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ATLANTE DELLE GUERRE E DEI CONFLITTI DEL MONDO

Fabio Bucciarelli L’Odore della Guerra

La guerra vicina, la guerra lontana



L’Odore della Guerra

La guerra vicina, la guerra lontana

The Smell of War

The near war, the distant war A project by Fabio Bucciarelli

ale associ azione cultur


Realizzazione di

ale associ azione cultur

In collaborazione con

Comune di Rovereto

Da una idea di Raffaele Crocco Fotografie Fabio Bucciarelli Progetto grafico Daniele Bellesi Traduzione testi Winifred Chiocchia Allestimento mostra Massimo Montesi Stampa Catalogo Eurografica - Vinci Laboratorio fotografico PHOS - Torino

Con il contributo di Associazione 46째 Parallelo Via delle Piazze, 34 38123 Trento info@atlanteguerre.it www.atlanteguerre.it




L’Atlante delle Guerre The Atlas of Wars Raffaele Crocco

L’Associazione 46° Parallelo è nata a Trento. E’ nata per la voglia di affrontare alcuni temi, o forse di agire. Si è chiamata Associazione geografica, perché di geografia – intesa come conoscenza dei luoghi, delle persone, delle storie – si parla sempre meno. Si è detta culturale, perché suona bene. Soprattutto, però, l’Associazione cerca di usare gli strumenti che ha a disposizione – legati ai mestieri dei fondatori – per raccogliere fondi da investire in progetti di solidarietà e culturali. Delle varie attività – convegni, incontri nelle scuole, mostre – il cuore, il motore, il banco di prova è l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo. Meglio raccontarvi di questo Atlante: è un annuario – arrivato ad oggi alla terza edizione – che cerca di descrivere le guerre in corso nel Pianeta. Lo fa “camminandoci dentro”, un po’ come devono fare sempre i giornalisti quando raccontano qualcosa, un po’ come fanno gli esploratori, seguendo le mappe, le carte geografiche, gli Atlanti appunto.

The cultural association 46° Parallelo started its activity in Trento. It was founded in order to approach certain themes and, possibly, to act. It was given the title of “Geographical Association” because nowadays geography – meant as knowledge of places, stories and people – is a less and less popular subject. The title “cultural”, instead, was given because it sounded good. But most of all, the association is trying to use the available means, connected to the founders’ jobs, to raise funds to invest in cultural and solidarity projects. Of all the activities – conferences, meetings in schools, exhibitions – the heart, the engine, the test bed, is represented by The Atlas of World’s Wars and Conflicts. It is worth to spend few words about it: now at its third edition, the yearbook tries to tell about the ongoing wars on the planet. It does it by “walking through” them, just like journalists do when they report something, or in the same way as explorers, following maps and indeed atlases. 35 people have been working on this. Many of us are 7


Siamo in 35 a lavorarci. Molti sono giornalisti, tanti sono ricercatori. Tutti pensiamo che raccontare la guerra sia un modo per farne capire ragioni, motivi, drammaticità, inutilità, crudeltà. Così, abbiamo messo al centro le vittime, chi subisce, senza prendere parte per altri, senza scegliere “politicamente” con chi stare. Ci rivolgiamo soprattutto ai ragazzi, con cento incontri l’anno nelle scuole italiane, perché ci pare giusto coinvolgere soprattutto loro. Un lavoro duro, bello, reso possibile dalla buona volontà delle persone – tutti quelli che contribuiscono lo fanno gratuitamente – e dall’amicizia di enti locali e grandi organizzazioni come le Nazioni Unite, l’Unhcr, l’Asal, Banca Etica. La mostra di Fabio Bucciarelli è parte coerente del progetto nato con 46° Parallelo. L’ambizione è di continuare e diventare, in chiave moderna, una Società geografica, in grado di finanziare altri progetti, idee, anche avventure, dato che non vogliamo dimenticare di essere donne e uomini e, quindi, non rinunciamo al divertimento. La sede è a Trento, terra di passaggio e infiltrazione di culture e diversità. Una scelta intrigante, dato che alcuni di noi a Trento vivono, ma nessuno ci è nato o cresciuto. Ci siamo arrivati, questo è tutto. Esattamente come, in un qualche luogo, arriva ogni viaggiatore.

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journalists or researchers. We all think that telling about the war is a way to let people understand the reasons behind it, as well as the causes, the drama, the uselessness and cruelty. We therefore focused on the victims, on the people who suffer, without taking sides, without choosing politically who to follow. We mainly speak to young people, organizing one hundred meetings a year in Italian schools, because we particularly believe in their involvement. A hard, beautiful work, made possible by the will of the people (all of the contributors are working for free) and by the friendship of the local authorities and big organizations like the UN, UNHCR, the Asal and the Ethical Bank. Fabio Bucciarelli’s exhibition is a consistent part of the project which started with the association 46° Parallelo. The ambition is to continue to operate and to become, in modern terms, a Geographical Association able to fund other projects, ideas or ventures. And we do not forget the fact that we are human beings, men and women, and therefore we do not want to give up the fun side. The headquarters are in Trento, a land of confluence, a city filled with different cultures and varieties. An intriguing choice, considering that some of us live in this city, but no one was born or raised here. We just got there, that is all. In the same way as every traveller comes to his destination.


Il conflitto in Libia The Libyan conflict Atlante delle Guerre

Il 20 Ottobre 2011, i ribelli libici catturano ed uccidono Mu’ammar Gheddafi mentre tentava di fuggire da Sirte, la sua città natale. Così termina la guerra civile che ha insanguinato la Libia: dopo otto mesi di scontri 30.000 morti e 50.000 feriti, i Rivoluzionari libici, aiutati dall’intervento NATO, riescono a liberarsi dal giogo del Colonnello. La morte di Gheddafi scrive la parola fine ad un regime controverso, durato 42 anni. Lo scontro è iniziato il 15 febbraio 2011, con una manifestazione dei familiari delle vittime del carcere di Abu Salim di Tripoli (1270 persone uccise in seguito ad una esecuzione di massa nel 1996), degenerata in battaglia. La Cirenaica diventa l’epicentro della rivolta: a Bengasi, Tobruq, Derna, Al Beida, Ajdabiya vengono prese d’assalto le caserme e basi militari del regime. L’esercito si schiera con Gheddafi portando il paese nel baratro della guerra civile. Da una parte ci sono le tribù dell’Est, raggruppate sotto l’ombrello del Consi-

On October 20th, 2011, the Lybian rebels capture and kill Muammar Gaddafi as he tried to escape from his hometown, Sirte. Thus is how the civil war, which covered Lybia with blood, ends: after eight months of clashes, 30,000 dead and 50,000 wounded, the Lybian revolutionaries, helped by NATO’s intervention , manage to free themeselves from the Colonel’s yoke. Gaddafi’s death sets and end to a controversial regime which lasts 42 years. The conflict begins on February 15th, 2011 with a demonstration of the families of Tripoli’s Abu Salim ‘s prison’s victims (1270 people killed after a mass execution in 1996), which then degenerates into battle. The Cyrenaica becomes the epicenter of the revolt: barracks and regime’s military bases are attacked in Benghazi, Tobruq, Derna, Al Beida, Ajdabiya. The army sides with Gaddafi, taking the country into civil war’s abyss. 9


glio Nazionale Transitorio (CNT) di Bengasi, che rappresenta chi si ribella al regime, dall’altra la Tripolitania e il Fezzan, sostenute dal Rais. Nello scontro, sanguinoso, si inseriscono anche questioni etniche e linguistiche, come quelle dei berberi dello Djebel Nafusa. Si rompono gli equilibri politici e tribali che il Colonnello Gheddafi aveva tenuto in piedi sin dalla presa del potere nel 1969. Circa un mese dall’inizio del conflitto, 19 Marzo 2011, la NATO, capitanata dalla Francia, decide di intervenire: ufficialmente per difendere i civili, ma in realtà come supporto alle forze ribelli. Lo scontro si protrae per mesi, con momenti di stallo alternati ad improvvisi avanzamenti. La svolta arriva il 21 agosto, quando i ribelli annunciano di aver preso Tripoli. In realtà, si combatte ancora, con gruppi di cecchini e sacche di lealisti sparsi per la città. La presa di Tripoli culmina con la battaglia al compound di Gheddafi, Bab el Azizia, cuore del potere del Colonnello, espugnato dai ribelli dopo ore di sanguinosi combattimenti. I giorni seguenti i combattimenti toccano il quartiere lealista e ultimo baluardo della resistenza dei fedelissimi di Gheddafi, Abu Salim. Il 26 agosto circa duecento cadaveri vengono ritrovati nell’ospedale di Abu Salim, parte di loro sono mercenari assoldati dal Rais. Il 28 agosto, durante la ritirata della 32° Brigata di Khamis, figlio di Gheddafi, un altro massacro: 170 cadaveri, molti dei quali carbonizzati, nel quartiere di Khallat el Furjan, nella periferia di Tripoli. Dopo la presa della capitale, solo Sirte, Bani Walid e Sabha rimangono sotto il controllo delle truppe fedeli 10

From the one part the Eastern tribes, grouped under the umbrella of Benghazi’s National Transitory Council (NTC), which represents those who rebel against the regime; from the other part, Tripolitania and Fezzan, incurred by the Rais. Ethic and linguistic issues, such as Djebel Nafusa’s Berbers’ matters, are also part of the bloody conflict . The political and tribal balances maintained by the Colonnel Gaddafi since his assumption of power in 1969, get broken. About a month after the beginning of the conflict, on March 19th, 2011, NATO, led by France, decides to intervene: officially to protect civilians, in reality to support rebels’ forces. The conflict lasts for months, alternating moments of stalemate with sudden progresses. The turning point comes on the 21st of August, when rebels announce that they’ve conquered Tripoli. In fact, the battle is still going on with groups of snipers and pockets of loyalists around the city. The capture of Tripoli culminates with the battle against Gaddafi’s compaund, Bab el Alzizia, heart of the Colonnel’s power, conquered by rebels after hours of bloody clashes. The days following the fightings affect Abu Salim, the loyalist neighborhood, last bastion of Gaddafi’s supporters’ resistence. On August 26th, about two hundred corpses are found in Abu Salim’s hospital, part of them, belongs to Gaddafi’s mercenaries. On August 28th, during the withdrawal of the Brigade of Kamis, Gaddafi’s son, another massacre is discovered: 170 corpses, most of them buried, are found in Khallat ‘s headquarter in Tripoli’s suburbs.


al vecchio governo. L’assedio di Sirte, ultimo baluardo di un Gheddafi oramai in fuga da se stesso, è la battaglia più cruenta di tutto il conflitto. Dopo un mese di assedio e migliaia di morti, a fine ottobre i libici possono festeggiare la fine del regime e odorare la possibilità di una nuova forma di governo. Il Consiglio Nazionale di Transizione è l’organo politico che si è contrapposto nel 2011 al Governo di Gheddafi. È composto da 31 membri, ma le facce più note sono quelle di Mustafah Abdel Jalil, Presidente, Mahmud Jibril, primo Ministro ad Interim, Hafiz Goga, portavoce nonché vicepresidente, Omar al-Hariri, responsabile delle questioni militari. Al suo interno sono diverse le anime: dai filo occidentali, ai liberisti, con una discreta presenza di simpatizzanti dell’islamismo radicale. Tra i compiti del Cnt quello di organizzare libere elezioni ed una costituente. Il Consiglio è affiancato da un Consiglio militare composto da 15 alti ufficiali. In ottobre iniziano a manifestarsi le prime frizioni all’interno del Governo provvisorio. La presenza jihadista è forte, tanto che il generale Abdel Hakim Belhadj viene nominato comandate della piazza di Tripoli. Belhadj si chiama in realtà al Hasadi, ed è un ex terrorista ed ex detenuto a Guantanamo. Si convoca comunque il primo incontro internazionale con Francia, Inghilterra e Italia, per discutere della ricostruzione. Nel 2011 in Libia si è combattuto per il desiderio di libertà, con la speranza di abbattere un regime fondato sull’appartenenza tribale e sul clan famigliare. La famiglia Gheddafi controllava direttamente o attraverso amici, l’intera macchina economica della Libia, soprat-

After the capture of the capital, only Sirte, Bani Valid and Sabha remain under the control of troops loyal to the old government. The siege of Sirte, last bastion of a Gaddafi now running away from himself, is the bloodiest battle of the entire conflict. At the end of October, after a month of siege and thousand deaths, the Lybians can celebrate the regime’s end and perceive the possibilty of a new form of government. The National Transitory Council is the political body that opposed Gaddafi’s government in 2011. It is composed of 31 members; the most famous faces are those of Mustafah Abdel Jalil, the President, Mahmoud Jibril, the Interim Prime Minister, Hafiz Goga, spokesman and vice president, Omar al‐Hariri, head of military affairs. Inside NTC, souls are different: from pro­‐Western till Liberals, with a considerable number of radical Islam’s supporters. The NTC is assisted by a military council composed of 15 senior officers. In October, the Provisory Government’s first clutches, begin to manifest. The jihadist presence is so strong that the General Abdel Hakim, is appointed as commander of Tripoli’s square. Belhadj’s true name is, in reality, Al Hasadi; he’s a former terrorist and former detainee at Guantanamo. Though this, the first international meeting with France, England and Italy conceived to discuss about reconstruction, is still convened. In 2011, Libyan people have fought moved by the desire for freedom, hoping to overthrow a regime based on tribal belonging and familiar clan. The Gaddafi’s family controlled, directly, or trough friends, the whole economic machine of Libya, especially the oil business. 11


tutto il buisness del petrolio. Dopo il conflitto, il meccanismo si è rotto e l’intero pacchetto del controllo dei giacimenti - prima in buona parte italiani - deve essere ridiscusso attraverso nuove alleanze internazionali. Ed ora Francia e Inghilterra, grandi sponsor della rivoluzione, sono in prima fila, a discapito dell’Italia, forse troppo amica del Colonnello.

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After the conflict the mechanism has been broken and the whole package of the control of deposits ‐ before , in good part, italians ‐ must now be renegotiated through new international alliances. Now, France and England, big sponsors of the revolution, are on the front line and this, to the detritment of Italy, maybe a nation too much friend of the Colonel.


La mostra

The exposition Raffaele Crocco

Usando la parola per lavoro, ho spesso invidiato la fotografia. L’ho invidiata per la capacità di raccontare sempre in modo secco, immediato, senza retorica, la realtà. La parola è lenta, al confronto. Prendete il racconto di una guerra: righe su righe per far capire dramma o esaltazione, sconfitta o vittoria. Certo, si narrano particolari, si va in profondità, ma spesso tutto questo lascia in soffitta l’emozione, il dolore, l’umanità. La foto è lì, che ti guarda, mentre la guardi. E’ lì e ti spiega esattamente cosa è accaduto, cosa provavano i protagonisti, qual era l’odore o la puzza di quel momento. Insomma, è stata l’invidia del giornalista a convincermi che dalle foto di Fabio Buciarelli si doveva ricavare una mostra. E visto che lui è proprio bravo a far foto, è stato un bene per tutti che lui abbia accettato. La cosa magnifica è che abbiamo concordato da subito su quasi tutto, come sul taglio da dare alle foto:

Using words for my work, I often envied photography. I envied its ability to tell reality without rhetoric and always in a sharp, immediate way. Words are slow, in comparison. Take the story of a war: lines and lines of words to explain the drama or the excitement, the defeat or the victory. Of course you can go deep into details, but you often leave out emotions, pain and humanity. The picture is there, looking at you, while you look at it. There, telling you exactly what happened, what the people were feeling, what the smell or the stench were in that moment. In short, it was the journalist’s envy to convince me that it was worth making an exhibition out of Fabio Bucciarelli’s pictures. And considering that he is very good at taking them, it was really nice that he accepted. The great thing is that we agreed on almost everything from the start. For example, on the pictures choice: uncompromised, rough, ruthless, just like the narration of some13


senza sconti, dure, spietate, come deve essere il parlare di una cosa orribile come la guerra. Abbiamo trovato l’intesa senza mediazioni anche per l’uso del bianco e nero. Non è stata una scelta snob e nemmeno nostalgica. Il problema che ci siamo posti – e che ci poniamo in questo costante lavoro di giornalisti o fotogiornalisti – è come riportare la guerra ad una dimensione reale, cioè tremenda, brutta. Drammatica. In questi anni, film pseudo realistici, reportage televisivi discutibili, video giochi, hanno colorato la guerra, rendendola quasi irreale, immateriale, comunque lontana da noi, dalla nostra quotidianità. La guerra rimane confinata in un limbo estraneo: sappiamo che c’è, la vediamo in tv, ma non ci appartiene. I morti, così colorati nel loro sangue, sembrano finti. I paesaggi devastati sembrano scenari da fiction. Le popolazioni in fuga paiono comparse cinematografiche. Troppo colore, questo è il problema. Di qui la decisione di usare il bianco e nero, per tornare a dare tempo definito, spazio definito, emozioni definite, alla guerra e ai protagonisti. Una scelta che mette limiti, perché è nel dire basta alle troppe informazioni, alle troppe immagini, ai troppi racconti che si tracciano i confini precisi e brutali della guerra. E’ quello che tentiamo di fare ogni giorno, camminando dentro questo mestiere, che resta il più bello e il più difficile del mondo.

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thing as horrible as war should be. We found total agreement also on the use of black and white. It was not out of snobbery, nor for nostalgic reasons. The problem we set ourselves – and that we keep on setting in the course of the journalists and photojournalists’ work – is how to bring war back to a realistic dimension, indeed a terrible, ugly and dramatic one. In recent years, pseudo-realistic films, controversial television reports and video games have given colours to war, making it almost unreal, immaterial, distant from us and from our daily lives. War remains confined in a foreign limbo: we know it exists, we watch it on tv, but it does not belong to us. The dead, so colourful in their own blood, seem fake. The devastated landscapes appear as fiction scenarios. The population on the run looks like extra in a movie. Too much colour, that is the problem. Hence, the decision to use black and white. To give war and its protagonists back their well-defined time, space and emotions. A decision that sets some limits, because it is by saying no to the surplus of information, images and accounts, that you can define the precise and brutal character of the war. That is what we try to do every day, walking through this profession, which remains the nicest and most difficult in the world.


Introduzione Introduction



La guerra se la conosci la annusi

If you know war well, then you can smell it. Domenico Quirico

La guerra: l’hai letta sui libri e sui giornali. Ma altra cosa è una guerra che si vede, si ode, si tocca, che non possiamo più immaginare o colorire secondo l’umor nostro. Anzi di più: la guerra che fiuti, L’Odore della guerra, come ha sintetizzato Fabio Bucciarelli nella sua esposizione. Perché l’olfatto è davvero il più forte dei sensi, si annusano le cose prima di vederle. La guerra dunque, un’altra guerra da raccontare, l’ultima di un elenco innumerevole, dai tempi in cui Omero, rubando il mestiere agli dei, posò lo sguardo sulla piana insanguinata di Ilio. E vi trovò, stretti insieme, odio e pietà, l’uomo insomma. Una guerra civile, quella di Libia, gli otto mesi in cui si è ramificata con un andamento di epidemia, di alluvione, senza logica. La peggiore perché fratricida, la più barbara, che non ci consente distinzioni; come un vento irresistibile ammucchia da una parte e dall’altra, separati dalle irreparabili uccisioni, massacri, assassini, violazioni, rapine, il complesso delle popolazioni.

War: you have read about it on books and on newspapers. However, a far cry from this is the war that you see, hear, touch, the one we can not imagine or colour according to our mood. Even more than this: the war you smell out. The Smell of the War, as Fabio Bucciarelli has summed up in his exhibition. Smell is truly the strongest of senses: we sniff things before seeing them. War, another war to tell about, the last one of an endless list, since when Omerus, stealing the Gods’ job, watched over Ilio’s bloodstained plain. There he found, binded together, hate and mercy. In a word, he found man. A civil war, the Libyan one. Eight months during which war branched out just like an epidemic, like a flood, with no logic. The worst war because fratricidal, the most barbaric, one which does not allow distinctions; like an irresistible wind it piles up, on both one side and the other – divided by irreparable casualties, massacres, murders, violations, plunders – the whole population. Fabio Bucciarelli is a thirty years old engineer who fell 17


Fabio Bucciarelli è un ingegnere trentenne che si è innamorato della fotografia, ora scatta per le grandi agenzie e i quotidiani del mondo intero, da La Stampa a Le Monde. Sa di far male, di graffiare, la mente ed il cuore, con il suo bianco e nero temerario. Non ne ha rimorso o timore. Non per cupidigia o cinismo: ma perché quella è una parte della terapia, trovar cioè quasi l’eco del dolore umano prima che esso diventi urlo ghigno rivolta disperazione ferocia; e quello perpetuo e uguale, sepolto nel cuore di tutti. Ha scelto, fin dagli albori dell’insurrezione, a Bengasi, gli insorgenti e i ribelli, si è accodato impavido al primo avventuroso andamento dei pochissimo contro i moltissimi. I tempi di Brega e Ras Lanuf, della guerra del deserto e di quell’incantato litorale. La racconta soprattutto con i volti dei ribelli e le loro armi umili, annegate nella luce ardente dell’estate libica. Sì, l’uomo è forte se potè durare la battaglia libica. Bisogna andare con l’esposizione di Bucciarelli in quei luoghi oggi e ripensare la stagione sciagurata; trovare nel silenzio incerto e sospeso come un rimorso a scaldarti a questo sole e a questa pace. Poi nell’esposizione irrompono le immagini e le storie degli altri, dei vinti: per noi è carta, per loro carne viva. Finora soddisfatti, noi, l’Occidente, di esserci allineati, con lo scomodo mediocre di qualche bomba gettata alla rinfusa, qua e là, dalla parte dei buoni e dei giusti (che sono sempre i vincitori). Bello ma falso. Dobbiamo affrontarle, quelle immagini, nel confronto atroce, faccia per faccia, gesto per gesto: violenza viltà paura fame stanchezza infinita nei volti dei catturati, dei prigionieri chiusi in gabbia come bestie, nell’attesa disperata della punizione. E per quelli che sono fuggiti, lì 18

in love with photography. Now, he takes photos for big press agencies and newspapers from all over the world, from La Stampa to Le Monde. He is aware of hurting and scratching the heart and the mind, using his reckless black and white. He feels no remorse or fear about this. This is not because of greediness or cynicism, but because it is part of a therapy: finding human pain’s echo before it becomes scream, sneer, riot, despair, ferocity, the same and endless echo buried in every people’s heart. Since the beginning of the insurrection, in Benghazi, he chose to join the rebels’ side; fearless, he took part in the first adventurous run of the few against the many. The times of Brega and Ras Lanuf, when the war was in the desert and beside that enchanted shore. He tells about this mainly through the rebels’ faces and their humble weapons, drowned into the Libyan Summer’s burning light. Yes, the man is strong if he could survive the Libyan conflict. We have to go in those places now with Bucciarelli’s exhibition in mind, and look back to that miserable season, finding in the uncertain and pending silence some kind of remorse that warms us in this sun and peace. Then, the images and stories of the others, the won ones, burst in the exposition: for us it is only paper, for them it is bare flesh. So far, we, the Western world, are satisfied to have taken the side of the good and right ones (the winners, as always) and their uncomfortable and mediocre action of randomly dropping some bombs. Nice but false. We must face those images, notice the awful comparison, face to face, gesture by gesture: violence, cowardice, fear, starvation, infinite weariness on the faces of the captured and of the prisoners, locked in cages as animals, in desperate wait for punishment. And for those who fled, their women, wives,


sono rimaste le loro donne, mogli madri sorelle, impietrite dal rimorso e dallo spavento: come le tre strazianti Maddalene di Tripoli, legate ai “mercenari”, che si ribellano con un urlo infinito: son carne loro, i colpevoli, possono staccarsene, gettarli tra i rifiuti? Alla fine dell’esposizione, la foto: il cadavere di Gheddafi, l’immagine che ha reso Bucciarelli celebre nel mondo. La prova della fine, la profanazione oscenamente liberatoria, perché solo in quel modo, mettendosi in fila per spiare quel cadavere di un vecchio straziato, i libici tutti, quelli che avevano vinto e quelli che avevano semplicemente atteso, divincolandosi a fatica dalla tragedia, potevano liberarsi di lui, della sua presenza che li occupava e li soffocava da 40 anni. E quella foto, in un lampo, ci smarrisce, illusi di poter vedere così chiaro fino all’avvenire, anche in quel groviglio di bande, di minacce, di speranze, di inganni, di cupidigie sempre più fitto.

mothers and sisters remained back there, petrified by remorse and fear: just like the three harrowing Magdalenes of Tripoli, linked to mercenaries, who rise up with an endless cry; the guilty ones, they are their flesh and blood. Can they part from them and leave them in the garbage? At the end of the exhibition, the photo: Gaddafi’s corpse, the image that made Bucciarelli famous all over the world. The proof of the end, the obscenely liberating desecration. Only in that way, getting in line to peep at an old man’s mangled corpse, all the Libyans, those who won and those who simply waited, wiggling out of the tragedy with difficulty, could get rid of him, of his presence, that controlled and choked them for 40 years. That picture, in a flash, makes us lost, and leaves us with the illusion to see clearly into the future, even in that increasingly dense tangle of factions, threats, hopes, deceptions and greed.

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Fabio Bucciarelli - L’Odore della Guerra - La guerra vicina, la guerra lontana

Bengasi, Marzo 2011. Manifestazione contro il regime di Gheddafi. Benghazi, March 2011. Anti-Gaddafi demonstration. 20



Fabio Bucciarelli - L’Odore della Guerra - La guerra vicina, la guerra lontana

Brega, Marzo 2011. Un guerrigliero della rivoluzione bacia il suo kalashnikov prima di andare a combattere contro i soldati di Gheddafi. Brega, March 2011. A revolutionary fighter kisses his kalashnikov before fighting against Gaddafi’s soldiers. 22



Fabio Bucciarelli - L’Odore della Guerra - La guerra vicina, la guerra lontana

Sirte, Ottobre 2011. Uno guerrigliero della rivoluzione seduto su un razzo montato su un pickup nel deserto nei pressi di Sirte. Sirte, October 2011. A revolutionary soldier sits on a rocket mounted on a pickup in the desert near Sirte. 24



Fabio Bucciarelli - L’Odore della Guerra - La guerra vicina, la guerra lontana

Sirte, Ottobre 2011. Guerriglieri della rivoluzione durante la battaglia contro i soldati di Gheddafi. A causa dei violenti scontri, le tubature sono state distrutte ed ora il combattimento continua lungo le strade sommerse di acqua. Sirte, October 2011. Revolutionary fighters during the battle against Gaddafi’s soldiers. Due to the heavy fighting, the water main have been destroyed, and now the battle continues along the streets flooded with water. 26



Fabio Bucciarelli - L’Odore della Guerra - La guerra vicina, la guerra lontana

Sirte, Ottobre 2011. Guerriglieri della rivoluzione durante la battaglia di Sirte. Sirte, October 2011. Revolutionary soldiers take position during the fighting in Sirte. 28



Fabio Bucciarelli - L’Odore della Guerra - La guerra vicina, la guerra lontana

Sirte, Ottobre 2011. Rivoluzionari bombardano Sirte con i razzi Katiuscha. Sirte, October 2011. Revolutionary soldiers attack Sirte with Katiusha rockets. 30



Fabio Bucciarelli - L’Odore della Guerra - La guerra vicina, la guerra lontana

Ouagadougou, Ottobre 2011. Edifici distrutti lungo la strada che porta a Sirte. Ouagadougou, October 2011. A view of destroyed buildings on the road to Sirte. 32



Fabio Bucciarelli - L’Odore della Guerra - La guerra vicina, la guerra lontana

Sirte, Ottobre 2011. Un guerrigliero della rivoluzione durante i combattimenti contro i lealisti. Sirte, October 2011. A revolutionary fighter takes position during the fighting against loyalists. 34



Fabio Bucciarelli - L’Odore della Guerra - La guerra vicina, la guerra lontana

Tripoli, Agosto 2011. Un guerrigliero della rivoluzione ferito durante gli scontri di Tripoli. Tripoli, August 2011. A revolutionary fighter has been injured during the fighting in Tripoli. 36



Fabio Bucciarelli - L’Odore della Guerra - La guerra vicina, la guerra lontana

Ras Lanuf, Marzo 2011. Un guerrigliero ferito viene portato all’ospedale di Ras Lanuf. Ras Lanuf, March 2011. An injured revolutionary soldier is carried to Ras Lanuf ‘s hospital. 38



Fabio Bucciarelli - L’Odore della Guerra - La guerra vicina, la guerra lontana

Vicino Sirte, Ottobre 2011. Un guerrigliero della rivoluzione ferito, piange la morte di un suo compagno ucciso dai soldati di Gheddafi durante gli scontri per la conquista di Sirte. Near Sirte, October 2011. An injured revolutionary soldier cries the death of his companion killed by Gaddafi’s soldiers during the fighting in Sirte. 40



Fabio Bucciarelli - L’Odore della Guerra - La guerra vicina, la guerra lontana

Tripoli, Agosto 2011. Mercenari di Gheddafi catturati dai rivoluzionari durante gli scontri per la conquista del quartiere di Abu Salim. Tripoli, August, 2011. Gaddafi’s mercenaries captured by revolutionary fighters during the battles for the conquest of Abu Salim district. 42



Fabio Bucciarelli - L’Odore della Guerra - La guerra vicina, la guerra lontana

Bengasi, Marzo 2011. Corpo di un guerrigliero della rivoluzione all’obitorio di Bengasi. Benghazi, March 2011. The Corpse of a revolutionary fighter in Benghazi’s morgue. 44



Fabio Bucciarelli - L’Odore della Guerra - La guerra vicina, la guerra lontana

Sirte, Ottobre 2011. Un guerrigliero della rivoluzione prega durante i combattimenti contro i soldati di Gheddafi. Sirte, October 2011. A revolutionary fighter prays during the fighting against Gaddafi’s soldiers. 46



Fabio Bucciarelli - L’Odore della Guerra - La guerra vicina, la guerra lontana

Fra Brega e Ras Lanuf, Marzo 2011. Un guerrigliero della rivoluzione guarda il cielo dopo un attacco aereo dell’esercito di Gheddafi. Between Brega and Ras Lanuf, March 2011. A revolutionary fighter checks the sky after an air attack launched by Gaddafi’s forces. 48



Fabio Bucciarelli - L’Odore della Guerra - La guerra vicina, la guerra lontana

Bengasi, Febbraio 2011. Donne sub Sahariane nel centro di accoglienza temporaneo. Le donne, provenienti da Eritrea, Somalia e Darfur hanno attraversato il deserto prima di arrivare in Libia. Benghazi, February 2011. Sub Saharan women in temporary refugee’s centre. The women, coming from Eritrea, Somalia and Darfur have been crossing the desert before arriving in Libya. 50



Fabio Bucciarelli - L’Odore della Guerra - La guerra vicina, la guerra lontana

Sirte, Ottobre 2011. Guerriglieri della rivoluzione si riposano sotto un carro armato fuori dalle mura della città. Sirte, October 2011. Revolutionary fighters take a rest under a tank outside the city’s walls. 52



Fabio Bucciarelli - L’Odore della Guerra - La guerra vicina, la guerra lontana

Sirte, Ottobre 2011. Un fumo nero si alza da Sirte dopo gli attacchi dei guerriglieri della rivoluzione contro le posizioni di Gheddafi. Sirte, October 2011. A black smoke rising from Sirte after the attacks of the revolutionary fighters against Gaddafi’s positions. 54



Fabio Bucciarelli - L’Odore della Guerra - La guerra vicina, la guerra lontana

Tripoli, Agosto 2011. Un cadavere di un soldato di Gheddafi lungo la strada che porta al quartiere di Abu Salim. Tripoli, August 2011. A dead body of Gaddafi’s soldier lying along the road to Abu Salim district. 56



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Bengasi, Marzo 2011. Guerriglieri della rivoluzione piangono sulla bara di un loro compagno morto durante gli scontri di Brega. Benghazi, March 2011. Revolutionary fighters cry the death of their companion died during the clashes in Brega. 58



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Bengasi, Marzo 2011. Un guerrigliero della rivoluzione viene curato all’ospedale di Bengasi dopo essere stato ferito dall’esplosione di un deposito munizioni. Benghazi, March 2011. A revolutionary fighter is treated at Benghazi’s hospital after having been injured during an explosion of an arms’ depot. 60



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Tripoli, Settembre 2011. Guerriglieri della rivoluzione festeggiano sparando al cielo nella Piazza dei Martiri, ex Piazza Verde. Tripoli, September 2011. Revolutionary fighters celebrate by shooting to the sky in Martyrs’ Square, the ex Green Square. 62



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Tripoli, Agosto 2011. Un aereo governativo distrutto dai raid aerei NATO. Tripoli, August. 2011. A government’s plane destroyed by NATO’s air raids. 64



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Periferia di Tripoli, 27 Agosto 2011. Uomo libico si dispera all’interno del capannone che contiene i resti delle 50 persone bruciate vive dai soldati di Gehddafi. Suburb of Tripoli, August 27th 2011. A libyan despairs himself inside the warehouse which holds the remains of the 50 burned bodies. 66



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Sirte, Ottobre 2011. Un rivoluzionario durante le operazioni di rastrellamento. Sirte, October 2011. A revolutionary fighter during mobbing up operations. 68



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Vicino Sirte, Ottobre 2011. Guerriglieri della rivoluzione nei dormitori della centrale elettrica diventata quartiere generale degli shabab a 50km da Sirte. Near Sirte, October 2011. Revolutionary fighters in the dormitories of the power plant turn to Shabab’s headquarters 50km from Sirte. 70



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Vicino Sirte, Ottobre 2011. Guerrigliero della rivoluzione imbraccia il suo kalashnikov nel quartiere generale dei ribelli. Near Sirte, October 2011. Revolutionary fighter embraces his kalashnikov at the rebels’ headquarters. 72



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Tajura, Agosto 2011. Sospetti mercenari di Gheddafi provenienti dalle zone Sub Sahariane detenuti a Mrauna, una scuola convertita in prigione vicino Tripoli. Tajura, August 2011. South Saharan suspected Gaddafi’s mercenaries detained in Mrauna, a school converted into a prison near Tripoli. 74



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Tripoli, Settembre 2011. Parenti dei sospetti mercenari piangono fuori dalla prigione della medina dove sono imprigionati i loro mariti. Tripoli, September 2011. Relatives of suspected Gaddafi’s mercenaries cry outside a medina’s prison where their husbands are jailed. 76



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Misurata, 20 Ottobre 2011. Il corpo di Muammar Gheddafi il giorno della sua uccisione. Fino al giorno successivo, il corpo non è stato mostrato ai media. Questa è l’unica fotografia del Colonnello il giorno della sua morte in una casa dei ribelli a Misurata. Misurata, 20 October 2011. The body of Muammar Gaddafi the day of his murder. Until the next day, the body was not shown to media. This is the only picture of the Colonel taken the day of his death in a rebels’ house in Misurata. 78



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Sirte, 20 Ottobre 2011. Soldati della rivoluzione ringraziano Allah dopo la morte di Gheddafi. Sirte, 20 October 2011. Revolutionary soldiers thanks Allah after the death of Gaddafi. 80



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Sirte, Ottobre 2011. Guerriglieri della Rivoluzione festeggiano a Sirte. Sirte, Ottobre 2011. Revolutionary soldiers celebrate in Sirte. 82



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Misurata, Ottobre 2011. Donne e bambini festeggiano nella piazza della Libertà di Misurata la fine del regime di Gheddafi. Misurata, October 2011. Women and children celebrate the end of Gaddafi’s dictatorship in Misurata’s Freedom Square. 84




Biografia di Fabio Bucciarelli Biography of Fabio Bucciarelli info@fabiobucciarelli.com www.fabiobucciarelli.com Fabio Bucciarelli è nato a Torino nel 1980. Si laurea in Ingegneria delle Telecomunicazione presso il Politecnico di Torino. Dopo aver vinto il Master dei Talenti della Fondazione CRT si dedica completamente alla fotografia. Nel 2009 comincia a lavorare come staff per l’agenzia LaPresse/Ap per la quale copre eventi di breaking news. Nel 2010 collabora con Il Fatto Quotidiano, L’Espresso, La Stampa e le agenzie Sipa e Emblema. Nel 2011 documenta le rivoluzioni del mondo arabo e comincia a scrivere per Il Fatto. Vince diversi premi internazionali e le sue immagini vengono pubblicate dal The Times, The Telegraph, Stern, Vanity Fair, Internazionale, La Repubblica, Le Monde, La Stampa. Come freelance ha documentato conflitti, disastri naturali e problemi sociali in Europa, Sudest Asiatico e Medio Oriente. Nel 2012 pubblica il libro L’Odore della Guerra. E’ rappresentato dall’agenzia LUZphoto.

Fabio Bucciarelli was born in Turin, Italy, in 1980. He received the MS in Communication Engineering in 2006 from Politecnico di Torino. After winning the master of Talents of the CRT Foundation, he dedicates himself completely to photography. In 2009 he began working as a staff photographer for the agency La Presse/Ap for which he covered international breaking news events. In 2010 he collaborates with Il Fatto Quotidiano, L’Espresso and with Sipa and Emblema agencies. In 2011 he covered the Arab revolutions and began to write for Il Fatto. He won several international awards and his images are published by The Times, The Telegraph, Stern, Vanity Fair, Internazionale, La Repubblica, Le Monde, La Stampa. As a freelance he has documented conflicts, natural disasters and social issues in Europe, Southeast Asia and Middle East. In 2012 he published the book “The smell of the war”. He is represented by LUZphoto Agency. 87


Finito di stampare aprile 2012 tipografia EuroGrafica - Vinci





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