apertura porte | ore 19.30 inizio Volkshaus Zürich (blauer Saal), Stauffacherstr. 60, Zurigo Ingresso libero

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