HANNO ADERITO AL
PROGETTO EDITORIALE
HANNO ADERITO AL
HOTEL & RESORT
Il Ristorante
La Locanda Cà del Moro ricavata da un’antica fattoria, è circondata da un castagneto secolare. Nelle suggestive cantine in pietra, o all’aperto sull’aia, potete gustare i deliziosi piatti proposti dai nostri chef, i quali, ai classici della tradizione contadina lunigianese, associano un’attenta ricerca delle novità più invitanti ed una rigorosa selezione di vini.
Via G. Bellotti 2 - Pontremoli (MS)
Resort +39 0187.832202
Ristorante +39 0187.830588
info@cadelmoro.it cadelmororesort.it
Il Resort
Circondato da prati dolcemente degradanti verso il fiume, il Resort Cà del Moro è un angolo di vera pace immerso nella campagna. Posizionato a margine del campo da golf, circondato da uno splendido parco con ulivi, cipressi e castagni secolari, l’albergo dispone di 26 camere, ristorante, bar, piscina e centro wellness.
Il Centro Benessere del Cà del Moro Resort, è stato progettato per essere un tutt’uno armonico con il paesaggio che circonda l’hotel , lungo tutto il percorso ci accompagnano gli stessi elementi naturali che ritroviamo intorno a noi nelle passeggiate sul lungofiume.
NEL SEGNO DI DANTE
Gentili lettori e lettrici,
le edizioni della nostra rivista Italia per Voi ripartono quest’anno con un progetto editoriale che unisce alla consueta promozione del territorio, e dei brand e servizi in esso presenti, il suo lato identitario storico-culturale cogliendo in pieno l’occasione fornita dalle celebrazioni dovute al “Sommo” Dante Alighieri, la cui visione lungimirante contestualizzava un settore territoriale con un’unica radice etnico-sociale divisa solo, attualmente, da regole geografiche amministrative imposte.
Il progetto di Italia per Voi s.r.l. vuol mettere, in questo caso, i suggerimenti dei brand della produzione tipica e dei servizi all’accoglienza turistica territoriale al servizio della cultura identitaria dello stesso territorio, per produrre un risultato finale di comunicazione a 360 gradi che, oltre alla guida cartacea diffusa capillarmente e professionalmente, unirà la versione digitale, sia in lingua italiana che inglese, direttamente sul nostro portale web www.italiapervoimagazine.it dove troverete le schede identificative di tutti i brand partecipanti, i blog connessi all’opera, le mappe del territorio e gli accessi ai nostri accounts social che divulgheranno tutto il progetto secondo le più moderne tecniche utilizzabili su questi canali. Doveroso il ringraziamento, con parti uguali di orgoglio e stima, a tutti gli aderenti ed agli enti che hanno permesso l’edizione ritrovando la forza di ripartire dopo quanto successo nell’ultimo biennio nella nostra nazione, a Mirco Manuguerra la cui conoscenza ed amicizia ci onora da quasi mezzo secolo, e, non ultimo, a tutto il nostro team che ha svolto il suo lavoro al meglio delle possibilità concesse dalle restrizioni sanitarie del momento, con la solita umiltà e professionalità che si richiede a chi vive nel mondo dell’impresa privata.
Buona lettura a tutti.
Gino Giorgetti Direttore Editoriale
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CON “ITALIA PER VOI”
La Lunigiana, terra di confine con una sua indiscutibile dignità storica e culturale, ha avuto un ruolo importantissimo nella vicenda umana e letteraria di Dante. C’è una leggenda che addirittura fa risalire a un’ intercessione di Moroello Malaspina del nobile casato lunigianese, nei confronti del Sommo Poeta, affinchè proseguisse la stesura della Commedia, ferma al canto VII dell’Inferno. Nelle città e nei borghi della Lunigiana, che qui trovate raccontati uno ad uno con grande precisione storica, l’ombra di Dante si aggira: la sua orma non si è cancellata, nei secoli. Sono settecento, quest’anno, gli anni dalla morte del grande Poeta e tutta Italia ne commemora la vita e le opere. Anche il Centro lunigianese di Studi danteschi, con sede a Mulazzo, fondato e presieduto da Mirco Manuguerra, vuole rendere omaggio a un uomo tuttora simbolo dell’Italia nel Mondo e alla terra che lo ospitò, esule, nel 1306. Lo fa in collaborazione con la casa editrice Italia per Voi s.r.l., punto di riferimento turistico-culturale del settore nazionale e, in particolar modo, per la Liguria e la Toscana.
In questo numero della rivista, trovate i luoghi lunigianesi, dove Dante ha soggiornato o di cui ha parlato nella sua opera. Facciamo riferimento, qui, alla Lunigiana in senso lato: molti studiosi sostengono l’esistenza di una regione storico-geografica lunigianese, che avrebbe come capoluogo ideale La Spezia. Tale regione comprende la Val di Magra, il Golfo dei Poeti, le Cinque Terre, la Val di Vara e l’Apuania: praticamente le due province della Spezia e di Massa. La Spezia, anche se non ha avuto “l’orma di Dante“, tuttavia è a pieno titolo in questa guida, perchè è la città dove sono conservati gli atti della Pace di Castelnuovo tra i Malaspina, marchesi di Villafranca e Antonio Nuovolone da Camilla, vescovoconte di Luni: pace siglata grazie alla mediazione diplomatica di Dante, allora in esilio in terra lunigianese. Tutta la poetica dantesca, in qualche modo, è l’esaltazione dell’esilio, come rifugio dell’anima che cerca la Pace: la Lunigiana, per Dante, è il luogo dove la sua natura inquieta ha trovato un riposo attivo, un rifugio dalle beghe politiche della natia Firenze.
L’esilio, o più semplicemente il viaggio, si trasforma in capacità di andare oltre, di accogliere, metabolizzare e poi restituire. Dante l’ha fatto in maniera suprema, tanto da rappresentare tuttora l’Italia nel Mondo. Poeta la cui attualità anche stilistica viene oggi rivalutata, ha tramandato modi di dire che ancora sono in uso: valga per tutti il “Bel Paese“ per indicare l’Italia e “tra Lerici e Turbia“ per circoscrivere il territorio ligure. Che la Lunigiana sia Liguria o che la Liguria includa la Lunigiana, infine, poco importa: parliamo di territori ricchi di storia e di bellezze naturali che la rivista “Italia per Voi“ cerca sempre di valorizzare e promuovere. Ricominciare dall’Italia è un segnale di fiducia nel nostro Paese e in noi stessi. Ascoltare la voce e la testimonianza del grande Poeta, ripercorrere i luoghi della sua orma, accogliere alcune proposte di viaggio di questa guida, è l’invito che vi facciamo.
Gabriella Mignani Direttore Responsabile
ITALIA PER VOI - ANNO IX
Nr. 52 - Marzo-Aprile 2021
Magazine sul turismo culturale nei territori e nei borghi d’Italia
Aut. Trib. SP nr. 1740/19
Iscrizione al ROC: N° 22857
Direttore Responsabile
Gabriella Mignani
Testi di Mirco Manuguerra
Progetto Editoriale
ITALIA PER VOI s.r.l.
Sede e contatti
Via Vittorio Veneto 255 - SP italiapervoi@gmail.com
Direttore Editoriale e Servizio Amministrativo
Gino Giorgetti
Direzione commerciale
Maria Grazia Dallagiacoma
Mob. +39 333.8485291
Grafica, impaginazione e post produzione
Sara Fornesi
Social e fiere
Erika Giorgetti
Foto e immagini
Gino Giorgetti, Sara Fornesi
Altri contributi fotografici
Italia Per Voi s.r.l., Marco Lucchi, Sara Mulliri, Alice Borghini, Walter Bilotta, Enrico Amici, Le Cinque Erbe di Daniela Vettori, Comune di La Spezia, CLSD, Archivio di Stato della Spezia, Dante Pierini, Ca del Moro, Ruschi & Noceti, Coop Casearia Val di Vara, I Sapori del Borgo
Stampa e tiratura
Roto3 Industria Grafica S.r.l. 20.000 esemplari
L’IMPORTANZA DELL’ORMA LUNIGIANESE
SULLE STRADE DI DANTE
LUNIGIANA
I LUOGHI DELL’OSPITALITÀ I LUOGHI DELLA PACE
Mulazzo
Villafranca in Lunigiana
Giovagallo (Tresana)
LUOGHI DELLE CITAZIONI
DELLA TRADIZIONE
Fivizzano
Fosdinovo
Ponzanello
Luni
Bocca di Magra (Ameglia)
Lerici
La Spezia
Cinque Terre
Massa, Carrara e le Alpi Apuane
A TAVOLA CON DANTE IN LUNIGIANA
Tutti i diritti sono riservati. Qualsiasi riproduzione o utilizzo di copie è proibito. L’uso del nostro sito o della nostra rivista digitale è soggetto ai seguenti termini: tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di www.italiapervoimagazine.it può essere riprodotta, memorizzata in un sistema di recupero o trasmessa, in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronica, meccanica, fotocopia, registrazione o altro, senza previa autorizzazione scritta da parte di Italia per Voi s.r.l.
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PATROCINI
(a cura del presidente del Centro Lunigianese di Studi Danteschi)
Comitato Ufficiale per le Celebrazioni Lunigianesi del 700° anniversario della morte di Dante «Lunigiana Dantesca 2021»
Hanno aderito al Comitato «Lunigiana Dantesca 2021» i seguenti Comuni:
● Bagnone;
● Castelnuovo di Magra;
● Filattiera;
● Fosdinovo;
● Lerici;
● Licciana Nardi;
● Maissana;
● Monterosso al Mare;
● Mulazzo;
● Pontremoli;
● Sarzana;
● Tresana;
● Villafranca in Lunigiana.
Club Lunigiana Pontremoli
L’IMPORTANZA DELL’ORMA LUNIGIANESE
In un’epigrafe in Sarzana dettata nel 1906 per l’occorrenza delle Celebrazioni del VI Centenario del primo soggiorno di Dante in Lunigiana, sta un verso straordinario che è probabilmente da attribuire a Giovanni Pascoli: «Orma di Dante non si cancella». È in forza di questa verità che proponiamo con il presente fascicolo un viaggio attraverso i Luoghi Danteschi Lunigianesi come una tappa irrinunciabile nel panorama nazionale del turismo culturale, perché le Referenze che questa regione vanta sono in assoluto tra le più decisive. In effetti ci troviamo di fronte ad una materia tanto vasta ed importante da meritare d’essere trattata in un dominio a sé. Non deve dunque mervavigliare se dal 2002 il Centro Lunigianese di Studi Danteschi (CLSD) si esprime in termini di Dantistica Lunigianese. Non inganni il fatto che Firenze nella Divina Commedia è nominata assai più della Lunigiana, ma ne avrebbe fatto volentieri a meno. La Lunigiana è l’unica regione a cui Dante guarda con un pensiero sempre gentile, addirittura nostalgico, e la ragione di questo atteggiamento è molto semplice: qui in Lunigiana Dante, che di mestiere faceva il diplomatico, ricevette la folgorazione del suo modello di filosofia politica grazie all’esperienza della Pace di Castelnuovo. Sappiamo, infatti, che il 6 ottobre 1306 (ma lui era con certezza in Lunigiana già dal mese di aprile, come dimostrato da Livio Galanti) il Poeta concluse personalmente un accordo di pace con il vescovo-conte di Luni per conto dei marchesi Malaspina del ramo ghibellino dello “Spino Secco”. L’intuizione lunigianese della Pax Dantis, che troviamo compiutamente sviluppata nel trattato maturo della Monarchia, è dunque la ragione precisa della grandissima riconoscenza nutrita da Dante verso i Malaspina che troviamo eternamente fissata nell’elo-
gio assoluto del Casato posto in chiusura del canto VIII del Purgatorio. Si tratta in effetti di una lode insuperabile, poiché strutturata sulla prima terzina del poema: «la vostra gente on[o]rata» - dice Dante allo spirito di Corrado Malaspina il Giovane, marchese di Villafranca in Lunigiana - «sola va dritta e ‘l mal cammin dispregia». Nella lingua di Dante, nel lessico della Divina Commedia, sentirsi dire che si sta procedendo sul percorso illuminato della “diritta via” significa ricevere il più alto riconoscimento concepibile. Quello che Dante concede ai Malaspina è un vero e proprio Premio Nobel per la Pace ante litteram. Non a caso Corrado il Giovane, il grande protagonista di Pur VIII, è uno dei soli sei personaggi in tutta la Commedia a cui Dante si rivolge con l’uso riverente del “voi”. Di quel lodo fatale siglato in Castelnuovo Magra – cui dobbiamo la Divina Commedia come noi la conosciamo – si custodiscono nell’Archivio di Stato della Spezia i documenti originali rogati da Ser Giovanni di Partente di Stupio,
notaro in Sarzana. Nella biografia dantesca si tratta dell’unico documento conosciuto di tutto l’arco dell’esilio. Ciò significa che a parte Firenze dov’è nato e Ravenna dov’è morto, nessun luogo che non sia la Lunigiana, a sette secoli dalla sua scomparsa, può vantare l’orma certa del Poeta. L’elenco delle Referenze Dantesche Lunigianesi è davvero impressionante: oltre ai citati Atti della Pace di Castelnuovo, si annoverano il Canto VIII del Purgatorio (il “Canto lunigianese per eccellenza”); l’Epistola di frate Ilaro del monastero del Corvo ad Uguccione della Faggiuola; la Leggenda dei primi sette Canti dell’Inferno, la Corrispondenza poetica tra Dante, Cino da Pistoia e Moroello II di Giovagallo; l’Epistola IV dal Casentino a Moroello II Malaspina; l’insieme delle citazioni di luoghi o personaggi nell’opera omnia di Dante e alcune interessantissime questioni indirette: l’abbacinamento di Pier delle Vigne (Inf XIII) in Piazza San Geminiano a Pontremoli; il ma-
trimonio in Villafranca di Manfredina Malaspina (sorella di Moroello II di Giovagallo) con un figlio spurio del Conte Ugolino (Inf XXXIII); il soggiorno (e la probabile morte) di Guido Cavalcanti a Sarzana; le due novelle lunigianesi del Decamerone dedicate a Corrado il Giovane di Villafranca e al monastero del Corvo di Bocca di Magra... E altre cose ancora. Bene si comprende come una tale ricchezza di argomenti abbia prodotto nei secoli, senza soluzione di continuità a partire dal medesimo XIV secolo, una tradizione locale di studi danteschi di prim’ordine, a tutt’oggi ancora vivissima.
BIBLIOGRAFIA
Livio GALANTI, Il soggiorno di Dante in Lunigiana, Pontremoli, Artigianelli, 1985.
Mirco MANUGUERRA, Lunigiana Dantesca, Edizioni del Centro Lunigianese di Studi Danteschi, La Spezia, 2006.
Mirco MANUGUERRA, Dante e la pace universale (il Canto VIII del Purgatorio e altre questioni dantesche), Roma, Aracne editrice, 2020.
SULLE STRADE DI DANTE IN LUNIGIANA
MULAZZO (MS)
La Residenza ufficiale di Dante in Lunigiana
Mappa del borgo
Di fondazione anteriore al Mille, arroccata su di un erto colle posto a controllo della piana alta della Magra, Mulazzo, con la grande divisione dinastica operata da quel Corrado Malaspina indicato da Dante come “l’Antico” (Pur VIII 119), nel 1221 fu elevata al ruolo di capitale del ramo di estrazione ghibellina del Casato detto dello “Spino Secco”, comprendente i territori di -›Villafranca e di -›Giovagallo. Con la successiva spartizione operata dai figli dell’Antico, avvenuta nel 1266, il feudo assunse la dignità di mar-
chesato. Per Mulazzo essere il centro politico dell’intero ramo imperiale non significava soltanto assumere una precisa veste istituzionale, ma anche rappresentare la corte di riferimento per la secolare tradizione di ospitalità ai poeti esuli.
I Malaspina, infatti, erano tra i principali mecenati europei dei troubadour, i poeti erranti provenzali. Originata presso la sede avita di Oramala, in Val di Stàffora, la tradizione proseguì presso Franceschino, il reggente di Mulazzo all’epoca della venuta di Dante, cui Sennuccio del Bene, esule ed ospite a Mulazzo proprio come Dante, dedichò la chiusa della canzone “Da poi ch’i’ ho perduta ogni speranza”:
«E prima che tu passi Lunigiana
Ritroverai Marchese Franceschino
E con dolce latino
Gli dì che alquanto in lui spero
E come lontananza mi confonde, Priegal che sappi ciò che ti risponde».
La figura di Franceschino non trova menzione nella Divina Commedia, ma a celebrazione indiscutibile del feudo resta l’appellativo dantesco attri-
MULAZZO
“Dove la cultura è di casa”
Il museo ‘Casa di Dante in Lunigiana’ e il parco dantesco del borgo storico monumentale
Le Statue-Stele e gli antichi abitatori Liguri-Apuani
Le vestigia e le memorie degli otto castelli medievali
Gli stemmi dei Malaspina e le memorie dei cantori provenzali
Montereggio: Il “Cantamaggio” e l’epopea dei “Librai pontremolesi”
Il navigatore Alessandro Malaspina (1754-1810)
I vini e la cucina tipica lunigianese
buito al nonno in Pur VIII 119:
Fui chiamato Corrado Malaspina; non son l’Antico, ma di lui discesi:
Assieme a Obizzo il Grande, l’Antico (da scriversi rigorosamente con la maiuscola) è certo da indicare come uno dei massimi esponenti della famiglia malaspiniana. Egli fu genero dello stupor mundi, l’imperatore Federico II, poiché una tradizione accreditata vuole che ne abbia sposato la figlia
naturale Costanza. Di lui sappiamo che fu ghibellino accanito: fedelissimo servitore dell’Impero, combatté al fianco dell’imperatore e gli salvò la vita nella disfatta di Vittoria nel 1248.
L’Antico, in quanto artefice della rivoluzionaria scissione della marca, fu il probabile committente dei due Stemmi familiari (lo Spino Secco e lo Spino Fiorito), i quali si è scoperto che possono essere ricondotti all’opera dei maestri fondatori del movimento trobadorico, Guglielmo IX d’Aquitania e Jaufre Rudel, per il tramite di Guilhem de la Tor, cantore di aperte simpatie ghibelline attivo tra i castelli di Oramala, in Val di Staffora, e la corte di Mulazzo intorno a quel fatidico 1221.
Autore della Treva, canzone allegorica che fu continuazione di un canto perduto di Aimeric de Peguilhan, Guilhem de la Tor eterna Selvaggia e Beatrice – le figlie dell’Antico – nella finzione d’una disputa di palazzo: le fanciulle si contendono la palma di reginetta di virtù. Ebbene, quale sarebbe stata la “Donna”, cioè la Corte, più virtuosa: la Marca dello “Spino Secco”, ghibellina, o l’altra, guelfa, dello “Spino Fiorito”? Le due sorelle, ovviamente, erano i soggetti migliori per una pace che si voleva del tutto “naturale”: la speculazione alchemica sviluppata dal trobadour vuole che i due opposti (il Papa e l’Imperatore) si trasformino in elementi complementari ed inscindibili nella composizione aurea di quell’unica medaglia che è il Buon Governo del Mondo. Così la “Treva”, cioè la ‘tregua’, sancita dall’arte iniziatica del cantore, novello Virgilio, si faceva profezia inconsapevole di una rinnovata Lieta Novella, la Pax Dantis. Dante, infatti, in Pur VIII, non farà altro che sostituire le fanciulle con i due splendidi «astor celestiali» a guardia della Nobile Valletta, tanto luminosi in volto da prefigurare i «due Soli» fatali di Pur XVI. Sempre loro, naturalmente: il Papa e l’Imperatore.
I due stemmi, perciò, nel farsi espressione del fondamento sapienziale dell’equilibrio degli opposti, ci insegnano che alla base della divisione del Casato ci fu l’idea di dotarsi strategicamente sia della posizione guelfa che di quella ghibellina non per sprofondare nella sterile, nefasta diatriba che stava attanagliando l’Europa intera, ma al fine di incrementare il valore di insieme della Marca. Con ciò i Malaspina vengono restituiti alla Storia con la dignità che loro compete: non più volgari signorotti trattati alla stregua di ladri di polli da una pletora di accademici parrucconi e da storici improvvisati, ma autentici reggenti illuminati in tutto degni dell’Elogio assoluto di Dante.
In quanto capitale dello Spino Secco, il borgo di Mulazzo è da considerare il luogo di riferimento dell’ospitalità dantesca in Lunigiana. Si dirà perciò che Mulazzo è la Residenza Ufficiale di Dante in Lunigiana, mentre Villafran-
Di fronte al cuore del borgo, con terrazza panoramica, in un ambiente raffinato ed accogliente, a conduzione familiare, potrete gustare un ricco menù di piatti della cucina spagnola e della cucina tradizionale lunigianese. Carta dei vini con etichette della Lunigiana e di tutta Italia.
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ca e Giovagallo furono frequentati domicilii. In quest’ordine di idee, se è vero che il grande artefice della venuta del Sommo in Val di Magra è da considerare Moroello II di Giovagallo (non a caso quel feudo è onorato due volte nel Poema, con la citazione di lui e della moglie Alagia Fieschi), è a Franceschino di Mulazzo che va riconosciuto il ruolo di maggior ospite di Dante. Sappiamo che egli rappresentò il vero fulcro dell’intera organizzazione interna dello Spino Secco. Nel 1296 si fece promotore di un patto in cui è facile intravvedere l’intenzione di estendere all’intero Stemma quel principio di tutela del patrimonio familiare che fu imposto per volontà testamentaria da Corrado il Giovane di Villafranca (cosa per cui Dante lo immagina in penitenza presso l’Antipurgatorio) e il 6 ottobre del 1306 fu proprio lui, non altri, a conferire a Dante la procura in bianco, per sé e per i cugini di Villafranca (ove gli eredi del feudo erano poco più che ragazzi), affinché si pervenisse finalmente alla risoluzione della secolare vertenza con il vescovo-conte di Luni. In quella stessa occasione, per iniziativa di Dante, egli divenne impegnato ad ottenere la ratifica dell’accordo da parte del marchese di Giovagallo, poi puntualmente concessa. A conferma della statura non ordinaria del personaggio va infine considerato che nel 1307 – nonostante fosse rimasto sempre coerentemente legato alla causa ghibellina – il vecchio nemico Antonio Nuvolone da Camilla chiamò Franceschino ad
assumere il ruolo di proprio curatore testamentario.
Nell’intero comprensorio di Mulazzo il genius loci dantesco si è pienamente manifestato nella tradizione del Canto del Maggio e nel fenomeno straordinario dei cosiddetti “Librai pontremolesi”. Nel Borgo Storico Monumentale, paese natio di Alessandro Malaspina (1754-1810), grandissimo navigatore e scienziato, sono di estremo interesse diverse emergenze che fanno dell’intero sistema un unico Parco Dantesco.
Innanzitutto è da annoverare la grande base poligonale della torre degli obertenghi. Detta Torre di Dante per una antica e radicata memoria popolare, essa è parte integrante della Zona Dantesca voluta da Livio Galanti, grande dantista e indimenticabile sindaco del borgo al tempo delle celebrazioni del 1965. Sotto la Torre una tradizione certamente fallace, anche se accolta in un atto notarile di compravendita ottocentesco, indicava come “Casa di Dante” una improponibile costruzione rurale. Lì accanto, di una bellezza discreta ma altissima si staglia sullo sfondo degli splendidi contrafforti appenninici, la sagoma del Dante, ultima opera del maestro carrarese Arturo Dazzi (1966). Anch’essa commissionata
La Pineta
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da Livio Galanti per il VII Centenario della nascita del Poeta, il monumento rappresenta l’originalissima idealizzazione di un “Dante madre”, poiché il Poeta è ben raffigurato nell’atto di tenere stretto a sé in grembo il Libro della Commedia a mo’ di propria creatura.
Più in basso, nella splendida cornice di una casa-torre le cui fondamenta risalgono al XIII secolo, nel piano nobile dell’antichissima struttura caratterizzato da una splendida trifora e un soffitto con gigantesche travi di castagno, si trova la Casa di Dante in Lunigiana®, struttura polivalente del Centro Lunigianese di Studi Danteschi (CLSD). Sulla parete ovest delle mura esterne sta l’Epigrafe del Centenario a memoria dell’Anno Dantesco del 2006, dedicata a Livio Galanti e in laude del Canto VIII del Purgatorio. Da ammirare, ancora, l’eccezionalità di un epitaffio datato datata 1338, tuttora ben conservato, già un tempo attribuito ad un figlio spurio di Cino da Pistoia. L’ipotesi, particolarmente affascinante è stata ritenuta priva di fondamento in un lavoro tuttavia assai datato. In realtà un incontro in Mulazzo tra Dante ed il devotissimo amico poeta è da considerare praticamente certo. Cino, infatti, era in rapporti di stretta amicizia con il marchese
Moroello II di Giovagallo, capitano del Popolo a Pistoia nei primi mesi del 1306, e va senz’altro considerato come l’artefice più accreditato della venuta di Dante in Lunigiana. Infine, l’intero borgo è oggi contrassegnato dalla Via Dantis®, un itinerario che, sulla falsa riga della Via Crucis, permette, attraverso nove Stazioni per otto Canti fondamentali, di attraversare l’intero poema della Cristianità dalla “selva oscura” alla “visio Dei”: una vera Odissea ai confini della Divina Commedia che va a costituisce un vero unicum nella storia secolare della lectura dantis. Gli altorilievi in marmo bianco di Carrara sono stati realizzati dal maestro Giampietro Paolo Paita sui soggetti ideati dal CLSD.
BIBLIOGRAFIA
Pietro FERRARI, Morì a Mulazzo il figlio di Cino da Pistoia?, Parma, La Giovane Montagna, 1940.
Livio GALANTI, Il soggiorno di Dante in Lunigiana, Pontremoli, Artigianelli, 1985.
Mirco MANUGUERRA, Lunigiana Dantesca, Edizioni del Centro Lunigianese di Studi Danteschi, La Spezia, 2006.
Mirco MANUGUERRA, La Sapienza dei Malaspina, su «Quaderni Obertenghi», 2015, n. 4, pp. 49-59; La Sapienza ermetica dei Malaspina: ulteriori considerazioni, su «Studi Lunigianesi», XLIV-XLV, 2016, pp. 57-69.
Mirco MANUGUERRA, Via Dantis, libro (2008) e film in DVD (2009), Edizioni del Centro Lunigianese di Studi Danteschi.
Mirco MANUGUERRA, Dante e la pace universale (il Canto VIII del Purgatorio e altre questioni dantesche), Roma, Aracne editrice, 2020.
VILLAFRANCA IN LUNIGIANA (MS)
Corrado il Giovane e il grande Elogio dei Malaspina
Mappa del borgo
e io vi giuro, s’io di sopra vada, che vostra gente onrata non si sfregia del pregio de la borsa e de la spada: uso e natura sì la privilegia che, perché il capo reo il mondo torca, sola va dritta e ’l mal cammin dispregia.
(Pur VIII 127-132)
In seguito alla grande scissione del casato malaspiniano operata da Corrado l’Antico nel 1221, anche Villafranca, con -›Mulazzo e -›Giovagallo, andò ad appartenere al ramo di estrazione ghibellina detto dello Spino Secco. Il feudo assunse la dignità di marchesato con la succes-
siva spartizione del Casato operata dai figli dell’Antico nel 1266. Del castello di Malnido - la cui peculiare struttura, raccolta su di uno sperone di roccia alla confluenza del Bagnone con la Magra, risultava pressoché integra prima dei bombardamenti della seconda guerra mondiale - restano tristissime rovine che si spera sempre di potere, almeno in parte, recuperare. Villafranca, come -›Pontremoli e -›Sarzana, si è sviluppata direttamente sul tracciato della Via Francigena (è già citata nell’antichissimo itinerario di Sigerico del 990 d.C.), che la attraversa, infatti, in linea retta. Al tempo della venuta di Dante il feudo,
scomparso prematuramente nel 1294
Corrado II detto “il Giovane” (onde distinguerlo da «l’Antico» anch’egli citato da Dante), i figli di lui non avevano ancora acquisito una piena capacità politica se è vero che Franceschino di Mulazzo firmò anche per loro il 6 ottobre del 1306 l’Atto di Procura a Dante per la definizione della Pace di -›Castelnuovo. Sulla figura del marchese di Villafranca è strutturato il Canto VIII del Purgatorio, indicato dal Centro Lunigianese di Studi Danteschi come il Canto Lunigianese per eccellenza. Il celebre Colloquio che si svolge in Antipurgatorio tra lui e Dante si risolve in un insuperabile Elogio da parte del Sommo Poeta all’intero ramo ghibellino del casato malaspiniano.
Anche il Boccaccio non fu estraneo al fascino e alla storia della corte di Villafranca, e da grande cercatore qual era di memorie per la sua Vita di Dante, volle rendere anch’egli onore a Corrado il Giovane facendo di lui e della figlia Spina i protagonisti di una novella tra le più lunghe del Decamerone. Di Corrado il Giovane si narra che liberò per due volte la città di Sarzana dal tentativo di dominazione pisano, ma non è nota l’esistenza di documenti atti a confermarlo; sarebbe stato tuttavia nel corso di quelle due campagne d’armi che Corrado ebbe modo di conoscere Nino Visconti, avversario in vita e compagno di espiazione nella sublimità del Purgatorio. In un recente lavoro si ipotizza uno stato di parentela potenziale tra il marchese di Villafranca e Nino Visconti, per il tramite della figlia di quest’ultimo, Giovanna (la troviamo evocata dal padre in Pur VIII 70-72), la quale, avrebbe forse dovuto andare in sposa a quel Corradino di Villafranca che troviamo citato nell’Atto della Pace di Castelnuovo. Dapprima impegnatissimo nella lotta contro il vescovo-conte di Luni, il Giovane fu protagonista di un primo tentativo di pace durevole: l’8 di maggio del 1281, in Orvieto, un lodo arbitrale gli risolveva una scomunica con la restituzione dei
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territori usurpati alla curia del temibilissimo Enrico da Fucecchio.
Le spoglie del Giovane hanno riposato con ogni probabilità nella cripta della chiesina malaspiniana di San Niccolò in Malnido, venuta recentemente alla luce da uno scavo archeologico. L’avello, scoperto da Germano Cavalli, fondatore della meritoria Associazione ‘Manfredo Giuliani’, ha restituito oltre un centinaio di medaglie funebri che sono ora oggetto di attente analisi. Nella stessa Malnido, nel 1285, la sorella di Moroello II «vapor di Val di Magra», andò in sposa per procura ad un figlio del Conte Ugolino, il triste protagonista di Inf XXXIII. L’evento, di cui esiste il documento storico, testimonia gli importanti legami che unirono i Malaspina anche alla potente famiglia della Gherardesca.
Sul sacro luogo di Malnido è stato realizzato nel 2006 un Parco Dantesco, ricco di un pregevole monumento a
Dante, oggi arricchito di un pannello didattico realizzato dal Centro Lunigianese di Studi Danteschi grazie all’appoggio del Rotary Club Lunigiana.
BIBLIOGRAFIA
Ubaldo MAZZINI, Il matrimonio di Manfredina Malaspina di Giovagallo con un figlio del conte Ugolino (con una postilla dantesca), in “Giornale Storico della Lunigiana”, anno VII, fasc. II, La Spezia, 1915, pp. 129-136.
Claudio PALANDRANI, Dante, i Malaspina e la Lunigiana, Massa, Apua Service, 2005.
Germano CAVALLI, La fama letteraria dei Marchesi Malaspina di Villafranca nel ‘300, in “Archivio Storico per le Provincie Parmensi”, IV serie, vol. XLVII (1995), Parma, Deput. St. Patria Prov. Parm., 1996, pp. 41-52.
Mirco MANUGUERRA, Lunigiana Dantesca, Edizioni del Centro Lunigianese di Studi Danteschi, La Spezia, 2006.
Convivium Venti Venti un locale semplice ma allo stesso tempo inusuale. Una cucina influenzata dalle tradizioni culinarie locali, fino a fondersi con gli ingredienti della dispensa contemporanea. Il locale occupa gli spazi di una vecchia osteria, ristrutturata con un mix&match di arredi classici e moderni, definendo così l’estetica di un locale raffinato.
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TRESANA (MS)
A Giovagallo con la “buona Alagia” e il “Vapor di Val di Magra”
Mappa del borgo
In seguito alla grande scissione operata nel 1221 da quel Corrado Malaspina che è indicato da Dante come “l’Antico” in Pur VIII 119, il borgo di Giovagallo, con -›Mulazzo e -›Villafranca, appartenne al ramo malaspiniano di estrazione ghibellina, dunque imperiale, detto dello “Spino
Secco”. Con la successiva spartizione del Casato operata dai figli dell’Antico nel 1266, il feudo assunse la dignità di marchesato schierandosi dapprima stranamente a favore della causa Guelfa (e pure per parte Nera) proprio con quel Moroello II che fu il grande ospite di Dante e che troviamo in tutte le maggiori Referenze Dantesche Lunigianesi.
Di quel regno turbinoso restano oggi ruderi affascinanti: la torre e le antiche mura riposano immerse in una pace sacra, alla sommità d’un colle assai erto; la strada è in parte perdu -
ta e il sito è ormai avvolto in un folto bosco di castagni. Nel luogo dove certamente vissero il « vapor di Val di Magra » di Inf XXIV 145 e la moglie Alagia Fieschi (« buona da sé » in Pur XIX 142-144) la fatiscenza di quei ricordi costituisce un vero urlo del silenzio. Ma ciò che qui preme soprattutto di segnalare è la necessità di demolire il generale convincimento di una Giovagallo quale semplice presidio militare del Monte Cornoviglio: sarebbe davvero singolare una doppia celebrazione dantesca – senz’altro indicativa di un particolare ruolo nella venuta di Dante in Lunigiana – per un feudo privo di corte, tanto più che al v. 121 di Pur VIII Dante dice « per li vostri paesi », ove il plurale, riferito al dominio esclusivo dello Spino Secco, indica senza possibilità di errore che
Grazie ad un mix equilibrato d’inno vazione tecnologica, creatività ed espe rienza, mantenendo inalterata la tradi zione, dal 1954 produciamo salumi freschi e stagionati lunigianesi e commerciamo carni italiane all’ingrosso e al dettaglio.
Struttura inserita nel cuore del piccolo e tranquillo borgo della Quercia, la cui posizione strategica permette di vivere le molteplici attrattive culturali e naturali della Lunigiana, le suggestive città d’arte limitrofe o le vicine località Patrimonio UNESCO delle Cinque Terre. L’intera casa, disposta su due livelli, è situata nella piazzetta del paese, dove è possibile parcheggiare; recentemente riqualificata è dotata di ogni comfort e di wi-fi gratuito.
la visita del Sommo deve essere intesa come riferita a tutti i feudi componenti, nessuno escluso. Gli studi attendono, dunque, nuovi risultati in ordine alla reale dimensione urbanistica della Giovagallo del XIII-XIV secolo.
Tresana è un comune rurale molto industrioso, con una buona cucina tipica, allevamenti ittici ed una vera tradizione nell’arte della Salumeria.
BIBLIOGRAFIA
Raniero PORRINI, Appunti per la storia di Giovagallo, Genova, Scuola Tip. Sordomuti, 1937.
Livio GALANTI, Il soggiorno di Dante in Lunigiana, Pontremoli, Artigianelli, 1985.
Giulivo RICCI, Il castello di Giovagallo, in «Cronaca e Storia di Val di Magra», 1995.
Nicola GALLO, Alcune considerazioni sulla struttura del castello di Giovagallo, Tipolitografia Mori, Aulla, 1999.
Mirco MANUGUERRA, Lunigiana Dantesca, Edizioni del Centro Lunigianese di Studi Danteschi, La Spezia, 2006.
Nel cuore delle Lunigiana un albergo di 14 camere più ristorante con ampio salone interno e giardino con piscina.
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CASTELNUOVO DI MAGRA (SP)
Il Castello della ‘Pace di Dante’
Mappa del borgo
La splendida mole del castello vescovile, voluto dal vescovo guerriero Enrico da Fucecchio – grande riformatore dell’organizzazione diocesana e committente del preziosissimo Codice Pelavicino (-›Sarzana) – fu sede della storica intesa raggiunta tra Dante e l’ultimo dei vescovi-conte, Antonio Nuvolone da Camilla. L’incontro risolutore avvenne il mattino del 6 ottobre
del 1306, presenti rappresentanti di parte guelfa, giureconsulti, testimoni e il notaro Ser Giovanni di Parente di Stupio, lo stesso che redasse poche ore prima a Sarzana la procura in bianco rilasciata a Dante Alighieri dal marchese di -›Mulazzo, Franceschino Malaspina. Non si trattò di una mera formalità, ma di una lunga e laboriosa opera di mediazione diplomatica che trovava in quel giorno il sospirato perfezionamento. Per il buon esito della trattativa valse di certo an-
che la parentela vantata dal vescovo per parte di madre con casa Fieschi: Moroello Malaspina di -›Giovagallo, infatti, era coniugato con Alagia dei Fieschi, cugina prima del vescovo, tuttavia l’assenza dei Malaspina in Castelnuovo – dato il precedente dei tre ambasciatori marchionali fatti decapitare anni prima da Enrico da Fucecchio – non lascia alcun dubbio intorno alla delicatezza di quella missione diplomatica. La determinazione del trattato presso la residenza ufficiale del vescovo-conte di Luni giustifica in pieno la definizione di “Pace di Castelnuovo”. È lecito parlare, in alternativa, di “Pace di Dante”, mentre è sempre sbagliato – qualunque siano le fonti addotte – parlare di “Pace di Sarzana” o “Pace della Calcandola” (dal nome dell’antica piazza sarzanese dove avvenne il rogito della Procura), definizioni originate da chiare istanze campanilistiche.
BIBLIOGRAFIA
Livio GALANTI, Il soggiorno di Dante in Lunigiana, Pontremoli, Artigianelli, 1985.
Claudio PALANDRANI, Dante, i Malaspina e la Lunigiana, Massa, Apua Service, 2005.
Mirco MANUGUERRA, Lunigiana Dantesca, Edizioni del Centro Lunigianese di Studi Danteschi, La Spezia, 2006.
Mirco MANUGUERRA, Dante e la pace universale (il Canto VIII del Purgatorio e altre questioni dantesche), Roma, Aracne editrice, 2020.
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SARZANA (SP)
La Piazza della Calcandola: “Orma di Dante non si cancella” Mappa del borgo
Citata nell’itinerario di Sigerico del 990, anche Sarzana si è sviluppata direttamente sul tracciato della Via Francigena: la strada romea ne attraversa ancora l’intero impianto medievale in linea retta, da Porta Parma a Porta Romana. E proprio da Porta Parma pochi sanno che nasce la Statale della Cisa, la quale per lungo tratto, fino a Parma, corre sulla Francigena per poi dirigersi alla volta di Verona: terminerà proprio alla porta Sud della grande città scaligera. Il 6 ottobre del 1306, di prima mattina, nell’antica Piazza della Calcandola (oggi in dedica a Giacomo Matteotti) – al tempo «lastricata di ghiaia, come il crudo letto del torrente Calcandola che ogni tanto la invadeva, prima che le opere di arginamento lo respingessero al di là di [...] porta Parma» (Corrado Martinetti) – Dante ricevette in Sarzana da Franceschino Malaspina, marchese di -›Mulazzo, presenti il notaio Ser Giovanni di Parente di Stupio e testimoni, una procura plenipotenziaria affinché andasse a concludere personalmente, nel Palazzo dei Vescovi in -›Castelnuovo Magra, ospite dell’alto prelato Antonio Nuvolone da Camilla, lo storico trattato che avrebbe finalmente sancito la pace tra il ghibellinismo malaspiniano e il guelfismo naturale della curia lunense.
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Negli Atti della Pace di Castelnuovo, a proposito di Sarzana, compaiono espressamente indicati come oggetto di negozio il «comune» e il «castello» separatamente. È sulla base di tali componenti, nominati tra i «seguaci» dei «signori Marchesi», che si può agevolmente interpretare la decisione del vescovo, all’ultimo momento di spostare la sede dell’incontro decisivo presso la propria residenza di Castelnuovo Magra, decisione che portò alla pronta risposta marchionale della procura dantesca. Dai documenti, infatti, si vede bene che il notaio, volendo guadagnare tempo, stava provvedendo, in compagnia dell’Alighieri, a redigere l’incipit retorico del trattato quando d’un tratto lo interrompe, cassandolo. Prende dunque a redigere la Procura e soltanto dopo il testo riprende con le esatte parole che si erano già stese in precedenza quale Preambolo dell’instrumentum pacis. Ma l’Orma di Dante a Sarzana non è limitata alle sole occorrenze della Pace di Castelnuovo. La città, infatti, fu de-
stinazione coatta, nel 1300, di un altro grande esponente del Dolce Stil Novo fiorentino, quel Guido Cavalcanti costretto all’esilio col concorso dello stesso Dante, suo massimo amico, e che proprio qui conobbe la tragedia di un destino ingrato: è a Sarzana, assai probabilmente, che il Cavalcanti compose l’ultimo suo componimento, la famosa Ballatetta e vi morì per causa delle febbri malariche contratte nelle paludi in cui era sprofondata l’antichissima città di -›Luni. Un ricordo succinto di Guido è dato da un’epigrafe posta di recente in Porta Romana. Dante e Guido assieme sono invece celebrati con una coppia di viali paralleli, splendidamente alberati, posti a correre sulle rive opposte del nuovo corso dato alla Calcandola in tempi recenti. Il Centro Storico conserva grandi testimonianze e tesori d’arte di prima grandezza.
Un’epigrafe, opera di Achille Pellizzari, è posta dal 1906, correndo il VI Centenario della venuta di Dante in Lunigiana, sulla facciata del Palazzo Comuna-
Cantina dell’Ara
Cantina dell’Ara è amore per il vino
Mio padre lo vendeva “al bicchiere” da Lìdamo, il bar di famiglia ora gestito da mio fratello Beppi. Si dedicava alla vigna ogni giorno a partire dalle cinque del pomeriggio, quando con gli altri operai finiva il turno alla Ceramica Vaccari.
di azienda agricola famigliare. In questo modo posso seguire tutte le fasi, dalla terra alla bottiglia, senza perdere di vista il mio principale obiettivo: realizzare vini semplici e di qualità, nel rispetto della mia terra e delle sue tradizioni.
Ho cominciato a dedicarmi alla sua terra per non perderne la memoria e, anno dopo anno, la passione è cresciuta. Imbottiglio la piccola quantità di vino che produco con amore e mi piace mantenere la dimensione
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le, ovvero sul luogo dove s’apriva un tempo la Piazza della Calcandola; pur contestatissima (in effetti discutibile su diversi contenuti), l’epigrafe recita in chiusura un verso assolutamente immortale («Orma di Dante non si cancella») che è però da attribuire con tutta probabilità a Giovanni Pascoli. Presso la Biblioteca del Seminario Vescovile è conservato il Codice Pelavicino, raccolta di atti commissionata dal vescovo-conte Enrico da Fucecchio (protagonista dei cruenti episodi di guerra per cui si pervenne alfine alla Pace di Castelnuovo) al fine di un censimento delle proprietà e dei diritti della curia lunense. Vi si trova anche uno splendido quadro: il Dante e frate Ilario di Corrado Mezzana, opera del 1914.
Da segnalare nella cattedrale la preziosissima Croce dipinta di Maestro Guglielmo (1138) l’ampolla del Pre-
ziosissimo Sangue di cui alla Leggenda Leboinica (-›Bocca di Magra).
Di Sarzana è nativo Alfredo Schiaffini (1895-1971), una delle più grandi personalità accademiche della tradizione degli studi danteschi lunigianesi. A lui non solo è dedicata una voce in Enciclopedia Dantesca: gli fu anche affidata la cura del lemma Poesia, che uscì postumo. Una figura di prima grandezza come la sua vale meglio a giustificare la richiesta di una più profonda valorizzazione dantesca della città con la dedica dell’antica Piazza della Calcandola al Sommo Poeta. L’aspettativa, già espressa dal Rotary Club alla vigilia del VII Centenario della nascita di Dante, è stata rilanciata nel 2006 dal Centro Lunigianese di Studi Danteschi. L’agognata “Piazza della Procura di Dante” dovrebbe poi fregiarsi di un adeguato monumento all’Alighieri da associare splendidamente alla Procellaria di Carlo Fontana, simbolo di vit-
toria, certo, ma pure di quella Libertà che Dante inseguì per tutta la vita. L’idea, già espressa dal Rotary Club alla vigilia del VII Centenario della nascita di Dante, è stata rilanciata nel 2006 dal Centro Lunigianese di Studi Danteschi assieme a quella di un monumento all’Alighieri da associare alla splendida Procellaria di Carlo Fontana, simbolo di vittoria, certo, ma pure di quella Libertà che Dante stesso inseguì per tutta la vita.
BIBLIOGRAFIA
Mariano PICEDI BENETTINI, Il soggiorno di Dante in Lunigiana, La Spezia, Conferenza del Rotary Club della Spezia per la celebrazione del VII Centenario della nascita del divino Poeta, 17 dicembre 1964.
Mirco MANUGUERRA, Lunigiana Dantesca, Edizioni del Centro Lunigianese di Studi Danteschi, La Spezia, 2006.
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PONTREMOLI (MS)
La tragica vicenda di Pier delle Vigne
Mappa del borgo
«Porta di Toscana»: così definirono i Longobardi la regione di Luni e tale la indicò il grande imperatore Federico II di Svevia. Di questa piccola regione il borgo di Pontremoli, nato e sviluppato lungo l’importante tratto della Via Francigena che dà sulla Padania per il Monte Bardone (oggi Passo della Cisa), fu certamente la massima espressione medievale. Libero comune per concessione dello Stupor mundi dal 1226, ricevette più volte la visita dell’imperatore. Nel corso dell’ultima, avvenuta nel febbraio del 1249, proveniente da Cremona, Federico si trascinò appresso, in catene, Pier delle Vigne, (il suicida di Inf XIII e suo fido consigliere caduto in disgrazia) e «in platea ecclesie San-
cti Geminiani» lo faceva crudelmente abbacinare.
Da considerare con attenzione i versi di Dante introduttivi al tema di Pier:
Allor porsi la mano un poco avante e colsi un ramicel da un gran pruno; e ‘l tronco suo gridò: “Perché mi schiante?” […]
sì de la scheggia rotta usciva insieme parole e sangue; […]
Qui è forte dell’indicazione del “pruno”, il susino selvatico, ovvero l’albero dei due stemmi marchionali dello
Spino Secco e dello Spino Fiorito: la “parola” che esce dall’albero in cui è trasformato il tragico personaggio è memoria malaspiniana! Non per nulla Corrado l’Antico era il genero di Federico II (-›Mulazzo). Pontremoli è la casa del Premio Bancarella, famoso in tutto il mondo, ma soprattutto e la città del Museo delle Statue-stele della Lunigiana: ospitato nella splendida cornice del Castello del Piagnaro, la struttura espositiva è espressione di uno dei più importanti fenomeni mondiali di megalitismo antropomorfo.
Imperdibile, a Pontremoli, anche la visione dell’eccezionale Labirinto (sec. XI) nella chiesa di San Pietro. Fu nativo
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della città il matematico Luigi Poletti, scopritore di numeri primi, il quale si dilettò pure a tradurre in dialetto pontremolese Inf XXXIII, il Canto del Conte Ugolino.
Qui nacque anche il grandissimo Paride Chistoni, uno degli ingegni più alti della Tradizione degli Studi Danteschi Lunigianesi. Nel locale camposanto sono visitabili i sepolcri di Alessandro Malaspina (-›Mulazzo), e del citato Paride Chistoni, il cui epitaffio recita: «Letterato e critico insigne, gentile poeta».
BIBLIOGRAFIA
Livio GALANTI, La Lunigiana nella ‘Divina Commedia’ - III - Pier della Vigna, su «Il Corriere Apuano», Pontremoli, 22 marzo 1980.
Livio GALANTI, Il soggiorno di Dante in Lunigiana, Pontremoli, Artigianelli, 1985.
Mirco MANUGUERRA, Lunigiana Dantesca, Edizioni del Centro Lunigianese di Studi Danteschi, La Spezia, 2006.
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MAGRA E VAL DI MAGRA
La magia del confine tra Liguria e Toscana
Mappa del territorio
La Val di Magra, la maggiore della regione – per la quale si raccomanda l’uso della doppia maiuscola, non sempre rispettato – è citata in Inf XXIV 145, ove Dante idealizza le gesta di conquista di Moroello II di -›Giovagallo, capitano di parte Nera, nell’immagine dell’espansione delle sue tipiche nebbie mattutine delle stagioni di mezzo:
«Tragge Marte vapor di Val di Macra ch’è di torbidi nuvoli involuto; (Inf XXIV 145-151)
Il fiume, invece, da cui la valle prende il nome, è indicato, con riconosciuta precisione, in Par IX nella sua valenza geografica più importante, ovvero quella di confine storico tra Liguria e Toscana nel suo tratto terminale:
... Macra, che per cammin corto parte lo Genovese dal Toscano, (Par IX 89-90)
Oggi, con l’istituzione del Parco Regionale di Monte Marcello-Magra-Vara, gran parte del bacino del fiume è divenuta una vera oasi naturale, regno di molte specie ittiche e faunistiche protette. Così quasi l’intera Lunigiana è divenuta un’estesa area protetta, potendo infatti vantare anche ben due parchi nazionali (quello dell’Appennino Tosco-Emiliano e quello delle Cinque Terre), altri due parchi regionali (quello delle Alpi Apuane e l’altro di Portovenere e dell’Arcipelago del Golfo della Spezia) e la grande Riserva Marina delle Isole e delle Cinque Terre.
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FIVIZZANO (MS)
Un borgo di dantisti sull’antichissima strada di valico
Mappa del borgo
Sull’antica via del Passo dell’Ospedalaccio (oggi Passo del Cerreto) è probabile che Dante sia passato alla volta definitiva delle terre padane, quando entro l’estate del 1315 – prima cioè della sentenza definitiva di condanna al rogo comminata in contumacia a Firenze ed estesa ai figli maschi in maggiore età – egli riparò con la famiglia, necessariamente fuoriuscita, dapprima a Verona e poi a Ravenna, dove infine morì. Purtroppo, nell’aprile di quello stesso 1315 era prematuramente scomparso Moroello II di Giovagallo, suo grande ospite e protettore in Val di Magra: alla luce dell’Elogio insuperabile che Dante ha reso ai Malaspina in chiusura del Canto VIII del
Purgatorio è lecito pensare, infatti, che il Poeta abbia nutrito il segreto desiderio di riunire il nucleo familiare proprio qui, in una regione ormai pacificata e amena come la Lunigiana. Del passaggio di Dante è testimonianza la citazione della Pietra di Bismantova nel Canto IV del Purgatorio, ben visibile al Passo, ma è da ritenere molto indicativo anche un celebre motto assai presente nella memoria popolare presso l’antica stazione di sosta di Sassalbo. Da Fivizzano prese le mosse Spinetta Malaspina il Grande, un personaggio che Dante poté avere visto ancora giovinetto. Spinetta fu artefice di un valoroso quanto ambizioso tentativo di instaurare una Signoria malaspiniana su tutto il territorio lunigianese, ma tale progetto visionario non trovò realizzazione. Fivizzano è terra di valenti dantisti e come tale è di diritto un Luogo Dantesco Lunigianese. Si contende il primato con La Spezia, annoverando tra i suoi figli ben quattro studiosi: Giovanni Manzini (ca. 1362 - ca. 1421), Giovanni Talentoni (1542 – 1617), che fu insegnante di logica a Pisa di Galileo Galilei; Emanuele Gerini (1777 –1836) e Adolfo Bartoli (1833 – 1894), grande accademico
e tra i fondatori della Società Dantesca Italiana. Quella di Fivizzano è senz’altro la tradizione di studi più antica e continua, e se a -›Mulazzo il genius loci dantesco si è pienamente manifestato nella tradizione del Canto del Maggio e nello straordinario fenomeno dei Librai, qui a Fivizzano, non è stato da meno: sulla traccia umanistica di Giovanni Manzini da un ceppo familiare del luogo nacque Tommaso Parentucelli (1397 – 1455), papa Niccolò V, committente del progetto della Grande San Pietro e fondatore della Biblioteca Vaticana; poi, con Jacopo da Fivizzano (ca. 1440 – post 1479), esplose l’arte della stampa: come ha giustamente sentenziato un poeta di casa, Loris Jacopo Bononi, qui a Fivizzano si stampavano libri nove anni prima che a Londra! Di Fivizzano fu nativo anche il poeta illuminista Giovanni Fantoni (1755-1807), tra i cultori della presenza di Dante a -›Fosdinovo. Di tutto ciò resta traccia nel Museo della Stampa, una struttura fermamente voluta dallo stesso Loris Jacopo Bononi ed oggi affidata alla custodia del fratello Eugenio.
BIBLIOGRAFIA
Loris Jacopo BONINI, Libri & Destini, Pacini Fazzi, Lucca, 2000.
Una tradizione che si tramanda da padre in figlio dal 1797. Olio di prima spremitura prodotto con olive di uliveti della Lunigiana di antica e pregiata coltivazione, schiacciate con macina a pietra. Un extravergine di qualità che soddisfa i palati più esigenti.
Loc. Casette di Gragnola Fivizzano (MS) Tel. +39 0585 99171
Mirco MANUGUERRA, Lunigiana Dantesca, Edizioni del Centro Lunigianese di Studi Danteschi, La Spezia, 2006. frantoioriani@gmail.com
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FOSDINOVO (MS)
Il Castello della tradizione
Mappa del borgo
Tra le orme di Dante in Lunigiana quella di Fosdinovo è una presenza fortemente voluta dai poeti. Fu soprattutto Giovanni Fantoni (1755 – 1807), da -›Fivizzano, un acceso sostenitore del soggiorno dell’Alighieri nel poderoso castello del borgo. Al D’annunzio piacque credere che la vista che da lassù si può godere delle Alpi Apuane abbia ispirato al Sommo alcune mirabili figurazioni della Città di Dite. Contro l’idea dell’ospitalità dantesca si usa qui obiettare che il castello fu malaspiniano soltanto in epoca posteriore alla morte di Dante. L’opinione del Centro Lunigianese di Studi Danteschi è che Danteospite certo in Lunigiana di tutti i castelli dello Spino Secco - non soltanto dovette essere accolto, nell’ambito di una necessaria quanto intensa azione diplomatica, anche presso le più importanti sedi del potere vescovile e le maggiori corti di area guelfa (i castelli dello
Spino Fiorito), ma anche presso alcuni alti protettorati del presule lunense, tra i quali si annovera senz’altro Fosdinovo. La dimostrazione è insita nella citazione nel Preambolo degli Atti della Pace di Castelnuovo dei «nobili [...] Puccio e Francino de La Musca», al tempo signori di Fosdinovo.
In forza di ciò, la questione dell’Orma fosdinovese deve essere considerata risolta: qui, come scrisse il Galanti, «una presenza di Dante [...] è [...] non solo possibile, ma addirittura storicamente richiesta».
Certamente fasulla, invece, è la tradizione della famosa stanzetta del poeta allestita nel castello presso una torre di fattura cinquecentesca; si tratta di un falso storico frutto degli spiccati intenti campanilistici che seguirono
Sotto le mura dell’antico Castello Malaspina, la trattoria con cucina tipica del territorio utilizza materie prime scelte con cura e vini di produzione propria.
AGRICOLA
all’onda emotiva prodotta dalla scoperta dei documenti della “Pace di Dante” (1765). Sono invece di alto valore artistico gli Affreschi Malaspiniani in stile giottesco realizzati dal fiorentino Gaetano Bianchi (1882): le opere illustrano con grande fascino le gesta degli antichi condottieri malaspiniani e alcune scene storiche inerenti la presenza di Dante in Lunigiana, tra cui spicca quella della Leggenda dei primi sette canti dell’Inferno, riportata dal Boccaccio: le preziose carte, rinvenute da parenti a Firenze, sarebbero state rimesse nella mani del poeta per il tramite di Moroello II Malaspina, marchese di -›Giovagallo.
BIBLIOGRAFIA
• Tutto il sapore del Territorio
Livio GALANTI, Dante e il castello di Fosdinovo in «Quaderni Conoscere - Alla scoperta dei castelli della Lunigiana seguendo le orme di Dante», Cavanna, Carrara, 1984, n. 3.
• Olive locali frante entro 6 ore dalla raccolta
• Premiato da Slow Food e Gambero Rosso
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PONZANELLO (MS)
Il buen ritiro dei vescovi-conti di Luni
Mappa del borgo
Presso la residenza di Ponzanello, definita propriamente una piccola Castelgandolfo di Lunigiana, la Storia narra della costrizione imposta dall’imperatore Arrigo VII all’ultimo vescovo-conte di Luni, Gherardino Malaspina. Accadde che alla morte di Antonio Nuvolone da Camilla, avvenuta nel 1307, nel capitolo di Sarzana si verificò uno scisma a causa della divisione degli elettori nelle due fazioni dei Bianchi e dei Neri. Al successore ufficiale, Gherardino, esponente di parte Nera, una fazione di canonici di fazione Bianca e tendenza ghibellina, riunita giusto presso la residenza vescovile di Ponzanello, oppose l’elezione di un altro Malaspina, quel Guglielmo frate minore che si ritrova negli Atti della Pace di Castelnuovo nel ruolo di referente di parte vescovile.
Il 9 maggio del 1312 è alfine Gherardino a beneficiare della solenne conferma operata da papa Clemente V, ma il 23 febbraio dell’anno successivo, rifiutandosi, nella sua qualità di Comites, di fornire i contingenti feudali ad Arrigo VII, fu da questi messo al bando dell’impero segnando così la fine dell’epopea secolare dei vescovi-conti di Luni. Da allora si ebbe inizio in Lunigiana una «serie di vescovi-marchesi a testimonianza della crescente influenza malaspiniana sull’intera regione». L’atteggiamento estremistico di Gherardino si attirò lo scherno impietoso di Dante nella potentissima Epistola ai Cardinali (Ep XI), ove è indicato lui solo, il «Lunensem ponteficem» (Ep XI 15) quale uomo libero da cupidigia e da lussuria… L’evidente focalizzazione di simili accuse lascia intendere che
Dante avesse di questo personaggio una profonda conoscenza maturata nel corso di uno dei suoi ripetuti soggiorni lunigianesi. Qui siamo con tutta probabilità nel 1314, l’anno dell’Epistola di frate Ilaro (-›Bocca di Magra) e del viaggio di Dante a Parigi (-›Lerici).
Le vestigia del castello residenziale vescovile ci narrano ancora in maniera discreta di queste presenze antiche. Tra le case raccolte del borgo storico c’è da visitare un piccolo museo dedicato al pittore e scultore Nazzareno Micheli da Sarzana (19372003), artista che ha meritato la considerazione del Centro Lunigianese di Studi Danteschi.
BIBLIOGRAFIA
Augusto Cesare AMBROSI, Castelli e fortezze di Lunigiana, S. Lazzaro di Savena, Fotometalgrafica Emiliana, 1989.
Mirco MANUGUERRA, Lunigiana Dantesca, Edizioni del Centro Lunigianese di Studi Danteschi, La Spezia, 2006.
LUNI (SP)
Il
fascino
trascorso
della “splendida civitas nostra lunensis” Mappa del borgo
Il nome dell’antica città di Luni compare per la prima volta nella Commedia al v. 47 del Canto XX dell’Inferno, ove Dante, nel presentare la figura dell’aruspice Aronte, indica come monti di Luni la grande catena delle Alpi Apuane sotto cui dimora il popolo di Carrara:
... ne’ monti di Luni, dove ronca lo Carrarese che di sotto alberga,
(Inf XX 47-48)
L’analisi specifica di questo passo è offerta nella scheda -›Massa, Carrara e le Alpi Apuane. Come antica città, Luni è invece bene indicata al v. 73 del Canto XVI del Paradiso:
Se tu riguardi Luni e Urbisaglia come sono ite, e come se ne vanno di retro ad esse Chiusi e Sinigaglia, udir come le schiatte si disfanno non ti parrà nova cosa né forte, poscia che le cittadi termine hanno.
Si tratta di una citazione davvero molto malinconica quella che Dante è costretto a fare della gloriosa nostra «splendida civitas lunensis»: anche le città sono destinate a passare... Ma l’epitaffio immortale del Sommo Poeta rende comunque all’urbe perduta un onore altissimo, poiché nel gigantesco percorso di ascesa della Divina Commedia è questa, di gran lunga, la citazione lunigianese più “alta”. A Luni si deve la denominazione dell’intero comprensorio, la Lunigia-
na Storica, che comprende cinque magnifici bacini: Val di Vara, Cinque Terre, Golfo dei Poeti, Alpi Apuane e Val di Magra. Parliamo di una regione mancata di cui la metropoli patrizia romana ne costituì il cuore indiscusso dalla fondazione (177 a.C.) fino al 1204, anno della traslazione a Sarzana della diocesi locale a causa dell’impaludamento progressivo in cui l’intera piana era purtroppo sprofondata. Le vestigia dell’anfiteatro (I sec. d.C.) possono essere idealmente considerate al centro tra i terrazzamenti e i limoni delle Cinque Terre di Montale, le cave di marmo di Michelangelo e il Canova, e il Museo delle Statue-stele di Pontremoli. La visione che Dante poté avere dei resti della città è probabilmente quella offerta dal colle di Castelnuovo Magra: troppo pericoloso era, al tempo, avvicinarsi alla zona paludosa che costò già la malaria, e la vita, al suo grande amico, il poeta stilnovista Guido Cavalcanti (-›Sarzana). Assolutamente da visitare è l’intera area archeologica, oggi accessibile anche dall’autostrada con percorso pedonale in galleria multimediale. Nativo dell’area lunense è l’ortonovese Vincenzo da Milano (1902-1968), autore di una divulgazione ormai superata (1965) ma che ebbe l’onore della citazione al lemma “Lunigiana” in Enciclopedia Dantesca.
BIBLIOGRAFIA
Vincenzo DA MILANO, Dante e la Lunigiana, Enti provinciali per il Turismo della Spezia e di Massa-Carrara per il VII centenario della nascita del Poeta (1265-1965), Sarzana, Tipografia Canale, 1966.
Giuseppe BENELLI, Lunezia – La regione emiliano-lunense, La Spezia, Luna Editore, 1999.
Mirco MANUGUERRA, Lunigiana Dantesca, Edizioni del Centro Lunigianese di Studi Danteschi, La Spezia, 2006.
AMEGLIA (SP)
A Bocca di Magra, dalla Santa Croce a frate Ilaro
Mappa del borgo
Del cenobio benedettino di Santa Croce del Corvo, in Bocca di Magra (sec. XII) e di un suo frate Ilaro è evocativo il documento storicamente più contestato dell’intera biografia dantesca. Eppure il grande testimone dell’Epistola di frate Ilaro del Corvo ad Uguccione della Faggiuola è niente meno che Ser Giovanni Boccaccio, il quale la trascrisse di proprio pugno in un prezioso zibaldone conservato presso alla biblioteca Mediceo-Laurenziana di Firenze.
Nel documento si narra che Dante affidò al buon frate una copia dell’Inferno da trasmettere in dedica assoluta al condottiero ghibellino Uguccione della Faggiuola, la cui famiglia era legata a quel monastero. L’epistola è perciò l’accompagnatoria di un volume autografo della prima Cantica della Divina Commedia.
In essa si rivelano, tra le varie cose, i destinatari degli altri due libri: il Purgatorio fu riservato dall’Alighieri a Moroello II Malaspina marchese di -›Giovagallo, il suo grande ospite in Lunigiana (il «vapor di Val di Magra» di Inf XXIV 145), mentre il Paradiso,
nonostante l’intento iniziale, qui dichiarato, rivolto a Federigo III d’Aragona, fu alfine consegnato a Cangrande della Scala.
Epica la risposta di Dante al frate che gli chiedeva cosa
slanci entusiastici e bocciature durissime, l’Epistola di frate Ilaro ha oggi recuperato piena dignità anche grazie ai contributi del Centro Lunigianese di Studi Danteschi, tanto che la questione può dirsi finalmente risolta. La datazione del documento è fissata al 1314, quando Dante si imbarcò da -›Lerici alla volta della Francia al seguito della delegazione cardinalizia italiana diretta al conclave in cattività a Carpentras cui consegnò la celebre Epistola ai Cardinali. È quella l’occasione che permise al Poeta di portarsi fino a Parigi, alla Sorbona, per l’incontro con i massimi teologi del tempo che ci viene ampiamente testimoniato dallo stesso Boccaccio.
Dell’antico impianto del monastero di S. Croce del XII secolo restano vestigia ampie ed ammirevoli, soprattutto la Santa Croce lignea, opera d’arte tra le più importanti del Medioevo lunigianese e non solo. La Leggenda di Leboino vuole che si tratti di una copia di quel Volto Santo giunto miracolosamente innanzi al litorale di Luni sopra un vasello incustodito su cui era riposta anche l’ampolla con il Preziosissimo Sangue di Gesù. Le due reliquie furono a lungo contese tra i vescovi di Luni e Lucca ed infine una gara di tiro con i buoi assegnò il Volto Santo alla città toscana e il
cercasse: «Pace, pace…» e altrettanto notevole è la testimonianza riferita intorno alla scelta del Poeta di scrivere in volgare piuttosto che in latino: «Inutile dare cibo da masticarsi in bocca ai lattanti». Dopo due secoli di alterne fortune, tra
Preziosissimo Sangue a -›Sarzana.
Tuttavia questa presunta copia della Croce possiede tratti artistici e teologici invero mirabili: l’indubbio stile bizantino, i caratteri tipicamente semiti del volto del Redentore e la sua espressione ieratica – che fa della scultura non già un crocefisso, bensì un “Cristo trionfante” – attribuiscono all’opera un valore artistico tanto peculiare da aver fatto pensare che si tratti del vero archetipo della leggenda.
Non è mancato pure chi ha voluto vedere nelle grandi mani di quel Cristo un riferimento a Pur III 122-23: «[...] la bontà infinita ha sì gran braccia,/che prende ciò che si rivolge a lei», dato che siamo nello stesso canto della citazione di Lerici.
In questo luogo - immersa negli incanti di
tali memorie e di uno splendido parco ottocentesco - visse la famiglia illuminata dei Fabbricotti, grandi industriali del marmo e mecenati.
Ultimo esponente della dinastia fu Carlo Andrea (1864-1935), valente tra i Lunigianesi Studiosi di Dante nativo del territorio di Ameglia fu Ennio Silvestri (1920-1986), scopritore della necropoli ligure-apuana di Bocca di Magra e tra i primi autori del dopoguerra favorevoli all’Epistola di Frate Ilaro.
BIBLIOGRAFIA
Giorgio PADOAN, Il progetto di poema paradisiaco: Vita Nuova, XLII (e l’Epistola di frate Ilaro), in Id., Il lungo cammino del ‘Poema Sacro’ - Studi danteschi, Firenze, Olschki, 1993, pp. 5-23;
Mirco MANUGUERRA, Dante e Santa Croce, Atti del Convegno ‘Il Monastero di Santa Croce: una presenza antica ma sempre nuova’ (Monastero del Corvo, 15 settembre 2001), su «Lunigiana Dantesca», II/2004, n. 17, pp. 4-7;
Emilio PASQUINI, Vita di Dante, Milano, BUR, 2006, pp. 18-22.
Mirco MANUGUERRA, L’Epistola di frate Ilaro, Ilmiolibro, 2013.
Mirco MANUGUERRA, Sul viaggio di Dante a Parigi, su «Atrium», XIX/3 (2017), pp. 134158.
Da “Lerice a Turbia” e poi fino a Parigi
La città di Lerici è indicata da Dante, assieme alla francese La Turbie, a precisa indicazione dell’arco ligure:
Tra Lerice e Turbìa, la più diserta, la più rotta ruina è una scala, verso di quella, agevole ed aperta. (Pur III 49-51)
In questo passo il poeta assume a misura della pendenza dell’erta del Monte del Purgatorio lo strapiombare di alcuni tratti tipici della costa ligure: si può senz’altro pensare al tratto costiero del Parco Naturale Regionale di Portovenere, con il suo formidabile Orrido del Muzzerone. Il Centro Lunigianese di Studi Danteschi vede nel tragitto Lerici - La Turbie (località posta sul confine francese, prima di Mentone) l’indicazione autobiografica di quel viaggio a Parigi di cui testimonia il Boccaccio nella sua Vita di Dante. Si è dimostrato recentemente che il tragitto Lerici – La Turbie ricalca la notazioMappa del territorio
ne geografica della Tabula Peutingeriana laddove dal Golfo della Spezia si indirizza fino a Boron, il monte a est di Nizza (Mont Boron). Si tratta di quel grande percorso di crinale appenninico che Strabone indicava come l’antichissima Via Herculea, diretta addirittura fino alla Spagna.
Ciò significa che al tempo di Dante la definizione geografica dell’arco ligure era ancora quella, intatta, della cartografia romano-imperiale di oltre un millennio prima. L’idea ci è confermata anche dal Petrarca, il quale, nel suo velato procedere sulle orme di Dante, si premura di indicare il medesimo tracciato: «A Corvo scilicet usque ad Portum herculeo, ut quondam putant, nomine consecratum». Rispetto alla lezione dantesca, qui Lerici è sostituita dal promontorio di Monte Caprione, con l’indicazione del suo Capo Corvo (-›Ameglia), mentre al posto di La Turbie troviamo l’attuale città del Princi-
pato di Monaco nella denominazione, estremamente significativa, di “Portum herculeo”. Possiamo dunque affermare che la Peutingeriana indica da sempre quel percorso di crinale appenninico che oggi diciamo della “Alta Via dei Monti Liguri”. Questo splendido itinerario storico-naturalistico nasce nei pressi della confluenza tra Magra e Vara, in quella Ceparana che fu l’antichissima Boaceas indicata nella Geografia di
Claudio Tolomeo.
Dato che La Turbie non è davvero un sito portuale, si potrebbe pensare, che l’itinerario suggerito da Dante non sia marittimo; tuttavia la descrizione che il poeta fa delle pareti a strapiombo delle coste liguri presuppone necessariamente una conoscenza del territorio maturata dal mare.
Dato che nel corso del XIV secolo sappiamo già attivo un servizio navale costiero che da Lerici portava ai porti
francesi, la soluzione più probabile è che Dante si sia imbarcato da Lerici alla volta della Francia al seguito della delegazione cardinalizia italiana diretta al conclave in cattività a Carpentras (cui consegnò la celebre Epistola ai Cardinali), per poi spingersi fino a Parigi, alla Sorbona, secondo la stessa testimonianza del Boccaccio. Dante, però, potrebbe avere compiuto il tratto di crinale appenninico nel 1310 accodandosi alle truppe di Arrigo VII, dato che il Petrarca testimonia di averlo visto da bambino a Genova, a cavallo, a fianco dell’imperatore.
Di epoca dantesca sopravvive in Lerici il possente mastio del castello pisano-genovese. Un’epigrafe in località Bellavista – uno dei punti panoramici più incantevoli della regione, posto com’è di fronte all’intero Arcipelago del Golfo della Spezia – è posta ad eterno ricordo della citazione dantesca.
BIBLIOGRAFIA
Mirco MANUGUERRA, Sul viaggio di Dante a Parigi, su «Atrium», XIX/3 (2017), pp. 134158.
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Mappa della città
LA SPEZIA (SP)
La città dei dantisti vestale delle sacre carte
La città della Spezia si inserisce di diritto tra i Luoghi Danteschi Lunigianesi in quanto dal Dopoguerra è la città tenutaria degli Atti della Pace di Castelnuovo. Le preziose carte, provenienti dall’Archivio Comunale di -›Sarzana, furono affidate dopo l’ultimo conflitto all’Archivio Notarile Distrettuale del capoluogo. Nel dicembre del 2004, quando per legittima competenza la loro custodia è passata all’Archivio di Stato provinciale, i documenti sono stati sottoposti ad un attento intervento di restauro conservativo. Nell’occasione alcune nuove tecniche speciali ne hanno messo in luce parti che si ritenevano perdute, senza tuttavia rivelare nulla di significativo rispetto alle antiche trascrizioni. Trattandosi dell’unica testimonianza certa relativa al Sommo Poeta di tutto
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l’arco dell’esilio, qualsiasi altra regione avrebbe saputo fare di una simile referenza la propria fortuna: la Lunigiana ancora no. Sarebbe, dunque, auspicabile che gli Atti uscissero finalmente dalla buia cassaforte dove sono custoditi e venissero esposti in modo permanente, in comodato, presso la più prestigiosa
delle locali civiche collezioni. Da tempo il Centro Lunigianese di Studi Danteschi ha proposto l’istituzione alla Spezia di un Museo Civico Unificato: le collezioni spezzine sono di ottimo livello, ma distribuite in un numero eccessivo di strutture espositive. Un’unica struttura museale, con le ricchezze della raccolta
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archeologica lunense (ma si pensi anche alle Statue-stele della Lunigiana) e delle collezioni artistiche (non solo il Museo “A. Lia”, ma pure la pinacoteca futurista ed informale del CAMeC), costituirebbe una realtà capace di interessare turisti e circoli culturali di tutta Europa. La Spezia, anche se non è luogo che possa vantare memoria del passaggio di Dante, è comunque
terra di valenti dantisti. Sono nativi del luogo Gaetano Zolese (18191892), Ubaldo Mazzini (1868-1923), Ettore Cozzani (1884-1971) e Rinaldo Orengo (1895-1980). Il loro testimone non è andato perduto e da questo 2021 la città possiede un Largo dei dantisti spezzini: è lo spazio di prestigio antistante l’ingresso del centralissimo Museo ‘Amedeo Lia’.
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CINQUE TERRE (SP)
Dante e la Vernaccia, alias Sciacchetrà
Mappa del territorio
Si dice Cinque Terre e si pensa subito “Vino”. Dante celebra il vino in Pur XXV 77-78:
[…] guarda il calor del Sol che si fa vino giunto a l’omor che de la vite cola.
Tuttavia l’unico vino che menziona in tutta la sua opera è la Vernaccia. Lo aveva fatto un solo canto prima, in Pur XXIV 23-24:
[…] e quella faccia di là da lui più che l’altre trapunta ebbe la Santa Chiesa in le sue braccia: dal Torso fu, e purga per digiuno l’anguille di Bolsena e la Vernaccia”
Il Poeta fa qui riferimento a papa Martino IV, spirito assai goloso, il quale pare si facesse preparare le pregiate anguille del Lago di Bolsena dopo che le loro carni, una volta pulite, erano state fatte impregnare a lungo in quel nettare tutto particolare. L’intera critica attribuisce il passo
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all’ottimo bianco delle Cinque Terre. In quel tempo, infatti, quel vitigno era una esclusività di quella zona del Levante ligure: soltanto in seguito sarebbe stato portato in Toscana, dove troviamo oggi famosa la Vernaccia di San Gimignano. Ma già il cronista Salimbene de Adam, da Parma – che nasceva nel 1221, anno in cui in Lunigiana Corrado l’Antico operava la divisione del casato malaspiniano nei due rami dinastici dello Spino Secco (di estrazione ghibellina) e dello Spino Fiorito (di estrazione guelfa) – aveva reso omaggio, nella sua Chronica, al prodotto principe delle Cinque Terre con questi due semplici versi in latino: «Et ibi prope vinum de Vernaccia habetur, et vinum terrae illius optimum est».
La referenza è segnalata anche in Enciclopedia Dantesca (voce “Vernaccia”), dove si insegna pure, citando sempre Salimbene, che «vinum de Vernacia [..] nascitur in quadam conrata quae Vernatia appellatur». Qui non si scappa: il nome del vino è dato con certezza dal borgo di
Vernazza. È il Boccaccio, nel Decamerone, e precisamente nella celebre novella dell’Abate di Cluny (la II della X Giornata), a fare una citazione decisiva: il Certaldese fa ristorare il povero presule, assalito dai briganti, con un gran bicchiere di «Vernacia da Corniglia». Ma ancor prima (nella III Novella della VIII Giornata), evidentemente affascinato da questo vino tanto prezioso, il Certaldese ne aveva immaginato addirittura “un fiumicel” nel molto indicativo “Paese di Bengodi”. Orbene, dato che Salimbene, come s’è visto, esaltava i vini della costiera del Levante Ligure distinguendone con precisione il “vinum de Vernaccia” dal “vinum terrae”, pensiamo decisamente che il primo debba corrispondere al divino Sciacchetrà, mentre il secondo altro non sia che il classico Bianco delle Cinque Terre. Non si comprende, infatti, come l’Abate di Cluny avrebbe potuto essere sollevato da un semplice bicchiere di vino bianco, peraltro ben diffuso in ogni contrada d’Italia, quando l’idea d’un rosolio, d’un
vero toccasana, d’una bevanda, cioè, capace “di risvegliare anche i morti”, come si usa dire nella tradizione popolare, era invece garantita dall’eccezionalità d’un Passito come quello tipico delle Cinque Terre. Non a caso, secoli dopo, un Eugenio Montale avrebbe detto dello Sciacchetrà che «bevuto sul posto, autentico al cento per cento, supera di gran lunga quel farmaceutico vino di Porto». Quando i poeti scelgono le parole non lo fanno a caso: la loro è una sensibilità fatidica, proprio come quella dei Vati del Và pensiero.
Ma la conferma definitiva dell’identità Vernaccia/Sciacchetrà ci viene fornita dal Petrarca, il quale, mosso sulle orme di Dante lungo quell’itinerario che metteva «da Lerice a Turbia» (-›Lerici) – che per lui principiava precisamente da Capo Corvo, dove sta il celebre monastero di cui alla cruciale Epistola di frate Ilaro (-›Bocca di Magra) – ci testimonia con chiarezza, nei versi latini dell’Africa, che «[…] i vigneti […] si affacciano su Monte Rosso e sui gioghi di Corniglia, ovunque celebrati per il dolce vino».
Da segnalare che nessuno dei quattro grandi (Salimbene, Dante, Petrarca e il Boccaccio) parla di “Sciacchetrà”: vuol dire che tale denominazione è una creazione più recente, da ascrivere a quel periodo preciso (dal ‘600 fino alla metà dell’800) in cui le 5 Terre sprofondarono in un vero e proprio isolamento. In quel tempo gli unici frequentatori dell’estrema costiera ligure di Levante erano i mercanti genovesi, che con i loro barconi venivano a fare incetta di uve, vini e certo anche delle celebri Acciughe di Monterosso, tanto che quando nella prima metà del sec. XIX il pittore macchiaiolo Telemaco Signorini vi capitò, non ebbe alcuna esitazione a parlare di un ambiente quasi primitivo. Ebbene, il termine “Sciacchetrà” potrebbe essere di origine genovese, perché in quel dialetto il prefisso “scià” corrisponde precisamente a ‘signora’ e sappiamo (è ampiamente documentato a proposito delle Vie dell’Acciuga) che erano soprattutto le donne ad essere deputate alla vendita dei prodotti. È dunque una suggestione plausibile pensare che la denominazione del vino si sia originata nel corso dal rapporto confidenziale sviluppato in sede di contrattazione tra i mercanti genovesi e le donne dei borghi: “Scià, che trae?”, cioè ‘signora, che sottrae, che toglie alla vista’? Nel senso preciso di: ‘che c’è di tanto prezioso in quella botticella che sta nascondendo là dietro e che non vuole vendermi?’. Il celebre passito era tanto prezioso che malvolentieri i vignaioli se ne volevano privare. Storie belle di vita secolare. Storie di incontri e confronti tra civiltà contadina e civiltà mercantile. Storie di lavoro immane, di fiorenti e di rurali economie e di grande letteratura.
BIBLIOGRAFIA
M. MANUGUERRA, A Tavola con Dante nella Lunigiana dei Malaspina, Artingenio, Firenze, 2018.
Nella sua sede di Groppo di Riomaggiore, costruita nel 1982 con gli stessi materiali impiegati per il terrazzamento delle vigne, la Cantina della Cooperativa Agricoltura delle Cinque Terre è l’unica, importante realtà produttiva della zona che assicura un elevato livello di investimenti nelle più moderne tecnologie di vinificazione. E ciò con un solo, costante proposito: far sprigionare dalla produzione limitatissima di questi vigneti tutto il sapore e tutta la suggestione delle Cinque Terre.
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MASSA, CARRARA E LE ALPI APUANE
I bianchi marmi dell’indovino Aronte
Il versante lunigianese delle Alpi Apuane è citato da Dante una sola volta in Inf XX 47:
Aronta è quei ch’al ventre gli s’atterga, che ne’ monti di Luni, dove ronca lo Carrarese che di sotto alberga, ebbe tra’ bianchi marmi la spelonca per sua dimora, onde a guardar le stelle e ‘l mar non li era la veduta tronca. (Inf XX 46-51)
Sono i versi attraverso i quali il Poeta celebra la figura di Aronte, l’indovino etrusco che ai tempi della guerra civile tra Cesare e Pompeo predisse la vittoria del primo sul secondo e che si fa qui dimorare in una grotta («spelonca») posta tra i «bianchi marmi» delle Alpi Apuane («monti di Luni»).
Di un Aronte aruspice apprendiamo esclusivamente in Lucano, poeta latino tra i preferiti di Dante (fa parte della celebre sestina di Inf IV), il quale, però, collocava il fascinoso personaggio non già tra le cave di minerale, bensì nel cuore dell’ager lunensis, più precisamente tra le mura di una -›Luni curiosamente indicata come deserta: «Arruns incoluit desertae moenia Lunae» (Pharsalia I, 580).
A Dante che tanto esaltava l’ideale dell’impero romano, l’idea di una Luni imperiale deserta non dovette piacere affatto: ecco, allora, (data la totale assenza di una qualsiasi traccia precedente di tradizione storica o letteraria) l’albergazione fantasiosa di Aronte nell’alto delle cime carraresi: il Poeta accolse senza riserve la residenza lunigianese dell’aruspice (sappiamo che alcuni codici riportano la variante Lucae, in vece di “Lunae”, portando la sede del grande augure e vaticinatore etrusco nella città
Mappa del territorio
di Lucca), ma gli attribuì una più aperta («non tronca») visione («veduta») sulle cose future trasferendolo sulle grandi alture marmifere ad osservare i fatti del cielo. Va detto che, così facendo, il Poeta è andato va nuovamente contro la tradizione del suo pur amatissimo Lucano, attribuendo ad Aronte doti divinatorie nell’osservazione della volta celeste piuttosto che nell’interpretazione del volo degli uccelli o delle viscere degli animali, come precisamente testimoniato dal poeta latino.
A proposito di Aronte è il bacino minerario di Fantiscritti, dove trovasi l’antica cava romana, ad assumere una valenza tutta particolare. Il nome si deve all’eccezionale bassorilievo di epoca imperiale rinvenuto in una edicola recante le figure di Giove, Bacco ed Ercole, detti per l’appunto, dal volgo, i “fanti” (i ‘ragazzi’, o gli ‘uomini’) “scritti”, cioè ‘effigiati’. Ebbene, la preziosa scultura, scoperta nel 1442 da Ciriaco d’Ancona ed oggi conservata presso la locale, famosa Accademia delle Belle Arti, è stata vista dalla Tradizione Dotta come «l’antico [...] tempietto, dove [...] [Aronte] andavasi a fare atti di sua religione». Ma si tratta di una contaminazione determinata dalla referenza dantesca medesima.
Una ulteriore citazione dantesca, accolta da pressoché tutti i commentatori, è quella del Canto XXXII dell’Inferno:
... che se Tambernicchi vi fosse su caduto, o Pietrapana, non avria pur da l’orlo fatto cricchi.
(Inf XXXII 28-30)
ove la mole gigantesca di due vette rocciose delle Alpi Apuane è assunta dal Poeta come misura ideale della durezza dei ghiacci infernali di Cocito. La prima cima, «Tambernicchi» (una sorta di idiotismo che pare concepito per mere esigenze di rima), è identificata nel Monte Tambura (“Stamberlicche” negli scritti del tempo). La seconda è quella della Pania della Croce, la quale, tuttavia, appartiene al territorio di Garfagnana, in Lucchesia, perciò il suo riferimento non dovrà più essere accolto, a rigore, nell’ambito specialistico della Dantistica Lunigianese. Ciò valga non per pignoleria, ma per un giusto rispetto per tutti coloro che volessero attendere ad un “Dante e la Garfagnana”.
Ė cosa certa, peraltro, che il marmo, che qui domina sovrano, abbia rappresentato per Dante un’ampia fonte di ispirazione: si pensi, per esempio, agli altorilievi divini descritti al canto XII del Purgatorio. Degna di nota è pure una recente osservazione intorno alla terzina conclusiva di un sonetto di Cino da Pistoia rivolto al marchese Moroello Malaspina:
Ben poria il mio signor, anzi ch’io moia, far convertire in oro duro monte, c’ha fatto già di marmo nascer fonte.
Il passo è relativo al componimento Cercando di trovar minera in oro, facente parte di uno scambio di corrispondenza a tre e accolto nelle Rime di Dante (CXII). Ebbene, sembra più che lecito intravvedere nell’elemento del marmo un riferimento diretto alle Alpi Apuane,
il che avvalora l’idea di una probabile origine lunigianese dell’intera Corrispondenza poetica tra Dante, Cino e Moroello di Giovagallo. Da segnalare che nell’intera zona del Carrarese la Tradizione Popolare assume ampia rilevanza. Quasi ovunque, infatti, si registra la memoria di un motto dantesco. Si tratta, tuttavia, di “blasoni popolari”, originati essenzialmente da scambi di invettive tra le diverse comunità. In pratica, ogni paese usava scagliare sentenze maligne contro i borghi avversi arrogandosi l’avallo, tutto ideale, dell’autorità dantesca. Molti sono gli scultori locali locali che hanno voluto offrire con la purezza del marmo di Carrara un tributo al Sommo Poeta. Spiccano tra loro le figure del grande scultore di due carraresi: Carlo Fontana (18651956) e Arturo Dazzi (1865-1956) (-›Mulazzo) . Come noto, le cave di Carrara, di cui resta a museo l’antico nucleo romano, videro spesso due giganti assoluti dell’arte mondiale:
Michelangelo e il Canova salivano qui personalmente per scegliere, di proprio occhio, i blocchi destinati ai loro capolavori immortali. Nativi dell’intera area apuana sono quattro Lunigianesi Studiosi di Dante: Emanuele Repetti (1776-1852, da Carrara), Carlo Andrea Fabbricotti (18641935, da Carrara), Luigi Staffetti (18691929, da Massa), Giovanni Sforza (18461922, da Montignoso).
BIBLIOGRAFIA
Rosa Maria GALLENI PELLEGRINI, I ‘genius loci’: Dante e Michelangelo, in *Il marmo, l’uomo e la memoria, Carrara, L’Eco Apuano editore, 1996, pp. 17-20.
Beniamino GEMIGNANI, Dante, Carrara e Val di Magra - I riferimenti al territorio nelle opere del Poeta, Sea, Carrara, 2005.
Claudio PALANDRANI, Dante, i Malaspina e la Lunigiana, Massa, Apua Service, 2005.
Mirco MANUGUERRA, Lunigiana Dantesca, Edizioni del Centro Lunigianese di Studi Danteschi, La Spezia, 2006.
A TAVOLA CON DANTE
IN LUNIGIANA
Non è esercizio banale determinare il Menù di Dante. Normalmente si leggono saggi dove viene tirata in ballo qualsiasi citazione di elementi commestibili sparsi nell’opera del Sommo. Invece ciò che va fatto è selezionare con grande attenzione i soli riferimenti a stretto carattere culinario.
Ebbene, cercando di determinare una tavola imbandita sulla base della tradizione enogastronomica di Val di Magra che sia pienamente rispettosa dei gusti del Poeta (un Menu Dantesco Lunigianese) si è potuto dimostrare,
Dal 1966, produciamo artigianalmente Testaroli, Panigacci, Focaccette e le tipiche torte di verdura della Lunigiana. Vi aspettiamo nel nostro punto vendita, dove troverete le migliori specialità del nostro territorio.
non senza sorpresa, che il risultato ha valore generale e che il Poeta, pur capace di adattarsi ad ogni situazione – come testimonia il Boccaccio nella sua Vita di Dante – aveva una netta preferenza per una cucina molto semplice di dieta vegetariana, tanto che per dileggiare i golosi arriva ad esprimersi, nel corso di una celebre Tenzone, addirittura in termini di «vendetta delle carni mangiate».
Certo non si discute che in un Poema della Cristianità come la Divina Commedia al primo posto vadano sempre collocati Pane e Vino e la Terra della Luna abbonda sia di pani tipici (celebre il Pane di Vinca) che di validissime cantine. Si è ben visto, in particolare, a proposito delle Cinque Terre, come l’unico vino che Dante abbia mai
citato sia la Vernaccia (Pur XXIV 23-24) e che tale nettare non possa essere altro che il divino Sciacchetrà. In tavola, però, andrà di certo portato un rosso sanguigno, un vino di carattere, proprio com’era Dante, e l’etichetta consigliata dal CLSD è senz’altro quella proposta dalla premiata “Cantina Lunae” del maestro Paolo Bosoni: il Verba Dantis, un pregiato IGT della Costiera Ligure di Levante che presenta tutte le caratteristiche del caso.
Azienda familiare con attività in campo vitivinicolo, produce vini in controtendenza utilizzando esclusivamente vitigni autoctoni che hanno ricevuto importanti riconoscimenti (unico vino di fronte al quale si era inginocchiato Luigi Veronelli). Le vigne sono in località “La Costa” di Pontremoli, mentre la cantina storica è in località Santa Giustina.
Su appuntamento visita alla cantina e degustazione presso la “Cortina di Cacciaguerra” per gruppi di 20 persone (prezzo 8€ a testa).
Con il pane la tradizione rurale ha creato l’arte dell’ottima Bruschetta in antipasto (il «pane arrosto» del Boccaccio), ricca di quel «liquor d’olive» (Par XXI 115-116) che è l’inebriante Olio di frantoio. Tanto è importante l’olio, sia per Dante che per la Lunigiana, che ne presentiamo in cornice, di seguito, una scheda a parte. Seguono poi, le regine della tavola lunigianese: le Torte di verdura, tra le quali aleggia su tutte la torta d’erbi, tripudio di primavera: essa farà da gran preludio alla ricchezza salutare delle Zuppe e delle svariate Minestre.
Ma non è certo da trascurare, sempre tra i primi, la profonda tradizione locale dei Panigacci, qui rigorosamente bolliti e conditi con olio e formaggio: un autentico fossile della gastronomia preistorica di Val di Magra, che si gustano anche (ma non con Dante) a crudo con salumi e formaggi. La variante del Testarolo, anche se più recente, è ormai conosciuta in tutto il Bel Paese
grazie a produttori di grande qualità. Per quanto concerne le seconde portate, è certo che Dante aveva una gran passione per i Funghi, di cui la Lunigiana è una vera capitale: i Porcini, principi del bosco, si gustano nel condimento per paste e polente (rigorosamente in bianco nel Menù Dantesco), oppure fritti o sott’olio. Le altre qualità, come gli splendidi Galletti, assieme ad altre tipologie minori, sono preziose anch’esse come
Il Ristorante Abramo, a pochi chilometri dall’uscita autostradale, è il luogo in cui gustare la tradizionale cucina lunigianese. E’ dotato di un salone luminoso con tavoli ben distanziati e vista sul giardino. Il ristorante, aperto solo a pranzo, offre posti anche all’aperto. Vi è disponibilità di ampio parcheggio e di camere per soggiornare.
condimento, ma si cucinano soprattutto trifolate.
Chiuderanno il desco i Dolci: una bella Crostata con marmellata di susine o di fichi, o l’ottima Torta di Mele della non-
na, la faranno senz’altro da padrone con un bicchiere del divino Sciacchetrà. Come bicchiere della staffa, invece, è d’obbligo il Prugnolo, il liquore dei Malaspina, quello fatto con le bacche
del Pruno, cioè di quello Spino che, secco o fiorito, è emblema dei grandi Signori della Lunigiana Dantesca. Stranamente non si trovano in Dante accenni culinari in tema di pesci. Anche la farina di castagne (una vera ricchezza in Lunigiana) è assente. E per quanto attiene il Pesto – grande specialità dell’anima ligure della regione – è purtroppo invenzione più tarda, tuttavia se ne può senz’altro cogliere l’annuncio nei preziosi “battuti” trecenteschi
BIBLIOGRAFIA
M. MANUGUERRA, A tavola con Dante (nella Lunigiana dei Malaspina), con saggio introduttivo di GIUSEPPE BENELLI sulla cucina del Trecento, Firenze, Artingenio Edizioni, 2018.
LIQUORE DI PRUNI
Prodotto con bacche di pruni selvatici della Lunigiana
[…] pur con cibi di liquor d’ulivi lievemente passava caldi e geli
Così Dante, in Par XXI 115-116, illustrando la figura di San Pier Damiani, tratta della preziosità assoluta dell’Olio di Oliva: «liquor d’ulivi» lo definisce, infatti, e siamo – particolare molto significativo –nel contesto di elezione del Paradiso. Tanto è salutare l’olio d’oliva in purezza che il santo passava agevolmente («lievemente»), senza particolari difficoltà, sia i caldi delle estati che i rigori dell’inverno («caldi e geli»). Il Poeta, celebrando il nettare d’oliva, allude di certo a vivande («cibi») che sem-
pre gli si accostano con particolari proprietà salutari: si parlerà di grandi insalate miste, certo, ma anche di minestre, brodi e zuppe d’ogni tipo, senza mai dimenticare la celebre bruschetta. Il prodotto tanto caro all’Alighieri si dice oggi un extravergine estratto a freddo con procedura meccanica da olive rigorosamente italiane.
In Val di Magra e nel Golfo dei Poeti la produzione è derivata soprattutto dalla varietà della Razzòla, un’oliva ricca di polpa e con proprietà organolettiche particolarmente spiccate, così da essere adatta anche alla zuppa di farro e alla straordinarietà della Mes-ciüa, una tipicità esclusiva della città della Spezia.
La Razzòla (che ha il pregio di garantire pure alte produttività e rese) è stata oggetto negli ultimi decenni, a scapito della più nota Taggiasca, di una intensa opera di valorizzazione ad opera del rinomato frantoio Lucchi & Guastalli, una realtà conosciuta a livello internazionale con proprie coltivazioni concentrate nell’area collinare specifica del comune di Santo Stefano di Magra, lungo il percorso millenario della Via Francigena.
A Marco Lucchi e Carlo Guastalli, agronomo il primo e agrotecnico il secondo, si deve in gran parte il notevole sviluppo fatto registrare in Lunigiana dall’arte millenaria della produzione olearia.
Prima azienda a fregiarsi della D.O.P.Denominazione di Origine Protetta “Riviera Ligure” per l’olio extravergine di oliva , è costantemente impegnata nella ricerca della massima qualità e della valorizzazione delle produzioni locali. L’azienda opera senza produzione di rifiuti oleari, le biomasse residue sono infatti totalmente recuperate a scopo energetico. L’azienda è punto di riferimento per attività culturali e formative, corsi di formazione per assaggiatori e olivicoltori, visite guidate agli oliveti e allo stabilimento di produzione.
Se mo sonasser tutte quelle lingue che Polimnia con le suore fero del latte lor dolcissimo più pingue […]
Par XXIII 55-57
Dante non fa menzione di formaggi, ma per trattare di ben altro nutrimento porta ai massimi livelli una metafora della tradizione cantando del latte dolcissimo col quale le muse resero faconde le lingue dei grandi poeti. Ciò è più che sufficiente per pensare alla massima considerazione di Dante verso il latte e, per estensione, tutti i suoi derivati. In Lunigiana la regina dei formaggi è di certo la Valle del Biologico grazie alla Cooperativa Casearia ‘Val di Vara’ . È bello sapere che la presenza di grandi forme di formaggio è attestata in Lunigiana fin dall’epoca romana: è Marziale a darcene piena testimonianza nei suoi celebri Epigrammi (XIII 30): «Caseus Etruscae signatus imagine Lunae/Praestabit pueris prandia mille tuis». Cioè: «il formaggio contrassegnato con l’immagine dell’etrusca Luna offrirà ai tuoi figli innumerevoli pasti». Ultimamente la delegazione della Spezia dell’Accademia della Cucina si è espressa in proposito con particolare decisione: quello speciale “contrassegno lunense” ci dice che le forme non sono da considerare una importazione parmigiana, come da sempre pensato, ma una produzione locale, per cui il celebre grana ha un antesignano in Lunigiana.
Loc. Perazza - Varese Ligure (SP)
Tel. +39 0187 842108
coopcasearia.it - info@coopcasearia.it Il gusto fresco di
La Cooperativa Casearia Val di Vara nasce nell’Alta Val di Vara, denominata “La Valle del Biologico” per gli oltre 2000 ettari di prati e pascoli certificati bio, grazie al desiderio degli allevatori di raccogliere e trasformare nel proprio caseificio tutto il latte prodotto nella valle. Le antiche ricette di caseificazione sono state integrate con le moderne tecnologie alimentari per garantire il massimo della qualità e della genuinità.
I nostri principali prodotti, tutti senza coloranti o conservanti chimici sono:
• Stagionato de Vaise
• Ugo e Luigia
• Borgorotondo
• Gratta
• Formaggio Divino
• Ricotta dei “Fieschi”
• Baciccia
• Tomini della Val di Vara