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THE LANDSCAPE AND THE FIGURE OF THE KING Una prospettiva antropologico-culturale della mnemotecnica e mnemotopica della regalità nello šahnameh di Firdusi di Davide Polovineo davide.polovineo@fastwebnet.it شـــکر چون شـــعر ز و چشــم کــن بـــاز نگـــر فردوســـــی عدن بھشــــت در (Attar)
1 COORDINATE
DELLA RICERCA
Nella storia della struttura connettiva della multietnica società islamico-iraniana durante e successivamente il protettorato di Mahmud di Gaza (997-1030) non si può tralasciare di analizzare, in un’ottica multidimensionale, la figura letteraria del Re, tenendo conto della qualità specifica dell’immagine identitaria in quanto immagine simbolica che risulta come ogni esperienza simbolica dalla trasfigurazione in valori di elementi storicamente concreti del convivere sociale. L’arte letteraria funge, in tal senso, da elemento paradigmatico, in cui è visibile la stessa genesi evenemenziale della percezione sensibile, nella misura in cui l’opera d’arte, alla luce del concetto di figurale, “mette in scena” la rappresentazione o la figurazione del senso. Il figurale del Re si trova allora “trascritto” in altri temi, come il dissidio, l’entusiasmo, il sublime, che si dispongono tutti entro lo spazio di questioni poste dal problema di comprendere in che modo il senso prende figura evenemenziale. Il dinamico tessuto letterario, in tal senso, dell’opera
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šahnameh 1 di Abu’l Qasim il Paradisiaco (Firdusi)2, sostanzia, ad un certo momento della vicenda letteraria neopersiana, il figurale del re e la concezione della regalità sacra come dimensione idealtypica che è per un verso legata alla mnemotopica dell’Airyana Vaeja (dello spazio iranico) nella concretezza storica e dall’altro ne rappresenta l’esaltazione dei valori assoluti nell’immaginario eroico poiché “dietro tutti i contrasti etnici- affermava Max Weber- sta naturalmente in qualche forma l’idea del popolo eletto”3. Ciò può essere considerato il prodotto dalla discorsivizzazione narrativa della figuratività regale situata sullo strato superficiale della narrazione. Materia di analisi, di
Shax-nāme: Kriticheskij Tekst, a cura di A.E.BERTELS, Izdatel'stvo Nauka, Moscow 1960–71, 9 vol.; The Sháhnáma of Firdausí,traduzione di A.Warner-E. Warner, Keegan Paul, London 1905–1925, 9 vols. (ristampato dalla editrice Routledge and heagan Paul nel 2000); The Shahnameh, a cura di JALAL KHĀLEGHI MOTLAGH, Bibliotheca Persica, 1988–2009, 12 volumi ( nei primi otto volumi è presente la traduzione del testo e negli altri volumi le note esplicative); FIRDUSI, The epic of the King: the national epic of Persia, traduzione di Reuben Levy, Routledge and Kegan Paul, London 1967; šahnameh ; the visual language of the Persian Book of King, a cura di ROBERT HILLENBRAND, Burlinghton_Ashgate, Aldershot 2004. 1
A. SHAPUR SHAHBAZI, Ferdowsi: A Critical Biography, Hardvard University Center For Middle Eastern Studies- Mazda Publishers, 1991; GALAL HALIQI MUTLAQ, Notes on the šahnameh , persian heritage, Foundation-biblioteca Persica Press, New York; MELIKIAN CHIRVANI-ASSADULLAH SOUREN, Les frises du Shah Name dans l’architecture iranienne sous le Ilkan, Association pour l’anacement des elude iraniennes, Paris 1996; M. N. O. OSMANOV, Abul Qasim Ferdowsi, in The Great Soviet Encyclopedia, 3rd Edition (1970-1979); BAPSY PAVRY, The Heroines of Ancient Persia: stories retold from the šahnameh of Firdusi, Cambridge university Press, Cambridge 1930; HAFIZ GALANDHRI, šahnameh e Islam:mukammal, Alhamad 2006; In lingua italiana cfr. I.PIZZI, L’epopea persiana e la vita e i costumi dei tempi eroici di Persi: studi e ricerca, Tipografia L.Niccolai, Firenze 1888; IDEM, Firdusi, A.F.Formiggini Roma 1923; G.LUPI, Firdusi, La scuola, Brescia 1947; 2
Cfr. citazione in J.ASSMANN, La memoria culturale. Scrittura, ricordo e identità politica nelle grandi civiltà antiche, Giulio Einaudi Editore spa, Torino 1997,p.6 3
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molti ricercatori e in particolare di Jalal Khaleqi Mutlaq e di Shirzad Aghaee4, che hanno tentato, con attenti e minuziosi procedimenti analitici, di precisare le condizioni necessarie affinchè si stabiliscono e si mantengono le isotopie tra le figure dei re (ovvero la ragione letteraria per cui esse si combinano, nel tessuto del discorso, con altre figure che selezionano e confermano la "consistenza" virtuale delle prime) che fondano la dimensione sintagmatica della figuratività idealtypica del Re. In tal senso, in base ai risultati di ricerca, la narrazione figurativa di Firdusi è dunque una narrazione che moltiplica le procedure d'integrazione delle figure regali tra di loro e che fonda l'efficacia, ovvero la credibilità, delle rappresentazioni "concrete" che propone, sulla densità delle connessioni che stabilisce tra le sue figure in una tessitura letteraria che, per produrre l'effetto di iconicità, usa in abbondanza la referenzializzazione (l'insieme delle relazioni interne al discorso stesso). La portata di questo approccio, in effetti, è estremamente valido per la fioritura dei caratteri sociali islamico-iraniani e oggi diventa ancor più indelebilmente apprezzabile per non cadere in una sorta di deposito filogenetico della cultura iraniana. Un altro settore di ricerca ha condotto diversi studiosi a porsi la questione: come le figure semantiche di un testo producano un effetto di realtà? Non concependo soltanto la figuratività in termini di "rivestimento" delle strutture profonde, conformemente al principio di arricchimento e di complessificazione semica che regge il passaggio dalle strutture fondamentali alle strutture superficiali, Mahdi 5 Nurian constata che la stessa figuratività si organizza in JALAL KHALEQI MUTLAQ, Iran Garai dar Shahnameh, Hasti Magazine, Vol 4.,Bahman Publishers, Tehran 1993;SHIRZAD AGHAEE, Nam-e kasan va ja'i-ha dar Shahnama-ye Ferdousi, Nyköping, Sweden 1993. 4
MAHDI NURIAN, Afarin Ferdowsi az Zaban Pishinian, Hasti Magazine, Vol 4., Bahman Publishers, Tehran 1993. 5
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diversi livelli di profondità. Delle isotopie figurative sono perciò in grado, non più solamente di suscitare impressioni referenziali, ma anche, perdendo ogni contatto con la referenzializzazione, di strutturare in maniera molto astratta la significazione e di "produrre" un livello profondo del discorso (linguaggio figurativo di tipo meta semiotico). E ascoltare Rostam and Sohrab opera, composta da Loris Tjeknavorian davvero aiuta a penetrare nella vastissima profondità di questo livello di ricerca. Sulla linea di indagine di Hassan Anvari, Ancient Iran's Geographical Position in Shah-Nameh 6 il tentativo della presente ricerca è quello di rileggere la tessitura letteraria di Firdusi alla luce di una intersemioticità tra figuralità e monumentalità della memoria ovvero tra figuratività regale e mnemotopica monumentale dei mausolei dell’Iran del X-XI sec. Seguendo l'insegnamento di Claude Lévi-Strauss, come il mito assume e "lavora" un mondo referenziale sempre già preliminarmente articolato e semiotizzato (con l'aiuto, ad esempio, delle tassonomie etnosemiotiche), allo stesso modo l’opera letteraria è da comprendere come una comunicazione intersoggettiva resa possibile dalla sovrapposizione, rispetto allo scambio dei messaggi linguistici, di un sapere socioculturale comune che garantisce tra i partner un'interpretazione sufficientemente isotopa del contesto extralinguistico (ma non extrasemiotico) all'interno del quale la comunicazione si svolge e produce senso7.
HASSAN ANVARI, Ancient Iran's Geographical Position in Shah-Nameh ,Iran Chamber Society, 2004). 6
Il mito è una costruzione dell’immaginazione per Levi Strauss ,ma nel mito dobbiamo saper cogliere le componenti di ordine intellettuale o più in generale le componenti che presiedono ad una vera e propria organizzazione del mondo: esse si presentano come immagini, figure, storie, ma vanno considerate come
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Ovvero la sua costruzione letteraria è resa possibile dal fatto che l’organismo linguistico, come un virus, viene a colonizzare lo spazio intersoggetivo: in tal senso invece di concepire l’organismo linguistico come direttamente a contatto con il reale e come capace di rifletterlo, si deve ritenere che i discorsi significanti non si facciano mai carico della realtà extralinguistica, dato che questa funge loro da referenza solamente attraverso la mediazione delle griglie di lettura (o semiotiche del mondo naturale). Da questa osservazione preliminare si tenterà di analizzare la figura del re di Firdusi, immagine simbolica che ha alla sua base la mitopoietica iranico-mazdea 8 come rappresentazione mnemotecnica di un passato che riveste, insieme alla mnemotopica dei mausolei del X-XI sec., il concetto di etnia iraniana poiché “Non esiste alcuna memoria -affermava Halbwachs- possibile al di fuori dei quadri di cui gli uomini che vivono nella società si servono per fissare e ritrovare i loro ricordi”9. È proprio per un discorso critico sull’identità iraniana che si deve tener presente la radice storica dell’attitudine alla mnemotecnica del potere, il carattere storico-simbolico dell’Idealtypus del re come immaginario collettivo delle diverse etnie iraniane e la mnemotopica degli spazi monumentali dei
concrezioni di momenti e di relazioni intellettuali generali. C.LEVI STRAUSS,Myth and meaning, University of Toronto Press, 1978, trad. it. a cura di C. SEGRE, Il Saggiatore,Milano 1960;IDEM, Anthropologie structurale, Plon, Parigi 1958, trad. it. di P. Caruso, Il Saggiatore, Milano 1966. Mitopoiesi che conserva il suo valore, nonostante la simbolicità islamica che si ancora nell’autentica matrice zoroastriana della figura del Saosyant e nella narrazione mnemotecnica del Wizi dag ha i zadspram. 8
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M.HALBWACHS, Les cadres sociaux de la mémoire, Paris 1952 (2ed.), p.79
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mausolei. Il parlare in modo generico di islamicità iraniana significherebbe disfarsi in maniera troppo sbrigativa della questione multietnica e dei criteri forniti, in campo di ricerca e sul campo di lavoro, della prospettiva sinfonica delle discipline socio-antropologiche per l’analisi delle mnemotecniche monumentali e documentarie che si posero come base unificatrice per la memoria collettiva di un popolo formatosi da diverse etnie, dopo incessanti vicende di conquista assoggettamento-dominio politico fra gruppi etnici autoctoni e allogeni per l’effetto di circostanze etnico tradizionalistiche da un lato e componenti innovative-riformative dall’altro. 2
LO STRATO SUPERFICIALE LETTERARIO
Composto in un neopersiano 10 dalla grammatica raffinata e al contempo scevro di fioriture baroccheggianti e con un vocabolario, che pur se arricchito di numerosi lessemi arabi tuttavia è fortemente evocativo di immagini e figure letterarie dell’iranico antico, lo šahnameh , serbando la forma esterna dei Masnavi (lunghi poemi di emistichi rimati) riprende e svolge formalmente e tematicamente ed è redazionalmente vicino alla tradizione letteraria delle Qaside, le odi panegiristiche di Rudaghi, dell’annalistica araba di Tabari, della cronaca dei sultani Ghaznavidi per mano
I. AFSHAR, Bibliographie des catalogues des manuscripts persans, Publication de l’Université di Teheran 1958; KH. MOSH’AR, Catalogo dei libri a stampa in neopersiano, Teheran 1963-1971 (in neopersiano). Il principale repertorio biobibliografico sugli autori e sulle opere in neopersianlo è rappresentato da C.A.STOREY, Persian Literature, Londra 1927-1980, 2 voll. In 5 tomi; J.RIPKA (acura di), History of persian Literature, Dordrecht 1968; E.G. BROWNE, Literary: history of Persia, Londra 1924, 4 voll, A.PAGLIARO-A.BAUSANI, Letteratura persiana, in O.BOTTO ( a cura di), Storia delle letterature d’oriente, II, Milano 1969; A.M.PIEMONTESE, Storia della letteratura persiana, Milano 1970, 2 voll., G.MORRISON-J.BALDICK-S.KADKANI, History of Persian Literature from the beginning of the islamic period to the present day, I sezione vol. 4, in Handbuch der Orientalistik, Leida 1981. 10
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letteraria di Baihaqi, delle opere geografiche di stile arabo imitate negli Hudad al ‘Olam ( I limiti del mondo) dei libri sull’arte del governo che ebbero come maggiore studioso Nizam al Mulki e dell’atavica tradizione delle favole morali degli specchi per principi di Qabus Namen. L’operazione stilistica di Abu’l Qasim ci permette di concepire “Le cronache dei re” come un mausoleo letterario quadripartito in cui vengono collocate le storie dei maggiori dinastie degli scià con reveremizzazioni degli antichi miti arii: dinastia Pishdad, dinastia dei Kayanidi o Kay (protetti dall’eroe nazionale Rostam), dinastia degli Arsacidi (cui viene legata la figura di Alessandro Magno con un preludio letterario volgarmente appellato “Romanzo di Alessandro” connesso redazionalmente allo Pseudo Callistene), la dinastia dei sasanidi. Il tal senso lo šahnameh è la testimonianza letteraria del background socio politico del periodo dei Buwayhdi che gareggiarono con i samanidi nello sforzo di cancellare le tracce dell’invasione araba (tanto che si attribuirono il titolo di shahanshah ovvero re dei re) ma soprattutto del successivo protettorato di Mahmud di Ghazna (mecenate di Abu’l Qasim) che discendente di un comandante turco samanide ricevette l’investitura di califfo a Ghazna e governò dal 997 al 1030. Nello stesso periodo in cui Firdusi mette mano alla sua monumentale opera, la sensibilità governativa ripristina la tradizione iranica antica e delle maggiori casate, richiamando le gesta e le epopee dei grandi re attraverso le tipologie del mausoleo monumentale (il mausoleo poderoso Gumbad i Qabus, il mausoleo Lagim nel Mazan Deran, il Radkan ovest, il Pir-I ‘ Alamandar di damghan) di cui la tipologia più significativa è quella di Isma ‘Il Ibn ahmad a Buhara (prima metà del sec x). Formata da un ambiente quadrato aperto sui quattro lati da porte (tetrapilo sasanide) e coperto da una cupola su nicchie angolari come nel mauseleo di Qubba di Arab Ata di Tim nel Tagikistan dove vi è la testimonianza
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Muqarnas, il raccordo con nicchie ornate da alveoli. Similmente lo šahnameh , di enorme ampiezza (62 storie e 990 capitoli) e con un numero di distici che oscilla nelle varie recensioni fra i 48.000 e 60.000 è da considerare il luogo di riposo della memoria dei re nella storia iranica (dal mitico primo uomo iranico alla conquista nel VII d.C. dell’islam) profondamento illuminato dalla luce gnostica della religione mazdea. Il poema diviso in due parti, tuttavia similmente al tetrapilo sasanide, può essere visualizzato come un’opera composta di quattro punti di accesso (le quattro dinastie degli scià) che conducono a 50 camere letterarie in cui si dischiude, per opera anche dei redattori successivi a Firdusi (Daqiqi, ‘unsuri, ‘asgiadi, farrukhi a Manucehri) il profondo segreto escatologico della religione mazdea conservato nel Gatha, il nocciolo più antico e primitivo dell’Yasna Mazdeico11 (la parte più sacra dell’Avesta) nei cantici liturgici Yashts in onore delle singole divinità che presiedevano ai giorni del mese secondo il calendario mazdeo, dei Wizi dag ha i zadspram, un’antologia pahlavi che raccoglie tradizioni molto antiche. Tale tesoro è custodito dall’ambito lessicale assimilato dal vocabolario misterico (Aša, Vohu Manah, Armaiti, Khšathra, Spenta Mainyu ovvero verità, Buon Pensiero, devozione, potere e beneficio)12 e
Cfr. BOYCE M., A History of Zoroastrianism. Vol. 1: The Early Period, Handbuch der Orientalistik I, Brill, Leiden & Cologne 1975;IDEM, A History of Zoroastrianism. Vol. 2: The Middle Period, Handbuch der Orientalistik II, Brill, Leiden & Cologne 1979, ELIZARENKOVA T. J - DONIGER W., Language and Style of the Vedic Rsis, University of New York Press, New York 1995; GONDA, J., Epithets in the Rgveda, The Hague's Gravenhage,Mouton 1959;HUMBACH H., The Gathas of Zarathustra and Other Old Avestan Texts, 2 vol., Winter, Heidelberg 1991; INSLER S., The Gathas of Zarathustra, Brill, Leiden 1975; NARTEN J., Die Amesa Spentas im Avesta, Reichert, Wiesbaden 1982;IDEM, Der Yasna Haptanhaiti, Reichert, Wiesbaden 1986;GUNTERT H., Über die ahurischen und daevischen Ausdrücke im Awesta. Eine semasiologische Studie, Sitzungsberichte der Heidelberger Akademie der Wissenschaften, Heidelberg 1914; 11
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KENT R. G., Old Persian: Grammar, Texts, Lexicon, American Oriental Series, vol.
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dalla visione monumentale della Regalità sacra, ripresa dal frasgird, ovvero dall’escatologia iranico-mazdeica del tempo finale e all’avvento del Saosyant13, il tempo in cui la libagione miracolosa l’Haoma Bianco risusciterà e renderà immortali i viventi (cfr. escatologia di Ahura Mazda nella testimonianza Wizi Dag ha i Zadspram), In quel giorno le milizie delle due parti si affronteranno in assetto di guerra, con due eserciti ben addestrati14. Il mondo futuro era, per la religione mazdea, diviso in due ma già nel presente l’uomo doveva scegliere da che parte stare. Se decideva di condurre una vita giusta concorreva alla vittoria del bene, che comunque era destinato a vincere sul male. Al tempo del giudizio universale Ahura Mazda avrebbe diviso i malvagi dai buoni; i primi sarebbero sprofondati nel metallo fuso, i secondi avrebbero potuto vivere in eterno in un mondo senza dolore, malattia e morte. Il tutto viene assimilato e reinterpretato da Abu’l Qasim in chiave islamica in una visione storica concepita come l’insieme delle esperienze umane. In tal senso l’opera del Paradisiaco resterà il fondamento di ogni successiva visione letteraria misticoapocalittica tanto che sarà ripresa da altri importanti
33, American Oriental Society, New Haven 1953, p.35 ; KLEIN J., Toward a Discourse Grammar of the Rigveda. 2 vol., Winter, Heidelberg 1985, p. 62. Mitopoiesi che richiama i culti a Mitra: Cfr.GERSHEVITCH I., The Avestan Hymn to Mithra, C.U.P, Cambridge 1967; ALTHEIM F., Il dio invitto. Cristianesimo e culti solari, Feltrinelli, Milano 1960; PUECH H.CH, (a cura di), Storia delle religioni, vol. 4. L’impero romano e l’Oriente, Laterza, Roma-Bari 1977; GONDA J., The Vedic God Mitra, Brill, Leiden 1972; RIES J., Les Religions de l’Iran sous les Achéménides et sous les Arsacides: mazdéisme, mages, mithriacisme, zervanisme, Centre d’Histoire des Religions, Collection Information et enseignement, Louvain La Neuve 1984 ; CUMONT F., The Mysteries of Mithra, Dower, New York 1956, M. VERMASEREN, Mithra ce dieu mystérieux, Ed. Sequoia, Paris-Bruxelles 1960; TURCAN R.A., Mithra et le Mithriacisme, PUF Paris 1981. 13
Interessante è la considerazione di ULANSEY D., The Origins of the Mithraic Mysteries. Cosmology and Salvation in the Ancient World, Oxford University Press,New York-Oxford 1989. 14
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testimoni della letteratura neo persiana: Elias Abu Muhammad e Nur al Din al Rahman. 3
LE
MNEMOTECNICHE
DELLA
REGALITÀ
NELLA
CULTURA
NEOPERSIANA DEL X-XI SEC.
La relazione ecologica del destinatario col prodotto visivo della tipologia del mausoleo si accrebbe in modo inaspettato nel periodo islamico-iraniano del X-XI sec., la qualcosa trasformò il mondo neo-persiano in una delle società più iconiche dell’Islam 15 . Le necessità ultime- necessità che potremmo chiamare le radici antropologiche del monumento del ricordo-restarono le stesse di ogni etnia del mondo mediorientale perché nascevano dal desiderio cosciente o incosciente di privilegiare il mnemotopos e quindi la comunicazione ottica rispetto agli altri codici non verbali, sebbene, specialmente per quanto riguarda il prodotto della propaganda islamica, il fenomeno più normale fosse il desiderio di impressionare il pubblico con l’ostentazione della “celebrità del reggente defunto”. Il medium primigenio di ogni mnemotecnica-afferma Jan Assmann è la spazializzazione. Sulle sue tecniche si basano sia l’arte della memoria occidentale studiata da Frances Yates, sia le mnemnotecniche dell’antichità 8 blum9i e dell’Islam (Eickelmann). Significativamente lo spazio ha il ruolo principale anche nella mnemotecnica collettiva e culturale, nella “cultura del ricordo”; a tale scopo si presenta naturalmente il concetto dei luoghi di memoria, non inconsueto in francese è usato come titolo da Pierre Nora per il suo progetto (les Lieux de mémoire). L’arte della memoria opera servendosi di spazi immaginari, la cultura del ricordo di
D.F. EICKELMANN, The Art of memory:Islamic Education and its Social re production, in “Comparative Studies in Society and History” XX (1978), pp.485-516; J.E. YOUNG, Memory and Monument, in G.H. HARTMAN ( a cura di), Bitburg in Moral and Political Perspective, Bloomington Ind., pp.103-113. 15
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punteggiature nello spazio naturale. Addirittura (e anzi proprio) interi paesaggi possono fungere da medium della memoria culturale, in questo caso essi non vengono tanto accentuati mediante dei segni (“dei monumenti”), quanto piuttosto elevati globalmente essi stessi al rango di segni, ossia 16
vengono semiotizzati .
Come per le culture limitrofe la costruzione dei mausolei, elementi rappresentativi della perpetua celebrità del reggente, nasceva dal proposito deliberato di creare una determinata risposta di sottomissione e ammirazione nei membri della collettività trasmettendo un certo tipo di sentimento di sottomissione. Pertanto nell’atto percettivo del mausoleo, tradizione e mutamento coinvolgono il singolo e la collettività dando luogo al doppio processo di ricordo retrospettivo e ricordo prospettivo. Il ricordo dei morti- afferma ancora Assmann- si articola in ricordo retrospettivo e ricordo prospettivo. Delle due, la commemorazione retrospettiva è la forma più generale, primigenia e naturale: essa è la forma in cui un gruppo vive con i propri morti e li mantiene presenti nel progredire del presente, costruendo in questo modo un’immagine della propria unità e interezza che comprende come cosa ovvia anche i morti. Nella dimensione prospettiva, invece il punto centrale è l’aspetto della prestazione e della fama, delle vie e forme per rendersi 17
indimenticabili e acquistare celebrità .
Il mausoleo pertanto diviene il prototipo della celebrità e il punto di riferimento per la produzione letteraria, come strumento per raggiungere variegate sfaccettature di
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J.ASSMANN, La memoria culturale,pp.33-34
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Cfr.ibidem, p.35
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conoscenza; è un prototipo che annulla la separazione o distinzione tra memoria-conoscenza-spiegazione aprendo le porte del senso escatologico: la delineazione dell’Idealtypus del re escatologico è un principio latente che agiva in tutta la strutturazione socio-letteraria neopersiana come trasposizione del concetto della grandiosità monumentale e della celebrità. Ora per una tale operazione era necessario che l’Idelatypus del re escatologico richiamasse i canoni mitici del Saosyant. In questa prospettiva bisogna guardare le narrazioni mitopoietiche o i cenni che leggiamo in Abu’l Qasim: sovrapponendo mitema e realtà il poeta comunica il sentimento di sottomissione e gli elementi mitico-escatologici donano alla sensibilità letteraria una bellezza particolare: la forza del Saosyant convalida le affermazioni personali. Il ruolo dell’escatologia mazdea bella cultura neopersiana è quello di costituire un mondo che serva come sistema di espressione. Firdusi non si propone solamente di narrare fatti, desidera anche una riuscita artistica della sua opera e tra le forme artistiche uno dei mezzi più ricercati è appunto la mito forma, i cui esempi incorporati nella trama della realtà, creano un repertorio di figure regali che ruotano intorno all’Idealtypus del re escatologico. Una tale costruzione figurale esige un orientamento di sottomissione assoluta da parte del soggetto: Sottomissione e sovranità-afferma Walter Burkertabitano la stessa struttura gerarchica. La dipendenza da poteri invisibili rispecchia la reale struttura di potere, ma ne è considerata il modello e la fonte della sua legittimazione. Quella che si stabilizza tramite tale struttura è una sovranità a due piani o gradi; il dio sta ai sovrani come il sovrano sta ai sudditi. Ciò da sostegno ideale al sovrano, che non è più solitario al vertice della piramide come bersaglio di potenziali aggressioni. Nella realtà mentre i giochi di potere si svolgono in una continua dialettica di aggressione e ansia, nelle stabilizzate strutture di potere del mondo mentale umano questo dualismo si è bellamente dissociato, producendo timore della divi nità insieme
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ad una costante disposizione ad attaccare e distruggere gli inferiori umani col conforto della 18
buona coscienza fornita dalla pietà religiosa .
Lo šahnameh , in tal senso, è una sorta di mausoleo verbale, un’attualizzazione dei sentimenti di sottomissione e dipendenza, un’attualizzazione dei sentimenti di sottomissione e dipendenza nel medium della voce poetica. La superficie grafica è un “flusso della tradizione” mazdea, una memoria depositrice e una memoria in funzione della sovranità per una strutturazione connettiva della società. Inoltre Firdusi, per raggiungere la finalità seconda, ha dato origine ad un ingegnoso gioco figurale che conduce al capovolgimento della situazione: proprio la forma laudativa e celebrativa della regalità ribalta la struttura di attenzione poiché il superiore è costretto a prestare orecchio alla manifestazione di lode dell’inferiore. La lode- afferma Burkert -serve a stabilizzare il sistema di potere gerarchico: il re proclamato e in un certo modo costretto a essere il garante della sicurezza e del buon vivere, mentre il dio sostiene il mondo. La religione agisce come stabilizzatrice dell’ordine riconosciuto, lodandone la fonte 19
suprema -
Tale forma letterario-celebrativa della comunicazione di Firdusi diviene un processo formativo vero e proprio: la polarità di memoria culturale e memoria comunicativa in tal
W.BURKERT, La creazione del sacro. Orme biologiche nell’esperienza religiosa, Adelphi, Milano 2003 (ed. orig. Creation of the Sacred. Tracks of Biology in Early Religions, Harvard University Press, Cambridge, Massachusetts, London 1996), cit. pp.128-129
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Ibidem, cit. p.125
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senso, impone la struttura di partecipazione e la forma di partecipazione politica. Attraverso l’essere presenti individualmente o collettivamente alla presenza del re si pone non soltanto la forma di sottomissione ma la forma primaria di organizzazione ovvero il non dimenticare (commemorazione) poiché, per il mondo neopersiano, lo stato non è considerato solo una istituzione ma una istituzione che rende possibile l’immortalità: esso si configura come servizio alla aspirazione di eternità dell’individuo. Per questo il mausoleo letterario di Firdusi non è solo un medium comunicativo bensì una via salvifica; aprendo il lettore ad un dialogo con gli eterni, l’opera offre l’occasione di afferrare l’eternità proporzionalmente al tempo speso dal lettore nell’indugio del ricordo: In altre parole -afferma Assmann- la memoria individuale si struttura in una determinata persona in virtù della sua partecipazione ai processi comunicativi; essa è una funzione del suo coinvolgimento nei diversi gruppi sociali, dalla famiglia fino alla comunità religiosa e a quella nazionale. La memoria vive e si mantiene nella comunicazione: se questa si interrompe, ovvero se spariscono o cambiano i quadri di riferimento della realtà comunicata, la conseguenza è l’oblio20.
4 L’IDELATYPUS
DEL
RE
E L’ORIGINE DELLA
AIRYANA VAEJAH
Dalle osservazioni sin qui evidenziate si può affermare che la concezione della regalità sacra e dell’idealtypus del re escatologico siano da collegare alla volontà di Ahura Mazda. Per questo la reggenza, secondo il disegno divino, non è che la realizzazione in terra della volontà di Ahura Mazda che sancisce ulteriormente i progetti di conquista reali e la visione cosmopolita della sovranità del re di persia. A tale proposito
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J.ASSMANN, La memoria culturale,p.35
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Victor Martin afferma: Tutti i popoli stranieri sono promessi alla dominazione del re che la possiede già virtualmente secondo la promessa di Ahura Mazda. Egli dunque non ha altro da fare che esigere il riconoscimento del suo diritto, o imporlo se c’è opposizione: ogni transazione giuridica è inammissibile. Si vedrà che la consuetudine dei re di Persia, nei loro rapporti con le nazioni straniere, durante tutto l’arco della storia dell’impero, non è che l’applicazione di questa teoria21.
Nel figurale cosmopolitico delle gatha l’ideale governativo è figurato da cinque cerchi concentrici: l’ultimo cerchio rappresenta lo zam, lo spazio dell’ecumene destinato al re di Persia. La visione concentrica cosmo-politica raffigura, in tal senso, la volontà di Ahura Mazda come espressamente possiamo comprendere dalla fonte DB I,68ss dove ricorrono i due termini Patipodam e Guthava con riferimento al posto spettante a ciascuna regione dell’impero achemenide. Il senso letterale del termine Guthava è quello di “posto stabilito” nell’ambito di un ordine poiché ogni realtà ha il suo ‘rtam (“ciò che appartiene”). Da un punto di vista lessicografico il senso fondamentale di Guthu è in commutazione con il lessema apegus che significa “posto sbagliato” e con il duale locativo del dubbio ovvero Guthuva che letteralmente significa “in due posti”. Similmente l’iconografia sacra mnemotopica del posto stabilito è il filo diretto che lega l’Idealtypus del re alla figura del Re Dario che nel suo grande proclama preservato a Bisitum afferma: “Per volontà di Ahura Mazda io sono re; Ahura Mazda mi diede la regalità”22:
V.MARTIN,La politiche des Achéménides, in “Middle Eastern History” (1965),pp. 38 ss
21
22
M.J. STEVE, Inscriptions des Achéménides à Suse’(Fouilles de 1952 à 1965), in “Studia Iranica” 3 (1974a) , pp. 7-28; IDEM, ‘Inscriptions des Achéménides à Suse 22
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Dario non esitò- afferma Walter Burkert ad annientare i falsi malvagi e i seguaci della menzogna i drug. I moderni lo sospettano peraltro di aver commesso la più turpe delle frodi; di aver ucciso il re legittimo, Bardiya-Smerdi, e di averlo bollato come impostore e mago. Il suo dio era con lui. Questa tradizione iconografica continuò come appare, nei rilievi sasanidi in cui i re ricevono da Ahura Mazda 23
l’investitura .
(suite)’, in “Studia Iranica“ 3 (1974b), pp. 135-169; IDEM, ‘Inscriptions des Achéménides à Suse (Fin)’, in “Studia Iranica” 4, (1975) pp. 7-26; IDEM, Nouveaux mélanges épigraphiques. Inscriptions royales de Suse et de la Susiane (Mémoires de la Délégation archéologique en Iran, 53), con un contributo di J.A. BRINKMAN, Nice 1987; M.J.STEVE-F. VALLAT-H. GASCHE, ‘Suse’, Supplément au Dictionnaire de la Bible, 73-74, coll.359-651, Paris 2002-2003; F. VALLAT,Deux inscriptions élamites de Darius Ier (DSf et DSz)’, “Studia Iranica” 1 (1972), pp. 3-13;IDEM, Corpus des Inscriptions Royales en Elamite Achéménide, tesi inedita, Paris 1977; IDEM, ‘Table accadienne de Darius Ier (DSaa)’, in L. DE MEYER, H. GASCHE, & F. VALLAT, eds., Fragmenta Historiae Elamicae. Mélanges offerts à M.-J. Steve, pp. 277-287, Paris 1986, Cfr. inoltre G.SCHWEIGER,Kritische Neuedition der achaemenidischen Keilinschriften (in zwei Bänden); 1, Textband. Transkribierter Text und Übersetzung; 2, Katalog. Archäeologische Gegebenheiten und kritische Lesungen in Transliteration, Taimering 1998. 23
J.ASSMANN, La memoria culturale,p.127
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Nella volontà di Dario e degli acheminidi, lo spazio governativo e regale doveva rappresentare pienamente la volontà della divinità in terra. Un esempio tipico di questa propaganda ierocratica è l’Apadana ovvero il salone delle udienze del re a pianta quadrata di 75 m di lato24. Sui lati nord ed est ampie scalinate permettevano l’accesso al salone e alle stanze limitrofi. Tuttavia l’esempio più scenografico della propaganda ierocratica è la cosiddetta “sala delle cento colonne” anch’essa a pianta quadrata, che simboleggiava una foresta sacra. Nel culto religioso l’immagine simboleggiava una foresta sacra. Nel culto religioso l’immagine dell’albero è una costante fondamentale. Il sumero Gudea ha nel suo tempio un “albero della vita” che tocca il cielo, nel poema accadico di erra c’è un albero mesa con le radici fino agli inferi e la vetta in cielo e nella mitologia nordica il fvrassino Yggdrasil. La consapevolezza e i sentimenti di inferiorità e superiorità sull’asse verticale del mondo religioso fanno parte del bagaglio biologico. Afferma Burkert in proposito: Supremazia e sottomissione nella sfera religiosa esigono che la struttura dell’attenzione sia ridiretta verso orientamento non evidente ma finale e assoluto. Caratteristica di un mondo mentale, codificata nel linguaggio, è che esso diventa indipendente dal tempo e dal luogo. Nel caso dei primati il sistema sociale rimane normalmente legato alla vicinanza fisica ed è visibile nello spazio: i membri di un insieme rimangono insieme, in famiglia e in gruppi. Per l’uomo i vincoli e i rapporti di rango personali possono persistere lungamente a distanza, senza questo stare insieme fisicamente. L’ordine si stabilizza senza un’interazione continua; riconosciamo non solo il mio e il tuo, ma anche la proprietà e gli interessi di terze persone non presenti
J. PERROT-D.LADIRAY, Travaux a l’Apadana (1969-1971)’,in “Cahiers de la Délégation Archéologique Française en Iran“, 2 (1972), pp. 13-60.
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al momento. Questa stabilità è garantita in definitiva dall’autorità invisibile del potere supremo. Possiamo descriverla come l’estrema conseguenza di tendenze 25
ereditarie .
Nasce con la dinastia achemenide e con il re Dario, l’Airyana Vaejah, ovvero lo spazio iranico come posto stabilito e garantito in definitiva dall’autorità del potere supremo di Ahura Mazda 26 . Lo spazio iranico è il campo dell’intervento divino (teologizzazione topografica) spazio unificante la purezza cultuale e quella etica sociale, la mitopoiesi e la storia. Riallacciandoci con la semiotica culturale russa, potremmo definire l’Airyana Vaejah una “grammatica culturale iconica” un’esplicitazione normativa non in forma verbale ma figurativa; una conoscenza, posta come rivelazione, che non si articola in proposizioni ma in forme. Punto di convergenza di tutti i punti di vista è il palazzo del Re, l’Apadana punto di convergenza del mito e della Storia, della fantasia e del regno, canonizzazione delle forme naturali create, controllate e mantenute dalla volontà di Ahura Mazda.
5 LO SPAZIO DELLA GUERRA E ROSTAM E ESFANDYĀR NEI CAMPI
DEL RISENTIMENTO:LE FIGURE DI DI GUERRA
Sul discorso letterario dell’Idealtypus eroico lo šahnameh è una tipica forma letteraria del discorso ipoleptico, poiché sin pone in continuazione con i testi dell’Avesta e dei testi Pahlavi. In tal senso le figure di Rostam e Esfandyar si riconnettono a
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W.BURKERT, La creazione del sacro, pp.114-115
H.PITTMAN, Susa, in E.M. MEYERS, ed., The Oxford Encyclopedia of Archaeology in the Near East, 5, New York & Oxford: Oxford University Press.1997, pp.106-110; M.C. ROOT,The King and Kingship, in Achaemenid Art (Acta Iranica, 19 = Troisième série, Textes et mémoires), Leiden 1979. 26
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quanto precedentemente e direttamente era stato narrato inserendoci in un circuito letterario: Tale evento comunicativo-afferma Assmanncostituisce ciò che potremmo chiamare l’orizzonte ipoleptico: nel caso della gara della retorica del dibattimento in corso; comunque è un evento d’interazione i cui limiti spazio temporali risultano dalle possibilità dell’interazione umana. Ci riferiamo qui alla dilatazione dell’orizzonte ipoleptico nella sfera della comunicazione svincolata dall’interazione, vale al dire al costituirsi di uno spazio di relazioni al cui interno “ciò che ha detto l’oratore precedente, può 27
essere detto più di duemila anni prima .
Derivante dalla radice Raodh (sviluppo) e Takma ( con coraggio), il nome Rostam riecheggia non solo nello šahnameh ma anche nell’Avesta (raosta-Takma) e in pahlavi (Rodastam) divenendo un suono fondamentale ed un eco incessante nella mitologia persiana che narra indelebilmente la nascita, la crescita e la morte del grande eroe. Già il nome Rostam è in assonanza con Rostamzad (ovvero il parto cesareo) indicando un episodio saliente della nascita dell’eroe che è il primo nato con la tecnica del parto cesareo. Il padre Zai, temendo per la vita della mamma e del bambino, dietro consiglio di un Simurgh permette la nascita per parto cesareo. Da un punto di vista fonico si percepisce l’allitterazione e l’assonanza Rostam/Rostamzad. Lo šahnameh presenta le vicende eroiche di Rostam: Rostam e il cavallo Raksh sconfiggono un leone; Rostam supera indenne il passaggio nel deserto, uccide un drago, sventa i piani malefici e uccide una strega, punisce il Signore dei cavalli di Olad, combatte il castellano Arijhang ediv, servo di Div-e-sepid, demone da cui ottiene la chiave per uccidere, in seguito, il leader dei Div; nell’ultima fatica, infatti Rostam combatte eroicamente Div-E-Sepid uccidendolo.
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J.ASSMANN,La memoria culturale, pp-237-238
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Similmente, su ordine del Re di Persia, affronta e uccide il Dev Akvan, che sotto le sembianze di un onagro sterminava i capi di bestiame dell’Iran Shar. Ma la vicenda più commovente dello šahnameh è la narrazione dello scontro tra Rostam e suo figlio Sohrāb28. La scena si svolge ai confini dell’Iran, in un castello detto della Rocca Bianca. Si è al confine dello spazio iraniano e quindi della salvezza29. Il padre uccide il figlio poiché non lo aveva riconosciuto: ormai troppo tardi Rostam si rende conto dell’identità del suo nemico. I versi dello šahnameh (che filano
The Tragedy of Sohrāb and Rostam: From the Persian National Epic, the Shahname of Abdol-Qasem Ferdowsi, (trad.di J.W. CLINTON), University of Washington Press, Washinghton 1996. 28
La scena del combattimento tra Rostam e Sohràb si svolge alla Rocca Bianca, sui confini dell'Iran. Sohràb conquista il castello. Ma il vecchio custode Ghezdehem quella sera stessa, prima che Sohràb espugnasse il castello, aveva inviato un messaggero a re Kàvus descrivendo il valore del giovane guerriero, quindi, con tutti i suoi, per una porta segreta era uscito dal castello, cosicché, quando Sohràb vi entrò, lo trovò abbandonato. Dopo alterne vicende, su ordine di Kàvus entra in scena Rostam. Gli accampamenti nemici stanno di fronte, e Sohràb dall'alto di un colle dal quale si vede tutto il campo degl'Iraniani, domanda ripetutamente a Begir ch'egli aveva fatto prigioniero,qualche indizio di Rostem fra tanti eroi ch'egli vede nel piano. Ma Hegìr non offre alcuna notizia. Sohràb, preso da impazienza, veste le armi, discende al piano, entra minaccioso nel campo degl'iraniani. Giunge in combattimento l‘eroe del re Kàvus. Rostam e Sohrab, senza conoscersi, si trovano ora l‘uno difronte all‘altro.Sohrab tuttavia intuisce che il forte campioni con cui combatte sia suo padre e domanda ripetutamente se egli è Rostam; ma Rostam nega insistentemente. Il giorno dopo in nuovo combattimento Sohrab viene sconfitto ma, appena caduto, grida ad alta voce che Rostem, il padre suo, vendicherà la sua morte, e Rostam, colpito da quelle parole, domanda al ferito s'egli ha qualche segno di riconoscimento. Sohrab gli mostra un monile ch'egli recava al braccio, nascosto sotto la veste. Quel monile era già stato dato a Tehmìneh da Rostam la sera delle sue nozze e doveva servire da sgno di riconoscimento per il figlio mai conosciuto. Rostam, nell'estremo dolore, chiede un balsamo miracolodo al re Kàvus, ma il re ingelosito lo nega, e Sohrab muore poco stante. Col dolore del misero padre che reca nel Segestàn la bara dell'estinto, e con la disperazione della madre lontana, termina la scena. 29
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la trama letteraria facendo penetrare nelle corde del lettore il dolore incommensurabile di un padre carnefice, se pur involontariamente, del figlio, e rovesciando in modo mirabile il gioco sottile dei parricidi della mitopoiesi classica)in questa narrazione, raggiungendo il sublime, ci permettono di comprendere la forte compenetrazione tra figuralità e topografia bellica. La tragedia doveva essere per forza ambientata al confine dello spazio iraniano, ovvero al limite dello spazio vitale. L’arte descrittiva, in questo senso, funge da elemento paradigmatico, in cui è visibile la stessa genesi evenemenziale della percezione sensibile, nella misura in cui l’opera d’arte, alla luce del concetto di figurale, “mette in scena” la rappresentazione o la figurazione del senso. Il concetto di figurale introduce dunque una fissurazione nella figura degli eroi, la differenza, per dirla in breve, tra forma e forza, che indica il luogo della genesi dell’evento tragico. Ed è proprio questo rilievo tragico dell’evento che conduce a osservare come, in prospettiva, il tema centrale del pensiero di Firdusi sia un problema politico, quello dell’accordo intersoggettivo o, se si vuole dire altrimenti, della comunità. Tale tema dell’accordo intersoggettivo, centrale in tutte le pagine dedicate a Rostam e Sohràb, ma fondante anche della concezione del dissidio, è la traduzione in altri termini del problema del riconoscimento dell’evento nella sintesi bellica topografica su cui si gioca la costituzione del soggetto. Lo spazio bellico in tal senso opera una “sfigurazione” della figura eroica – una messa in tensione storico-epocale del senso attribuito tradizionalmente alla figura o rappresentazione dell‘eroicità. Simile operazione incombe sulla narrazione di un altro grande eroe della mitologia persiana: Esfandyār, figlio ed erede di Goshtap e fratello di Pashotan. La testimonianza dello šahnameh è in concordanza con i testi Pahlavi, e con i testi dell’Avesta che presentano l’eroe Spentodata (donato dalla generosità) o Amesha Spenta (donato dal Santo). Esfandyār,
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dopo molte missioni per sedare ribellioni nella province iraniane, su ordine del re Padre Goshtap, che aveva avuto una predizione visione sulla morte del figlio prediletto, per mano di Rostam30, affronta in combattimento il mitico eroe che aveva sconfitto il Div-E-Sepid. Lo šahnameh presenta con minuziosa descrizione dei particolari paesaggistici e soprattutto i movimenti degli attanti sulla scena (dalle sponde dell’Hirmend al castello di Rostam; dal campo di battaglia al rifugio del monte) che fanno da contrappunto ai movimenti duellanti tra i due eroi31. Il concetto di movimento può servire da supporto alla descrizione dell'aspettualizzazione spaziale; durante il passaggio da uno spazio all'altro, l’osservatore può registrare il movimento degli eroi come istantaneo e come "esteso" ovvero la figuratività degli eroi mostrerebbe dei passaggi tra spazi contigui e/o separati da una certa distanza; l'aspetto incoativo
In the Dragon's Claws: The Story of Rostam and Esfandiyar from the Persian Book of Kings, (trad.di J.W. CLINTON), Mage Publishers, 1999 30
Rostam e Esfandyār si incontrano sulle sponde dell'Hirmend; e il primo si mostra ossequioso dinanzi al figlio del suo re e lo invita alla sua casa; ma Esfandyār rifiuta l’invito e comanda a Rostam di incatenarsi e di presentarsi a re Goshtap . Rostam rifuta e ritorna nel suo castello. Il giorno seguente inizia la battaglia e nella mischia cadono trafitti due figli d'Esfandyār, Nùsh-àzer e Mihr-i-nùsh. Tuttavia in un primo momento, l’esito dello scontro vede vittorioso Esfandyār che si era immerso nella pozza dell’invincibilità tanto che Rostam è sopraffatto dal valore del suo avversario e fugge sopra un monte. Esfandyār, intanto, piange la morte dei suoi duo figli e ne invia a Goshtap la bara, mentre Rostam, nella notte, desideroso di vincere l'avversario, chiede aiuto al Sìmurgh, l'antico protettore della loro casa. La divina creatura appare improvvisamente e dichiara che la vittoria dipende da un ramo di terebinto che cresce sulle sponde del mar di Cina; tuttavia chi utilizzerà quel ramo come arma in guerra, sarà infelice in questa vita e dannato nell'altra. Rostam, piuttosto che coprirsi di vergogna, accoglie la proposta del Sìmurgh, con il ramo di terebinto forma una freccia, e con quella, al mattino, si presenta da Esfandyār per combattere con lui. Esfandyār è ferito in un occhio (sola sua parte vulnerabile) da Rostam con la portentosa freccia e muore sul campo. 31
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dovrebbe coincidere con l'uscita degli attanti da un primo spazio (spazio di azione bellica) e l'aspetto terminativo con l'entrata in un secondo spazio (spazio di riposo o rifugio). Pertanto l'aspetto iterativo corrisponde a un movimento di va e vieni dallo spazio bellico allo spazio di rifugio. Ci imbattiamo qui in una vera tecnica del movimento nella scena che apre all’osservatore la possibilità di spazi di vita e di morte: è una tecnica letteraria posta al servizio di una intensificazione della identità dell’eroe, invincibile e fragile, potente e vulnerabile, glorioso e decadentemente tragico. Per questo le figure di Rostam ed Esfandyār non solo esercitano una forza letteraria normativa e formativa per il carattere dinamico del simbolismo della loro identità, ma generano al contempo un collasso letterario ad emotivo nel lettore dato dalla tragica vicenda degli eroi che, caratterizzati dai loro movimenti scenici, conducono l’osservatore nell’incomprensibile crinale dei successi e fallimenti della vita. Infatti dal punto di vista dell’osservatore al testo letterario degli eroi Rostam e Esafandyar, che occupano il centro della scena, possono applicarsi due vettori per la tipologia del movimento: uno orizzontale, rispondente alla tensione che porta la figura a saldarsi con altri fatti e gesti esprimenti le rassomiglianze che legano le figure letterarie e l’altra verticale che isola le figure da tutti gli attanti della scena. Da questa tecnica letteraria scaturisce ciò che definiamo “risentimento”: Tutte le categorie letterarie- afferma Eric Gans- che abbiamo ereditato dall’età classica rinviano direttamente al nostro risentimento verso coloro che occupano il centro della scena. Definire questa centralità in termini di potere e ricchezza significa mancare il punto essenziale, che un momento in teatro, è sufficiente a rivelare: l’identità dell’oggetto della nostra invidia con l’oggetto della nostra
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attenzione la cui sacralità è confinabile mediante questo stesso fatto[…] Il teatro ci permette di porci di fronte agli oggetti del nostro risentimento in un luogo dove siamo liberi di tributare o rifiutare il nostro riconoscimento. Noi assistiamo all’azione che si svolge sul palcoscenico soltanto per la nostra libera scelta, e scegliendo così facciamo in modo che la centralità dei personaggi dipende da noi. Il risultato è che quelli che Aristotele chiama “migliori di noi” sono umiliati dalla tragedia, mentre la commedia ricompensa quelli che sono i peggiori di noi per il 32
fatto che non suscitano il nostro risentimento .
In altre parola quello che evidentemente è importante è proprio la distanza tra il lettore e le figure letterarie; non ha importanza né il punto di partenza né l’arrivo ma lo scarto che si stabilisce tra io due, anzi la catena di incessanti scarti differenziali. Il risentimento in tal senso è scelta culturale, misura dello spirito conflittuale, ma luogo sempre nuovo di interpretazione del passato alla luce dei nostri processi di risentimento. Nel caso dello šahnameh , il gioco scaturente dal risentimento acquista autonomia accogliente in sé la perdita di una determinatezza situazionale: Come possiamo metter in dubbio il valore della celebrità? Dal momento che gli esseri umani hanno sempre attribuito al riconoscimento da parte dei loro consimili un’importanza superiore a quella attribuita ad ogni realtà che cosa potrebbe essere più desiderabile dell’essere celebrati? In un mondo in cui alcuni conseguono questo status, che possibilità ci compensazione rimane per gli altri. Se la nostra coscienza della morte e la risultante preoccupazione per se stessi che Heidegger chiama cura sono derivati dalla nostra originaria paura degli altri esseri umani, la nostra brama di riconoscimento integra quel vuoto che questa coscienza, sa essere inevitabile. Vorremo credere, nonostante ogni evidenza del contrario che,
Cit. da rivista in rete “Chronicles of Love and Resentment” N.212 32
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dato questo riconoscimento, diventeremo immortali, supremo trionfo della cultura sulla natura. La coscienza umana, nata dalla cultura che ci rende consapevoli del morire, in primo luogo rende omaggio alla cultura con farne una compensazione per la morte. Il genere di riconoscimento globale che noi associamo con la celebrità poté venire in essere solo con stati che trascendevano la sfera pura interazione 33
personale .
CONCLUSIONE Documento del pensiero sulla celebrità dei Re, lo šahnameh può essere considerato pensiero immortale che diventa poesia perché affonda le proprie radici nell’intimo della coscienza, come essa sente ed ama. Sullo sfondo idealtypico del re escatologico si erge una visione della vita in cui domina il valore della tradizione e della patria come forme essenziali del sopravvivere terreno nell’ordine non di una ragione morale ma di una ragione poetica che smarrisce il penoso e delicato fascino che proviene dalla razionalizzazione occidentale della storia per dar posto alla visione mistico-escatologica del mazdeismo per ciò che riguarda il destino individuale e collettivo; visione melanconica di un tempo millenario che spira nel poema nella generosa vitalità dei Re e degli eroi, spettacolo alterno di piacere e dolore. Per questo possiamo affermare che l’opera di Firdusi non narra e descrive, o almeno non nel senso occidentale. Nessuna poesia sembra ignorare come quella di Firdusi ascoltatori e lettori. Firdusi non parla a noi ma ci fa concelebranti dell’Eterno nella spazialità, traccia mnestica della volontà dei re di Persia e traccia mitopoietica della volontà di Ahura Mazda. Il valore che il poeta annette allo spazio dei vivi e dei
E.GANS, Ancora sulla celebrità, in rivista in rete “Chronicles of Love and Resentment” N.212, trad. a cura di F.BROTTO
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defunti è in ragione di un desiderio di intrattenimento sul piano della memoria. Per questo lo šahnameh può essere considerato un mausoleo letterario che si atteggia in concreto con una sua libertà e intorno alle cui modalità letterarie si può dare un giudizio (non valoriale) sulla fine. Rispetto a questo impianto valoriale alza il suo capo la storicità dei Re come funzione preminente che contribuisce a mantenere la tradizione e ad elevarla con la mnemotecnica letteraria in cui luminosamente la poetica permette di intravedere le ombre di coloro che sono stati chiamati un tempo Shaha.