Ronchi Tanto di Cappello

Page 1

RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | Luciana Guidotti e Stefano Lavorini



RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | Luciana Guidotti e Stefano Lavorini



RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 1

RONCHI | TANTO DI CAPPELLO |



RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 3

Luciana Guidotti e Stefano Lavorini

RONCHI | TANTO DI CAPPELLO |


Questo libro è scritto per ricordare 50 anni della società Ronchi, il fondatore, la famiglia ma, ancora, tutte le persone, maestranze e fornitori, collaboratori e clienti, che in quest’azienda hanno trovato e continuano a trovare qualcosa di diverso, qualcosa di più.

This book has been written to commemorate the 50 years of Ronchi SpA, the founder, the family and yet again, all the people, workforce and suppliers, co-workers and customers, ^OV OH]L MV\UK HUK JVU[PU\L [V ÄUK ZVTL[OPUN different, something extra in this company.

Ronchi Mario SpA Via Italia 43, 20060 Gessate (MI)

©Copyright 2016 Edizioni Dativo Srl Via Benigno Crespi 30/2 20159 Milano Traduzioni / Translation Dominic Ronayne - Milano Progetto graÞco e impaginazione / Graphic design and paging Vincenzo De Rosa Studio GraÞco Page - Novate Milanese (MI) Produzione / Production Edizioni Dativo Srl - Milano Prestampa e stampa / Preprint and print Àncora Srl - Milano Finito di stampare / Printed Giugno 2016 / June 2016

Le opere d’arte riprodotte nel libro fanno parte della collezione privata di ItaliaImballaggio - Edizioni Dativo The works of art reproduced in this book are part of the private collection of ItaliaImballaggio - Edizioni Dativo, Milano


RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 5

Indice 09

ANTEFATTO

11 13 15 15 17

Ricordi di oggi Fabbrica 1 Fabbrica 2 Su misura Fabbrica 3

19 21 23 25 27 29 31 33 35 37 39 41 43

Orgoglio senza vergogna Voglia... di Lambretta Casa e bottega Foto di famiglia Il senso della realtà e della possibilità Oltre i conÞni Più che una squadra C’era una volta in America Segni e disegni L’evoluzione della specie A casa, di nuovo Globale, “made in Gessate” A misura di realtà

47 49 51

LA MEMORIA DEGLI ALTRI L’amico americano Il tecnico del cuore

53

Full English text



RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 7

Dedicato a tutti i Ronchi, passati e presenti


Mario Ronchi


RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 9

ANTEFATTO Esterno giorno. Mattina di primavera di una giornata lavorativa qualunque. L’uomo passeggia davanti a una fabbrica a Gessate di cui, anni addietro, ha curato la costruzione. In camice verde e con l’immancabile cappello, si ferma vicino a un acero lieve e orgoglioso, piantato all’ingresso dello stabilimento. Si china, raccoglie due foglie secche, le butta in un cestino, si guarda intorno e, alzando gli occhi al cielo, borbotta ... «=HYKH [y Z[P ÄVL\ .. E io che gli dicevo sempre “compriamo solo auto italianeÓ ... Alla Þne han fatto di testa loro, ma me sentirann...». Riprende il cammino lungo i muri della fabbrica, lento ma non stanco, mai svogliato. È attento, anche se si lascia sorprendere dalle voci dei dipendenti che entrano in mensa per il pranzo. Li conosce quasi tutti, e si compiace, perché ne ha fatti crescere tanti. Osserva da lontano due ospiti di riguardo - clienti o fornitori poco importa - che insieme a Cesare e Gianmario pranzeranno in una saletta semplice e accogliente. «Di certo gli faranno assaggiare il nostro vino Uva Matris, quello con l’etichetta color pastello con su il sorriso della mamma. Hanno pensato bene di ricordarla così, e le hanno fatto un gran regalo». Ma si sa, qualche volta, il pensiero è come un lampo tagliente e feroce, che apre crepe di nostalgia, dolce e dolorosa insieme. L’uomo ha un momento di insolita commozione, e sembra quasi di poter cogliere ciò che pensa: «Ho tanto lavorato per dare un’opportunità a tutti, con il destino che mi ha fatto da spalla, mi ha accompagnato proteggendo il mio sogno. Ma ormai questa è storia. Meno male che i Þgli mi han convinto a seguire le faccende della campagna, a ritornare alla mia passione per il vino... Era altra cosa, però, quando mi occupavo della costruzione di questo stabilimento. È stato bello immaginarselo, ma è ancora più bello guardarlo ora, ordinato ed efÞciente, come non mi sarei quasi mai aspettatoÈ. Riesce perÞno a Þgurarsi le macchine nuove che escono dal collaudo, anche se non le capisce pi Þno in fondo perch , una volta, le macchine avevano il tasto rosso ÒstopÓ e quello verde “in funzione” e lui, allora, sì che ci sapeva fare... Ma oggi, con tutta quell’elettronica, le cose si son complicate. «Eh sì, ho fatto proprio quello che dovevo fare, quando sono uscito di scena, con il coraggio di chi sa riconoscere che il suo tempo è passato». L’uomo sorride tra sé e sé, tranquillo, solleva appena un po’ il cappello, accenna a un saluto e si allontana. ... In fondo, le cose vanno e vengono ma le persone restano, anche quelle che verranno.



RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 11

Ricordi di oggi R

accontare i 50 anni di storia di un’azienda, non nascondendo nulla a chi vuole conoscerla. Così, non certo per caso, ci ritroviamo una mattina di primavera a Gessate, località a pochi chilometri da Milano, davanti a uno stabilimento bianco con in bella vista, sulla facciata, la scritta Ronchi. AllÕingresso degli ufÞci, un acero con i colori della nuova stagione. Ci vengono incontro Cesare e Gianmario Ronchi, i titolari dell’azienda fondata dal loro padre, Mario. Misurati e chiari nei modi di fare, mentre visitiamo l’area di produzione, ci parlano con garbo, ma soprattutto con una tale corrispondenza di sentimenti e di accenti che ci lascia sul momento sorpresi. Ci raccontano della loro realtà (circa 170 persone e 50 milioni di euro di fatturato), punto di riferimento nel settore dellÕautomazione industriale e, nello speciÞco, delle macchine per il riempimento di prodotti per la detergenza e l’igiene personale, ma anche della loro storia, iniziata nel 1966. Di lì a breve, però, ci saremmo resi conto che Cesare e Gianmario sono persone legate da un rapporto che va oltre quello di fratellanza, che sono andate sempre d’accordo nonostante i dieci anni di differenza, e che hanno condiviso tutto, dal tempo libero agli interessi, dalle passioni al lavoro. Cosa già di per sè fuori dall’ordinario.

Gianmario e Cesare Ronchi



RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 13

Fabbrica 1. Entriamo nel primo capannone, che risale al 1996. Oltre 5mila metri quadrati in cui ogni cosa è al suo posto. Tutto è meticolosamente pulito, verrebbe da dire oltre misura, segno palese di un modo di fare per cui nulla è irrilevante, nulla è immeritevole di piena attenzione. Nelle isole di montaggio in cui si articola lo spazio, gruppi di lavoro portano avanti una o più macchine contemporaneamente, dallÕinizio alla Þne: ovunque, riempitrici, tappatrici, riordinatori di ßaconi in varie fasi di assemblaggio. Nessuna macchina utensile. La produzione dei componenti su progetto, infatti, viene realizzata all’esterno da fornitori specializzati: non semplici conto terzisti, ma realtà che rappresentano un sistema di valori, di relazioni sociali, di civiltà del fare, molto italiana, molto importante per l’azienda. Partner non solo a parole, una decina dei quali storici, che hanno accompagnato la Ronchi nella sua crescita, cambiando essi stessi col tempo mezzi e modi di produrre, per adeguarsi all’evoluzione tecnologica e restare competitivi. Curiosando, restiamo colpiti dalle dimensioni del basamento di un monoblocco, seppur scomponibile per poter essere trasportato, che scopriamo “porterà sulle spalle” una macchina con più di 140 servomotori collegati in asse elettrico. E poco distante un’altra, ormai completata, capace di riempire oltre 500 ßaconi al minuto, cosa non da poco considerando le tante forme dei contenitori di plastica, nonché la variegata tipologia di chiusure e tappi. Si respira un’atmosfera di serena operosità, di familiarità, cosa che ci viene confermata con naturalezza e un po’ di orgoglio dai nostri ospiti quando sottolineano che le maestranze sono l’altra vera risorsa di questa realtà. Il salutarsi, chiamandosi per nome senza bisogno di leggere il cartellino, per chiedere “come stai” e non “cosa fai”; la concentrazione nei loro volti, la professionalità con cui ognuno svolge le proprie mansioni senza il bisogno che nessuno dia ordini, ci sono sembrati segno di amore per ci che fatto bene afÞnch sia utile ad altri. Facile capire perché di produrre all’estero, di fare “design in Italy” come va di moda, non se ne parli; i fratelli Ronchi credono ancora nell’Italia e poi, quasi a scusarsi di questa ostinatezza, sottolineano che, dati alla mano, non sarebbe neanche più tanto economico. Una scelta forse difÞcile, che per evidentemente paga, che considerata e apprezzata dai clienti, e in particolare dalle multinazionali che sono la stragrande maggioranza (circa l’80 per cento). Discorrendo, infatti, viene fuori tra l’altro che, a partire dal 2010, Procter & Gamble ha premiato la Ronchi per 5 volte consecutive come business partner di eccellenza, includendola nel 2013 e nel 2014 tra i dieci migliori partner a livello mondiale, scegliendola tra oltre 80 mila fornitori.



RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 15

Fabbrica 2. C’è un pacato realismo nelle voci che ci narrano di risultati fuori dal comune e che ci guidano a scoprire il secondo capannone dedicato al collaudo: un’area di oltre 4mila metri quadrati, costruita nel 2000, dove le macchine dopo l’assemblaggio vengono spostate. Qui vengono completate e collegate tra loro, nel caso siano parte di una linea di riempimento, per poi essere sottoposte a collaudo per dimostrare, presente il cliente, la loro ripetitivit ed efÞcienza. Una cosa seria, perché si cerca di simulare quello che accadrà in produzione, tanto che nel caso di macchine con numerosi formati il tempo di messa a punto può essere quasi più lungo di quello di montaggio. Le sorprese non Þniscono perch scopriamo che il capannone suddiviso in 4 aree autonome, con accesso riservato, personale dedicato, sala riunioni, così da offrire la migliore accoglienza e la massima riservatezza ai clienti impegnati nei test. Ai margini c’è poi un altro spazio, di cui Cesare e Gianmario Ronchi ci spiegano contenuto e funzione, quasi con una nota di tenerezza, la cui ragione non tardiamo a comprendere: si presentano, infatti, ben allineati, un sistema di riempimento con misuratori di ßusso magnetico induttivo, un dispositivo con misuratore massico ma, anche, un ormai vetusto dosatore a siringa, testimone di una lunga storia. QuestÕarea viene utilizzata per deÞnire il sistema di dosaggio e il dimensionamento della macchina del cliente, in termini di numero di teste di riempimento e di tappatura, provando il contenitore e il prodotto che dovrà essere confezionato. In altri termini, si testa lÕafÞdabilit e la precisione della soluzione scelta, che poi sar replicata “n” volte in fase di progetto e costruzione. Su misura. Del cliente naturalmente! Non infatti difÞcile rendersi conto guardando in giro che non si vede una macchina o una linea uguale all’altra: da quelle per le creme a quelle per il riempimento a caldo di prodotti, come la vasellina. Eppure, confessano i Ronchi, ci sarebbe pi di un modello standard... Ma alla Þne prevale sempre lÕeducazione allÕattenzione. La caratteristica dell’azienda è proprio la capacità di ascoltare e mettere in pratica ciò che può essere necessario, di comprendere le necessità e guidare la ricerca e lo sviluppo di nuove soluzioni. La forza dell’azienda sta proprio nel fare quello che chiedono i clienti, in termini di componentistica meccanica ed elettronica, ma anche di layout come, ad esempio, macchine con entrata e uscita dei contenitori invertite, così da poter essere installate una di fronte allÕaltra, sempliÞcandone il presidio. La naturale propensione a costruire relazioni niente affatto “accidentali” con gli acquirenti, ovvero rapporti di lungo periodo come in numerosi casi, spinge l’avanzamento tecnologico della Ronchi a incontrare le richieste per una macchina “superiore”, per quella che ancora non c’è, ma di cui si ha bisogno. Con in più un servizio di assistenza, con tecnici madrelingua, nei principali paesi dove le multinazionali hanno dislocato le produzioni (l’export, per destinazione degli impianti, tocca il 95%). Tutto, di conseguenza, è coerente alla tipologia di clientela internazionale dell’azienda: dall’ufÞcio commerciale, che coordina 5 Þliali estere, a quello tecnico, con oltre 40 persone che si occupano della progettazione “su misura” e dell’engineering.


Cesare Ronchi: i Þgli Alice, nata nellÕ81, avvocato, potrebbe riconsiderare l’opportunità di occuparsi dellÕattivit di famiglia.

Francesco, dellÕ85, dopo aver fatto assistenza ai clienti nella Þliale Ronchi America, ora si occupa del commerciale.

Gianmario Ronchi: i Þgli Alessandro, nato nel Ô92, laurea in Economia e master negli USA, ha gi espresso l’ambizione di prendersi cura dellÕazienda, ma non prima essersi fatto le ossa in altre realt , per rafforzare le proprie competenze.

Fabio, del Ô96, al primo anno di Economia, tuttÕora impegnato negli studi.

Gabriele, classe Ô92, appassionato alla storia del vino, si laureato in enologia e sta facendo esperienza all’estero; probabilmente, si occuperà dell’azienda agricola di famiglia.


RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 17

Fabbrica 3. Corsi e ricorsi: principi, valori e accadimenti che si ripetono e che costituiscono un punto di riferimento nella storia di uomini e aziende. Sembrano parlarci di questo i fratelli Ronchi, indicando la direzione in cui, a poca distanza, su un’ampia area incolta, stanno costruendo un terzo capannone di 5mila metri quadrati: un nuovo investimento strutturale. Lo impone lo sviluppo dell’azienda, che ha necessità di ampliare gli spazi per produzione e collaudo, come indicano i trend di investimento dei partner-clienti. Lo richiede la visione del futuro dei titolari, che hanno già avviato l’inserimento in azienda dei loro Þgli. Una sÞda riconosciuta fondamentale, e a cui hanno messo mano con grande anticipo e lungimiranza, dando alla società una governance mirata, studiata anche con il supporto di uno dei professionisti più esperti in materia. Così, nel rispetto della tradizione, i giovani hanno iniziato, durante le estati, a fare esperienza come garzoni in ofÞcina, seguendo peraltro un percorso formativo Þnalizzato alle funzioni che si propongono di occupare. Perché, di fondo, c’è la comune consapevolezza che la Ronchi, azienda familiare sì, ma con una moderna organizzazione, ßessibile e capace di offrire un servizio ad hoc alle grandi aziende in un mercato destinato a crescere nel mondo, è una realtà competitiva oggi e lo sarà anche domani. E questo perché, vecchi e giovani, sanno ancora vivere il progresso e respirare il futuro e sanno che, per realizzare qualcosa di interessante, è sempre necessario guardare a un obiettivo non raggiungibile.

I ricordi di oggi non nascono dal nulla, ma sono il portato di una storia lunga 50 anni, dove c’è di tutto, anche una vasta parte dell’essenziale. Ricostruiamo quindi i fatti e le circostanze di un percorso, quello della Ronchi, ben sapendo che anche qualcosa di inÞnitamente piccolo e imprevedibile può aver fatto deviare il corso degli eventi e della vita stessa di un uomo.


Matteo Boato, Terra, olio su cartoncino e legno, 64x70 cm, novembre 2011


RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 19

Orgoglio senza vergogna T

erra di lacrime. Montagne in lontananza, pianura a perdita d’occhio su cui sudare per sopravvivere. Un susseguirsi di campi di grano e granoturco, erba medica, ordinatamente delimitati e suddivisi da rogge gonÞe dÕacqua, adorne per utilit di salici e pioppi. Tanto lavoro col solo Þne di riuscire a campare, a tirare avanti e avere di che sfamare la famiglia. Vicino la cascina, quasi un lusso, qualche albero da frutto, peschi, peri, meli, kaki, un Þco, alcuni Þlari di vite. Pi dappresso, un orto per avere qualcosa da mettere in tavola: un poÕ di piante ofÞcinali e aromatiche, salvia, rosmarino, prezzemolo, aglio, cipolla e, a seguire in bella Þla, patate, insalate, pomodori, carote, sedani, barbabietole. Questo il sogno di tanti uomini. E la stalla, con la mucca per il latte e con il bue a cui attaccare l’aratro, se si era fortunati, e pochi animali da cortile, da barattare per avere in cambio cose indispensabili come sale, olio e zucchero. La stessa miseria vecchia di secoli, la stessa vita umile dei nostri padri o nonni, fatta di stenti e privazioni quasi impossibili anche da immaginare. E così chi riusciva, emigrava e andava a cercar fortuna in America. Questo l’ordinario di una cultura popolare, semplice ed essenziale come la verità, forse ora difÞcile da riconoscere ma tuttora sorprendentemente viva e capace di passare di generazione in generazione, anche se ormai nessuno più ricorda proverbi e Þlastrocche di una volta. Memoria dimenticata di un mondo in cui nasce un uomo, Mario Ronchi, classe 1929, quarto di otto Þgli di famiglia contadina, che di strada ne far tanta.


Loi di Campi, Speranza in progress, acrilico su tela, cm70x50, gennaio 2014


RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 21

Voglia... di Lambretta P

*

All’anagrafe, Sergio Brambilla

oi venne il tempo della dittatura, delle bombe, della distruzione... e quello della ricostruzione materiale, morale e politica sulle rovine che la sciagurata guerra mondiale aveva lasciato in eredità alla nostra povera Italia. Forse qualcuno può addirittura ricordare com’era la vita di un piccolo paese alle porte del capoluogo lombardo, non diverso da tanti altri, come Cologno Monzese. Intorno agli anni ’50, la gente viveva ancora di agricoltura, c’erano i grandi proprietari terrieri (come testimoniano le ville e le dimore rimaste) e i rapporti con Milano erano quelli fra città e campagna. Eppure da lì a poco, anche Cologno avrebbe vissuto la fuga dai campi e le grandi trasformazioni sociali - in primis l’urbanizzazione del territorio e l’ondata migratoria dal Sud - che segnano la Þne della civilt del patrimonio e lÕinizio della civilt del consumo. Sono gli anni del Piano Marshall, di una crescita economica spettacolare, determinata in primo luogo dall’incremento del commercio internazionale. È in questa stagione che Mario muove i primi passi nel mondo del lavoro. Finite le scuole elementari, aiuta il padre in campagna, ma molto presto entra come garzone in una piccola ofÞcina meccanica - la Bondavalli - che produce spillatori per il vino, con pompe a membrana azionate ad acqua... Cose di un tempo che fu e che non esistono più. Nel 1947 - mentre in un’altra Italia si svolge la prima edizione del Premio Strega, vinta da Ennio Flaiano - a diciotto anni Mario, in società con un altro lavorante, “il BrambillaÓ*, mettono a frutto quello che avevano appreso, dando il via, in un locale a Milano, a una piccola produzione in proprio. Con abilità artigianali sì, ma con tanta voglia di migliorarsi, si occupano di tutto... Anche di consegnare con uno dei primi scooter del tempo, una Lambretta, i “kit” per la spillatura alle vinerie alla mescita del circondario, quei “trani” all’epoca molto popolari per il vino forte e a buon mercato che vendevano. In Lambretta si va anche in vacanza


Giovanni Boffa, Skyscrapers Packaging, novembre 2001


RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 23

Casa e bottega V *

Roberto Calasso, LÕimpronta dellÕeditore, Adelphi 2013

ivere con impegno il presente, sognando caparbiamente il futuro: con questo spirito i due giovani capiscono che stava Þ nendo il tempo in cui si vendeva solo vino sfuso e così cominciano a progettare e a costruire le prime macchine semiautomatiche per l’imbottigliamento. È il decennio della pace, della libertà, dei diritti, del benessere, della comodità come mai si era visto prima. Da l a poco, per Ronchi e Brambilla arrivano le macchine automatiche anche rotative - riempitrici a livello e tappatori - che consentono di servire nuovi clienti e nuovi mercati, come quello dell’olio e dei liquori. Intraprendenza e lungimiranza portano i due soci a fondare la Ocim e a costruire, nel 1963, un vero e proprio piccolo stabilimento a Cologno Monzese: 800 metri quadrati con abitazioni annesse in via Galileo Galilei 26. Famiglia e lavoro: 22 scalini separano i due appartamenti dagli ufÞ ci e altri 11 dallÕofÞ cina. Non certo una barriera, tanto meno per i Þ gli di Mario che, come fossero predestinati, da lì a pochi anni avrebbero seguito le orme del padre in azienda. Tutto procede in crescita Þ no al 1966, quando le strade dei due soci si dividono fondamentalmente a causa di una diversa visione delle cose della vita e dell’azienda. Nessun litigio, ma la presa d’atto di non poter conciliare lo spirito innovatore di Ronchi con la poca propensione del Brambilla a praticare il nuovo, anche se rischioso. A quest’ultimo restano l’attività, che prosegue in altra sede, e il marchio Ocim, mentre Mario ricomincia da zero, rilevando tutta la proprietà dell’immobile di via Galilei e fondando la OfÞ cine Meccaniche M. Ronchi. Passaggio delicato e tribolato, segnato dalle molte cambiali Þ rmate per poter continuare “a fare bene quello che in precedenza era stato fatto meno bene e a fare, per la prima volta, quello che era stato ignorato”*. In primo luogo, riprogettare riempitrici, tappatori e lavabottiglie sulla base di nuove idee.


Salvo Maria Ruta, Via Latte-a, acrilico, aprile 2015


RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 25

Foto di famiglia *

Giuseppina porta il nome della sorella maggiore di Mario, alla quale era legato da profondo affetto anche perch , ancorch giovanissima, come tradizione, si era presa cura di lui e dei molti fratelli mentre i genitori lavoravano nei campi. Cresciuta, seguì la sua vocazione pi intima, prendendo i voti come monaca di clausura.

Anna e Mario Ronchi

L’

azienda per Mario Ronchi un impegno, un intreccio di sequenze senza inizio n Þne. Il percorso di una vita in cui si è scelto il ruolo di “portatore di cambiamenti”. Un “vulcano” in fabbrica, che riesce anche a costruire un modello di coesione familiare fondato sul lavoro oltre che sugli affetti. E questo evidente guardando ai Þgli che ereditano e, oggi, portano avanti l’impresa. Il primogenito, Cesare, nasce nel 1956, e vive Þn da piccolo con consapevolezza le difÞcoltà degli anni Sessanta in cui si mangiavano idee, buona volontà... e debiti: «Vedevo mio padre a casa ben poco, il più delle volte di notte con la luce accesa mentre lavorava». Adolescente, d’estate va a lavorare in fabbrica, senza che gli fosse chiesto o imposto, per naturale senso di partecipazione, anche perché affascinato da quell’ambiente in cui si dava materia a un progetto abbozzato su carta, ai suoni e agli odori dellÕofÞcina. A diciassette anni comincia a lavorare a tempo pieno in azienda e contemporaneamente frequenta le scuole serali per conseguire il diploma tecnico. La secondogenita, Giuseppina* diventa segretaria d’azienda e si occupa per qualche tempo dell’impresa paterna. Dopo matrimonio e maternità smette però di lavorare e, successivamente, esce anche dalla compagine proprietaria. Ci nonostante, suo marito Bruno e, successivamente uno dei due Þgli, Marco, continuano tuttÕoggi a lavorare in Ronchi. Gianmario, nato nel 1965, segue in tutto e per tutto le orme del fratello per quanto riguarda tempi e modalità degli studi - questa volta però in ragioneria - e di avviamento al lavoro. Quasi dieci anni di differenza con Cesare, ma i ricordi sembrano gli stessi: «A quei tempi mio padre era sempre in giro, faceva 100 mila chilometri l’anno in macchina dovendosi occupare un po’ di tutto. Da piccolo, avevo tutta l’attenzione della mamma: una festa che si ripeteva Þn troppo spessoÈ. Eh si, la mamma, la moglie... Anna, nata nel 1934, determinata e indipendente nel portare avanti casa e famiglia, la persona giusta, indispensabile per un uomo non coinvolto nella gestione del quotidiano. Tra le prime donne in paese a prendere la patente, con la sua Bianchina sembrava essere ovunque, contemporaneamente. Una famiglia unita che, quando poteva, tornava in campagna alla vita contadina nella Cascina San Pietro, acquistata con i primi risparmi.


Aldo Del Bono, Dancing Bottle, maggio 2013


RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 27

Il senso della realtà e della possibilit Q

*

Alexandr Zinove’ev, Þlosofo e scrittore russo

ualcuno sostiene che Ònella vita di una societ , i misteri pi profondi stanno in superÞcieÓ*. Chissà? Sta di fatto che Mario, nonostante non abbia avuto l’opportunità di studiare, è per istinto un tecnico con il dono di saper leggere e interpretare ciò di cui il mercato può aver bisogno. All’inizio degli anni Settanta, i costruttori di macchine per l’imbottigliamento sono ancora pochi, anche in virtù della semplicità della tecnologia di riempimento a livello sottovuoto. Il loro numero destinato per a crescere rapidamente, Þno a saturare la domanda di un mercato - quello di vino, olio e liquori - in cui le aziende diminuiscono di numero e crescono di dimensioni. È un decennio di grandi cambiamenti, dovuti soprattutto alla diffusione dei contenitori di plastica, in prevalenza di PVC e di PP per i prodotti corrosivi, che non possono essere riempiti con le macchine tradizionali. Nascono così in Ronchi le prime riempitrici volumetriche, con cilindri dosatori a gravità che permettono all’azienda di entrare nel settore della detergenza, per poi crescere, passando a prodotti sempre pi ÒdifÞciliÓ; questo grazie allo sviluppo delle macchine a cilindri con pistoni, che vengono fornite al settore cosmetico Þno agli inizi degli anni Novanta, in particolare per confezionare shampoo. Le velocità di produzione aumentano e mettere in linea macchine separate si fa sempre più complicato, in particolare per quanto riguarda le zone di accumulo dei contenitori di plastica, per loro natura estremamente leggeri e instabili. Per Mario è tempo di “inventare” il monoblocco, che consente di non avere limiti di velocità, potendo dimensionare le stazioni di riempimento e tappatura, non necessitando di aree di accumulo tra una macchina e l’altra, con evidenti risparmi in termini di spazi.


Cesare Giardini, Oltre i conĂžni, gennaio 2007


RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 29

Oltre i conÞni C *

Nel 2011. la P.E. acquisisce il marchio Ocea da Acma Spa, stipulando un accordo che prevede il trasferimento di tecnologia delle etichettatrici e della propriet intellettuale delle macchine, nonch la fornitura di servizi post-vendita a tutti i clienti.

on la disponibilità di nuove macchine e di linee complete, Mario è pronto a superare le frontiere. Partendo da via Galilei a Cologno Monzese, affronta così con determinazione i mercati europei più prossimi all’Italia, viaggiando tra Austria, Francia, Germania e la Jugoslavia del tempo. Ma una volta diversiÞcata lÕattivit della OfÞcine Meccaniche M. Ronchi, ormai proiettata anche nella detergenza e nei prodotti per la cura della persona, è tempo di oltrepassare altri conÞni, di pensare a un modo diverso di impiegare la tecnologia, fuori dalle convenzioni. Siamo nei primi anni ‘70 e con un gruppo di soci fonda nel mantovano la società Ocea, destinata a produrre etichettatrici. Gli inizi sono in un piccolo capannone nei pressi di Goito, dove lavorano tre persone - spesso tra i miasmi di una porcilaia poco distante - cui segue il trasferimento in un altro stabilimento nello stesso Comune. Si tratta di una tecnologia complementare ma determinante per la buona resa degli impianti di imbottigliamento, che si guadagna ben presto l’apprezzamento del mercato. Quando Mario si rende conto che Ocea può camminare con le proprie gambe, esce dalla società, pur continuando negli anni successivi a comprarne le etichettatrici. Certo, gli affari sono affari, ma la qualità della relazione fra persone è ancora un fattore discriminante per Ronchi: le divergenze con uno dei vecchi soci lo porta così a rivolgersi a un altro fornitore - la Omme di Marmirolo, di cui raccoglie l’eredità la P.E. Labellers di Porto Mantovano* - che inizia nel 1974 a produrre etichettatrici con colla a freddo lineari e rotative, e con il quale manterrà una lunga collaborazione, sia sul piano dello sviluppo tecnologico sia commerciale.


Giovanni Cerri,Trinity, olio su tela, cm 70x50, settembre 2010


RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 31

Pi che una squadra M

ario Ronchi è riuscito nell’impresa, che ha dell’incredibile, di guidare la formazione dei Þgli Cesare e Gianmario in funzione della crescita dellÕazienda: in campo tecnico il primo, e amministrativo lÕultimo. Figli che lo afÞancano da subito con entusiasmo e che, ben presto, dimostrano di essere capaci di gestire e dare nuovo impulso all’impresa di famiglia. «Quando siamo entrati in azienda - ricordano concordemente - abbiamo trovato la strada aperta in quei campi in cui nostro padre era meno ferrato, ovvero l’attività commerciale, in particolare all’estero, e la parte contabile». Una mossa strategica che permette a Mario Ronchi, col tempo, di continuare a seguire la sua vocazione di tecnico, concentrandosi sullo sviluppo delle macchine, sulla realizzazione di quelle soluzioni - accadeva anche questo - che prima venivano vendute e poi progettate. Cesare incomincia facendo un po’ tutto, dagli acquisti al post vendita, ma dopo il militare, nel 1975 si dedica allÕinstallazione delle macchine allÕestero (liquoriÞci in Austria e in Germania) facendo esperienza di contatto diretto col cliente. Superata con successo anche questa prova, dopo qualche anno, passa ad occuparsi di tutta lÕattivit commerciale, perch per vendere tecnologia e non un prodotto Þnito, bisogna ben sapere di cosa si parla e si propone, bisogna stare sul campo. Cosa valida allora come adesso. Gianmario entra a pieno titolo in azienda nel 1986, mettendo tutte le sue capacità nel gestire la parte amministrativa e Þnanziaria, sviluppando contatti con consulenti e banche, ma anche costruendo le relazioni con i fornitori, guidando lo sviluppo di nuove soluzioni in termini di servizi. Due fratelli, dunque, diversi per carattere, eppure accomunati dall’aver ricevuto dal padre in eredità un testimone di rigore e responsabilità. In sintonia anche quando ragionano sul signiÞcato del loro essere imprenditori: innovare, non per fare la macchina più bella del mondo, ma stando attenti alle richieste del mercato. Da qui, nasce a Cologno la tradizione di un reparto collaudo degno di questo nome, allÕinizio di 400 metri quadrati che nel tempo assume dimensioni e signiÞcati decisivi per la competitività dell’azienda.

Anna e Mario Ronchi


Lucio Perna, Miraggio, 100x80 cm, giugno 2010


RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 33

CÕera una volta in America S

*

Robert Musil, LÕuomo senza qualità

e uno deve passare attraverso una porta, deve considerare che gli stipiti sono duri*. Eppure, a Mario, che ama le sÞde, varcare la soglia di casa e andare lontano a vendere le sue macchine viene naturale. Fautore di una “globalizzazione” ante litteram, lui, che non parla le lingue se non l’italiano scivolando spesso nel dialetto milanese, è di fatto tra i primi industriali del settore a guardare oltre l’orizzonte domestico, addirittura all’America; è proprio lì, infatti che nei primi anni ‘80 i produttori di vino locali cominciano a industrializzare l’attività. Sulla carta, un mercato promettente. Allora perché non proporre la tecnologia di imbottigliamento “made in Ronchi”? Peccato, però, che i produttori americani siano per lo più contadini trasformati in viticoltori, con conoscenze tecnologiche piuttosto limitate, capaci di lamentarsi di una macchina automatica perché non riempie a dovere bottiglie grandi e piccole contemporaneamente... E poi, non pagano! La Þliale fondata a Chicago riesce comunque a far fronte alle numerose richieste, fornendo inizialmente macchine a livello e poi volumetriche; i tecnici messicani - scelti di madre lingua latina così che possano meglio intendersi con i montatori italiani - viaggiano per il Paese su un camioncino Ford targato “Ronchi 1”; Cesare, ormai in azienda da tempo, è spesso impegnato in una faticosa assistenza in loco, che lo porta ad affrontare situazioni, per così dire, da frontiera. Il business fatica a decollare, scontando soprattutto l’attitudine nazionalistica degli americani, che comprano macchine straniere solo se meno costose. All’indomani dell’Irangate, il crollo di credibilità dell’amministrazione Reagan condiziona anche il mercato valutario, guidando la svalutazione del dollaro. A guardarli con gli occhi di oggi, son tempi eroici, da pionieri alla conquista del West. Ma le aziende, si sa, non vivono in un Þlm: sono protagoniste del mondo reale, fatto di lingue diverse, di culture e abitudini sociali che si possono conoscere solo con il tempo. E, in genere, nella loro sceneggiatura, non c’è proprio posto per sconcertanti colpi scena o per la marcata impossibilità di potenziali sviluppi, tecnologici e commerciali. Quindi, la Þliale viene chiusa nellÕ86, ma qualcosa rimane di quellÕesperienza, che ha il merito di aver fatto conoscere il marchio Ronchi sul mercato americano, in particolare anche in quello della chimica e della detergenza.


Max Marra, Classe Italiana, tecnica mista su tela, cm 49,5x36, settembre 2012


RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 35

Segni e disegni 1

*

Molti anni dopo, a inizio 2016, lo stabilimento di Soncino viene completamente integrato nellÕunit operativa di Gessate.

980-1990: un decennio di sperimentazione per la Ronchi, che dà vita a numerose realt industriali, con lÕobiettivo di diversiÞcare le attivit sia dal punto di vista tecnologico sia, ancora una volta, commerciale. È il caso di Ronchi Engineering, destinata a studiare e realizzare impianti “chiavi in manoÓ (linee complete di riempimento, ma perÞno muletti e furgoni) per lÕallora nascente mercato sovietico. LÕinstabilit politica e Þnanziaria di quellÕarea ne determina però, qualche anno dopo, la chiusura. Ma è anche il tempo di due iniziative tutte italiane, con presupposti ed epiloghi completamente diversi. La prima nasce a Soncino - un polo tecnologico in embrione - per seguire lo sviluppo di imballaggi ßessibili di nuova concezione, le buste stand up (conosciute come “doypack”). Ronchi Teck, ex EcoPack, sviluppa infatti una macchina che, partendo da bobina, crea un contenitore da riempire e saldare. Realt produttiva ßessibile e completa, con un ufÞcio tecnico e un ufÞcio acquisti, con gli anni si trasforma in una sorta di “sub-fornitore”, che si fa carico dei picchi di lavoro delle altre unità operative di Ronchi*. A Sala Bolognese nasce invece Ronchi Pack, fondamentalmente per assicurare continuità operativa a un grande cliente della detergenza, che utilizza riempitrici e tappatori di Ronchi e confezionatrici della società Garbo. Quest’ultima vive un momento di grave difÞcolt e a Mario si pone una nuova sÞda, che affronta in modo diretto e vigoroso, afÞdando a Cesare la gestione commerciale, e a Gianmario i compiti gestionali e amministrativi. Con la ferma intenzione di non disperdere un patrimonio di conoscenza e, al contempo, aiutare unÕazienda storica in difÞcolt , compra infatti il know how sviluppato da Garbo nel Þne linea, si appoggia ai tecnici esperti di quella tecnologia e prosegue nella produzione di incartonatrici. Tuttavia, in questo campo speciÞco, essere competitivi sul fronte dello sviluppo, facendo anche i numeri che giustiÞchino lÕesistenza di unÕazienda al passo con i tempi, si rivela impresa problematica. A contatto con la realtà, la disillusione, non la delusione, è spesso inevitabile. Ciò nonostante Mario continua a vivere con ottimismo i suoi miti e torna al suo principio guida delle “poche cose, ma fatte bene”: dapprima trasferisce la costruzione delle macchine confezionatrici a Soncino e poi decide di uscire da questo business, perché estraneo alla cultura produttiva della Ronchi.



RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 37

LÕevoluzione della specie N

*

Woody Allen, ÒThe Kugelmass EpisodeÓ, 1977

egli anni Ô90, il mondo industriale, Þglio di quel tempo che avanza, attraversato da nuovo, inarrestabile fervore: il passaggio cruciale dalla meccanica alla meccatronica. In Ronchi, sono i tempi in cui la progettazione meccanica è fatta integralmente in casa, mentre lo sviluppo e la realizzazione della parte elettrica ed elettronica afÞdata a un fornitore esterno. E quando, a Cologno, viene creato lÕufÞcio tecnico elettrico, i primi due progettisti si trovano a lavorare, per mancanza di spazio, in una struttura mobile posta nel cortile della fabbrica. Compaiono sul mercato le prime riempitrici a peso dotate di bilance meccaniche, in seguito sostituite da celle di carico. Ma sono ancora i momenti dell’elettronica “fatta in casa”, con schede intelligenti. Ronchi, appena disponibili, migra sui sistemi a plc, sviluppando internamente il software di gestione e controllo della macchina. Anche per l’azienda, dunque, i riferimenti cambiano radicalmente e nel 1993 mette a punto la prima riempitrice rotativa al mondo con sistema di riempimento controllato da ßussimetri. Mario partecipa allo sviluppo di questa tecnologia, che trasforma in realtà il sogno di avere una macchina Þnalmente semplice da pulire, grazie al fatto che il sistema di misurazione esterno non è a contatto con il prodotto. La Exacta, così si chiama la macchina con l’innovativo sistema di dosaggio, è un successo anche dal punto di vista commerciale, e consente all’azienda di acquisire nuovi mercati e nuovi clienti, soprattutto tra le multinazionali della detergenza e del personal care. E questo anche in virtù del fatto che Mario Ronchi aveva da tempo intuito il potenziale vantaggio che stava nel fornire a questa tipologia di clienti non solo macchine singole, ma linee complete. Gli anni ‘90 segnano però anche un altro momento fondamentale: quello del progressivo passaggio ai Þgli nella gestione dellÕazienda, sebbene la Þgura del fondatore sia ancora motore dello sviluppo tecnico. DÕaltronde, Òil tempo la pi indeÞnibile e paradossale delle cose; il passato non cÕ più. Il futuro non c’è ancora, il presente diventa passato proprio mentre cerchiamo di deÞnirlo e, come un lampo di luce, nasce e nel medesimo istante muoreÓ.*


Paolo Valle, Pensando a Bizanzio, settembre 1999


RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 39

A casa, di nuovo C

ambiare posto, tempo, pensieri, futuro. Così a Gessate - ora Comune della città metropolitana di Milano - nel 1996 viene completata la costruzione di una nuova struttura produttiva allo stato dell’arte, un evento che fa da spartiacque nella storia dell’azienda, come ricordano con trasporto i fratelli Ronchi. «Abbiamo deciso il trasferimento dell’attività da Cologno Monzese a Gessate seguendo il nostro istinto, di nuovo con tanti debiti e tante speranze». In queste parole tutta la determinazione a dare corpo a un progetto che vince sui dubbi e sui timori, pi che giustiÞcati, per un investimento pari quasi al 50 per cento del fatturato di allora. Vero azzardo o, piuttosto, meritevole atto di coraggio? Come hanno dimostrato i fatti a seguire, una scelta indovinata ma anche fortunata, recepita dal mercato come un segnale forte, e in particolare accolta con favore dai clienti multinazionali, che tendono a premiare i fornitori quando ne riconoscono solidità, prospettive e volontà di crescita. Il trasloco nel capannone, sorto su un’area di 20mila metri quadrati, viene fatto durante le festivit natalizie del 1995, con mogli e Þgli in vacanza, e col Òpanettone tagliatoÓ insieme agli elettricisti che stavano Þnendo lÕimpianto elettrico. Nei dettagli, le differenze di un mondo che cambia. Triplica la superÞcie destinata alla produzione e raddoppia quella dedicata al collaudo: in tutto 5mila metri quadrati che sembravano, sul momento, davvero difÞcili da riempire. Ma non tanto e solo nelle diverse dimensioni che si coglie il signiÞcato di questa ripartenza. Nella vecchia sede Ronchi di Cologno Monzese, infatti, c’era un solo PC Olivetti M240, condiviso da Cesare e Gianmario, uno strano “aggeggio” messo su una scrivania a prender polvere; un anno dopo, a Gessate, erano installati in azienda più di 20 computer, con tanto di stazioni CAD per la progettazione nellÕufÞcio tecnico. Un salto non solo nel modo di dare continuità all’impresa, ma culturale, che coincide con un vorticoso aumento di attività e fatturato. Complice la prima Legge Tremonti (8/8/94 n. 489) che permette di escludere da tassazione il 50% degli investimenti realizzati nel 1994 e 1995, in eccedenza rispetto alla media degli investimenti nei cinque periodi d’imposta precedenti. Il che mette in condizione la Ronchi, in questa fase di sviluppo, di irrobustirsi non solo a livello strutturale ma anche Þnanziario.


Mario De Leo, Italia, struttura di metallo, taglio al laser e interventi dÕartista, cm 115 x 57, ottobre 2012

AUTOMATED PACKAGING MACHINERY


RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 41

Globale, Òmade in GessateÓ L

a felice combinazione degli eventi del ‘96 dà dunque una spinta quasi inaspettata alle attività dell’azienda che, solo un anno prima, non sarebbe stata in grado di far fronte alle richieste che si concretizzano a seguito del trasferimento e del consolidamento del pacchetto clienti formato dalle grandi aziende. Cosa questa di notevole importanza perché, per la Ronchi, trattare con le realtà multinazionali signiÞca conoscere con largo anticipo tendenze e necessit di mercato emergenti. Di fatto il Þlo diretto con questi interlocutori, strutturati con reparti di ingegneria che decidono per tutte le fabbriche sparse nel mondo, rende possibile, da un lato, crescere in tecnologia e, dall’altro, capire dove e come indirizzare investimenti, strutturali o produttivi che siano. Alla luce di questi sviluppi, in un percorso pianiÞcato e organico, Ronchi rafforza anche la rete commerciale a livello globale, e laddove le multinazionali dislocano le produzioni, apre proprie Þliali o rappresentanze, sempre coordinate da Gessate. Pensate, in prima battuta, come un servizio da fornire ai grandi utilizzatori, non disdegnano ovviamente, di acquisire nuovi clienti in loco. A partire dal Ô97, nascono cos la ÒsecondaÓ Ronchi America e la Ronchi do Brasil (chiusa per via delle dinamiche protezionistiche di questo Paese). Nel breve volgere di pochi anni i fratelli Ronchi danno vita a Ronchi Asia-Thailandia, da cui per parecchio tempo presidiano tutto il mercato dell’Estremo Oriente, cui fanno però seguire Ronchi Asia-Cina (società giuridica a tutti gli effetti) e Ronchi Asia India (realtà commerciale e di assistenza che fa capo alla Tailandia e si occupa solo del mercato locale). In Europa, fondano Ronchi UK, mercato dove sono numerose le macchine installate, mentre in Messico e Australia, sotto il marchio Ronchi, sono invece operativi agenti esclusivi. Occhi attenti alle cose del mondo globale, quindi, ma la produzione? No, quella resta saldamente in Italia: le linee di riempimento su misura esigono infatti competenze elevate e comprovate nel tempo. Come quelle assicurate dalle maestranze interne altamente specializzate, nonché dai fornitori, molti dei quali vivono quasi in simbiosi con lÕazienda: un network di prossimit , radicato sul territorio, proattivo e ÒfedeleÓ, è infatti un punto di forza irrinunciabile. Alcuni di questi fornitori sono gli stessi degli inizi, hanno cambiato il proprio modo di lavorare, investendo nel corso degli anni in macchinari oggi in grado di produrre pezzi con una precisione, tempi e costi che permettono alla Ronchi di essere competitiva sul mercato. Del resto, ci dicono i fratelli Ronchi, negli anni stato pi proÞttevole investire in capacità progettuali, piuttosto che nell’acquisto di macchine utensili, potendo contare su un tessuto di imprese capaci e afÞdabili per la produzione di tutta la componentistica meccanica.


Michele Berton, Pacco sulla Luna, acrilico su carta di cotone fatta a mano, maggio 2004


RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 43

A misura di realt S

*

Lucio Anneo Seneca Filosofo, drammaturgo, politico romano

ostiene il saggio*, che la fortuna non esiste: esiste il momento in cui il talento incontra l’opportunità. È infatti tanto intensa l’attività in quegli anni, che i fratelli Ronchi riescono addirittura a dare il via alla costruzione di un secondo stabilimento, contiguo al precedente, con un investimento di portata analoga. Viene inaugurato nel 2000 e lÕintera superÞcie, altri 5 mila metri quadrati, destinata al collaudo delle macchine e delle linee. Dalla fabbrica di Gessate escono riordinatori di bottiglie, orientatori, puck inserter, linee di riempimento, tappatori, depucker, insomma un gran numero di soluzioni su misura. Le riempitrici Exacta continuano a essere quanto di più moderno e innovativo nel campo dell’imbottigliamento di prodotti liquidi o ad alta viscosità; soluzione funzionale in tutti quei campi di applicazione - chimico, cosmetico, igiene personale, farmaceutico e alimentare - dove ßessibilit , facilit e rapidit di pulizia/lavaggio sono di prioritaria importanza. È però il tempo in cui Mario matura la consapevolezza che il mondo che lui conosceva, e che Þno a quel momento aveva animato con vigore e orgoglio, non esiste pi . Che il suo modo di fare... il suo immancabile cappello, di sovente brandito per richiamare l’attenzione delle persone, spronandole a un maggior impegno nel pensare e fare in modo diverso, non serve più. Così, quando realizza di non poter più lavorare nel modo che gli era abituale, si fa da parte, per assecondare il rinnovamento. Ha pensato di evitare all’azienda un destino di obsolescenza, forse avendo in contropartita - ci piace immaginare - la libertà di non doversi più guardare con gli occhi degli altri. Continua a supervisionare l’attività, ma spende la maggior parte del suo tempo nel seguire i lavori di ristrutturazione della vecchia Cascina San Pietro, nell’impiantare vitigni e riavviare su nuove basi la produzione di vino. Quasi un ritorno alle origini, alle vecchie passioni ma anche un modo per mitigare il vuoto lasciato dalla scomparsa, nel 2006, della cara moglie Anna... All’inizio della vita tutto sembra possibile e si riesce anche a non aver paura di sognare e di desiderare; passano gli anni e allora viene il momento in cui, se si è dato futuro a ciò che si è fatto, si può anche non pensare a quanto è rimasto indietro. Per Mario è così. È il momento di passare la mano, di lasciare totalmente l’azienda alle capacit e ai progetti dei Þgli, nel ripetersi di una partita che ha un nuovo inizio.


Mario Ronchi al lavoro in Cascina San Pietro


RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 45

Anna e Mario Ronchi festeggiano i 50 anni di matrimonio

La storia non ha mai niente di vecchio. Sta immobile, ma vive come un albero longevo e nulla dei tempi passati scompare… Nulla infatti è definitivamente scritto, perché l’uomo è misura incerta, misteriosa, sfuggente.


Fathi Hassan, Contenitore di memoria, acrilico e sabbia, ottobre 2000


RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 47

LA MEMORIA DEGLI ALTRI Alla Þne della storia, possiamo dire che la narrazione sui 50 anni della Ronchi nasce dall’amore. Amore dei Þgli nei confronti di un padre che, solo con lÕesempio, giocando il tutto per tutto in prima persona e sempre, ha dato tantissimo, senza scendere a compromessi con se stesso e gli altri. Amore verso una madre, che ha saputo essere catalizzatrice di affetti preziosi e di legami profondi. Amore verso i giovani della famiglia, chiamati a condividere e ad alimentare il rispetto dei valori con cui sono stati cresciuti. Amore per il fare, per un lavoro comune, intenso come una missione. Amore verso un’azienda, da curare e far crescere nel migliore dei modi possibili. Amore per parole mai dette, eppure ascoltate con la voce del sentimento. Amore per una vita ricca, vissuta tra sfide e certezze, tra i sogni del domani e la concretezza dell’oggi. Siamo arrivati a questa conclusione, raccogliendo anche alcune testimonianze, che hanno reso il senso del presente dell’azienda legato a Þlo doppio con il passato di Mario. Perché tutto, in fondo, è partito da lì.


Sanja Milenkovich, Light Box, acryl colours, cm 80x60, 2009


RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 49

LÕamico americano Nazareno Maiocchi venne scelto per andare in America ad appianare la situazione KP Z[HSSV JOL ZP LYH ]LU\[H H JYLHYL ULSSH WYPTH ÄSPHSL HWLY[H H *OPJHNV Che uomo era Mario? Per usare una metafora calcistica, non era un giocatore bravo, lui era un fuoriclasse. Non aveva paura del mondo, nel quale si muoveva con l’istinto del tecnico geniale e sperando inconsciamente nella fortuna che - quant’è vero! spesso aiuta chi sa osare. Sostenuto da grande forza di carattere, volontà e coraggio, era capace di motivare le persone ed era sempre alla ricerca del meglio per l’azienda e per la famiglia, riuscendo a trasmettere questo DNA ai Þgli. Poche volte lÕho visto in camicia. Lo ricordo sempre con la vestaglia verde, gi in ofÞcina o nel reparto prove, a fare e rifare, a controllare, alla ricerca del prodotto perfetto o che, per lo meno, si avvicinasse alla sua idea di precisione. Uomo di grande intuito, aveva ben presto capito di doversi sottrarre alla bagarre di una tecnologia troppo semplice, per poter crescere dal punto di vista tecnico e commerciale. E ha puntato a distinguersi dai potenziali concorrenti, proponendo macchine via via più evolute, capaci di dare concretezza ai sogni di efÞcienza e pulizia di tutti gli imbottigliatori, stabilendo tra l’altro nuovi paradigmi per il settore. Mi ha sempre colpito la sua capacità di giocare d’anticipo, su tutti. Mi riferisco all’apertura della prima Þliale Ronchi in America, quando ancora nessuno parlava di globalizzazione, con la convinta sfrontatezza di offrire tecnologia italiana in un Paese all’epoca più avanzato del nostro. Ma anche alla capacità di affrontare un’avventura come quella, senza schemi precostituiti e al coraggio di dire la parola Þne, pur tenendo per s ci che di buono lÕesperienza aveva lasciato, per farlo fruttare in un secondo momento. Altri avrebbero vissuto d’inerzia, tirando a campare, vendendo qualche macchina l’anno e accontentandosi. Ma non lui.


Franco Ricci, Ritmi diagonali ritmi paralleli, tempera su cartoncino-kina, cm 21x21, luglio 2011


RONCHI | TANTO DI CAPPELLO | 51

Il tecnico del cuore 4HYPV 4VUKVUPJV OH SH]VYH[V X\HZP HUUP PU 9VUJOP WYPTH HSS»\MÄJPV WYVNL[[HaPVUL L ÄUV HSSH WLUZPVUL JVTL YLZWVUZHIPSL JVTTLYJPHSL 0[HSPH Con Mario Ronchi ho condiviso buona parte della vita, oltre al piacere di fare le cose fatte bene. Quando sono entrato in azienda, nel 1968, ho subito capito di aver trovato “la mia casa”, una casa in cui non c’erano né sabati né domeniche, dove in 25 persone curavamo tutto, dalla progettazione al magazzino. Da lui ho imparato molto: lavoratore instancabile, mi ha subito contagiato con la sua inarrestabile voglia di nuovo, che non era mai un azzardo, ma piuttosto Þglia dellÕattenzione a quanto gli accadeva intorno. Se per lui aveva avuto senso offrire una tecnologia diversa agli imbottigliatori di vino e olio, tanto più ne aveva trasferire ai mercati della detergenza e del personal care le sue competenze e la sua visione. Ronchi ha infatti intuito in pieno il potenziale sviluppo di quei settori da ogni punto di vista: modalità di produzione più serrate e continuative rispetto all’enologia, consumi in decisa espansione, soddisfatti da tipologie di prodotto sempre diverse e contenitori di plastica in costante rinnovamento. Insomma, era un mondo in cui poteva esprimere al meglio quello spirito innovatore che non lo ha mai tradito. E dove la sua testardaggine ha avuto sempre la meglio perché lui, che non sapeva disegnare, sapeva bene quello che voleva e dove voleva arrivare, e riusciva a farlo entrare nella testa di noi progettisti. Non ha mai avuto paura di “perdere” tempo: non ha mai pensato di rinunciare a qualche cosa, solo perché, per esempio, i disegni non lo convincevano. Faceva buttar via tutto e si ricominciava, Þno a che non si arrivava al risultato desiderato. Perché in fondo, non gli interessava l’utile immediato, ma il futuro delle cose. E poi, secondo lui, non c’era niente che non si potesse fare. Questo è stato il suo più grande insegnamento.



| HATS OFF | 53 Luciana Guidotti andRONCHI Stefano Lavorini

RONCHI | HATS OFF |

English text



RONCHI | HATS OFF | 55

Index 57

BACKGROUND

58 58 58 59 59

Today’s recollections Facilities 1 Facilities 2 Made-to-measure Facilities 3

61 61 62 62 63 63 64 64 65 65 66 67 68

Pride without shame Craving… after a Lambretta All home and shop Family photo The sense of reality and of possibility Beyond borders More than just a team Once upon a time in America Signs and designs Evolution of the species At home again Global, “Made in Gessate” Tailored to reality

69 70 70

THE MEMORY OF OTHERS The American friend A favorite technician


Mario Ronchi


RONCHI | HATS OFF | 57

BACKGROUND Out-of-doors, daylight. A spring morning on a normal workday. A man strolls in front of a factory at Gessate, the construction of which he saw to many years before. In a green work gown and with his iconic hat, he stops in front of a proud, sinewy maple tree, planted at the works entrance. He bows down, collects a couple of dry leaves, he throws them into a basket, looks around and, raising his eyes to the skies, blurts out (in Milanese dialect)… «Would you get this guys… And I always told them “let’s stick to buying Italian cars!”… In the end they insisted on doing things their way, but they’ll listen to me now…». He returns to his stroll along the walls of the factory, slow but not tired, never listless. He is attentive, even if he is surprised by the voices of the employees who enter into the canteen for lunch. He knows nearly all of them, and he congratulates himself, because he saw and helped many of them grow. He observes two important guests - little matter whether they are suppliers or customers - who are eating with Cesare and Gianmario in a simple, comfortable room. «They are sure to have them taste our Uva Matris wine, the one with the pastel colored label bearing mamma’s smile. They had had the good idea of commemorating her in that way, what a Þne gift they gave herÈ. But one knows, thoughts are like a ferocious, sharp lightening flashes, they open up cracks of nostalgia, sweet and painful at the same time.

The man is suddenly overcome with emotion, and one can almost intuit his thoughts: «I worked hard to give everyone a chance, with destiny supporting me, it accompanied me protecting my dream. This is now history. I am thankful that my sons convinced me to return to looking after our country holding, to go back to my passion of winemaking… It was another thing though, when I saw to building this factory. It was great imagining it, but seeing it now, ordered and efÞcient, as I never really would have expected it, is even greater still». He even manages to picture the new machines that leave the testing bay, even if he no longer understands them to the full, because once, the machines had the red “stop” button and the green “operating” button, and at that time he really knew his stuff… But today, with all this electronics, things have got a lot more complicated. «Ah yes, I did what I ought to have done, when I withdrew, with the courage of he who is aware his times have passed». The man smiles to himself serenely, raises his hat slightly, gives a deft wave of his hand and moves off. … In the end, things come and go, but people remain, as those will do who have still yet to come.


Today’s recollections

Gianmario and Cesare Ronchi

Recount the 50 years of company history, concealing nothing from those eager to learn more about it. Thus, having accepted this task, certainly not by chance, one Þne spring morning we found ourselves at Gessate, a centre a few kilometres from Milan, in front of a white production works, its facade proudly bearing the word Ronchi. At the entrance to the ofÞces, a maple tree decked with the colours of the new season. We were met by Cesare and Gianmario Ronchi, the owners of the company founded by their father, Mario. Measured and clear in their manners, while we visited the production site they spoke to us with garb, but aboveall with such a corresponding feeling and emphasis we were momentarily taken aback. They spoke of their business (a staff of some 170 people and 50 million euros of turnover), benchmark in the industrial automation sector and speciÞcally in machines for Þlling detergents and personal hygiene products, but also of their history, that started back in 1966. We soon came to realise that Cesare and Gianmario are people bound by a relationship that goes beyond that of being brothers, that they have always got along well together despite the ten years age difference, and that they have shared everything, from free time to interests and their passion for their job. Things in themselves much beyond the ordinary.. Facilities 1. We entered the Þrst hangar, built in 1996. Over 5 thousand square metres where everything is at its place. Everything is meticulously clean, one might even say exceptionally so, clear sign of a way of doing things in which nothing is irrelevant, nothing is unworthy of full attention. In the assembly stations that divide up the space, work groups operate around one or more machines at the same time, from beginning to end: everywhere there are Þllers, cappers, bottle scramblers in various stages of assembly. No machine tools though. The production of the specially designed components in fact is done outside the company by specialised suppliers: not simple contractors, but concerns that represent a system of values, of social relations, of the civilisation of doing things, very Italian, highly important for the company.

Partners not only in words, ten of which longstanding, that have accompanied Ronchi in its growth, themselves changing means and ways of production in time, to keep up with the technological evolution and stay competitive. Looking around us, we are struck by the size of the base of a monobloc, even though it can be taken apart for transportation. We discover it will “shoulder” a machine with more than 140 servomotors connected along an electrical axis. And nearby another, just Þnished, capable of Þlling over 500 bottles a minute, no mean feat considering the many forms of plastic containers, as well as the multifarious types of closures and tops. One can breathe an atmosphere of serene industriousness, of familiarity, something that is conÞrmed with naturalness and a touch of pride by our hosts when they underline that the workforce is the other true resource of this concern. The saying hello, calling each other by name without having to read people’s name tags, asking them “how are you” and not “what are you doing”; the concentration on these people’s faces, the professionality with which each one of them carries out their task without receiving orders from anyone, seemed to us signs of love for what is done well so that it might be useful to others. It is easy to understand why there is no question of producing abroad, of “designing in Italy”, as is the current fashion; the Ronchi brothers believe in Italy and then, to almost excuse them in their obstinacy, underline that, Þgures to hand, going abroad wouldn’t really be that economical. A difÞcult choice perhaps, that though has evidently paid off, and that is considered and appreciated by their clientele, and particularly by the multinationals that comprise the majority (around 80 per cent). Chatting in fact it emerges among other things that, starting from 2010, Proctor & Gamble awarded Ronchi 5 times consecutively as business partner of excellence, including them in 2013 and 2014 among the ten best partners at world level, chosen from amongst 80 thousand suppliers. Facilities 2. There was a calm realism in the voices that told us of extraordinary results that accompanied our discovery of the second hangar, dedicated to trials and testing: an area of about 5 thousand square metres, built in the year 2000, where the machines are moved to after their assembly.


RONCHI | HATS OFF | 59

Here they are completed and connected up with each other if they are part of a Þlling line, to then undergo trials to demonstrate, in the presence of the customer, their repetitiveness and efÞciency. No mean thing, in that the idea is to simulate what will happen in production, to the point where, with machines with numerous formats, the commissioning time may almost be longer than that of assembly. The surprises do not stop here, because we discover the building is divided up into 4 separate areas, with reserved access, dedicated personnel, meeting rooms, so as to offer the best reception and greatest conÞdentiality to the customers involved in the tests. To one side there is another space, for which Cesare and Gianmario explain contents and function, almost with a note of tenderness, the reason for which we soon understand: there present in fact and lined up, is a Þlling system with magnetic inductive ßow metre, a mass metering device and also a by now ancient syringe dosing machine, bearing witness to a long history. This area is used to deÞne the metering system and the scaling of the customerÕs machine, in terms of the number of Þlling and capping heads, for testing out the container and the product to be packed. In other words, the reliability and accuracy of the solution chosen is tested, something repeated umpteen times throughout the entire design and construction process.

which may yet have still to be invented, the need for which though has already been keenly felt. Plus an assistance service with mothertongue technicians in the main countries where the multinationals have located their production (company exports, speaking in terms of the Þnal destination of the systems and machines, reach 95%). Everything is thus geared to the international standing of the company’s clientele: from the sales ofÞce, that coordinates 5 foreign branches, to the technical ofÞce, with over 40 people who offer “made-to measure” custom design and engineering.

Facilities 3. Recurring cycles: principles, values and occurrences that repeat themselves and constitute a benchmark in the history of men and companies. The Ronchi brothers appear to allude to this, indicating the direction where, a short way off, on a broad stretch of terrain, they are building a third hangar covering 5 thousand square metes: a new structural investment. The growth of the company demands it, leading to the need for more space for production and trials, as the investment trends of their customer-partners indicate. And it is also demanded by the owners’ vision of the future. To help implement the same, introduction of the next generation into the company is already well underway. A chalMade-to-measure. To the customer’s measure of course! lenge recognized as fundamental, met well ahead of time It is not difÞcult to realise it looking around that one does and with farsightedness, giving the company a targeted not see two machines or lines that are exactly alike: from governance, carried out also with the support of one of the those for creams to that for hot-Þll products, such as vase- greatest experts on the matter. line. All the same, the Ronchi brothers confess, there is Thus, respecting tradition, during the summer months the more than one standard model… But in the end the acumen younger generation have already begun to cut their teeth in towards paying attention to the customer’s needs prevails. the business, as hands in the workshops, following what is The company’s characteristic is indeed the capacity to listen more a course of training suiting the functions they have and apply what is needed, to understand prevailing needs been destined for. and guide the research and development of new solutions. Because basically, there is the common awareness that The strength of the company lies in following the customer’s Ronchi SpA, indeed a family company, but with a modern, demands, in terms of mechanical componentry and elec- ßexible organization capable of offering an ad hoc service to tronics, but also in terms of layout, such as for example the big companies in a market destined to grow in the world, machines with the infeed and outfeed of the containers is geared to be a competitive reality today and will be so inverted, so that they can be installed facing each other, a tomorrow. way of simplifying the set-up. And this because, within the company, old and young are Their natural inclination to build up ongoing relations with still capable of experiencing progress and breathing the the purchasers, or that is longterm relations as in the ma- future and know that, to achieve something interesting, you jority of cases, drives Ronchi’s technological progress on- always need to set your eyes on something unachievably wards to encounter the demands for a “superior” machine, far beyond.


Cesare Ronchi: offsprings Alice, born in ’81, lawyer, would reconsider the opportunity of running the family business.

Francesco, born in ’85, after covering customer assistance in Ronchi’s American branch, now deals with sales.

Gabriele, born in ’92, keen on the history of wine, has a degree in winemaking and is building up experience abroad: he will probably look after the family’s agricultural holding.

Gianmario Ronchi: offsprings Alessandro, born in ’92, with a degree in Economics and Business and a US master, he has already expressed the ambition to look after the company, but not before having built up experience in other concerns, to reinforce his own expertise.

Fabio, born in ’96, in his Þrst year of Economics, still has to complete his studies.

The recollections of today do not arise out of nothing, but are borne by a 50 year long history, comprising many things, a vast part of which essential. Hence we reconstruct the facts and circumstances of an experience, that of Ronchi SpA, knowing full well that even something inÞnitely small and unpredictable may have deviated the course of events in the selfsame life of a man.


RONCHI | HATS OFF | 61

The Lambretta was also used for going on holiday

* **

Italy’s Booker Prize

Namely Sergio Brambilla, typical Lombard surname.

Pride without shame

Craving… after a Lambretta

Land of tears. Mountains in the distance, the plane that runs as far as the eye can see on which to sweat to survive. A succession of corn, maize and alfalfa Þelds, orderly bounded and divided up by irrigation ditches full of water, adorned thanks to their usefulness by willows and poplars. Much work with the only end of scraping a living, managing to get by and being able to feed the family. Close to the farmhouse, almost a luxury, the odd fruit tree, peach-, pear-, apple-, persimmon-, Þg trees, a few rows of grapevines. Closer by, a vegetable garden to have something to put on the dinner table: a few medicinal and aromatic plants, sage, rosemary, parsley, garlic, onion and behind that in rows, potatoes, salad, tomatoes, carrots, celery, beetroot. This the dream of many. And the stalls, with the dairy cow and the ox to pull the plough, and if you were lucky, a bit of poultry, to be able to barter to have indispensable things in exchange such as salt, oil and sugar. The same century-old poverty, the same life of our fathers and grandfathers, made of hardship and deprivation almost impossible to imagine. And thus those who were able to emigrated in search of fortune in America. This the ordinary tale of popular culture, as simple and essential as truth, perhaps now difÞcult to recognize but all the same surprisingly alive and capable of going from generation in generation, even if no-one is no longer able to remember the proverbs and rhymes of times gone by. The forgotten memory of a world into which Mario Ronchi was born in 1929, the fourth of eight children, as part of a peasant farmer family, a man who would indeed go a long way.

Then came the times of the dictatorship, the bombs, the destruction… and that of the material, moral and political reconstruction on the ruins, the legacy that wretched world war left our poor Italy. Perhaps someone can actually remember the life of a small town at the gates of Milan, no different from many others, like Cologno Monzese. Around the Þfties people still lived from agriculture, there were the large landowners (as the villas and estates left bear witness to) and the relations with Milan were those between city and countryside. Even so soon Cologno would also experience the ßight from the Þelds and the great social change - Þrst and foremost the urbanisation of the land and the waves of immigration from southern Italy - that marked the end of a society based on proprietorship and wealth and the beginning of one based on consumerism. These were the years of the Marshall plan, of spectacular economic growth, engendered Þrst and foremost by the increase in international trade. It is in this season, that Mario started out in the world of work. Having Þnished elementary school, he helped his father on the farm, but very soon he was taken on as a young hand in a machine shop - Bondavalli - that produced wine taps, with water activated membrane pumps... Things of times gone by that no longer exist. In 1947 - while in another Italy the Þrst edition of the Premio Strega* prize was held, won by Ennio Flaiano - at eighteen years of age Mario, along with another worker named Brambilla**, applied what they had learned, starting up their own production in a small premises in Milan. Only possessing rudimentary skills, but with a great will to learn, they dealt with everything… Also delivering the tap “kits” to the wineries in the area, those “Trani” at the times very popular for the robust, cheap wine they sold, on one of the Þrst scooters of the time, a Lambretta.


Anna and Mario Ronchi

*

Roberto Calasso, L’impronta dell’editore, Adelphi 2013

**

Giuseppina bore the name of Mario’s elder sister, to whom he was tied by a bond of strong affection, also because, as tradition had it, when still young she looked after him and his siblings while their parents were out working in the Þelds. Growing up, she followed her most intimate vocation, becoming a nun and entering an enclosed order.

All home and shop

Family photo

Living the present with commitment, stubbornly dreaming of the future: with this spirit the two young men understood that the times when wine was only sold loose were coming to an end and so they began to design and build the Þrst semiautomatic bottling machines. It was the decade of peace, of freedom, of rights, of wealth, or convenience as had never been seen before. Ronchi and Brambilla were soon to welcome the rotary automatic machines - level Þllers and cappers - that enabled the serving of new customers and new markets, like that of food oil and spirits. A spirit of enterprise and farsightedness led the two partners to found “Ocim” and to build, in 1963, a true and proper smallscale works at Cologno Monzese: 800 sqm with dwellings attached, in via Galileo Galilei 26. All family and work: 22 steps separated the two apartments from the ofÞces and another 11 from the workshop. Certainly no barrier, not even for Mario’s sons who, as if predestined, were soon to follow in their father’s footsteps in entering the company. Growth was constant up to 1966, when the ways of the two partners separated, basically due to a different view on life and of the company. There was no argument, but the awareness that the innovatory spirit of Ronchi could not be reconciled with Brambilla’s scant inclination to embrace the new, let alone consider risk. The latter kept the business, which he carried on in other premises, and the Ocim brand, while Mario started from scratch, buying up all the property rights of the premises in via Gallilei and founding the OfÞcine Meccaniche M. Ronchi. A delicate period beset by tribulations, marked by the many bills signed to be able to carry on doing well what had previously been done less well and for the Þrst time, what had been overlooked or missed out*. First and foremost, the redesign of Þllers, cappers and bottle washers on the basis of new ideas.

The company is for Mario Ronchi a commitment, an ongoing crossplay of sequences. The experience of a lifetime in which he chose for himself the role of “bringer of changes”. A “volcano” in the factory, who also managed to build a model of family cohesion based on work as well as on love and fondness. And this is evident when looking at his sons who inherited and today run the business. His Þrst son, Cesare, was born in 1956, and experienced ever since he was young the awareness of the difÞculties of the sixties in which they lived off ideas, good will … and debts: “I hardly saw my father at home, when I did it was mostly at night with the light on while he worked”. As an adolescent he spent the summers working in the factory, without being asked or forced to do so, but for a natural sense of participation, also because he was fascinated by that environment in which a project sketched out on paper took form, along with the sounds and the smells of the workshop. At seventeen years of age he began working full time in the company and at the same time attended evening school to get his technical diploma. His second born, Giuseppina** was to become the company secretary and for some time looked after her father’s company. After getting married and maternity she stopped working and subsequent to that, withdrew from ownership. Despite this, her husband Bruno and subsequently one of her two sons Marco continue to work today in the company. Gianmario, born in 1965, exactly followed his brother’s footsteps in the times and modes of study - though choosing accountancy - as well as in starting work. There is almost ten years age difference with Cesare, but their memories are the same: «In those times my father was always traveling, he did 100 thousand kms a year in his car, having to deal with just about everything. When I was little, I basked in the sole attention of my mother: a situation that repeated itself all too often». Ah yes, the mother, the wife… Anna, born in 1934, determined and independent in running the family home, the right person, indispensable for a man not involved running the day-to-day. among the Þrst women in the town to gain a driving license, she soon appeared to be almost ubiquitously everywhere in her little Autobianchi. A united family that, when it could, returned to the countryside and country life in the Cascina San Pietro, bought with the Þrst savings.


RONCHI | HATS OFF | 63

The sense of reality and of possibility

*

Alexandr Zinove’ev, Russian writer and philosopher

**

In 2011 P.E. Labellers bought up the Ocea brand from Acma SpA, stipulating an agreement featuring the technology transfer of the labels and the intellectual property of the machines, as well as the providing of post sales services to all customers.

Somebody sustains that “in the life of society, the deepest mysteries lie on the surface”*. Who knows? The fact was that Mario, despite his lack of the opportunity to study, was by instinct a technician with the gift of being able to read and interpret what the market needs. At the beginning of the seventies bottling machine builders were still few, also due to the simplicity of the vacuum Þlling technology. Their numbers though were destined to grow rapidly, up to saturating the demand of a market - that of wine, food oil and spirits - in which the companies dropped in numbers but increased in size. It was a decade of great change, due aboveall to the spread of plastic containers, mainly in PVC and PP for corrosive products, that cannot be Þlled using traditional machines. Thus the company Ronchi created the Þrst volumetric Þllers, with gravity metering cylinders that enabled the company to enter the detergency sector, to then grow, passing on to evermore ÒdifÞcultÓ products; this thanks to the development of cylinder piston machines, that were supplied to the cosmetics sector up to the beginning of the nineties, in particular for packaging shampoo. Production speeds increased and placing separate machines in line was becoming evermore complicated, in particular concerning the accumulation areas for plastic containers, due to there being extremely light and unstable. For Mario it was time to “invent” the monobloc, which did away with speed limits, being able to scale the Þlling and capping stations, not requiring accumulation areas between one machine and another, with evident savings in terms of space.

Beyond borders With the availability of new machines and complete lines, Mario was ready to cross Italy’s borders. Starting from via Galilei at Cologno Monzese, he thus tackled with determination the European markets closest to Italy’s borders, traveling between Austria, France, Germany and Yugoslavia of those years. But once having diversified the activity of Officine Meccaniche M. Ronchi, now projected also into detergents and personal care products, it was time to cross borders, to think of a different way of using technology, beyond conventions. This brings us to the beginning of the seventies when a group of partners foundded the company Ocea in the Mantua area, destined to produce labels. The beginnings were in a small hanger close to Goito, where three people worked - often amidst the smells of a pig farm nearby - followed by a transfer to another works in the same municipality. It is a complementary albeit decisive technology for the good yield of bottling plants, that soon won market appreciation. When Mario was aware that Ocea was able walk on its own two legs, he left the company, while all the same continuing in the years that follow to buy its labeling machines. Certainly, business is business, but the quality of relations between persons is still a discriminating factor for Ronchi: differences with one of the old partners led him to turn to another supplier - Omme SpA of Marmirolo, its legacy being picked up by P.E. Labellers of Porto Mantovano** - that began in 1974 to produce cold glue lines and rotary labelers, and with which he will keep up a long relationship, both in terms of technological development and commercially.


More than just a team

Anna and Mario Ronchi

*

Robert Musil, The Man without Qualities

Mario Ronchi, incredible to say, also managed to steer the training of his sons Cesare and Gianmario in the direction of the aim of company growth: the former in the technical Þeld, the latter in administration. His sons accompanied him enthusiastically right from the start and soon showed their capability to manage and give new verve to the family concern. «When we both entered the company - they recall together - we found the road open in those Þelds in which our father was less accomplished, or that is the business side of things, in particular abroad, and accountancy”. A strategic move that enabled Mario Ronchi, in time, to continue to follow his technical vocation, concentrating on the development of the machine, on the achievement of those solutions - yes, incredible to say - that were often Þrst sold and only after that designed. Cesare began by doing a bit of everything, from purchases to post sales, but after his military service, in 1975 he decided to install machines abroad (with distillers in Austria and Germany) gaining experience in direct contact with the customer. Having also successfully overcome this hurdle, after a few years, he went on to deal with all the commercial activity, because in selling technology and not a Þnished product, one has to know what one is talking about and proposing, one needs to be in the Þeld. A piece of advice valid today as it was then. Gianmario fully entered the company in 1986, putting all his capacities into running the administrative and Þnancial side, building up contacts with consultants and banks, but also building relations with suppliers, guiding the development of new solutions in terms of services. Two brothers hence, different in character, though sharing the legacy passed on by their father of rigour and responsibility. In harmony also when they reason on the meaning of their being entrepreneurs: to innovate, not to make the most beautiful machine in the world, but paying attention to market demands. From whence is born the tradition at Cologno of a trials and testing section worthy of the name, initially covering 400 sqm, that in time took on a size and importance decisive for the company’s competitivity.

Once upon a time in America If one has to pass through a door, one has to consider the lintels are hard*. All the same for Mario, who loved challenges, crossing the threshold and traveling far to sell his machines came naturally. A forerunner of “globalisation”, he who knew no other language than Italian, often reverting to Milanese dialect, was in fact one of the Þrsts industrialists of the sector who looked beyond the domestic horizon, even as far as America; it is in fact there that in the beginning of the eighties the local wine producers began industrialising their activities. On paper a promising market. Hence why not propose the Ronchi’s Italian bottling technology? Unfortunately though, the American wine producers were small farmers turned into wine-growers, with fairly limited technological knowledge, capable of complaining of an automatic machine because it didnÕt duly Þll large and small bottles at the same time… And they also didn’t pay! The branch set up in Chicago managed all the same to deal with the numerous requests, initially supplying level and then volumetric machines; the Mexican technicians - chosen with a Latin mothertongue so that they could understand and make themselves understood with the Italian assembly crew - travelled the land in a Ford truck bearing the numberplate “Ronchi 1”; Cesare, now having built up experience in the company, was often committed to tiresome, troublesome assistance on the ground, that led him to have to tackle what one might call frontier situations. Business was hard in taking off, aboveall suffering the Americans’ patriotic, nationalist leanings, who only bought foreign machines if they cost less. After Irangate, the collapse of the credibility of the Reagan administration also conditioned the foreign


RONCHI | HATS OFF | 65

exchange market, leading to the devaluation of the dollar. Looking upon things with today’s eyes, they were heroic times, like those of the pioneers who conquered the West. But as is known, companies do not live in a Þlm: they are protagonists in the real world, made of different languages, of cultures and social habits that one can only get to know in time. And in general, in their script, there is no place for a dramatic turn of events or for a clear impossibility for potential technological and commercial development. Hence the branch was closed in ’86, but something of the experience remains, that had the merit of making the Ronchi brand known on the US market, in particular in that of chemicals and detergents.

Signs and designs

*

Many years after that, at the beginning of 2016, the Soncino works was completely incorporated into the Gessate operating unit.

1980-1990: a decade of experimentation for Ronchi SpA, that created numerous industrial concerns, with the objective of diversifying activities both from a technological as well as from a business point of view. This the case of Ronchi Engineering, destined to research and devise turnkey plants and systems (complete Þlling lines, but even forklifts and vans) for the then ßedgling soviet market. The political and Þnancial instability of that area led, a few years after that, to its closure. But also the time of two totally Italian undertakings, with completely different expectations and outcomes. The first came into being at Soncino - the embryo of a technological centre - to follow the development of new concept flexible packaging, stand-up doypack bags. RonchiTec, former EcoPack, in fact developed a roll-fed machine that created a container to be Þlled and sealed. A ßexible and complete manufacturing concern, with a technical and buying ofÞce, with the years turned into a sort of “sub-supplier” that took on the production peaks of Ronchi SpA other operating units*. In turn at Sala Bolognese Ronchi Pack was set up, fundamentally to ensure working continuity for a big detergency customer that used Ronchi Þllers and cappers and packaging machines made by the company Garbo. The latter went through a period of serious difÞculty and Mario had to face up to a new challenge, that he tackled head on, entrusting Cesare with business management and Gianmario with the

task of the day-to-day running and administration of the concern. With the Þrm intention of not wasting a wealth of knowhow and at the same time, helping a historic company that was in difÞculty, he in fact bought up the knowhow developed by Garbo in end-of-line, he relied on the expert technicians of that technology and carried on with the production of casepacking machines. All the same, in this speciÞc Þeld, being competitive in terms of development, while also building up the numbers that justify the existence of a company up with times, proved a hard task. Having to face up to reality may be disheartening if not disappointing. Despite this Mario continued to live out his ambitions with optimism and returned to his guiding principle of Òa few things, but done wellÓ: he at Þrst transferred the building of the packaging machines to Soncino, he then decided to leave the business, because it was extraneous to the production mentality of Ronchi SpA.

Evolution of the species In the nineties, the industrial world, brainchild of evolving times, was traversed by a new irresistible fervor: the crucial change from mechanics to mechatronics. In Ronchi SpA, these were the times when mechanical engineering design was carried out totally inhouse, while the development and creation of the electrical part was entrusted to an external supplier. And when, at Cologno, the electrical technical ofÞce was created, due to lack of space the Þrst two engineers found themselves working in a mobile structure placed in the factory courtyard. The Þrst weigh Þllers with mechanical scales appeared on the market, following that replaced by loadcells. But these were still the times of “homemade” electronics, with smartcards. Ronchi, as soon as they were available, migrated to plc systems, developing the management and machine control software inhouse. For the company as well hence the reference points were changing radically and in 1993 they devised the Þrst rotary Þller in the world with Þlling system controlled by ßowmeters. Mario took part in the development of this technology, that turned into reality the dream of


*

Charles Caleb Coulton, from Woody Allen’s, “The Kugelmass Episode”, 1977

Þnally having a machine that was simple to clean, thanks to the fact that the external measuring system was no longer in contact with the product. The Exacta, this the name of the machine with the innovative dosing system, was also a success from a business point of view, and allowed the company to acquire new markets and new customers, aboveall among the detergency and personal care product multinationals. And this also due to the fact that Mario Ronchi had for some time intuited the potential advantage that lay in providing this type of customer not only with single machines, but also with complete lines. The nineties also marked another fundamental moment: the generational changeover with the passing on of the company management to his two sons, even though the founding Þgure still remained a driving force in technical development within the company. And indeed, ÒTime is the most undeÞnable yet paradoxical of things; the past is gone, the future has yet to come, and the present becomes the past even while we attempt to deÞne it, and, like the ßash of lightning, at once exists and expires”.*

At home again Changing places, time, thoughts, future. That’s how, in 1996, construction of a new state-of-the-art production facility was completed in Gessate - now part of the metropolitan city of Milan. This event represents a watershed moment in the concern’s history, as the Ronchi brothers recall with emotion. «Our instinct is what told us to move operations from Cologno Monzese to Gessate. Once again we are indebted to many and have high hope». Their words express all the determination to build a project

that overcomes the well-founded doubts and fears that come with an investment of nearly 50% of the concern’s turnover at the time. A risky gamble, or a commendable act of courage? Nobody could have foreseen how good a decision it turned out to be, received by the market as a strong signal, particularly valued by multinational clients, who tend to reward suppliers when they demonstrate solidity, good prospects and a willingness to grow. The move to the new facility, which covers a surface area of 20,000 square meters, was celebrated during Christmas 1995, with wives and children on vacation, and the Christmas meal shared with the electricians who were Þnishing up the wiring. The details show the differences that reveal a world that is changing. The new site tripled the concern’s production surface and doubled the space dedicated to testing, for a total of 5,000 square meters that at the time seemed truly difÞcult to Þll. But the significance of this relaunch is not to be found simply in the new scale of operations. The old Ronchi factory in Cologno Monzese had only one Olivetti M240 PC, shared by Cesare and Gianmario, a strange “contraption” collecting dust on the desk. One year later, in Gessate, over 20 computers were installed, with as many CAD programmes for the technical ofÞceÕs designers. This wasn’t just a leap forward in approaches to guaranteeing the concern’s continuity, but also a cultural one, corresponding to a precipitous increase in business and turnover. A major factor had been the Tremonti legislation (8/8/94 n. 489), enabling a 50% tax exemption on investments made in 1994 and 1995, exceeding the average of the previous Þve Þscal years. This gave Ronchi a chance to strengthen its position during this time of growth, not only in terms of physical assets, but also Þnancially.


RONCHI | HATS OFF | 67

Global, “Made in Gessate” The fortuitous series of events of ’96 thus gave an unexpected boost to the concern’s business, even though just a year earlier, it would not have been ready to meet the demand that arrived following the move to the new site and the consolidation of a client portfolio made up of major concerns. This is remarkably important because, for Ronchi, doing business with multinationals means predicting trends well in advance, as well as the needs of emerging markets. In fact, the direct line with these partners, who rely on engineering departments that make decisions for factories distributed around the world, made it possible, on one hand, for the concern to grow technologically, and on the other, to know where and how to direct investments, whether in assets or in production. In light of these developments, Ronchi undertook a planned yet organic process of strengthening its own global sales network, establishing subsidiaries and distributors where its clients had factories, always coordinated from Gessate. Originally planned as a service for supplying major users, these new branches did not shy away from acquiring new customers locally. In such a way, the “second” Ronchi America was founded, as well as Ronchi do Brasil (the latter was closed down due to protectionist dynamics in that country). Not long after, the Ronchi brothers created Ronchi Asia-Thailand, which for a

many years presided over the entire East Asian market, until the creation of Ronchi Asia-China (a full-ßedged company in its own right) and Ronchi Asia India (a sales and assistance operator directed from Thailand and catering exclusively to the local market). In Europe, they built Ronchi UK, which has installed many machines, while exclusive distributors operate under the Ronchi brand in Mexico and Australia. A close eye on the world at large then, but what about production? No, that remains Þrmly in Italy: indeed, custom Þlling lines require the advanced, time-tested knowhow of highly specialized in-house experts and suppliers. Many of the latter exist in almost total symbiosis with the concern, making a network of proximity that is rooted in the local area, proactive and loyal. This represents an indispensable advantage. Some of these suppliers have been partners from the very beginning, and have changed their way of doing business by investing over the years in machinery capable of producing components with the precision, timeliness and economy that make it possible for Ronchi to stay competitive on the market. Moreover, the Ronchi brothers relate that it has proven more proÞtable for them to invest in planning capabilities than in acquiring machine tools, enabling them to count on the resources of a fabric of enterprises that are effective and reliable in order to produce all necessary mechanical components.


Tailored to reality

*

Lucius Annaeus Seneca Roman philosopher, dramatist and politician

Mario Ronchi at work in Cascina San Pietro

He realized that his way of doing things.. His ever-present hat, which he would often wave to get people’s attention, spurring A wise man* said that luck does not exist: it’s just what hap- them to work harder and think differently.. was no longer as effective as before. pens when preparation meets opportunity. In fact, business was so bustling in those years that the Ronchi And so, when he knew he could not carry on as always, he brothers actually managed to start construction on a second stepped aside, to make room for renewal. He acted on an inproduction site, adjacent the other, with an investment of about stinct to protect the concern from becoming obsolete, perhaps with the rewarding by-product of being free to no longer look the same amount. The facility was unveiled in 2000. The entire surface, more at himself through the eyes of others. than 5,000 square meters, is dedicated to testing machinery He continued to monitor operations, but spent most of his time and lines. The Gessate factory produced bottle sorters, orient- overseeing the family agricultural holding “San Pietro”, planting ers, puck inserters, Þlling lines, cappers, depuckers.. put brießy, grapevines and producing new wines, in a sort of return to his roots, rediscovering old passions but also Þlling the void left in a large variety of custom solutions. The Exacta fillers continue to be on the cutting edge in 2006 by the passing of his wife Anna.. bottling liquid and high viscosity products. They represent a functional solution for all those applications - chemicals, At the start of life, everything is possible, and we are not afraid cosmetics, personal hygiene, pharmaceuticals and food to dream and to desire. As the years go by, the moment comes products - where ßexibility, ease and speed of cleaning/ when, if one has made a future for what one has done, it becomes possible to forget what has been left behind along the washing are a priority. But this was also the moment when Mario became fully aware way. So it has been for Mario. It’s time to pass the baton, to that the world that he knew, in which until that moment he entrust the concern entirely to the capability of his offsprings, in a replay of a game that begins again. had operated dynamically and proudly, no longer existed.

There is nothing new under the sun. History lies immobile yet alive, like a long-lived tree, and nothing that happened in the past passes away completely... Nothing is written in stone, because man is measure that is always undetermined, mysterious, ßeeting.


RONCHI | HATS OFF | 69

THE MEMORY OF OTHERS After 50 years, we can say that the story of Ronchi is one borne of love.

The love for an enterprise, to be taken care of and allowed to grow in the best possible way.

The love of children for a father who, by his very example, giving all of himself to every endeavour, managed to give so much, without ever compromising either his own values or those of others.

The love for words unspoken, but listened to with the voice of feeling.

The love of a mother that fostered invaluable sentiments and unbreakable bonds. Th love of a family’s younger generation, who answered the call to share and cultivate the values with which they were raised.

The love for a rich life, made up of challenges and certainties, dreams of tomorrow and the palpability of today. We have arrived at this conclusion by gathering a number of testimonials that make meaning of the concern’s present, unbreakably tied to Mario’s past. Because that’s where it all started.

The love of creating, working towards a common goal, intense as a mission.


The American friend Nazareno Maiocchi was chosen to go to America [V W\[ [V YPNO[Z H [YV\ISLK ZP[\H[PVU H[ [OL ÄYZ[ subsidiary opened in Chicago.

A favorite technician Mario Mondonico worked at Ronchi for nearly 50 `LHYZ ÄYZ[ PU [OL KLZPNU VMÄJL HUK [OLU HZ JVTmercial manager for Italy until his retirement.

What kind of man was Mario? To take a metaphor from football: he wasn’t a good player, but a star player. He wasn’t afraid of the world. He moved through it with the intuition of a gifted technician, counting on the good fortune which - how true it is! - often favours those who know how to take chances. Sustained by extraordinary strength of character, resolve and courage, he knew how to motivate people and was always looking out for the best interests of the concern and of the family. He knew how to instill this in his children. I rarely saw him in a button-down shirt. I always remember him in a green work gown, down in the warehouse or testing area, doing and doing over, checking in, seeking the perfect product, or at least one that approached his ideal of precision. He had a fantastic instinct, having understood early on the need to move beyond the fray of primitive technologies in order to grow commercially and technically. And he worked to stand apart from potential competitors by offering ever more advanced machines capable of making a concrete reality of every bottlerÕs dreams of efÞciency and cleanliness, at the same time establishing new paradigms for the sector. I was always struck by his ability to be two steps ahead of everyone. I refer to his decision to open the first Ronchi subsidiary in America before anyone had started talking of globalization, cheekily conÞdent in offering Italian technology in a country that at the time was more advanced than ours. But also his capacity for embarking on such adventures without any preconceived notions, and his courage to have the last word, while still absorbing what good lessons the experience had to teach him, in order to make use of them later on. Others would have eventually reverted to inertia, going with what works, selling a few machines per year and settling with that. But not him.

I shared a considerable portion of my life with Mario Ronchi. We also shared a passion for a job well done. When I joined the concern in 1968, I immediately understood that I had found a home there, a home with no weekends, at which 25 individuals worked together on everything, from planning to storage. I learned a lot from him: he was a tireless worker, and I immediately picked up this bug from him. This bug was never a liability. On the contrary, it kept him consistently in tune with what was going on around him. It made sense for him to offer different technology to wine and oil bottlers, and the same was true of his decision to lend his expertise and vision to the detergency and personal care markets. Indeed, Ronchi fully grasped the growth potential of those sectors from every angle: tighter and more continuous production processes than wine, and sharply rising consumption, driven by expanding variety in product offers and constantly updated plastic containers. In other words, this industry was the perfect arena for him to express that innovative spirit that never failed him, one in which stubbornness always prevailed because he, who did not know how to draw but knew exactly what he wanted and where he wanted to arrive, managed to convey that to designers. He was never afraid of “wasting time”: it never occurred to him to give up on something simply because, say, he didn’t like the designs. He would have everything dumped and would start over from scratch until the desired result had been achieved. Because when it came down to it, he wasn’t interested in short-term proÞts as much as in the future of things. And then, he believed anything was possible, with enough effort. This was the most important lesson he had to teach us.


RONCHI | HATS OFF | 71


www.ronchipackaging.com



RONCHI MARIO S.p.A. Via Italia, 43 – 20060 Gessate (MI) - Italy www.ronchipackaging.com


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.