Il Paese a sei zampe

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CDCA FOCUS ENI 2019

L’ENI E IL MODELLO ENERGETICO FOSSILE La premessa sin qui esposta permette di mettere in luce la forte dipendenza che ancora oggi l’Italia ha dalle fonti fossili. Ciò è dovuto in parte a politiche poco ambiziose dal punto di vista ambientale varate dai governi susseguitesi negli ultimi decenni, in parte all’ingombrante presenza di player dell’energia che continuano a contribuire fortemente all’elaborazione delle politiche energetiche, ottenendo che il mercato del’oil&gas continui ad avere un ruolo rilevante a livello nazionale. Se nel dibattito pubblico è sempre più comune individuare posizioni orientate alla tutela dell’ambiente e del clima, è altrettanto evidente che tali dichiarazioni non sono accompagnate da politiche aziendali né di indirizzo politico che vadano nella stessa direzione. Nella trattazione che segue si focalizzerà l’attenzione su una delle imprese che in Italia ha ruolo centrale nella produzione di energia: l’Eni. Tale scelta deriva in parte dal fatto che Eni è una controllata statale, essendo controllata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (4,34%) e da Cassa Depositi e Prestiti S.p.A (25,76%); in parte perché il suo operato incarna al meglio una dinamica - presente tanto a livello nazionale che globale - di carente concertazione con i territori che ne ospitano le installazioni, in cui ricadute spesso pesanti in termini ambientali e sanitari mal si coniugano con operazioni di marketing volte a restituire un’immagine aziendale di impresa attenta alle questioni ecologiche. Ne è esempio l’intenzione dichiarata da Eni di ridurre le emissioni in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi, che convive con la previsione di un ulteriore incremento della produzione di idrocarburi, ignorando le raccomandazioni della comunità scientifica impegnata nello studio delle cause e nell’elaborazione di soluzioni efficaci per il contrasto ai cambiamenti climatici. Tali raccomandazioni hanno più volte posto l’accento sulla necessità di ridurre - e progressivamente smettere - di utilizzare fonti fossili per garantire una reale riduzioni delle emissioni clima alteranti. Per meglio rendere l’incoerenza tra le due affermazioni è utile rileggere il comunicato stampa elaborato in occasione del lancio del Piano Strategico 2019-2022 di Eni. Sebbene specifichi che “la decarbonizzazione è strutturalmente presente in tutta la strategia”, il documento mette in risalto che “grazie alla grande quantità di nuovi permessi in bacini ad alto potenziale, si punta a realizzare 2,5 miliardi di barili di nuove risorse perforando 140 pozzi esplorativi nei quattro anni”. E non solo. La “produzione crescerà, nel periodo di Piano e oltre, del 3,5% su base annua, grazie all’avvio e al ramp-up dei nuovi progetti e ai numerosi FID

Nel 2018 la compagnia ha dichiarato che la produzioni di idrocarburi del 2017 è stata la più elevata di sempre con 1.82 milioni di boe/giorno, e che si prevede una crescita del 4% in più per l’anno 2018 (Fact Book ENI, 2017).

Nel 2019 la compagnia ha dichiarato che la produzione nel 2018 ha toccato un nuovo record, raggiungendo la quantità di 1.851 milioni di boe/giorno (Eni Relazione finanziaria annuale, 2018).


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