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CONCEPT STORE OR COMMUNICATION MIX ? Per una chiave di lettura della narrazione del cosmopolitismo di J.J. Rousseau nell’antropologia generativa di Eric Gans di Davide Polovineo L’utopia della periferia non può ignorare il centro (Eric Gans)
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SE FOSSE SOLO UN CONCEPT STORE
?
LINEAMENTI INTRODUTTIVI
Se fosse possibile asserire che la postmodernità e la realizzazione fattuale della potenza concettuale delle sue categorie elaborate e pensate sia alla base dell’ immenso potere di formattazione del desiderio e di costituzione dell’immaginario politico di uniformità1, allora proporre una tematica sul cosmopolitismo di Rousseau non sarebbe altro che una visione politica di pseudo carattere di filosofia del diritto che verrebbe a coincidere con le sofisticate strategie del marketing in cui ogni tema non è altro che una marca di prodotti2. Poiché come la marca, il termine cosmopolitismo potrebbe trasformarsi in una modellizzazione di esperienze di vita, e quindi un marketing emozionale che progetta con cura estrema una gamma interrelata di esperienze, le cui parole chiave sono politic sense,experience, feel, think, act, relate: esperienze di percezione sensoriale in un complesso ibrido e sofisticato criterio di delineazione
Per uno status quaestionis sul tema cfr. ARRIGHI G., Il Lungo XX Secolo: denaro, potere e le origini del nostro tempo, Milano 1994; HARDT M.-NEGRI, T. , Impero: il nuovo ordine della globalizzazione, Milano 2002; HARDT M. - NEGRI T., Commonwealth, Harvard 2009; HOOVER K. D. ,Causality in Macroeconomics, Cambridge 2001; N. BOBBIO, L’età dei diritti, Torino 1990; MITCHELL M., Complexity: A Guided Tour, Oxford 2009; ROSTOW W. W. , The Stages of Economic Growth: A Noncommunist Manifesto, Cambridge 1960; SASSEN S., Territory, Authority, Rights: From Medieval to Global Assemblages, Princeton 2006; SIMON H. A., The Architecture of Complexity, Proceedings of the American Philosophical Society, Vol. 106, No. 6 (1962), pp 467-482; ZOLO D., Cosmopolis: la prospettiva del governo mondiale, Milano 1995. 1
2 CH. KELLY,“Rousseau’s Philosophic Dream,” Interpretation, Vol. 23, No. 3, 1996, 417-444.
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semantica. Se fosse possibile asserire che l’esperienza del cosmopolitismo di Rousseau sia eccedente rispetto ai processi di valorizzazione propri del pensiero di uniformità delle moderne democrazie, allora il criterio di scelta tematica non sarebbe altro che la trasformazione della merce in bene simbolico. Ulteriormente costruire una tematica sul cosmopolitismo di Rousseau potrebbe essere per eventuali consumatori, una communication Mix, un insieme degli strumenti che rendono la marca parlante, e un concept store ovvero un luogo di realizzazione del desiderio, della pulsione alla marca innescata da motivazioni estetiche che oltrepassano il desiderio attuale e provvisorio senza negarlo. Tuttavia proprio dall’ambiente spettacolare attuale delle democrazie occidentali, nasce il desiderio dell’antropologia generativa, di cui Eric Gans è interprete, di tracciare una tematica sul cosmopolitismo di Rousseau come altro volto della teoretica del marketing democratico che appartiene al necessario e superfluo scenario politico di uniformità e della sua indifferenziata identità tendenzialmente lussuosa3. Straordinaria messa in scena d’interi regni teorici, il cui scopo è il consumo accettato per libera scelta, la visione di Rousseau volontariamente ricerca, perseguita, perfeziona una promessa di felicità. Viaggio in un mondo da interiorizzare e tradurre in individualità collettiva e partecipata, il cosmopolitismo di Rousseau come espressione di un life-style e di un mind-style è esperienza interattiva e immersiva di emozioni progettate e gestite dal Rousseau stesso, volentieri interiorizzata dal pensiero degli enciclopedisti francesi come gratificante esperienza ed estetica gratificante per il Kant interprete4. È un pensiero quello di Rousseau che conquista l’anima, poiché innesca processi cognitivi e affettivi ma soprattutto nostalgia di
In tale orizzonte è da sottolineare l’opera di Held: HELD D., Democracy and the Global Order. From the Modern State to Cosmopolitan Governance, Cambridge 1995; Democrazia e ordine globale. Dallo stato moderno al governo cosmopolitico, Trieste 1999; Models of Democracy, Cambridge 1997; Law of States, Law of Peoples. Three Models of Sovereignty, in «Legal Theory», 8, 2, pp. 1-44.Ed inoltre HELD D.- M. KOENIG-ARCHIBUGI (a cura di), Taming Globalization: Frontiers of Governance, Cambridge 2003. 4 J.J.ROUSSEAU, Discorsi sull’origine della disuguaglianza tra gli uomini, trad.it di R. Mondolfo, Milano 3
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nostalgia per una forma del pensare fanciullesca e al contempo grandiosa. Allora, forse, non c’e nulla oggi di più potentemente interessante del brand del cosmopolitismo di Rousseau, paradossale interesse disinteressato, forma di desiderio che deve auto-concepirsi come libera apertura sensata dell’immaginario desiderante5 come ci ricorda Kant nel saggio Che cosa significa orientarsi nel pensiero: In verità si è soliti dire che un potere superiore può privarci della libertà di parlare o di scrivere, ma non di pensare. Ma quanto, e quanto correttamente penseremmo, se non pensassimo per così dire in comune con altri a cui comunichiamo i nostri pensieri, e che ci comunicano i loro?6
HABERMAS J., L’inclusione dell’altro. Studi di teoria politica, Milano 1998; costellazione postnazionale, Milano 1999.
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IDEM
, La
6 I KANT, Che cosa significa orientarsi nel pensiero, trad. it. a cura di F. Volpi, Milano 1996, 62.
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IL COSMOPOLITISMO-CONCEPT STORE
Se si confrontano gli accenni al cosmopolitismo che troviamo nel Discorso sulla disuguaglianza tra gli uomini e nel Contratto sociale7, radicalmente opposti a quelli di Voltaire, si comprende che non è possibile separare il cosmopolitismo dall’ipotetica scena originaria di Rousseau8 in cui l’impulso antagonistico, a cui gli uomini sono portati per la loro natura concupiscente ed egoistica è una dinamica simile al meccanismo del desiderio mimetico individuato da Girard e da Gans nella teoria della Scena originaria ovvero di un’ipotetica scena originaria in cui dei proto-umani (privi del linguaggio ovvero del sistema comunicativo tipico di ogni società civile) si trovano tutti attorno al loro unico e comune oggetto del desiderio: la vittima. L'istituzione umana del diritto sorse quando divenne necessario differire proprio la violenza verso l’oggetto centrale del sacrificio9, sulla quale le energie della comunità erano polarizzate. Il focalizzare sia le energie positive sia quelle negative della mimesi su un mediatore centrale, universale e sacro è la base su cui si fonda la rappresentazione, attività propria dei soli umani, la quale fonda un ordine sociale (diritto) che contemporaneamente esiste ed è rappresentato dai suoi membri: l'energia della mimesi negativa viene spesa nel sacrificio che rinforza la sacralità di questa divinità centrale. La violenza sull’oggetto sacrificale viene differita (dalla prospettiva del diritto) e l’oggetto diviene luogo di contemplazione (prospettiva dell’arte). Da quest’ atto di differimento Gans sostiene che non solo il linguaggio, ma anche altre componenti della società civile nascano. In
7J.J. ROUSSEAU, Il contratto sociale , Milano 2002: IDEM, Discorsi sulle scienze e sulle arti, sull'origine della disuguaglianza fra gli uomini, introduzione e note di Luigi Luporini ; traduzione di Rodolfo Mondolfo , Milano 2002; cfr. inoltre H. ROSENBLATT, Rousseau and Geneva. From the First Discourse to the Social Contract, Cambridge 1997; E. CASSIRER, The Question of J.J. Rousseau. Bloomington 1963; A. COBBAN, “New Light on the Political Thought of Rousseau”, Political Science Quarterly, New York, v. 66, n. 2, jun. 1951, 272-284; J. COHEN, “Reflections on Rousseau: Autonomy and Democracy”, Philosophy and Public Affairs 15 (3), 1986: 276-9; G.D.H. COLE, “Rousseau´s Political Theory,” in G. D. H. Cole, Essays in Social Theory. London 1950; IDEM, “Rousseau´s Social Contract,” in G. D. H. Cole, Persons and Periods: Studies. London 1938.
P. RILEY (edit.) The Cambridge Companion to Rousseau. Cambridge 2001; P.RILEY,“The general Will before Rousseau”, Political Theory, 6, nov. 1978, 485-516; IDEM, Will and Political Legitimacy. A critical exposition of Social Contract Theory in Hobbes, Locke, Rousseau, Kant, and Hegel., Cambridge1982; IDEM, The General Will before Rousseau. The transformation of the divine into the civic. Princenton1986. 8
9Per
uno studio sul pensiero e le ipotesi di ricerca di Eric Gans cfr. D.POLOVINEO, “L’estetica sacrificale in Eric Gans. Dal paesaggio sacrificale cruento alla origine delle forme estetiche“, Studia Patavina 55 (2008), 163-190 .
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particolar modo individua la nascita del sacro (religione) e dell’estetica (arte) come immediatamente posteriore all’emissione del primo segno di differimento della violenza. Infatti sostiene che l’oggetto centrale del desiderio è la prima espressione di qualcosa di sacro in quanto ha la capacità di bloccare (ovvero di far nascere l’esigenza del diritto), per un attimo, il ciclo di mimetismo violento. Ma ciò che frena il mimetismo violento è l’emissione del primo segno differimento, il segnale Name of God in quanto permette di differire la violenza salvando l’umanità. Esso è Nome di Dio perché fondato dalla trascendenza che per la prima volta si manifesta tra gli uomini esplicandosi concretamente sotto forma di linguaggio del quale è l’essenza:
The center of Rousseau's circle- afferma Gans- is solely occupied by the abstract object of the general will; all that subsists of the originary unanimity is this will itself, which, like a unique divinity, imposes the same law on all human societies. The clauses of [the social] contract are so determined by the nature of the act that the slightest modification would make them vain and ineffective; so that, although they have perhaps never been formally set forth, they are everywhere the same and everywhere tacitly admitted and recognized, until, on the violation of the social compact, each regains his original rights and resumes his natural liberty, while losing the conventional liberty in favor of which he renounced it. These clauses, properly understood, may be reduced to one--the total alienation of each associate, together with all his rights, to the whole community; for, in the first place, as each gives himself absolutely, the conditions are the same for all; and, this being so, no one has any interest in making them burdensome to others. Moreover, the alienation being without reserve, the union is as perfect as it can be, and no associate has anything more to demand: for, if the individuals retained certain rights, as there would be no common superior to decide between them and the public, each, being on one point his own judge, would ask to be so on all; the state of nature would thus continue, and the association would necessarily become inoperative or tyrannical. Finally, each man, in giving himself to all, gives himself to nobody; and as there is no associate over whom he does not acquire the same right as he yields others over himself, he gains an equivalent for everything he loses, and an increase of force for the preservation of what he has. If then we discard from the social compact what is not of its essence, we shall find that it reduces itself to the following terms: "Each of us puts his person and all his power in common under the supreme direction of the general will, and, in our corporate capacity, we receive each member as an indivisible part of the whole10.
E.GANS, “Rousseau's Social Contract”, Chronicles of Love and resentment, No. 272: Saturday, October 12, 2002. Rivista in rete 10
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È interessante vedere come anche nei Discorsi sulla disuguaglianza di Rousseau, l’esigenza del contratto sociale nasca in un momento di estrema fragilità degli equilibri che ricorda molto il contesto dell’atto di differimento di Gans:
At the origin of The Social Contract's society- afferma Gans- without residue is the seamless passage from nature to culture that Rousseau rejected in the second Discourse. Rousseau motivates the contract scene in the following terms: I suppose men to have reached the point at which the obstacles in the way of their preservation in the state of nature show their power of resistance to be greater than the resources at the disposal of each individual for his maintenance in that state. That primitive condition can then subsist no longer; and the human race would perish unless it changed its manner of existence. Where Hobbes' men are warring mimetic rivals, Rousseau's are isolated individuals whose problems are with nature rather than culture. What Rousseau's omits from Hobbes' model are the mimetic desires that elsewhere he attributes to men in society ("man is good, men are bad," dixit the second Discourse), and that for Hobbes are the reason for the contract in the first place; when humans exist in a centerless mode of reciprocal exchange, they exchange not "rights" but violence. Rousseau's general will is a modern version of the Platonic Good whose very conceptual existence denies the possibility of conflicting interests. Unlike Plato, Rousseau provides his unanimous will with an anthropological origin, but he omits from his originary scene the conflicting desires on which the will imposes itself.
In Rousseau's social contract we exchange "natural liberty" for "moral liberty, which alone makes [man] truly master of himself" (I, 8) because it controls our "appetites." The social contract is a check on appetite rather than on the human conflict it occasions. In the final chapter of Book I, Rousseau explains this more fully: I shall end this chapter and this book by remarking on a fact on which the whole social system should rest: i.e., that, instead of destroying natural equality, the fundamental compact substitutes, for such physical inequality as nature may have set up between men, an equality that is moral and legitimate, and that men, who may be unequal in strength or intelligence, become every one equal by convention and legal right11.
Per Rousseau l’egoismo tra uomini, che produce l’anarchia nello stato di natura è in qualche modo risolto grazie all’artificio contrattuale su cui si basa il patto sociale tra uomini, e che viene ancora riproposto e amplificato una volta che sulla scena politica gli attori non sono più i singoli, bensì gli stati:
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Ibidem
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Neither Hobbes' nor Rousseau's contract scene- afferma Gans- is complete in itself. The mimetic rivalry of Hobbes' "state of nature" is conceivable only within a preexisting community, the prehierarchical constitution of which his model cannot explain. Yet Hobbes' scene contains a crucial element missing from Rousseau's: a central figure who defers the violence of mimetic desire. All the ambiguity of Rousseau's social contract, arguably the key ideological foundation of both communism and fascism--both of which would approve the sinister paradox, "whoever refuses to obey the general will . . . will be forced to be free," on le forcera d'être libre (I, 7)--stem from his elimination of this center, lacking which the "occasion" of the unanimity to which he appeals cannot be defined. Hobbes' model valorizes the subordination of the periphery to the center that is inherent in the circular structure of the scene. Yet Hobbes presupposes that this central figure is a human subject like those who surround it; this implicitly theistic model serves to guarantee the monarchic power of the unique political center. Rousseau, more distant than Hobbes from this implicit theism, is concerned to avoid its problematic implications for the anthropological scene he constructs. The center of Rousseau's circle is solely occupied by the abstract object of the general will; all that subsists of the originary unanimity is this will itself, which, like a unique divinity, imposes the same law on all human societies12.
Il contesto in cui compare l’accenno alla virtù di universale amorevolezza per il genere umano nel suo intero (cosmopolitismo), senza badare alle contese e rivalità che lacerano da paese a paese, è esplicitamente inscritto nella Scena originaria:
Divenuto così il diritto civile regola comune dei cittadini, la legge di natura non ebbe più luogo che fra le diverse società; dove sotto il nome di diritto delle genti, fu temperata da qualche tacita convenzione, per render possibile il commercio e supplire alla compassione naturale, che, perdendo da società a società tutta la forza che aveva da uomo a uomo, non abita più che in qualche grande anima cosmopolitica, che supera le barriere immaginarie che separano i popoli, e, sull’esempio dell’Essere supremo che l’ha creata, abbraccia tutto il genere umano nella sua benevolenza13.
La compassione, ecco la virtù principale che nelle anime cosmopolite è manifesta, la compassione è per il Rousseau dei Discorsi sulla disuguaglianza la forma sociale che assume l’unico sentimento positivo di cui gli uomini siano in possesso anche prima del loro
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Ibidem J.J.ROUSSEAU, Discorsi sull’origine della disuguaglianza tra gli uomini, cit. 149.
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ingresso in società. Si tratta di un sentimento tanto naturale all’uomo e virtù così universale e utile all’uomo che, afferma Rousseau, perfino il denigratore più esagerato della natura umana, Mandeville, ha dovuto riconoscere. Le «grandi anime cosmopolite» sono le uniche a conservare la loro purezza morale in virtù di quest’ innata compassione universale14. Chiaramente le tematica del sentimento di compassione è da ricollegare con la tematizzazione della sympàtheia15 stoica (origine di ogni cosmopolitismo) di Posidonio per il quale il cosmo è un organismo vivente che, attraverso il “legame” di ciascuna parte con ogni altra (simpatia), si rivela come un insieme sconfinato di rapporti reciproci. Per Posidonio, come per Rousseau, un aspetto della sympàtheia è che i singoli fenomeni ne preannunciano altri, di più vasta portata: ed è questo il genere di causalità che consente la previsione, di cui è prezioso strumento la mantica16. Uno dei concetti fondamentali del cosmopolitismo stoico è l’idea che la storiografia – oltre ad essere “benefattrice del genere umano” e “portatrice della verità” – è anche la “madrepatria della filosofia”, anzi “della filosofia in ogni sua parte”. L’unità del genere umano, la visione anti-individualistica dell’umanità-organismo, membra sumus magni corporis, natura nos cognatos edidit in Seneca (epist. 95,52), in Diodoro “provvidenza divina” (in quanto promuove quella unificazione “sotto un unico ordinamento” dell’intera umanità, “comune analogia” in cui le singole nature degli esseri umani ed il moto cosmico degli astri visibili assegna a ciascuno, “quanto a ciascuno è predestinato”) sono tutti gli elementi che vengono sintetizzati da Rousseau, come cronista della cosmopoli. Rousseau registra e prende atto, “come in un unico luogo di bilancio”, dell’effettivo realizzarsi di quanto la provvidenza infaticabile ha via via predestinato, tanto che nell’analisi del Contratto, il patto sociale si trasforma in un’idea regolativa riguardo all’ unico artificio di
M. NARCY, “Le contrat social: d’un mythe moderne à l’ancienne sophistique”, Philosophie, Paris, n. 28, 1990, 32-56. 14
R. OSMONT, «J. J. Rousseau and the Idea of Love»,Yale French Studies, No. 28, Jean-Jacques Rousseau (1961), 43-47. 15
16 Stoicism : traditions and transformations, edited by Steven K. Strange, Jack Zupko, Cambridge 2004
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cui gli uomini dispongano per risolvere il conflitto d’interessi che lacera l’umanità ovvero l’alienazione totale della propria libertà individuale e il reciproco obbligo di obbedienza al sovrano. La funzione del contratto risulta perciò quello di trasformare qualitativamente e in modo duraturo, tale forza comune in una unione capace di servire il reale bene della comunità; in tal senso la volontà generale è forma di obbligo per il superamento dell’ interesse particolare verso la determinazione razionale dell’ interesse che attua lo stesso soggetto in quanto cittadino. È la nascita del cosmopolitismo- Concept Store ovvero luogo di realizzazione del desiderio. In tale ottica, la comprensione prettamente antropologica dei meccanismi endocrini del contratto sociale sono da connettere con la logica dello scambio formalizzata dal modello fornito dal Saggio sul dono di Mauss17. Per Eric Gans la riflessione di Mauss è importante per la significanza endocrina del contratto sociale poiché si basa sul concetto di “scambio”18. “Il modello fornito dal “Saggio sul dono” di Hubert e Mauss -afferma Eric Gans- è un importante passo avanti sul lato empirico, ma la sua significanza antropologica può essere compresa solo dal punto di vista del concetto originario dello scambio virtuale. Il fatto che le porzioni “eguali” del banchetto che segue sono virtualmente scambiabili è una conseguenza necessaria dell’originario scambio dei segni” […] Il dono nel senso di Hubert e Mauss crea una
17 E.L.GANS, “The Market and Resentment“, in rivista in rete Chronicles of Love and Resentment n° 286, Saturday June 28-2003.Qui Gans rilegge e decostruisce il maussiano Saggio sul dono ( Cfr. M.MAUSS, Saggio sul dono, Einaudi, Torino 2002). Il dono di cui parla Mauss non è assimilabile alla moneta, l'equivalente universale di scambio della moderna economia di cui rappresenterebbe l'origine, in quanto le cose scambiate negli esempi addotti da Mauss sono oggetti di natura problematica perché composita, circolano e non circolano, sono contemporaneamente valori e talismani, condensano il tempo e le virtù dei loro possessori. Neppure è assimilabile al contratto, che non è equivalente allo scambio, ma deriva semmai dalla necessità di alienare un diritto per instaurare simultaneamente le convenzioni che fondano il diritto e la nuova libertà che esso consente. Il dono di cui parla Mauss è invece il "prestito usuraio". L'errore di Mauss, per Gans, comincia quando, per ragioni che difficilmente si comprendono, egli vuole che un prestito sia un dono, e che la reale positività di quest'ultimo sia omologata con l'obbligo terribile che l'usura impone a colui che vi ricorre, a rischio della propria libertà, per avere ciò che non ha. L’usura prende vita quando il desiderio, il bisogno di avere, è tanto forte che per soddisfarlo mettiamo in pericolo anche la nostra anima. Rilevando come essa sia il calco della teoria della magia di Mauss, interamente basata sulla nozione di mana, Gans in The Market and Resentment afferma che il mana piuttosto è il vero della cosa: essere, stato, esperienza, accessibili ed esprimibili. La categoria è un attributo di sostanza, in certi casi equivalente all'attributo di “iesistenza” che concettualmente fissa il manifestarsi dell'authentikòn (inteso etimologicamente come 'ciò che produce da sé) che la vista, l'intendimento conoscono. 18Cfr. anche. J.P. DUPUY- P. DUMOUCHEL, L’enfer des choses. René Girard et la logique de l’economie, Paris 1979.
10 ineguaglianza spazialmente e temporalmente circoscritta che si può comprendere solo sullo sfondo dell’uguaglianza originaria, virtuale19.
Il contratto sociale di Rousseau vive le sue dinamiche nella logica dello scambio e affinché questa dinamica abbia luogo, si deve connettere l’origine della legge con l’origine del sacro. Il fatto che le porzioni "eguali" del banchetto che segue siano virtualmente scambiabili è, per Gans, una conseguenza necessaria dell'originario diritto concepito come forma del desiderio nella logica del mercato (Concept store). Il valore adattativo del diritto, in tal senso, è reso possibile dalla combinazione di rendimento in termini di soddisfazione degli appetiti: lo scambio di segni identici è garantito dallo scambio di cose "eguali"20. Una volta che questa uguaglianza è realizzata nella distribuzione contrattuale, essa implica l'eguaglianza di tutti i possessi divisibili "fuori" e “nel” contratto stesso ovvero nello Stato. Tuttavia dobbiamo considerare che la forma di governo non è mai realmente al di fuori della logica del mercato, ma solo al di fuori del contesto scenico contrattuale dell’origine.
Citazione in E.L.GANS, The Market and Resentment, traduzione italiana a cura del prof. Fabio Brotto. 20Lo stesso Girard ammette che “si l’on me demande si tout désir est mimétique, j’ai tendance à répondre oui. Simultanément il me faut répondre non. Si on considère qu’il existe un désir de la mère pour l’enfant et un désir de l’enfant pour la mère, je ne pense pas que l’affection maternelle soit mimétique, ni que l’affection de l’enfant pour sa mère soit mimétique.” Citazione in P. DUMOUCHEL, Violence et vérité autour de René Girard. Colloque de Cerisy, Grasset, Paris 1985, 379. 19
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PONTE MODULANTE
Se la qualità del Concept Store del cosmopolitismo è qualità della forma di essere e dell’esperienza di cosmopolitismo, e se tale forma dipende in certa misura dalla forma dello scambio, allora il discorso di Rousseau sul cosmopolitismo coglie l’aspetto di liberazione dalla determinazione e dal destino delle narrazioni di lunga durata senza precipitare l’individuo nell’assenza della forma, nell’irrealtà del puro discontinuo21. La forma del Concept Store è certo forma precaria e provvisoria, ma è anche una figura del tempo e una possibilità d’essere. Perciò alla forma del cosmopolitismo è essenziale che la temporalità costitutiva di identità non segua il ritmo della narrazione lineare di lunga durata, ma che la narrazione della forma, ovvero la costruzione di identità narrativa, permanga come forma del desiderio. Quindi la tematica del cosmopolitismo di Rousseau può rappresentare l’oscillazione contemporanea tra desiderio di stabilità e continua metamorfosi. In tal senso il cosmopolitismo è un prodotto di moda che tende all’affermazione dello stile, della stabilità, ma insieme fa i conti con la metamorfosi: se la moda è essenzialmente ciò che passa, che passa di moda, la forma del Concept Store viene sostituita da forme successive sino a diventare pura e semplice forma comunicativa o meglio una Communication Mix in cui la forma del desiderio diviene forma comunicativa nella logica del mercato. In tal senso il tema del cosmopolitismo è semplicemente uno slogan delle moderne democrazie una forma di godimento immaginativo che rende in qualche modo il cittadino, custode di un desiderio senza fine. In tal senso il market del cosmopolitismo è il vero potere che in fin dei conti proviene da quella vocazione al tragico antagonismo tra cittadini. È la communication mix che sfrutta la contrazione della durata e la frammentazione della costante narrativa tipica della forma ormai deformata del cosmopolitismo. In questa veste il cosmopolitismo è una rilevante strategia attraverso cui la frammentazione viene dominata e ricondotta all’uniformità configurando pratiche, comportamenti e modi di vita.
A.M. MELZER, “The Origin of the Counter-Enlightenment: Rousseau and the New Religion of Sincerity”, The American Political Science Review, Vol. 90, No. 2 (Jun. 1996), 344-360.
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IL COSMOPOLITISMO-COMMUNICATION
MIX
È difficile sottrarsi all’impressione che proprio questa prospettiva del Cosmopolitismo-Communication Mix generi un ampio dibattito sull’idea della strumentalizzazione amministrativa transnazionale22 ovvero dell’idea di uniformità delle democrazie che è un connotato politico-morale inscindibile dalla dialettica di maturazione delle categorie politico-filosofiche che hanno permesso di comprendere l’origine e le caratteristiche degli stati nazionali e la moderna forma repubblicana di governo secondo Rawls, Beetham. D., S. Bracking, I. Kearton, N. Vittal e S. Weir23: Rawls postula che le cose dovrebbero di diritto essere equamente distribuite; qualunque altra distribuzione deve essere giustificata dal maggior bene dei membri meno favoriti della comunità. Questo tentativo di articolare l'uguaglianza morale con la differenziazione etica è un gradino oltre l’utilitarismo, che tratta la società come un aggregato di atomi umani. Ma la "posizione originale" va oltre la familiare finzione del contratto sociale, ove i contraenti hanno conoscenza completa della loro situazione: la scena fittizia di Rawls è immaginabile soltanto come diretta dall’esterno. Una volta che la finzione è convertita in ipotesi, l’autoritarismo, che è l'unico contesto plausibile di questa scena, diventa implicito nella scena stessa. Giacché il genere di incertezza che una posizione originale, in contrasto con un'ipotesi originaria, richiede, dovrebbe essere imposto dall'equivalente di un guardiano platonico. Questa valutazione antropologica della base autoritaria del redistribuzionismo liberal/socialista non per coincidenza è simile a quella di conservatori moderni come Hayek. La giustizia in senso stretto è il ripristino di uno squilibrio, la punizione di un crimine. L’Orestea racconta in termini mitici l'emergere del sistema giudiziario civico che rompe la catena continua della reciproca punizione delle parti offese e delle loro famiglie. La giustizia in questo senso non è interessata alla distribuzione originale dei beni; essa interviene soltanto per neutralizzare atti di ridistribuzione che minacciano di sovvertire il differimento del conflitto. La giustizia è un’integrazione al differimento originario dell'appropriazione; essa punisce la violazione di una norma che è stata imposta nella scena originaria dalla potenza sacra che si manifesta in presenza della comunità nel suo insieme. Durante tutta la storia precedente, la diminuzione storica di questa potenza originaria è stata recuperata per mezzo di escatologie
CH. KELLY, “Rousseau on the Foundation of National Cultures,” History of European Ideas, Vol. 16, No. 6, 1993, 521-525.
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J. RAWLS, The Law of Peoples, Cambridge 2001; The State of Democracy: Democracy Assessments in Eight Nations Around the World, a cura di Beetham. D., S. Bracking, I. Kearton, N. Vittal e S. Weir, Dordrecht 2002.
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13 religiose o secolari che assegnano come fine della storia l’eternizzazione del differimento della violenza con cui essa ha avuto inizio. Il modello morale egalitario, che presiede all'origine dell’uomo come animale etico, si trasforma in obiettivo immanente dell'umanità. Ma il disporre la simmetria del differimento originario come obiettivo finale impone una chiusura alla struttura paradossale aperta della mimesi umana. La pretesa che la storia alla fine ritorni a quel modello che ha differito il conflitto al suo inizio – quindi giustificando in suo nome la violenza attuale ("il fine giustifica i mezzi") -- riduce la storia nel suo insieme all’eterno ritorno della scena originaria. Ma la dottrina che si occupa dell'ordine sociale totale come esso fosse perpetuamente nel travaglio della crisi originaria è precisamente ciò che chiamiamo "totalitarismo". Ciò che pretende di essere l’auto-chiusura della storia è in realtà imposizione di una tirannia gnostica24.
Ma dove nasce questo nesso tra cosmopolitismo e amministrazione del pensiero transnazionale? Sempre Rousseau ne è l’interprete poiché nell’evoluzione del suo pensiero fu costretto ad abbandonare l’accezione filantropica del cosmopolitismo a favore di un’alternativa che ipotizzi il diritto come unica istanza che, nella prospettiva contrattuale, possa porre le condizioni per l’uscita dall’antagonismo. Tale superamento dell’istanza individualistica del cosmopolitismo e dell’articolazione del progetto di una costituzione repubblicana che faccia valere universalmente il diritto al fine di garantire la pace rivendica lo sforzo collettivo per promuovere e rafforzare l’efficacia della volontà generale che non è solo una valenza giuridica, un apporto puramente normativo, ma lo spirito delle leggi, la pretesa del diritto alla sostanza di quella che con Hegel potremmo chiamare la vita etica degli stati. Perciò il progetto di uniformità di Rousseau, sempre a livello scenico, va necessariamente compreso in maniera strettamente congiunto alla questione del passaggio dalla legalità alla moralità; da una visione limitata del singolo individuo alla sua articolazione in un progetto teleologico che ne comprenda lo sviluppo non nell’opposizione semplice (perciò inefficace all’egoismo), ma all’interno di un processo dialettico che include l’antagonismo. Afferma Spisak in tal senso: This scene represents a praxis of Rousseau's egalitarian politics. From the moment the wafer-seller appears, it is clear that the goods he has to offer are going to generate what Girard terms "the desire to distinguish oneself" for those girls who have some money at the expense of the others who do not. Rousseau notices the threat that is already taking place before the nun, that is, that the
24 E.GANS, “L’unica fonte della religione e della morale“, Anthropoetics I, no. 1 (June 1995) rivista in rete.
14 wish of the few to play would certainly create animosity in those who cannot participate, and in the rivalry that would follow, the wafers would be forgotten in the violence of the dispute among them all. Rousseau wants to put a stop to this potential violence. Taking the initiative to resolve the crisis, he puts himself into the position of mediator and, by not participating in the game, he prevents the girls from recognizing the role he is playing. He himself has no appropriative desires to dissimulate for he does not covet the wafers; he does not even touch them. In this scene, he enjoys a complete indifference to the wafers because what he desires is "a desire for the absence of any desire that elects an object outside the self"; he wants to regulate the desire of others in order to feel the secret joy of having done so. The entire project of the "inexorable" master turns around this axis. By increasing the number of wafers won, the simple multiplicity of desirable objects prohibits the girls from becoming envious and effectively erases the very element of desirability the wafers had when the seller appeared. After the sharing suggested by Thérèse, there is a near state of equality within the group which was moments before at the threshold of mimetic violence. The nun herself will be invited to play, which she does, and for which Rousseau admits owing her much gratitude. It is important that she participates, for if she did not, she might manifest an indifference that would rival that of the veritable master. Rousseau himself has restored order and averted the crisis. He makes himself the solution of the dispute by the control he exerts on both the desiring subjects and the desirable object. As for the girls, they all receive an equal number of wafers without feeling resentment or being subjected to violence. The "general rejoicing" in the scene results from Rousseau's good intentions; in a similar situation, another could easily manipulate the circumstances to favor a particular participant. It therefore seems unlikely that Rousseau here gives his approbation to manipulative intervention as such, for it will always be a question of the good intentions of the mediator25.
Soltanto mantenendo radicata la trattazione della questione istituzionale-politica allo schema di una filosofia della storia è possibile comprendere la complessa questione del diritto fatto valere incondizionatamente. Il problema del Sommo Bene morale, dello sviluppo dell’intenzione moralmente buona nel suo nesso con la realizzazione di un assetto istituzionale internazionale che promuova la libertà26, il Sommo Bene politico, deve essere indagato nella dinamica del passaggio, ancora non sviluppato, dalla moralità all’eticità, che più tardi Hegel, suo malgrado vicino al modo kantiano di intendere il cosmopolitismo, espliciterà.
25J.
SPISAK, “Fear, Pity, and the Master: Rousseau and the Status of Mimetic Structures“, Anthropoetics 6, no. 1 (Spring/Summer 2000).
26 PRINS G.- E. SELLWOOD, Global Security Problems and the Challenge to Democratic Process, in D. Archibugi, D. Held e M. Köhler (a cura di), Re-imagining Political Community. Studies in Cosmopolitan Democracy, Cambridge 1998, 252-272.
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Qui la nascita del cosmopolitismo come communication mix, ovvero l’insieme di strumenti che rende il cosmopolitismo un fattore supplementare o supplément, che riflette l'onere o "tassa" insito nelle moderne democrazie che in ogni caso giocano il loro ruolo ancora sul processo di scambio. Per questo ogni forma giuridica è dinamica di uguaglianza materiale approssimativa. Per Gans la dimensione sacrale del diritto è pur sempre attività economica che dipende dal differimento della centralità rituale, nella sua duplice dinamica di attività che è stata svolta fuori dal centro sacrificale e che viene al centro sacrificale per la valutazione. Molto prima che si trasformi in una forza dominante, e per quanto fortemente un ordine sociale dato tenti di resistere alla sua influenza, il diritto e ogni forma di diritto è sempre un "mercato": un luogo dove il valore è determinato attraverso lo scambio ma che a sua volta eccede lo scambio. Questo punto è rilevante per le attuali politiche di uniformità socio-culturali che senza dubbio e in ogni caso genereranno forme di risentimento: “ I sistemi gerarchici fluidi sono instabili per il fatto che essi non possono riclicare il risentimento che generano: essi tendono ad evolvere verso forme gerarchiche più strette, i cui leader acquistano il potere necessario per mantenersi al comando. Il rinnovarsi delle rivalità in condizione di abbondanza conduce alla centralizzazione del surlpus comunitario sotto il controllo di un unico potere politico-rituale”27.
Il criterio di uniformità genera risentimento e tale risentimento sarà mediato verso un unico oggetto centrale ovvero il capro espiatorio moderno; il trasferimento dell’aggressività verso il centro, il risultato dell’abdicazione dell’animale alfa sotto la pressione collettiva del gruppo è il meccanismo girardiano del capro espiatorio, che susseguentemente provoca lo sparagmos o distruzione/divisione collettiva dell’oggetto/vittima centrale. Nella scena originaria, l’unica figura marcata è quella centrale, ma alla conclusione della scena, la vittima non esiste più. La tensione tra il luogo vuoto e la vittima ricordata è ciò che nella scena originaria corrisponde al concetto gansiano di risentimento28. Afferma Eric Gans: “Il risentimento, o resentment, è il sentimento di esclusione dal centro ove si genera il significato. Non vi può essere alcuna significazione senza risentimento; il segno che ripresenta/rappresenta l’oggetto centrale è per sua stessa natura sia
27Citazione
in E.L.GANS, “The Market and Resentment“, in rivista in rete Chronicles of Love and Resentment n° 286, Saturday June 28-2003, traduzione italiana a cura del prof. Fabio Brotto. 28 Cfr. René Girard et le problème du mal, a cura di J.P. DUPUY- M. DEGUY-, M. SERRES, Paris 1982, 179-214 .
16 un’espressione che un differimento del risentimento per il suo mancato possesso, indirizzata verso il centro stesso piuttosto che verso gli altri umani alla periferia. Questa è la forma generale del meccanismo del capro espiatorio di Girare. Se tutto il significato rimane nel centro, allora alla periferia non vi è nulla da scambiare. Perché lo scambio abbia luogo, l’oggetto centrale deve venire diviso tra i partecipanti periferici, come accade di norma durante un banchetto rituale. Il centro è sacro, ma l’oggetto centrale è sacro solo per associazione: esso si trova nel luogo sacro e appartiene all’essere sacro. Così quando i partecipanti lo dividono essi ottengono delle porzioni non dell’indivisibile SACRO/DIVINITA’, ma della creatura referenziale che esemplifica l’eterno significato”29.
Risentimento- diritto- uniformità moderna sono inseparabili, dal momento che l’espulsione immaginaria della figura centrale che riempie la fantasia del risentimento è ciò che lascia il luogo (immaginariamente) vuoto. Questo movimento struttura il cosmopolitismo, compreso in tal senso come comunicazione del risentimento: non è più la naturale pietà per la vittima di cui parla Rousseau30, ma un senso di sacrilegio per la violazione del referente sacro. Poiché, in ogni caso, la ritualità giuridica (contrattuale o non) pone una violazione che è stata realizzata come atto collettivo e ciò genera la possibilità di ricattare gli altri partecipanti, una possibilità che rimane latente nella presa di posizione delle moderne democrazie.
29 E.GANS, The Market and Resentment, traduzione italiana a cura del prof. Fabio Brotto. 30 IDEM, “The Victim as Subject: The Esthetico-Ethical System of Rousseau's Rêveries”, Studies in Romanticism 21/ 1 (1982), 3-32.
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CONGEDO
Eric Gans, in effetti, pone delle serie difficoltà sulla comprensibilità e sulle proposte del cosmopolitismo di Rousseau, senza escludere, tuttavia, la notevole sottolineatura di Rousseau nei riguardi della problematica della narrazione del cosmopolitismo che va dallo stoicismo all’età dei lumi. Proprio su questa narrazione Gans pone la sua indagine ovvero sulla funzione idealtypica del cosmopolitismo (e implicitamente sul contratto sociale) come modello che delinea implicitamente gli sforzi del mondo culturale di soffocare la sua origine vergognosa e fondamentale cioè quella di essere violenta. Il contratto sociale è in qualche modo una componente effettiva del fenomeno disturbazionale, e la sua origine è già di per sé disturbante. Per questo, in ogni caso, tematizzare il cosmopolitismo è un movimento regressivo poiché è un retrocedere verso gli inizi. Il coinvolgimento pone chi guarda in uno spazio che disturba. Ma questo è pur sempre interessante. L’indagine sulla visione disturbazionale di Rousseau è un impegno a recuperare uno stadio del pensiero in cui il pensiero stessa era quasi una mania- una mania seria; in breve, si tratta del tentativo di recuperare al pensiero qualcosa di quella mania pre-categoriale che fu eliminata quando il pensiero divenne pensiero. Ora in base alle nostre manie non si è potuto non porre una semplice domanda: è possibile ancora parlare di cosmopolitismo come modulo narrativo e idealtypico delle democrazie e della società dell’epoca post-narrativa? E quale inganno nasconde? Da queste domande è nata l’opportunità di stabilire una tecnica per vincere le resistenze del senso comune e della logica “a occhi aperti”, mettendo in gioco la forma della narrazione in cui nasce la consapevolezza che solo utilizzando la tecnica del “pensare ad altro”, si rivela l’ altro della filosofia ovvero l’ inganno. Davide Polovineo davide.polovineo@fastwebnet.it