CHARITASGiornale di San Francesco di Paola
MARZO 2011 - Direttore responsabile: Giovanni Cozzolino - Registrato al Tribunale di Lamezia Terme n. 93 (4 dicembre 1992) Redazione: Convento San Francesco di Paola, corso Plebiscito, 87100 Cosenza - cell. 360 218515 - Stampa: Finedit Castrolibero
IX Marcia della penitenza e veglia di preghiera
LIBERI PER VIVERE
LA VITA BUONA DEL VANGELO
Per la prima domenica di quaresima attesi nella città di San Francesco migliaia di ragazzi parteciperanno: studenti, associazioni, movimenti, gruppi parrocchiali e giovani minimi Con la prima domenica di quaresima, ritorna l’annuale appuntamento con la Marcia della penitenza organizzata dalla Consulta generale di pastorale giovanile dell’Ordine dei Minimi e con il patrocinio della Conferenza Episcopale Calabra. È la nona edizione, migliaia di giovani si ritrovano per un cammino di conversione spirituale senza gridare slogan contro questo o quello, ma soltanto per riaffermare, nelle strade che ogni giorno frequentiamo, che esiste una modalità nuova di vivere il Vangelo, seguendo le orme di Francesco di Paola. L’appuntamento di quest’anno è particolarmente importante perché il 1º maggio Giovanni Paolo II verrà beatificato. Il papa polacco, nell’ottobre 1984 visitò la nostra regione e soggiornò per due notti nel protoconvento di Paola che lui stesso definì «il centro spirituale della Calabria». Attendiamo con gioia anche l’arrivo, il prossimo 9 ottobre, di Benedetto
Domenica 13 marzo 2011 Paola (piazza IV Novembre) ritrovo ore 15,30 - partenza ore 16,15
XVI che, oltre a visitare la città di Lamezia, si recherà a Serra San Bruno per testimoniare che la radicalità del Vangelo è lo strumento che affascina l’uomo di oggi, in special modo i giovani. Ma la Marcia di quest’anno assume un altro aspetto
importante: una donna calabrese, seguace della spiritualità di San Francesco di Paola, sarà prossimamente proclamata Beata. È suor Elena Aiello, fondatrice delle Suore Minime della Passione, una consacrata che ha vissuto nella sua vita i se-
gni della penitenza quaresimale. Per tutti questi motivi, la Consulta generale di pastorale giovanile minima chiama a raccolta i giovani calabresi, credenti e non credenti, per vivere una giornata all’insegna della vita bella, buona e giusta.
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CHARITAS Giornale di San Francesco di Paola
I vescovi italiani nel recente documento sul Mezzogiorno
LE SPERANZE DELLA MARCIA Un grande progetto educativo per i giovani
Nel ricordare che la Marcia della penitenza non è una marcia contro qualcuno, ma una Marcia per un progetto di vita, che, se accolto, trasformerà le coscienze e ci renderà veri costruttori di vita felice, come ci insegna San Francesco di Paola. Le speranze della Marcia di quest’anno sono incentrate sullo slogan: Liberi per vivere una vita buona. Il tema vuole contribuire a mobilitare le coscienze per una vera liberazione dai tanti mali dell’attuale società per viviere una vita buona, cioè rispettosa della dignità di ogni persona. Bisogna impegnarsi tutti per una vera liberazione da: «una piaga profonda: la criminalità organizzata. Libertà e verità, e giustizia e moralità, sono tra le condizioni necessarie di una vera democrazia, fondata sull’affermazione della dignità della persona e della soggettività della società civile. Non è possibile mobilitare il Mezzogiorno senza che esso si liberi da quelle catene che non gli permettono di sprigionare le proprie energie. Torniamo, perciò, a condannare con forza una delle sue piaghe più profonde e durature − un vero e proprio cancro, come lo definivamo già nel 1989, una “tessitura malefica che avvolge e schiavizza la dignità della persona” −, ossia la criminalità organizzata, rappresentata soprattutto dalle mafie che avvelenano la vita sociale, pervertono la
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mente e il cuore di tanti giovani, soffocano l’economia, deformano il volto autentico del Sud»; «un’economia illegale che non si identifica totalmente con il fenomeno mafioso, essendo purtroppo diffuse attività illecite non sempre collegate alle organizzazioni criminali, ma ugualmente deleterie (usura, estorsione, evasione fiscale, lavoro nero…). Ciò rivela una carenza di senso civi-
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co, che compromette sia la qualità della convivenza sociale sia quella della vita politica e istituzionale, arrecando anche in questo caso un grave pregiudizio allo sviluppo economico, sociale e culturale”; povertà: «accanto alla risposta diretta della carità, non minore attenzione merita la via istituzionale della ricerca del bene comune, inteso come «esigenza di giu-
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stizia e di carità. Impegnarsi per il bene comune è prendersi cura, da una parte, e avvalersi, dall’altra, di quel complesso di istituzioni che strutturano giuridicamente, civilmente, politicamente, culturalmente il vivere sociale, che in tal modo prende forma di pólis, di città». La povertà è un fenomeno generale complesso e multidimensionale, che tocca aree dell’intero Paese. I dati negativi si concentrano però nelle regioni del Mezzogiorno, caratterizzate dalla presenza di molte famiglie monoreddito, con un alto numero di componenti a carico, con scarse relazioni sociali ed elevati tassi di disoccupazione. Questa situazione è favorita dalla bassa crescita economica e da una stagnante domanda di lavoro, che a loro volta provocano nuove povertà e accentuano il disagio sociale»; disocupazione: «la disoccupazione tocca in
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PROGRAMMA DELLA GIORNATA
Ore 15,30 Ore 16,15 Ore 17,00 Ore 17,30 Ore 19,00
Arrivo a Paola e raduno in Piazza IV Novembre Partenza della IX edizione Marcia della penitenza Arrivo nella nuova chiesa del Santuario di San Francesco di Paola Veglia di preghiera con testimonianze e «…Noi ci impegniamo» Conclusione e mandato a vivere una quaresima di carità
3 L’itinerario quaresimale dei Minimi un grande atto di amore alla vita
CHARITAS Giornale di San Francesco di Paola modo preoccupante i giovani e si riflette pesantemente sulla famiglia, cellula fondamentale della società. Non è facile individuare quali possano essere le migliori politiche del lavoro da realizzare nel Mezzogiorno: certamente, però, si deve onorare il principio di sussidiarietà e puntare sulla formazione professionale. I giovani del Meridione non devono sentirsi condannati a una perenne precarietà che ne penalizza la crescita umana e lavorativa. La disoccupazione non è frenata o alleggerita dal lavoro sommerso, che non è certo un sano ammortizzatore sociale e sconta talune palesi ingiustizie intrinseche (assenza di obblighi contrattuali e di contribuzioni assicurative, sfruttamento, controllo da parte della criminalità, ecc.). Il problema del lavoro, soprattutto giovanile, è attraversato da una zona grigia che si dibatte tra il non lavoro, il lavoro nero e quello precario; ciò causa delusione e frustrazione e allontana ancora di più il mercato del lavoro del Sud dagli standard delle altre aree europee»; l’emigrazione dei giovani: «Il flusso migratorio dei giovani, soprattutto fra i venti e i trentacinque anni, verso il Centro-Nord e l’estero, è la risultante delle emergenze sopra accennate. Oggi sono anzitutto figure professionali di livello medio-alto a costituire la principale categoria dei nuovi emigranti. Questo cambia i connotati della società meridionale, privandola delle risorse più importanti e provocando un generale depauperamento di professionalità e competenze, soprattutto nei campi della sanità,
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di padre FRANCESCO MARINELLI Correttore generale Ordine dei Minimi
L’amore alla maggiore penitenza dell’Ordine dei Minimi è un continuo aprirsi al Signore e rifiuto e contestazione di ogni forma di ingiustizia. II maioris poenitentae intuitu, ideale che costituisce l’orizzonte verso cui deve tendere tutta la vita del minimo, include tutta una gamma di mezzi ascetici quali: il digiuno, il silenzio evangelico, l’amore all’orazione, l’ubbidienza come consegna della propria volontà, la povertà come vita povera, presa di distanza dai beni materiali e condivisione dei propri beni con i poveri. Sono questi i «frutti degni di penitenza», gesti concreti che confermano l’interiore volontà del suo itinerario di conversione sia verticale, il cui principale impegno è costituito da un continuo aprirsi al Signore, sia orizzontale facendosi compagno di viaggio dei poveri, rifiuto e contestazione di ogni forma di ingiustizia. L’ascesi fisica, nell’ottica della spiritualità minima, lungi dall’essere un atto puramente mortificatorio e privativo, si qualifica come un concreto itinerario di conversione alla vita. Essa, oltre a favorire la «vigilanza dello spirito», a rendere il cuore ben disposto, ha anche la capacità di bussare al cuore di Dio. La sua pratica, della scuola, dell’impresa e dell’impegno politico. Anche le comunità ecclesiali subiscono gli effetti negativi di tale fenomeno, sperimentando al loro interno inedite difficoltà pastorali che pregiudicano considerevolmente la trasmissione della fede alle nuove generazioni». Bisogna impegnarsi tutti per vivere una vita buona nel: favorire: «una cultura del bene comune, della cittadinanza, del diritto, della buona amministrazione e della
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infatti: «purifica la mente, sublima i sensi, sottomette la carne allo spirito, rende contrito ed umiliato il cuore, disperde i focolai della concupiscenza, estingue gli ardori della libidine e accende la fiaccola della castità» (Regola IV, VII, 29). È nel filone del patrimonio spirituale quaresimale, vorrei sottolineare la povertà evangelica liberamente scelta, tema quanto mai attuale e profetico al giorno d’oggi, dove il consumismo ha finito per divenire un bisogno, relegando ai margini dei propri interessi la solidarietà e la condivisione. Valori, questi, che rischiano di cadere nella totale indifferenza, anche perchè la differenza costituita dalla povertà consacrata viene percepita con difficoltà nel quotidiano della vita dei singoli e delle comunità.
sana impresa nel rifiuto dell’illegalità: sono i capisaldi che attendono di essere sostenuti e promossi all’interno di un grande progetto educativo. Il problema dello sviluppo del Mezzogiorno non ha solo un carattere economico, ma rimanda inevitabilmente a una dimensione più profonda, che è di carattere etico, culturale e antropologico: ogni riduzione economicistica – specie se intesa unicamente come “politica delle opere pubbliche” – si è rivela-
ta e si rivelerà sbagliata e perdente, se non perfino dannosa. Cultura del bene comune, della cittadinanza, del diritto, della buona amministrazione e della sana impresa nel rifiuto dell’illegalità: sono i capisaldi che attendono di essere sostenuti e promossi all’interno di un grande progetto educativo. Bisogna alimentare costantemente le risorse umane e spirituali da investire in tale cultura per promuovere il ruolo attivo dei cittadini nella società»;
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un rinnovato impegno serio e coerente nei diversi settori dell’agire sociale e nella politica: «Il compito immediato di agire in ambito politico per costruire un giusto ordine nella società è dei fedeli laici, che operano come cittadini sotto la propria responsabilità: si tratta di un compito della più grande importanza, al quale i cristiani laici italiani sono chiamati a dedicarsi con generosità e con coraggio, illuminati dalla fede e dal magistero della Chiesa e animati dalla carità di Cristo»; tutti veri protagonisti e testimoni di libertà, soprattutto i giovani: “in una prospettiva di impegno per il cambiamento, soprattutto i giovani sono chiamati a parlare e testimoniare la libertà nel e del Mezzogiorno. Non
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Il Fondatore dei Minimi in una lettera da Tours
San Francesco di Paola: «Amate il bene comune»
sembri un paradosso evocare il bisogno di riappropriarsi della libertà e della parola in una società democratica, ma i giovani del Sud sanno bene che cosa significhino omertà, favori illegali consolidati, gruppi di pressione criminale, territori controllati, paure diffuse, itinerari privilegiati e protetti. Ma sanno anche che le idee, quando sono forti e vengono accompagnate da un cambiamento di mentalità e di cultura, possono vincere i fantasmi della paura e della rassegnazione e favorire una maturazione collettiva. Essi possono contribuire ad abbattere i tanti
condizionamenti presenti nella società civile»; «l’esigenza di investire in legalità e fiducia e rettitudine sollecita un’azione educativa che miri a cancellare la divaricazione tra pratica religiosa e vita civile e spinga a una conoscenza più approfondita dell’insegnamento sociale della Chiesa, che aiuti a coniugare l’annuncio del Vangelo con la testimonianza delle opere di giustizia e di solidarietà: “la maggiore forza a servizio dello sviluppo è un umanesimo cristiano”. Per questa ragione, bisogna dare alla dimensione educativa, umana e religiosa, un ruo-
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lo primario nella crescita del Mezzogiorno: uno sviluppo autentico e integrale ha nell’educazione le sue fondamenta più solide, perché assicura il senso di responsabilità e l’efficacia dell’agire, cioè i requisiti essenziali del gusto e della capacità di intrapresa. I veri attori dello sviluppo non sono i mezzi economici, ma le persone. E le persone vanno educate e formate: “lo sviluppo è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle loro coscienze l’appello del bene comune”». Per vivere una vita bella, buona e giusta è questione di cultura e di una nuova mentalità e non bisogna andare a cercare lontano un pezzo di terra pulita su cui mettere i piedi, ma produrla dove ci troviamo.
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Il messaggio dell’arcivescovo metropolita di Cosenza-Bisignano
Ai giovani calabresi pellegrini a Paola
per la Marcia di penitenza e conversione di mons. SALVATORE NUNNARI Carissimi, è ancora viva dentro di noi la gioia per l’incontro a Paola dello scorso 25 febbraio, in occasione della Marcia della penitenza e nel contesto del Quinto centenario della morte di San Francesco di Paola. Anche a nome dei miei confratelli vescovi e dei Padri Minimi vi ringrazio per la vostra partecipazione, così come ringrazio tutti coloro che hanno preparato la manifestazione. L’emozione dello stare assieme nel nome di San Francesco, noi pastori e voi giovani è stata grande. Tutti abbiamo visto in questo incontro un seme di speranza per un rilancio della nostra Calabria, affidato a voi giovani come ricordo più bello di questo Quinto centenario. È per questo motivo che voglio proporvi di rendere stabile questo incontro ogni anno. Si vedrà, anche con il vostro apporto, come prepararlo e renderlo idoneo a realizzare la speranza che in esso riponiamo. San Francesco di Paola può essere per voi un modello e una guida. Al di là della sua specifica vocazione eremitica, suscitata da Dio per i bisogni della Chiesa del secolo XV e sviluppatosi in un preciso contesto storico e culturale diverso dal nostro, il nostro santo ha coltivato valori proponibili anche a voi. Ve ne voglio ricordare alcuni:
1. Nel contesto di una lettura sociologica-
esistenziale che ci presenta una gioventù fragile e ci parla di crisi di valori Francesco si propone a voi come colui che con impegno e sacrificio si è costruita una personalità forte, affrontando la vita con sacrificio, ponendosi davanti ideali nobili per i quali impegnarsi rimanendo fedele ad essi nelle numerose situazioni nelle quali si è trovato, a costo di molti sacrifici. È divenuto così un uomo credibile dinnanzi agli occhi della gente e si è reso così sicuro, fedele e disinteressato interprete dei loro problemi. 2. In un mondo ballerino che insegue il vincitore di turno affascina certamente voi giovani, figli del nostro tempo, per la sua coerenza, uomo tutto d’un pezzo, senza cedere a compromessi di alcun genere, osando affrontare, senza mai assumere i toni della ribellione, l’autorità politica del tempo, quando palesemente violava la giustizia e i diritti della persona. Anche dinnanzi all’autorità religiosa è rimasto fermo e deciso nel chiedere umilmente l’assenso al suo progetto di vita. 3. Ad una ricchezza del nostro tempo che si esprima nella gioia del servizio nelle esperienze del volontariato non vi sarà difficile scoprire questo fratello calabrese come profeta del protagonismo umile e fiducioso che quando si sentiva interpellato a servire i
fratelli, per muoversi non cercava consensi e non aspettava prima il coinvolgimento degli altri. Dava con generosità ciò che poteva, convinto che il bene comune scaturiva da un piccolo seme, che può essere gettato per terra dalla generosità del singolo. 4. Nel lottare contro le ingiustizie e nel cercare il bene è stato sempre un uomo di comunione. Se alzava profeticamente la voce contro i responsabili del male, lo faceva per portarli alla conversione. San Francesco ha cercato sempre pace, unità, riconciliazione, non ha mai divisi gli animi. Dall’incontro con lui tutti tornavano contenti e in pace. 5. Su questi valori umani primeggiava il sole dell’amore di Dio. La forza interiore, che lo ha visto protagonista eccellente del suo tempo, è stata la ricerca di Dio. Tutto nella sua vita ha riposto attorno al desiderio di far comunione con Dio. Tutto questo ha dato senso alla sua vita, ha impresso forza e dinamismo al suo agire. 6. La penitenza, come impegno di conversione e sforzo di evitare tutto ciò
che possa impedire o rallentare il cammino di comunione con Dio e di realizzazione piena della sua vita a servizio dei fratelli, è scaturito dalla volontà di cercare Dio e perciò di modificare tutto ciò che era a lui conforme. Miei cari giovani, sono questi alcuni dei valori attorno ai quali assieme vogliamo costruire un cammino comune per fare la nostra parte e dare un volto nuovo alla nostra Calabria. Ogni anno raccogliendoci a Paola nella prima domenica di Quaresima, dopo un itinerario formativo attorno ad uno di questi temi o di altri valori, invocheremo da Dio l’aiuto e noi stessi, lo sforzo di camminare insieme, esprimeremo a lui e alla società calabrese il nostro impegno di rinnovamento. Sono sicuro che accetterete questa proposta. Noi del comitato, nel proporvela, sentiamo tutta la gioia e l’entusiasmo di costruirla con voi. Sono certo di interpretare il pensiero dei miei confratelli vescovi nel dirvi tutto l’affetto e la speranza che nutriamo per voi. A tutti l’abbraccio paterno Cosenza, 21 marzo 2007
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Il Santo paolano sposa la causa della liberazione degli oppressi
LA PENITENZA È UNA PROPOSTA DI VITA L’egoismo è la radice di ogni male che si contrappone all’amore La Marcia della penitenza
La commemorazione del pio transito di San Francesco di Paola, morto a Tours in Francia il 2 aprile 1507, è stata finora la data scelta dalla Consulta generale di pastorale giovanile dell’Ordine dei Minimi per un’annuale Marcia della penitenza, destinata prevalentemente ai giovani della Calabria, e non solo ad essi, ma a quanti riescono ad entrare in sintonia con gli ideali e le motivazioni che stanno alla base di questa iniziativa. La Conferenza Episcopale Calabra ha inteso pruovuoverla in modo organico e sistemetatico, come segno che rimanga nel tempo a ricordo del Quinto centenario della morte del nostro santo, perché essa, nata con l’intento di promuovere il messaggio di San Francesco di Paola, che fa leva sull’istanza evangelica della conversione del cuore, possa giungere ai veri cambiamenti desiderati ad ogni livello del vivere associato: dalla famiglia, agli organismi internazionali, agli Stati. Dal 2007, la Marcia della penitenza dei giovani calabresi si svolgerà ogni prima domenica di quaresima e questo perchè ognuno possa fare un cammino di conversione, alla scuola di Francesco di Paola, il santo della vita quaresimale, per incontrare sempre di più Gesù Cristo, unica speranza della nostra vita e «praticare il suo Vangelo»
Al suo nascere, è stata benedetta da Giovanni Paolo II e arricchita da un suo venerato messaggio, che hanno avvalorato quanto sta alla base di essa.
San Francesco uomo di conversione San Francesco di Paola ha basato la sua azione sull’appello di Gesù all’inizio della missione pubblica: «Convertitevi perché il regno dei cieli è vicino» (Mc 1,15); appello da lui tradotto con l’invito: «Pentitevi e correggetevi del male passato e ritornate a Dio, che vi aspetta a braccia aperte». Su questa esigenza fondamentale egli ha costruito l’esperienza personale e la proposta di vita per quanti hanno voluto seguirlo, sollecitando anche certe forme ascetiche, soprattutto il digiuno, l’astinenza e la sobrietà nell’uso delle cose terrene, per facilitare il raggiungimento dell’obiettivo del bene, sia nel
rapporto con Dio che in quello con i fratelli. La mortificazione volontaria, infatti, frena l’egoismo, che è alla radice di ogni male, e libera il cuore dell’uomo perché si apra all’amore, passando anche per la strada del perdono e della riconciliazione. È stato questo presupposto a fare di Francesco un protagonista di primo piano nel portare pace nelle vicende sociali e politiche del suo tempo, sia quelle più semplici, a livello di relazioni interpersonali, sia quelle più complesse, a livello politico nei rapporti tra gli Stati. Con la prima comunità di eremiti a Paola egli vive nella preghiera e nell’ascesi. Attorno a loro si crea immediatamente un movimento di riconciliazione, che fa superare l’odio tra le persone, portandole sulla strada del perdono, da lui chiesto in una forma piena e definitiva, «fino a dimenticare il torto ricevuto».
Il fatto non meraviglia, perché all’eremo la penitenza vissuta è anche proposta di vita in un piano articolato di ideali evangelici che conducono alla liberazione dall’odio e all’incontro fraterno sulla base del dialogo e del rispetto reciproco. Gli spostamenti per la Calabria e per il Regno di Napoli danno a Francesco l’occasione per portare, con la parola e la testimonianza, il suo ideale di vita e la molla della sua azione, cioè la conversione del cuore; l’accoglienza di questo annuncio crea immediatamente le premesse della pacificazione tra le persone, tra famiglie, tra gruppi contrapposti a causa delle guerre di supremazia degli Stati in Italia. Egli sposa la causa della giustizia e della liberazione degli oppressi e prende le difese dei poveri contro lo strapotere dei nobili e dei ricchi. Osa alzare la voce anche contro il re di Napoli e osa rimproverare lo stesso Luigi XI, re di Francia. Corre per questo il pericolo di essere arrestato. Ma il suo genere di vita penitente, che lo ha liberato da ogni vincolo egoistico con se stesso, gli altri e le cose, gli fa superare la paura e lo rende interlocutore temuto dei potenti. Nel 1479 scrive al re di Napoli, richiamandone l’attenzione sul pericolo incombente di una invasione da parte dei turchi delle coste del regno. Quando questi ultimi sbarcano ad Otranto nel
CHARITAS Giornale di San Francesco di Paola 1480, egli rimane chiuso nella sua cella, pregando e digiunando. Giunto in Francia nel 1483, questo suo messaggio di conversione del cuore, reso credibile da una vita segnata dall’ascesi più rigorosa, esercita un benefico influsso sulle vicende dell’Europa del tempo. Stando alla corte di Tours dal 1483 al 1507, accanto a tre sovrani, Luigi XI, Carlo VIII e Luigi XII, che lo venerano molto, soprattutto Carlo VIII, San Francesco si trovò praticamente ai vertici della diplomazia europea. Lo intuì molto bene la Santa Sede, che gli affidò diversi incarichi. Con il re di Francia tratta, a favore del papa, il problema della Prammatica Sanzione; la questione del versamento delle decime per la guerra contro il turco, sospeso nel 1478; la restituzione del contado di Valentinois; la pubblicazione della bolla di interdetto contro Venezia; la restituzione al re di Spagna delle Contee di Roussillon e di Cerdagna con il trattato di Borgogna; la pace con il Ducato di Bretagna, suggerendo il matrimonio del re Carlo VIII con Anna di Bretagna. Nel 1489, quando il conflitto tra Innocenzo VIII e Ferrante d’Aragona raggiunse la punta più alta, San Francesco si adoperò perché Carlo VIII scegliesse la strada della diplomazia per risolverlo. Alessandro VI gli affidò la missione di dissuadere Carlo VIII a muovere guerra alla Spagna e a riconciliarsi con Ferdinando V d’Aragona. San Francesco portò a termine la missione e il 24 novembre 1497 ad Alcalà de Hènarès fu siglata la tregua tra Francia e Spagna.
Quando nel 1494 Carlo VIII scende in Italia per rivendicare i diritti di successione sul Regno di Napoli e organizzare una nuova crociata contro i turchi, l’eremita di Paola segue con molta trepidazione gli avvenimenti, digiunando e raccogliendosi in preghiera.
Le ragioni di una Marcia della penitenza È questo legame tra proposta penitenziale e cambiamento sociale, politico ed economico, rilevato nell’esperienza di San Francesco, a spingere verso l’iniziativa della “Marcia della penitenza”. Essa vuole essere così un forte richiamo alla comprensione e all’accettazione di tale legame.
Giovanni Paolo II nei momenti difficili per tutta l’umanità, ha sempre chiesto una giornata di digiuno; così come ora sta insegnando Benedetto XVI. Quale sarà stato il motivo di questa richiesta se non la consapevolezza del legame che intercorre tra la penitenza, intesa anzitutto come cammino di conversione, e la pace? Il digiuno a che cosa tende se non alla conversione del cuore e al rinnovamento della vita? Digiunando, il credente certamente offre a Dio un sacrificio, ma mette in atto anche un processo educativo che lo porta alla conquista di alcuni valori. Su questo secondo aspetto la proposta del papa ha trovato consenso anche presso il mondo
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laico, che si è associato all’invito di Giovanni Paolo II digiunando assieme ai credenti. La pace, infatti, è un valore al quale bisogna educarsi, così come occorre farlo per tutti i valori. La pace non è un bene che può essere ottenuto gratuitamente, così come tutti gli altri beni, che costituiscono la speranza di una vita felice. San Francesco di Paola diceva: «La pace è una santa mercanzia, che vale la pena acquistare a grande prezzo». Essa è una conquista per la quale bisogna lavorare e lottare, a partire dall’individuo. Non può esistere pace sociale, senza la pace del cuore. Il bene per l’uomo è sempre una conquista, che si paga a caro prezzo.
Prenotarsi per la Marcia in tempo utile
Come per le edizioni precedenti, per la buona riuscita della Marcia della penitenza l’organizzazione invita i signoli ed i gruppi organizzati a prenotare la propria partecipazione, tramite email a consultapgm@tiscali.it oppure telefonando al 360.218515. I vari aggiornamenti si potranno seguire sul sito www.giovaniminimi.it
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CHARITAS Giornale di San Francesco di Paola Ecco perché Giovanni Pa«Coloro che accettano di San Francesco di Paola: olo II nel Messaggio del far parte dell’Ordine dei 2003 ai partecipanti alla Minimi, promettono la Marcia ha parlato delle «Progredite sempre conversione del cuore e «dolce pedagogia della il cambiamento dei loro penitenza evangelica». di agire». di bene in meglio» modi La Marcia della penitenza Tale cambiamento va vuole trasmettere questo messaggio. Impegniamoci in prima persona per il bene, senza aspettarcelo dagli altri, e lottiamo per esso con le armi del sacrificio personale. In questo senso la fatica di una marcia diventa espressione della pedagogia della penitenza evangelica, che Cristo ci ha proposto in funzione della vita: «Sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 10,10). In questa ottica il Papa ha detto che «la Marcia può diventare una scuola di vita».
Da nove anni i giovani calabresi alla sequela di Francesco di Paola Iª edizione: 1° aprile 2003 Marcia della penitenza per la pace nel mondo IIª edizione: 1° aprile 2004 Chi dona la vita la trova IIIª edizione: 1° aprile 2005 Assieme per cambiare IVª edizione: 1° aprile 2006 Per la concordia tra i popoli Vª edizione: 25 febbraio 2007 Nella sua storia la nostra vita VIª edizione: 10 febbraio 2008 Nella conversione… la libertà VIIª edizione: 22 febbraio 2009 Nella verità… la solidarietà VIIIª edizione: 1º marzo 2010 Perdonàti… per donare IXª edizione: 13 marzo 2011 Liberi per vivere la vita buona del Vangelo
La Marcia come cammino con San Francesco di Paola Si comprende allora come la proposta penitenziale di San Francesco di Paola sia una via per raggiungere obiettivi di bene. La Marcia della penitenza a Paola, sua città natale, intende offrirlo come modello di impegno di vita e sforzo per conseguire valori, proprio perché tutto il bene che egli ha operato in campo sociale e politico non è scaturito
da contingenze storiche, ma è stato il frutto necessario della sua scelta penitenziale. Essa lo ha reso un uomo libero, riconciliato con Dio, con se stesso e con la natura. Per questo egli è stato strumento di liberazione anche per gli altri, voce degli indifesi, coscienza critica di quanti operavano il male. In questo senso il papa ha
Se non puoi essere con noi, ma desideri vivere questo momento di fraLiberi ternità, scarica in forper mato pdf il testo della vivere veglia di preghiera dal la vita sito www.giovaniminimi. buona it. Ci sono i dieci punti del di Noi ci impegniamo Vangelo che meritano di essere vissuti da tutti.
Veglia di preghiera
precisato che «la Marcia può diventare una scuola di vita, perché permette di far riferimento ai luminosi esempi e insegnamenti del Santo di Paola, il quale non esitò a mettere la propria scelta di penitenza evangelica al servizio della Chiesa e della società». La penitenza che Francesco di Paola vive e propone è conversione di vita:
alle radici del cuore dell’uomo: è liberazione dall’egoismo; è freno della cupidigia dell’avere e del potere; consente di prendere coscienza delle vanità del mondo, le cui realtà passano fugaci come l’ombra, per cui l’uomo deve considerarsi come straniero e pellegrino, nella speranza di camminare spedito verso la comunione con Dio; apre al rispetto dell’altro e consente un dialogo che sa ascoltare e accogliere le esigenze dell’interlocutore. Perciò le esortazioni a perdonarsi fino a dimenticare il torto ricevuto, a non esercitare l’autorità come dominio, schiacciando le persone, ad onorarsi umilmente nella carità, ad essere benigni, modesti ed esemplari, a non giudicare gli altri ma se stessi. Questo è il programma complesso articolato del messaggio di pace lanciato da San Francesco di Paola, tracciando per i suoi seguaci un cammino penitenziale. Questo è il cammino che la Marcia della penitenza vuole proporre a quanti amano un mondo migliore.
Anche i giovani minimi saranno presenti a Madrid, dal 16 al 21 agosto, per la Giornata mondiale della gioventù. Chiunque voglia partecipare può chiedere informazioni a padre Giovanni Cozzolino consultapgm@tiscali.it
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CRESCERE ALLA SCUOLA DEL SANTO DI PAOLA di padre GIUSEPPE FIORINI MOROSINI Vescovo di Locri-Gerace
Cinquecento anni ci separano da San Francesco di Paola: può un giovane oggi imparare qualcosa da un uomo così lontano nel tempo? Quali potrebbero essere i valori che, conoscendo la sua vita, i giovani oggi possono cogliere e vivere? Rispondendo a queste domande, voglio suggerire alcune riflessioni su come San Francesco può oggi parlare ad un giovane, che fa della sua crescita un problema vitale.
San Francesco l’uomo che sceglie L’impegno per la scelta della vita è il valore fondamentale che un giovane può cogliere in San Francesco di Paola. Scegliere non è facile, perché la paura di assumersi delle responsabilità fa rimandare al futuro ogni decisione. Si rischia così di non vivere, ma di lasciarsi vivere, perché non si può fare a meno di confrontarsi con gli avvenimenti, che, o si governano con intelligenza e responsabilità o si impongono a noi. La vita richiede che l’uomo ne assuma il comando, guidandola con le proprie scelte e decisioni, non lasciandosi trasportare dalle correnti come una barca alla deriva. Oggi si è tentati di declinare ogni scelta, lasciando che siano gli avvenimenti a decidere per noi. Se poi le scelte da fare si presenta-
no a noi come scomode e faticose, cerchiamo di evitarle o rifiutarle. Non è stato così per San Francesco, che si è mostrato un uomo deciso e impegnato, capace di assumersi responsabilità fin dall’adolescenza. Accetta di andare a San Marco Argentano all’età di sedici anni circa. Lì cominciò un cammino serio di discernimento della sua vita, fatto con impegno e generosità alla luce della fede. Rifiutò di rimanere in quel convento come frate, nonostante genitori e religiosi lo invogliassero a farlo. Fece il pellegrinaggio ad Assisi alla ricerca di una luce che dall’alto lo illuminasse. Alla fine decise di ritirarsi a vita eremitica, all’età di diciassette anni circa. Fu una decisione ferma, discussa con i genitori, dalla quale, essenzialmente, non tornò mai indietro. Lungo l’arco dei suoi 91 anni quante volte è stato chiamato dagli avvenimenti a fare scelte coraggiose, che lo hanno scomodato profondamen-
te, fino a mettere in discussione la sua libertà di uomo, correndo il rischio di essere arrestato! Alcuni esempi: L’essere diventato un fondatore di un Ordine religioso non era nei suoi progetti; è stato un disegno di Dio, che lui ha colto dagli avvenimenti; cioè dal fatto che diversi giovani gli chiesero di seguirlo. E lui ha dovuto adattare le sue abitudini di eremita solitario alle esigenze della vita comunitaria. L’esser diventato interprete dei problemi sociali della sue gente, oppressa dall’ingiustizia, è stato un impegno che egli lentamente ha assunto a mano a mano che si accorgeva del bisogno di intervenire. Non era facile opporsi al dispotismo del tempo. Ha rischiato di essere arrestato dal re di Napoli. Solo un miracolo lo liberò dai soldati venuti da Napoli per arrestarlo. La partenza per la Francia all’età di 67 anni è una scelta che gli fu imposta per obbedienza dal papa. Lui l’ha accet-
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Consacrazione della Calabria al Sacro Cuore di Gesù
La Conferenza episcopale calabra, riunita dal 7 al 9 febbraio 2011 a Reggio Calabria, ha accolto l’invito delle Suore Visitandine (l’ordine religioso fondato da San Francesco di Sales, terziario minimo), di rinnovare a distanza di un secolo la consacrazione della Calabria al Sacro Cuore di Gesù. L’iniziativa, si legge in una nota dei vescovi calabresi, potrebbe avvenire a Paola nel 2012 in occasione del cinquantesimo della proclamazione di San Francesco di Paola a Patrono della Calabria.
tata con fede, anche se sono da immaginarsi le difficoltà alle quali andò incontro. Sappiamo però i grandi frutti di bene prodotti per la società europea del tempo da tale sua disponibilità.
San Francesco l’uomo tutto d’un pezzo Scegliere sì, è un dovere e un bene, ma nella coerenza di vita, nella fedeltà agli ideali. È questo che fa un uomo maturo e onesto; e questo che si chiede a un giovane che si apre alla vita. La tentazione di cedere alle mode altalenanti, al pensiero dominante, all’asservimento a chi può darti qualcosa nella vita, è molto forte per l’uomo, soprattutto per i giovani, la cui fragilità psicologica, tipica di certe fasi della crescita umana, li espone ad essere condizionati, manipolati, plagiati. Ecco allora l’esigenza della coerenza attorno agli ideali scoperti e accolti. Su questo aspetto San
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Francesco di Paola può dare un’altra lezione di vita, perché, conoscendo i suoi comportamenti, lo possiamo definire un uomo tutto di un pezzo. Non ha ceduto dinanzi alla cultura dominante del tempo, incline ad una visione mondanizzata e secolarizzata della vita, scegliendo il rigore dell’austerità eremitica e quaresimale. Quando gran parte della Chiesa reputava sorpassate certe forme penitenziali e i suoi stessi frati lo giudicavano un po’ esagerato nelle disposizioni penitenziale lasciate nella Regola, egli tenne ferme le sue scelte, appellandosi all’amore di Dio (A chi ama Dio tutto è possibile) e alla libera scelta dell’uomo (accettare la penitenza in spirito di libertà). In Italia l’inviato del papa lo definì «villano e rustico». In Francia fu attaccato dai superiori degli altri ordini religiosi che ritenevano le sue scelte di vita cose di altri tempi. Non ha ceduto dinanzi ai potenti del tempo che hanno cercato in tutti i modi di averlo dalla loro parte, ora con le lusinghe, ora con le minacce. Dinanzi a loro ha rivendicato la libertà di parlare e di gridare contro le loro ingiustizie. Ai re di Francia e di Napoli, che volevano comprare con il denaro la sua amicizia e benevolenza, ripete le stesse parole: «Restituite il denaro alle persone alle quali lo avete rubato». E non ebbe paura di subire i loro ricatti violenti e le loro minacce. Nelle scelte di vita è stato sempre coerente fino alla morte. Il biografo coevo dice: «la sua vita è stata sempre la stes-
«A chi ama Dio tutto è possibile»
Il giovane Francesco Martolilla riceve l’abito religioso dall’arcangelo Michele. Tela dell’artista Giacomo Triga (1674-1746) conservata nella Chiesa di San Francesco di Paola a Roma, nei pressi di via Cavour. sa». Una coerenza non basata sulla monotonia del vivere quotidiano, ma sulla fedeltà ai valori accolti e alle scelte fatte nelle circostanze sempre mutevoli della sua vita. A 91 anni era come a sedici anni, con lo stesso entusiasmo che lo aveva caratterizzato nelle scelte di gioventù, con le stesse convinzioni. Emblematica è la prova del fuoco. Tenendo tra le mani del fuoco, senza bruciarsi, convince l’inviato del Papa, nel 1467, all’età di 40 anni, sulla possibilità di vivere l’ascesi quaresimale, affermando che l’amore di Dio rende possibile tutto. All’età di 91 anni,
il giorno prima di morire, 1° aprile 1507, prende di nuovo il fuoco con le mani per convincere i suoi frati dell’osservabilità della sua proposta di vita, se avessero amato Dio. Questo è stato San Francesco: un uomo tutto d’un pezzo.
San Francesco l’uomo del dono Gli anni giovanili sono contraddistinti sempre dalla spontaneità e dalla generosità. I giovani, notoriamente, sempre pieni di vita e di speranza, sono generosi e li troviamo in prima fila nelle iniziative più varie dell’im-
pegno sociale. Pensiamo, oggi, a tutte le forme del volontariato, delle quali appunto i giovani sono la forza più consistente, a costo di grandi sacrifici, tante volte a rischio anche della propria vita. Ma pensiamo anche alle lotte per i grandi ideali: la pace, ad esempio, la lotta alla mafia, le mobilitazioni varie per lottare contro l’ingiustizia: in prima fila ci sono sempre loro. San Francesco di Paola, anche per questo aspetto, è di grande esempio per i giovani; ad essi può dire una sua parola di incitamento. Nel suo tempo è stato in prima fila nell’assunzione dei problemi che la società presentava. Durante gli anni del periodo calabrese della sua vita, ha saputo interpretare la gente nell’ansia di giustizia e di riscatto economico e sociale. Si è servito della vasta rete di relazioni, che la sua posizione gli aveva consentito di intessere, per muovere chi aveva responsabilità sociali ad operare in maniera conforme a giustizia. Ricordiamo la famosa lettera del 1447: «chi governa deve usare giustizia e misericordia». Nel riscuotere le tasse, bisogna tener conto di chi è in difficoltà economica. Nel periodo francese della sua vita, dal 1483 alla morte nel 1507, sono i grandi problemi politici dell’Europa del tempo ad interessarlo, non ultimo la difesa dagli attacchi dei turchi, sempre minacciosi nei confronti del Sud d’Italia. La grande lezione che San Francesco dà ai giovani è quella di impegnarsi per un protagonismo, che preferisco definire «senza successo». Un protagoni-
CHARITAS Giornale di San Francesco di Paola smo che impegna l’uomo a rispondere ai problemi, sempre e dovunque, per quello che può, senza aspettare i grandi consensi; senza aspettarsi plausi ed onorificenze; senza aspettare le grandi mobilitazioni. Il protagonismo di chi si guarda attorno e, vedendo i problemi che lo circondano, cerca di rispondere con costanza e generosità. Il protagonismo di chi accetta profondamente che la vita si costruisce con fatica attraverso il contributo generoso di tutti.
San Francesco l’uomo della gioia Una delle note caratteristiche della vita di San Francesco è stata quella di aver dato serenità e gioia a quanti hanno avuto la fortuna di incontrarlo in vita. Nelle testimonianze rilasciate ai processi di canonizzazione è ricorrente l’osservazione: «e tutti ritornavano contenti». La gioia che egli offriva non dipendeva solo dall’utile che la gente poteva trarre dall’incontro con lui, perché non tutti ottenevano il miracolo che chiedevano. Quanti di loro hanno dovuto accettare l’invito a prepararsi a ben morire! La gioia era frutto di una pace interiore che San Francesco dava, prospettando i valori della vita, indicando la radice e il fondamento del senso della vita. La gioia può nascere solo quando sono chiare le motivazioni per cui vivere e il significato che dobbiamo dare alla fatica del vivere quotidiano. Era quanto San Francesco offriva invitando a vivere nel timore di Dio, a
L’eremita paolano
uomo del dono e della gioia «CHI BEN FA, SEMPRE PREGA»
guardare verso l’eternità, a vivere nell’onestà del dovere quotidiano, ad accettare i sacrifici della vita come spazio di crescita della propria dignità. I giovani, lo si sa, sono la speranza del domani, e da questa certezza deriva la gioia che essi sanno dare dovunque si trovano. La loro presenza nella famiglia, in un’associazione, in un gruppo, dà il tono della gioia. È classica ed espressiva l’immagine del giovane sorridente con una chitarra in mano sullo sfondo di un paesaggio primaverile. La gioia si coniuga facilmente con gli anni giovanili. San Francesco può offrire ai giovani delle indicazioni per come avere gioia dentro e saperla diffonderla attorno; per come essere felici e per come dare felicità ad altri. La felicità deve esser sempre correlata al bene. Il male non dà gioia e felicità stabile, anche se può dare soddisfazione e piacere immediati. In tal senso, la droga, ad esempio, non dà gioia e non reca gioia, perché distrugge la persona e arreca sofferenza ai propri cari. La felicità deve coniugarsi con l’impegno di un lavoro onesto e responsabile. Il facile guadagno, ottenuto recando male ad altri o calpestando la giustizia, non rende felici e non dà felicità. I giovani pertanto devono guardarsi dal cadere nella rete della piccola o grande delinquenza, che promette denaro facile
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ma a costo di una vita che scorre sul filo del rischio e alla fine della perdita della libertà e della gioia della propria famiglia. La felicità deve essere condivisa: in famiglia, con le persone che ci stanno accanto. Se la ricerca della felicità personale è causa di infelicità per altre persone, vuol dire che si è sulla strada di una felicità falsa e non duratura. Il giovane, pertanto, deve tenersi lontano da quelle persone
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o ambienti che possono portarlo fuori strada. La felicità deve essere donata, a partire dalla famiglia, per essere piena. Una felicità chiusa nelle maglie ristrette del proprio egoismo non è mai liberante; crea conflitti, rende instabili i rapporti all’interno della famiglia, e, alla fine, toglie la pace interiore. Se i giovani proveranno a leggere la vita di San Francesco attraverso il taglio dei loro ideali e delle loro speranze, troveranno in essa gli elementi che abbiamo indicato ed altro ancora, secondo le proprie sensibilità e bisogni del momento.
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La spiritualità di San Francesco di Paola raggiunge ogni angolo della terra
I GIOVANI MINIMI NEL MONDO
Alcune delle tante attività di chi ama il Santo della penitenza Alla scuola di Francesco di Paola, ho il coraggio di non aver paura di contestare il consumismo, l’edonismo, la mentalità del potere che si manifesta con scelte ben precise. Tutto ciò senza adattarmi mai, senza scendere con la mia vita a compromessi e nemmeno a mezze misure. Preferisco dare testimonianza con la mia vita di essere contrario/a a tutte le modi di tutti i tempi, che sono «ombre che passano in fretta» (San Francesco di Paola). Il mio impegno deve sfociare anche in impegno sociale certo che potrò dare il mio contributo per il miglioramento del mondo in cui vivo e realizzare da protagonista il sogno di Dio che è la diffusione del suo Regno in mezzo al mondo. La mia presenza nella società è orientata a ribaltare la mentalità della rassegnazione diffusa nella società in cui vivo, avendo il coraggio di essere esempio e guida per gli altri, imitando Gesù che mi trasmette quell’energia necessaria per diventare sale della terra e luce del mondo. Devo decidermi e scegliere. Se voglio essere un/a giovane minimo/a devo passare dalla porta stretta del Vangelo che non posso né allargare a mio piacimento né tanto meno eliminare. Non devo essere furbo/a ma mi devo dire meno balle possibili, quindi so che per attraversare la porta stretta devo impegnarmi personalmente, devo prendere sul serio
Africa
le esigenze del Vangelo. Devo impegnarmi a demolire la presunzione di privilegiato/a e inserire nel mio programma di vita l’impegno della conversione della mentalità e del cuore; lo esige il programma scolastico di frate Francesco di Paola. So che Dio è esigente, non promuove azioni al ribasso o saldi per incrementare la clientela, poiché essere cristiani è una cosa seria. Per attraversare la porta stretta è necessario esibire delle prove solide, perché ciò che conta non è l’appartenenza dichiarata, il nome iscritto
in un registro, la bocca piena di vocaboli cristiani, le pratiche religiose cui si è partecipato, ma l’impegno concreto, lo sforzo continuo, la coerenza della vita, la testimonianza resta con i fatti, l’abitudine a consultare la coscienza in conformità ai valori del Vangelo. Come giovane minimo/a mi impegno, quindi, a vivere nella Chiesa e nella società con il carisma specifico dell’Ordine dei Minimi che si identifica con la penitenza evangelica solitamente vissuta in quaresima. Mi impegno a viverla in tutta la
sua ricchezza con l’amore alla vita di preghiera, da quella liturgica a quella sacramentale, dalla preghiera spontanea al silenzio evangelico, dal distacco dal mondo e dai suoi beni alla vita fraterna, dal digiuno al lavoro e alle opere di carità, sicuro/a che tutto ciò si traduce per me in quella abbondanza di vita che Francesco di Paola suscitava intorno a sé, nei contatti con la gente, che andava numerosa ad incontrarlo e se ne tornava a casa lieta e soddisfatta per aver incontrato un uomo vero che amava Dio e i fratelli.
Gruppi di Giovani Minimi su Facebook
GIM (Gioventù Minima) Gioventù Minima - Provincia Provincia di Napoli S. Francesco di Paola (Calabria e Puglia)
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ANNUNCIARE IL VANGELO AI GIOVANI DI OGGI di padre GIOVANNI COZZOLINO Delegato generale per la pastorale giovanile minima
Oggi viviamo in un contesto missionario: se fino a 50/60 anni fa, il problema per i giovani che volevano credere era il Vaticano e successivamente il problema era «Cristo sì, Chiesa no», oggi il problema è: «Cristo? E perché lui? E perché proprio lui?». Ma a quanti giovani oggi Gesù non parla più? Perché? Oggi c’è bisogno di una nuova evangelizzazione: perché, finora, la risposta è stata la catechesi. La risposta è stata la scuola della dottrina cristiana. È stata la risposta del Concilio di Trento. Lutero ci porta via i cattolici? Ci vuole un’istruzione. È una vera e propria scuola: c’è un insegnante (il catechista), c’è un libro (il catechismo) c’è un metodo, c’è una struttura, delle classi, delle aule… una vera e propria scuola! Negli anni ’70, poi, i vescovi italiani si accorgono che non funziona più e scrivono Il rinnovamento della catechesi, per la vita cristiana. Purtroppo, però, si è continuato a fare così: ti spiego il catechismo. È una scolarizzazione religiosa. Ci accorgiamo, cioè, che i giovani oggi arrivano per lo più digiuni di evangelizzazione? È come se noi dovessimo fare un corso di sintassi latina e questi non sanno manco l’alfabeto.
Cos’è l’evangelizzazione?
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È il primo annuncio della salvezza a chi non ne è a conoscenza o an-
cora non crede, per ragioni varie. E se i giovani se ne vanno è perché la Cresima non funziona o per quali altri motivi? viene fatta da missionari: e il missionario è uno che va, non uno che aspetta; non dice: “venite”, ma dice “andiamo”. il missionario è uno che si fa capire; non è uno che dice: io ho studiato tanto, per saper usare queste parole difficili. Il missionario non è uno che giudica e che contratta, ma è invece uno che porta una buona notizia. Il missionario è uno che contagia amore; non è uno che spiega una mini enciclopedia del cristianesimo. La nuova evangelizzazione è necessaria per questi motivi: «Se l’Europa tutta, tutta l’Europa non viene nuovamente evangelizzata, se l’Europa non riascolta l’Annuncio è perduta, noi tutti siamo perduti. Ecco l’angoscia del Pontefice, che scopre il mondo andare in direzione opposta. Solo un’altra evangelizzazione potrà salvarci. Qualsiasi altra realtà non ci aiuterà a salvarci». Vincere la paura: «Il principale problema della Chiesa Cattolica è l’evangelizzazione dell’Occidente, mentre le Chiese sono sempre più vuote».
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Cosa dobbiamo fare? Noi dobbiamo evangelizzare: noi dobbiamo ri-an-
nunciare la bella notizia di Gesù crocifisso, morto e risorto. Non è morto di raffreddore. È il cammino a ritroso che ci fa comprendere che è stato condannato, che è stato imprigionato. La Chiesa annuncia il Vangelo pasquale che si concentra in una parola: è risorto, questa è la notizia. Bisogna cominciare da Gesù, perché Gesù non è conosciuto. Noi, poi, non possiamo non parlare di Francesco di Paola. Francesco non è un giovane indifferente, non è un giovane superficiale: è un giovane che sogna di fare l’eremita, ma il sogno gli si spezza tra le mani, perché altri giovani lo seguono e diventa fondatore di una famiglia religiosa; sente il bisogno di silenzio e di riflessione; poi deve andare in Francia… e diventa riformatore della Chiesa riportandola alla freschezza del Vangelo: perché era sintonizzato con Gesù! E con l’annuncio della conversione insegna a smettere di adorare se stesso e invita ad adorare il Gesù Crocifisso. Oggi quanta gente non sente più parlare del Crocifisso? Magari gente che va in Chiesa, che fa catechismo, che partecipa ai nostri gruppi, ma conosce veramente Gesù Crocifisso? A me il primo annuncio l’ha fatto mia madre: «Quello è un morto, ma non devi averne paura, perché è stato cro-
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cifisso per amore, anche per te». È una conversione profonda, che bisogna rinnovare ogni giorno. Ogni mattina, prima di mettere i piedi fuori dal letto, beato te se dirai: «Grazie, Signore, per avermi creato, fatto cristiano, e grazie per avermi fatto questi piedi belli per il Vangelo». «Non sono un professionista del sacro, né un insegnante della fede: sono un annunciatore del Vangelo». È una grammatica costruita su un quadrilatero di certezze, che devono rimanere solide: La Parola di Dio è come l’acqua e la neve, se cade… La Parola non è lontana, ma molto vicina al cuore, anzi è dentro. Basta trovare il modo per far scattare il contatto... «Come agnelli tra i lupi» non è per farci sbranare, ma per far accogliere il messaggio: quanto più siamo deboli umanamente…
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A noi tocca il compito di annunciare È il Signore che veglia sulla sua Parola perché si
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UN DECALOGO
PER IMPARARE A VIVERE DA AUTENTICI CRISTIANI
1. Non maledire i tempi correnti: è arrivato al capo-
linea il cristianesimo dell’abitudine e sta rinascendo il cristianesimo per scelta, per innamoramento. 2. Non anteporre nulla all’annuncio di Gesù Cristo, morto e risorto. Afferra ogni situazione, ogni problema, ogni interesse e riportalo lì, al centro di tutta la fede. 3. Annuncia il cristianesimo delle beatitudini e non vergognarti mai del Vangelo della croce: Cristo non toglie nulla e dà tutto! 4. Il Vangelo è da proporre, non da imporre. Non imporlo mai a nessuno: gli resterebbe un ricordo negativo per tutta la vita. 5. Non amareggiarti per l’indifferenza dei lontani e non invocare mai il fuoco dal cielo perché li consumi, ma fa festa anche per uno solo di loro che si converte. 6. Ricorda: il Vangelo non è come un chewing-gum che più si mastica e più perde sapore. Il messaggio cristiano non è da ripetere meccanicamente, è da reinterpretare nella mentalità e nella lingua della gente. 7. Sogna una parrocchia che sia segno e luogo di salvezza, non club di perfetti. 8. Non credere di comunicare il vangelo da solo! Almeno in 2, meglio in 12, molto meglio in 72! Creare un gruppo di parrocchiani veri per evangelizzare i presunti tali. 9. Ricordati che i laici non vanno usati come ausiliari utili, ma vanno aiutati a diventare collaboratori corresponsabili. 10. Non ridurti mai a vigile del traffico intraparrocchiale: tu non sei il coordinatore delle attività o il superanimatore di gruppi, ma sei una vera guida, sei il primo evangelizzatore. «realizzi…». I virus micidiali da evitare sono: l’IO-latria del prete che pensa: «Come me non c’è nessuno: prima di me e dopo di me, non ci sarà nessuno uguale a me!». Un altro virus che fa strage in casa nostra è quello dello stress da pastorale: correre, competere, e alla fine... l’eterno riposo! Per esempio i gruppi - dal coro a quello liturgico, a quello catechistico e caritativo -
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non devono essere luoghi di potere o gradini per emergere (è un pericolo sempre in agguato), ma sviluppare il servizio al Vangelo. Allora la tua - la vostra - parrocchia non sarà una scuola in cui si spiega il cristianesimo o, peggio ancora, un ufficio di controllo della fede dei parrocchiani, ma riuscirete a far circolare la Parola di Dio per le strade, in modo che la gente la incontri.
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E con gli altri? Quelli che si servono della parrocchia per continuare abitudini e consuetudini sociali, quelli che la ignorano: cosa puoi esigere se non hanno le motivazioni? Ringrazia Dio tutte le volte che capitano a Messa. Accogliendoli così come sono, non farai finta che abbiano le tue motivazioni. Quindi non li rimproveri e non li ricatti, non imponi loro dei compiti come se avessero le tue motivazioni non parli loro e non fai prediche come se avessero la fede. Ti comporti da missionario: entri nella loro situazione, cerchi di capire le loro domande e i loro interessi, parli la loro lingua, proponi con libertà e chiarezza il messaggio, non imponi loro dei fardelli che nemmeno tu riesci a portare. L’evangelizzatore è uno che non va in giro a dire quello che sa su Gesù Cristo, ma va a dire quello che sa da Gesù Cristo… non perché va in estasi a giorni alterni, ma perché va a dire quello che i nostri occhi hanno visto, quello che le nostre mani hanno palpato… come un cieco che tocca in giro per potersi orientare. Questo è quello che «noi annunciamo a voi». Sono loro che porteranno la
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parola di Dio negli ambienti in cui vivono, perché noi non ci arriveremo mai. L’evangelizzazione non è un corso accelerato per saperne di più. Gesù faceva così: incontrava tutti. L’evangelizzazione dei giovani la fanno i giovani. È importante che noi facciamo scoprire il centro. Sappiamo che il centro è Cristo, ma Gesù Cristo non è un argomento, è una persona. Il problema non è quello di saper dire il centro con la testa, ma l’incontro con una persona. Non una formula ci salverà, ma l’incontro con una persona, che ci dice «io sono con voi fino alla fine del mondo». Oggi dobbiamo evitare due posizioni diametralmente opposte, ma ugualmente dannose: quella rivoluzionaria, di chi pensa: abbiamo sbagliato tutto, dobbiamo cominciare tutto da capo. quella immobilista, quella di chi dice: non dobbiamo cambiare niente, dobbiamo fare come sempre. Sono due posizioni ugualmente dannose, perché tutte e due portano alla stessa conclusione: non dobbiamo (o non possiamo) fare niente: non c’è più niente da fare.
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Il Beato Giovanni Paolo II riconosce che la penitenza evangelica è una «dolce pedagogia»
«LA PACE È IL TESORO PIÙ GRANDE» Messaggio al superiore generale dell’Ordine dei Minimi per la prima Marcia della penitenza
Città del Vaticano, 29 marzo 2003 Al reverendissimo padre Giuseppe Fiorini Morosini, superiore generale dell’Ordine dei Minimi. 1. Ho appreso con piacere che il 2 aprile prossimo avrà luogo nella citta di Paola, con l’approvazione dell’arcivescovo diocesano, mons. Giuseppe Agostino, la prima Marcia della penitenza, organizzata dalla Consulta di pastorale giovanile di codesto Ordine, e alla quale sono invitati in modo particolare i giovani. Sono lieto di rivolgere il mio cordiale e beneaugurante saluto a lei, caro padre, agli organizzatori, ai confratelli e a quanti prenderanno parte a tale valida iniziativa, che si ripeterà ogni anno in occasione delI’anniversario della morte di San Francesco di Paola. 2. L’opportuna manifestazione si svolge quest’anno in un periodo segnato da non poche preoccupazioni e sofferenze, anche a motivo della guerra in corso. Essa costituisce, pertanto, un’occasione quanto mai opportuna per invitare a riflettere e a implorare per I’umanità il fondamentale dono della pace. Essa si pone, in un certo modo, in ideale continuita con la Giornata di preghiera e di digiuno, con cui ha avuto inizio la quaresima. Questi forti momenti spirituali aiutano a prendere sempre più coscienza dell’urgente necessità di costruire la pace anche a costo di personali sacrifici. Occorre essere dispo-
Pescatori di uomini «con le nuove reti»
nibili a rinunciare pure a qualcosa di legittimo, in vista di un bene superiore. Bisogna soprattutto essere consapevoli che tutto si può ottenere da Dio con la preghiera. Al tempo stesso, la Marcia può diventare una scuola di vita, perché permette di far riferimento ai
luminosi esempi e insegnamenti del santo di Paola, il quale non esitò a mettere la propria scelta di penitenza evangelica al servizio della Chiesa e della società. 3. Vissuto in un’epoca non priva di disagi e problemi a causa del perdurare di vari conflitti, egli
Quaresima on line Se vuoi vivere la quaresima seguendo la spiritualità del Santo della vita quaresimale, ogni giorno sul sito www.giovaniminimi.it oppure su facebook Consulta generale di pastorale giovanile minima, troverai una frase del Vangelo, una preghiera da recitare e un impegno da mettere in pratica, e naturalmente la possibilità di confrontarti con altri giovani come te.
si impegnò a operare per la pace, facendo penitenza, come pure mediando tra Ie parti in lotta. Nel 1494, mentre si addensavano fosche nubi sull’Italia, egli confidava: «Io mi affatico a pregare per la pace». Definiva la pace come «il più grande tesoro che i popoli possono avere» e «una santa mercanzia che merita di essere acquistata a caro prezzo». Reverendissimo padre, incoraggio lei, i suoi confratelli e i giovani partecipanti alla Marcia ad accogliere docilmente, alla scuola del santo di Paola, la «dolce pedagogia» della penitenza evangelica, per apprendere il vero segreto delia pace. Come il santo stesso insegna, il conseguimento della pace ad ogni livello elegato alla conversione del cuore e ad un reale cambiamento di vita. Auspico di cuore che la Marcia della penitenza possa contribuire a far maturare nelle coscienze delle nuove generazioni un sincero proposito di pace, da alimentare con un itinerario di personale abnegazione in spirito di penitenza. Con tali sentimenti, mentre invoco la celeste intercessione delia Vergine Maria, Regina della Pace, e di San Francesco di Paola, imparto con affetto al pastore dell’Arcidiocesi, a lei, reverendissimo padre, all’intero Ordine dei Minimi, agli organizzatori, ai giovani e a tutti i partecipanti alla Marcia penitenziale una speciale benedizione apostolica.