THE ANCIENT MASK OF DEMOCRACY

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THE ANCIENT MASK OF DEMOCRACY Esame della Spyral Dinamic Autorità-libertà nelle moderne democrazie occidentali nel pensiero del XXI secolo di Davide Polovineo

«Public reason is common sense, in the best sense of common sense». (B. Dreben)

1 STATUS

QUAESTIONIS SULLA TEMATICA AUTORITÀ-LIBERTÀ

Si può parlare legittimamente di una trasfigurazione della consapevolezza della Spyral Dinamic Autorità-Libertà nel pensiero del XXI secolo? Come un “fantasma godibile” esiste un tipo di essenza metastorica nella forma in cui si manifesta l’autorità e la libertà che si può rivelare non soltanto rimanendo all’interno delle coordinate di studio di un pensiero filosofico - politico, sempre se è legittima una tale nomenclatura, ma scomodando, altresì, anche altre prospettive di studio che apparentemente possono essere considerate aliene alla tematica ma che in fondo svelano lo “scheletro nell’armadio” della tematica autorità e libertà ovvero che essa non può non essere studiata se non all’interno della dinamica Cultura-Natura. Cosa significa ciò? Porre la problematica della validità della forma dell’autorità e libertà nell’orizzonte Natura-Cultura conduce la ricerca nell’orizzonte di una trasfigurazione della consapevolezza mitico - rituale della Spiral Dinamic Autorità Libertà. Si comprende, già in prima battuta, che l’assetto metodologico da un versante antropologico culturale è inscrivibile nell’indagine della scuola girardiana senza tuttavia tralasciare l’assetto d’indagine di Bruce Lincoln1, Costruzione e corrosione dell’autorità, l’indagine del “Gruppo di Harvard”, e di C .J. Friedrich2, Irving Kristol e Leo Strauss3, che restano punti fermi e

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B. LINCOLN, Authority. Construction and Corrosion, University of Chicago, Chicago 1994 (tr. it., Autorità. Costruzione e corrosione, Einaudi, Torino 2000). Cfr. sulla tematica specifica, A. GRILLO, “Passi sulla via della pace. Libertà e autorità all’inizio del XXI secolo, Savona 2007. 2 C. J. FRIEDRICH, Authority, Reason and Discretion in Id., a cura di, Authority, Cambridge University Press, Cambridge 1958. 3 L. STRAUSS, Foi et philosophie politique: la correspondance Strauss-Voegelin, 19341964, Vrin, Paris 2004.


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validi. Similmente non è da tralasciare il richiamo tematico della Scuola di Francoforte, degli psicologi sociali degli anni 1930-40che hanno utilizzato i dati sperimentali per evidenziare la tendenza delle democrazie liberali a seguire leader autoritari4. Da un punto di vista fenomenologico l’opera di Theodor Eschenburg5, manuale di studio valido poiché affronta direttamente la questione dell’autorità-libertà con un taglio specialistico, il saggio What is Authority? di Hannah Arendt6, gli interventi raccolti per “Nomos” da Pennock e Chapman7 a fine anni ’80 dello scorso secolo, restano produzioni scientifiche di rilievo e imprescindibili. Sempre da un punto di vista fenomenologico i lavori che affrontano l’autorità subordinatamente alla tematica più generale del potere da Weber a Foucault – dalla teoria delle forme di legittimazione della “Herrschaft” alla genealogia dei “regimi di verità” – rivelano profili ben determinati (autorità dei governi, degli educatori, dei genitori) e ambiti e variabili disciplinari (dalla storia giuridica alla teoria politica, dai resoconti etnografici ai cultural studies) da cui è difficile sottrarsi8. La corrente sociologica neoweberiana che tende a rileggere le categorie di Weber9 al di fuori delle sue teorie sui tipi di legittimazione10, apre la strada alla rilettura antropologico culturale sul tema posta dalla scuola girardiana11 che accanto alla filosofia

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TH. ADORNO ET AL., La personalità autoritaria (1950), Edizioni di Comunità, Milano 1982, 4 voll. 5 TH. ESCHENBURG, Uber Autorität, Suhrkamp, Frankfurt a. M. 1965 (tr. it. Id., Dell’autorità, Il Mulino, Bologna 1970). 6 H. ARENDT, What is Authority?, in Between Past and Future, Viking Press, New York 1961 (tr. it. Che cos’è l’autorità?, in Tra passato e futuro, Garzanti, Milano 1999, pp. 130-192). 7 J.R. PENNOCK – J.W. CHAPMAN, a cura di, Authority revisited, in “Nomos” 29, 1987. 8 W. BELARDI, “Auctor” e “Auctoritas”. Sopravvivenze del significato e del significante nel tempo, in “Storia, Antropologia e Scienze del Linguaggio”, 10 (1995), pp. 128137;E. BENVENISTE, Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee, Einaudi, Torino 1976, vol. II, pp. 392-396; A. DEL NOCE, Autorità, in “Enciclopedia Italiana del Novecento”, Istituto dell’ Enciclopedia Italiana Treccani, Roma 1975, vol. I, pp. 416 e ss.; B. DE JOUVENEL, La sovranità, Giuffré, Milano 1971; J. DERRIDA, Force of Law: the “Mystical Foundation of Authority”, in D.G. Carlson, D. Cornell, M. Rosenfeld, (eds.), Deconstruction and the Possibility of Justice, Routledge, London 1992, pp. 3-67. 9 A. WEBER, Die Krise des modernen Staatsgedanke, DVA, Berlin-Leipzig 1925. 10 Cfr. osservazione in B. Lincoln, 2000, pp. 3 ss. 11 in particolare per la presente tematica i testi in esame sono: R. GIRARD, La violence et le sacré, Grasset, Paris 1972 (trad. it. La violenza e il sacro, Adelphi, Milano 1980); Idem, Des choses cachées depuis la fondation du monde, Grasset, Paris 1978 (trad. it. Delle cose nascoste fin dalla fondazione del mondo, Adelphi, Milano 1983); Idem, Le Bouc émissaire, Paris, Grasset 1982 (trad.it. Il capro espiatorio, Adelphi, Milano 1987); Idem, Dostoevskij dal doppio all'unità, SE, Milano 1987; Idem, L’antica via


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politica, alla psicologia sociale, alla sociologia del potere (ovvero le tre prospettive principali sul problema dell’autorità nello scorso secolo) offre un ulteriore modello di indagine per studiare il tema autoritàlibertà poiché focalizza il tema del desiderio mimetico. In tal senso Nicholas Charney è una voce autorevole sul tema da un punto di vista prettamente metodologico12.

degli empi, Adelphi, Milano 1994 Cfr. per una presentazione metodologica dell’approccio girardiano al tema, N. CHARNEY, Il capro espiatorio moderno. Comprendere il principio democratico contemporaneo, Colloquium on Violence and Religion (COV&R), Saint Paul University, Ottawa, Canada, 31 maggio – 4 giugno 2006. Rivista in rete Bibliosofia (http://www.bibliosofia.net/files/capro.htm). Cfr. anche E.L. GANS, Originary Democracy and the Critique of Pure Fairness, in AA.VV, The Democratic Experience and Political Violence, a cura di D. Rapoport- L. Weinberg, Frank Cass edition, London 2001, pp.308-324. 12


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IL DESIDERIO MIMETICO ALL’ORIGINE DELLA SPYRAL DINAMIC AUTORITÀ E

LIBERTÀ

L’ambito d’ indagine della scuola girardiana alimenta la tensione, dei discorsi dello scorso secolo, riguardante il punto di avvio della ricerca. Nasce il sospetto che il tema dell’autorità-libertà non possa essere trattato partendo dal materiale concettuale ma dalle forme in cui autorità e libertà si sono manifestate13. Di qui, l’enfasi prettamente antropologico - strutturalista sugli elementi processuali e dinamici più che su quelli statici, che conducono l’indagine alla genealogia della tensione tra autorità e libertà. In maniera diretta si afferma che proprio l’aspetto delle forme in cui si mostrano l’autorità e la libertà conducono l’indagine dal versante fenomenologico, proprio della letteratura del novecento, a quello genealogico. La Spiral Dynamic autorità-libertà conduce l’indagine alla comprensione che l'evoluzione della forma autorità e libertà sia da connettere con la comprensione girardiana del desiderio mimetico. La sintesi di questa tesi è riconducibile all’indagine di Nicholas Charney: “Se noi consideriamo il concetto astratto di controllo sul governo come un oggetto di desiderio mimetico (espresso come atto di potere), possiamo estrapolare che l'io percepisce un altro che desidera potere sulla struttura di governo, il che suggerisce all'io la desiderabilità di tale controllo. Di conseguenza l'io interiorizza il desiderio dell'altro. Sembra che non vi sia alcuna distanza – fisica, spirituale o simbolica – almeno dentro uno stato moderno, che sia sufficiente per la mediazione esterna di un tale desiderio. Quindi la rivalità mimetica deve essere mediata internamente, e questo mette in moto una catena di eventi che vede l'io e l'altro diventare reciprocamente antagonisti e di conseguenza inevitabilmente doppi. Ricordiamoci che la natura intensificativa della duplicazione mimetica causa il fatto che ognuna delle due parti accresce il desiderio del suo antagonista aumentando la sua resistenza all'appropriazione dell'oggetto (in questo caso il potere), e intanto afferma il proprio diritto sminuendo le pretese degli altri14.

Si comprende immediatamente che la lettura girardiana è da ricollegare alla prospettiva della fenomenologia di Hegel15 dove il filosofo

G. LAKOFF, La libertà di chi?, Codice Edizioni, Torino 2008. Rivista in rete Bibliosofia (http://www.bibliosofia.net/files/capro.htm). Traduzione in italiano del prof. Fabio Brotto. 15 Per quanto riguarda le edizioni critiche sui testi in esame di Hegel cfr. Werke in zwanzig Bände, herausgegeben von Eva Moldenhauer und Karl Markus Michel, 20 Bd.e, Suhrkamp,Frankfurt a.M. 1970 (1986); Gesammelte Werke, in Verbindung mit der Deutschen Forschungsgemeinschaft-Hegel-Archiv Bochum, herausgegeben von der Nordrhein-Westfälichen Akademie der Wissenschaften, 22 Bd.e, Felix Meiner Verlag, Hamburg 1968; Jenenser Realphilosophie II: Philosophie des Geistes (180513 14


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delinea le coordinate della lotta della Vita e della Morte come origine del desiderio: “Some of Hegel’s thematic concepts- afferma Williams- are spirit (Geist), freedom, master/slave, and ethical life (Sittlichkeit). Recognition (Anerkennung) is an operative concept used by Hegel to show and develop his thematic concepts. Thus in his Phenomenology of Spirit, spirit originates in reciprocal recognition. Master/slave represent only the particular shape of unequal recognition and fail to exhaust the possibilities inherent in the concept”16.

L’ambito riflessivo hegeliano è la chiave di lettura della proposta girardiana poiché svela le dinamiche celate dalla prospettiva del desiderio come momento di ri-comprensione dell’origine, dell’ Anerkennung, tema affrontato da Hegel non solo nella Fenomenologia ma soprattutto negli scritti sulla filosofia dello spirito di Jena dove si delinea in prima istanza la logica del riconoscimento e del desiderio. Nella fenomenologia Hegel instaura l’analisi sulle forme pure della conoscenza e più specificamente sulla “certezza sensibile” e desiderio che in effetti è un sentimento che ci fa giudicare l’oggetto secondo la finalità della rappresentazione (esperienza dell’indipendenza dal suo oggetto): "E l'autocoscienza quindi è certa di se stessa soltanto perché toglie questa alterità che le si presenta come vita indipendente: essa è concupiscenza o appetito. Certa della nullità di questo altro essa pone per sé questa nullità come verità propria, annienta l'oggetto indipendente e si dà con ciò la certezza di se stessa come certezza vera, come tale certezza che le e' divenuta in guisa oggettiva. Ma in questo appagamento l'autocoscienza fa esperienza dell'indipendenza del suo oggetto. L'appetito e la certezza di se stesso, raggiunta nell'appagamento dell'appetito stesso, sono condizionati dall'oggetto; infatti l'appagamento sussiste mediante il togliere questo Altro, e affinché il togliere ci sia, ci deve essere anche questo Altro. L'autocoscienza, dunque, mediante il suo rapporto negativo, non e' in grado di toglier l'oggetto; anzi non fa che riprodurre l'oggetto nonché l'appetito. In effetto, qualcos'altro dall'autocoscienza è l'essenza dell'appetito”17.

La forma desiderio hegeliana sul piano fenomenologico sembra possedere, come motiv, un'eccedenza d’essere e gli individui da quest’abbondanza sono stimolati a gustare la forma, imitarla ed

06), in Jenaer Systementwürfe III, G. W., vol. VIII, hrsg. Von R.P. Horstmann, F. Meiner, Hamburg 1976. 16 R. R. WILLIAMS, Hegel’s Ethics of Recognition, UCP, Berkley/Los Angeles/London 1997, p.1n. 17

F.HEGEL, Fenomenologia , cit. p. 150 del testo italiano.


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abbandonare il senso dell’originalità dei loro propri desideri. Enfatizzare l'aspetto acquisitivo della forma nella identificazione della forma ci permette di aprire una possibile lettura sulla forma desiderio poiché la forma acquisitiva diviene facilmente instabile proprio quando l’asseto speculativo (identificazione della forma) tenti di comprenderla nelle concettualizzazioni che solitamente definiamo certezza e ordine. Da ciò per Girard nasce la rivalità mimetica che l’ indagine di Charney pone al centro del sistema libertà-autorità. Come in qualsiasi rivalità mimetica- afferma Charney- questa rivalità assoggetta gli antagonisti alla violenza sia della differenziazione che dell'indifferenziazione: alla prima col trattare gli altri antagonisti e i loro desideri come oggetti di cui ci si può e ci si dovrebbe appropriare; alla seconda canalizzando i loro desideri verso lo stesso fine, e facendo pressione su di loro forzandoli ad assumere la stessa posizione come partiti politici. Quanto più a lungo si consente a questa rivalità di sostenersi, tanto più questi tipi di violenza si espandono, e insieme cresce la necessità di una loro diffusione18.

La violenza resta “lo scheletro nell’armadio” del pensiero sulla forma di autorità e di libertà tanto che nella pagine hegeliane più rilevanti sul desiderio-appetito si sente risuonare come unico atto fenomenologico, l’ Anerkennung che conduce l’analisi della tensione tra autorità e libertà sul piano della competizione per l’Essere in un procedere dialettico19 che consiste, almeno in prima approssimazione, nel mostrare che ogni desiderio-appetito è più complesso di quanto appaia e che la sua complessità rende contraddittoria la sua apparente semplicità20. Sono tra le pagine più famose di Hegel quelle che vengono dedicate alla tematica della costituzione dell’autocoscienza, che è la scoperta dell’altrui coscienza, e insieme, del nostro complesso rapporto con essa. Da un lato si mostra che nessuno può essere “persé” senza essere “per- altri” dall’altro, che ogni relazione intersoggettiva “non può non essere” antagonista. La socialità-questa la tesi di fondo di Hegel- è essenzialmente conflitto21.Secondo questa tesi, il modello è definito come l’individuo di cui noi tentiamo di imitare l’essere. Il modello di desiderio sembra possedere un'eccedenza d’essere e gli individui da quest’abbondanza sono stimolati a desiderare il modello, imitarlo ed abbandonare il senso dell’originalità dei loro propri desideri.

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Rivista in rete Bibliosofia (http://www.bibliosofia.net/files/capro.htm). Traduzione in italiano del prof. Fabio Brotto. 19 Ibidem, p. 82. 20 Ibidem, p. 153. 21 Ibidem, p. 159.


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Questa è la formulazione della definizione del desiderio come desiderio d’essere l’altro. L’odio di sé, dei soggetti desideranti, così come il loro odio del modello desiderato perché appetibile, tuttavia conducono ad una variazione sulla mediazione hegeliana. Se la mediazione interna è l’imitazione di desiderio fra gli esseri umani, tuttavia esiste anche mediazione esterna, che è imitazione del desiderio in quanto tale.


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3 LA

TRASFIGURAZIONE DEL DESIDERIO MIMETICO: IL SUFFRAGIO ELETTORALE

NELLA SPYRAL DINAMIC AUTORITÀ-LIBERTÀ

Di conseguenza, fruttuoso tentativo di afferrare la natura della Spyral Dinamic Autorità Libertà, per la scuola girardiana il desiderio diviene una struttura di scelta per evitare il collasso sociale e la violenza. La funzione della mimesi, piuttosto che essere una proprietà della soggettività e dell’essere che come tale diventa impossibile da discutere se non a partire dal livello strutturale, è il luogo di ricomposizione del rapporto Leader- Suddito, Master-slave, rapporto sempre a rischio di estraniazione [Entfremdung] e perciò costantemente impegnata in processi di identificazione di sé con sé tramite riconoscimento dell’altro in e fuori di sé. È proprio la trasfigurazione del desiderio mimetico in struttura di scelta che è da ricomprendere all’interno della Spyral Dinamamic Autorità-Libertà che rende alcuni individui soggetti di riconoscimento di autorità, e altri individui soggetti relazionali o meglio elettori 22 poiché l’individualità - forse meglio chiamata " interdividualità "- è una funzione dei modelli imitativi che esistono nella sfera sociale, e l'autonomia individuale è meglio riconosciuta come struttura di scelta senza della quale non ha esistenza, alcuna formazione culturale se non essendo ri-presentata come processo di sostituzione in cui la scelta ri-orienta i relativi effetti come der Kampf um Anerkennung (o lotta per la vita o la morte23): Per dirla semplicemente, la Spiral Dynamics- afferma Charney- ci dice che sembra che l'evoluzione del suffragio, che segnala un cambiamento nella visione del mondo predominante, sia emersa in modo tale da essere profondamente connessa con i cambiamenti delle nostre condizioni di vita fondamentali. Quindi si può affermare che le nostre principali preoccupazioni diventano incongruenti con le nostre metafore generali. Mettere in relazione questo con la nostra comprensione girardiana del desiderio mimetico ci serve per rispondere meglio alla questione dell'evoluzione del suffragio. Per esempio, se noi consideriamo il concetto astratto di controllo sul governo come un oggetto di desiderio mimetico (espresso come atto di voto), possiamo estrapolare che l'io percepisce un altro che desidera potere sulla struttura di governo, il che suggerisce all'io la desiderabilità di tale

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«L’animo dell’uomo e la natura sono il Proteo che continuamente si trasforma [Das Gemüt des Menschen und die Natur sind der sich stets verwandelnde Proteus] ed è una riflessione che viene molto naturale quella che le cose non sono in sé come si presentano in modo immediato.» Enzyklopädie der philosophischen Wissenschaften im Grundrisse (1830), con le Aggiunte, in Werke in zwanzig Bände, herausgegeben von Eva Moldenhauer und Karl Markus Michel,, Bd. VIII,Suhrkamp, Frankfurt a.M., 1970 (1986), §28Z 23 R. R. WILLIAMS, Hegel’s Ethics of Recognition, UCP, Berkley/Los Angeles/London 1997, p.1n.


9 controllo. Di conseguenza l'io interiorizza il desiderio dell'altro. Sembra che non vi sia alcuna distanza – fisica, spirituale o simbolica – almeno dentro uno stato moderno, che sia sufficiente per la mediazione esterna di un tale desiderio. Quindi la rivalità mimetica deve essere mediata internamente, e questo mette in moto una catena di eventi che vede l'io e l'altro diventare reciprocamente antagonisti e di conseguenza inevitabilmente doppi. Ricordiamoci che la natura intensificativa della duplicazione mimetica causa il fatto che ognuna delle due parti accresce il desiderio del suo antagonista aumentando la sua resistenza all'appropriazione dell'oggetto (in questo caso il diritto di voto), e intanto afferma il proprio diritto sminuendo le pretese degli altri. Così le parti divengono indistinguibili l'una dall'altra: ora la questione diventa come si possa negare con qualche legittimità il diritto di voto ad un antagonista mentre lo si conferisce all'altro, se entrambe le parti sono completamente indistinguibili l'una dall'altra. La conclusione logica di questo ragionamento è l'annullamento di un eguale potere di voto ad entrambe le parti: così il suffragio viene espanso a includere altri individui. Naturalmente, questo caso si può dare solo nel caso della presenza dello Stato come terza parte24.

La fenomenologia del suffragio elettorale dello Stato moderno è da inscrivere, pur sempre, all’interno della primordiale lotta dei capofamiglia in un contesto sociale in cui – almeno virtualmente – sia assente il mercato e la proprietà privata della terra. In tale momento individuiamo l’origine del suffragio elettorale moderno poiché i soggetti che si confrontano per essere riconosciuti (ognuno a scapito dell’altro), sono figure unicamente di desiderioappetito che appartengono a sistemi di produzione rusticamente patriarcali. La lotta ingaggiata dal desiderio è finalizzata al riconoscimento del possessore di terra in stabile proprietario: le modalità della lotta hanno però come scopo l’eliminazione violenta dell’altro. Ora il principio mimetico di appropriazione ( come per il cibo) sta alla base sia dell’Antico regime sia dello Stato moderno, in modo mascherato. L’efficacia appropriativa e la mimesi di appropriazione genera la necessità del suffragio poiché la funzione del desiderio come forma di scelta tra gli appetibili (voglio qualcosa perché lo vuole l’altro) potrebbe provocare un potenziale pericolo di sopravvivenza per la stessa umanità che si trova minacciata da una possibile rivalità violenta in cui ognuno è schierato contro ogni altro:

Come in qualsiasi rivalità mimetica- afferma Charney- questa rivalità assoggetta gli antagonisti alla violenza sia della differenziazione che dell'indifferenziazione: alla prima col trattare gli altri antagonisti e i loro desideri come oggetti di cui ci si può e ci si dovrebbe appropriare; alla seconda canalizzando i loro desideri

24 Rivista in rete Bibliosofia (http://www.bibliosofia.net/files/capro.htm). Traduzione in italiano del prof. Fabio Brotto.


10 verso lo stesso fine, e facendo pressione su di loro forzandoli ad assumere la stessa posizione come partiti politici. Quanto più a lungo si consente a questa rivalità di sostenersi, tanto più questi tipi di violenza si espandono, e insieme cresce la necessità di una loro diffusione […] Scegliendo invece una struttura di governo che periodicamente converte la violenza di tutti contro tutti nella violenza di tutti contro uno, in questo modo, "le elezioni facilitano la partecipazione più o meno nel modo in cui si può dire che le chiuse facilitano il flusso dell'acqua. Le elezioni dirigono il coinvolgimento della massa in canali formali, rimuovendo così molti impedimenti formali alla partecipazione, ma allo stesso tempo allontanandola da sviluppi che potrebbero essere pericolosi per l'ordine politico costituito". Questo tipo di conversione è possibile soltanto perché anche alla più alta intensità mimetica vi sono individui che possono essere differenziati gli uni dagli altri. Se noi comprendiamo che "ciascun individuo ha la disponibilità di ognuno di questi v.meme, le linee della tensione sociale vengono ridisegnate: non più basate sul colore della pelle, la classe economica o l'influenza politica, ma sul tipo di visione del mondo a partire da cui una persona o gruppo di persone, clan, tribù, mercato, governo, sistema educativo o nazione stanno operando"25.

25 Rivista in rete Bibliosofia (http://www.bibliosofia.net/files/capro.htm). Traduzione in italiano del prof. Fabio Brotto.


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LA CRISI DEL OVERLAPPING CONSENSUS NELLA SPYRAL DINAMIC AUTORITÀ

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LIBERTÀ

In queste coordinate è da rileggere gli aspetti essenziali dell’idea antropologica sul suffragio elettorale, che, con quella connessa di overlapping consensus, costituisce il campo di critica - costruttivagirardiana al Liberalismo politico: l’overlapping consensus è da rileggere nelle coordinate del sistema sacrificale e della teoria del capro espiatorio. Se Rawls ri-chiama per la delineazione del suffragio elettorale «il fatto del pluralismo», ovvero della divergenza, se non del conflitto, dei sistemi di valori, per l’indagine girardiana la concezione politica sarebbe residuale e non self-standing. La concezione politica, a cui cittadini di diverse dottrine comprensive possono aderire e di fatto aderiscono, non deriva dalle dottrine comprensive ma dalla Spiral Dinamic della logica del capro espiatorio poiché i valori politici non sono valori autosufficienti, ma strettamente connessi al mascheramento della dinamica ServoPadrone nel potere coercitivo dello Stato moderno, e alla rinuncia di una comunità politica intesa come una comunità della ragione pubblica. In effetti già Rawls, in coordinate di studio differenti, aveva individuato una aporia nella sua dottrina nella definizione del paradosso della ragione pubblica: Come può essere ragionevole o razionale, quando sono in gioco problemi basilari, che i cittadini facciano appello solo a una concezione pubblica della giustizia e non a quella che considerano l’intera verità?26.

È una sottile affermazione che riconduce all’impossibilità di scelte politiche in armonia con la ragione pubblica ma che smaschera il sistema vittimario della maggioranza: Quindi possiamo vedere che il meccanismo del capro espiatorio moderno- afferma Charney-, o quello che possiamo semplicemente dire principio di maggioranza, serve per regolare la dissoluzione delle istituzioni esistenti e la generazione di nuove. Sono queste nuove istituzioni che a loro volta daranno origine a nuovi rituali e proibizioni che cercheranno di creare o mantenere ordini culturali specifici (sistemi v.meme). Di conseguenza, possiamo estrapolarne che i votanti non cercano di fare attivamente di qualcuno un capro espiatorio. Essi cercano soltanto la restaurazione (o la fondazione) di un ordine sociale che sia congruente con la loro visione del mondo, rendendo la loro violenza difficile da riconoscere e significativamente clandestina. Tuttavia,

J. RAWLS, Liberalismo politico, trad. it. a cura di S. Veca, Comunità, Milano 1994, p. 186.

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12 ad un'attenta considerazione diventa chiaro che l'atto di votare ha implicazioni sia dirette che indirette. La conseguenza diretta del voto è quella di privilegiare la visione del mondo del partito per cui si è votato, mentre l'implicazione indiretta del voto è di privare i restanti partiti e le loro visioni del mondo dello stesso privilegio. Così mentre il voto potrebbe essere presentato come il grande livellatore della disparità moderna, se si esamina la dualità della sua natura si troverà che in realtà è vero l'opposto. Questo colpisce ancor più se si pensa al processo di voto in sé, che ci rende ciechi alle strutture mimetiche di violenza che lo guidano, allontanando la nostra attenzione dalle strutture sottostanti e pervasive della violenza mimetica e legittimando erroneamente una partecipazione dei cittadini nella rivalità che spera di sopire, se non altro fino alla prossima elezione in programma. Per questo ci possiamo riferire alla violenza democratica come a violenza latente, dal momento che la terminologia correttamente si riferisce alla violenza che è presente, o almeno potenziale, ma non necessariamente evidente o attiva; rendendo la violenza democratica sia presente che accessibile nella mente inconscia ma minando la nostra capacità di esprimerla o comprenderla coscientemente. Inoltre, la violenza democratica è il risultato diretto della rivalità mimetica centrale (la rivalità per l'appropriazione dell'autentico controllo sulle strutture di governo): come tale possiamo vedere la centralità della violenza latente entro la democrazia parlamentare canadese contemporanea27.

In effetti per la scuola girardiana nella teoria dell’overlapping consensus già Rawls aveva rifiutato una concezione oggettivistica della verità tanto che Rawls stesso nel Un riesame dell’idea di ragione pubblica deve sviluppare il tema della reciprocità, che era presente sin dalla Teoria della giustizia e contenuto nell’idea di equa cooperazione sociale e quindi nella categoria di fairness. Rawls presenta ciò come il tratto fondamentale e anzi il criterio della ragione pubblica: Il criterio di reciprocità richiede che, nel proporre certi termini di cooperazione come i più ragionevoli, chi li difende pensi che anche gli altri possano per buone ragioni accettarli, e farlo in quanto cittadini liberi ed eguali, non assoggettati o manipolati da alcuno, né sotto la pressione di una posizione politica o sociale inferiore28.

Questo criterio è un esempio molto chiaro del principio di mascheramento del sistema vittimario: se, ad esempio, si vuole togliere la libertà religiosa ad alcuni cittadini, non basta dargli un motivo che essi possano capire , ma bisogna dargli un motivo che essi possano condividere. Anche se la filosofia politica di Rawls analizza i modi in cui la società democratica costituzionale può governare e di

27 Rivista in rete Bibliosofia (http://www.bibliosofia.net/files/capro.htm). Traduzione in italiano del prof. Fabio Brotto. 28 J. RAWLS, Saggi, a cura di S. Veca, Comunità, Milano 1994, cit., p. 282.


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fatto governa il conflitto (in società che mediamente funzionano) è significativo il fatto che lo stesso Rawls non può non tematizzare il sistema vittimario: Nella democrazia la violenza- afferma Charney- è decisamente più clandestina di quella esposta dall'analisi girardiana tradizionale. La natura clandestina della violenza latente è inestricabilmente connessa con i modi in cui la violenza è posta in atto, e quindi nascosta dal mito democratico, un mito che erroneamente pone lo stato democratico come perfetta incarnazione del governo moderno. Così, a dispetto della centralità della violenza latente, la democrazia continua ad imporsi poiché il mythos della democrazia è stato costruito in modo tale da attribuire valore ai suoi principi essenziali celando nel contempo altri elementi operazionali ai quali questo valore non si può attribuire affatto. Il mito, tuttavia, non è nulla più che la reiterazione narrativa del meccanismo del capro espiatorio dalla prospettiva dei suoi beneficiari: o, secondo le parole di Girard, i miti scaturiscono " ... da crisi sacrificali di cui sono la trasfigurazione retrospettiva, la rilettura alla luce dell'ordine culturale sorto da tale crisi"29.

29 Rivista in rete Bibliosofia (http://www.bibliosofia.net/files/capro.htm). Traduzione in italiano del prof. Fabio Brotto.


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IL PROCESSO DI MITIZZAZIONE E SACRALIZZAZIONE DELLA DEMOCRAZIA

MODERNA

Quali le conseguenze di tale esito? In maniera evidente si comprende che la sottolineatura viene posta sul tema del condizionamento della scelta. Tema interessante quanto estremamente sottile. La posta in gioco è molto alta e quando si verifica una tale situazione non si può non scomodare chi ha tematizzato in maniera sottile la tematica. Il riferimento di partenza è la seconda appendice al Progetto di pace perpetua in cui Kant propone due formule trascendentali del diritto pubblico. La prima formula è – secondo lo stesso Kant – un principio soltanto negativo, che ci dice che cosa non è giusto. La formula è la seguente: «Tutte le azioni riguardanti il diritto di altri uomini, la cui massima non si accordi con la pubblicità, sono ingiuste»30. La pubblicità non va intesa come una condizione puramente empirica, che fa fallire l’azione per ragioni pratiche, ma come una condizione sia morale sia giuridica. La seconda formula, infatti, è affermativa: «Tutte le massime che hanno bisogno della pubblicità (per non mancare il loro fine) si accordano insieme con il diritto e la politica»31. La pubblicità verifica l’accordo di una massima politica con il diritto pubblico. Possiamo dire che la pubblicità nel senso kantiano non è una categoria di etica della comunicazione ma incorpora l’idea rousseauiana di legittimità del potere: non c’è potere legittimo senza pubblicità. Possiamo asserire come corollario che il sistema multipartitico delle moderne democrazie ha il suo esercizio di controllo sulla scelta del voto. La maniera in cui uno vota non è dipendente solo dal processo di rivalità mimetica ma dalla comprensione individuale del mondo pilotata dal sistema pubblicitario. Se apparentemente il suffragio elettorale tende ad essere il desiderio di esercitare un maggiore controllo su come il governo governa (più del concetto astratto di voto) in effetti la visione individuale di come il governo dovrebbe governare è pilotata dal governo stesso: All'interno del sistema multipartitico canadese- afferma Charney che pone una riflessione sullo stato politico del suo paeseuna volta soddisfatta, la rivalità mimetica tra individui intorno ad un concetto astratto di esercizio del controllo sulle strutture di

30I. KANT, Scritti di storia, politica e diritto, trad. it. a cura di F. Gonnelli, Roma-Bari, Laterza, 1995, cit. p. 199. 31 Ibidem, p. 203.


15 governo si sposta dalla indistinta azione del votare e comincia ad abbracciare una parte maggiore della sostanza del voto. Il punto diventa: una persona come dovrebbe votare? Tuttavia, la maniera in cui uno vota non è dipendente solo dal processo di rivalità mimetica: se lo fosse, noi dovremmo aspettarci di vedere una completa mancanza di differenziazione tra i votanti e i loro voti. Non è evidentemente il caso del Canada. Quello che modula il loro voto è una comprensione individuale del mondo: il loro livello di consapevolezza (vMEME system) produce i suoi frutti. Mentre il desiderio di esercitare un maggiore controllo su come il governo governa (più del concetto astratto di voto) può essere spiegato come risultato della mimesi, la visione individuale di come il governo dovrebbe governare riguarda piuttosto la coscienza di ciascuno. Entro lo stile di governo basato sul sistema maggioritario uninominale vigente in Canada, l'accrescimento del proprio controllo sul sistema di governo al di là dell'atto di voto può essere espresso solo come vittoria elettorale – o più precisamente come allineamento del proprio voto col partito scelto per formare il governo. Così la formazione del governo che sia più congruente con la propria dinamica interna diventa un oggetto di desiderio mimetico32.

L’osservazione di Charney permette di avere un punto fermo nella riflessione. Tuttavia nasce implicita un’altra questione. Una volta smascherata la funzione della pubblicità cosa resta della dottrina kantiana. A mio avviso, l’aspetto salvifico della pubblicità. Cosa significa ciò? Hannah Arendt, in una serie di lezioni del 1970, individuando la natura sottile del problema aveva spostato l’assetto metodologico dalla filosofia pratica all’estetica33. La Arendt cerca la filosofia politica di Kant nella Critica del giudizio, ovvero di quella facoltà che – in quanto giudizio estetico o gusto – coincide con il sensus communis: Il Giudizio in generale è la facoltà di pensare- afferma Kant- il particolare in quanto contenuto nell’universale. Se l’universale (la regola, il principio, la legge) è dato, il Giudizio che sussume sotto questo il particolare (anche se, come il Giudizio trascendentale, indica a priori le condizioni indispensabili per la sussunzione a quell’universale), è determinante. Se invece è dato soltanto il particolare, ed il Giudizio deve trovargli l’universale,allora esso è meramente riflettente.…le forme nella natura sono tanto varie, e per così dire tanto numerose le modificazioni dei concetti trascendentali universali della natura, lasciate indeterminate da quelle leggi che l’intelletto puro fornisce a priori, queste ultime infatti non riguardano che la possibilità di una natura come oggetto dei sensi in generale, — da richiedere perciò leggi che, in quanto empiriche, possono essere contingenti dal punto di vista del nostro intelletto, ma che, per ricevere il nome di leggi (come è richiesto anche dal concetto di una natura), debbono venir considerate come necessarie a partire da un concetto (per

32 Rivista in rete Bibliosofia (http://www.bibliosofia.net/files/capro.htm). Traduzione in italiano del prof. Fabio Brotto. 33 H. ARENDT, Teoria del giudizio politico, Il Melangolo, Genova 1990, p. 62.


16 quanto a noi sconosciuto) dell’unità del molteplice. — Il Giudizio riflettente, cui tocca risalire dal particolare della natura all’universale, ha dunque bisogno d’un principio che non può ricavare dall’esperienza, perché deve appunto fondare l’unità di tutti i princìpi empirici sotto princìpi anch’essi empirici, ma più elevati, e quindi la possibilità di una sistematica subordinazione di tali princìpi gli uni agli altri. Un tale principio trascendentale, il Giudizio riflettente può dunque darselo soltanto esso stesso come legge, senza prenderlo dall’esterno (perché allora si trasformerebbe in Giudizio determinante), né può prescriverlo alla natura, poiché la riflessione sulle leggi della natura si adegua alla natura, mentre quest’ultima non si adegua alle condizioni secondo le quali noi aspiriamo a formarci di essa un concetto che, rispetto a tali condizioni, è del tutto contingente. Ora questo principio non può essere che il seguente: poiché le leggi universali della natura hanno il loro fondamento nel nostro intelletto, che le prescrive alla natura (benché solo secondo il concetto universale della natura in quanto tale), le leggi empiriche particolari, relativamente a ciò che rimane in esse non determinato dalle prime, devono venire considerate secondo un’unità quale un intelletto (sebbene non il nostro) avrebbe potuto stabilire a vantaggio della nostra facoltà conoscitiva, per rendere possibile un sistema dell’esperienza secondo leggi particolari della natura. Questo non nel senso di dover ammettere la reale esistenza d’un tale intelletto (perché questa idea funge da principio solo per il Giudizio riflettente, per riflettere, non per determinare); in questo modo essa dà una legge solo a se stessa, e non alla natura. Ora, poiché il concetto di un oggetto, nella misura in cui contiene anche il principio della realtà di questo oggetto, si dice scopo, mentre si dice finalità della forma d’una cosa l’accordo di questa con quella costituzione delle cose che è possibile solo mediante fini, il principio del Giudizio, rispetto alla forma delle cose naturali sottoposte a leggi empiriche in generale, è la finalità della natura nella varietà delle sue forme. In altri termini, la natura viene rappresentata, mediante questo concetto, come se un intelletto contenesse il fondamento unitario della molteplicità delle sue leggi empiriche. La finalità della natura è dunque un particolare concetto a priori, la cui origine va cercata nel solo Giudizio riflettente34.

È proprio il giudizio riflettente, che tende a farci definire il suffragio elettorale non solo nella sua finalità naturale ovvero come forma appetitivo-desiderativa ma anche nella sua natura di sacralità e quindi principio fondamentale di divinizzazione del sistema vittimario delle democrazie moderne. Porre una tale lettura del suffragio significa spostare l’assetto del gioco politico sul piano del rapporto Mito-Sacro: in tal senso il gioco politico è una performance che trascende il valore semantico che tende a veicolare; è solo una ritualità che ripetuta ciclicamente tende a differire la violenza. Esaminando la

34

I. KANT, Kritik der Urteilskraft mit einer Einleitung und Bibliographie herausgegeben von Heiner F. Klemme ; mit Sachanmerkungen von Piero Giordanetti, Hamburg 2001 ( Trad. it., Critica del Giudizio, a cura di A. Bosi, UTET, Torino 1993, cit. pp. 157-159). Le pagine si riferiscono alla traduzione italiana.


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struttura della democrazia parlamentare contemporanea possiamo spiegare la presenza di elezioni regolari-afferma Charney- come adempimento del primo compito del sacro – impedire alla rivalità mimetica di crescere fino al punto di un'imprevedibile violenza e di un collasso sociale completo e irreparabile. Inoltre qualcuno potrebbe sostenere che i termini prescritti per i governi eletti sono l'evidenza del fatto che abbiamo trovato quello cui Girard si riferisce come distanza ottimale dal sacro, dal momento che abbiamo eliminato l'imprevedibilità della rivalità mediante la diffusione della nostra violenza costruttiva assoggettando la nostra gente e le sue visioni del mondo alle elezioni. Il processo assicura che l'ordine sarà ristabilito dopo la dissoluzione della situazione presente. La differenza principale essendo che la scheda segreta ha evidentemente sostituito il sacrificio pubblico come atto calcolato di violenza sanzionata che minimizza il rischio della violenza reciproca35.

La riflessione di Charney potrebbe risultare un atto del “trapezismo del pensiero” che gioca il concettuale senza rete di protezione. Ma se nelle lingue occidentali è praticamente impossibile evitare ogni commistione tra metalinguaggio e procedure nel linguaggio oggetto ovvero «parlare delle figure senza produrne» 36, allora il fondamento della indagine girardiana si può proporre come una sinestesia estetica della performance politica e della Spyral Dinamic della forma Autorità-Libertà all’interno del binomio Natura Cultura- Mito-Rito in cui si tenti di individuare un modello di ricerca in cui la forma antropologica “riflettendo” il modello filosofico conduce la tematizzazione AutoritàLibertà in una sorta d’inversione epistemologica del suo dinamismo. Questo comporta che il discorso filosofico parli col rigore di un concetto che non dice più se stesso (cioè la soggettività intellettuale) ma che si trovi riferito ad altro: all’origine sacrale della Forma AutoritàLibertà. Il pensiero europeo e nord americano ha necessità, a mio avviso, di un tale procedimento che non è solo un virtuosismo del pensiero in chiave antropologica, ma una nuova via di analisi del fenomeno.

35

Rivista in rete Bibliosofia (http://www.bibliosofia.net/files/capro.htm). Traduzione in italiano del prof. Fabio Brotto. 36 GRUPPO m, Retorica generale. Le figure della comunicazione, Bompiani, Milano 1980, Prefazione all’edizione italiana p. V.


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6 VALUTAZIONI

SULLA PROPOSTA DI LETTURA

Porre una conclusione, a questo punto, è davvero un compito arduo poiché si può sempre parlare di "idee" contenute nella tematizzazione di Autorità-Libertà, ma si deve rinunciare al pregiudizio razionalistico secondo cui vi sarebbe stato in primo luogo un concetto o credenza, che con un passo ulteriore avrebbe portato ad un comportamento. Qui i termini in gioco non possono essere più dicotomici (soggettività e oggettività), ma olistici e intersoggettivi ed emerge in modo indubbiamente positivo la consapevolezza che l'indagine sulla Spyral Dinamic Autorità-Libertà non può più rinunciare all'esigenza di analisi nel quadro umano più vasto e completo che costantemente esprime il binomio Natura-Cultura, per il quale il comportamento politico è una rappresentazione simbolico - formale in realtà senza valore semantico: è l’atto ripetitivo della forma che in sé possiede una capacità salvifica come differimento della violenza; sarebbe, in effetti, un rituale che dà la parvenza di creare significati ma che invece rimanda alla forma primordiale della vita. In questo quadro, la ritualità politica come manifestazione della Spyral Dinamic Autorità-Libertà è un pre-verbale del comportamento umano, che appare anzitutto un'azione o un complesso di azioni di carattere simbolico che - almeno ad una prima indagine - non è dissociabile dal contesto mitico - rituale. Infatti se partiamo dalla necessità e dalla intenzione di dominare il tema dell’Autorità-Libertà attraverso un giudizio, ci troveremo quasi inevitabilmente in difficoltà proprio perché tale dimensione si presenta in ultima analisi come inoggettivabile. Tutte le volte che tentiamo di determinare un giudizio attraverso un'area di concetti definiti, il fenomeno ricompare a livelli diversi. Questo probabilmente è l'indizio di essere in presenza non di un “giudicabile” ma di un sentimento ancestrale legato all’origine della vita. Pertanto non solo “leggiamo” la possibilità antropologica di migliorare la nostra comprensione dei desideri che si trovano dietro le motivazioni umane, non solo leggiamo la possibilità della antropologica di offrire una spiegazione delle forme politico-rituali, ma soprattutto comprendiamo che il mondo antropologico culturale offre alla cultura politica una capacità di “gusto” comprensibile come possibilità di risoluzione della violenza e apertura verso una spiritualizzazione fondamentale e appropriativa delle “Rappresentazioni archetipali” umane 37. In qualunque modo si presenti, il rituale politico riconduce

37

D. POLOVINEO,L’estetica sacrificale di Eric Gans: dal paesaggio sacrificale cruento alla origine delle forme estetiche, in “Studia Patavina” ANNO LV – N. 1 (2008), pp. 163-190.


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l’uomo agli eventi naturali, cui la società ricorre per comprendere le manifestazioni simboliche, e costituisce una rete in cui viene gestita la cultura .

Davide Polovineo davide.polovineo@fastwebnet.it


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