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Centro Toscano Edizioni POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1,COMMA 1 C1/FI/4010

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1998-2018

ISSN 1973-3658

9 771973 365809

20184

Anno XX n. 4/2018 Trimestrale € 15,00

°

Amici di Reality


Centro Toscano Edizioni POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1,COMMA 1 C1/FI/4010

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Anno XX n. 4/2018 Trimestrale € 15,00

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EDITORIALE Reality

1998-2018 20 anni di storie raccontate V

i ricordate le parole del primo editoriale di Mario Lepri? … Reality per essere, per quanto possibile, vicini a tutti, spaziare sugli avvenimenti di una parte primaria della Toscana, “viverli” e, se del caso, prevedere gli accadimenti, non in una sorta di preveggenza, ma con l’intuizione del cronista che deve riportarli, non su i quotidiani che hanno una loro precisa e insostituibile funzione, bensì sulle colonne di un periodico che deve durare più a lungo... Sarò riuscita in questi anni, insieme ai miei collaboratori, a portare avanti la “mission” dell’ideatore e il primo direttore della rivista Reality, con la stretta collaborazione di Alberto Pozzolini e dell’editore Nirvano Frangioni? Mi auguro di sì, e sono consapevole che il giudizio sulla bontà del nostro lavoro spetta a voi, sostenitori e lettori che in questi anni avete reso possibile, con il vostro consenso, il nostro percorso. Con il numero che state sfogliando si festeggia il ventennale di Reality. Abbiamo dunque voluto ricordare le sue origini dedicando a Santa Croce sull’Arno, dove la rivista è nata, una serie di articoli relativi ad aspetti rilevanti della sua storia, dell’economia, della cultura e dell’arte. L’acquisizione della rivista ha costituito per me un cambiamento notevole. Come potete immaginare, non è stata cosa da poco passare dal mondo dei numeri, dove lavoravo, a quello della carta stampata, avviare da zero una nuova attività che pian piano mi ha completamente assorbito, dapprima come giornalista, quindi direttore e infine editore di Reality. Naturalmente la rivista è sempre stata la punta di diamante della nostra società, che in parallelo ha sviluppato la casa editrice e l’organizzazione di eventi e uffici stampa per varie manifestazioni relative all’economia, allo spettacolo e all’arte contemporanea. In tutto ciò non è mancata la collaborazione del professor Nicola Micieli, nostro direttore artistico, al quale va la nostra riconoscenza. Abbiamo raccontato molte storie, incontrato tanti personaggi con i quali in molti casi si è instaurata un’amicizia, importante per noi che cerchiamo il dialogo con coloro che nella cultura, nell’arte, nello spettacolo, nell’economia ha qualcosa da dire circa il modo di affrontare la vita osservando il mondo con occhi diversi e un’apertura creativa alle sue sollecitazioni. Incontri preziosi per chi, come nel nostro caso, non intende restare fermo al proprio pensiero, ma fare tesoro delle loro non comuni esperienze di vita e artistiche. Reality ha avuto tanti sostenitori e lettori. Un amico particolarmente vicino, al quale penso con nostalgia, è lo scomparso Romano Battaglia, essendo stata un’appassionata dei suoi libri. Ricordo ancora con affetto e gratitudine quando anni fa, con orgoglio, consegnatogli la rivista alla Versiliana di Pietrasanta, espresse il suo sincero apprezzamento e disse: “vorrei regalarla ai miei ospiti del caffé”. E così è stato. Come non ricordare gli articoli e le interviste dei nostri santacrocesi conosciuti nel mondo? A partire dal famoso Don Backy, passando per l’istrionico chef Simone Rugiati fino al grande regista Daniele Falleri entrambi agli inizi della loro carriera. Molte sarebbero ancora le esperienze da raccontare e gli eventi ai quali Reality ha partecipato e si è fatta apprezzare divulgando e facendo conoscere la realtà del nostro territorio. Un grazie a tutti gli amici di Reality.

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Rag. Alessandro Susini Agente procuratore Promotore finanziario

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Agenzia Principale

Via Brunelli 13/17 56029 Santa Croce sull’Arno (Pisa) Tel. uff. 0571 366072 - 360787 Fax 0571 384291

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ella splendida cornice di Villa Poggimele in località Brusciana ad Empoli, Allianz ha condiviso con i vertici della Compagnia BLACKROCK, una delle case di investimento più prestigiose al mondo con la quale intrattiene rapporti commerciali, un evento esclusivo che nel panorama dell’arcipelago Allianz, in tutta Italia coinvolge solo una cinquantina di agenzie su oltre 2.000. La location è stata individuata appositamente per facilitare l'accesso di clientela fidelizzata, grazie al lavoro costante che da anni l'agenzia di Alessandro Susini, muovendo i primi importanti passi proprio da Santa Croce Sull'Arno, porta avanti con l'inserimento in ambienti privilegiati che oggi si sono ampliati in un'area che spazia tra le città di Firenze e Pisa. Il target dei clienti che ha potuto partecipare, è stato accuratamente selezionato proprio in riferimento alle tematiche trattate, condividendo le domande e le relative risposte con apporto di concetti derivanti da figure istituzionali di Allianz stessa, invitate appositamente per l'occasione. L’incontro si è concluso con un sobrio intrattenimento musicale e un conviviale buffet, e i partecipanti non hanno mancato di esprimere ai rappresentanti di Allianz i propri apprezzamenti per il godibile svolgimento della serata.


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SOMMARIO Reality

17 "IL" GIORNALISTA A SANTA CROCE 18 UN UOMO DA QUATTRO SOLDI 21 IN VIAGGIO CON GLI ARTISTI DI COPERTINA 33 BUON VIAGGIO MINO 41 ARTE IN MOSTRA 44 CRAVATTA, CHE PASSIONE! 47 STAZIONI DIPINTE DELLA MEMORIA A CASACONCIA 48 LA VALDERA IN ETà ETRUSCA 52 SAPORE DI COLLINA 59 TERRA NUOVA - CASTRUM SANCTAE CRUCIS 61 TRE LUOGHI PER LA CULTURA 65 GRANDE ANCHE PER "LORO" 66 IL CERAMISTA E IL MARTELLATORE 67 IL DISTRETTO CHE HA ANTICIPATO L’ECONOMIA CIRCOLARE 70 ENDRO LUPI 71 L’AMARETTO SANTACROCESE 75 TEATRO VERDI 76 LA MUSICA UNIVERSO PARALLELO 78 IL COLORE DEL TEMPO IL COLORE DELL’ARTE 80 SPAZIO REALE E SPAZIO PERCEPITO 83 IL MARE DELL’INFORMAZIONE 85 LIBRI 86 VIRGIL ABLOH 89 CHIRURGIA VASCOLARE 90 BERGAMOTTO 92 OROSCOPO 2019

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Centro Toscano Edizioni srl Sede legale Largo Pietro Lotti, 9/L 56029 Santa Croce sull’Arno (PI) Redazione via Pietro Nenni, 32 50054 Fucecchio (FI) Cell. 338 4235017 info@ctedizioni.it - www.ctedizioni.it Direttore responsabile Margherita Casazza direzione@ctedizioni.it Direttore artistico Nicola Micieli Redazione redazione@ctedizioni.it Abbonamenti abbonamenti@ctedizioni.it Text Giuseppe Branca, Alessandro Bruschi, Roberto Boldrini, Cristina Cagianelli, Margherita Casazza, Osvaldo Ciaponi, Carmelo De Luca, Federica Farini, Enrica Frediani, Arduino Gottardo, Andrea Guasti, Elisabetta Malvaldi, Andrea Mancini, Cristiano Marcacci, Romano Masoni, Stefano Michelagnoli, Nicola Micieli, Mauro Miceli, Ada Neri, Gabriele Nuti, Greta Romualdi, Nicolò Servi, Nicola Troisi, Valerio Vallini.

Photo Archivio CTE Photo copertina Reality e inserto di Santa Croce sull'Arno, dicembre 2018 Alessandro Paladini

Stampa Bandecchi & Vivaldi s.r.l. - Pontedera (PI) ISSN 1973-3658

Con il Patrocinio di:

Comune di Santa Croce sull'Arno

Pro Loco Santa Croce sull'Arno

Reality numero 90 - dicembre 2018 Reg. Trl. Pisa n. 21 del 25.10.1998 Responsabile: Margherita Casazza dal 19.11.2007 Reg. ROC numero 30365

www.ctedizioni.it info@ctedizioni.it

© La riproduzione anche parziale è vietata senza l'autorizzazione scritta dall'Editore. L'elaborazione dei testi, anche se curata con scrupolosa attenzione, non può comportare specifiche responsabilità per eventuali involontari errori o inesattezze. Ogni articolo firmato esprime esclusivamente il pensiero del suo autore e pertanto ne impegna la responsabilità personale. Le opinioni e più in genere quanto espresso dai singoli autori non comportano responsabilità alcuna per il Direttore e per l'Editore. Centro Toscano Edizioni Srl P. IVA 017176305001 - Tutti i loghi ed i marchi commerciali contenuti in questa rivista sono di proprietà dei rispettivi aventi diritto. Gli articoli sono di CTE 2016 - Largo Pietro Lotti, 9/L - Santa Croce sull’Arno (PI) - mail: info@ctedizioni.it AVVISO: l’editore è a disposizione degli aventi diritto con i quali non gli è stato possibile comunicare, nonché per eventuali, involontarie omissioni o inesattezze nella citazione delle fonti e/o delle foto.


Disegno di Riccardo Burchielli

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26 Dicembre 2018 e 6 Gennaio 2019 dalle 15:00 alle 19:00

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saluti Reality

Comune di Santa Croce sull'Arno

Ho accolto con entusiasmo la proposta di Margherita Casazza, ideatrice e direttrice di Reality, di festeggiare il ventennale della rivista e di rivolgersi all’Amministrazione Comunale per valutare ed organizzare come farlo, in quale sede, in quale giorno, con quali modalità. Ritengo che il compito di un Sindaco sia anche quello di supportare, laddove sia possibile farlo, le proposte che arrivano da cittadini che, a vario titolo, hanno a cuore la comunità e che si ingegnano a valorizzarla. La rivista diretta da Margherita è un biglietto da visita elegante che ci rappresenta nei luoghi del lavoro e dello svago, che dice molto della santacrocesità che è fatta di ricerca, lavoro, impegno ma anche di diletto, divertimento, capacità di appassionarsi ai gruppi del Carnevale come alle squadre locali che rappresentano un variegato panorama sportivo. Questo numero speciale, in cui alle copertine della rivista faranno da cornice interventi che parleranno del luogo in cui viviamo e che amiamo e della qualità della rivista “Reality”, speriamo che entri a fare parte di quella storia che documenta la vita di questo Comune che è fatta di tante tessere, a volte una molto diversa dall’altra, ma che, allo stesso tempo, compongono un disegno globale che è vitale, in cui c’è l’attenzione al passato, al presente ed al futuro. Auguriamo a “Reality” ed a tutti coloro che in questi anni l’hanno curata con competenza e dedizione, ancora tanti numeri ricchi di parole e di immagini che parleranno di tutti noi cittadini di questa comunità.

Giulia Deidda Sindaco Comune di Santa Croce sull’Arno

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saluti Reality

Comune di Santa Croce sull'Arno

Vorrei iniziare la stesura di questo breve testo partendo da una citazione. Nel suo editoriale di apertura nel numero 1/2010, Margherita Casazza scriveva: «Reality nel suo piccolo, vuol darvi correttezza e lealtà. I nostri articoli fanno informazione, valorizzano certe tematiche e argomenti, senza però a priori escluderne o danneggiarne altri. La spinta che ci manda avanti è quella di essere, ormai da anni, nei vostri salotti, nei vostri studi, nei vostri negozi, nei vostri uffici, facendovi compagnia nei momenti di relax.» Credo che questa sia una fotografia accurata di un particolare , cioè di una parte di quello che questa rivista ha rappresentato sul territorio per i suoi primi 20 anni, quelli che festeggiamo con questo numero. Il garbo con cui ha trattato gli argomenti, il non scendere mai nel “fatto o, meglio, il misfatto” che l’ha caratterizzata, è una delle ragioni che ce l’hanno fatta amare. A questo aggiungo che Reality, nome felicissimo e, a mio parere, anche un po’ ironico, ha saputo coniugare l’attenzione al locale senza mai dimenticare un’apertura sul grande mondo perché non si può ignorare che Santa Croce sull’Arno, da molteplici ed interrelati punti di vista, è un paese che si affaccia su un mondo ben più grande di quello definito dai suoi confini geografici e politici. Nella lettura di Reality abbiamo trovato, negli anni, argomenti che hanno toccato le attività culturali, quelle imprenditoriali, quelle sportive dei luoghi in cui viviamo e lavoriamo e che sono ricchi di queste realtà. Tutto questo è sempre stato trattato con evidente affetto perché una rivista che vuole essere immagine di un territorio da questo non può prescindere; abbiamo trovato ampi spazi per il Carnevale, una delle realtà che maggiormente caratterizza la vita del comune perché ne rappresenta una storia quasi centenaria. C’è stata la cura di guardare ad oggi senza perdere di vista il passato, un punto su cui, come Amministrazione comunale, investiamo con convinzione. Quello che esiste oggi ha a che fare con la nostra storia, nulla nasce dal caso ed è importante vederlo, riconoscerlo e valorizzarlo. La creatività che si esprime nel Carnevale, non è altro rispetto alla creatività che si rende evidente in altri settori, nasce dallo stesso humus culturale e Reality ce lo ricorda. Questa rivista, che non solo accompagna i momenti di relax ma li può anche indirizzare diventando fonte di informazione di mostre ed eventi, ha sempre avuto cura della sua forma. La forma, lo sanno bene i nostri imprenditori, non è mai solo tale, la forma comunica attenzione, qualità, ricerca. Grazie a Margherita, quindi, grazie ad Alessandro e a tutti i loro collaboratori. Hanno fatto una scommessa venti anni fa e l’hanno vinta, lo dice la vitalità che sprizza dalle pagine di Reality a cui auguriamo lunga vita!

Mariangela Bucci Assessore alle Politiche ed Istituzioni Culturali Comune di Santa Croce sull’Arno

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Sede legale: Via Leporaia, 32 - 56024 Ponte a Egola (Pi) Laboratorio: Via del Platano, 7 - 56022 Castelfranco di Sotto (Pi) Tel. Ufficio: 0571 498510 - Fax: 0571 471304 - Cell. 335 7884289 info@andreafederici.com www.andreafederici.com


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saluti Reality

Pro Loco Santa Croce sull'Arno

Colorata, elegante, bella. La rivista Reality riesce subito ad attrarre l’attenzione di chi la scopre per la prima volta. Personalmente in qualità di Presidente della Pro Loco l’ho sempre utilizzata per farne dono a tutte quelle persone che in questi 20 anni ho conosciuto andando in giro per l’Italia. Reality è una rivista eclettica che promuove il nostro territorio comprensoriale e toscano attraverso le sue immagini, attraverso i suoi articoli, attraverso le sue firme. La descrizione di eventi caratteristici e del riferimento alla vita di alcuni personaggi del nostro territorio ne costituiscono un valore aggiunto, infatti la lettura dei vari numeri di Reality permette di ricostruire la storia della nostra città. Questo numero che sta per essere pubblicato lo farà in modo particolare perchè per volere della redazione che festeggia il 20° compleanno, Santa Croce Sull’Arno ne sarà protagonista. Grazie a Reality che anche questa volta ci permette di raccontarci e di promuovere le persone e tutto ciò che ci circonda.

Angelo Scaduto Presidente Pro Loco Santa Croce sull'Arno

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ricordo Reality

"il" giornalista Santa Croce a

ricordo di Mario Lepri caporedattore de "La Nazione"

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i siamo incontrati nell’agosto del 1988. Avevo diciannove anni e da poche settimane avevo terminato le scuole superiori all’istituto Magistrale di Montopoli. Mario Lepri era seduto alla sua scrivania nella redazione de La Nazione di Santa Croce, le maniche della camicia arrotolate fin sopra i gomiti e la cravatta slacciata. Picchiava i polpastrelli degli indici sui tasti della macchina per scrivere – una Olivetti Linea 98 - che sembrava un forsennato. Pensai di essere arrivato in un momento sbagliato, forse anche in un posto poco adatto a me. Mi sono ricreduto in fretta. Mario non era troppo indaffarato in quell’afoso giorno di agosto, era semplicemente il suo modo di fare. Il suo modo di lavorare. E quel posto sarebbe diventato la mia seconda casa fino a pochi anni fa. Dal 1988 al 1991, quando è andato in pensione, ho conosciuto il Mario Lepri capo della piccola redazione, in via provinciale Francesca Sud numero 47/C, dove ora c’è un fondo vuoto. Dal 1992 in poi, dopo la pensione, Mario ha continuato a collaborare con il giornale avendo come punti di riferimento i colleghi che gli erano succeduti: Cristina Privitera, Federico Cortesi, Piero Fogli, scomparso nel 2017 e gran bella e brava persona, e il sottoscritto dal 1996 al 2002. Posso dire di aver visto Mario morire. Sì, perché due giorni prima di quel 4 novembre del 2002 andai a trovarlo all’ospedale di Pisa insieme al collega Carlo Baroni e Mario non era più lui. Non era più lui perché parlammo pochissimo, e Mario amava molto parlare, raccontare e chiedere, non per semplice e becera curiosità ma perché, semplicemente, era un cronista. Non ci chiese del giornale e di cosa sarebbe uscito il giorno dopo sulle pagine locali de La Nazione. Ed

era impossibile, impensabile, che Mario non lo chiedesse. Ci dicemmo, con Carlo, che sarebbe stata l’ultima volta che l’avremmo visto. Mario Lepri incarnava il mestiere del giornalista di provincia. Il suo punto di riferimento era Santa Croce, la “capitale del cuoio e delle pelli” come la definiva. Ma sapeva tutto e conosceva tantissime persone anche negli altri paesi del comprensorio del Cuoio. Prima di tutto a San Miniato dove non mancava di andare quasi ogni mattina, Castelfranco, Santa Maria a Monte e Montopoli. In ognuno di questi centri aveva i suoi punti di riferimento, le sue “fonti”. Non c’era internet, il fondatore di Facebook non era ancora nato e neppure quello di WhatsApp. Per spedire gli articoli a Firenze bisognava correre dietro al pullman della Lazzi o alla stazione di San Romano. Articoli dattiloscritti e foto stampate in bianco e nero arrivavano alla stazione di Santa Maria Novella con i fuorisacco, i fattorini del giornale andavano a prenderli e in tipografia, la sera e la notte, venivano assemblati e stampati. Dopo l’Olivetti Linea 98 Mario Lepri – nato nel 1926 – aveva imparato a usare

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i computer. Prima quello della redazione, poi i portatili. Voleva imparare, aveva sete di novità, anche di quelle tecnologiche, non si tirava indietro davanti a nessuna notizia e neppure di fronte alle istruzioni per usare un telefonino o un computer. Ho ricordi di lui distinti e nitidi. Uomo robusto, quasi imponente, elegantissimo, talvolta burbero, ma di una generosità e di una bontà uniche. Parlava con tutti: dai sindaci agli onorevoli, dagli industriali ai primi venditori ambulanti stranieri arrivati nel comprensorio in cerca di una vita migliore. D’altra parte i giornali sono il riassunto dei fatti della società e in questo riassunto c’è un po’ di tutto che deriva da ognuno: ricchi, poveri, belli, brutti, neri, bianchi e gialli, potenti e deboli, protagonisti ed emarginati. Ricordo anche Mario più anziano e fragile a causa della malattia, ma sempre grande lottatore. Veniva in redazione anche un minuto dopo aver fatto la terapia, sotto il sole. Non voleva mollare. Da quel 15 novembre 2002 sono cambiate molte cose. Ma lui, cronista di razza, avrebbe saputo affrontarle anche oggi, novantaduenne.

Gabriele Nuti giornalista de "La Nazione"


20° Reality

ricordo

1uomo da4soldi Andrea Mancini regista teatrale

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Alberto Pozzolini è una delle persone che ho amato di più nel corso della mia vita. Amato certo, ma anche altro, con sentimenti a volte uguali, a volte contrari, perché – come dicono anche i suoi parenti stretti – Alberto non lo si poteva semplicemente amare. Sapeva essere dolcissimo, ma poteva anche darti una coltellata, di fronte o dietro, senza problema alcuno. Racconterò soltanto un episodio, perché è uno dei tanti che unisce le nostre esistenze, poi perché mi permette di ricordare un uomo che viene troppo spesso dimenticato. Anche il suo nome sembra quasi cancellato dalla tomba, nel cimitero di San Miniato. Del resto don Giancarlo Ruggini è morto nel 1973, tanti anni sono passati, anche se ha fatto molto per me e soprattutto per Alberto Pozzolini, che – e qui sta il punto – si è lasciato andare ad una delle tante requisitorie, dei suoi terribili atti, privati o pubblici, atti nei quali riusciva a distruggere qualsiasi cosa o persona. Ma partiamo dalla lunghissima intervista che mi ha concesso, decine d’ore di registrazione, molte delle quali, gustosissime, sulla sua infanzia e giovinezza, raccontandomi appunto gli anni passati a San Miniato, come ufficio stampa dell’Istituto del Dramma Popolare, un ruolo che prima di lui aveva avuto anche il giovane Vittorio Taviani. Alberto mi ha narrato tanti momenti di quella esperienza, vissuta accanto a don Ruggini, che fu direttore della Festa del Teatro per venticinque anni, dal 1948 al 1972. Lo immaginiamo – e non ci vuole troppo – illuminato da questo rapporto, alla guida di una spider rossa o forse bianca, che accompagna attori e attrici, grandi re-

gisti, grandi scenografi, in giro per la campagna. Con il suo eloquio brillante, la sua cultura per niente accademica, con il suo fascino schierato a lucido, con la sua intelligenza, che a qualcuno poteva apparire disordinata, come potrebbe essere di un ragazzo nato nella provincia e in gran parte autodidatta. Per tutti questi motivi don Ruggini scrisse una splendida lettera di raccomandazione, in cui esaltava la figura di questo giovane, indirizzata a Paolo Grassi, direttore del Piccolo Teatro di Milano. Letta la lettera Grassi assunse immediatamente Alberto, lo nominò suo diretto collaboratore, costruendo

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un rapporto anche stavolta tutt’altro che semplice, ma davvero straordinario. Non è possibile raccontarlo in poche righe, anche perché quello che mi piace spiegare di più è la storia tra Pozzolini e don Ruggini. Al quale negli anni a venire, non sarebbe stata risparmiata qualcuna delle tante frecce avvelenate: Pozzolini ha parlato del grande sacerdote come di un incompetente, un analfabeta teatrale, condannandolo senza appello. Questo almeno per qualche anno e per qualcuno dei suoi giudizi lapidari, nei quali privilegiava il gusto per l’aforisma ben congegnato, la battuta sagace, i termini ben messi e


contemporaneo. Basti dire che anche Mercantia è stato arricchito da molte figure che hanno cominciato la loro storia teatrale, o comunque nello spettacolo dal vivo, in rapporto con Alberto Pozzolini. Pozzolini è stato tra l’altro protagonista di ore di trasmissioni televisive, tra cui non si possono dimenticare le settimane di vittorie ai programmi di Mike Bongiorno e Pippo Baudo. Diciamo questo perché, il suo essere nel teatro “alto”, che l’ha fatto strettissimo collaboratore di Paolo Grassi al Piccolo Teatro di Milano o di Franco Quadri al Premio Riccione, non gli ha mai impedito di sporcarsi le mani con lo spettacolo popolare: lo stesso destino insomma degli artisti da quattro soldi così ben rappresentati a Certaldo e a Mercantia”. ben scelti, più che la realtà dei fatti. Quando l’ho intervistato Alberto ha dato tutta un’altra versione degli stessi fatti, si è sinceramente “pentito”, ma solo in quel momento e per quella conversazione. Sono certo che in un’altra occasione il giudizio sarebbe potuto ancora mutare. Cosa significa questo, che Alberto Pozzolini era una banderuola? Che poteva cambiare posizione a seconda del vento? Non credo, non mi pare. Posso solo dire che Pozzolini era una figura importante, credo la maggiore nella storia di un luogo pieno di contraddizioni, ma anche di formidabile imprenditorialità come il paese dove entrambi siamo nati, Santa Croce sull’Arno. Che Alberto ha più volte cantato, con toni condivisibili, ma anche eccessivi, addirittura irritanti, per la loro mancanza di misura. Perché anche in questo caso ciò che contava era la retorica, l’efficacia della battuta, non il rispetto della verità vera.

Come si addice appunto a un grande autore di teatro, di letteratura, di giornalismo. Se non fosse stato anche un po’ dispersivo, Alberto avrebbe potuto essere un formidabile…. Lasciando l’aggettivo privo di qualifica, perché in ogni settore Pozzolini è stato memorabile, come succede ai grandi. Ci sarà tempo per accorgersene e per ricordarlo, sappiamo per fortuna di tante iniziative, costruite nel suo nome e per valorizzarne il lavoro. Vorrei chiudere con le parole che ho scritto per la premiazione di Pozzolini, nell’edizione 2015 di Mercantia, quel bellissimo festival, diretto da Alessandro Gigli con l’apporto di Alberto Masoni: anche loro, due delle decine di persone che Pozzolini ha introdotto nel lavoro culturale, anche loro suoi amici-nemici: “Il Chiodo d’Oro va ad una figura che ha aperto la strada a tanti che avrebbero avuto un ruolo importante nello spettacolo

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IL GRUPPO LAPI “Non importa quanto grande sia la tua azienda oggi. Ogni azienda parte da un sogno e da un progetto. Ogni azienda ha un’origine umile e ricordarlo alle persone serve a ridurre la distanza tra la tua organizzazione e la loro vita." Dave Kerpen

È da questa frase che vogliamo partire per raccontarvi di noi. Il sogno di cui parliamo è quello di Guido Lapi che negli anni Trenta inizia a dedicarsi alla commercializzazione di prodotti chimici. Il progetto diventa più concreto nel 1951 anno in cui i figli, Francesco Mario e Dino, danno origine alla Figli di Guido Lapi. Da allora sono passati oltre 65 anni ma ciò che è rimasto come filo conduttore nelle 4 generazioni che si sono susseguite, è l’attaccamento al lavoro, al benessere e allo sviluppo del territorio e dei suoi abitanti. Il Gruppo Lapi non ha potuto far altro che rispondere a questa necessità creando il “Progetto Giovani” che si dedica da quasi 10 anni ai bambini e ai ragazzi del territorio, il nostro futuro. I progetti realizzati in questi anni parlano di attenzione alla salute, rispetto verso se stessi e gli altri, di amore per l’ambiente ed il territorio, parlano di vittorie e di sconfitte, di integrazione e di voglia di farcela, parlano di valori nei campi di calcio, di basket e di pallavolo. Parlano appunto di quel sogno e di quei principi che tanti anni fa hanno dato vita al Gruppo Lapi.

Figli di Guido Lapi, 29 Agosto 1962

"Ricorda che non importa cosa vendi o che servizio offri. La tua azienda impiega persone e ognuna di loro avrà sempre una storia unica da raccontare”.

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viaggio a volte eccentriche, a volte consuete, soggettive o suggerite, sussurrate o percepite, la cui sensazione ha il potere straordinario di far vivere turbamenti e suggestioni stupefacenti. Sculture, pitture, installazioni, assemblaggi polimaterici, compaiono alternativamente nelle varie edizioni compatibilmente con la cura dell’esigenza editoriale e la disponibilità dell’artista, creando intercalanti tematiche e generi artistici, passando dal tuttotondo alle varie declinazioni pittoriche o installazioni site specific. Ne nascono sorprendenti excursus nelle diverse forme espressive che manifestano coi loro linguaggi l’humus culturale dell’arte contemporanea. I loro nomi, dal 2008 al 2018, tale è il periodo rivisitato, (il decennio precedente fu presentato in occasione dei festeggiamenti del primo decennale) sono tra quelli che dell’arte ne hanno fatto una ragione di vita: Luca Alinari, Gesine Arps, Rinaldo Bigi, Antonio Bobò, Cesare Borsacchi, Fabrizio Breschi, Umberto Buscioni, Giuseppe Calonaci, Tonino Caputo, Stefano Cecchi, Girolamo Ciulla, Lorenzo D’Angiolo, Raffaele De Rosa, Domenico Difilippo, David Fedi Zeb, Marco Fidolini, Franco Fortunato, Franco Mauro Franchi, Andrea Gabbriellini, Renzo Galardini, Roberto Gasperini, Giuseppe Gavazzi, Cinzia Ghelardini, Giuliano Ghelli, Roberto Giovannelli, Alba Gonzales, Giovanni Greppi, Dilvo Lotti, Luca Macchi, Gianfalco Masini, Roberto Masoni, Francesco Musante, Giampiero Poggiali Berlinghieri, Antonio Possenti, Riccardo Ruberti, Enzo Sciavolino, Romano Stefanelli, Stefano Tonelli, Sergio Vacchi, Stefania Valentini, Giuliano Vangi, Cordelia Von Den Steinen, Alexander – Adam e Michael Zyw.

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gli artisti di copertina

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l 2018 è per Reality un anno importante ricorrendo il ventennale dalla prima pubblicazione. Sono anni costellati da grandi successi grafici e da articoli giornalistici di prestigio che hanno soddisfatto gli interessi di un’ampia ed esigente utenza amante dell’informazione di qualità mentre i contenuti e la veste grafica fanno della rivista un Magazine da collezione e consultazione. Grande interesse hanno sempre riscontrato le pagine dedicate all’arte contemporanea che, sotto la direzione artistica del critico d’arte Nicola Micieli hanno assunto valenza di documento critico e storico, quale testimonianza delle più rilevanti presenze artistiche sul territorio nazionale mentre la trimestralità della pubblicazione consente di proporre al lettore quattro esclusivi saggi critici l’anno. In particolare gli articoli dedicati all’artista di punta, la cui opera ha il privilegio di divenire la copertina della rivista, rappresentano approfonditi studi critici personalizzati, scritti dal direttore artistico che, caratterizzati dalla presentazione poetica, nonché analisi delle opere e del loro esecutore, conferiscono significativo valore monografico al testo sempre arricchito da superbe immagini dei lavori artistici. Nel ventennio, si sono affacciati alla vetrina di Reality pittori e scultori di chiara fama la cui poetica è parte della memoria collettiva, le loro creazioni appartengono al mondo e a coloro che amano l’arte; tutte, rappresentano significativi e diversificati messaggi, metafore, simbologie, riferimenti storici e poetici tali da conquistare l’attenzione del fruitore, rapirlo e condurlo nel fascinoso, complicato e seducente universo artistico per un viaggio nello straniamento di emozioni insolite,

con

Enrica Frediani critica d'arte


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Dilvo Lotti (Reality 2008), San Miniato 1914-2009. Pittore, incisore, ceramista. Inizia l’attività espositiva a Siena nel 1932. Il critico d’arte Mario Tinti scrisse di lui: “L’unica voce originale, capace di inserirsi nel quadro dell’espressionismo europeo”. Partecipa, invitato, alle più grandi mostre italiane: la Triennale di Milano, la Quadriennale di Roma e, nel 1942 è presente alla Biennale di Venezia con una sala dedicata e sedici opere esposte. Nell’arco della sua vita realizza molte opere pittoriche e ceramiche artistiche. Grande rilievo hanno per l’artista le tecniche dell’affresco con cui decora diverse chiese in Italia.

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Rinaldo Bigi (Reality 2008), è nato a Pietrasanta nel 1942. La pittura come la scultura appartiene ad un repertorio colto dove la raffigurazione scenografica conduce ad un mitigato surrealismo e il mistero è stemperato dall’aspetto ludico della narrazione. I dipinti sono dominati da una sottile inquietudine che trapela dall’atmosfera drammatica della rappresentazione, tuttavia smorzata da un intimista sentimento ironico che appartiene al modo di essere dell’autore, per quei personaggi senza volto e senza tempo che diventano il collegamento con la cultura classica antica e metafore di significati altri.

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Enzo SciavolinO (Reality 2008), nasce a Valledolmo, Palermo, nel 1937. Scultore, incisore, pittore la cui preferenza è significativamente orientata verso la scultura realizzata in vari materiali, prediligendo il bronzo che meglio si presta alla cesellazione nella piccola e grande dimensione. Nel 2008 la sua opera scultorea è stata l’evento di una grande mostra antologica: Enzo Sciavolino. Cinquant’anni di scultura. Opere 1957-2007, alla Cavallerizza Reale di Torino curata e voluta dalla Regione Piemonte per festeggiare i settanta anni dell’artista.

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Andrea Gabbriellini (Reality 2008), nasce a Molina di Quosa, Pisa nel 1933. Si dedica all’arte dall’età giovanile. A New York la frequentazione delle storiche avanguardie americane e, a Milano il Nuovo Realismo lo portano ad esprimersi attraverso una pittura plastica di matrice informale, con incursioni spazialiste dove matericità e colorismo caratterizzano una raffigurazione che conserva in sé il dato reale e il riferimento oggettivo della rappresentazione.

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Romano Stefanelli (Reality 2009), (Firenze 1931 - Migliarino Pisano 2016). Pittore, apprende l’arte del disegno da Pietro Annigoni di cui è stato allievo frequentandone lo studio di Firenze. Esperto nell’affresco parietale, Stefanelli realizza in tale tecnica grandi opere a soggetto sacro e paesaggistico spaziando anche nell’arte incisoria e scultorea. Sue opere si conservano ad Assisi, nella Basilica Inferiore di S. Francesco oltre ad altri importanti affreschi realizzati per chiese in Italia.

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Giuliano Ghelli (Reality 2009), (Firenze 1944 - San Pancrazio di San Casciano2014). Pittore, scultore. Tra le varie opere un ciclo di venti grandi dipinti realizzati per la Mercedes Benz – Italia. Nel 2003 iniziò il suo “Esercito di terracotta”, oltre cento busti femminili di varie grandezze caratterizzati da segni simbolici. Nel 2015 viene fondata l’Ass. culturale “Archivio Giuliano Ghelli”. Tutta la sua opera si qualifica sulla ricerca del colore e del simbolo che esprime energie immaginifiche e vitalismo anche con riferimenti etnici.

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David Fedi Zeb (Reality 2009), è nato a Livorno nel 1966, da circa dieci anni sulla sua vita è calato il silenzio non avendo più notizie di lui. Rimane la sua opera, acrilici realizzati su MD, memoria di esposizioni sino al 2004 e un sito internet che lo ricorda. Il suo linguaggio appartiene al fumetto cui l’artista conferisce interpretazioni spaziali. Studia i fenomeni visivi e propone gli effetti della percezione visiva in chiave estetica.

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Stefano Cecchi (Reality 2009), pisano è nato nel 1953. Si esprime attraverso una pittura visionaria che trae origine da immaginari fantascientifici, grottescamente ironici la cui matrice è individuabile nell’opera dell’olandese Hieronymus Bosch che Cecchi restituisce in chiave moderna con una rappresentazione fumettistica utilizzando talvolta il linguaggio graffitista per l’immediatezza e la sinteticità della resa pittorica dagli accesi colori.

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Dilvo Lotti (Reality 47, 2008)

Andrea Gabbriellini (Reality 50, 2008)

David Fedi Zeb (Reality 53, 2009) Rinaldo Bigi (Reality 48, 2008)

Enzo Sciavolino (Reality 49, 2008)

Romano Stefanelli (Reality 51, 2009)

Giuliano Ghelli (Reality 52, 2009)

Stefano Cecchi (Reality 54, 2009)


Stefano Tonelli (Reality 55, 2010)

Francesco Musante (Reality 61, 2011)

Antonio Possenti (Reality 58, 2010)

Luca Alinari (Reality 56, 2010) Raffaele De Rosa (Reality 62, 2011)

Franco Fortunato (Reality 59, 2011)

Giuseppe Gavazzi (Reality 57, 2010)

Giuliano Vangi (Reality 60, 2011)

Romano Masoni (Reality 63, 2012)


Stefano Tonelli (Reality 2010), nasce a Montescudaio, Pisa nel 1957. Vive e lavora tra Montescudaio e Roma. Pittore, video performer. L’espressionismo astratto americano e la Pop Art sono i riferimenti stilistici cui l’artista volge il suo sguardo sia che si risolvano pittoricamente che con video installazioni. Le sue creazioni sono riferibili a cicli tematici dove affronta vari argomenti dalla violenza sulle donne all’amore su cui scrive parole e citazioni poetiche.

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Luca Alinari (Reality 2010), è nato a Firenze nel 1943. Il disegno è il suo interesse prevalente sin dall’infanzia, ma si laurea in architettura e filosofia. Inizia l’attività espositiva nel ’69 con incursioni stilistiche legate ai più moderni movimenti dell’arte contemporanea orientandosi verso la ricerca materica più avanguardistica arrivando a creare sculture in vetro di Murano. Grande sperimentatore, anticipa movimenti come i “Nuovi-Nuovi” e la “Transavanguardia”. Dai primi anni del 2000 effettua profonde riflessioni esistenziali che operano un sostanziale cambiamento nella sua arte indirizzandosi verso un mondo fantastico con riferimenti naturalistici. Nel 1982 è invitato alla Biennale di Venezia e nel 1986 partecipa alla XI Quadriennale di Roma.

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Giuseppe Gavazzi (Reality 2010), è nato nel 1936 a Marcoussis (Francia) da genitori toscani. Inizialmente restauratore, tecnica appresa nella bottega fiorentina di Leonetto Tintori, dagli anni ‘50 si dedica alla scultura in legno. Realizza figure dipinte, spesso grandi oltre il vero. Bambini, adulti, ripresi nella quotidianità di gesti semplici e universali guardano attoniti e distaccati il mondo circostante.

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Antonio Possenti (Reality 2010), Lucca, 1933-2016. Amante da sempre del disegno, lo coltiva attribuendovi valenze fabulistiche e satiriche. Attraverso il disegno e il colore, a olio o ad acquerello accompagnato da una fervida e giocosa fantasia, racconta storie fantastiche abitate da strani animali e personaggi simili a folletti. Laureato in Giurisprudenza, non esercita la professione ma si dedica all’insegnamento e all’arte riscuotendo innumerevoli successi.

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Franco Fortunato (Reality 2011), Roma 1946. Artista poliedrico si esprime in tutte le forme artistiche possibili. Racconta storie per cicli tematici come in un libro figurato, ogni immagine è un’opera d’arte che, assieme alle altre, costituisce una collezione e la narrazione diventa compiuta. Nella dimensione surreale e metafisica della rappresentazione traspare purezza di tratto dove il linguaggio poetico, alimentato da una visione sognatrice, è la sua cifra stilistica più alta.

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Giuliano Vangi (Reality 2011), nasce a Barberino del Mugello nel 1931. Scultore. L’artista indaga sul disagio esistenziale e sulla solitudine che affliggono l’uomo moderno. In scultura, come nel disegno, esprime il travaglio dell’esistere, il dolore dell’anima e dello spirito umano che derivano da una consapevolezza ancestrale, registro di ataviche memorie. Sono moltissime le prestigiose personali in America Latina, in tutta Europa, Giappone, Corea e all’Ermitage di San Pietroburgo. Nel 2002 il Giappone gli dedica un Museo a Mishima, località vicina a Tokyo dove sono conservate cento sue opere, tra disegni e sculture oltre ad alcune delle sue maggiori sculture ed installazioni collocate nel parco.

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Francesco Musante (Reality 2011), è nato a Genova nel 1950. Per l’artista la pittura è un gioioso e giocoso viaggio all’interno delle proprie emozioni. Personaggi insoliti e figurazioni floreali disposti casualmente abitano strani edifici, allegria e colore dominano la scena.

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Raffaele De Rosa (Reality 2011), pittore, nasce nel 1940 a Podenzana di Lunigiana. Vive e lavora a Livorno. La sua è una pittura colta e impegnata dove eroi e miti inseriti in complessi scenari architettonici, teatri di rappresentazioni epiche, raccontano storie ambientate in mondi fantastici con uno sguardo al Rinascimento italiano ma anche alla poetica fiamminga.

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Romano Masoni (Reality 2012), nasce nel 1940 a Santa Croce sull’Arno. Pittore. Partecipa a importanti esposizioni ed è presente in spazi pubblici. La sua arte spazia dall’informale al metafisico utilizzando vari materiali che assembla e incolla apportando note cromatiche, su registri espressivi di intenso rimando esistenziale.

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Domenico Difilippo (Reality 2012), è nato a Finale Emilia, 1946. Scultore, pittore. Informale/astratto. Il 10 maggio 1991 a Bremen, Germania, presenta il suo manifesto dell’“Astrattismo Magico” riscuotendo grande interesse. Nel mito trova la dimensione della sua creatività scultorea e pittorica che propone in forme astratte dove la materia plasmata e dipinta conduce a memorie antiche, arcaiche mentre la pittura approda a lidi immaginifici, verso stimolazioni psichiche e mentali.

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MICHAEL Zyw (Reality 2012), (padre pittore, Lida, Polonia, 1905 - Castagneto Carducci, 1995); e i due figli Adam, (scultore Edimburgo, 1948 - Banff, 2003) e Michael (pittore, Edimburgo,1951). Si trasferiscono a Poggio Lamentano con la famiglia dove tre artisti esercitano la loro professione ispirati dalla bellezza della natura toscana. Adam, l’unico scultore dei tre, utilizzerà il legno per le sue “costruzioni”.

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Roberto Giovannelli (Reality 2012), è nato a Montecatini in Val di Nievole nel 1947. Pittore, allievo di Ugo Capocchini e Primo Conti, ha insegnato pittura all’Accademia di Belle Arti di Carrara, Bologna e Firenze. È accademico ordinario e vicepresidente all’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze. La sua pittura si tinge di colori pastello per rappresentare il giovane uomo e le tappe del viaggio della vita.

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Cesare Borsacchi (Reality 2013), nato a San Rossore, Pisa, 1937. Pittore e scultore, trascorre il primo ventennio della vita nella tenuta di San Rossore. Nella metà degli anni Sessanta iniziano i grandi viaggi: quasi tutti i paesi dell’Africa, America del Sud e Centrale, ma anche alcuni paesi arabi, l’Australia, e l’Oriente con il Giappone, poi la Russia. Frequenta varie scuole d’arte in alcuni dei paesi visitati. Dopo aver viaggiato in tutto il mondo e avervi stretto amicizie con importanti esponenti dell’arte e della cultura, nel 1995 torna in Italia scegliendo di vivere a Pisa.

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Renzo Galardini (Reality 2013), è nato a Pisa nel 1946. Pittore, incisore e ceramista. Descrive minuziosamente i soggetti che ritrae conferendovi regalità scenica per la ricchezza di particolari e simboli, visitati con nostalgica ironia, dove la rappresentazione scenografica è sottolineata dalla presenza di fili probabilmente manovrati da un immaginario burattinaio.

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Antonio Bobò (Reality 2013), livornese, classe 1948, pittore ed incisore, artista essenzialmente figurativo predilige una rappresentazione dove la narrazione scenica viene affrontata da nudi femminili e la teatralità delle posture si pone in stretto dialogo con un'erotismo, mitigato dalla raffinatezza della soluzione estetica.

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Girolamo Ciulla (Reality 2013), nasce a Caltanissetta, 1952. Grande protagonista nel panorama internazionale della scultura, per realizzare le sue opere predilige il travertino che meglio si addice all’arcaicità delle sue creazioni, ma appare anche il bronzo. La Sicilia e la vicina Grecia con i loro reperti architettonici, il mito storico e i colori mediterranei rappresentano la fonte d’ispirazione di Ciulla di cui la figura femminile ne è la principale interprete.

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Roberto Gasperini (Reality 2014), nasce nel 1950 a Ponsacco. Dall’iniziale interesse per la metafisica passa ad una figurazione informale e surreale con riferimenti simbolici e visionari che rendono la sua narrazione enigmatica, inquietante.

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Alba Gonzales (Reality 2014), scultrice, è nata a Roma. Vive e lavora tra Pietrasanta e Roma. Nell’operare l’autrice si distingue per la ricercata armonia formale e compositiva che approda a sofisticati esiti figurali dove la plastica dell’elaborato, proiettandosi nello spazio, tende ad esaltare azzardati equilibri strutturali di impostazione scenografica come nei cicli dei bronzi dedicati alle pattinatrici: Sfidando il sogno di essere farfalla e Dietro l’ultima nota che non basta mai.

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Domenico Difilippo (Reality 64, 2012)

Antonio Bobò (Reality 69, 2013)

Cesare Borsacchi (Reality 67, 2013)

MICHAEL Zyw (Reality 65, 2012) Renzo Galardini (Reality 68, 2013)

Roberto Giovannelli (Reality 66, 2012)

Roberto Gasperini (Reality 71, 2014)

Girolamo Ciulla (Reality 70, 2013)

Alba Gonzales (Reality 72, 2014)


Giuseppe Calonaci (Reality 76, 2015)

Franco Mauro Franchi (Reality 79, 2016) Giampiero Poggiali Berlinghieri (Reality 73, 2014)

Cordelia Von Den Steinen (Reality 80, 2016) Marco Fidolini (Reality 77, 2015) Sergio Vacchi (Reality 74, 2014)

Umberto Buscioni (Reality 75, 2015)

Gianfalco Masini (Reality 78, 2015)

Fabrizio Breschi (Reality 81, 2016)


Giampiero Poggiali Berlinghieri (Reality 2014), nasce a Firenze nel 1936. Pittore, scultore, intaglia, assembla, installa materiali di ogni genere, anche di recupero per formare ludiche composizioni. Sue opere si trovano in parchi pubblici e spazi museali.

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Sergio Vacchi (Reality 2014), Castenaso di Bologna, 1925 - Siena 2016. Pittore. La sua espressione artistica che passa dall’iniziale post cubismo all’informale, approda ad una nuova figurazione di significativa risoluzione stilistica che lo rende apprezzato a livello internazionale. Ha tenuto importanti esposizioni in prestigiose sedi in Italia e all’estero. Nel senese, al Castello di Grotti vi è la sede della Fondazione a Lui titolata.

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Umberto Buscioni (Reality 2015), è nato a Bonelle, Pistoia nel 1931. Insieme agli amici Roberto Barni, Gianni Ruffi, Adolfo Natalini aderisce alla “Scuola di Pistoia”, così definita dal critico Cesare Vivaldi, distaccandovisi successivamente preferendo alla sintesi astratta una pittura orientata verso la lezione coloristica manierista.

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Giuseppe Calonaci (Reality 2015), è nato a Poggibonsi in provincia di Siena nel 1931. Con altri interpreti delle Avanguardie Fiorentine già negli anni ’50 partecipa a diverse importanti esposizioni in gallerie e spazi pubblici in tutta Italia. L’astrazione è la sua cifra stilistica con cui realizza pitture e sculture prediligendo forme geometriche disposte in linea ascensionale come i bozzetti per le sue città in verticale. I suoi ultimi lavori astratto-concreti dal 2000/2017 appartengono al ciclo di dipinti “Parete occupata” dove la pittura stessa entra nello spazio parietale offrendo continuità dialettica.

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Marco Fidolini (Reality 2015), è nato a San Giovanni Valdarno nel 1945. Pittore ed incisore, si dedica anche alla saggistica d’arte. Artista di ascendenza alla Nuova Oggettività, predilige rappresentazioni in ambientazioni industriali, manufatti o macchinari che esegue con estrema pulizia di linea e di forma per approdare a una purezza d’immagine che evoca scenari stranianti di memoria metafisica.

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Gianfalco Masini (Reality 2015), nasce a Lucca nel 1945. Pittore, si esprime con una tavolozza ricca di colori ora vivaci, ora delicati caratterizzata da leggerezza di tratto. La sua creatività attinge al mondo fabulistico dove persone, animali e cose narrano emozioni giovanili che l’autore rivisita conferendovi significati altri.

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Franco Mauro Franchi (Reality 2016), è nato a Rosignano Marittimo, Livorno, nel 1951. È docente di scultura all’Accademia di Belle Arti di Carrara. Moltissime sono le esposizioni private e collettive di rilevanza internazionale: partecipa, invitato da Vittorio Sgarbi alla 54° Biennale di Venezia. La sua arte si forma nella tradizione della grande scultura toscana ed etrusca e porta con sé emblemi di solare mediterraneità dove i nudi femminili, con le loro forme morbide, accoglienti e sensuali rappresentano un omaggio alla donna-madre.

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Cordelia Von Den Steinen (Reality 2016), nasce a Basilea nel 1941, è stata allieva di Marino Marini. La scultrice si esprime totalmente attraverso la lavorazione della creta che plasma con incredibile maestria raccontando attimi di vita quotidiana, angoli di focolari domestici dove l’intimo sentimento della figura femminile è ripreso nelle sue attività giornaliere. Fabrizio Breschi (Reality 2016), nasce a Livorno nel 1950. È stato docente all’Accademia di Belle Arti di Firenze e di Brera - Milano. La sua pittura astratto/geometrica aderisce ad un iperrealismo descrittivo dipingendo su tela, in acrilico, scorci industriali, tubi e pezzi meccanici trasformandoli in figure robotiche che umanizza attribuendovi un cuore e sentimenti.

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Cinzia Ghelardini (Reality 2016), nasce a Livorno nel 1958. Nei suoi lavori ricerca leggerezza e trasparenza che ottiene utilizzando impalpabili carte veline, semplici o con raffinate trame che l’artista colora di delicata nuance pastello e assembla in astratte figurazioni. Luca Macchi (Reality 2017), è nato a San Miniato, dove vive e lavora. Pittore, scenografo e scrittore ha realizzato molte opere ed esposto in tutta Italia, ha inoltre scritto testi d’arte. Apprezzato pittore di arte sacra, ha creato opere per moltissime chiese.

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Gesine Arps (Reality 2017), nasce a Hannover, in Germania, nel 1964. Effettua gli studi artistici in Italia. La sua pittura istintiva ricca di riferimenti simbolici e storici è spesso legata al mito. Le tonalità che preferisce sono chiare, pastello arricchite di presenze materiche come terre e sabbia. Molto apprezzata in Germania dove espone in musei ed enti pubblici. La sua intensa attività espositiva ultimamente si è estesa anche alla Francia, Olanda e Italia.

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Lorenzo D’Angiolo (Reality 2017), è nato a Seravezza, 1939. Pittore e fotografo è stato docente all’Accademia di Belle Arti di Carrara. Tutta la sua opera è caratterizzata dalla ricerca della luce che l’artista fa affiorare attraverso una rete fittissima di piccoli segni, armonie di colori e trame tessute che corrono lungo la tela e si dissolvono lasciando trapelare intense luminosità.

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Tonino Caputo (Reality 2017), nasce a Lecce nel 1933. Nel 1952 è a Roma per studiare architettura. Sono importanti in questi anni le conoscenze con altri grandi maestri: Manzoni, Rotella, Accardi. Inizia ad interessarsi alla pittura che, dall’iniziale informale passa, successivamente al figurativo. Dipinge luoghi urbani, lo affascina l’architettura e realizza molte vedute di Venezia. Giovanni Greppi (Reality 2018), nasce a Milano nel 1963. Pittore e incisore. A Milano frequenta Gianni Dova, pittore spazialista. Nel 2003 trasferisce in Toscana la sua residenza dopo aver molto viaggiato ed esposto le sue opere in America e Giappone. Dopo aver attraversato un periodo astratto/espressionista caratterizzato da un cromatismo vivace, passa ad una figurazione evanescente con riferimenti simbolici. Riccardo Ruberti (Reality 2018), è nato nel 1981 a Livorno dove vive e lavora. Pittore. Sue opere si conservano in importanti collezioni pubbliche e private. Laureatosi all’Accademia di Belle Arti di Firenze, è docente di Discipline pittoriche al Liceo Sperimentale “Cecioni” di Livorno. Nel tema fantastico e visionario delle sue opere si comprende il senso cosmogonico del suo messaggio laddove pare confluire nei volti di personaggi atavici memorie e storie dell’immaginario collettivo dove, presentando in chiave moderna un concetto rinascimentale, pone l’uomo al centro assoluto dell’universo. Stefania Valentini (Reality 2018), pittrice e scultrice, si affida al mito e alla storia per realizzare tele di grandi dimensioni: Orfeo canta sulla nascita di tutte le cose; Polittico degli Argonauti o, con meticolosa cura, raccoglie oggetti d’affezione appartenuti ad un tempo passato, li assembla a formare una nostalgica composizione di ricordi e memorie.

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Cinzia Ghelardini (Reality 82, 2016) Stefania Valentini (Reality 89, 2018) Lorenzo D’Angiolo (Reality 85, 2017)

Luca Macchi (Reality 83, 2017)

Gesine Arps (Reality 84, 2017)

Tonino Caputo (Reality 86, 2017)

Giovanni Greppi (Reality 87, 2018)

Riccardo Ruberti (Reality 88, 2018)



20°

arte Reality

buon viaggio

Mino Trafeli (Volterra 1922-2018), artista multiforme, sperimentatore di tecniche e linguaggi, sempre trafelizzati con inequivocabile segno personale. Si forma all’Istituto d’Arte di Firenze, sezione Magistero. Nel 1944 partecipa alla Resistenza. Aderisce quindi al Partito d’Azione per confluire, per breve tempo, nel Partito Socialista all’interno del quale mantiene una sua autonomia di impronta libertaria. Sceglie di vivere nella sua città, mantenendo contatti con i centri d’arte e cultura più attivi, in particolare con Milano dove si lega alla Galleria delle Ore di Fumagalli. Negli anni Sessanta la sua presenza si avverte sensibile anche alla contestazione giovanile, della quale diviene interlocutore critico. La sensibilità del creativo è sempre presente anche quando si parla implicitamente della condizione umana. Espone alle gallerie delle Ore di Milano, Schneider di Roma, Antidogma di Torino, alla Biennale d’Arte di Venezia, alla Biennale di Scultura di Carrara e alla Quadriennale di Roma. Un interesse primario di Trafeli è lo studio del linguaggio e del rapporto tra l’idea, la forma e i materiali che, a partire dagli anni Sessanta, si caratterizza in proposte teatrali: il teatro delle “sculture agibili” dove lo scultore/attore diviene il servitore di scena. Trasferisce l’esperienza su sculture inserite in spazi con caratteristiche teatrali per mettere lo “spettatore” al centro dello spazio, per ottenere coinvolgimenti emotivi. La musica è usata a partitura costruita che, a partire dagli anni Settanta, l’artista usa nei video. L’ironia, a partire dalla mostra Con impossibilità, diventa uno dei caratteri fondamentali del suo lavoro: il gioco sugli oggetti referenti, sulle opere, musica,

Mino scultura e pittura, per ridurle alla loro cifra algebrica e per riappropriarsi del loro “sublime”. Promuove con Enrico Crispolti la manifestazione Volterra ‘73, occupazione artistica del luogo urbano come riscoperta e dialogo degli artisti con la città, la sua storia e la tradizione dell’alabastro. Nel 1980, sulla scia della legge 180 ispirata da Basaglia, lavora sul tema della follia e realizza installazioni, interventi, opere, recuperi dei linguaggi “differenti” nell’ospedale psichiatrico di Volterra. Importante la scoperta, la rappresentazione e lo studio del grande graffito che un internato, Oreste Fernando

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Nannetti, aveva inciso disegnando e scrivendo sul muro del reparto “Ferri” la sua “cosmogonia interiore”. Nel lavoro artistico di Trafeli è possibile individuare una serie di concetti attraversanti la condizione esistenziale dell’uomo moderno, la solitudine, la separatezza. Lo spazio chiuso è, come osserva Crispolti, “una barriera che figura l’impedimento alla libertà dell’uomo”. Presente nelle maggiori rassegne nazionali e internazionali, da Roma a Parigi a San Paolo del Brasile a Tokio, è stato invitato da Gillo Dorfles con una sala personale alla Biennale di Venezia, edizione del centenario.

Nicola Micieli

Il 10 agosto scorso scompariva, all'età di 95 anni, lo scultore volterrano Mino Trafeli. Una lunga vita consacrata alla ricerca artistica da un osservatorio, quello della nativa Volterra, aperto sul mondo e partecipe delle più avanzate situazioni artistiche dal Secondo dopoguerra in Italia. Reality lo ricorda riproponendo i materiali della cartella serigrafica "Gioco parallelo 1981", contenente, presentate da Nicola Micieli, 8 tavole di studi di scena e la sceneggiatura dell'animazione teatrale collettiva intorno alla Torre Pendente da Mino Trafeli ideata per il Carnevale Pisano "La ragione insediata", 1981.


Foto di Fabio Bartolozzi


L

a lettura del “Gioco parallelo” di Mino Trafeli non deve limitarsi ai valori grafici e iconografici, pur rilevanti per specificità formale e semantica, delle tavole che lo compongono; le quali hanno peraltro funzione strumentale di progetto dell’omonima azione teatrale in cui si ipotizza la morte simbolica della Torre pendente, preludio iniziatico al rito della rinascita, che avverrà per montaggio fantastico dei moduli strutturali e di arredo architettonici (Colonna, Losanga e Trabeazione) svincolatisi dall’immane disgregazione. Azzerati i significati tradizionali, la nuova Torre, da reperto in precario equilibrio, recupera vitalità di organismo nascente all’immaginazione creativa, che si esprime nei giochi paralleli di clowns e personaggi intorno alla Torre e all’albero simultaneamente edificati. La linearità della trama non esaurisce il potenziale di significazione del progetto, che si inserisce nel più ampio piano di alterazione temporanea (per travestimento) della città e dei cittadini realizzato con il Carnevale Pisano 1981, il cui titolo, “La ragione insidiata”, è sottile invito a calarsi nell’ambiguità della finzione, della maschera, dello spettacolo. La duplicazione e l’estrapolazione dal contesto naturale d’un monumento così carico di pregnanza, disvela molteplici implicazioni di ordine psicologico e culturale, inducendo una lettura inedita della stessa conformazione urbana. Con la realizzazione oggettuale nel cuore municipale di Pisa, pur se decurtata dell’azione teatrale, La Torre Nascente di Trafeli ha assunto decise connotazioni vitalistiche, spuntando prepotentemente dal terreno con due ordini superiori di colonne e la cella campanaria. L’allusione fallica, implicita nell’aggressività della penetrazione spaziale, si è manifestata al culmine della liturgia retorica di inaugurazione, scherzosamente mimata, ad apertura del Carnevale, dalle improvvisazioni musicali e coreografiche del balletto “Trockadero” di Montecarlo, in un crescendo di compiacimento al cui acme irrompe il getto-eiaculazione dei coriandoli multicolori, dove si potrebbe leggere una moderna versione del mito di fertilità di Danae e la pioggia d’oro. Ma a prescindere dal ruolo aggregante e di stimolazione visiva nell’ambito del carnevale, l’operazione “torre” ha un intrinseco significato come travestimento urbano e come trasgressione (per scala, materiale e collocazione) del monumentale feticcio, dell’oggetto semanticamente logorato e mistificato dal consumo

di massa, che ne fruisce prevalentemente l’anomalia estetica della pendenza – un tratto, del resto, accidentale, Calando il doppio in un contesto architettonico inusuale, nello spirito della trasgressione per segnatura e spostamento, Trafeli spiazza il fruitore consuetudinario e strania l’emblema tradizionale, radicato nella cultura della città, quanto lo spazio che nuovamente lo accoglie. La dimensione ludica consente di aggredire il simbolo usurato e di stravolgerne i relativi codici di significazione, per restituirlo alla ri-creazione dei cittadini, ossia “alla funzione reale che si è incarnata nel nostro comportamento” come afferma il Maestro Comacino. Nella logica del gioco, Trafeli ironizza, ma non senza una vena di poesia, sulle peculiarità del manufatto e sull’apparente sua germinazione dal suolo: il che fa immaginare un’intera topografia sotterranea (giusta la componente criptica del progetto) di torri, raccordate da un ideale cordone ombelicale alla Madre-torre e passibili di spuntare improvvisamente in qualsiasi sito della città. La rotazione semantica, dalla torre come status symbol civile e come segnale religioso alla torre come simbolo vitalistico autogenerante, rimanda alla problematica delle opere d’arte e dei centri storici concepiti come appartenenza mummificata della conservazione museale. Ma non esprimerebbe intera la sua originalità questo intervento di Trafeli se il simbolo urbano non fungesse da macchina scenica qualificante in senso teatrale lo spazio, entro il quale si liberano i meccanismi inibitori collettivi e individuali, favorendo l’espressione metaforica di conflittualità, tensioni, pulsioni emotive e creative. L’uso del simbolo urbano straniato determina, di fatto, una situazione aperta di teatro urbano, di coinvolgimento animatore e di drammatizzazione spontanea o parzialmente provocata (per esempio, mediante l’improvvisazione musicale e il getto di coriandoli), che si è avvalsa, nel caso specifico, del movente provocatorio ed eversivo, ma anche fantastico, rappresentato dalla finzione globale della kermesse carnevalesca, del travestimento di persone e percorsi urbani, del continuum sonoro impalpabile ma presente per intensità e varietà di tessuto. È chiaro che l’operazione, formalmente situabile tra la performance e l’happening (tra la proposta concettuale dell’oggetto stimolatore di comportamento e l’effettiva, imprevedibile liturgia collettiva che ne scaturisce),

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costituisce un contributo notevole all’insidia della ragione codificata e funzionalistica. In quanto teatro urbano, nella Torre confluisce e assume valenza sociale il lavoro di Trafeli come è andato configurandosi in questi ultimi anni, dalle sculture agibili ma sempre statiche a quelle agite, ossia dinamicamente usate come attrezzi per azioni teatrali impostate su sceneggiature concettualmente articolate, da Concerto per tromba in cubo di ghiaccio a Schiumaperbarba, da Musecologico al recente Pranzo della famiglia Eredità. Nelle azioni è il corpo dell’artista che raccorda e anima gli oggetti (le sculture, le pitture, la luce, la sonorità) caricandoli di senso: esso stesso forma mobile nel continuum spaziale, concreto strumento espressivo intermediale. La risultante dell’operazione creativa interlinguistica non è più, ovviamente, un oggetto estetico formalmente compiuto, l’unicum confezionato per il congelamento feticistico, ma l’operazione stessa nella durata del suo farsi; e ancora, la situazione aperta di ambiguità in cui il fruitore si trova immerso. Se in queste azioni la presenza fisica dell’artista rimane determinante, nel “Gioco parallelo” risulta reificata nell’oggetto che invita alla partecipazione, al coinvolgimento ri-creativo nell’ambito della funzione spettacolare. E occorrerebbe ora, per concludere, parlare specificamente delle qualità grafiche di queste tavole che travalicano, come dicevo, il mero strumento progettuale. Ma non è necessario dilungarsi per evidenziare il rigore e la libertà del segno di Trafeli, che sa essere estremamente sommario nel denotare una conformazione quanto puntuale nell’inquisire un particolare. Quando poi si consideri che il repertorio grafico progettuale non è che un’indicazione di massima di scenografia, coreografia e costumi, non sfuggirà la ricchezza delle invenzioni tipologiche di personaggi e moduli architettonici, e la casistica delle situazioni recitative, che dagli atti di più sguarnita semplicità scattano alla connotazione allusiva a più sottili costellazioni semantiche, di natura critica, ironica e problematica. Infine, la qualità serigrafica depone per l’autonomia estetica delle tavole: in particolare, la sensibile modulazione dei segni e delle notazioni cromatiche, i trapassi morbidissimi dei toni con gli scatti timbrici, gli uni e gli altri funzionali alla “levitazione” dell’immagine, alla sua qualificazione magica di apparizione, di sogno. Che è, mi pare,, condizione prima per un progetto che aspira a rappresentare la realtà concreta quanto sfuggente della finzione drammatica. Nicola Micieli



GIOCO PARALLELO – AZIONE TEATRALE DI MINO TRAFELI

La Torre nascente collocata in piazza XX Settembre è coperta con un telo di plastica traslucido. Intorno alla Torre sono coricati, in atteggiamenti diversi, i personaggi COLONNA, LOSANGA e TRABEAZIONE (C L T) – tutti coperti dal telo di plastica. Sotto la Loggia dei Banchi è predisposta la grande targa celebrativa riproducente il discorso che il CAPOMASTRO leggerà, e sono predisposti gli attrezzi: una lingua mobile due lingue di dimensioni diverse un grande dito una composizione scultorea riproducente un massacro un tronco d’albero di 4 metri diviso in 4 parti da rimontare carta verde nastro adesivo forbici uno scaleo una struttura piramidale tubolare alta 4 m. con carrucola per sollevare il tronco d’albero ricomposto un grande compasso un piano di legno per disegnare una impalcatura a due piani CAPOMASTRO. Legge il discorso Signor Sindaco, signori Cittadini, sono il Capomastro Comacino. Ho sospettato e poi verificato, come anche voi, signor Sindaco e signori Cittadini, potete verificare con i vostri occhi, che nel sottosuolo e anche nel sottoarno c’è un numero indefinibile di torri, anche pendenti, di fabbricazione remota, presente e futura. IL TORRE, signor Sindaco e signori Cittadini, contattandosi con la terra, “negra” ma calda, generano l’humus; dall’humus i cavoli con il bimbo dentro, che poi sarà l’uomo delle cose fantastiche e dell’intelligenza. Signor Sindaco e signori Cittadini, io propongo di ricordare Nicola e Giovanni Pisano e Galileo e altri cervelloni di Pisa che conoscete, voi, signori, più di me; e di dimenticare,

almeno nell’accadimento di questo fatto così straordinario, Breznev, Reagan e Bearzot. LUI, che con il suo indice ci indicò la strada sicura, LUI, che con la sua lingua ci dette il verbo e ci dette anche le armi per distruggere i nostri nemici, ordinò: “Tutte le cose di Pisa devono stare perpendicolari, pena la morte di tutti i cittadini o la distruzione delle cose storte!” Solo otto cittadini, i feticisti settari, decisero di sacrificare le loro vite per salvare la torre pendente; tutti gli altri e tutte le associazioni amanti della cultura, della storia e dell’urbanistica decisero di far crollare la torre imputando la causa a calamità naturali. LUI, noto per la determinazione, mise alla prova l’amore impuro del codificato e l’amore falso. Il gioco riportò nella norma le posizioni dei due gruppi di cittadini e il “miracolo” della torre pendente con la piazza ritornò ad essere un episodio architettonico esemplare della storia e soprattutto dell’immaginazione. I cittadini, signor Sindaco e signori Cittadini, capirono che la storia dei giochi è anche la storia dell’uomo, fatta di molti e diversi episodi, capirono la ragione di vivere fisicamente con i propri oggetti e il gioco, che spesso aggredisce e stravolge il simbolo, riconduce il simbolo alla funzione reale che si è incarnata nel nostro comportamento. COLWNS. Mentre il Capomastro legge i tre clowns muovono la lingua e la spostano, azionano il grande dito, le lingue e la composizione del massacro. Uno dei clowns, quando il Capomastro dice: “Tutte le cose di Pisa devono stare perpendicolari ...” disegna rapidamente un profilo della città collocando la Torre su una traccia inclinata in modo che risulti perpendicolare rispetto alla traccia stessa. Le bande suonano. Viene scoperta la Torre. I personaggi C L T si sollevano, si

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mischiano tra la folla, si dirigono verso il Ponte di Mezzo, si raggruppano incolonnandosi e ritornano alla Loggia dei Banchi, dove si dispongono, mentre le bande seguitano a suonare, sui due piani di legno predisposti. I clowns, che nel frattempo hanno giocato con il pubblico, proseguiranno i loro giochi intorno al MONUMENTO ARCHITETTONICO costruito dai personaggi C L T. Il Capomastro, con il grande compasso, misura con ironica i personaggi C L T. I clowns prendono la lapide celebrativa e, aiutati dal Capomastro, e la posano alla base della Torre sul lato prospiciente il Ponte di Mezzo. Il Capomastro ricostruisce l’albero, raccontando i 4 pezzi, ritaglia delle grandi foglie dalla carta verde, le applica con nastro adesivo alla cima dell’albero che sarà sollevato mediante la carrucola e, con lo scaleo, i clowns, giocando, vi applicheranno altre foglie. Le azioni successive dei personaggi C L T si compiranno nello spazio urbano Torre-Ponte di Mezzo-Borgo. I personaggi C L T si caratterizzeranno nella loro struttura di elementi architettonici e si combineranno in giochi di modificazione dell’esistente urbano creando ingombri, sovrastrutture, a colte fastidiose, a volte piacevoli. In uno spazio deputato si costruirà una struttura architettonico-scenografica modificando retoricamente lo spazio urbano esistente. Infine i personaggi C L T e i clowns si combineranno nel ridotto del Teatro Versi che ne risulterà modificato nella forma architettonica: i clowns accoglieranno giocando gli ospiti del Ballo in Maschera e con un gigantesco timbro riprodurranno l’immagine della Torre Nascente su fogli di carta che offriranno agli ospiti ................. .............................................................. Mino Trafeli



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Fragili tesori dei principi

LA RICERCA DEL BELLO

AZTECHI, MAYA, INCA

13 novembre 2018 10 marzo 2019

27 ottobre 2018 20 dicembre 2018

11 novembre 2018 28 aprile 2019

Firenze

BOLOGNA

FAENZA

Palazzo Pitti

Galleria Antiquaria Fondantico

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maggio allo splendore raggiunto dalla porcellana toscana in epoca lorenese, la mostra vanta creazioni delicatissime, facendole dialogare col patrimonio presente nelle storiche sale di Palazzo Pitti. Con l’insediamento asburgico, Firenze si orienta verso tendenze nuove, che trovavano nel marchese Carlo Ginori un fervente sostenitore. Inviato a Vienna per omaggiare Francesco Stefano di Lorena, futuro granduca in terra medicea, l’ambasciatore rimane folgorato dalla squisita porcellana locale di Claudius Innocentius Du Paquier, così istituisce una sua manifattura nei possedimenti natii, tutt’oggi arcinoti per fattura artistica. Delicatamente nivea, la porcellana artistica si presenta in mostra grazie ai prestiti del Principe del Liechtenstein, supportata da incisioni, sculture, lavori in pietre dure, dipinti, cristalli, arazzi esternanti un gusto raffinatissimo.

ome da tradizione, grandi maestri emiliani rivivono nei dipinti esposti presso Fondantico Gallery. Il bello ricercato attraverso strade pittoriche disparate si esterna nel cinquecentesco Apostolo Andrea, sapientemente reso scorbutico sino a rasentare il canzonatorio. In età manierista la piacenza trova supporto nella natura, così una incredibile luce all’imbrunire esalta la tristezza di Gesù nell’Orto degli Ulivi by Michele Coltellini. La rappresentanza barocca trova in Guido Reni e seguaci i precursori della bellezza titolata, come esterna S. Giovanni Battista dalle movenze quasi femminee. Il XVIII secolo bolognese esalta varianti naturalista, classicista, rocaille, come sa bene La Musica di Marcantonio Franceschini, sino alla rivisitazione pre-romantica del raffaellesco Ritratto di Giovanna d’Aragona, riletto da Felice Giani in una giovine chiave troubadour.

n viaggio magnifico tra affinità culturali e peculiarità specifiche dei popoli precolombiani, raccontato attraverso recenti ricerche archeo-etnostoriche, rappresenta un’ottima ragione per visitare la bellissima esposizione faentina. Mesoamerica ed Area Peruviana ostentano splendori provenienti dall’arcinoto MIC, con rarità mai viste dal pubblico, musei, raccolte italiche. Protagonisti assoluti, gli Aztechi primeggiano in mostra grazie a raffinati manufatti esternanti una organizzazione sociale consona al più potente tra i popoli d’oltreoceano, supportati dai Maya, squisiti luminari della cultura calendaristica, e gli Inca, costruttori di un vastissimo impero. Reperti in ceramica unici, belli, raffinati aiutano il visitatore a capire delle società avanzate nella condizione femminile, scrittura, gioco, religione, calcolo sfruttante abachi in base 10 e 40.

SULLA STRADA DEL BRENNERO

21 novembre 2018 – 31 ottobre 2019 Bolzano

Palazzo Mercantile

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obile tracciato dalla valenza socio-economica tra Europa nordica e mediterranea, questo secolare percorso trova in Bolzano principale rappresentante urbano che, pertanto, lo celebra presso Palazzo Mercantile con una interessante mostra ripercorrente la sua evoluzione dalle origini romane sino ai nostri giorni. Sapiente tramite nello scambio di idee, cultura, saperi, conoscenze, la strada del Brennero assurge a dimensione erudita, raccontata nelle sale tramite dipinti, oggetti, creazioni d’arte, vicende umane. Il focus espositivo si concentra su sette illustri personaggi, dall’imperatore Enrico IV al musicista Antonio Salieri, per l’appunto sette secoli del passo alpino, altresì, supportato da ulteriori sedici protagonisti più o meno famosi, tra cui un elefante, a testimonianza della variegata estrazione sociale di questa arcinota via.

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Carmelo De Luca


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CAI GUO-QIANG AGLI UFFIZI 20 novembre 2018 17 febbraio 2019 FIRENZE Museo degli Uffizi

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lora Commedia by Cai GuoQiang, una mostra di spirito squisitamente umanistico, rappresentato attraverso fiori, natura, universo, tematiche carissime all’artista

che, per la sua personale, affina una tecnica quattrocentesca denominata punta d’argento e conoscenze tra le rarità botaniche presenti negli storici Giardini di Boboli. Ospitati nelle sale caravaggesche, dipinti tematici rievocano giardini dedicati al colore, natura, Rinascimento, erotismo, cosmo. Libero da condizionamenti stilistici di sorta, spinto da cuore e mente, Cai purifica la sua produzione realizzata per gli Uffizi, cogliendone l’essenza rappresentativa dei soggetti immortalati attraverso una rappresentazione istantanea, fuggevole, evocativa, esplosivo omaggio creativo al glorioso movimento artistico-culturale sviluppatosi a Firenze nel XV secolo. Scrutando le opere presenti nelle sale, si rimane affascinati dal riuscito dialogo che il maestro orientale instaura col grande Rinascimento fiorentino. La mostra trova supporto nel catalogo con saggi di Eike Schmidt, Germano Celant, Simon Schama, Laura Donati, Cai Guo-Qiang e nel documentario che sottolinea le peculiarità interiori nella pittura del pittore, chiamate autocritica, perseveranza, incertezza, vulnerabilità.

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OCCIDENTALISMO E MODERNITà 21 Novembre 2018 17 Marzo 2019 Gorizia Museo della Moda e delle Arti Applicate

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inizio Novecento, un’arte protesa verso occidente plasma artistici kimono, una cui selezionata rappresentanza è esposta al gori-

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ziano Museo della Moda. Colori marcatamente accesi dell’arte europea supportano il monocromatismo locale e la nostrana lezione prospettica assurge a pilastro nella nuova produzione pittorica dei tessuti, trattati quali autentici dipinti. Il trapasso sol levantino dalla condizione tipicamente feudale a impero centralista si riflette in ogni settore artistico-produttivo, aperto ad echi culturali stranieri in maniera propositiva, pur conservando la millenaria tradizione quale motivo supportante questa nuova concezione creativa. Sinonimo di raffinata eleganza esotica, il kimono Meisen abbandona quella impronta decorativa quasi eterea per plasmarsi dei disegni avanguardisti spettanti al Secessionismo, Futurismo, Espressionismo astratto, Divisionismo. Appartenuti ai ceti medio-alti, 40 kimono e haori echeggiano una eleganza nuovissima, esternante il desiderio nipponico di essere un regno nuovo, progressista, aperto al gusto occidentale, ma la cui essenza riecheggia usi e costumi squisitamente nipponici. I capi in esposizione provengono dalla famosissima collezione Manavello, supportati da obi, riviste, stampe, illustrazioni.


LEONARDO DA VINCI: L’INGEGNO, IL TESSSUTO 16 dicembre 2018 26 maggio 2019 PRATO Museo del Tessuto

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’ingegno leonardesco impresso nelle sorprendenti macchine tessili rappresenta il file rouge della mostra allestita presso il

RITORNO AL PRESENTE 6 dicembre 2018 3 febbraio 2019 MASSA KriKrok’s, via Alberica 12

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lcuni artisti del circolo Pablo Picasso tornano eccezionalmente insieme per un’esposizio-

Museo del Tessuto. Ricostruzioni 3d, modelli in scala, apparati multimediali in bella vista nelle sale, a sostegno del genio vinciano che, in terra pratese, trova fecondo sviluppo grazie alla marcata vocazione tessile. Supportata dalla holding Estra Energia e Gruppo Meccanotessili di Confindustria Toscana Nord, l’esposizione apre con alcune riproduzioni di celebri dipinti esaltanti il vestiario attraverso uno studio decorativo e del panneggio decisamente particolareggiato. Ruote dentate introducono, poi, nell’inventivo mondo delle macchine, che Leonardo studia presso la corte viscontea molto attenta al progresso tessile, supportate da preziosi tessuti coevi, tra i quali spiccano due splendidi velluti operati in seta cremisi. Attraverso gli articolati modelli concessi in prestito dal Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci, chiamati dispositivi per la ritorcitura e binatura del filato di seta, maglio battiloro, telaio meccanico, macchina garzatrice, si comprenderà quanto il contributo leonardesco sia stato essenziale nel moderno progresso tecno-tessile. ne a Massa (MS) al KriKrok’s in via Alberica 12. Inaugurazione 06 dicembre ore 18,00 – fino al 03 febbraio 2018 con presentazione critica di Enrica Frediani. I loro nomi: Mario Ginocchi, Aldo Giusti, Fabio Grassi, Aladino Landi, Remo Lorenzetti, Rosalia Olivato, Achille Pardini, Daniele Terzoni, Franco Tonarelli, Fabrizio Viti. zIl gruppo formato da circa trenta artisti, prevalentemente pittori, ha rappresentato per quasi vent’anni l’anima artistica e culturale della città di Massa promuovendo eventi artistici, culturali, naturalistici e storici. Il fermento artistico creatosi in quegli anni favorì un sensibile interesse collettivo per la pittura: numerose sono state le esposizioni da loro promosse e realizzate in città e fuori provincia, raggiungendo notorietà internazionale. La loro espressione artistica si è sviluppata ed evoluta in ambito figurativo affrontando temi intimistici o naturalistici caratterizzati da un profondo lirismo poetico mentre nel raffinato e ricercato cromatismo possiamo ritrovare i toni caldi della terra Toscana o la solarità Mediterranea.

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che passione

cravatte d'artista alle Officine Garibaldi di Pisa Elisabetta Malvaldi

la cravatta di Giampaolo Masini indossata da Nicola Micieli Lorenzo D'Angiolo Enzo Tinarelli Marta Della Croce

I

n conclusione del primo anno di intensa attività culturale delle pisane Officine Garibaldi, ecco la mostra a cura di Nicola Micieli e Filippo Lotti, Cravatta, che passione!, vernissage il prossimo 22 dicembre. L’allestimento propone un’indagine di uno degli accessori che più hanno richiamato l’attenzione degli artisti moderni, che volentieri s’interessarono a vario titolo di abbigliamento. Infiniti infatti sono i rapporti tra arte e moda, chiavi di lettura della contemporaneità delle rispettive produzioni, basti pensare alla Tuta, inventata nel 1920 da due fratelli fiorentini (gli artisti futuristi Ram e Thayaht), ed oggi entrata nella moda e nel linguaggio comune. E così, per tornare alle cravatte, non dobbiamo spostarci di molto dall’ambito futurista, perché fu proprio uno dei suoi maggiori rappresentanti, Giacomo Balla, ad offrirci un notevole esempio di applicazione artistica sulla cravatta – si veda Cravatta futurista, acquerello del 1916 - che anche negli studi per cravatte applicò i motivi pittorici delle linee–forza e delle compenetrazioni dinamiche. Ed è ancora una volta la ricerca futurista a lanciare, in un manifesto edito il 27 marzo del 1933 a Verona per mano di Renato di Bosso e Ignazio Scurto, una nuova e provocativa idea di cravatta: nel Manifesto futurista sulla cravatta italiana si legge infatti che l’«anticravatta di metallo leggerissimo lucente duraturo» viene proposta, nell’usuale lessico da pompa magna futurista, per «anteporre all’esterofilia cafona ed alle importazioni galliche anglosassoni antitaliane l’orgoglio novatore della nostra razza più geniale». Grazie al ventaglio di connotazioni semantiche che in essa risiedono, la

cravatta nel mondo dell’arte ha avuto una notevole fortuna iconografica, che dal mondo futurista approderà, ad esempio, alle cravatte borghesi di René Magritte, oppure, citando un altro nome celebre come Modigliani, a quelle sdrucite nei ritratti di Léopold Zborowski o quella sensualmente androgina dell’Amazzone del 1909. In tempi più recenti, è ancora memorabile la mostra del 1969 organizzata da Giorgio Marconi all’omonima galleria milanese, Baj at Marconi’s, che presentava le sperimentazioni condotte da Baj verso la fine degli anni Sessanta su vari materiali (sono gli anni dell’industrializzazione e dell’entrata in commercio dei polimeri) e il cui invito era stampato su una cravatta di plastica; esposizione poi riproposta dal

figlio tra il 2015 e il 2016 (Baj at Marconi’s: Plastics 1967). In entrambe le esposizioni, opera centrale era il collage di plastica del 1969 La cravatta di Jackson Pollock. Del resto, commentando la pubblicazione del suo librooggetto del 1972 dal titolo illuminante di La cravat ne vaut pas une médaille, Enrico Baj usò parole significative e pressoché definitive: «La cravatta è la struttura minimale sulla quale mi sono

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focalizzato nel mio lavoro recente. [...] è il miglior simbolo della cultura occidentale contemporanea». Parole che ebbero ampi riflessi, se è vero che altri artisti assai importanti come Nam June Paik, Mimmo Rotella, Claudio Costa, Michal Cole, nel tempo spostarono la loro attenzione sulla cravatta, che da accessorio per occasioni ufficiali e quindi ingessate, diventerà il terreno per sperimentazioni artistiche curiose e stimolanti. In questo senso la cravatta diventa quasi uno dei simboli più affascinanti dell’arte vivente che, come è noto, non ha mai escluso terreni inusitati e inediti per approfondire le proprie possibilità espressive. La cravatta, da oggetto simbolo di una eleganza passiva e di comportamenti sociali asettici, diventava il pretesto per esaltare la doppia individualità dell’artista e del fortunato possessore dell’oggetto che poteva finalmente indossare una vera opera d’arte. In questo senso, le cravatte d’artista sono state un poco i segnavia di un percorso che porterà, negli ultimi decenni, alle T-shirt, dipinte e arricchite dagli artisti. Ecco dunque l’importanza straordinaria della collezione di cravatte d'artista


costituitasi negli anni accanto ad altre collezioni che Micieli chiama di arte insolita, come a lui piace considerare quelle vere e proprie opere d’arte la cui derivazione, e nondimeno supporto, materiali e tecniche, esulano dal concetto consueto di opera d’arte stessa. La collezione ora proposta alle Officine Garibaldi raccoglie oltre duecento manufatti unici eseguiti da 184 artisti italiani e stranieri. Tecnicamente la cravatteria si può suddividere, in base al tipo di manufatto, in tre tipologie: le cravatte indossabili, dipinte a mano o altrimenti rielaborate; le cravatte non indossabili, in nuce vera e propria idea di cravatta poi però elaborata con materiali inadatti ad essere vestiti; infine le cravatte-oggetto, opere pittoriche, scultoree o di altra tipologia in base al materiale che le compone (si veda ad esempio la cravatta-oggetto dello stesso Micieli in corda dipinta). La cravatta viene presentata con le suggestive foto della raccolta di Lorenzo D’Angiolo, artista presente in catalogo con una cravatta dipinta e una cravatta-oggetto di due metri d’altezza, come personalissima rielaborazione dell’artista di iconografia e poetica. Pitto-sculture, interpretazioni di manufatti seriali e una vastissima gamma di materiali quali vetro, ceramica, carta, metallo restituiscono al visitatore un’eccezionale visione dell’ordinario oggetto e un’estetica dell’insolito e spesso del provocatorio, in cui il significato storico e sociale si fondono nella ricerca espressiva delle varie correnti artistiche cui si ispirano gli artisti: dall’Informale all’Art Brut, attraversando Futurismo e Cubismo (vedere l’esempio di Marco Fidolini, con la sua cravatta-oggetto in stoffa e borchie, chiaro omaggio a Fernand Léger). Suggestiva a questo proposito è l’opera di Maria Micozzi, la cui cra-

Alta poco più di un metro e mezzo è invece la cravatta-oggetto del lucchese Gianfalco Masini, vera e propria pitto-scultura in cartoncino dipinto con campiture astratte, dalle sognanti tonalità violacee, turchesi e cerulee, le cui pennellate richiamano l’action painting. La sperimentazione sulla materia e coi media si ritrova poi nella proposta di Lea Monetti, che indaga il significato del femmineo nella cravatta-oggetto composta da fotogrammi di attrici e modelle, retroilluminata da una lampada. Fantascienza invece

vatta oggetto è intitolata a Giordano Bruno: polimaterica ma prevalentemente in ferro dipinto, materiale a lei consueto, la bellissima cravatta il cui collo richiama le catene ferree poste ai polsi di prigionieri e condannati e dove la lavorazione della pala suggerisce l’idea di ustione, che allude in modo emozionante al supplizio dell’eretico di Nola in Campo dei Fiori a Roma. Ad aprire la collezione è però la prima cravatta acquisita in ordine cronologico: l’artista vecchianese Marta Della Croce popola la sua cravatta indossabile di personaggi umanoidi e favolosi, dai chiari rimandi egizi ma con echi ancora più lontani, quasi onirici, rievocati in tinte ocra e azzurre.

Luigi Zucconi Romano Masoni Antonio Bobò

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Renzo Margonari Fathi Hassan Maria Micozzi Bernd Kaute Lea Monetti Marco Fidolini

nell’opera di Luigi Zucconi, vera e propria creatura mostruosa la sua Cravatta pesce polipo, scultura da terra in ceramica che riecheggia i mondi di Hans Ruedi Giger, l’artista svizzero famoso per aver disegnato il fortunatissimo mostro di Alien. E ancora, per menzionare solo alcuni artisti della collezione: Alinari, Bobò, Ceccobelli, Possenti, Margonari, Mulas, Masoni, Musante, Tinareli, Sciavolino, giusto per evidenziare quanto ricca, cangiante, diramata, sia la collezione di Micieli, una vera galleria di artisti che hanno scelto un supporto inusitato per esprimersi e meditare sulla forma.

Non solo Italia però: in catalogo sono presenti anche numerosi artisti stranieri, tra cui il pittore tedesco Bernd Kaute con due cravatte dipinte e non indossabili; l’egiziano Fathi Hassan, che vanta la prima presenza africana alla Biennale del 1988, nella sezione Spazio Aperto 1988 e presente in catalogo con due cravatte dipinte indossabili. Oppure l’australiana Linda Smith Penangke, che propone nelle sue due cravatte dipinte indossabili lo studio dell’arte aborigena. Un’ampia serie di risultati dunque, emergenti nell’inedita gamma delle oltre duecento opere che rielaborano con soluzioni uniche le sfumature

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semantiche e simboliche che hanno connotato l’accessorio nel corso dei secoli, nel costume delle diverse culture, dall’antica Roma alla borghesia inglese di primo Novecento, passando per la Guerra dei Trent’anni e la Corte di Versailles. Il catalogo contiene la riproduzione di tutte le opere, un saggio critico di Micieli su di esse e sulla storia e le connotazioni semantiche della cravatta, e una serie di notazioni artistiche, letterarie e di documenti visivi di repertorio, che restituiranno un’idea della cultura che nel tempo ha contrassegnato l’uso di questo accessorio.


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Stazioni dipinte dellaMemoria acasaconcia

Cesare Borsacchi racconta le sue esperienze di viaggiatore

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tazioni della Memoria”, personale dell’artista Cesare Borsacchi, ospitata a casaconcia dal 10 novembre al 7 dicembre, è un viaggio a tappe lungo tutta la sua vita. È un racconto per immagini dei viaggi e delle esperienze vissute nei 40 anni in cui è riuscito a visitare i cinque continenti e a soggiornare per lunghi periodi in vari Paesi. Le opere, dunque, raccontano la sua storia personale. Sono frammenti di emozioni, ricordi che riaffiorano e che l’artista vuole mostrare al pubblico senza alcun tipo di filtro. La vita. Cesare Borsacchi, nato a Pisa nel 1935, inizia la sua attività lavorativa a San Rossore, nella Tenuta Presidenziale dove il padre Luigi lavorava come guardiacaccia. Il grande pittore e incisore Giuseppe Viviani, amico del padre, ebbe l’occasione di seguire l’allora giovane pittore incoraggiandolo a proseguire sulla strada artistica intrapresa, intravedendo nella sua pittura e nella sua grafica notevoli potenzialità espressive. La continua voglia di scoprire e misurarsi con realtà completamente differenti lo porterà in tutto il mondo: soggiorni in Kenya, Venezuela, Panama, Cuba, Algeria, Ecuador, Brasile, Singapore, Australia, Argentina e molti altri luoghi hanno stimolato e arricchito la sua attività pittorica. Le sue opere sono presenti nelle collezioni private, nelle fondazioni e nei musei nazionali ed internazionali: Galleria Alzaia a Roma, Biblioteca Nazionale di Algeri, Galleria Macchi a Pisa, Hotel Plaza a Montevideo (Uruguay), Università di Luanda (Angola) e Biblioteca Nazionale di Buenos Aires, solo per citarne alcuni. L’arte. “Borsacchi – commenta Nicola Micieli, esperto e critico d’arte – è

missione di creazione di un contesto strutturale in cui la cultura ed il saper fare toscano possano essere rappresentati e veicolati. Per il 2019 sono in programma nuove mostre: a inizio anno, dal 19 gennaio al 16 febbraio, sarà ospite Samuel Rosi, conosciuto anche come MUZ nel mondo della spray art, che utilizzando questa innovativa tecnica realizzerà delle opere su pelle il cui tema sarà la rappresentazione di lavoratori conciari. La mostra successiva, in programma dal 10 marzo al 13 aprile, vedrà protagonista Gianfalco Masini, artista riconosciuto e stimato, che proporrà la sua pittura fantastica caratterizzata da un continuo gioco di rimandi ed evocazioni, in sospeso tra narrazione e sogno. un viaggiatore dell’immaginario biografico ed etnografico, da viaggiatore reale nel mondo presso civiltà, popolazioni, culture, società diverse. Sono le Stazioni di un itinerario durato decenni, avviato dalla nativa foresta pisana di San Rossore, luogo della memoria nella quale idealmente rientrato ogni volta, con i depositi figurali e simbolici dei propri incontri ed esperienze di vita. Ai dipinti invero intrinsecamente visionari condotti sul piano, Borsacchi da tempo alterna sia partiture rilevate per accentuazione materica e inclusioni oggettuali, sia strutture scultoree dipinte, per lo più totemiche e di sottile memoria indo-americana, nelle quali simbolicamente racconta i radicali della vita e della condizione umana ancora oggi violati del mondo” Gli altri eventi in programma. Il progetto culturale di casaconcia, che si avvia a chiudere il suo secondo anno di attività, prosegue nella sua

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Alessandro Bruschi


20° Reality

archeologia

Valdera

la in età etrusca dalle prime scoperte all'archeologia sul campo Cristina Cagianelli Archeologa

Il sito archeologico di Parlascio. Foto archivio Gruppo Archeologico Le Rocche Archeologi e volontari al lavoro sullo scavo di Parlascio. Foto archivio Gruppo Archeologico Le Rocche

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el quadro delle molte cittàstato circondate da un loro territorio, che caratterizzano la civiltà etrusca, il distretto della Valdera ha svolto un ruolo altamente strategico grazie alla sua posizione, potremmo dire di cerniera, tra il territorio della città di Pisa, alla foce dell’Arno e quello della città di Volterra a sud, nell’interno. Il recupero della memoria della più antica storia della Valdera è un fenomeno piuttosto recente che rimonta agli anni Novanta del Novecento. Infatti fino ad allora questo distretto era noto soprattutto per il fenomeno del reimpiego di una particolare classe di monumenti etruschi in architetture medievali e moderne. Si tratta di cippi in marmo, detti a clava per la loro forma, che originariamente avevano la funzione di segnacoli funerari, ma che in alcuni casi sono stati rilavorati e riutilizzati come acquasantiere. Si possono citare gli esemplari presenti in piccole chiese come la badia di Morrona, presso Terricciola, la chiesa di San Sebastiano a Montefoscoli, la chiesa di san Michele a Casciana Terme, la pieve

della Piappina e la chiesetta della Madonna delle Serre, le ultime due nel comune di Peccioli. Ma la prima notizia di una vera e propria scoperta archeologica in questo territorio, avvenuta, come spesso capita, in circostanze del tutto fortuite, risale addirittura al XVIII secolo e ci è stata trasmessa da uno studioso che possiamo considerare tra i “padri fondatori” delle ricerche moderne sugli Etruschi, ovvero il fiorentino Anton Francesco Gori. Gori, nella sua opera monumentale intitolata “Museum Etruscum”, riferisce che, nel 1737, il parroco di Celli, Martino Gotti, nel fare dei lavori agricoli in un podere della chiesa, scoprì casualmente alcuni materiali relativi ad una tomba etrusca a camera ipogea. Tra questi materiali, in parte descritti e disegnati, c’erano appunto anche due cippi a clava che il parroco, consapevole del loro valore storico, donò al grande studioso fiorentino per la sua collezione, purtroppo andata perduta alla sua morte. Se possiamo affermare che l’archeologia della Valdera inizia proprio in

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questo piccolo centro del comune di Peccioli, è solo negli anni Novanta del Novecento che la Valdera ha conosciuto una più puntuale attività di indagini da parte della Soprintendenza Archeologica. È sempre a partire da questo periodo che si assiste al consolidarsi di una più attenta coscienza storica da parte delle amministrazioni dei vari Comuni di questo distretto. È inoltre importante riconoscere il ruolo significativo svolto da gruppi organizzati della popolazione, la cui presenza ha evitato che informazioni preziose per la ricostruzione della storia più antica di questo territorio andassero perdute. Si è venuto così sempre meglio delineando il quadro di un comparto che appare, nel corso dell’intera storia della nazione etrusca, prima, e della vicenda romana poi, di grande importanza nel panorama dell’estrema Etruria nord-occidentale e nelle dinamiche insediative, economiche e sociali di un territorio su cui proiettano la propria ombra due dei principali centri della regione. Pisa estende il proprio dominio almeno fino alla zona segnata dalla serie di


insediamenti posti sulle alture della Rocca di Parlascio a Casciana Terme, di Santo Pietro Belvedere e di Montacchita di Forcoli. Tra queste località quella che ha visto un intervento archeologico sul campo, coordinato dall’Università di Ferrara d’intesa con il Comune di Lari-Casciana Terme e con la collaborazione del Gruppo archeologico “Le Rocche”, è Parlascio. Qui si sta riportando in luce un importante insediamento che rimonta allo scorcio dell’VIII secolo a. C. e che, con alterne vicende, si spinge fino alla prima età imperiale romana. A questo scavo è stata dedicata una mostra “di cantiere” nel centro di Casciana Terme, dove sono esposti alcuni dei reperti più significativi. Più a sud si collocano gli abitati che gravitano nell’orbita di Volterra, ovvero Montevaso di Chianni, Badia di Morrona, ma soprattutto Terricciola e Peccioli. A Terricciola rivestono un notevole interesse le numerose tombe ipogee ancora visibili nel centro del paese e in parte visitabili. È inoltre importante ricordare che in questa zona aveva possedimenti una delle famiglie degli aruspici di Velathri, i Lecu, come testimonia un rinvenimento archeologico nella zona di Scannicci. Per quanto riguarda Peccioli particolare rilievo ha l’area di Ortaglia, dove, in località Le Serre, tra il 2000 e il 2011, l’Amministrazione comunale, con la direzione scientifica dell’Università di Ferrara ha indagato un complesso santuariale che dal pieno VI secolo a.C. è rimasto in vita almeno fino a tutto il III secolo a.C. I risultati di questi scavi sono stati resi pienamente accessibili grazie alla realizzazione di un Museo Archeologico inaugurato nel 2007 al piano terreno del Palazzo della Società Belvedere, in Piazza del Carmine. Si tratta di

una delle strutture museali più vivaci della regione, anche per l’attivazione di moderni supporti multimediali audio e video, che accompagnano gli usuali apparati didattici, quali i pannelli esplicativi, le carte topografiche e le didascalie relative ai singoli reperti.

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Museo Archeologico di Peccioli, sala dei dolii. Foto archivio Fondazione Peccioliper Museo archeologico di Peccioli, sala con la kylix di Makron. Foto archivio Fondazione Peccioliper Museo Archeologico di Peccioli, kylix di Makron. Foto archivio Fondazione Peccioliper Museo Archeologico di Peccioli, sala con il plastico del tempio etrusco secondo Vitruvio. Foto archivio Fondazione Peccioli per


20° Reality

economia

la nuova sede festeggia dieci anni

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ata nel 1980 come concessionaria esclusivista Olivetti per la zona del Comprensorio del Cuoio, CENTROUFFICIO si è evoluta nel settore dell’informatica e dell’Office Automation maturando una grande esperienza in numerosi prodotti: dalla multifunzione al plotter, dalla stampante all’etichettatrice - apparecchiature ideali per le etichette da applicare ai contenitori prodotti chimici, la cui scrittura resiste agli agenti atmosferici; stampanti ink-jet per etichette di livello industriale, ideali per la stampa di etichette per recipienti e di etichette per applicazioni chimiche di grande formato conformi agli standard GHS. Vasto assortimento di misuratori fiscali telematici già conformi alle ultime normative. La nostra azienda opera sia con la vendita che con il noleggio operativo e nostro fiore all’occhiello, la nostra capillare, veloce e professionale assistenza tecnica. Possibile anche la sostituzione di fotocamere e lettori mp3 con articoli nuovi, come smartphone, Smart-ad, notebook leggerissimi e veloci con l’integrazione della memoria SSD. Da sempre con lo scopo di offrire soprattutto un servizio professionale di assistenza più che una semplice vendita di prodotti. Sin da quando le calcolatrici erano ingombranti apparecchi calcolatori e le macchine per scrivere creavano fastidiosi rumori, l’azienda si è continuamente impegnata per seguire le innovazioni del settore, tanto che nel 1986 con l’affermarsi del Personal Computer ha installato postazioni e reti informatiche con l’applicazione di software gestionali. Con l’avanzare del digitale, Centro-

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strumento questo, attraverso il quale, il cliente acquisisce l’utilizzo del bene, evitando l’onere dell’acquisto, pagando dei canoni (completamente deducibile ai fini fiscali) comprendenti i materiali di consumo, le parti di ricambio e l’assistenza tecnica. Negli ultimi anni Centroufficio si è affiliata alla catena informatica WELLCOME con cui, in collaborazione anche con i principali brand internazionali, ha creato uno strumento flessibile ed immediato per offrire al cliente la possibilità di essere sempre aggiornato sulle novità del settore, accedendo a prodotti non ancora commercializzati dall’azienda, quali proiettori, fotocamere digitali, lettori mp3/ mp4 a prezzi particolarmente vantaggiosi. Da non dimenticare il settore cha da sempre ha contraddistinto CENTROUFFICIO, ovvero la progettazione e l’arredamento dell’ambiente di lavoro con la scelta di prodotti selezionati e sempre più dinamici e personalizzati. CENTROUFFICIO, prestando ascolto alle esigenze dei suoi clienti e grazie all’ampia offerta di dispositivi laser Multifunzione, quindi, ha potuto facilmente ridurre i costi, aumentare la produttività e migliorare il flusso di lavoro. CENTROUFFICIO rappresenta quindi la nuova grande opportunità per ridurre i costi del vostro ufficio!

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AMBIENTE

saporedi

collina

Siena Carbon Free. Un traguardo raggiunto Greta Romualdi 13 anni, Siena. Vincitrice del premio di giornalismo ambientale "Giornalisti nell’erba" X-XI-XII edizione 2016, 2017 e 2018 sezione internazionale

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n meraviglioso luogo come la Toscana, dove il cielo è azzurro, le colline verdi e le vaste distese di vigne, che con i loro colori sgargianti attraggono il pubblico turistico, sta affrontando i cambiamenti climatici e l’inquinamento. Fortunatamente la Toscana, con le sue montagne, le sue vallate, il suo mare, il suo patrimonio ambientale, è sempre stata tutelata come una figlia. Da sempre offre svariate risorse alimentari di cui andare fieri nel mondo quali ortaggi, olio e vino e diverse case e rifugi per gli animali ma piano piano tutto sta cambiando come nel resto del mondo. Anche lei sta subendo le drastiche conseguenze provenienti dall’ inquinamento. Ma proprio per-

ché la Toscana è così amata e così speciale molti Comuni di diverse città si stanno attivando per cambiare la situazione. Siena, città medievale collocata nel cuore della Toscana, sta cercando di sensibilizzare i suoi cittadini sui cambiamenti climatici. Da molti anni la provincia di Siena ha deciso di adottare un nuovo sistema, ovvero ridurre le emissioni di CO2 del 102%. “Siena carbon free”, è questo il nome del progetto ormai attivo dal 2013. Con lo scopo di far partire questo sistema nel 2015, Siena è riuscita ad anticipare di ben 2 anni i tempi avviando questa brillante idea. Adesso Siena è la prima area vasta ad emissioni zero in Europa. Questa nuova ini-

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ziativa è stata riconosciuta a livello internazionale ed ora sta facendo il giro delle province per riuscire a creare una “Toscana carbon free”. Tale progetto viene esposto nelle scuole e nelle Università per cercare di sensibilizzare anche i più giovani. Grazie alla metodologia IPCC (dall’Università degli Studi di Siena) questo luogo incantevole è riuscito ad ottenere una città più sicura e riparata. Dopo cinque anni di sperimentazione del programma i risultati sono ottimi. Siena ha ottenuto con questo sistema un saldo di riassorbimento di anidride carbonica del 102%. Tutte le città dell’Italia dovrebbero prendere spunto da come si stanno comportando i senesi e dalle soluzioni che stanno adottando a tutti i problemi. Il 21 novembre 2018 è partita la campagna di comunicazione anti smog: “Aria di Toscana.” È incentrata sul cittadino e sulle responsabilità che esso ha. È stata presentata dall’assessore dell’ambiente Federica Fratoni, che ci spiega come il singolo individuo può fare la differenza. Questa campagna sottolinea che se non accendiamo fuochi all’aperto, stufe a pellet, motori diesel e camini, questi singoli cambiamenti possono aiutare molto a risanare il


mento dei cambiamenti climatici e dell’inquinamento. È un progetto molto ambizioso e difficile da raggiungere entro il 2020. Firenze sta cercando di ridurre l’impatto che ha il PM10. L’inquinamento è un problema che creiamo noi e che in qualche modo dobbiamo risolvere. Lentamente stiamo distruggendo la terra per dei nostri errori che ora vanno corretti. Le cause della distruzione dell’ambiente sono molto probabilmente causate dal degrado sociale che porta ad avere un atteggiamento scorretto nei confronti della terra. Noi tutti dovremmo prendere spunto dalle campagne che sta facendo la Regione Toscana e di come stia cercando di risolvere i problemi causati da noi. L’individuo fa la differenza, ma una comunità intera la fa ancora di più. Non è vero che è troppo tardi per tornare indietro, noi possiamo fare la differenza.

nostro ambiente. Non solo, possono anche migliorare le nostre vite. Bruciando una tonnellata di potature creiamo molte più emissioni di quanto non si creda. Questo è dovuto alle piccole polveri che fuoriescono dalle potature. Possono creare molto più inquinamento di un inceneritore o di un’industria che brucia materiale equivalente. Purtroppo i falò non posso avere filtri che permettono di ridurre almeno dell'80% le emissioni. Se invece per il biossido di azoto, analizziamo le centraline dove viene calcolato il traffico, possiamo decifrare che sono le macchine a diesel quelle che inquinano di più. L’individuo è più propenso a comprare un’auto che costi meno, ma che inquini di più di una che costi di più ma inquini meno. Invece no, dobbiamo fermarci. Riflettere. Prima viene

l’ambiente che ci garantisce una vita sana, e poi vengono le preferenze. Uno dei periodi più critici per l’inquinamento di PM10 è dall’ 1 novembre al 31 marzo. Ed è proprio il momento di agire. Questa campagna viene pubblicizzata in molti modi, sui social media, poster, dépliant, video e anche lezioni didattiche. Molte delle iniziative create per combattere l’inquinamento nascono anche a Firenze. Nelle campagne fiorentine ad esempio i protagonisti sono i pioppi bianchi che sequestrano l’anidride carbonica. Poi c’è l’abete di Douglas che oramai da anni sconfigge PM10, e infine c’è il faggio, specializzato nell’assorbire l’ozono e il biossido di azoto. “Piano sulla qualità” è una delle tante campagne che nasce a Firenze. Tratta anch’essa l’argo-

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Teatro del Silenzio 2018 - “Cubic Vision” project by Gualtiero Vanelli - produced by Robot City - Italian Art Factory. Design by operaadv.com

Buon Natale 2018 Buon Natale 2018 e e

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Santa Croce sull’Arno



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storia Reality

Terra Nuova Castrum Sanctae Crucis la fondazione di Santa Croce sull'Arno

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a fondazione della Terra Nuova di Santa Croce, si lega ai rapporti che questo territorio ebbe con Lucca fino dall’alto medioevo, in quanto parte della diocesi lucchese. Secondo Giovanni Lami (letterato ed erudito nato a Santa Croce nel 1697 e morto a Firenze nel 1770), il nome non dà adito a dubbi: la sua derivazione è certamentre dovuta alla sacralità della Croce e del Volto Santo, replica di quello che si venera da secoli a Lucca. È noto da varie fonti (P. Morelli e A. Malvolti), che nei secoli precedenti e durante gli anni della fondazione del “castello”, gran parte dell’attuale territorio santacrocese era possesso dei dòmini della potente famiglia feudale dei Cadolingi, signori di Pistoia e poi di Fucecchio, che estendevano il loro potere su una porzione significativa della Toscana fin dal IX- X secolo. Tra il X e XI secolo ci fu una ripresa della crescita demografica in tutta Europa, sebbene con tempi e modalità diverse. Uno degli aspetti più evidenti è stata la rinascita di vecchie città e la creazione di Terre Nuove che fu una vera e propria "rivoluzione urbana" che ha collateralmente innescato la costruzione di cinte murarie. Nei primi anni del XIII secolo, nelle campagne si diffondeva la regola francescana e questo influì certamente sulla prima fase dell’opera di Oringa Menabuoi (la futura beata Cristiana). L’imperatore Federico II° negli anni Venti del Duecento era impegnato nel riorganizzare il Regno di Sicilia e i comuni, specie nel nostro Valdarno, schierati fra Lucca e Pisa, che lottavano per sopraffarsi a vicenda. Le lotte esplosero in modo violento alla morte dell’ imperatore avvenuta nel 1250. Una questione da porsi, e molti storici se la sono posta, è se l’origine di

questa Terra nuova murata di Santa roce, sia dovuta ad una iniziativa di popolazioni locali, oppure per precisi interventi di autorità cittadine come il Vescovo o il comune di Lucca. È mia opinione che dal XIII secolo i “conti” di Rosaiolo abbiano contribuito alla nascita e al consolidarsi del comune e del castello di Santa Croce. È noto che essi eressero una residenza nella cerchia muraria e misero a disposizione il proprio palazzo per le riunioni del consiglio del comune. Chi sa se questa residenza non sia stata proprio in un vecchio palazzo abbattuto per far posto, nell’Ottocento, all’ampliamento della piazzetta della Santa Croce e che oggi è diventata piazza Garibaldi. Un rimando a questa antica origine può essere proprio nello stemma che pende al primo piano di un palazzo sulla cantonata fra piazza Garibaldi e corso Mazzini. Nello scudo, non ci sono dubbi, è inserito un falcone, e il riferimento ovvio è che possa trattarsi di una proprietà di una famiglia montefalconese dei Rosaiolo. Per quanto riguarda la datazione della fondazione della terra murata, Giulio Ciampoltrini in La piazza del comune di Castelfranco di Sotto, Lalli Editore, 1998, ci dice l’anno e il giorno della fondazione della Terra Nuova: « ... il 14 aprile 1253, era già costituito nei suoi ordinamenti il Castrum Sanctae Crucis nel quale verranno assorbiti gradualmente i tre villaggi di Sant’Andrea, San Tommaso e San Vito. Mi sono chiesto più volte : chi fu che volle la fondazione e costruzione delle due terre murate di Santa Croce e Castelfranco? La loro fu una nascita simultanea o distanziata nel tempo? Perché Santa Croce presenta un aspetto che si sviluppa parallelamente al fiume e la strada ortogonale ricalca un decuma-

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no della centuriazione romana, mentre Caselfranco di Sotto si presentò subito come un "Castello Perfetto", una "terra nuova ideale"?» Riguardo al perché le popolazioni che vivevano sparse nelle campagne fra Arno e Gusciana, e soprattutto quelle raccolte nei villaggi di villa d’Elmo (San Vito), Vignale (San Tommaso), e Saturno (S. Andrea), decisero di raccogliersi dentro le mura del “castello” nuovo, esistono varie ipotesi. Per Giovanni Lami si trattò principalmente di un moto proprio di quelle popolazioni per fini difensivi. Secondo Paolo Morelli, « ... in seguito a eventi bellici, verosimilmente la battaglia del 1252 presso San Vito, fra pisani e lucchesi, che provocò lutti e devastazioni contro le popolazioni indifese, gli abitanti di San Vito, dei confinanti Vignale e Sant’Andrea ed anche di Mugnano e Ventignano, decisero di riunirsi in un nuovo villaggio fortificato.» Scrive Alberto Maria Onori in La Vicaria lucchese della Valdarno: «La realizzazione delle "terre nuove" di Castelfranco e di Santa Croce sull’Arno furono sin dal primo loro impianto

Valerio Vallini storico


centri incastellati che dovevano svolgere una funzione soprattutto militare. L’operazione voluta dai lucchesi […] procedette con una rapidità sconcertante. In Santa Croce confluirono gli abitanti delle cappelle di Sant’Andrea Vallis Arni, San Tommaso di Vignale e San Vito. Le prime due cappelle appartenevano anch’esse al piviere di Santa Maria a Monte, l’ultima era invece stata scorporata dalla pieve di Cappiano.» Dentro la cinta che li proteggeva (presumibilmente poco più di un terrapieno sostenuto e coronato da palificazioni in legno e munito di un fossato), i due nuovi castelli vennero suddivisi in ripartizioni interne (quattro per Castelfranco e tre per Santa Croce) che ripetevano la distinzione della popolazione secondo gli abita-

ti dai quali provenivano. L’esposizione di Alberto Malvolti recita: «Prima della fondazione del castello di Santa Croce, avvenuta poco dopo la metà del XIII secolo, la pianura tra Arno e Usciana ospitava alcune “ville” o “vici”, piccoli insediamenti rurali isolati o riuniti in modestissimi villaggi formati da poche capanne, talvolta riunite intorno a una chiesa. Contrariamente a quel che spesso si ritiene, l’ambiente doveva essere tutt’altro che scarsamente abitato: nonostante la costante minaccia delle acque, infatti, gli uomini cercavano di sfruttare le potenzialità agricole della pianura e la possibilità di utilizzare le vie d’acqua costituite dai due fiumi, l’Arno e la Gusciana, l’emissario del Padule di Fucecchio, allora assai pescoso e navigabile. [...] Sul piano ecclesiastico questo territorio dipendeva com’è noto, dalla diocesi di Lucca, città che già in precedenza aveva cercato di espandere qui anche il proprio controllo politico, scontrandosi con Pisa, che già dominava alcune terre valdarnesi. Dopo alcuni decenni di amministrazione da parte dei vicari dell’imperatore Federico II, Lucca aveva ristabilito la propria giurisdizione sul Valdarno, riaprendo le ostilità con Pisa. I combattimenti interessarono specialmente la pianura del Valdarno provocando lutti e devastazioni. La condizione di insicurezza generata da questi eventi spinse perciò gli abitanti dei villaggi sparsi a cercare di concentrarsi in insediamenti accentrati e provvisti di mura. Lucca favorì questa tendenza e anzi dovette partecipare attivamente alla costruzione dei nuovi castelli, sia per controllare meglio la popolazione, sia per tenere a bada alcune nobili famiglie locali che mal tolleravano il predominio cittadino. Nacquero così, tra il 1252 e il 1253, Castelfranco di Sotto (il castello “franco”, libero cioè da imposizioni fiscali da parte della città, proprio per favorire il popolamento del nuovo centro), e Santa Croce. […] La popolazione che si stabilì in Santa Croce proveniva specialmente dai territori di quattro “cappelle” ricordate nei nomi

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dati agli altari della nuova chiesa (oggi Collegiata): San Tommaso di Vignale, Sant’Andrea di Valdarno, San Donato a Mugnana e San Vito. I nomi delle antiche “ville” che avevano caratterizzato il territorio tra Arno e Usciana, ma che furono in gran parte abbandonati dopo la nascita dei due nuovi castelli, restarono però a lungo vivi nella toponomastica locale.» Esposte le varie posizioni, credo di essere in grado di rispondere al questito di chi volle le due terre murate. Per Santa Croce mi pare non ci siano dubbi che a riunirsi in un castello sia stata la volontà delle popolazioni per ragioni difensive. La stessa cosa penso di potere affermare per Castelfranco. E quale fu, mi chiedo, il ruolo di Lucca? Fra la posizione di Morelli e quella di Onori, è razionalmente pensabile che la città del Volto Santo abbia se non imposto, fortemente favorito la fondazione delle "terre nuove" contro le mire espansionistiche di Pisa e per tenere a bada Firenze. Inoltre la dedica del castello alla Santa Croce, simbolo di Lucca, non lascia dubbi sull’interesse della nuova città dominante a consolidare il potere sull’Arno. Allora l’imposizione del Volto santo fu in atto di imperio dei lucchesi? Questo non lo so, ma è certo che il Volto Santo mise in subordine tutta l’iconografia sacra preesistente dei vari San Vito, San Tommaso, Sant’Andrea, San Donato, Santa Maria, San Michele Arcangelo, San Iacopo e San Nicola. Mi si permetta infine una riflessione: solo la potenza di Lucca, allora alleata con Firenze in funzione antipisana, e che aveva i mezzi e la tecnologia necessaria, riuscì a favorire il nascere dei castelli di Santa Croce e Castelfranco, dotati di un discreto territorio o contado, vincendo le resistenze di Fucecchio, Santa Maria a Monte, Cigoli, Stibbio, e San Miniato. Certo è che con la rivoluzione delle Terre nuove, fu ridisegnata profondamente la geopolitica sulle due rive dell’Arno, sulle colline delle Cerbaie, e nella pianura fra Arme (l’antica Gusciana), e Arno.


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cultura Reality

per la

luoghi

cultura

Biblioteca Teatro Centro espositivo a Santa Croce sull'Arno

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anta Croce sull’Arno conta una popolazione di oltre 14 mila abitanti, tra i quali circa 3 mila sono migranti. È in questo contesto profondamente variegato e ricco di scambi tra le diverse tradizioni che si inseriscono tre realtà culturali come la Biblioteca Comunale “Adrio Puccini”, il Teatro Comunale “Giuseppe Verdi” e il Centro Espositivo e Polivalente Villa Pacchiani. Tutti e tre, ognuno in periodi diversi, sono stati fortemente voluti dalle Amministrazioni Comunali che si sono succedute negli anni, cercando sempre di mantenerne una gestione diretta e ribadendo ogni volta che la cultura, in ogni sua forma, è fondamentale per la formazione di una coscienza individuale, ma soprattutto di quella collettiva. Tra tutti, il primo in ordine cronologico ad essere costruito a Santa

Croce sull’Arno è stato il Teatro Comunale “Giuseppe Verdi”. Verso la fine dell’Ottocento, un gruppo di facoltosi santacrocesi iniziarono una raccolta fondi con lo scopo di costruire il Teatro. Volontà di quelle persone era di avere a Santa Croce sull’Arno un teatro “grandioso come il Metastasio di Prato”. Il progetto fu commissionato nel 1900 all’architetto fiorentino Majorfi e l’8 maggio 1902 fu inaugurato. Da quel momento, fino alla Seconda Guerra Mondiale vi furono organizzati con regolarità vari spettacoli e stagioni di prosa. Questa attività si interruppe poi per diversi decenni, riprendendo solo nel 1986, quando acquisito dall’Amministrazione Comunale, riaprì. Con i suoi 290 posti totali, di cui 120 in platea e 170 nel palchi, è divenuto negli ultimi anni uno dei teatri piccoli più vitali della Toscana.

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Il Teatro Comunale di Santa Croce sull’Arno è la sede di residenza dell’Associazione Giallo Mare Minimal Teatro che, in collaborazione con l’Amministrazione Comunale, organizza e promuove la stagione teatrale e si occupa della formazione degli spettatori oltre a produrre spettacoli. Ogni anno, vengono realizzate stagioni di prosa con spettacoli che riescono a richiamare spettatori non solo di Santa Croce, ma anche dei paesi limitrofi. Vengono proposti inoltre laboratori Achab di forma-


zione teatrale per bambini e adulti. Vengono realizzati anche progetti con le scuole del territorio comunale e tra tutti uno dei più longevi è senza dubbio “Il Baule dei Sogni”, giunto alla XXXIII edizione. Negli ultimi anni un altro progetto che ha riscosso grande successo è “Stasera pago io”, una serie di quattro spettacoli teatrali per bambini in cui è proprio il più piccolo a pagare simbolicamente il biglietto di ingresso al proprio accompagnatore; un’idea semplice che ha fatto avvicinare al mondo del teatro persone di tutte le età ma soprattutto bimbi. Continuando sempre secondo un’immaginaria linea cronologica, il secondo contenitore culturale di Santa Croce sull’Arno è la Biblioteca Comunale “Adrio Puccini”, che con un patrimonio di 1200 volumi aprì per la prima volta i battenti il 23 gennaio 1971. Come dichiarato dall’articolo 1 dello Statuto, fu istituita dall’Amministrazione Comunale con l’intento di “fornire alla cittadinanza uno strumento culturale che concorra a promuovere le condizioni per rendere effettivo il diritto allo studio

Palazzo Vettori: costruito nel 1867 come palazzo residenziale cittadino della marchesa Maria Vettori. Costituisce, secondo una relazione della Soprintendenza per i Beni Ambientali, Architettonici e Storici, un cospicuo esempio di architettura ottocentesca capace di caratterizzare lo spazio urbano circostante. Il balcone che guarda via Roma è stato aggiunto nei prime decenni del novecento. Fu donato alla municipalità nel 1878.

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a alla cultura”. La Biblioteca, sin dall’inizio, ha avuto come obiettivo principale quello di diffondere cultura, informazioni e offrire ai cittadini santacrocesi e non solo, uno spazio dove poter leggere, avere notizie di vita quotidiana, ma anche avere la possibilità di accedere a servizi in maniera totalmente gratuita. Ad oggi, il patrimonio disponibile è notevolmente aumentato ed ampliato, arrivando a possedere circa 55 mila documenti a cui aggiungere il potenziale che deriva dal prestito interbibliotecario, un servizio utilissimo che permette agli utenti di avere, in tempi molto rapidi, libri posseduti dalle altre biblioteche della rete ReaNet, Rete Bibliotecaria della quale Santa Croce fa parte dal 1996, ma anche delle altre Reti presenti in Toscana. Durante tutti questi anni, le attività proposte sono state molte, riuscendo ogni volta a catturare l’interesse di coloro ai quali sono state proposte. Tra le principali, possiamo ricordare i numerosi progetti di “promozione della lettura e del servizio” realizzati dalla biblioteca in collaborazione con le scuole presenti sul territorio comunale, laboratori che in alcuni casi si concludono con incontri con gli autori: “un libro sotto il banco”, “uno su cinque”, “il gioco dell’oca: scegli il tuo libro” sono solo alcuni esempi, forse i più importanti, che ogni anno vengono proposti agli insegnanti dell’Istituto Comprensivo di Santa Croce sull’Arno. Dal 1993, in biblioteca sono tenuti i corsi dell’Università dell’Età Libera che consistono in lezioni di vario genere e, tra tutti, il principale è sicuramente quello di lingua inglese, il quale offre la possibilità di partire da zero oppure approfondire conoscenze pregresse, grazie ai vari livelli che ogni anno vengono attivati. I corsi, accessibili a tutti, raccolgono ogni volta molti iscritti. L’offerta dell’Università dell’Età libera, non si


ferma al solo corso di lingua inglese, vengono infatti organizzate lezioni su argomenti diversi e che possano catturare l’interesse di tutti, quali: cinema, teatro, storia locale, storia della letteratura. Le attività della Biblioteca non si fermano, ed è quindi importante ricordare la presenza di un gruppo di lettura di adulti, creato nel 2009. I partecipanti, una volta al mese si ritrovano per scambiarsi vicendevolmente impressioni e opinioni sul libro appena letto. Da circa tre anni ne è stato creato uno anche per i più piccoli, che gli stessi partecipanti hanno voluto denominare i “Boss dei libri”e anche loro, come “colleghi” lettori più grandi, si riuniscono in biblioteca una volta al mese per discutere e parlare del libro appena ultimato. Un’altra iniziativa che contraddistingue l’attività della biblioteca, sono le Libere Dissertazioni, cicli di incontri programmati con l’intento di trattare ed approfondire con il pubblico temi importanti, per lo più di stretta attualità, solitamente alla presenza di professori universitari o autori di libri, dando la possibilità ai partecipanti di poter intervenire discutendo e mettendo a confronto le varie idee e opinioni.

Periodicamente, vengono svolti laboratori per bambini, durante i quali si trattano vari argomenti oppure, possono essere tematici in occasione delle varie festività o ricorrenze, permettendo così ai piccoli fruitori della biblioteca di trascorrere del tempo in allegria con letture animate e laboratori manuali. Nel 1991 a Santa Croce sull’Arno è nato il Centro Attività Espressive Villa Pacchiani, voluto dall’Amministrazione Comunale che acquistò la storica villa presente sulle rive dell’Arno per creare un luogo di incontro, produzione e di condivisione delle attività prodotte in ambito artistico. Il Gabinetto dei disegni e delle stampe, qui presente, ebbe origine l’anno successivo, nel 1992, grazie ad una generosa donazione di opere di Tono Zancanaro da parte degli eredi. Da quel momento la collezione è aumentata di anno in anno grazie alla presenza di numerose opere di artisti. Il Centro Espositivo, organizza circa quattro esposizioni all’anno oltre ad attività legate al mondo della grafica. Da ricordare la realizzazione di mostre di grande rilievo con artisti quali: gli italiani Ornaghi e Prestinari e Cecchini, l’egiziano Moataz Nasr, il

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cubano José Yaque ed il giamaicano di origine ma ormai newyorkese Nari Ward, la cui mostra è attualmente in esposizione a Villa Pacchiani. Questi progetti sono realizzati da sei edizioni anche grazie al bando regionale di “ToscanainContemporanea” Risale al 2001 l’istituzione del Premio Santa Croce Grafica con il duplice scopo di promuovere e far conoscere la pratica dell’incisione, oltre ad incrementare la raccolta del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe con le opere dei partecipanti e promuoverne il nome anche in ambito nazionale. Nel 2004, sempre con il medesimo intento è stato creato il Premio Santa Croce Ex Libris e Piccola Grafica. Del 2010 è infine l’intervento di ristrutturazione dei locali del piano terra di Villa Pacchiani per destinarli a Centro Polivalente, adibendolo a luogo di incontro, spazio per conferenze, laboratori oltre che per avvicinare la cittadinanza alle pratiche artistiche contemporanee. Da non dimenticare la presenza dell’ampio giardino che rende la Villa un luogo ancora più bello e maggiormente fruibile, dal momento che nel periodo estivo anch’esso diventa scenario suggestivo dei concerti musicali di “A cielo Aperto”. Tutte le attività appena elencate, sono solo una parte di quello che ogni anno viene organizzato a Santa Croce sull’Arno da un punto di vista culturale, in quanto, negli anni le varie Amministrazioni che si sono susseguite hanno sempre portato avanti idee di promozione e creazione di spazi culturali dove i cittadini sono sempre stati visti come parte integrante di un sistema in cui la cultura è considerata un patrimonio unitario in grado di rendere tali attività fruibili e visibili a tutti.


CARNEVALE santacrocese 10-17-24 FEBBRAIO recupero 3 marzo

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personaggi Reality

grande anche per "loro" personaggi da ricordare per la storia di Santa Croce sull'Arno

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uanto leggerete nelle righe che seguono non ha certo i caratteri dell’organicità né ha la presunzione della trattazione completa dell’argomento. È la risposta che non si può negare ad una chiamata improvvisa di una grande amica. È solo un modesto omaggio dovuto ad una bella REALITY. Non ha certo pretese storiche né storiografiche ma vuole solo ricordare alcuni personaggi santacrocesi del passato prossimo e di quello remoto; personaggi che possono anche sorprendere, ma che sono tutti portatori di umanità, cultura e civiltà intense e che meritano momenti di memoria collettiva per i loro meriti e per l’onore che hanno reso alla nostra comunità. Questa breve esposizione non avrà un ordine particolare, né cronologico né di merito, né per materia. È una estrazione precipitosa, parziale ed alla rinfusa dalla soffitta polverosa e socchiusa della mia esperienza di vita professionale e civile. In una prossima occasione questa rassegna potrà essere integrata. E quindi ecco questi “LORO”. Ugo Garzelli (1914-1991) Collaboratore della rivista letteraria ”Erba d’Arno” e del Circolo del Pestival. Ha pubblicato diversi romanzi. Animatore della vita culturale e politica santacrocese. Più volte ricoprì la carica di Assessore comunale. Emilio Pallesi (1884-1966) detto “Il Beini”. Poeta contadino e operaio in ottava rima. Uno dei più grandi nel suo genere. Cantando l’umanità in rima ha comunicato per tanti anni di casa in casa notizie, storie e la storia quando il sistema di comunicazione era soprattutto quello orale. Antonio Brunelli (1577-1630) Musicista e compositore pregevole e prolifico, autore di due trattati teorici, la sua

vasta produzione è raccolta in una importante opera omnia. Organista del Duomo di San Miniato, Prato e della Chiesa dei Cavalieri di Pisa. Ospite della corte medicea. Braccio Bracci (1830-1909) Poeta, avvocato, direttore del giornale di Livorno Il Telegrafo (oggi Il Tirreno). Vivaci furono le sue polemiche letterarie con Giosuè Carducci. Michelangelo Maiorfi (1823-1906) Architetto. Realizzò il complesso della Borsa di Firenze. Fu Architetto del Comune di Fiesole per trent’anni e dell’Opera di Santa Croce. Progettò il nostro splendido teatro Verdi. Recuperò il Cimitero della Misericordia di Firenze e realizzò quello di Soffiano. Luigi Sacconi (1911-1992) Chimico, ricercatore, professore presso diverse Università italiane, socio dell’Accademia dei Lincei, uomo politico. Nel 1977 gli fu conferito il Premio per la Chimica della Presidenza della Repubblica Italiana. Autore di innumerevoli pubblicazioni scientifiche. Fondatore, con i suoi allievi, di una fra le più importanti scuole di chimica. Coriolano Mandoli (1949-2009) Tra i fondatori del Grandevetro, rivista di politica, cultura e immagini. Ha pubblicato due saggi. Mario Menichetti (1905-1992) Poeta

di umile provenienza, pubblicò ben quattro volumi di poesie con illustrazioni grafiche di autori vari per Gabrieli Editore in Roma nella collana Poeti d’oggi. Uno di questi è totalmente dedicato ai Paesi del Valdarno. Vincenzo Di Banduccio Duranti (14901548) Appena diciassettenne fu nominato Priore. Il Papa Clemente VII lo inviò a capo di un corpo di fanti a proteggere la famiglia dei Medici. Nel 1529 fu nominato Vescovo di Orvieto nel cui splendido Duomo è sepolto. Tenne stretti rapporti con Santa Croce e ne fece costruire l’Insigne Propositura Collegiata con ingenti finanziamenti. Domenico Pipparelli (1808-1841) Esperto e docente in agricoltura. Fu nominato membro dell’Accademia dei Georgofili per le sue invenzioni di strumenti agricoli innovativi. Argante Salucci (1868-1896) Anarchico, inviato al confino a San Nicola delle Tremiti. In seguito alle repressioni dei moti anarchici fu ucciso il 1° marzo durante una rivolta che i detenuti avevano organizzato contro le durissime condizioni imposte loro. Ario Francioni (1907-1993) Scrittore. Pubblicò per Vallerini Editore in Pisa Il volume “Poesie e racconti” con disegni del coetaneo e concittadino Vinicio Becchetti (1907-1996).

Osvaldo Ciaponi cultore di storia locale

disegni di Vinicio Becchetti per il libro di Ario Francioni

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storie

e

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ceramista martellatore

così nacque un amore molesto Romano Masoni pittore

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l 17 maggio della primavera del 2016, Vinicio Zapparoli, scultore e ceramista, commemorava con un cippo in terracotta invetriata a terzo fuoco, sotto il platano secolare di Lungarno a Santacroce, Giuliano Gozzini detto il Nanino. Vinicio lo ha fatto alla sua maniera, consacrando con la terra e con il fuoco le gesta di questo insolito e straordinario compagno di viaggio che conosceva gli spiriti dell'Arno, danzava con i pesci e le nutrie e sapeva ascoltare i compagni saltatori che gemevano e gemevano da chissà quante generazioni. Per cominciare Vinicio ha cercato un sudario o un luogo che lo ricordasse e lo ha trovato nelle acque dell'Arno, il luogo magico da cui provengono i lamenti degli affogati. Poi ci ha piazzato a pelo d'acqua il barchino di Giuliano e come se fosse legno spezzato sradicato dal vento lo ha fatto affondare nelle acque torbe del fiume, accompagnato dall'amico fedele, il cane più grosso del mondo. Col fuoco Vinicio ha segnato la fine di un'epoca. L'epoca del fiume. Ne ha raccolto insieme a Giuliano i lamenti per meglio custodire la memoria delle nostre radici. Poi però ha fatto un sogno dove, come ci dice Flavio Caroli nella sua "Metafisica del Naufragio", sono i relitti a resistere. Relitti di pensiero e di bellezza trascinati dalle burrasche verso derive del mondo, relitti capaci ancora di conservare il crepitio lontano dei pescatori e il loro canto, insieme alle anfore, al miele e all'ambrosia degli dei. Al risveglio, addio poesia. Quello era un sogno premonitore.

Sotto il platano secolare, in lungarno a Santacroce, qualcuno davanti all'opera di Zapparoli è rimasto turbato, ammaliato? offeso? (non so) tanto che insieme alla collera gli è salita una sana energia purificatrice che lo ha spinto a spezzare a colpi di martello il Barchino, il cane, date e nome di Giuliano. Che dire e perché? Sono queste storie antiche che si ripetono ogni qualvolta forma e pensiero vengono offerti nella loro completa nudità. A me capitò anni fa che un mio muro dipinto, diventasse diario di bordo, ricettacolo di messaggi amorosi (W la fica di Susanna, il più gettonato), per numeri telefonici, graffiti porno, indirizzi e appuntamenti. Alla fine per completare l'opera un imbianchino improvvisato pensò bene di passare su tutta la parete dipinta una bella mano di vernice di un bel grigino che non vi dico. Altre storie avrei da raccontare, tut-

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te esemplari per le ferite da mostrare ma mi fermo qui. A Vinicio non rimane che ringraziare lo sconosciuto autore di quel bel gesto per la sua sensibilità e la sua sana voglia di ordine e di pulizia. Basta però ricordargli che lui, senza saperlo, è un ladro di sogni e che non si preoccupi troppo perché l'arte, vivaddio, si porta dentro risorse a lui sconosciute e anticorpi sufficienti a scampare alla volgarità e alla mediocrità di questo nostro tempo. Ma ora la voglio dire tutta, sarà che ho attraversato indenne anni appassionati, febbrili, ingenui e generosi, ma fra il professore che entra e si fa largo nel casino del mio studio fra terre, quadri e pigmenti colorari e mi saluta e inciampa e mi abbraccia e non guarda, non domanda, non chiede niente e poi se ne va intonso come un cartiglio antico, fra lui e il martellatore che martella io non ho dubbi. O forse sì.


il distretto che ha anticipato l’economia circolare

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e rotte internazionali del fashion? Partono (anche) da lì: quel cuore fertile della Toscana dove l’antico mestiere della concia ha saputo rinnovarsi e crescere, fino a diventare un sofisticato mix tra artigianalità e modernità, e incredibile modello di quell’ economia circolare oggi così apprezzata dal mercato e richiesta dai grandi brand della moda. Siamo nel distretto conciario di Santa Croce sull’Arno, 6 Comuni tra le province di Pisa e Firenze per un raggio di circa 10 km e 90000 abitanti, tra Santa Croce sull’Arno, Castelfranco di Sotto, Fucecchio, Santa Maria a Monte, San Miniato e Montopoli Valdarno. Tra i maggiori distretti conciari d’Europa, e certo il più evoluto sotto il

profilo della compatibilità ambientale, vero tratto distintivo che rende oggi il distretto di Santa Croce sull’Arno modello mondiale per il settore, con le sue 300 concerie e 300 lavorazioni conto terzi, per circa 6000 impiegati nel settore. «Qui abbiamo ricevuto la prima visita nella storia, in Italia, di un Primo ministro cinese, Wen Jabao nel 2004, venuto per capire come si potesse coniugare un’impresa così strutturata come quella conciaria con un contesto ambientale e artistico come quello della Toscana»: a parlare è Piero Maccanti, direttore Associazione Conciatori, 150 aziende associate per gestire al meglio le strategie e gli impianti del distretto di Santa Croce

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nevralgici per il comparto, come il POTECO (Polo Tecnologico Conciario finalizzato a ricerca e formazione), o il depuratore Aquarno, fulcro di un sistema che con gli impianti Ecoespanso e Consorzio Recupero Cromo non solo depura le acque reflue industriali ma recupera i materiali residui della depurazione, in sintonia con gli ulteriori processi industriali, strategici nel distretto, che provvedono al riuso di scarti e sottoprodotti della lavorazione. Entrato in funzione nel 1974, con cinque anni di anticipo sulla normativa ambientale nazionale, e con una capacità di trattamento che supera i 2 milioni di abitanti equivalenti, l’Aquarno è ora fulcro dell’Accordo di

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economia Reality


Programma, megaprogetto che sta riorganizzando la depurazione di ben 42 Comuni tra Valdinievole, Valdelsa e Valdera, per lavori che «porteranno oltre al riassetto degli impianti, il riuso dei reflui domestici, minimizzando l’impatto industriale e in una progressiva riduzione dell’estrazione dell’acqua da falda» dice Nicola Andreanini, direttore del depuratore Aquarno. Dal rispetto dei parametri richiesti dal mercato all’attuazione delle politiche UE dell’ EMAS per valorizzare l’impegno per l’ecosostenibilità, dalla capacità di rinnovarsi al coinvolgimento delle nuove generazioni di imprenditori, con un Gruppo Giovani Conciatori particolarmente attivo e nelle dinamiche del settore, il distretto di Santa Croce sull’Arno guarda al futuro innovando e rinnovandosi. La storia del Distretto. Dall’Associazione Conciatori agli impianti industriali AQUARNO E SISTEMA DI DEPURAZIONE Con una capacità di trattamento superiore ai 2 milioni di abitanti equivalenti, entrato in funzione nel 1974, con ben 5 anni di anticipo rispetto alla prima normativa ambientale nazionale, il depuratore Aquarno è il motore possente del sistema di depurazione del Distretto. Tra i migliori impianti d’Europa, Aquarno è parte di un sistema industriale che oltre a trattare le acque recupera e riusa i materiali risultanti dai processi di depurazione. Nel Distretto, infatti, la grande quantità di acqua utilizzata nella concia che esce dal processo industriale viene trattata per essere reimmessa pulita nei corpi idrici ricettori e, in questo processo, i fanghi recuperati vengono destinati all’apposito impianto di trattamento termico “Ecoespanso” che li trasforma in materiale inerte, utilizzato nei cementifici e nella bitumazione delle strade. Tutte le concerie del Distretto, qualunque sia la loro dimensione e la loro capacità produttiva, sono collegate obbliga-

toriamente all’impianto di depurazione, il cui scarico finale è monitorato dagli organi pubblici preposti ad attività di controllo. I bagni di cromo utilizzati nei processi di concia non vengono scaricati nella fognatura: l’impianto consortile “Consorzio Recupero Cromo” recupera il cromo dai bagni e lo restituisce alle aziende che poi lo riutilizzano. I residui e gli scarti della lavorazione conciaria( carniccio, spaccature e rasature) vengono trattati all’interno della società consortile “SGS”, trasformati e destinati ad altri usi, industriali e scientifici. Recupero, trasformazione, valorizzazione e riuso di acque e di materiali di scarto concorrono a realizzare nel Distretto un reale modello di economia circolare. Ecoespanso L’eccellenza tecnologica e ambientale del distretto conciario di Santa Croce sull’Arno passa anche per il sistema di ingegneria idraulicomeccanica di Ecoespanso, l’impianto di trattamento di fanghi della depurazione conciaria che rende unico al mondo il distretto toscano. Nato nel 2001 per incrementare le performance depurative complessive e la compatibilità della locale industria conciaria con l’eco-sistema, l’impianto di Ecoespanso è dedicato al trat-

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tamento dell’intera quantità di fanghi prodotti dal Consorzio Aquarno, che ne cura la gestione, con un potenzialità di circa 70.000 tonnellate annue di fanghi disidratati, corrispondente a un flusso complessivo in ingresso di oltre 500.000 m³ di fango. Nel comparto conciario non esistono altri esempi di impianti destinati ad analoghe finalità. «Grazie ad Ecoespanso - dice il direttore Aquarno Nicola Andreanini - riusciamo a valorizzare al meglio tutti gli sforzi e le energie profuse nella minimizzazione degli impatti ambientali con la sostanziale eliminazione dello smaltimento a discarica come destinazione del flusso dei fanghi prodotti dal depuratore». RICERCA POTECO Ricerca, trasferimento tecnologico e formazione per la filiera-pelle: sono le aree in cui opera il POTECO, Polo Tecnologico Conciario, supporto scientifico fondamentale per la crescita dell’intero Distretto di Santa Croce sull’Arno e delle sue aziende. Il POTECO è costantemente impegnato in progetti di ricerca e in attività di studio per valorizzare nuove soluzioni di processo e di prodotto in una sperimentazione continua che consente al Distretto di essere al passo o addirittura anticipare le tendenze del mercato, sotto il profilo della qualità e del contenuto-moda. Il Polo Tecnologico Conciario promuove molteplici attività che puntano a formare e aggiornare le diverse professionalità impiegate nella filiera della pelle e provvede alla specializzazione del personale tecnico attraverso un’offerta diversificata, nei settori conciario e calzaturiero, chimico, ingegneristico e fashion-moda. All’interno del


POTECO sono stati ricreati, a fini di sperimentazione e formazione, una conceria ed un calzaturificio. ASSOCIAZIONE CONCIATORI Circa 150 aziende associate dislocate nell’intero distretto, attiva dal 1976, l’Associazione Conciatori, che ha sede a Santa Croce sull’Arno, svolge un ruolo di dialogo, rappresentanza e individuazione delle politiche delle sue aziende associate, centrale nelle dinamiche del distretto conciario toscano e per l’intero comparto della filiera-pelle. DISTRETTO SANTA CROCE. IL PROGETO DI COMUNICAZIONE by Assoconciatori “Distretto Santa Croce” (www.distrettosantacroce.it) è il nuovo format di comunicazione promosso dall’Associazione Conciatori. Dall’apposito sito internet passando per i canali social fino alle attività volte a raccontare il patrimonio di risorse connesso all’industria conciaria toscana, il format vuole rendere sempre più “popolare” tutto quanto è la concia toscana. Tra antico e moderno, dall’industria più piccola a quella più strutturata, dal lavoratore più anziano ai giovani imprenditori conciari, passando per ricerca, formazione ed economia circolare: Distretto Santa Croce spiega il talento dei conciatori toscani in un racconto tra tradizione e innovazione, che sa valorizzare anche attraverso i nuovi strumenti 4.0 l’emozionante storia del distretto conciario di Santa Croce sull’Arno.

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industria

Endro Lupi Margherita Casazza

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a conceria ha origini molto antiche. A Santa Croce sull’Arno nel tempo si sono sviluppate tante attività industriali legate alla pelle. Sono tante le concerie che aperte fin dai primi del Novecento, nel corso del secolo sono passate ad altre proprietà da quelle dei fondatori. Solo alcune sono giunte fino ai nostri giorni, tramandate da padre in figlio. Con l’occasione del “focus” su Santa Croce realizzato per questo numero speciale di Reality, vogliamo cominciare a raccontare alcune vicende di imprenditori conciari che hanno scritto la storia dell’industria nel Comprensorio. Ed ecco un breve profilo biografico e imprenditoriale di Endro Lupi, che è stato una figura centrale nell’industria e nella società civile di Santa Croce sull’Arno. Endro Lupi nasce a Santa Croce nel 1934. Fin dall’età di dodici anni comincia a lavorare nella conceria del padre Luigi,

che aveva avviato l’attività nel 1938 mettendo sotto casa alcuni bottali per la concia delle pelli. Pensate: l’abitazione e la conceria si trovavano proprio vicino al Municipio. Quella zona veniva chiamata “L’arco di Vienna”, come ancora oggi è ricordata. Quando scoppiò la guerra, il padre fu costretto a partire per il fronte e il ragazzo dovette portare avanti l’attività conciaria e assumersi l’onere del capofamiglia, fino al suo ritorno a fine conflitto. Negli anni Cinquanta nasce la conceria Lupi, concia al cuoio da suola in vasca. Comincia anche un’attività di tranceria per la produzione di suole in cuoio. Endro a 27 anni costituisce la Conceria BCM per la produzione inizialmente di fianchi al cromo, quindi di vitelli al cromo. In quel periodo instaura anche diverse collaborazioni con altre concerie e lavorazioni conto terzi, formando un Gruppo. Nel 1975 dà vita alla conceria SECI per la produzione di fianchi e spalle al vegetale per calzatura e pelletteria, che si trasformerà nell’anno 1992 in Seci-Lupi. Nel 1976 la ditta BCM si trasformerà in BCN spa, l’attuale conceria che produce vitelli al cromo per pelletteria, calzatura e abbigliamento. I suoi figli, entrambi laureati, entreran-

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no nell’azienda nel 1989 Renzo, nel 1991 Roberto, coadiuvandolo nella gestione. Oggi sono loro che portano avanti l’attività del nonno e del padre raggiungendo oggi il traguardo degli ottanta anni di attività. Mi piace ricordare le parole di Lupi durante i festeggiamenti dei 60 anni di attività: “I giovani sono alla ricerca di lavoro e la conceria dà lavoro e soddisfazioni”. Ma al di là della sua esemplare figura di imprenditore conciario, Endro Lupi è stato una persona che ha amato il suo paese. Dal 1975 al 1980 è stato presidente della squadra di calcio di Santa Croce sull’Arno, La Cuoiopelli, e un sostenitore della squadra di pallavolo I Lupi. In sua memoria si svolge ogni anno un torneo di calcio allievi Juniores tra le quali ha partecipato anche la sua amata Juventus. La sua disponibilità, oltre che allo sport, era rivolta a tante altre attività del paese. Per la sua attività industriale Endro Lupi riceve tanti riconoscimenti, tra i quali una targa dall’UNIC nel 1998 per il suo innovativo lavoro conciario. Il 27 dicembre 1969 la Presidenza della Repubblica lo nominerà Cavaliere del Lavoro, la massima onorificenza riservata ai grandi imprenditori. Il 24 ottobre del 2002 muore all’età di 68 anni.


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tradizioni Reality

L'AMARETTO SANTACROCESE A

Santa Croce Sull'Arno esiste una storia dai più non conosciuta, poiché spesso nel visitare un luogo ci lasciamo guidare “dal sentito dire” e ci precludiamo aspetti che potrebbero invece essere molto piacevoli, come l'amaretto Santacrocese, che nasce all'interno del Monastero di santa Cristiana. Era un alimento utilissimo per i pellegrini perché molto energetico e non si deteriorava, quindi utilizzabile durante i lunghi viaggi perché poteva essere ammorbidito da bevande di ogni tipo. Si tratta di un biscotto realizzato con mandorle tritate, zucchero, uova e scorza di limone, dal gusto unico e molto apprezzato soprattutto appena fatto. Da circa 25 anni la città ha istituito, anche grazie alla

Pro Loco, una festa dedicata all'amaretto con l'assegnazione di un premio, “l'amaretto d'oro”, per i produttori dell'amaretto più buono prescelto da una giuria. Ciascun amarettaio ha la propria ricetta. C’è chi aggiunge scorza di arancia e chi alle mandorle pelate ne unisce alcune con la buccia, chi monta le chiare a neve e chi usa solo i tuorli, chi fa coni (la forma tipica) più o meno pronunciati e chi dà una botta di calore per colorare un po’ di più la superficie. Insomma, non ne esiste uno uguale all’altro e i suoi cultori prediligono una mano all’altra seguendo il gusto personale. Ma ogni anno una giuria elegge il più buono, e il vincitore conserverà nel proprio negozio l’ambito trofeo realizzato dall’Oreficeria Baroni. Durante questa festa il protagonista è ovviamente il dolcetto santacrocese, che può essere assaggiato e acquistato nei vari stand degli amarettai, che a volte propongono anche delle varianti nella ricetta. A rendere ancora più particolare questo evento è la data in cui esso viene realizzato, l'8 dicembre di ogni anno. Presente e passato si fondono insieme: fu proprio l'8 dicembre che Cristiana, in pellegrinaggio ad Assisi, sette secoli prima di Lourdes e Fatima, ebbe la visione della Vergine Maria. Tutta la storia di questo dolcetto ruota infatti attorno al Monastero di Santa Cristiana, dove nasce la stessa ricetta. Luogo sacro a cui i Santacrocesi sono particolarmente devoti. Era usanza, per le suore di clausura locali, di donare ai benefattori del luogo il dolcetto a base di mandorle, uova e zucchero. La ricetta viene fatta risalire alla fine dell’Ottocento, anche se la leggen-

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da la vuole antecedente, data l’antichità del monastero le cui fondamenta furono gettate addirittura nel 1286, quando Oringa Cristiana Menabuoi fondò una piccola casa religiosa basata su regole agostiniane. Negli anni Cinquanta poi, la ricetta dell’Amaretto che era rimasta segretissima fino ad allora, venne regalata dalle suore alle proprietarie di un piccolo bar che si trovava di fronte a loro. Le due donne, fervide religiose, facevano da ponte fra la clausura e il mondo esterno, assolvendo anche ad importanti incombenze per la comunità. Fu quindi un segno di ringraziamento, come è sempre stata la missione di questo biscottino povero ma gustoso, per molti anni simbolo appunto di devozione e di gratitudine espresse nel periodo natalizio. Questo piccolo biscotto per i santacrocesi rappresenta un simbolo identitario importante perché ricorda una storia di cui tanti non parlano più.

Ada Neri


L’attore

Degustazioni Shopping Natalizio Brunch a tema

Lo chef

Stefano Pinciaroli

Show-cooking Aperitivo con DJ set

da "La Prova del Cuoco"


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L’orgoglio di essere veri artigiani Potremmo riassumere così, con questa frase simbolica, l’azienda Mimar sas. Un’azienda nata nel 1976 e che nel corso degli anni ha saputo modernizzarsi, senza però, mai perdere di vista quello che è il proprio carattere fondamentale: un artigiano di elevatissima qualità. Sorta inizialmente come puro mazzettificio, con la produzione esclusiva di “mazzette” - ovvero quelle che sono state le prime forme di promozione pubblicitaria delle pelli lavorate - l’azienda ha poi saputo allargare e raffinare la propria produzione, aggiungendo ai propri lavori il taglio e la timbratura dei manufatti in pellame, oltre alle quali viene raggiunto un livello davvero eccellente nella presentazione di colori e stile delle aziende clienti. Mimar sas come la conosciamo oggi, nella sua raffinata e più variegata produzione, è attiva sul mercato da oltre trent’anni e, proprio in un momento di crisi economica, la via per rimanere sul mercato era una sola: offrire un artigianato di indubbia qualità. Le tecnologie e la ricerca, in questo settore, non possono sostituire una manualità d’autore; la manodopera della Mimar sas si offre, così, di rendere visibili le innovazioni e le ricerche dei clienti. Grazie anche alla collaborazione con aziende grafiche e uffici stile, la Mimar sas è in grado di fornire ai propri clienti un ottimo servizio di sviluppo dell’immagine dei loro campionari, con una vastissima scelta di materiali e forme. I servizi offerti dall’azienda sono sempre più ad hoc, venendo incontro a tutte le esigenze del cliente: pur mantenendo, quindi, un profondo orgoglio di essere nati come un puro mazzettificio e portando avanti, ancora, il vero artigianato, la Mimar sas è diventata anche "un'Azienda di servizi alle imprese", proprio per il fatto che la comunicazione, la promozione e qualsiasi forma di pubblicità dei prodotti di un’azienda, devono essere assecondati e organizzati dalla stessa Mimar sas.

Soluzioni alle vostre esigenze: Produzione di campionari e lavorazioni artigianali Taglio e timbratura di pellame e manufatti in pelle Cartelle colori per stoffe e materiali in genere Progettazione e sviluppo di loghi con collaborazioni di ottimo livello tecnico Progettazione e realizzazione di cartelle colori per ogni esigenza Tranceria di piccola pelletteria

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teatro Reality

T E AT R O T E AT R O T E AT R O T E AT R O T E AT R O T E AT R O T E AT R O T E AT R O T E AT R O T E AT R O T E AT R O T E AT R O

VERDI VERDI VERDI VERDI VERDI VERDI VERDI VERDI VERDI VERDI VERDI VERDI

spazio pilota del Sistema Regionale Residenze Artistiche

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l Teatro Comunale Verdi anche nella manovra 18/19 si conferma un laboratorio creativo per gli spettatori di tutte le età. Un cartellone fatto di differenti programmazioni ed attività che intende consolidare l’identità del Verdi come un Teatro di area, un laboratorio artistico e culturale, capace di dialogare con cittadini di tutte le età. Ci piace ricordare che anche nella passata stagione il Teatro ha contato su oltre 10.000 spettatori ai quali vanno sommate le significative presenze alle varie attività formative e promozionali promosse dal Verdi. Risultato reso possibile sia da un’offerta qualificata ed articolata che da una conseguente domanda vasta e differenziata che confermano il Verdi come uno dei piccoli Teatri più vitali del pur ricco panorama teatrale regionale. Una dinamicità del nostro Teatro sottolineata anche in termini di politica culturale visto che la sua compagnia residente, Giallo Mare Minimal Teatro, è l'impresa culturale che la Regione Toscana ha indicato come soggetto di coordinamento dell’intero Sistema delle Residenze Artistiche della Toscana. Si tratta di una rete teatrale regionale innovativa per la sua fisionomia artistico e gestionale, agito da imprese legate al sistema produttivo del teatro e della danza titolari di convenzioni pluriennali stipulate con i Comuni e la Regione. Atti istituzionali e d'indirizzo progettuali condivisi da enti e operatori utili a radicare nei territori della Toscana, tramite la gestione e l'operatività sviluppata nei teatri gestiti come fulcro della progettualità residenziale, presidi artistici e culturali, intesi come laboratori quotidiani d'interazione creativa fra artisti e comunità di cittadini di ogni età. La Regione Toscana tramite bando ha individuato per il triennio 2016/18, 23

residenze artistiche a titolarità singola o multipla, animate da 33 imprese teatrali che agiscono quotidianamente in 57 spazi teatrali in convenzione con 43 comuni. Residenze, in questo triennio presenti in otto province toscane, operative sia in città capoluogo che in comuni medi e piccoli. Esperienze gestionali ed artistiche che per vocazione ed indirizzo istituzionale vengono chiamate a svolgere in un'unica azione progettuale differenti profili operativi, in qualità di: Produttori creatori di opere proprie e/o facilitatori e curatori di percorsi di residenza temporanea legata ad artisti ospiti, con particolare attenzione agli artisti giovani ed emergenti Gestori di spazi teatrali legati a strategie di programmazione che favoriscano il ricambio generazionale della platea e della scena Formatori e Promotori delle culture teatrali verso i cittadini, i pubblici di ogni generazione e centri di formazione professionale dei mestieri della

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scena e della cultura. Progettisti chiamati ad “agire” i territori come scena diffusa, sapendo creare una relazione attiva con il patrimonio paesaggistico, d’arte e quello materiale. Un identikit operativo complesso necessario per attuare progetti capaci di stabilire un concreto rapporto interattivo tra gli artisti residenti, gli artisti ospiti ed il territorio di riferimento. Una relazione tesa a valorizzare il luoghi di spettacolo quali spazi aperti alla comunità locale, luoghi di produzione e aggregazione culturale che alimentano un nuovo pubblico, creano comunità di spettatori consapevoli di ogni generazione. Questa azione coinvolge 41 Comuni ed una collaborazione stabile con altri 49 comuni toscani, fra i quali 6 sono capoluogo di provincia. Le residenze artistiche della Toscana dirigono in totale 73 spazi teatrali della Regione, li abitano quotidianamente in termini gestionali, produttivi e, più vastamente, progettuali.

Renzo Boldrini regista e attore direttore del Teatro Verdi


20° Reality

MUSICA

la

musica universo parallelo

Arduino Gottardo musicista e poeta visivo

R

accontare le vicende musicali, gli artisti, i personaggi, le occasioni o gli eventi che hanno caratterizzato gli ultimi 20 anni delle cronache toscane, significa addentrarsi in un labirinto culturale ricco e ammaliatore, permeato di fermenti e di stimoli. Le più che numerose associazioni e i Teatri di tradizione hanno portato al pubblico toscano, sui loro palcoscenici, un’offerta culturale ampia ed eterogenea che spaziava attraverso i generi e attraverso i secoli, passando tranquillamente dalla musi-

ca antica alla contemporanea, fino alla sperimentazione elettronica, senza dimenticare le musiche della tradizione popolare o il jazz. Reality sino dai primi numeri della rivista, che prevalentemente si occupavano dei problemi inerenti l’economia e la gestione produttiva della cosiddetta “zona del cuoio”, ha avuto subito da parte dei suoi redattori un’attenzione particolare agli eventi musicali che si producevano in Toscana; già sul numero 3 appare una citazione riguardo un esecuzione di musiche di J.

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S. Bach ascoltate durante un viaggio nell’alta Garfagnana da parte della redattrice Carla Cai, mentre sul numero 5, a cura di Carla Cavicchini, nella recensione di una mostra sui costumi di scena di Franco Zeffirelli, che si inaugurava a Firenze in quei giorni, una buona parte dell’articolo era dedicata ai rapporti del regista con l’opera lirica ripercorrendo, tra aneddoti, memorie e citazioni, incontri con cantanti lirici, attori, direttori d’orchestra e protagonisti di avvenimenti musicali del tempo che avevano caratterizzato l’opera artistica del regista e quest’epoca teatrale particolarmente feconda. Venendo a tempi più recenti, partendo dall’impaginazione del sommario, la rivista ha assunto con questa nuova veste grafica una sua identità culturale che spazia a tutto tondo nel campo artistico, dalle arti applicate alla grafica, dalla scultura alla pittura, dal teatro all’opera, dalla contemporaneità al passato, senza ovviamente dimenticare le radici da cui aveva avuto origine e quindi valorizzando spesso figure di imprenditori del cuoio che avevano innovato attraverso gli anni i loro prodotti, fino ai giorni nostri, dando un nuovo impulso all’imprenditoria locale che ormai superava anche i limiti nazionali per proiettarsi professionalmente ai livelli massimi nel mercato globale. Questa nuova immagine della rivista, oltre che offrire “giornalisticamente” informazioni sulle novità culturali della Toscana in genere, ha proposto anche un modello di rivisitazione critica e storica di moltissimi artisti che operavano nel settore pittorico o delle arti plastiche, di letteratura e di poesia in particolare, nonché delle arti musicali senza preclusione di “generi”, passando veramente in rassegna


tutto ciò che di interessante, di nuovo nell’ambito della ricerca musicale, si è prodotto in questi ultimi anni tra la fine del millennio precedente e l’inizio degli anni 2000. Tra le associazioni musicali che si sono prevalentemente distinte in questa opera di valorizzazione della ricerca musicale, senza dimenticare il passato, va inserita la Cluster – compositori interpreti del presente – fondata 10 anni or sono a Lucca, che si è occupata di promuovere il lavoro creativo di moltissimi giovani autori sia in Italia che nel mondo, favorendo così una crescita culturale e lo scambio generazionale e musicale tra moltissime realtà operative: per dovere di cronaca è importante citare gli scambi con quasi tutti i paesi europei, Russia compresa, e con realtà culturali extraeuropee come Giappone, Corea, Cina, Stati Uniti d’America, Messico, Uruguay, Paraguay, ecc. Molti giovani autori lucchesi e toscani hanno avuto così la possibilità di confrontarsi e scambiare le proprie conoscenze attraverso la valorizzazione delle proprie opere, frequentando palcoscenici e pubblici stranieri. Ma non solo perchè molti giovani interpreti e compositori stranieri hanno avuto la possibilità di essere presenti nella regione, e a Lucca in particolare, per presentare la loro opera: cito solo alcuni dei nomi di artisti emergenti o già in carriera che hanno calcato i palcoscenici toscani ultimamente, come Eunmi Ko, una pianista coreana pluripremiata negli USA, con una carriera che l’ha vista presente nei maggiori teatri del continente americano, oltre che in Spagna e in Asia. David Whitwell trombonista americano eclettico e prorompente, veramente funambolico nei suoi assoli strumentali e nella capacità di espressione e musicalità. Thorwald Jorgensen, un thereminista olandese famoso sia in Europa, che in Asia oltre che negli USA, uno dei pochi specialisti al mon-

do di questo strumento affascinante, nato dalla genialità dell’ingegnere e fisico russo L.S.Theremin; Joseph Vella uno dei più importanti compositori

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maltesi; altri importanti compositori inglesi, polacchi e americani come Alistair Greig, Mark Wulf, James Ogburn, Richard Pressley, Andrzej Karalow E sarebbe un elenco troppo lungo continuare la citazione dei nomi di musicisti, compositori ed orchestre che hanno collaborato con la Cluster. Come sarebbe lungo citare tutti i musicisti lucchesi che si sono distinti con le loro opere, in questi anni nel mondo, ma uno tra tutti va segnalato: Girolamo Deraco, compositore che si è affermato in Sud America e in Europa con le sue composizioni, anche attraverso questa associazione. Si può ben dire che in questi 10 anni Lucca è diventata un fulcro di scambi culturali musicali che hanno abbracciato il mondo intero, rimandando all’estero un’immagine della cultura musicale italiana forte e sfaccettata, sia per la qualità della ricerca che per la bontà dei risultati ottenuti dai compositori italiani.


20° Reality

economia

il

colore del tempo colore dell’arte

il Consorzio Vera Pelle Italiana Conciata al Vegetale torna a Tokyo Alessandro Bruschi

I

l 15 novembre scorso il Consorzio Vera Pelle Italiana Conciata al Vegetale ha organizzato all’Istituto Italiano di Cultura a Tokyo l’evento Il colore del tempo, il colore dell’arte. Un appuntamento annuale del Consorzio che offre agli operatori giapponesi una giornata interamente dedicata alla pelle al vegetale, quest’anno si è focalizzato su una delle sue più distintive caratteristiche: il lento e naturale cambiamento cromatico. Nell’Auditorium dell’Istituto Italiano di Cultura a Tokyo, hanno partecipato al seminario informativo oltre 300 operatori del settore, mostrando un notevole interesse per gli interventi che hanno caratterizzato la conferenza di approfondimento sulle temati-

che legate alla pelle conciata al vegetale. Il primo a prendere la parola è stato Paolo Quagli, Consigliere di Amministrazione, che ha raccontato le attività del Consorzio e la sua nuova sede, casaconcia, oltre a presentare le ultime novità riguardanti il, ovvero lo strumento che certifica la qualità, l’origine e la tradizione del pellame realizzato dalle 22 concerie associate. Il Cartellino infatti, in occasione dei 25 anni di attività del Consorzio, ha subìto un restyling ed è stato arricchito con nuovi contenuti multimediali assumendo una veste più contemporanea che è stata immediatamente apprezzata dalla clientela. Ad entrare nello specifico dell’argomento del seminario è stato il dottor Gustavo Adriàn Defeo, esperto di

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chimica analitica e di fisica del colore, partendo da una narrazione storica della concia al vegetale, passando per una descrizione chimica delle proprietà e dei pregi della concia al vegetale, giungendo infine all’analisi dello studio condotto dal Laboratorio Ars Tinctoria di Santa Croce sull’Arno riguardo l’evoluzione del colore della pelle al vegetale nel tempo. Uno studio che ha dimostrato che, in maniera lenta e inevitabile, il colore muta e acquisisce toni sempre più caldi anche nei colori freddi e si intensifica per molti anni, fintanto che il carattere dominante del tannino presente nella concia riprende il sopravvento e, puntualmente, rifiorisce con il suo caratteristico colore. In conclusione Simone Remi, Presi-


dente del Consorzio, ha introdotto il concetto del colore nell’arte: “una cosa naturale per noi toscani, visto che abbiamo tutti i giorni davanti agli occhi i colori della nostra terra”. Ma il discorso è stato più ampio: si è parlato di artigiani toscani e del loro concetto di arte, infatti “tutto nasce per divenire e vivere, proprio come la pelle al vegetale.”. A proposito di questi temi, si è parlato anche delle attività di casaconcia, centro espositivo dove “si incrociano arti, artisti e artigiani che con mostre di grafica, scultura, fotografia e pittura vogliono mostrarsi e raccontare le loro esperienze”. Nella Exhibition Hall dell’Istituto Italiano di Cultura, per tutto il giorno, è stata aperta al pubblico la mostra Il colore del tempo, il colore dell’arte, un accogliente mix di prodotti delle concerie toscane associate al Consorzio, di creazioni realizzate dagli studenti internazionali partecipanti al Concorso Internazionale di Design “Craft The Leather” organizzato dal Consorzio e di opere d’arte realizzate da artisti contemporanei toscani: Romano Masoni, Gianmarco Passerini, Maria Grazia Morini, Luca Macchi, Karl-Heinz Hartmann-Oels, Giuseppe Lambertucci, Riccardo Luchini, Antonio Bobò. Il pubblico giapponese ha estremamente apprezzato l’allestimento che ricreava un piccolo pezzo di Toscana in terra nipponica.

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20° Reality

arcitettura

SPAZIO REALE e SPAZIO PERCEPITO architettura e designer nel quotidiano

Andrea Guasti architetto

L

’uomo vive la sua quotidianità in spazi, esterni o interni, o meglio in una serie di spazi che variano nel limite di pochi chilometri (spazi esterni) a quelli più limitati come gli spazi privati che rispondono entrambi a regole geometriche, ma anche e soprattutto a “situazioni” psico-fisiologiche che di fatto modificano queste regole. Inoltre, nel mondo attuale si vivono gli spazi anche in senso temporale, a seconda delle velocità varianti con le funzioni e le azioni della vita moderna, dove le distanze, e quindi lo spazio e il tempo diventano complementari. Le dimensioni, la definizione qualitativa delle stesse (la “qualità” delle dimensioni è fondamentale per la percezione dello spazio vissuto) e il tempo di fruizione dello spazio stesso differenziano lo spazio reale, o meglio lo spazio fisico, geometrico, euclideo, prospettico e via dicendo, che crea appunto situazioni psico-fisiologiche diventando spazio percepito. Ambedue sono elementi che fanno parte del vissuto umano, ed entrambi “veri”.

La realtà percepita dello spazio nasce e si modifica con l’evoluzione culturale dell’umanità, che attraverso la realizzazione di abitazioni, coltivazioni, ecc fino alle strutture più complesse, modifica ciò che esiste in natura dando corpo a qualcosa che determina la percezione stessa dello spazio all’interno della realtà spaziale geometrica. L’aspetto della crescita culturale è determinante perché il suo livello, personale e collettivo, o se vogliamo le filosofie, le arti, la politica come capacità di aggregazione umana, hanno modificato e modificano gli spazi intesi come luoghi di vita. Durante questi passaggi storico-culturali, dalla concezione aristotelica del “quantum continuum”, fino alla teoria della relatività di Einstein, nella quale lo spazio diviene sede degli eventi fisici ancora diverso dallo spazio tridimensionale, nascendo il concetto di spazio-tempo non-euclideo, il percorso di modifica percettiva, pur sempre all’interno di immutati

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limiti geometrici, cambia in maniera decisa. Gli spazi liberi da sovrastrutture in cui l’umanità si muoveva, sono stati invasi da persone e veicoli, per cui lo spazio a disposizione dei singoli risulta fortemente limitato. E non si percepisce più lo spazio reale ma si percepisce uno spazio condizionato: veicoli e persone, attirando l’attenzione, impediscono di percepire la realtà spaziale, la quale diventa soltanto spazio del proprio intorno immediato, fortemente limitato e condizionante. Lo spazio delle città perde il suo valore, non solo artistico, ma anche quello di essere il “contenitore” della via sociale. Le strade e le piazze, insieme alle loro attività commerciali e artigianali, perdono la loro funzione di aggregazione sociale, divenendo solo spazi di passaggio o di parcheggio; non è più l’architettura che determina lo spazio, che pone punti di riferimento precisi e forti, importanti nella loro valore sociale cultura-


le ed artistico, ma è una moltitudine di cartelloni e cartelli indicatori di tutti i tipi e colori, cavi elettrici e strisce sulla strada che crea un paesaggio fittizio che annulla la dimensione dello spazio reale. Lo spazio architettonico esterno caratterizzato di fatto da messaggi visivi, sicuramente limitato e limitante, artificialmente creato, diventa nella percezione umana il “vero” spazio reale. Questo spazio architettonico “intasato”, letto da tutti per il solo messaggio elementare che trasmette, espresso con slogan, condiziona di fatto la percezione spaziale degli spazi esterni, ma condiziona in senso pseudo culturale anche gli spazi interni, determinando lo sviluppo della loro progettazione, Gli spazi interni, privati o meno, sono quindi anch’essi percepiti in sintonia con il momento culturale e psicologico dell’individuo; anch’essi infatti sono sempre stati dipendenti da situazioni psico-fisiologiche e culturali cui è legata la percezione dello spazio, con percorsi storico-culturali che vanno dall’idea semplice e austera di un convento francescano sino ad un ambiente barocco o rococò. Gli interni che diventano arredamenti, se vogliamo installazioni, rispondono al bisogno di ognuno di affermare la propria posizione intellettuale, sociale e culturale, spesso portando anche alla negazione dello spazio stesso, attraverso il riempimento degli ambienti di oggetti fino all’ossessione, soffocandoli con sovrastrutture e decorazioni che li trasformano in un panorama artificiale. Questo aspetto pseudo-culturale è stato evidente negli interni domestici copiati dagli uffici austeri di notai e avvocati come simbolo di possibilità economica. Ancora più sintomatica

è la situazione in cui si cerca di realizzare uno spazio percepito come luogo svincolato da dettami stilistici, riproponendo quanto visto in osterie e/o pizzerie, con proposte architettoniche e di arredamento che prevedono l’eliminazione degli intonaci pensando che il mettere in risalto la struttura sottostante sia un tributo alla cultura e alla storia. Ma la concezione dello spazio cambia, e di conseguenza la sua progettazione quando architetti visionari e geni innovatori, riconosciuti come pionieri e fondatori dell’architettura moderna, (quando l’architettura è stata una conseguenza della creatività) hanno cercato di portare al limite lo spazio formale cercando di dilatare lo spazio interno, di renderlo meno dipendente dalle geometrie dei muri, cercando di creare uno spazio di suggestione, sia sostituendo le pareti con vetrate, sia creando visioni scenografiche, sia modulando la luce e creando atmosfere di elevata intensità, con l’intenzione di percepire l’ambiente non col solo aspetto fisico, cioè con “l’essere dentro” uno spazio, ma con un senso di partecipazione allo spazio stesso, ormai più non soltanto geometrico, decorato o funzionale, ma contenitore di percezioni. È la nascita del designer, inizialmente inteso come uso di elementi decorativi più svariati - dal kitsch alle opere d’arte - ma anche come ricerca del bello oltre che dell’utile, secondo i gusti del periodo e le possibilità dei singoli. Si qualifica l’ambiente domestico o lavorativo secondo il grado della propria educazione visiva ed artistica, nel cercare di realizzare uno spazio dove si aprono momenti emotivi. È la suggestione dell’immagine che ha creato e crea un mondo in cui

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lo spazio serve da contenitore di messaggi visivi, emotivi, musicali o rumorosi e quant’altro, che non viene percepito più geometricamente, ma come la sfera psico-fisiologica e intellettuale in cui ognuno vive. Lo spazio reale è quindi ormai una moltitudine di spazi gestiti dalla psiche e dall’intelletto; si può dire che l’uomo esiste in relazione a spazi creati da molti oggetti e ambienti in grado di trasmettere significati, che in forma reale e simbolica si calano nella realtà fisica .


Regione Toscana

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comunicazione Reality

il

mare

informazione

dell'

Sandra Bonsanti vincitrice del premio Roberto Ghinetti

I

l mare è ormai inquinato. Servirebbe una lunga e accurata opera di bonifica, ma non si sa da dove e come cominciare. Le onde di Facebook ci hanno inzuppato d’ignoranza, ci hanno ammorbato la mente, che ormai si è abituata a galleggiare, a rimanere sempre in superficie, a non cercare di capire, comprendere, approfondire. In che mondo ci ritroviamo... Senza paletti, senza quelle recinzioni che fino a poco tempo fa contenevano offese, provocazioni, odio, intolleranza, razzismo. Oggi tutto trabocca. Ecco, sì, trabocca. Siamo nell’era della tracimazione. Si butta fuori quello che si ha in pancia, senza rifletterci, senza nemmeno un vocabolario a portata di mano, per verificare se siamo o meno in procinto di fare una brutta figura. L’“h”, la sintassi e i congiuntivi sembrano degli extraterrestri abitanti su altri pianeti, dei mostri da cui tenersi lontani. Se le regole sono diventate queste, allora si capisce bene perché le librerie e le edicole sono diventate luoghi per pochi eletti e perché il giornalismo non è più un’arte, una missione. Molti considerano il proprio profilo Facebook come una testata e si sono autorilasciati il patentino di fotoreporter, fornendo così il lasciapassare a chi, con il solo scopo di fare business, distrugge magari la realtà ontologica dei fatti. Il “traffico” in rete: è questa la nuova stella cometa, e non importa se per raggiungerla la strada è fatta di fake news e di bufale. È bello sguazzarci e calarsi in una realtà che non è e non può essere quella reale. Sarebbe arrivata l’ora d’intervenire. Ma forse non la pensano così i grandi Paesi e le istituzioni come l’Unione Europea. Dovrebbero sedersi attorno allo stesso tavolo per redigere final-

mente delle rigide regole internazionali del digitale, non limitative della libertà ma limitative dell’offesa alla libertà e alla verità. Ha pienamente ragione, infatti, chi sostiene che le democrazie funzionano solo se sono ben informate. E comunque, prima di arrivare ai massimi sistemi, occorrerebbe partire dal quotidiano e da noi. Dal territorio. San Miniato, ad esempio, insegna ed è un esempio da ben 25 anni. Il premio giornalistico intitolato a Roberto Ghinetti, il praticante della redazione di Pontedera del Tirreno morto nel 1993 a soli 32 anni, vuole essere da sempre un riconoscimento alla serietà e alla correttezza deontologica della professione. Ogni anno viene scelto qualcuno che del giornalismo ha fatto e fa un impegno prioritario della propria vita, svolgendo il lavoro d’informazione con professionalità e senso etico. È un riconoscimento diventato pian piano un premio contro le fake-news e uno strumento per esaltare, rilanciare e sottolineare il valore della professione giornalistica, ribadendo il diritto ad un’informazione libera e corretta e la

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necessità che il giornalista sia tutelato e messo nella condizione di operare al meglio. L’edizione 2018 vede protagonista Sandra Bonsanti. È all’ex direttore del Tirreno che viene conferito il “Ghinetti”. Un nome che ha fatto la storia del giornalismo italiano. Una cronista di razza, dal fiuto eccezionale e con la sicurezza e la convinzione di stare sempre dalla parte dei lettori, a cui gli argomenti – ha sempre ripetuto, specialmente ai giovani colleghi – devono essere ben spiegati, compresi di adeguati approfondimenti. Bonsanti è stata una delle firme più prestigiose di Repubblica, il giornale per il quale ha raccontato i più grandi misteri italiani, da Licio Gelli a Roberto Calvi alle stragi di mafia. Ha lavorato anche al Mondo, Epoca, Panorama e La Stampa. Importante e decisivo il suo contributo, nel 1993, alla redazione, su incarico dell’Ordine dei giornalisti e della Federazione Nazionale della Stampa, della Carta dei doveri del giornalista. Una bussola che resiste a tutte le intemperie. In tanti vorrebbero distruggerla ma non ce la faranno.

Cristiano Marcacci Capo area Pisa-PontederaEmpoli de "Il Tirreno"



20°

LIBRI Reality

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l libro della promettente autrice e illustratrice Charlotte Milner propone un percorso completo alla scoperta delle api, insetti incredibilmente industriosi, molto sociali e responsabili - insieme ad altri animali - di un terzo di ogni boccone di cibo che mangiamo. Questo libro è perfetto per insegnare ai bambini dai cinque anni in su quanto sono importanti, perché sono sempre meno numerose e che cosa possiamo fare per aiutarle. Tra le pagine troveranno belle immagini e tantissime informazioni sui tipi di api, sugli alveari, sulle colonie, sull’impollinazione, sulla produzione del miele e molto altro ancora.

Il libro delle api di Charlotte Milner Edizioni Lswr

BAMBINI

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n almanacco, un atlante, uno straordinario viaggio riccamente illustrato nella storia, nelle tradizioni e nei segreti della Toscana, sul filo dei giorni. Per ogni data del calendario eventi, personaggi, aneddoti e curiosità compongono il ritratto inedito di una delle terre più belle e più ricche d’arte del mondo. Sotto i nostri occhi sfilano i grandi personaggi della storia toscana, dai Medici ai Lorena, letterati e poeti, artisti e architetti, stelle dello spettacolo e campioni dello sport ma anche stelle “minori” che tuttavia hanno lasciato traccia di sé.

La Toscana giorno per giorno di Eugenio Giani Sarnus

GUIDA

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ualcosa di sconvolgente è accaduto, qualcosa che richiede tutta l'abilità degli agenti della Squadra Speciale guidata dal criminologo Goran Gavila. Il loro è un nemico che sa assumere molte facce, che li mette alla prova in un'indagine in cui ogni male svelato porta con sé un messaggio. Ma, soprattutto, li costringe ad affacciarsi nel buio che ciascuno si porta dentro. Sarà con l'arrivo di Mila Vasquez, un'investigatrice specializzata nella caccia alle persone scomparse, che gli inganni sembreranno cadere uno dopo l'altro. Ma un disegno oscuro è in atto, e ogni volta che la Squadra sembra riuscire a dare un nome al male, ne scopre un altro ancora più profondo...

Il suggeritore di Donato Carrisi Longanesi

ROMANZO

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nimali Fantastici e dove trovarli si era chiuso con la cattura del potente Mago Oscuro Gellert Grindelwald, con l'aiuto di Newt Scamander. Tenendo fede alle sue minacce, Grindelwald riesce a fuggire; comincia a radunare seguaci, in gran parte ignari del suo vero progetto: portare al potere i maghi purosangue e sottomettere tutti gli esseri non magici. A sventare il folle piano di Grindelwald ci sarà il giovane Albus Silente, pronto a reclutare tra le sue fila Newt, il suo ex studente a Hogwarts che, ancora una volta, accetterà di aiutarlo, inconsapevole dei pericoli che lo attendono. I fronti sono ormai schierati; l’amore e la lealtà verranno di nuovo messi alla prova, senza risparmiare amici e familiari, in un mondo magico sempre più diviso. Il secondo di una serie di cinque film partita con Animali Fantastici e dove trovarli, Illustrato con le meravigliose immagini di MinaLima, il film contiene sorprendenti richiami alle storie di Harry Potter che faranno la gioia dei fan sia dei libri sia dei film, chiarendo e approfondendo eventi all’origine del Magico Mondo.

ROMANZO

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Animali Fantastici: I Crimini di Grindelwald - Screenplay Originale di J. K. Rowling

Angelo Errera


20° Reality

MODa

Virgil Abloh la sua performance allo spazio Maiocchi di Milano Niccolò Servi

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n occasione dell’uscita del nuovo numero di KALEIDOSCOPE magazine (fondato nel 2009 a Milano e tutt’oggi il più innovativo magazine di arte e cultura), è stato organizzato questo incontro all'interno dello Spazio Maiocchi a Milano. L’ospite d’onore è stato lui. Abloh, intervistato, ha introdotto il suo nuovo manifesto artistico. Lo streetwear come nuovo movimento artistico polivalente nel mondo. Presentato con un Limited Edition Pack (T-shirt, copia del magazine e bandiera con scritta “Question Everything” in 300 pezzi) perché è tutto basato sul desiderio di possedere ciò che lui crea. Nella gallery vi erano esposte ope-

re di Collier Schorr, Camille Henrot, Eric N. Mack, ed abbiamo assistito ad una performance live dopo Abloh dei Young Girl Reading Group. Centinaia di persone, giovani, artisti si sono riversati dentro lo spazio Maiocchi post Talking (si poteva accedere solo su invito) solo perché volevano incontrare Abloh e magari farsi firmare le Nike o i pezzi d'abbigliamento da lui creati, fra i presenti anche l’artista Maurizio Catelan di fama internazionale. Virgil Abloh è l’artista a tutto tondo del momento. Viviamo in un momento storico-artistico dettato dalle regole di questo genio visionario. La sua storia: 38 anni, nato a Chicago da genitori di origini Ghanesi, Virgil conduce studi di architettura. I suoi maestri dai quale trae profonda ammirazione/ispirazione sono architetti come Le Corbusier. Virgil è stato per 15 anni assistente del Rapper Stilista influente Kanye West, disegnando per

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lui collezioni e seguendolo in tutto ciò che lo riguardava. Decide di intraprendere la strada della moda creando Pyrex Vision fino ad arrivare nel 2013 con OFF-WHITE c/o Virgil Abloh, brand che in 5 anni è divenuto N1 nel mondo, superando Gucci Balenciaga e LV. Nel 2017 Nike lo incarica di ridisegnare 10 iconiche sneakers già presenti sul mercato. Sempre Nel 2017 Ikea lo incarica di disegnare una serie di mobili/complementi d’arredo. Nel 2018 è stato incaricato da Louis Vuitton come nuovo direttore creativo uomo (la prima collezione sarà SS19, e molti pezzi sono già sold Out). Abloh è stato Invitato a tenere una lezione all Università di Harward. E potrei continuare per 10 minuti ad elencarvi collaborazioni. Un genio, un visionario. Tutto parte dallo Skate, sport/passatempo diffuso in tutto il mondo. Qualunque cosa tocchi, diventa oro. Rinascimento, un nuovo rinascimento nel mondo. Questo è Abloh.


Virgil è un artista polivalente, passa serate con i più importanti Dj mondiali e rapper internazionali a suonare musica (dagli anni 80 all Hip Hop moderno, non commerciale insomma, musica ricercata) fino a creare opere artistiche come quadri/sculture (importante collaborazione con l'artista moderno giapponese Takashi, esposta in molte gallerie mondiali) è lo stilista più amato nel mondo. Viviamo in un mondo, dice Virgil, che grazie ai social network possiamo sapere come si veste e cosa ama un ragazzo di NY ed uno di Milano fino ad un giapponese allo stesso tempo. Lo streetwear ha accomunato tutte le nuove generazioni, facendo capire alle più prestigiose case di moda che si andava in quella direzione. La direzione l’ha creata Abloh. Vive costantemente in giro per il mondo, perché, come citato in una recente pubblicità che lo vede protagonista, non si può fare qualcosa di davvero importante restando fermi. Bisogna girare, osservare, capire di cosa le persone ed i giovani (millennials) hanno bisogno. La cosa sorprendente è che Abloh, nonostante abbia creato i suoi brand streetwear posizionandoli in un mercato di lusso, è riuscito ad appassionare tutti, dai giovanissimi alle persone più adulte, creando un vero e proprio movimento artistico e culturale. Il segreto del suo successo è stato proprio capire che la collaborazione è la chiave per far parlare i brand tra loro, rendendo la cosa interessante agli occhi dell’acquirente. La domanda che Abloh si pone è, in un mondo dove oramai c’è tutto, cosa davvero

può interessare/essere interessante agli occhi di un giovane, perché devo comprare quella T-shirt piuttosto che l’altra? L’artista descrive il periodo in cui viviamo come un nuovo rinascimento, dove la moda e l'arte comunicano tra loro come la musica stessa. Tutto ciò che è arte è unito secondo Abloh. E se ci guardiamo intorno, non possiamo che essere concordi con lui. Ridisegnando, cambiando solo il 3% di una sneakers della Nike, ha reso la cosa incredibilmente interessante, rendendola unica. Eppure quella scarpa c’era già. Rinascimento, perché non è vero che non bisogna guardare al passato. Bi-

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sogna sempre guardare al passato, il passato è la sua fonte d’ispirazione. Gli artisti, le persone, gli oggetti sono la sua ispirazione. Se ci rechiamo in qualsiasi boutique di moda possiamo notare un ritorno incredibile agli anni 80/90, tutto è streetwear, felpe T-shirt pantaloni accessori. Da Gucci a Balenciaga a Dolce e Gabbana. Beh, tutto ciò è così perché Virgil Abloh ha portato lo streetwear degli skaters nell’alta moda. Unire tutte le discipline artistiche appunto, in una sola. Questo è Abloh. Creando e vivendo questo nuovo rinascimento che ha rotto (e sarà sempre più così) la barriera tra l’high culture e la vera vita.


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chirurgia vascolare scenari attuali e orizzonti futuri

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a Chirurgia Vascolare è una disciplina chirurgica ormai consolidatasi negli anni per il trattamento dei pazienti affetti da patologie che riguardano sia il distretto arterioso che quello venoso. I noti fattori di rischio cardiovascolare (fumo, ipertensione, dislipidemia, diabete, obesità, sedentarietà) rappresentano la principale causa delle malattie aterosclerotiche che colpiscono le arterie. Familiarità, prolungata stazione eretta, pluriparità e sedentarietà sono, invece, i capisaldi per lo “sfiancamento” delle vene, che è alla base della patologia varicosa e trombotica venosa degli arti inferiori. Il chirurgo vascolare affronta queste lesioni con diversi approcci che sostanzialmente si possono dividere in due macrogruppi: quello della chirurgia “a cielo aperto” e quello della chirurgia endovascolare con approccio miniinvasivo. La chirurgia “a cielo aperto” richiede un maggior expertise del chirurgo ed è sicuramente più impegnativa per il paziente, anche se in generale i risultati a lungo termine sono assolutamente soddisfacenti. In linea di massima, la chirurgia mini-invasiva endovascolare offre una alternativa a più basso rischio per i pazienti con risultati a lungo termine dibattuti a causa della ancora non ottimale performance dei materiali (palloncini, stents, ecc.) messi a disposizione dalle industrie. Nello specifico il trattamento della patologia arteriosa consiste nella risoluzione di quadri clinici aterosclerotici che generalmente determinano restringimenti (“stenosi”) o dilatazioni (“aneurismi”) a livello delle arterie. In caso di stenosi il trattamento chirurgico open consiste sostanzialmente nella “ripulitura” del vaso mediante un intervento denominato “endoarteriectomia” oppure bypassando tecnicamente la lesione steno-ostruttiva e quindi creando un “bypass”. D’altra parte, in caso di aneurismi il trattamento chirur-

gico open consiste tendenzialmente nell’isolamento chirurgico del vaso da trattare e nella sua sostituzione con un innesto protesico che può essere anche di materiale sintetico assolutamente compatibile con il corpo umano. Nell’ambito arterioso il trattamento endovascolare mini-invasivo ha completamente rivoluzionato la tecnica chirurgica traslando dal mondo coronarico tutte le tecniche di angioplastica (“palloncino”) e di stent per la risoluzione delle stenosi. Per ciò che concerne, invece, il trattamento endovascolare degli aneurismi, esso consiste nell’esclusione dell’aneurisma dal flusso sanguigno senza accedere direttamente al vaso da trattare mediante l’impianto di una endoprotesi. La maggior parte degli interventi endovascolari si realizza senza l’utilizzo del bisturi e quindi senza tagli. Nel distretto arterioso il trattamento endovascolare ha sicuramente avuto anche un apporto fondamentale nel miglioramento della gestione dei posti letto con netta riduzione della durata della degenza e dei bisogni assistenziali dei pazienti sia durante il ricovero ospedaliero sia durante la dimissione a domicilio. Anche in ambito venoso il dualismo tra chirurgia open e endovascolare è sempre più acceso. Ormai il trattamento chirurgico open viene ritenuto da alcuni obsoleto. Ad esempio, l’insufficienza della vena grande safena può essere trattata con il suo sfilamento chirurgico (“stripping”) oppure con le più moderne tecniche di ablazione per via percutanea senza realizzare tagli (laser, radiofrequenza, colla, vapore, ecc.). Recentemente, il mondo endovascolare si è anche affacciato nel più ben complesso trattamento dei pazienti affetti da patologie del sistema venoso profondo, nei quali il trattamento chirurgico open è ormai stato pressoché abbandonato per la scarsità di risultati ottenuti negli anni. Talvolta ai pazienti

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possono essere offerti interventi “ibridi” in cui la combinazione delle due tecniche risulta vincente. In ogni caso la Chirurgia Vascolare rappresenta una disciplina chirurgica ad alta complessità tecnologica. Tutto ciò ovviamente si correla anche con un dispendio economico da non sottovalutare. In quest’ottica il chirurgo vascolare deve interpretare un ruolo da “attore protagonista” non solo gestendo il paziente in toto ma anche amministrando oculatamente le risorse messe a disposizione dalle Aziende Ospedaliere. Le nostre strutture di Chirurgia Vascolare devono essere in grado di offrire ai pazienti programmi di diagnostica avanzata, trattamenti chirurgici endovascolari, ibridi e/o chirurgici open “tagliati” su misura con follow-up scrupolosi anche attraverso la creazione di appositi percorsi per incoraggiare l’interazione tra l’ Ospedale e il territorio. Quest’ultima risulta “vitale” per la gestione dei nostri pazienti, il cui follow-up non finisce mai… A tal proposito risulta di fondamentale importanza la multidisciplinarietà ed il coinvolgimento di disparate figure professionali (medici di Medicina Generale, medici di altre discipline, infermieri, fisioterapisti, podologi, ecc.). In quest’ottica le istituzioni politiche e le amministrazioni ospedaliere devono supportare la creazione e lo sviluppo di percorsi adeguati garantendo agli operatori e alle strutture tutte le risorse necessarie per la presa in carico e la gestione dei pazienti affetti da patologia vascolare. D’altro canto i chirurghi vascolari (soprattutto le nuove generazioni…) devono essere in grado di offrire ai pazienti vascolari tutte le opportunità terapeutiche puntando alla mini-invasività senza rinnegare la chirurgia “a cielo aperto” e utilizzando oculatamente le sempre più risicate risorse messe a disposizione dalle nostre amministrazioni.

Nicola Troisi, Giuseppe Branca, Stefano Michelagnoli U.O. Chirurgia Vascolare, Azienda Toscana Centro

Paolo Mascagni, Veduta anteriore del corpo umano, Firenze 1833


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alimentazione

Bergam 8 una nuova stella di alimentazione funzionale Mauro Miceli Docente aggregato Scienze Laboratorio Biomediche Polo Biomedico Università di Firenze

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utti noi conosciamo le proprietà salutistiche degli agrumi, soprattutto in relazione al loro contenuto in Vitamina C, nota molecola antiossidante e stimolante del sistema immunitario, e anche dei bioflavonoidi che questa varietà di frutti contiene, nello specifico caso dotati di azione capillaro-protettiva e in generale sul microcircolo. Tuttavia solo recentemente si è posta particolare attenzione sul Bergamotto (Citrus Bergamia), agrume diffuso solo in determinate zone della Calabria, in virtù delle sue proprietà ipocolesterolemizzanti e non solo. Da tempi lontani sono apprezzate le qualità peculiari dell’essenza di bergamotto, ampiamente impiegata nell’industria dolciaria, cosmetica e in profumeria, tuttavia nessuno poteva pensare fino a qualche tempo fa che il succo detenesse specifiche proprietà per la salute umana, tanto è vero che la polpa e il succo in essa contenuto venivano spesso scartati nel processo di pro-

duzione dell’essenza. Infatti il succo di questo aromatico frutto si caratterizza per l'elevato tenore di alcuni flavonoidi, tra cui ricordo la neoesperidina, la neoeriocitrina, l’esperidina e la naringenina, ma soprattutto per

Antica Lavorazione a mano del bergamotto, foto dei primi del '900. Azienda Agricola Branca

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il contenuto di brutieridina e melitidina, due specifiche sostanze presenti solo in questo agrume che agiscono inibendo competitivamente l'enzima idrossimetil-glutaril-CoA reduttasi (HMG-Coa reduttasi), provocando una riduzione nella sintesi di colesterolo endogeno a livello epatico tramite un meccanismo d’azione che di fatto simula quello effettuato dalle statine o del riso rosso fermentato, ma con effetti diversificati sul quadro lipidico. Queste proprietà sono state osservate in laboratorio e in vivo, sia su animali da esperimento che sull’uomo, con risultati decisamente incoraggianti. Infatti è stato visto che con la somministrazione della sopracitata BPF con dosi variabili da 500 fino a 1500 mg si è registrata una riduzione dei livelli di colesterolo totale e della frazione LDL pari rispettivamente al 28% e al 33% in maniera dose-dipendente, quindi rispettando i canoni quanti-


tativi dettati dalla farmacologia per poter asserire una specifica attività biologica da parte di una sostanza, mentre sui trigliceridi si è ottenuta una diminuzione dei valori pari al 40 % e questo dopo in un solo mese di trattamento. Ma l’aspetto importante della questione è che, al contrario di quanto potrebbe accadere con l’impiego degli inibitori della HMG-Coa reduttasi, il livello di colesterolo HDL, ovvero quello trasportato dalle lipoproteine capaci di rimuovere il colesterolo dall'endotelio vascolare, ha subito un incremento quantitativamente significativo specie nei soggetti più rispondenti al trattamento, fatto che si traduce in un miglioramento del rapporto del rischio aterogeno, cioè di sviluppo di patologia cardiovascolare. Ma le sorprese non finiscono qui. Infatti ricerche condotte in laboratorio sulle cellule muscolari con la frazione polifenolica del succo hanno messo in evidenza che la naringenina, un flavonoide presente in elevata quantità nel Citrus Bergamia, incrementa l’uptake ovvero l’utilizzo di glucosio da parte delle cellule muscolari in una maniera che coinvolge verosimilmente uno specifico trasportatore cellulare di glucosio, denominato GLUT4, studi confermati nel 2015 da un altro gruppo di ricerca che ha scoperto come un altro componente flavonoide del BPF, la Naringina, riduce lo stress ossidativo ed aumenta sempre l’uptake di glucosio sempre nelle cellule muscolari e nelle cellule epatiche. Tutto ciò si traduce in un’azione ipoglicemizzante derivante da un miglioramento della sensibilità all’insulina e miglior tolleranza agli zuccheri esercitata dal BPF, azione che quindi si somma a quella di rego-

lazione e normalizzazione del quadro lipidico in toto. A conferma di questi dati, è importante dire che più gruppi di ricerca indipendenti sono arrivati a conclusioni analoghe per quanto riguarda l’azione del BPF sia sull’animale che sull’uomo. In conclusione possiamo affermare che consumando quotidianamente il succo concentrato di bergamotto o l'estratto polifenolico da esso derivato e aggiungendolo alle misure proprie di uno stile di vita adeguato, questo può efficacemente contribuire alla corretta prevenzione della sindrome metabolica, quadro fisiopatologico di base per lo sviluppo di

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diabete e malattie cardiovascolari. In tale contesto va precisato che ai fini di un’azione preventiva è importante assumere giornalmente una quantità pari ad almeno 120 mg di estratto polifenolico o BPF, cosa che si realizza con il consumo quotidiano di circa 150 ml di succo concentrato o con l’assunzione con preparati nutraceutici a base di estratto titolati al 60% della frazione polifenolica.


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oroscopo

OROSCOPO 2019 ANNO 2019 denso di apprendimento, apertura e scoperte per tutto lo zodiaco, con una carica di ottimismo e spiritualità, soprattutto verso scenari stranieri. Le antiche credenze e baluardi obsoleti creeranno problemi a chi non intenderà evolversi verso scenari maggiormente spirituali e democratici, ma sarà bene tenere i piedi per terra. I pianeti chiederanno allo zodiaco di riflettere, di fermarsi per modificare al meglio le tecniche di sapere, saper fare e saper essere, trasformando il sapere in empatia, per forgiare il prototipo del Nuovo Uomo: la vera saggezza è sapere vivere nel qui ed ora, abbandonando fasti e voli pindarici, così come attaccamenti a un passato ormai obsoleto e anacronistico. Futuro uguale fiducia.

ARIETE parola d’ordine: MONTAGNE RUSSE. Con la calma si ottiene tutto (una cosa alla volta) Giove vi espande, Saturno e Plutone vi frenano. Buttarsi o frenarsi, questo è il dilemma? Nella corsa di resistenza l’importante non è la velocità, ma tenere duro fino alla fine. Nel 2019 non conterà solo la meta, ma anche il viaggio: sicuramente rallegrato da amici e sorprese portate da un Giove amico dal Sagittario. Fortuna ed entrate di denaro rallegreranno l’impegno richiesto da Saturno e Plutone impegnativi nella carriera e nelle aspirazioni. Fino a marzo Urano nel vostro segno vi carica, ma vi agita, cozzando contro doveri e responsabilità: abbandonate ogni coperta di Linus. Decidi chi “buttare giù dalla torre”, chiudi con situazioni vetuste, magari in aprile. Fino a maggio amerete in modo passionale, protetti da Urano, Venere e Marte spesso dalla vostra parte. In maggio e giugno Marte richiederà che siate presenti in famiglia, portandovi a riflettere sul vostro concetto di libertà e divertimento. Da ottobre Marte opposto vi vorrà decisi ma pacati, guerrieri ma allo stesso tempo guru. TORO parola d’ordine: CAMBIARE. Prendere o lasciare. Attivi e dinamici, nel 2019 della vostra proverbiale pace/lentezza/pacatezza cosa resterà? Avrete tutti i numeri. Saturno e Plutone in Capricorno vi spingeranno talmente lontano, da valutare spostamenti di città, traslochi e migrazioni meglio di branchi di rondini, rigorosamente in coppia o in famiglia. A inizio anno Venere e Mercurio vi vorranno attivi a sistemare tutto ciò che di nebuloso è rimasto nelle vecchie alcove. Sono i mesi estivi a domandarvi come il famoso Brucaliffo di Alice nel Paese delle Meraviglie “cosa (voler) esser tu?”. Settembre sarà dolce. Quanto potete fondervi con l’altro? A volte per arrivare a conquistare ciò che non si ha, occorre perdere qualcosa. Urano, maestro del cambiamento - da marzo in poi nel vostro segno, unito a Marte e Mercurio opposti dall’autunno a fine anno - risuonerà solenne: uscite dal guscio, il mondo, come il tempo, non è un gambero! GEMELLI parola d’ordine: PRUDENZA. Meglio un uovo oggi che una gallina domani. Per il Gemelli - Mr. Multitasking - il 2019 sarà l’anno del “prevenire è meglio che curare”: sempre brillante il raziocinio, da applicarsi con meno frenesia e per progetti a lungo termine da pianificare con concentrazione ed esclusività. Meno cose e fatte meglio, con un Giove opposto dal Sagittario che tutto l’anno si divertirà (in caso non rimarrete prudenti) a costellare la camminata di spese impreviste da farsi venire una colite, decisioni poco realistiche e disperate come tentare una manovra di salvataggio con il Titanic colante a picco. Anche la forma fisica e gli eccessi andranno tenuti sotto controllo. Fino ad aprile revisione di tutti gli ambiti della vostra vita: amori nuovi e vecchi dispersivi o impegnativi? Carriera altalenante? Ragionate: se la vostra vita va come i titoli in borsa, diventate strateghi. Rimandate convivenze, aperture di nuove attività e nascite: avrete tutto al tempo migliore per voi. Da aprile all’estate potrete sistemerete ciò che ancora non funziona; in famiglia il clima si farà caotico tra agosto e settembre. Da ottobre Marte amichevole si prenderà cura delle vostre relazioni e dell’amore, traghettandovi verso storie inaspettate dense di romanticismo. Da dicembre liberi dall’opposizione di Giove, ringrazierete il potere salvifico delle regole e raccoglierete i frutti (anche economici) dei vostri sacrifici.

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CANCRO parola d’ordine: PRATICITà. La necessità aguzza l’ingegno 2019 batticuore. Lavorerete quotidianamente come soldatini di stagno (sì a investimenti ed acquisti di immobili con dilazione di spese a lungo raggio). Saturno e Plutone in opposizione renderanno necessari cambiamenti, adattamenti e impegno a livello esistenziale per far quadrare la baracca: non solo lavoro, bensì le relazioni e la salute necessiteranno del vostro massimo impegno. Scaraventati a forza giù dal divano, l’anno fino al 5 marzo vedrà Mercurio opposto e Urano in Ariete, per poi assistere a una combutta astrale di Marte e Venere in accanimento: sarà bene che chiariate rapporti obsoleti, magagne e sotterfugi. In aprile meglio più liberi dagli imprevisti e meno assediati dalla responsabilità anche grazie agli appoggi di amici e conoscenti per valide collaborazioni (ogni tanto, una gioia). Non vi mancheranno creatività e romanticismo. In estate vi rilasserete e godrete delle gioie dell’amore, qui e ora, come va, andrà. Da ottobre Mercurio amico dallo Scorpione si attiverà per fare andare più di una palla in strike, anche se l’aggressività e la stanchezza potrebbero esplodere a tratti con Marte nervoso: dialogo e pace salveranno capra e cavoli.

LEONE parola d’ordine: SORPRESE. Tutte le strade portano a Roma. 2019 sostanzioso: fortificati e mai domi, è la fiamma della speranza testarda a tenervi accesi, ma soprattutto un Giove in trigono dal Sagittario che vi farà avanzare e guadagnare meglio della vincita del secolo al tavolo verde. In amore il cuore sarà felice, a casa o verso nuove strade, desideroso di suggellare unioni e relazioni con i festeggiamenti che tanto adorate: nascite! Matrimoni! Traslochi! Fino a marzo con Urano amico sarete tonici, per arrivare ad una svolta grandiosa e attesa: non fatevi prendere da troppa foga! Basta con i compromessi, con Urano dal 6 marzo in Toro e l’irrompere di novità spesso non cercate. Potrete restare sulla strada vecchia rismaltandola, oppure scegliere la nuova con una buona dose di sale in zucca: sarà una scelta abbastanza definitiva per gli anni a venire e sarà felice. Attenzione a farsi male (fisicamente e psicologicamente): cogliete l’occasione in estate per affinare le abilità grazie a Mercurio nel segno e Marte positivo nell’elemento aria (Gemelli e Bilancia). Da ottobre state in campana: fidatevi solo di chi conoscete, guardinghi come segugi in punta in tutti i settori: ormai sapere fiutare i tranelli da chilometri di distanza! Che classe.

VERGINE parola d’ordine: CONCENTRAZIONE. Non c’è regola senza eccezioni. Sempre protetti da Saturno e Plutone in Capricorno, a garantire un buon equilibrio materiale con le stesse garanzie di un mutuo a tasso fisso in tempi di sciagura, se la praticità resterà il vostro forte, così non si potrà dire per ottimismo e chiarezza. Giove in Sagittario necessiterà del vostro impegno e pazienza a disposizione prima della famiglia che di voi. Fidarsi sarà bene, ma non fidarsi ancora meglio: la lucidità sarà appannata (picco tra febbraio e aprile) a far emergere vecchi dissapori e magagne di ogni sorta, legate anche al soldo. Evitate spese affrettate e non eccedete nei vizi (alimentari, gioco, velocità). Il 2019 sarà per voi l’anno di Amleto: se non sapete da che parte andare, state dove siete, “Elementare, Watson!”. Le stelle suggeriscono questo atteggiamento sia in amore, sia nella professione: la strada vecchia appare pur sempre meno lastricata di jella di quella nuova e, inoltre, dal 6 marzo Urano in Toro agirà per voi come una bussola, facendovi uscire in primavera dai vortici di Scilla e Cariddi versione 2.0. a braccetto di Marte e Venere in Toro, che porteranno rinata funzionalità nella vostra vita. L’inizio dell’estate porterà una revisione delle coppie, i legami si chiariranno e l’ansia scemerà. Dall’autunno Mercurio e Marte, coronati da Giove a dicembre in trasloco nel Capricorno vi renderanno vittoriosi su ogni fronte.

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BILANCIA parola d’ordine: SPAZIARE. Ognuno è artefice della propria fortuna. Se da una parte il 2019 vi lascerà da smazzarvi sempre gli stessi problemi casa/famiglia, rendendovi più divertenti dei protagonisti della serie “I Cesaroni” – causa Saturno e Plutone – la buona notizia è che Giove in Sagittario entrerà a gamba tesa con numerose mazzette di banconote in mano pronte per voi. Il pianeta vi renderà più ricchi e: oratori, cantastorie, pronti a salpare (di viaggi e spostamenti ne macinerete davvero una quantità da uccelli migratori) alla scoperta di tutto ciò che di nuovo esiste, meglio se in coppia o con amici. La vostra apertura e tolleranza saranno di larghe vedute anche in amore. Attenzione a non invaghirvi della rampolla/o sbagliati, pena problemi di cuore. L’inizio dell’anno fino a marzo vi vede pesanti, pronti a collezionare ramanzine: date prova di un cambiamento, abbandonando retaggi ammuffiti! Per i rapporti di vecchia data in crisi il miglioramento sarà costante e lievitante. Primavera ed estate rivedrete il concetto di amore: lento come un diesel o a scoppio improvviso e imprevedibile? A ottobre e novembre clima hot, sex-appeal! Occhio a dicembre, che metterà la parola moderazione: Giove vi inviterà in Capricorno a maggiore concentrazione in merito ai doveri e al risparmio! Ma a quel punto sarete diventati imprenditori di voi stessi.

SCORPIONE parola d’ordine: PROTEGGERE. Acqua cheta rompe i ponti. 2019 Sportivo. Saturno e Plutone vi porteranno consensi, chiarezza di espressione e benessere, sia in famiglia che fuori: efficaci come manager politicanti. Briatore vi farà quasi un baffo, lisci come l’olio a fatturare senza troppe ciance. Maturità e saggezza si applicheranno più alle questioni materiali rispetto a quelle sentimentali. Urano, Marte e Venere vi faranno scornare abbastanza fino ad agosto, come un flusso di corrente a intermittenza psichedelica e i colpi di scena si sprecheranno: cambierà il vostro modo di desiderare la relazione. Non si esclude un cambio nelle coppie, improvvisamente pronte a modificare la loro condizione: matrimoni repentini, separazioni lampo, desideri di nidi per incalliti scapoli, voglia di fuga per maritati. Da ottobre Urano arrabbiato con Mercurio sancirà confusione e impulsività in tutti i settori. Più che radicali, siate prudenti: vi siete rotti di stare buoni, ma pretendere spesso non è saggio. Meglio defilarsi e depistare gli avversari con l’indifferenza. Solo così conquisterete la vetta in dicembre (soprattutto nella carriera) con un savoir-faire che nemmeno Grace Kelly.

SAGITTARIO parola d’ordine: AUDACIA. Cuor contento il ciel l’aiuta. 2019 festa per il ritorno a casa di Giove, vostro pianeta guida: matrimoni, figli e convivenze? Denaro? Realizzazioni tout court a che fare con la gioia di vita, compreso estendere i propri orizzonti (fisici, benessere e pace dei sensi). Già a inizio anno, con Mercurio nel segno, Urano più Marte ok e Venere ringalluzzita, il clima si farà hot anche per portare a segno un progetto lavorativo che da tempo state perseguendo, con l’alacre coraggio che nemmeno Giovanna D’Arco. Tra febbraio e aprile meglio non prendere granchi scambiandoli per diamanti: scegliete ideali realizzabili prima di lanciarvi nel vuoto (senza paracadute, il vostro cavallo di battaglia). Saturno e Plutone vi terranno sul pezzo per un anno florido a livello di finanze. Estate: vorrete fermarvi e piantare le tende sia nella carriera che in amore, per un autunno più pacato a suon di musica lounge e chill-out: sarà ora che tutti tornino a voi, al vostro cospetto intonando il seguente motivetto: “perdono, perdono, perdono”! A quel punto sarà inverno e vi mancherò proprio solo un amaro Lucano. Bravi.

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CAPRICORNO parola d’ordine: CONSOLIDAMENTO. Dio vede e provvede. Sempre accompagnati da Saturno e Plutone nel segno, a donare raziocinio e forza interiore, nel 2019 i Capricorni avranno a che fare fino a marzo con questioni casa e famiglia: sassi nelle scarpe che sono diventati macigni? Tagliate e procedete, con il vostro metodo! Dal 6 marzo per tutto l’anno Urano vi ricompenserà dal Toro, con sostegno antirotture/magagne. Giove vi inviterà a un restyling del vostro carattere, focalizzando i vostri difetti e rafforzando i pregi, con l’aiuto di amici che diventeranno parte del vostro benessere, che si coronerà con l’amore (sia vecchio che nuovo), in piacevoli storie dai toni romantici. Le guerre non faranno più per voi e in estate prenderete la palla al balzo per chiarire ogni dissapore nelle relazioni. L’autunno/inverno avranno il sapore di compimento dei progetti portati avanti da anni. Come il miglior vino che matura nel tempo, sarete più sereni e pronti a godere delle rivincite che vi sarete guadagnati. Prosit a dicembre (con una bella vincita economica o promozione lavorativa, grazie Giove e sole nel vostro segno): si balla!

ACQUARIO parola d’ordine: SCEGLIERE. Vivi e lascia vivere (vi lascino, grazie) Fino al 5 marzo Urano in Ariete e tutto l’anno Giove a favore dal Sagittario vi energizzeranno verso cambiamenti e nuovi orizzonti, con spirito temerario e gioioso, dopo alcune down del 2018, con l’appoggio di amici, relazioni di ogni natura e sorta, rendendo il vostro potere comunicativo efficace come una freccia di Cupido: gruppi e alleanze, progetti professionali ma anche traguardi personali. Fino alla primavera a fasi alterne viaggerete e vi amerete. Dal 6 marzo con Urano critico dal Toro, dovrete sistemare anche faccende casa/famiglia, evitando azzardi. Munitevi di una lista della spesa per evitare danni. Aprile, maggio e giugno più leggeri a livello di affaticamento, ma attenzione all’estate: Mercurio in opposizione vi inviterà a rivedere la vostra storia d’amore, qualsiasi essa sia (hippie o tradizionale): w il buonsenso tramortito! Sfogate le energie in eccesso dall’estate con una nuova passione o disciplina sportiva. In autunno i pianeti disturberanno specialmente le questioni di lavoro: vincerà il “buon viso a cattivo gioco” e con una buona dose di razionalità, logica e prudenza, sbaraglierete la concorrenza da veri fuoriclasse.

PESCI parola d’ordine: ORGANIZZAZIONE. Quando si è in ballo bisogna ballare. Nel 2019 non vi mancheranno creatività, fantasia ed intuito, da affiancare a Saturno e Plutone in Capricorno, i quali vi offriranno aiuto tramite appoggi di amici e conoscenze influenti (una rete da far invidia a un incallito p.r.!) per realizzare i vostri piani personali e professionali. A tratti saranno Mercurio e Nettuno a scornarsi con Giove: fino a dicembre sarà meglio non cambiare professione, non eccedere/sfidare, ma pianificare cambi, richieste a lungo termine e pratiche (ragionate) per arginare la vostra insoddisfazione. Lungimiranza: sconsigliato lo scialacquamento di denaro e beni materiali, attenzione ai contratti di ogni sorta nei rapporti con le autorità; meglio condurre una vita equilibrata, pena acciacchi fisici da scontare. Dopo un inizio anno nervoso, in amore troverete il vostro rifugio (sia quello di sempre che nuovi letti). Tra febbraio e marzo risposte importanti. Da marzo in poi potrete essere indaffarati più di Mary Poppins: le giornate saranno fruttuose se lavorerete da alacri api operose senza distrarvi. L’estate prometterà bene con Mercurio revisore dei conti e se sarete ancora single, brillanti i colpi di fulmine e storie d’amore da “Pretty Woman”. Superata l’irritabilità da gatto isterico di settembre, da ottobre tutte le strade porteranno a casa: avrete ottimi appoggi dai pianeti in Scorpione, che sistemeranno i conti correnti e vi renderanno irresistibili ai più.

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1998-2018

ISSN 1973-3658

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