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La Forma dell’Oggi Contemporaneità, progetto, packaging: riflessioni a ruota libera di uno dei più riconosciuti esponenti del design contemporaneo. Karim Rashid. Sonia Pedrazzini
Photo by Erica Ghisalberti
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Hai mai avuto un progetto ideale (non necessariamente di design) che in seguito hai potuto realizzare? Sono molto contento di essere andato oltre il puro ambito del disegno industriale. Faccio mostre d’arte da cinque anni, alla galleria Sandra Gering, da Deitch Projects di e da Elga Wimmer gallery a New York e in parecchi musei come l’Institute of
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Karim, cosʼè un “progetto di design”? Anzitutto desidero definire il concetto di design, che non è una decorazione superficiale, non è una composizione bonsai, un dipinto a mano su un vaso per fiori: questo è artigianato. Fare un progetto di design significa creare, dare forma, eseguire e realizzare secondo un determinato piano di lavoro, ideare qualcosa e studiarlo nei dettagli; fare uno schizzo, un disegno, un modello
per uno specifico scopo. È una pianificazione metodologica, non un’operazione casuale. Design significa veramente costruire qualcosa, sviluppare una nuova condizione per questo mondo artificiale. Definisco il progetto di design come qualcosa che deve essere diretto alla completa soddisfazione dei bisogni e dei desideri contemporanei. Il design non deve essere legato agli stili, alla replicazione del passato, ma è lo sviluppo di soluzioni contemporanee al nostro modo di vivere. Un’azienda che fonda la propria forza sul design e che dà un incarico a un designer, si trova ad avere a che fare con gli aspetti sociali, umani, politici, creativi ed estetici attuali, non del passato. Oggi, nella società dei consumi, non c’è bisogno di molte “cose”, in compenso “desideriamo” molto. Design non significa dunque risolvere problemi, ma trovare le risposte alle nostre aspirazioni poetiche, estetiche, emozionali e culturali. Design significa anche progresso e innovazione ed è fondamentale per le aziende realizzare oggetti che rispondano alle nuove aspirazioni del consumatore. Se un’azienda non si rinnova di continuo, non può sopravvivere “ai giochi” della globalizzazione, che si sono aperti e sembrano destinati a durare. Non si può più pensare in modo localizzato.
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Karim Rashid è un designer angloegiziano, cresciuto in Canada e residente a New York. È un progettista sfaccettato e prolifico, ha disegnato di tutto, dai cosmetici ai mobili, ai prodotti per la casa, all’oggettistica, alle lampade, agli abiti. Ha imposto la sua creatività in settori come il design, la grafica, la comunicazione, l’arte, la musica (è persino un applaudito DJ) e i suoi prodotti sono stati usati in film e nei programmi di MTV. Il lavoro di Rashid è apprezzato e ricercato sia dai grandi marchi internazionali (tra cui, solo per citarne alcuni, Sony, Armani, Shiseido, Prada, Issey Miyake, Yahoo!) ma anche da giovani aziende, che fanno del design e dell’innovazione la propria forza vincente, come la californiana Method, per la quale il designer ha creato dispenser e flaconi rivoluzionari nel concetto, inusuali per le forme e l’utilizzo, gradevoli al tatto e alla vista. Non solo. I suoi progetti sono esposti nei più importanti musei del mondo e in gallerie d’arte. Ha inoltre scritto, pubblicato, insegnato e tenuto conferenze in tutto il mondo. Karim Rashid si considera un provocatore culturale e non esita a esprimere con forza e convinzione le sue idee sul design, sugli oggetti, sul mondo contemporaneo.
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Contemporary Art inoltre sono stato pubblicato su varie riviste d’arte, ma il mondo dell’arte contemporanea fa fatica a prendermi sul serio, soprattutto per i miei prodotti “democratici” a basso costo. Sono uno dei pochi designer al mondo che fa anche arte ed è magnifico incrociare vari confini, infatti mi occupo anche di musica, film, moda. Il mio vero desiderio è vedere la gente vivere al ritmo del nostro tempo, partecipare a questo mondo e abbandonare ogni forma di nostalgia, le tradizioni antiquate, i vecchi rituali, il kitsch senza senso.
si potesse comunicare ovunque in tempo reale e immaginavo i nostri spazi come luoghi iperestetici, energetici ed intelligenti. Pensavo anche che nuove tipologie di prodotti, edifici, automobili, arredi, abiti, avrebbero veramente ispirato una nuova info-estetica digitale. Nel 1967, con mio padre e mio fratello, andavo quasi ogni giorno all’esposizione universale di Montreal e vedevo un mondo pensato e progettato da personaggi come Buckminster Fuller, Sarrarin, Colani, Nelson e altri, e quello era il mondo in cui speravo di crescere. Adesso quel
SONY, ARMANI, MIYAKE, PRADA, YAHOO! SONO SOLO ALCUNI DEI GRANDI NOMI CHE SI AVVALGONO DEL DESIGN INNOVATIVO E VINCENTE DI KARIM RASHID SONY, ARMANI, MIYAKE, PRADA, YAHOO! ARE SOME OF THE GREAT NAMES
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mondo è qui, ed è anche più bello, più digitale, più viscerale, comportamentale, comunicativo e fantasmatico che mai. Ed io voglio continuare quella missione, in modo che tutti possiamo abbracciare e connetterci al mondo contemporaneo. Creatività e design. Che metodo segui per sviluppare nuovi progetti? Ogni progetto segue metodologie leggermente differenti. La metà delle volte le idee mi vengono durante il primo incontro con il cliente, ma siccome credo in un rigoroso processo metodologico, sviluppo anche altre soluzioni, faccio moltissimi schizzi, ricerco e analizzo procedimenti, tecnologie, materiali,
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Se la natura umana spinge a vivere nel passato, cambiare il mondo significa cambiare la natura umana. Ho capito che il design ha il potere di cambiare radicalmente i comportamenti sociali, politici e umani; che il suo senso è dare una forma al miglioramento, scolpire un mondo a bassa complessità, bello, intelligente e confortevole. Ho capito che design è il termine che esprime la nozione di contemporaneità e che, quando ci riferiamo al design, stiamo parlando di argomenti attuali, che stiamo già dando forma all’adesso. Quando ero giovane pensavo a un mondo robotizzato, dove tutto poteva essere prodotto senza il faticoso lavoro di manodopera. Un mondo non disgiunto dalla tecnologia, in cui
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EMPLOYING KARIM RASHIDʼS INNOVATIVE AND WINNING DESIGN
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comportamenti umani, per ritornare infine strategicamente alla prima idea. In altre occasioni, prima di arrivare alla soluzione giusta, devo lavorare su vari concept diversi. Traggo ispirazione da molte cose, dalle parole, dalla filosofia, dall’arte, dalla cultura popolare, dalla musica, dalla vita di tutti i giorni, dai computer e dai programmi digitali, dalla tecnologia. Quest’ultima dovrebbe essere tutt’uno con la produzione, i materiali, il progetto, e comprendere anche l’eliminazione o il riciclo del prodotto. Non è fondamentale che il consumatore sappia tutto ciò, penso infatti che ai suoi occhi l’oggetto debba solo giocare un ruolo umano e che la tecnologia serva solo a renderlo più democratico, a conferirgli poesia e carattere. Come vedi il nostro mondo futuro? Il design sarà il nostro scenario universale, senza differenze di luogo o di firma, ma umano, flessibile, organico, intelligente e sperimentale. Credo che i nuovi oggetti che danno forma alla nostra esistenza siano transconcettuali, ibridi multiculturali, oggetti che possono esistere dovunque, in differenti contesti, che sono naturali e sintetici, ispirati dalle telecomunicazioni, dalle informazioni, dall’intrattenimento, dalla tecnologia, da nuovi comportamenti e dalla produzione. L’attuale cultura degli oggetti cattura l’energia dell’era digitale. Nuovi
procedimenti industriali, nuovi materiali, il mercato globale, da tutto si può trarre ispirazione per il rimodellamento delle nostre vite. E il packaging? È tempo che tutti i prodotti siano belli e intelligenti, indipendentemente dal loro costo; anche l’imballaggio più economico deve essere risolto nell’estetica! Nel ventunesimo secolo ogni packaging verrà ripensato e ridisegnato. Il packaging è necessario e può fornire alla gente esperienze sempre più seducenti. Generalmente, per quanto riguarda il settore cosmetico, i flaconi sono più importanti della fragranza stessa, ma in un ambito che vende immaterialità, il package deve “rappresentare” il profumo, comunicarne l’essenza e tutto il lavoro, l’energia e la complessità che c’è dietro la sua creazione. La bottiglia fornisce identità, marca e un’interpretazione materiale a qualcosa che è assai complesso e astratto. Per secoli le bottiglie di profumo sono state abbellite e rese monumentali. Un tempo tutti i prodotti erano più decorativi e ornamentali di adesso. Parlavano di ritualità, religione, classi, lusso, regalità, iconoclastia. Oggi invece, il design “alto” è relegato alla forma di un perfetto rettangolo, ma è noioso, invece abbiamo bisogno di bottiglie che siano il racconto semantico sia del profumo che di un modo di essere.
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Nel cosmetic packaging ho lanciato la tendenza di disegnare flaconi che possano essere riutilizzati una seconda volta, invece di essere buttati via. Amo disegnare cosmetici, mi sento molto a mio agio nel farlo, ma sto anche attento a non specializzarmi in questo settore. Non credo nella specializzazione. Penso che il mondo non abbia frontiere e mi piace navigare tra tutte professioni del progetto, architettura, arte, design del prodotto, interior design, arredamento, mostre, accessori, moda, etc. Mantenendo i confini sfumati posso affrontare qualunque ambito e tipologia, in modo sempre nuovo e differente e ogni progetto diventa motivo di ispirazione per il successivo.
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Fra lʼaltro, hai disegnato i cosmetici monodose di Prada - cosa ci puoi raccontare in proposito? Il concetto alla base dei monodose di Prada era legato al viaggio, alla nostra esistenza nomade, ad avere prodotti facili da portare, da usarsi solo una volta e puri, perché non contaminati da germi o batteri presenti nell’aria; così se si va in viaggio, o semplicemente in ufficio, o se si sta via solo una notte, si può prenderne solo il quantitativo necessario perfettamente asettico. Il lavoro è stato lungo e complesso, abbiamo sviluppato 38 diverse piccole ampolle, tubi, fiale, il tutto derivato da schizzi originali non preesistenti. Il progetto è durato tre anni, con grande sforzo di ingegnerizzazione e ricerca. Qualʼè il ruolo degli oggetti nella nostra società? In mezzo a questo eccesso di merci e di oggetti, la possibilità di “iper consumare”, di subire la dipendenza dall’immediata soddisfazione del
consumo è pericolosa. Ci circondiamo di immmagini, manufatti e prodotti, per dare senso alla nostra esistenza, per creare memoria, presenza e senso di appartenenza. Ma siamo diventati consumisti anche per “passare il tempo”, per gratificare il nostro ego. Avremo sempre “cose” nel nostro mondo, quindi non sto suggerendo di astenerci dal consumare o dal possedere, ma solo di essere iperconsapevoli, di amare e di gioire dei nostri oggetti. Oppure di farne senza. Gli oggetti caratterizzano il nostro tempo, i luoghi, le relazioni. Possono avere relazioni fenomeniche con la quotidianità e con noi stessi, ma allo stesso tempo possono crearci stress, ostacolare la nostra vita e complicarla. Aggiungere qualcosa alla propria vita può significare anche sottrarre o togliere così che, invece di consumare, si potrebbe “de-consumare”: una teoria di addizione tramite sottrazione, dove il meno può essere il plus. E questo non in base a un approccio minimale o riduttivo, piuttosto come sistema per arricchire la propria vita, accrescendo la propria esperienza con le cose belle, quelle più amate, selezionando le nostre scelte per avere una vita più ricca e per realizzare, alla fine, il lusso più importante del ventunesimo secolo: il tempo libero. Eliminando le banalità e le frustranti perdite di tempo, potremmo trascorrere il tempo a pensare, creare, amare, essere, usando il tempo in modo più costruttivo. Potremmo anche essere semplicemente più felici, perché adesso siamo bombardati da troppe meschinità, da cose ordinarie, da esperienze mediocri. Sì, possiamo crescere anche attraverso la sottrazione.
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The Shape of Today Contemporaneity, the design project, packaging: free-spoken reflections of one of the most acknowledged exponents of contemporary design, Karim Rashid.
Karim Rashid is an Anglo-Egyptian designer who grew up in Canada and is resident in New York. He is a multifaceted and prolific designer, he has designed all kinds of things, from cosmetics to furniture, to products for the home, to objects, to lights, clothes. He has imposed his creative touch on sectors such as design, graphics, communications, art, music (he is even a popular DJ) and his products have been used in films and in programs on MTV. Rashid’s work is much appreciated and sought-after by the big international brands (including, to cite but some, Sony, Armani, Shiseido, Prada, Issey Miyake, Yahoo) but also by young concerns that make design and innovation their own winning force, like the Californian concern Method, for which the designer has created dispensers and flacons revolutionary in concept and unusual in shape and use, pleasing to touch and appealing to the eye. But not only this. His design projects are on show in the most important museums and art galleries the world over. He has also written, published, taught and held conferences around the world. Karim Rashid considers himself a cultural provocateur and does not hesitate to express his ideas on design, on objects and on the contemporary world with force and conviction.
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Karim, what is a “design project�? I must define design. Design is not superfluous decoration. Design is not a bonsai arrangement, or hand painted decoration on flowerpots, this is all arts
Did you have an ideal project (not necessary in design) that you had the possibility to realize? I am proud to go beyond the industrial design field. I have shown artwork now for five years (Sandra Gering gallery, Deitch Projects NYC, Elga Wimmer gallery NYC and many museums such as the Institute of Contemporary Art) and have been published in art reviews but the art world has trouble taking me seriously especially when you can buy my democratic products for very little. I am one of the few designers in the world that produces and shows fine art and I am proud of crossing that boundary. I am also making music, film, and fashion. My real desire is to see people live in the modus of our time,
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and craft. To design is to create, fashion, execute, or construct according to plan - to conceive and plan out in the mind, to make a drawing, pattern, or sketch for a specific program. Therefore it is a methodically planned program not an incidental craft. Design is really to develop a construct, a new condition for our manufactured world. I really define design as addressing and fulfilling our contemporary needs and desires. Design is also not about old styles or replicating past decoration but it is about developing contemporary solutions that are about the modus in which we live. A company today that engages designers and is design driven, deals with the social, political, creative, aesthetic and behavioural issues of today, not of the past. Today in a consumer society we do not need a lot but we desire a lot. Design is not anymore problem-solving but a way of developing solutions to these desires, to our poetic, aesthetic, emotional, and cultural aspirations. Design is also the means to progress and innovation, and design is a necessity for companies to develop goods that meet these new consumer expectations. If a company does not perpetually innovate today they cannot survive on the global playing field that has now opened and is here to stay. One cannot think locally anymore.
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How do you see our future world? Design will be our common landscape where it will not make a difference where something is made, who made it, but instead that it is experimental, behavioral, smart, seamless, soft, and human. I believe that the new objects that shape our lives are transconceptual, multi-cultural hybrids; objects that can exist anywhere in different contexts, that are natural and synthetic, that are inspired through telecommunications, information, entertainment, technology, new behavior and production. Our object culture can captivate the energy of this contemporary universal culture of the digital age. The birth of new industrial processes, new materials, global markets all lend inspiration to reshaping our lives. And about packaging? It is time that all our products become beautiful and smart regardless of cost. Even the cheapest packages should be aesthetic! In the 21th Century every package is being reconsidered and designed. I believe that packaging is very necessary and can bring a greater, more engaging experience to people. Generally bottles in cosmetics become more important than the fragrance. But in cosmetics one is selling
immateriality and there is so much work, expense, and complexity in creating scents, that the package must be the ambassador of that scent and communicate its essence. Essentially one is selling something immaterial that is complex and abstract so the bottles gives a fragrance, identity, brand, and a sense of the material interpretation. Bottles have been overly embellished for hundreds of years and became quite monumental. Historically all products were far more decorative and ornate than objects today. They spoke of ritual, religion, class, luxury, royalty, and iconoclasm. Today high design gets relegated to a perfect rectangle; this is boring, we need a bottle that semantically speaks about the scent and attitude. I designed many packages that have second functions (and utility) so that you never throw them out. I started this trend in cosmetic packaging. I love designing cosmetics. I feel very comfortable in this field but I stay broad so that I never specialize in any field. I do not believe in specialization. I think that the world is borderless and I navigate between all the professions of Design, architecture, art, interiors, products, furniture, exhibitions, accessories, clothing, etc. Blurring these boundaries affords me to see each area, each typology differently and in a new way and each project inspires the next. You designed the Prada monodose cosmetics, what can you tell us about that? The concept of the Prada monodose packaging was the concept of travel, our nomadic existence, and being flexible to carry only one-time use doses that could be never be tainted by the outside air, so there are no germs or bacteria, so that you use perfectly fresh, concentrated, pure amounts that are no more than what is needed. So if you go on a trip you just take what you need, or if you go out at night, or to the office, you only take the right, perfectly sanitized amount. The packaging was complex and we
developed 38 different small ampules, bottles, and vials, that were all developed from scratch being unlike existing packaging. It was a 3 year project with a great deal of engineering and research. What is the role of objects in our society? In the excrescence of goods, and the system of objects, the possibility of over-consuming, of addition, and immediate satisfaction of consumption is dangerous. We surround ourselves in life with effigies, objects, products, to find meaning in our existence, and to create a sense of memory, of presence, and of belonging. But we also consume to occupy time and to fulfil some strange need of reward and ego. We will forever have objects in our world, and I am not advocating not consuming them but rather being hyper conscious of our things and love and enjoy them. If not, we had better do without them. Objects denote our time, place, and relationship with the outside world and others. Objects can have a phenomenal relationship with our daily lives and us and at the same time objects can be perpetual obstacles in our life, complicating it, and creating stress. To add more to one’s life, one can also subtract or remove, so that instead of consuming, one “deconsumes”, a theory of addition by subtraction where less can be more. Yet not a minimal or reductive approach but instead, a way of enriching ones life, of increasing experiences through beautiful things, through things that we love, to edit our choices and have a richer life - ultimately creating the most important luxury of the 21st century-: freetime. If we can remove banalities, frustrations, timeconsuming scenarios, with time on our hands we can spend more time thinking, creating, loving, being, and use our time in a more constructive way, taking on a more contributive role. This could also just make us happier beings in that we are too bombarded with pettiness, with mediocre issues, with banal experiences. A form of growth by subtraction.
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Concerning creativity and design. Do you follow a particular method when designing your products? Every project has slightly different methodologies. About 50% of the time the ideas come to me during the first meeting; but I believe in a rigorous process so I try many concepts, many many sketches, researching processes, technologies, material,
human behaviors and strangely I arrive back at the first idea. And with other projects it takes many concepts to get the perfect idea. I am inspired by words, by philosophy, by art, by popular culture, by music, by everyday life, by computers, and digital programs and tools and technology. But technology should now be seamless with the production of goods, the material, with the design process, and with the disruption, and recycling of the product. But it is not imperative that the consumer knows this. I think that the object should just play its human role and the technology take a back seat in making it democratic, high performance, poetic, and behavioral.
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to participate in contemporary world, and to release themselves from nostalgia, antiquated traditions, old rituals, meaningless kitsch. If human nature is to live in the past, to change the world is to change human nature. I realized that design has the power to radically change social, political, and human behavior, that design was a means to shaping our betterment, to sculpt a world of ease, a world, of beauty of intelligence, and of comfort, I realized that design is a term that describes the notion of contemporaneity, that when we refer to design, we are speaking about addressing contemporary issues, that we are shaping “the now”. When I was young imagined a world that is robotic, where all our objects and products would be produced without laborious hand labor. I also saw a world that would be seamless with technology, a place where we could communicate audibly, visually, in real time everywhere, anywhere, and I saw our environments as intelligent, energetic, hyper aesthetic places. I also believed that new visions of building, cars, products, furniture, clothing, art, would be really inspiring digital, infostethic, and I went to Expo 1967 in Montreal almost everyday with my father and brother and the world I saw being shaped by people like Buckminster Fuller, Sarrarin, Colani, Nelson, and so many others was the world that I was hoping I would grow up into. AND THAT WORLD IS HERE and even more beautiful, more digital, more visceral, more behavioral, more communicative, more phantasmal than ever and I want to continue that mission, so that we all can embrace and engage our contemporary world.
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