Cucina Gourmet

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contenuti 3

Editoriale

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Hanno collaborato

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Primizie 2012

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Frammenti… d’autunno

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Frutti e profumi del bosco

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Il pesce… ricchezza delle nostre acque e delle nostre tavole

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Dolci avventure in Lozère

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La cucina tipica napoletana

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Cucina turca

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Expo Rurale… alle radici del futuro

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Rotte, approdi e gusti

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Trasparenze ed emozioni nelle due stelle di Marco Sacco

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La cena dei virtuosi: arte e gastronomia a braccetto

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Il nuovo stile dell’ambiente cucina Le Marché des Enfants Rouges

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Solive 1898, cantina in Franciacorta

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Cucina e cinema: a tavola con Totò e Aldo Fabrizi

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Eventi

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“ frican Library “A Project”, una buona opportunità

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Indice ricette

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Indirizzi

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La cucina tipica napoletana TesTo di AlessAndrA Piubello

“Sulle soglie delle case grandi padelle erano poste su focolari improvvisati. Un garzone lavorava la pasta, un altro la manipolava e ne faceva ciambelle che gettava nell’olio”. Lo stupore di Goethe di fronte alla vitalità del popolo napoletano nell’atto di festeggiare San Giuseppe, patrono di tutti i “frittaroli”, rimane stampato nelle pagine del suo “Viaggio in Italia”. A colpire l’immaginario dello scrittore contribuì soprattutto la varietà dei costumi, degli odori e dei sapori di cui erano permeate le strade napoletane, riflessi di una terra florida e di un intreccio di tradizioni eterogenee. Proprio poiché la cucina è specchio della cultura di un luogo, Napoli mostra dal punto di vista enogastronomico tracce di una molteplicità, data dalle dominazioni che si alternarono sul suo suolo. Già gli affreschi di Pompei ritraggono molluschi, pesci, piante di fichi e melograni e sembra che i celebri struffoli, dolci natalizi della cucina napoletana, siano stati introdotti dai greci. Il nome deriva dalla parola stróngylos, letteralmente “di forma tondeggiante”, che spiega così queste piccole palline fritte nello strutto e composte da farina e uova. zeppole di san giuseppe

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struffoli

Altrettanto antica è la diffusione della pizza, certamente la più famosa delle creazioni della cucina napoletana. Si attesta un primo tipo di pizza in epoca romana, una sorta di “schiacciata” di grano il cui nome deriva dal verbo latino pinsere, “schiacciare”. La pizza napoletana, quella vera, insaporita dal profumo del pomodoro e dalla morbidezza della mozzarella, è un prodotto più recente e nasce poco più di duecento anni fa conquistando le cucine di tutto il mondo. Altro esempio di diffusione di un prodotto estremamente caro alla cucina napoletana è quello della pasta. Vermicelli, perciatelli, pàccari, ziti, scialatielli, la pasta è passata in poco tempo dalle tavole dei ricchi a quelle degli umili, animandosi dell’ingegnosità del popolo che l’ha modellata in trafilature differenti e l’ha condita con superba immaginazione: pasta con fagioli o ceci, le linguine alla puttanesca (olive, pomodoro e capperi), spaghetti aglio olio e peperoncino. cucina gourmet

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Tuttavia la cucina par tenopea è sempre stata caratterizzata da uno scarto prepotente fra le mense dei ricchi e quelle dei poveri. Solo i primi potevano permettersi piatti a base di carne, crostacei e pesci: tra tutti, celebri sono il ragù alla napoletana, il sartù di riso in bianco e la carne alla pizzaiola. Il ragù per i napoletani è una vera e propria arte nella quale il cuoco alchimista unisce diverse carni (generalmente vitello e maiale), all’amata pummarola, mescolando la sua creazione a fuoco lento per più di cinque ore. Il sartù invece è uno sformato cotto in forno in cui ragù, piselli, funghi, uova, polpette di carne, fegatini di pollo e salsicce condiscono del riso bianco. Dal Settecento, sotto la dinastia dei Borbone, i banchetti delle tavole aristocratiche si fecero ancora più elaborati, privilegiando frutti di mare come le vongole veraci, i cannolicchi, le cozze (famosa è l’impepata) e piatti fantasiosi come le melanzane alla parmigiana e il gattò di patate, pasta e ceci

spaghetti aglio e olio e peperoncino

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friarielli

combinazione di sapori in cui una crema di patate, salame sbriciolato e uova, abbraccia l’immancabile mozzarella a pezzettini e la provola. La cucina degli umili invece era basata essenzialmente su ortaggi, pomodori, broccoli, (non scordiamoci i friarielli, broccoletti con infiorescenze appena sviluppate che si soffriggono in aglio, olio e peperoncino, e rappresentano uno dei piatti più caratteristici della cucina napoletana), piselli, carciofi, peperoni e sul pane, il pane cafone, dalla crosta croccante e dall’aroma intenso e familiare. Accanto ai latticini come la provola, la ricotta, la mozzarella di bufala e il caciocavallo, c’erano zuppe arricchite spesso dalle freselle, dei taralli di grano duro facilmente conservabili. Celebre era la minestra maritata, una mescolanza di verdure cotte in un brodo ottenuto con carne da lesso e scarti del maiale, orgoglio di ogni massaia per il suo gusto deciso ma mai eccessivo.

parmigiana di melanzane

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Trasparenze ed emozioni nelle due stelle di Marco Sacco TESTI A CURA DELLA REDAZIONE FOTO DI PAOLO PICCIOTTO

William Wordsworth, fondatore del Romantiestate e del Naturalismo inglese e membro del gruppo dei Lake Poets, che comprendeva anche Samuel Taylor Coleridge, scrisse, in uno dei libri più belli della storia della letteratura di viaggio, Guide to the Lakes, pubblicato nel 1810: “Ottobre, per i sinceri amanti della natura, è particolarmente adatto per visitare i laghi. Il paesaggio è senza paragoni, diversificato, più bello (…) per l’armonia dei colori. C’è il verde che è più morbido, c’è il giallo e il foliage dorato degli alberi.”

MERgOZZO, IL SUO LAgO, LE SUE ATMOSFERE ED I SUOI SAPORI

L’acqua argentata del lago di Mergozzo, come uno specchio, riflette l’immagine delle montagne e del piccolo borgo che, adagiato sulle sue sponde, è reso suggestivo dalle case in pietra che sembrano formare, sulla riva occidentale, un affascinante anfiteatro. Perla del lago Maggiore, con il quale in origine era un tutt’uno, il lago di Mergozzo, immerso nella quiete e nella tranquillità, ha saputo mantenere nel tempo intatta la

sua naturale bellezza e, ancor oggi, regala, a chi si immerge nelle sue atmosfere, grandi emozioni. In questo paradiso naturale, ha trovato il suo equilibrio, la sua giusta dimensione umana, prima che professionale, Marco Sacco, chef di eccezionale capacità creativa, che con le sue due stelle fa brillare di luce particolare il cielo della cucina piemontese.

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“PICCOLO LAgO”

“Il creatore obbligando l’uomo a mangiare per vivere, lo invita con l’appetito e lo ricompensa con il piacere” (Brillat Savarin - Belley 1755 - 1826 - politico e gastronomo francese - ) Le grandi vetrate del ristorante “Piccolo lago” aprono idealmente alla vastità dell’orizzonte e ti fanno sentire partecipe, in un rapporto empatico, della 68


vita della natura che, dall’acqua del lago alle cime innevate delle montagne, anima questi meravigliosi luoghi. Solo qui poteva trovare espressione concreta la grande passione di Marco, solo qui, tra questi profumi e questi colori, grazie al profondo rapporto dell’uomo con la sua terra, poteva svilupparsi e maturare la ricerca del gusto di questo chef. Brillat Savarin, che dopo la

morte fu ricordato più che per l’attività forense per la grande passione nei confronti dell’arte del ricevere e per l’interessante volume “Fisiologia del gusto”, sosteneva, in uno dei suoi aforismi, che: “…invitare una persona è occuparsi della sua felicità durante tutto il tempo che essa passa sotto il vostro tetto…” ed è proprio ciò che succede quando si incontra Marco e si entra nel suo

mondo al “Piccolo lago”, ci si sente coccolati ed avvolti in un’oasi temporale di profonda serenità, sospesi nel tempo ci si può abbandonare all’emozione ed alle piacevoli sensazioni lasciandosi guidare e condurre nel percorso conoscitivo del gusto, suggerito con sapiente delicatezza da chi si prende cura di te.

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LE DUE STELLE DI MARCO

1965. Nasce Marco e suo padre acquista il primo ristorante. “Figlio d’arte”, viene infatti da una famiglia di ristoratori e fin da bambino vive intensamente “la cucina”, che diventa ben presto parte integrante delle sue giornate trasformandosi da gioco in passione. È poco più che un ragazzino quando a nove anni, davanti ai fornelli, mescola i suoi primi risotti e non è molto più grande quando decide di trascorrere le sue prime stagioni invernali in Francia, culla allora dell’enogastronomia, per imparare ed apprendere quanto più possibile dagli chef che “facevano scuola” al mondo culinario. Un amore, quello di Marco, che ha saputo disciplinarsi incanalando la passione e sposandola con il rigore ed il rispetto per il lavoro, una passione che si è sempre accompagnata anche alla ricerca e alla sperimentazione e che lo ha portato a conquistare nel 2004 la sua prima stella e nel 2007 la seconda.

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LA FILOSOFIA DEI PIATTI, LE INFLUENZE TERRITORIALI ED I vIAggI

“Sia la musica che il cibo sono capaci di influire sullo spirito umano. Proprio come “la musica può calmare la belva feroce” entrambi soddisfano sia le emozioni che i fabbisogni primitivi. Il cibo ci permette di sopravvivere, ma il cibo di alto livello ci collega alle nostre emozioni, portando l’esperienza del mangiare oltre l’ambiente fisico. Per un momento glorioso, il mondo è perfetto, il corpo e l’anima sono accontentati” (Brook Nestor). Parlare dei piatti e della cucina di Marco, dei suoi sapori e dei suoi gusti, dei suoi profumi e dei suoi colori, significa riuscire ad entrare in un mondo sensoriale ed emotivo molto vasto e complesso, fatto di sfumature e di valori, un mondo che va al di là dell’ingrediente e della ricetta, per affondare le sue radici nel territorio e per ricongiungersi sempre all’individuo ed al suo ambiente. Il gusto elaborato, frutto della ricerca e della sperimentazione, ed il grande uso di spezie o comunque di aromi speziati, illuminano già un primo orizzonte della cucina di questo “cuoco”, come a lui piace definirsi, nato dalla ter-

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MARCO E LA SUA TERRA

Nel 2007 Marco Sacco è stato ambasciatore ufficiale in California dei prodotti ossolani, i prodotti tipici del territorio della provincia del Verbano-Cusio-Ossola, i prodotti tipici della sua terra. Questo a significare il profondo legame dell’uomo con le sue radici, l’amore per i luoghi che l’hanno visto nascere e crescere e nei quali ha sviluppato la sua grande passione per la cucina, una cucina che racconta la vita e la tradizione di questi posti. Ma anche i ragazzi che lavorano con Marco devono capire da dove trae origine la sua ispirazione e da dove nascono le sue idee ed i suoi piatti, devono poter condividere la natura delle sue creazioni ed è per questo, per ritrovare la semplicità di un tempo e per rafforzare lo spirito del gruppo condividendo emozioni nuove, che quest’anno Marco li ha portati tutti tre giorni in montagna,nelle malghe d’alpeggio, perché potessero stare insieme con naturalezza e semplicità comprendendo l’origine vera della filosofia della cucina che, ogni giorno, viene loro trasmessa con grande amore e con grande passione, perché in questo crede questo grande chef, nel valore dell’esperienza condivisa.

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ra piemontese ed affascinato dalle filosofie e dalle tecniche orientali, per le quali diventa fondamentale il concetto per cui il prodotto deve sempre confrontarsi con i parametri della freschezza e va utilizzato e sviluppato nella sua integrità, sfruttandone al meglio qualsiasi parte, in modo da non dover scartare nulla. Questo è un cardine del pensiero orientale, l’utilizzo del “tutto”, a differenza invece di quanto normalmente caratterizza l’idea occidentale; nei paesi occidentali infatti si è passa74

ta questa “fase di cultura” del cibo : in un momento in cui questo abbonda, e si supera la soglia della fame, non c’è necessità di usare le parti, magari più difficili da valorizzare, degli alimenti. Marco invece ama le sfide, più il prodotto è difficile e più lo stimola… il piatto che predilige preparare? L’anguilla in doppia cottura! Qui, in questa creazione, c’è tutta l’anima del suo territorio, unita alla ricerca ed alla sperimentazione, ci sono voluti sei mesi di lavoro per arrivare ad armonizzare gusti ed ingre-

dienti in grado di valorizzare ed esaltare le caratteristiche di un prodotto, l’anguilla, così difficile da trattare. Le realizzazioni artistiche di uno chef raccontano sempre la storia del territorio anche attraverso i suoi particolari viaggi culinari. Il passato infatti, unitamente alle radici della nostra cultura, devono fare da cornice all’innovazione … “riprendere il passato, modellarlo nel presente e proiettarlo nel futuro”, questa è la filosofia che permea ogni azione e pensiero di Marco, per lui la


creatività, le capacità di ciascuno e le tecniche all’avanguardia, devono interpretare con grande intelligenza la storia nel rispetto delle materie prime del territorio, territorio dal quale non si può prescindere e che influenza profondamente la cucina e le sue espressioni. Per questo grande chef ciò è forse ancora più vero che per altri, nato e vissuto infatti sulle sponde di questo bellissimo lago, da questo ha preso tutto ciò che poteva in fatto di amore ed ispirazione, ma da questo

si è anche allontanato, ancor oggi l’idea del viaggio è per lui fondamentale, la conoscenza di altri paesi, non importa quali purchè siano per lui di interesse e siano in grado di sollecitare la sua fantasia e la sua curiosità, è basilare perché il ritorno nella propria terra possa essere nuovamente propositivo, perché l’arricchimento che si porta con se da un viaggio possa poi trasformarsi in nuove idee, coniugando le esperienze di mondi diversi.

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SEMPLICITà E NATURALEZZA

Marco ha una grande dote comunicativa che facilmente fa entrare in sintonia con lui e fa naturalmente sviluppare un rapporto empatico che consente, anche a chi per la prima volta si avvicina all’esperienza sensoriale del cibo, come emozione e non come semplice nutrimento, di comprendere il significato della sua passione. Ma questo grazie anche alla estrema semplicità e alla naturalezza con cui lui, e tutte le persone che lo circondano e che condividono con lui l’attività, riescono ad avvicinare l’ospite. Non c’è nulla di costruito intorno, è tutto molto immediato e frutto della sua capacità di essere “normale”, basti pensare ad un aneddoto, racconto del suo vissuto giornaliero, che bene spiega da un lato l’importanza del suo essere un tutt’uno con la natura che lo circonda e dall’altro l’attenzione per il quotidiano con tutte le sue sfumature e con tutte le piccole cose che rendono le giornate grandi e speciali. Qualche giorno prima del nostro incontro, in una giornata di fine estate, guardando dalle grandi vetrate il “suo” lago, spesso invaso da motoscafi e da persone distratte dalla sola voglia di divertimento “ad ogni costo”, Marco si è soffermato ad osservare due ragazzi, stranieri, che 76

con una piccola canoa andavano avanti ed indietro da una sponda all’altra dell’acqua. Lei vogava e lui, con una canna da pesca, pescava … entrambi si godevano la tranquillità del momento e assaporavano quella che Marco aveva intuito essere una serenità semplice. È andato quindi in cucina e chiamato uno dei suoi ragazzi,

hanno preparato una bottiglia di champagne con due calici e quando i due sono risaliti a riva gli sono andati incontro ed hanno offerto loro il pensiero preparato … questo è Marco, questo è il suo mondo, quello che, attraverso i suoi piatti, comunica.


LA MODERNITà DEL vETRO PER LA CONDIvISIONE DELLA CUCINA

La limpidezza dell’acqua, elemento naturale congeniale a Marco che dal windsurf alla canoa, dalla pesca all’attività subacquea, ama ogni forma di unione con essa, la limpidezza e la freschezza dell’aria di questi luoghi, le azzurre trasparenze dell’ambiente sono il filo conduttore della storia che questo chef racconta, a quanti arrivano al “Piccolo lago, non solo con la sua cucina e le sue creazioni ma anche con la dimensione dello spazio. A lui piace molto l’immagine del locale che, grazie alle grandi vetrate della sala, come

una prua sembra entrare nel territorio e fendere le acque, e questo senso di libertà e di spazialità, questa ariosità Marco l’ha ricreata nella sua bellissima cucina. “La mia cucina è la casa di tutti, ognuno deve poter entrare“, un progetto ambizioso di “cucina a vista” che si realizza nel 2008 e che, abbattendo ogni barriera architettonica, lasciando protagoniste le trasparenze del vetro, annulla le distanze e apre al piacere della condivisione e del reciproco scambio, apre all’interazione tra i ragazzi che preparano i piatti ed il cliente che può osservare ogni processo, lo spazio della cucina

diventa “la scena” e lascia posto alla teatralità mentre, al piano di sotto, nei laboratori trovano la giusta dimensione la preparazione e l’elaborazione dei piatti. cucina gourmet

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indice ricette Il pesce ed i frutti di bosco, i sapori dell’acqua ed i profumi dei monti, sono i protagonisti della tavola che seduce con i sensi, giocando tra dolce e piccante ...ed in questo altalenarsi di aromatiche sfumature trova espressione la creatività e la fantasia di Marco, capace di rendere realtà per il palato i sogni e le emozioni del gusto. pag. 80

antipasti:

: hamburger d’acqua, leggera affumicatura : carosello di piccoli antipasti

primi piatti:

: tagliatelle di farina di castagne, crema di agone cipollotto, colatura di missultin : “gli aironi” riso carnaroli con la gemma, zafferano, finferli, profumi di bosco e liquirizia

secondi piatti:

: piccione, patata allo spiedo, cipolla rossa e tartufino alla grappa : ricordo d’estate: luccio perca, anguria e croccante di borraggine

dessert:

: fichi al porto, torta di castagne, sorbetto all’uva fragola : tiramisù: passato, presente, futuro

...e dal lago di Mergozzo, racchiuso tra le sue montagne, al sole del Sud nelle ricette di Totò e Aldo Fabrizi... pag. 138 pag. 139

: pasta e fagioli alla napoletana : spaghetti alle vongole… scappate

…con un occhio ad un piatto di mare delle nostre più antiche tradizioni... pag. 27

: alici piccanti in ciotola

…e per concludere il trionfo dei sapori, con una nota dolce che riporta il sapore del bosco, ci si può abbandonare a pag. 18 pag. 19

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: fragole allo zabaione pepato : torta di grano saraceno alla frutta : crema di mirtilli : panna cotta ai frutti di bosco : macedonia al profumo di asperula odorosa


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