Ecclesia
La ParoLa deL Magistero
FRANCESCO OLIVA
Oltre la soglia lungo il cammino della storia Lettera pastorale alla Chiesa di Locri-Gerace 2015
editoriale progetto 2000
Dati EDitoriali
OLIVA, Francesco Oltre la soglia lungo il cammino della storia : lettera pastorale alla chiesa di Locri-Gerace 2015 / Francesco Oliva. - Cosenza : Progetto 2000, 2015. 192 p. : ill. ; 20 cm. (Ecclesia. La Parola del Magistero) ISBN 978-88-8276-466-1 252.02 (Scheda catalografica a cura dell’Universitas Vivariensis)
© editoriale progetto 2000 Prima edizione, Cosenza, dicembre 2015 ISBN 978-88-8276-466-1 In copertina: Il Buon Samaritano, olio su tela, opera di Matteo Curcio, Santuario di Polsi in San Luca (RC) Direttore editoriale: dott. Demetrio Guzzardi Direttore artistico: arch. Albamaria Frontino Per informazioni sulle opere pubblicate ed in programma e per proposte di nuove pubblicazioni, ci si può rivolgere a: editoriale progetto 2000, via degli Stadi, 27 87100 Cosenza; telefono 0984.34700; www.editorialeprogetto2000.it; e-mail: deguzza@tin.it 4
DEDica
Ai sacerdoti e diaconi, ai religiosi e religiose, ai fedeli della Chiesa di Dio, che è in Locri-Gerace, a quanti vogliono essere in comunione con noi, pace, salute e benedizione nel Signore.
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FrancEsco oliva A Te, Maria, Madre di misericordia A Te, Maria, sorella nostra, volgiamo il nostro sguardo di figli, in questo anno speciale di misericordia e perdono. Sii a noi vicina, per fasciare e sanare le nostre ferite, le tante ferite di questa nostra terra. Giunga a noi propizio questo tempo di grazia. La tua protezione ci apra le porte della Divina Misericordia, per sperimentare l’amore che perdona, consola e dona vita. A te, Madre della Divina Misericordia, imploriamo la gioia della riconciliazione e della pace. Madre di ogni consolazione e speranza, ridonaci la bellezza della dignità perduta. Donna del silenzio, umile serva del Signore, donaci di ascoltare la voce dello Spirito, di accogliere il tuo Figlio Gesù e di seguirlo sui sentieri della storia. Suscita in noi il desiderio di una vita nuova e riconciliata disponibili a vivere la misericordia, la carità e la benevolenza verso tutti, pronti ad accogliere l’amore del cuore della mamma, a sentire il richiamo ed il calore della casa, abitarla come l’hai abitata Tu, con Giuseppe ed il tuo Figlio Gesù.
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alla MaDrE DElla MisEricorDia Alle tue mani con la fiducia di figli affidiamo il presente ed il futuro delle nostre famiglie, l’entusiasmo dei ragazzi, i sogni dei giovani, la solitudine degli anziani e la sofferenza dei malati, la tristezza dei bambini abbandonati e soli. A Te, Madre di sicura speranza, affidiamo le attese e le speranze del nostro mondo, il cammino e la storia di ogni uomo, le gioie e le fatiche. Madre di bontà, mamma nostra, aprici le porte della Divina Misericordia. O Madre della Divina Grazia, rivelaci il volto del tuo Figlio, rendi il nostro cuore, come il tuo, docile allo Spirito di verità, aperto ed accogliente. Madre del Buon pastore, nelle tue mani affidiamo la nostra vita, desiderosi di godere della felicità piena e duratura. Così sia.
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FrancEsco oliva «Vi chiamate mio fratello» Il vescovo si sedette vicino (a Jean Valjean), gli toccò con dolcezza la mano. «Non avevate bisogno di dirmi chi eravate; questa non è la mia casa, è la casa di Gesù Cristo. Questa porta non chiede a colui che entra se ha un nome, ma se ha una sofferenza. Voi soffrite; avete fame e sete, siate il benvenuto. E non ringraziatemi, non ditemi che vi ospito in casa mia. Qui nessuno è in casa propria, tranne chi ha bisogno di un asilo. Lo dico a voi che passate, siete qui padrone più di me stesso. Qui, tutto è vostro. Che bisogno ho di sapere il vostro nome? D’altronde, prima che me lo diceste, ne avevate uno che conoscevo». L’uomo spalancò gli occhi stupito. «Davvero? Sapevate come mi chiamo?». «Sì – rispose il vescovo – vi chiamate mio fratello». Da I Miserabili di Victor Hugo
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lEttEra PastoralE 2015 INTRODUZIONE
Dopo più di un anno dal mio arrivo in diocesi affido alla sensibilità della comunità alcune indicazioni di percorso, sulle quali orientare il futuro cammino pastorale. Scrivo anzitutto per incoraggiarvi a vivere con amore, disponibilità ed entusiasmo questo anno pastorale, che in gran parte è impegnato dal Giubileo straordinario della Misericordia. Papa Francesco l’ha indetto, invitandoci «a tenere fisso lo sguardo sulla Misericordia, per diventare noi stessi segno efficace dell’agire del padre. [Sarà] tempo favorevole per la Chiesa, perché renda più forte ed efficace la testimonianza dei credenti»1.
Non è mia intenzione presentare un piano pastorale completo di analisi sociologiche e approfondimenti teologici. Desidero più semplicemente dare unitarietà alle diverse sollecitazioni e riflessioni che ho avuto modo di condividere con voi nel corso dell’anno, in diverse occasioni negli incontri vicariali e in assemblea diocesana. Più che un programma ben strutturato, consegno delle linee, che servano da tracce per il cammino della nostra Chiesa. 1 FrancEsco, bolla di indizione del Giubileo della Misericordia Misericordiae vultus (11 aprile 2015), 3.
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FrancEsco oliva Ripensando al primo anno trascorso sulla scia del lavoro svolto dai miei predecessori ribadisco alcuni passaggi pastorali ed esprimo dal profondo del cuore un grazie a tutti voi, presbiteri, diaconi, religiosi e religiose, operatori pastorali, insegnanti di religione cattolica, gruppi, associazioni e movimenti, confraternite, che ogni giorno spendete tempo per il Regno di Dio. In questo primo anno ho avuto modo di conoscere questa bella ed antica diocesi. Mi avete accolto, incoraggiato, sostenuto con l’affetto di chi vuole essere vicino e condividere qualcosa di bello. Chiedo di continuare a pregare per me e per la nostra Chiesa. L’anno pastorale che si apre si prospetta ricco ed interessante per gli eventi ecclesiali che lo caratterizzeranno: • I due Sinodi sulla famiglia, il primo straordinario (ottobre 2014), e quello ordinario (ottobre 2015). Non era mai capitato nella storia della Chiesa che si avvertisse l’esigenza di indire due Sinodi a un anno di distanza l’uno dall’altro. Questa doppia convocazione è giustificata dall’importanza del tema della famiglia. • Il Convegno ecclesiale nazionale di Firenze In Gesù Cristo il nuovo Umanesimo. Un tema di grande rilevanza, perché l’umanità dell’uomo di oggi sta a cuore a Dio e alla sua Chiesa. Il convegno affronterà il disagio dell’uomo di oggi, ma cercherà anche le risposte concrete alla luce del Vangelo. • Il Giubileo straordinario della Misericordia. Un Anno Santo, per «risvegliare in noi la capa10
introDuzionE cità di guardare all’essenziale» e per «ritrovare il senso della missione che il Signore ha affidato (alla Chiesa) il giorno di Pasqua: essere segno e strumento della misericordia del Padre». In vista di questo evento, invito a rileggere attentamente la bolla Misericordiae vultus. Un apposito Comitato diocesano, formato dai direttori degli Uffici pastorali, elaborerà il programma con tante iniziative utili per viverlo secondo le intenzioni del Santo Padre. Come vedete c’è molto da fare. Qualcuno potrebbe dire troppo. Invece sono tutte belle opportunità per ascoltare, riflettere, condividere, pregare e migliorare la nostra testimonianza cristiana. Cosa ci viene chiesto? Partecipazione ed apertura del cuore all’azione dello Spirito di Dio. Continuare sui percorsi che abbiamo intrapreso, accogliendo il Vangelo del Signore. Lasciamoci sorreggere da nuovi slanci, in modo da vincere quelle forme di rassegnazione e stanchezza che possono privare di energie il cammino. È facile dire: «Tanto non cambia niente», «tanto poi faccio a modo mio», «parlano, parlano e poi non si fa niente». Il cammino di rinnovamento pastorale deve farci superare la logica del «s’è fatto sempre così», della delega (far fare agli altri, preferendo non compromettersi e sporcarsi le mani). È vero: la novità può far paura, ma Dio è novità e ci chiede di fidarci di Lui! Non possiamo restare a guardare, scaricando sugli altri le nostre responsabilità. Non c’è tempo da perdere. Lasciamoci interpellare da Gesù: l’impossibile agli occhi dell’uomo 11
FrancEsco oliva può essere possibile con l’aiuto di Dio. L’esperienza dell’apostolo Paolo c’illumina: «Io venni in mezzo a voi in debolezza e con molto timore e trepidazione; e la mia parola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio» (1Cor 2,4-5).
Il cammino pastorale tracciato è un invito a volgere lo sguardo a Cristo (la Parola che si fa carne) «oltre la soglia lungo il cammino della storia» per una comunità a misura di famiglia. Con l’augurio d’un rinnovato entusiasmo apostolico.
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introDuzionE
Con lo sguardo su di Lui «Si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore”. Poi arrotolò il volume, lo consegnò all’inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. Allora cominciò a dire: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi» (Lc 4,16-21).
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FrancEsco oliva
«La Chiesa «in uscita» è una Chiesa con le porte aperte. Uscire verso gli altri per giungere alle periferie umane non vuol dire correre verso il mondo senza una direzione e senza senso. Molte volte è meglio rallentare il passo, mettere da parte l’ansietà per guardare negli occhi e ascoltare, o rinunciare alle urgenze per accompagnare chi è rimasto al bordo della strada. A volte è come il padre del figlio prodigo, che rimane con le porte aperte perché quando ritornerà possa entrare senza difficoltà. La Chiesa è chiamata ad essere sempre la casa aperta del Padre. Uno dei segni concreti di questa apertura è avere dappertutto Chiese con le porte aperte. Così che, se qualcuno vuole seguire una mozione dello Spirito e si avvicina cercando Dio, non si incontrerà con la freddezza di una porta chiusa. Ma ci sono altre porte che neppure si devono chiudere. Tutti possono partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale, tutti possono far parte della comunità, e nemmeno le porte dei sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi». (Evangelii gaudium, 46-47).
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lEttEra PastoralE 2015 I OLTRE LA SOGLIA UN CAMMINO DI CONVERSIONE MISSIONARIA Ripartiamo dal cammino pastorale indicato dall’ecclesiologia del Concilio Vaticano II, che ha individuato come punto di non ritorno il recupero di consapevolezza della corresponsabilità dei laici nella missione della Chiesa. Oggi, più che a laici collaboratori, si deve pensare a laici corresponsabili, maturi e impegnati, presenti nelle frontiere più esposte delle realtà terrene, della competenza professionale, del dibattito culturale, della promozione del bene comune, dell’impegno per la giustizia e la pace, della cura della casa comune. In questi ambiti essi possono esprimere il meglio del loro impegno missionario. L’obiettivo non è tanto (e solo) dare più slancio e vitalità agli organismi di partecipazione ecclesiale con modalità più incisive, quanto favorire un processo di maturazione della consapevolezza della propria vocazione, sviluppare la capacità di interpretare e vivere i segni dei tempi e condividere la missione apostolica in un mondo, spesso indifferente e lontano dalle problematiche di fede. In questo orizzonte, emerge il bisogno di dare un’attenzione speciale in chiave educativa alle diverse associazioni, movimenti e gruppi ecclesiali. Ad essi va riconosciuto più spazio nell’agire apostolico col dovuto sostegno ed accompagnamento, favorendo con coraggio più dinamiche forme 15
FrancEsco oliva di collaborazione. In esse i fedeli laici vivono relazioni fraterne autentiche di crescita spirituale: si formano all’ascolto della Parola e al discernimento comunitario, maturano la capacità di testimoniare il Vangelo nella società2. A proposito desidero che venga dato il giusto risalto al ruolo delle confraternite, che non sono da considerare un corpo estraneo, ma organismi pastorali da orientare al servizio di tutta la missione di evangelizzazione e carità. Penso che il senso di appartenenza alla Chiesa debba crescere molto di più in loro, in modo che il loro contributo si espanda a tutto il percorso pastorale, non limitandosi solo all’organizzazione di feste popolari o alla conservazione e manutenzione degli edifici di culto. Per questo non deve loro mancare la proposta formativa e l’attenzione spirituale. Quanto sarebbe bello che ogni parroco si prendesse cura di ogni Confraternita presente in parrocchia e di ciascun consociato con un attento accompagnamento, svolgendo con scrupolosità il suo ruolo di guida e vero padre spirituale! E ne conoscesse i rispettivi regolamenti, modulati sullo Statuto diocesano, seguisse ogni momento della loro vita associativa! L’apertura alla dimensione solidale e caritativa rappresenta per le confraternite una sfida importante, che può dare loro un slancio di più proficua operatività, con possibili sviluppi di rinnovamento e ringiovanimento. Maturando un più profondo senso di 2 Cfr. CEi, Orientamenti pastorali per il decennio in corso 2010-2020, Educare alla vita buona del Vangelo (EVBV), 2010, 43.
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un caMMino Di convErsionE Missionaria appartenenza ecclesiale, supereranno il rischio di isolamento ed avranno parte nell’azione pastorale della nostra Chiesa diocesana. Quale possibile rinnovamento delle parrocchie? La maturità dei laici si forma ed alimenta dentro le comunità parrocchiali e molto dipende dalla loro vitalità. Questo sollecita l’esigenza di riflettere profondamente sulla loro impostazione pastorale, rimodulandone l’azione troppo spesso sbilanciata sul versante del culto. Sono sempre di grande attualità le indicazioni presenti nel documento della CEi, pubblicato qualche anno fa, Il volto missionario della Chiesa in un mondo che cambia (2004). Ad esso desidero richiamare l’attenzione, invitando a leggerlo nei Consigli pastorali e negli incontri parrocchiali, in modo da riscoprirne la bellezza ed attualità. La parrocchia è la cartina di tornasole di una scelta pastorale che risponda alle esigenze dei tempi che cambiano ed al bisogno della Chiesa di portare il Vangelo a tutti, senza escludere nessuno di quanti abitano il territorio parrocchiale. Sarebbe riduttivo vederla come una ripartizione meramente funzionale della diocesi. Essa, come si esprimeva con parole illuminanti San Giovanni Paolo II, è «il nucleo fondamentale nella vita quotidiana della diocesi». Ma non è pensabile la parrocchia come una realtà a sé stante o immaginarla come autonoma e al di fuori della comunione con la Chiesa particolare. Vicina alle case degli uomini, porta il soffio dello Spirito e la 17
FrancEsco oliva testimonianza che alimenta l’esperienza cristiana. Aiuta a camminare e a vivere nell’unità e condivisione della stessa missione, una missione permanente, che invita ad uscire e a portare a tutti l’annuncio della salvezza e del perdono del Signore. Questo uscire, andare verso è la vocazione solidale della parrocchia. Oggi c’è tanto bisogno di aprire le nostre Chiese, di non trasformarle in «musei delle cere» (papa Francesco), a renderle spazi aperti a tutti. Una Chiesa con le porte sempre chiuse è immagine di una Chiesa arroccata sulle proprie sicurezze che intende conservare un patrimonio consolidato che non ha nulla da offrire più all’uomo di oggi. Le porte aperte sono icona di un comunità, che guarda all’esterno, che va «oltre la soglia», che ama prendere a cuore le fragilità e povertà di questo mondo, che è pronta a collaborare con tutti, che prende a cuore le problematiche del territorio e s’impegna con tutti i soggetti sociali, che hanno come preoccupazione la promozione della cultura del bene comune, della legalità, della pace e della cura della casa comune. Una comunità che abita la città, che si fa promotrice di una cittadinanza attiva, che dà testimonianza di legalità e non cede a nessuna forma di connivenza con l’illegalità e la corruzione3. Solo così le 3 Va data la giusta attenzione alle due recenti note pastorali della Conferenza episcopale calabra (CEc), Testimoniare la verità del Vangelo. Nota pastorale sulla ’ndrangheta (25 dicembre 2014); Per una nuova evangelizzazione della pietà popolare. Orientamenti pastorali per le Chiese di Calabria (30 giugno 2015). Esse faranno da guida e costituiranno un punto di avvio di un lavoro pastorale che non man-
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un caMMino Di convErsionE Missionaria nostre comunità diventeranno capaci di annunciare il Vangelo e spezzare il pane dell’Eucaristia e della carità. Volgendo uno sguardo complessivo, avverto che le nostre parrocchie hanno bisogno di essere rivitalizzate. Partendo dal radicamento locale, devono aprirsi ad una visione più ampia, che scaturisce dal riconoscere nella Chiesa particolare il proprio centro di unità. L’organizzazione parrocchiale, che ruota prevalentemente intorno a piccole parrocchie, esige un ripensamento, in modo che nessuna parrocchia superi il rischio del ripiegamento su se stessa. È finito il tempo della parrocchia autosufficiente. Occorre accettare la sfida di una pastorale aperta, che, abbandonata ogni pretesa di autosufficienza, sappia lavorare «in unità pastorale». Accogliamo la preziosa indicazione del su citato documento: «In questo cammino di collaborazione e corresponsabilità, la comunione tra sacerdoti, diaconi, religiosi e laici, e la loro disponibilità a lavorare insieme costituiscono la premessa necessaria di un modo nuovo di fare pastorale»4.
Nella prospettiva della corresponsabilità e programmazione pastorale, la vicaria diviene uno spazio di riflessione e programmazione pastorale: comprendendo parrocchie che fanno parte di un territorio omogeneo e con un numero adeguato cherà di favorire germogli di rinnovamento pastorale. I testi dei due documenti li ho inseriti come appendice a questa mia lettera pastorale. 4 CEi, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia (VMP), 11.
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FrancEsco oliva di abitanti, sotto la guida del vicario foraneo, può divenire laboratorio pastorale, spazio di comune riflessione, capace di favorire nuove opportunità di evangelizzazione, carità e promozione umana. Essa aiuta a superare i confini parrocchiali troppo rigidi e fa da supporto alle comunità più piccole (catechisti di una parrocchia che collaborano nella catechesi di un’altra parrocchia vicina o più in difficoltà; formazione dei catechisti; centri di ascolto e Caritas; percorsi interparrocchiali di preparazione al matrimonio; giornate di ritiro per gruppi famiglie; attività oratoriali e grest tra parrocchie vicine, ecc.). L’attenzione alla vicaria, oltre a dare il giusto spazio di partecipazione ad ogni presbitero, favorisce il coinvolgimento nell’azione pastorale di tutte le componenti del popolo di Dio. Nelle assemblee vicariali, che vedono riuniti i sacerdoti e tutti i membri dei Consigli pastorali parrocchiali, lasciandosi illuminare dallo Spirito del Signore, è possibile condividere esperienze che aiutano a maturare il senso della corresponsabilità ecclesiale. In esse si sviluppa uno spazio di dialogo, d’incontro, di verifica, oltre che di confronto, di lettura e conoscenza delle diverse problematiche del territorio. In esse si pongono le premesse per iniziative comuni, in risposta ai bisogni del territorio, divenendo luoghi di condivisione pastorale, in grado di offrire sostegno alle parrocchie più piccole.
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un caMMino Di convErsionE Missionaria L’iniziazione cristiana: il Cammino Emmaus Il cammino di rinnovamento della nostra Chiesa deve molto all’impostazione catecumenale della catechesi5, che fa perno principalmente sul Cammino Emmaus. Sull’iniziazione cristiana si gioca il futuro della nostra pastorale6: «La celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana, seguita da un’adeguata mistagogia, rappresenta il compimento di questo cammino verso la piena maturità cristiana»7.
Nello scorso anno il cammino di formazione permanente del clero impostato sul Cammino Emmaus ha prestato un’attenzione particolare alla mistagogia. In quest’ottica l’Ufficio catechistico ed il Servizio di pastorale giovanile ha organizzato un corso per animatori della mistagogia 8, 5 Resta ancora molto stimolante la nota pastorale: CEi, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, che, trattando degli orizzonti di cambiamento pastorale per una parrocchia missionaria, richiama l’urgenza di ripartire dal primo annuncio ed il valore dell’iniziazione cristiana sull’impostazione catecumenale (cfr. VMP in particolare 6-7). 6 «Con l’iniziazione cristiana la Chiesa madre genera i suoi figli e rigenera se stessa. Nell’iniziazione esprime il suo volto missionario verso chi chiede la fede e verso le nuove generazioni. La parrocchia è il luogo ordinario in cui questo cammino si realizza» (VMP 7). 7 EVBV 54. 8 Parlando dell’educazione alla fede, gli orientamenti pastorali della CEi richiamo l’ispirazione catecumenale e l’importanza del ruolo educativo dell’oratorio: «La necessità di rispondere alle loro (dei giovani e dei ragazzi) esigenze porta a superare i confini parrocchiali e ad allacciare alleanze con le altre agenzie educative. Tale dina-
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FrancEsco oliva con incontri mensili, puntando all’oratorio come luogo proprio della mistagogia, spazio educativo adatto ai ragazzi al termine del cammino di iniziazione cristiana. In questa prospettiva, al fine di proporre ai ragazzi e ai giovani dei percorsi di socializzazione e di educazione alla legalità ed alla partecipazione, i vescovi calabresi ritengono necessario che le parrocchie singolarmente o in collaborazione con altre parrocchie si dotino di un oratorio o almeno di un centro di aggregazione sociale, utilizzando anche dei beni confiscati alla ’ndrangheta, all’interno dei quali prevedere ed attivare iniziative culturali, sociali e ricreative9. In questa direzione è necessario continuare ad investire risorse ed energie, perché certi fenomeni solo attraverso la formazione delle giovani generazioni ed iniziative varie di sviluppo possono essere superati. «Pandocheion-Casa che accoglie». Mi piace ringraziare per l’accoglienza riservata a «Pandocheion-Casa che accoglie», il nostro nuovo mica incide anche su quell’espressione, tipica dell’impegno educativo di tante parrocchie, che è l’oratorio. Esso accompagna nella crescita umana e spirituale le nuove generazioni e rende i laici protagonisti, affidando loro responsabilità educative. Adattandosi ai diversi contesti, l’oratorio esprime il volto e la passione educativa della comunità, che impegna animatori, catechisti e genitori in un progetto volto a condurre il ragazzo a una sintesi armoniosa tra fede e vita» (EVBV 40-42). 9 Cfr. CEc, Per una nuova evangelizzazione della pietà popolare, 38.
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un caMMino Di convErsionE Missionaria mensile diocesano. Esso si aggiunge al rinnovato sito diocesano e al bollettino ufficiale. Vuole essere un semplice strumento di comunicazione: la voce della nostra Chiesa. Lo so che si chiede un impegno in più nella diffusione e qualche sacrificio in più come contribuzione personale. Ma è un piccolo gesto di riconoscenza, verso quanti vi lavorano con intelligenza e gratuità. Mi auguro che possa essere letto e accolto. Nei limiti di spazio e nel rispetto della sua impostazione è possibile offrire i propri contributi di idee e conoscenza, e perché no, anche le proprie osservazioni critiche. Anche per migliorarlo. Invito tutti però a saperne cogliere lo spirito e soprattutto l’istanza di evangelizzazione attraverso la presentazione ed interpretazione di quanto accade attorno a noi. Ringrazio coloro che hanno preso a cuore l’iniziativa, impiegandovi del loro prezioso tempo. «Non ignoro che oggi i documenti non destano lo stesso interesse che in altre epoche, e sono rapidamente dimenticati. Ciononostante, sottolineo che ciò che intendo qui esprimere ha un significato programmatico e dalle conseguenze importanti. Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. Ora non ci serve una semplice amministrazione. Costituiamoci in tutte le regioni della terra in uno stato permanente di missione»10.
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FrancEsco, Evangelii gaudium (EG), 25.
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lEttEra PastoralE 2015 II PUNTI DI CONVERGENZA DEL NOSTRO PERCORSO La nostra azione pastorale si snoda seguendo essenzialmente tre linee di sviluppo, che dalla Parola professata, celebrata e testimoniata portano alla formazione di una comunità di fede, speranza e carità. Sulla Parola, sul servizio della carità e sulla famiglia sintonizzeremo la nostra futura azione pastorale, in modo da avere degli orizzonti di senso che ci illuminano e guidano secondo un percorso unitario e convergente. 1. Il primato della Parola È necessario partire dal punto nodale della fede: il nostro essere Chiesa si fonda sulla Parola di Dio. La comunità ecclesiale cresce nell’ascolto, nella celebrazione e nello studio della Parola di Dio. Dare centralità ad essa è la fonte da cui tutto scaturisce: se non la riposizioniamo al centro del nostro essere nulla si costruisce con solidità. Lasciamoci interpellare da questo interrogativo: quale posto occupa la Parola di Dio nella nostra vita e in quella della nostra comunità? È stata forse sostituita dai nuovi strumenti della comunicazione virtuale, che spesso sviliscono la vera relazione tra le persone? Chiedo un particolare impegno per far emergere il posto centrale della Parola di Dio nella 24
il nostro PErcorso vita ecclesiale, incrementando la pastorale biblica, «non in giustapposizione con altre forme della pastorale, ma come animazione biblica dell’intera pastorale»11. Non si tratta di aggiungere qualche altro incontro in parrocchia, ma di verificare che nelle abituali attività, si abbia realmente a cuore l’incontro personale con Cristo. L’animazione biblica di tutta la pastorale porta ad una maggiore conoscenza di Cristo. È bene non trascurarla. Anche l’omelia aiuta i fedeli ad entrare nella Parola di Dio e non ad allontanarsi da essa. Per questo vanno evitate «inutili divagazioni che rischiano di attirare l’attenzione sul predicatore piuttosto che al cuore del messaggio evangelico»12, divagazioni che distraggono e nulla hanno a che fare con esso, peggio ancora se basati su riferimenti personali che possono offendere o irritare la suscettibilità. Nell’attività pastorale è opportuno favorire anche la nascita e diffusione di piccole comunità, «formate da famiglie o radicate nelle parrocchie o legate ai diversi movimenti ecclesiali e nuove comunità», in cui promuovere la formazione, la preghiera e la conoscenza della Bibbia. Negli anni passati sono state organizzate diverse ed interessanti iniziative centrate sulla Parola. Mi piace richiamare ed incoraggiare l’esperienza dei Centri di ascolto nelle famiglie e i Martedì della Parola. Ritengo utile che siano presenti in ogni parrocchia e, dove vi sono, siano ulteriormente sostenuti ed incoraggiati. 11 BEnEDEtto XVI, esortazione apostolica post sinodale Verbum Domini, 73. 12 Ivi, 59.
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FrancEsco oliva Si promuova la diffusione della Bibbia in ogni casa, di modo che possa essere letta con assiduità e continuità ed utilizzata per la preghiera. Sappiamo quanto la Parola di Dio possa essere prezioso sostegno anche nelle difficoltà della vita coniugale e familiare. Da non tralasciare, specie nei momenti forti dell’anno liturgico, è la lettura orante della Sacra Scrittura o Lectio Divina. È illuminante la testimonianza di San Paolo, la cui esistenza è stata animata da zelo per la Parola di Dio: «Tutto io faccio per il Vangelo» (1Cor 9,23) e «Io non mi vergogno del Vangelo, perché è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede» (Rm 1,16). Lasciamoci guidare dallo Spirito Santo, per poter amare sempre di più la Parola di Dio. 2. Il servizio della carità La prima grande sfida della nostra Chiesa è aiutare la nostra gente a sperimentare l’amore di Dio con la testimonianza della carità. Questa ha in sè un’intrinseca forza evangelizzante13. La carità è fondamentale via di evangelizzazione, tanto più efficace quanto meno rumorosa. Come si legge nella Deus caritas est,
13 «Per sua stessa natura, la testimonianza della carità deve estendersi oltre i confini della comunità ecclesiale, per raggiungere ogni persona, così che l’amore per tutti gli uomini diventi fermento di autentica solidarietà per l’intero vivere sociale. Quando la Chiesa serve la carità, essa fa crescere allo stesso tempo la cultura della solidarietà».
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il nostro PErcorso «la carità non è per la Chiesa una specie di attività di assistenza sociale che si potrebbe anche lasciare ad altri, ma appartiene alla stessa natura, è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza»14.
Non si può rompere l’inscindibile connessione tra l’evangelizzazione e la carità15: la qualità dell’evangelizzazione è l’ardore della carità16. Il servizio della carità dev’essere un riferimento costante del nostro cammino. Soggetto di una pastorale della carità, sostenuta e vivificata dal Vangelo, è la comunità parrocchiale, nella quale i poveri non sono solo destinatari, ma membri attivi che hanno tanto da insegnare. L’enciclica Evangelii gaudium invita ad una scelta preferenziale dei poveri e alla loro inclusione sociale17. BEnEDEtto XVI, Deus caritas est, 19-20. «Il pane della Parola di Dio ed il pane della carità, come il pane dell’Eucaristia non sono pani diversi: sono la persona stessa di Gesù che si dona agli uomini e coinvolge i discepoli nel suo atto di amore al Padre e ai fratelli» (CEi, Orientamenti pastorali per gli anni ’90, Evangelizzazione e testimonianza della carità, (1990), 1. 16 «La carità ricevuta e donata è per ogni persona l’esperienza originaria nella quale nasce la speranza. L’uomo non può vivere senza amore. Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di senso se non gli viene rivelato l’amore, se non s’incontra con l’amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente» (Giovanni Paolo II, enciclica Redemptor hominis (4 marzo 1979), 10: AAS 71 (1979), 274. 17 «Per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica. Dio concede loro la sua prima misericordia» (EG 198). 14 15
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FrancEsco oliva Gli orientamenti pastorali della CEi per il decennio 2010/2020 Educare alla vita buona del Vangelo, sottolineano il valore educativo della carità18. Non si tratta di un programma pastorale, quanto di una sensibilità in più. Una sensibilità che dev’essere di tutti e non deve mai mancare19. L’evangelista Luca nella parabola del samaritano pone davanti la figura di uno straniero che era in viaggio. Di certo con un impegno importante da assolvere. Forse era atteso da qualcuno. Eppure si attarda, si ferma e perde del suo tempo per chi non conta niente. Lo sciagurato senza nome, ridotto in fin di vita, è caro ai suoi occhi. Il samaritano – che indubbiamente ha i lineamenti e il cuore di Gesù – si sente chiamato, interpellato. Risponde senza se e senza ma, e si attiva, per assicurare le migliori cure all’uomo sfigurato dalla violenza e minacciato dalla morte. Lo porta in 18 «La carità educa il cuore dei fedeli e svela agli occhi di tutti il volto di una comunità che testimonia la comunione, si apre al servizio, si mette alla scuola dei poveri e degli ultimi, impara a riconoscere la presenza di Dio nell’affamato e nell’assetato, nello straniero e nel carcerato, nell’ammalato e in ogni bisognoso. La comunità cristiana è pronta ad accogliere e valorizzare ogni persona, anche quelle che vivono in stato di disabilità o svantaggio. Per questo vanno incentivate proposte educative e percorsi di volontariato adeguati all’età e alla condizione delle persone, mediante l’azione della Caritas e delle altre realtà ecclesiali che operano in questo ambito, anche a fianco dei missionari» (EVBV 39). 19 «Nessuno dovrebbe dire che si mantiene lontano dai poveri perché le sue scelte di vita comportano di prestare più attenzione ad altre incombenze. Questa è una scusa frequente negli ambienti accademici, imprenditoriali o professionali, e persino ecclesiali» (EG 201).
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il nostro PErcorso salvo in una particolare locanda, in greca pandocheion, «che accoglie tutti». Il buon samaritano è icona per la nostra Chiesa. Un luogo dove tutti possono sentirsi accolti dev’essere proprio la Chiesa, la comunità dei credenti che si fa prossima, vicina a tutti, che si prende cura delle ferite dell’uomo lungo la strada della storia. È questo il volto della Chiesa che vorrei, una Chiesa pronta all’accoglienza, capace di vincere quel muro di indifferenza, che è il peggior male del nostro tempo, e ancor di più del credente. Prendendosi cura dell’uomo ci si prende cura di Cristo, perché l’uomo è la carne di Cristo. Questo è il culto gradito a Dio. La redenzione ha anche un significato sociale20. Nella nostra azione pastorale dobbiamo tenere presente che senza la dimensione sociale, corriamo il rischio «di sfigurare il significato autentico ed integrale della missione evangelizzatrice»21. Le nostre comunità parrocchiali devono saper «essere vicine a nuove forme di povertà e di fragilità (i senza tetto, i tossicodipendenti, i ri«Dio, in Cristo, non redime solamente la singola persona, ma anche le relazioni sociali tra gli uomini» (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 52). Il mandato della carità abbraccia tutte le dimensioni dell’esistenza, tutte le persone, tutti gli ambienti della convivenza e tutti i popoli. Nulla di quanto è umano può risultargli estraneo (cfr. Documento di Aparecida, 380). «Dal cuore del Vangelo riconosciamo l’intima connessione tra evangelizzazione e promozione umana, che deve necessariamente esprimersi e svilupparsi in tutta l’azione evangelizzatrice» (EG 178). «Tutto il cammino della nostra redenzione è segnato dai poveri» (EG 197). 21 Ivi. 20
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FrancEsco oliva fugiati, i migranti, gli anziani sempre più soli e abbandonati, ecc.)»22,
senza dimenticare la povertà spirituale che sottende a tante situazioni di marginalità23. Come cristiani e come cittadini non possiamo restare indifferenti di fronte alle piaghe sociali, che paralizzano lo sviluppo del nostro territorio. Richiamo tutti a prestare la dovuta attenzione alla ferma condanna della ’ndrangheta, che noi vescovi delle Chiese di Calabria abbiamo espresso nella nota pastorale Testimoniare la verità del Vangelo. I problemi sociali che interpellano la nostra Chiesa sono tanti. Mi riferisco, per fare qualche esemplificazione, alle attività commerciali ed alle aziende che subiscono il ricatto delle estorsioni, alle vittime del pizzo e del racket, agli imprenditori impediti nelle loro attività con attentati e che comunque spengono ogni desiderio di investimento in attività produttive, agli operai senza lavoro perché le aziende hanno chiuso, a quanti sono stroncati dalla piaga dell’usura, a quanti sono costretti al lavoro nero o, soggetti a falsi contratti, sottopagati e sfruttati, ai giovani costretti ad emigrare per un posto di lavoro. Di fronte a queste e a tante altre situazioni di miseria, dico a tutti e non solo a cristiani: non possiamo restare inerti. Né basta la semplice indignazione e la rassegnazione. Ivi, 210. «La peggior discriminazione di cui soffrono i poveri è la mancanza di attenzione spirituale… L’opzione preferenziale per i poveri deve tradursi principalmente in un’attenzione religiosa privilegiata e prioritaria» (Ivi, 200). 22 23
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il nostro PErcorso Muoviamoci con coraggio volgendo il nostro sguardo a Cristo. Da Lui partiamo, per costruire un nuovo Umanesimo, che ha la sua forza nel messaggio evangelico. Non possiamo tradire le attese e le speranze della nostra terra, che molto si aspetta dalla Chiesa. La nostra fede cristiana è un lievito capace di fermentare la società. Diverremmo «sale che non condisce» e «luce che non illumina», mentre siamo chiamati ad abitare la terra mossi da un amore responsabile, preoccupati di non privarla del sapore e della luminosità evangelici. Facciamo nostre le indicazioni della Conferenza episcopale calabra (CEc), che sollecita un percorso formativo alla socialità e alla partecipazione civica a cominciare dalla catechesi rivolta ai più piccoli24. Parrocchia e Caritas parrocchiale La parrocchia come primo e insostituibile spazio ecclesiale deve, da una parte, favorire la crescita di una carità fatta di gesti concreti e di opere, segno di un cammino di fede autentico, e dall’altra vivere la testimonianza della carità come momento costitutivo. 24 «Va programmata, all’interno dei diversi percorsi di educazione e catechesi permanente, una particolare attenzione educativa alla socialità ed alla partecipazione civica, secondo le linee della Dottrina sociale cristiana, a partire dai più piccoli e dalle famiglie di riferimento» (CEc, Per una nuova evangelizzazione della pietà popolare, 30 giugno 2015, 36).
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FrancEsco oliva Più volte ho richiamato la necessità di un rilancio delle Caritas parrocchiali. Esse sono organismi pastorali, che devono operare concretamente, svolgendo un ruolo di coordinamento, di animazione, di promozione delle iniziative di solidarietà e carità. Si stanno attivando in diocesi iniziative di formazione alla testimonianza della carità, che non vogliono esaurirsi in un fatto di sensibilità individuale, ma divenire esperienza di fede vissuta e condivisa. Ritengo fondamentale in ogni parrocchia la presenza della Caritas, formata da fedeli sensibili e capaci di coinvolgere tutta la comunità nella testimonianza della vicinanza agli ultimi. Laddove nei piccoli centri questo non è possibile s’istituisca a livello interparrocchiale, in modo da avere una mappatura completa dei bisogni del territorio. Le Caritas parrocchiali, recuperando il ruolo che loro compete, possono contribuire alla formazione di fedeli corresponsabili nella missione. Il loro funzionamento è la cartina di tornasole della comunità ecclesiale: quando funzionano le Caritas parrocchiali, funzionano le parrocchie; quando funziona la Caritas diocesana, funziona la diocesi! Della Caritas si deve poter dire «è sempre in periferia». È parsa chiara in questo primo anno in mezzo a voi l’intenzione di puntare con maggiore attenzione al rinnovamento della Caritas. La Casa Santa Marta, con la mensa dei poveri, che funziona dal lunedì al venerdì e, per alcuni più bisognosi, a tempo pieno, è un’opera-segno della nostra Chiesa diocesana, che, grazie all’aiuto della Caritas nazionale ed ai fondi dell’8x1000, 32
il nostro PErcorso attraverso la collaborazione di molti volontari, intende continuare a portare avanti. Dico operasegno, ovvero piccolo segno di quella azione solidale e caritativa, che siamo chiamati a portare avanti anche nel territorio vicariale. Sia in noi la consapevolezza che la carità non è delegabile! Nessuno può fare al nostro posto quello che dobbiamo fare noi. Neppure Casa Santa Marta o la Caritas diocesana. Quanto sarebbe bello se nei centri più grandi a livello interparrocchiale si mettesse in funzione un’opera del genere! Sappiamo bene che professare con le labbra di credere in Dio non basta, se ad essa non segue una testimonianza visibile e credibile. In stretta relazione con le Caritas parrocchiali sono i Centri di ascolto. Per operare in essi si richiede pazienza nell’ascolto, discrezione, gioia nell’accoglienza, sapienza nel dialogare, una grande dose di interiorità e capacità di relazione, e soprattutto tanto tanto cuore. Nessuna persona che viene in un centro Caritas desidera vedersi sbattere la porta o sentirsi dire: «Non possiamo fare niente. Torna domani» o «Va in un’altra parte». Una cosa è certa: occorre investire in Caritas non meno di quanto si investe per il culto, per la catechesi e l’evangelizzazione. È questo che chiedo a tutti e soprattutto ai sacerdoti, per i quali quest’anno la formazione permanente verterà proprio su questo tema.
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FrancEsco oliva La Caritas diocesana25, che svolge una funzione prevalentemente pedagogica di supporto alle Caritas parrocchiali, essendo la carità dimensione costitutiva assieme alla catechesi e alla liturgia, s’inserisce a pieno titolo nella pastorale diocesana. In vista della formazione, attiva in aiuto delle parrocchie o a livello vicariale incontri formativi, che, mi auguro, trovino accoglienza e costante partecipazione. Gli operatori Caritas devono avere la preparazione necessaria e tutte le qualità indispensabili a svolgere il loro servizio come servizio di amore, pronti a spendersi e ad operare con passione e spirito di gratuità. Per questo non può mancare la formazione. Più volte richiesta e troppo spesso disattesa. Quanto alla formazione dei laici, un ruolo importante e molto proficuo è svolto dalla Scuola di formazione teologico-pastorale. È una risorsa importante da valorizzare nella formazione dei catechisti, degli operatori pastorali e di quanti desiderano vivere con più consapevolezza la propria fede. La formazione degli educatori, animatori e catechisti, veri testimoni di gratuità, accoglienza e servizio «costituisce un impegno prioritario per la comunità parrocchiale, attenta a curarne, insieme alla crescita umana e spirituale, la competenza teologica, culturale e pedagogica»26. In base all’art. 1 dello Statuto diocesano, la Caritas diocesana deve «promuovere la testimonianza della carità della comunità diocesana e delle comunità parrocchiali, in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista dello sviluppo integrale dell’uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi». 26 EVBV 41; cfr. VMP 11. 25
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il nostro PErcorso 2. La famiglia Nell’anno del Sinodo ordinario sulla famiglia, volgiamo uno sguardo particolare alle tante famiglie dei nostri paesi, specie a quelle più in difficoltà o divise, che oggi più che mai rappresentano la periferia esistenziale del nostro tempo. Diversi sono i condizionamenti di cui soffrono: il sostegno inadeguato al desiderio di maternità e paternità, pur a fronte del grave problema demografico; la difficoltà a conciliare l’impegno lavorativo con la vita familiare, a prendersi cura dei soggetti più deboli, a costruire rapporti sereni, spesso in condizioni abitative e urbanistiche sfavorevoli. A ciò si aggiunge il numero crescente delle convivenze di fatto, delle separazioni coniugali e dei divorzi, come pure gli ostacoli di un quadro economico, fiscale e sociale che disincentiva la procreazione. Non si possono trascurare, tra i fattori destabilizzanti, il diffondersi di stili di vita che rifuggono dalla creazione di legami affettivi stabili e i tentativi di equiparare alla famiglia forme di convivenza tra persone dello stesso sesso. Eppure nonostante tutto, come ci ricorda papa Francesco, non possiamo «pensare a una società sana che non dia spazio concreto alla vita familiare. Non possiamo pensare al futuro di una società che non trovi una legislazione capace di difendere e assicurare le condizioni minime e necessarie perché le famiglie, specialmente quelle che stanno incominciando, possano svilupparsi».
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FrancEsco oliva Teniamo sempre desta l’attenzione alle famiglie. Siano al centro delle preoccupazioni pastorali. Anche se non esistono famiglie perfette sono esse la prima e indispensabile comunità educante. È vero: tanti genitori stentano a vivere l’educazione come loro dovere essenziale ed avvertono un senso di solitudine, di inadeguatezza e, addirittura, d’impotenza di fronte al dovere educativo. Un isolamento anzitutto sociale, vivendo in una società che privilegia gli individui e trascura la famiglia. La famiglia sia al centro delle preoccupazioni e interessi di tutta la comunità, trattandosi di una periferia esistenziale, che ha maggiore bisogno di accompagnamento spirituale. Occorre innescare una marcia in più nella pastorale familiare ordinaria, valorizzando gli incontri con le famiglie, specie in occasione dell’amministrazione dei sacramenti o della benedizione pasquale. Ogni sacerdote, specie il parroco, si senta responsabile nell’accogliere le giovani coppie che si preparano al matrimonio27. Curare le fasi iniziali della vita coniugale, porre le basi di un cammino di formazione che duri per tutta la vita sono importanti percorsi di 27 «La preparazione al matrimonio e alla famiglia, per molti occasione di contatto con la comunità cristiana dopo anni di lontananza. Deve diventare un percorso di ripresa della fede, per far conoscere Dio… Il cammino di preparazione deve trovare continuità, con forme diverse, almeno nei primi anni di matrimonio. Un secondo momento da curare è l’attesa e la nascita dei figli, soprattutto del primo. Sono ancora molti i genitori che chiedono il battesimo per i loro bambini: vanno orientati, con l’aiuto di catechisti, non solo a preparare il rito, ma a riscoprire il senso della vita cristiana e il compito educativo» (VMP 9).
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il nostro PErcorso pastorale familiare. Una sollecitudine pastorale speciale va riservata alle situazioni matrimoniali irregolari, favorendo percorsi di chiarificazione e sostegno per il cammino di fede. Nessuno deve sentirsi escluso. Spazi di attiva partecipazione possono essere individuati tra le varie forme del servizio della carità, anche per coloro che, in ragione della loro condizione familiare, non possono accedere all’Eucaristia o assumere ruoli connessi alla vita sacramentale ed al servizio della Parola28. Negli anni passati è stato costituito il Consultorio diocesano che ha avuto una buona partenza, ma, tra alterne vicende, in questi ultimi anni, non ha più funzionato. Consegno alla comune riflessione sull’opportunità e le possibilità concrete di rilanciare un’iniziativa del genere. Va comunque fatto ogni sforzo per la creazione di un Centro ascolto familiare, che ascolti e venga incontro ai tanti disagi, che affliggono la coppia e mettono in seria crisi la comunità familiare. Penso alle tante problematiche che interessano la famiglia: le relazioni di coppia, che stanno diventando sempre più fragili; penso alle coppie, che intendono risolvere i loro problemi prima di passare alla separazione e al divorzio; penso alle famiglie con figli Ivi, 9. Teniamo ben presente che «non ci sono i divorziati risposati; ci sono piuttosto situazioni molto diversificate di divorziati risposati, che si devono accuratamente distinguere. Non c’è neppure la situazione oggettiva, che si oppone all’ammissione alla comunione, ma ci sono molte situazioni oggettive assai differenti» (W. KasPEr, Il Vangelo della famiglia, Brescia, Queriniana, 2014, p. 67). 28
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FrancEsco oliva portatori di handicap o affidatarie e/o adottive, ecc… Penso alle nuove e, al momento, imprevedibili problematiche, che si porranno nel discernimento delle situazioni di nullità matrimoniale, che verranno rivolte in prima istanza alla mia più diretta valutazione. Dovremo saper cogliere la sfida di formare un’équipe di collaboratori ben preparati e motivati, che dovranno essere in grado di rispondere adeguatamente a tutte le questioni che si profileranno. Ma anche alla necessità di organizzare percorsi di formazione per operatori pastorali e animatori di corsi per fidanzati e gruppi famiglia; incontri per coppie giovani e meno giovani su tematiche loro care, come l’educazione, il dialogo coniugale, la comunicazione interpersonale, ecc. Un Centro ascolto familiare può rispondere a molte di queste problematiche. Nella nostra diocesi una bella realtà è rappresentata dai gruppi famiglia. Non posso che incoraggiare a continuare. L’incremento dei gruppi famiglia aiuta a vivere la vocazione coniugale e familiare, favorendo il cammino di evangelizzazione della famiglia. Riguardo a questo settore della pastorale va promossa ogni iniziativa utile a far incontrare le famiglie, a metterle in dialogo tra loro, facendo sì che la famiglia evangelizzi la famiglia. Mi rendo conto delle difficoltà, ma l’amore per la famiglia unito ad una discreta creatività può suggerire iniziative pastorali capaci di mettere al centro la famiglia e di renderla palestra di umanità e autentico spazio di formazione. Anche iniziative occasionali, come la celebrazione della festa della 38
il nostro PErcorso Santa Famiglia e degli anniversari di matrimonio, possono essere utili a farne riscoprire l’insostituibile valore, della famiglia. Sul tema della famiglia avremo modo di ritornare. Prepariamoci ad accogliere ogni riflessione, anche nuova, che il Sinodo vorrà consegnarci. «In questo anno giubilare la Chiesa si faccia
eco della Parola di Dio che risuona forte e convincente come una parola e un gesto di perdono, di sostegno, di aiuto, di amore. Non si stanchi mai di offrire misericordia e sia sempre paziente nel confortare e perdonare. La Chiesa si faccia voce di ogni uomo e ogni donna e ripeta con fiducia e senza sosta: “Ricordati, Signore, della tua misericordia e del tuo amore, che è da sempre” (Sal 25,6)»29.
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FrancEsco, Misericordiae vultus, 25.
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lEttEra PastoralE 2015 III CARITÀ, LITURGIA E PIETÀ POPOLARE La stagione estiva ci ha posto davanti la celebrazione di tante feste patronali, concentrate in questo tempo, e spesso ripetute nel corso dell’anno. Ad esse siamo chiamati a volgere uno sguardo particolare, tenendo presenti gli orientamenti pastorali per le Chiese di Calabria. Per una nuova evangelizzazione della pietà popolare, che i vescovi della Calabria hanno emanato recentemente. Questo documento consegue alla nota pastorale sulla ’ndrangheta, Testimoniare la verità del Vangelo (25 dicembre 2014), che, sollecitata dall’intervento di papa Francesco nella Piana di Sibari il 21 giugno 2014, affrontava il grave fenomeno della ‘ndrangheta. Una nota che non si limitava a denunciarne la gravità, ma annunciava il Vangelo della conversione, indicando nuove strade di libertà ed emancipazione. I due documenti pastorali sono un’opportunità interessante per riflettere sul senso religioso della pietà popolare e sulla necessità di vivere il senso vero della liturgia. Questi due documenti, che è giusto accogliere come un dono di cui far tesoro, ci accompagneranno nel cammino di rinnovamento della pietà popolare. Lasciamoci provocare da una domanda che spesso mi è stata posta: come mai nella Locride, a fronte di una diffusa religiosità tradizionalmente cattolica, si registrano fenomeni contrari ai principi del Vangelo? Com’è possibile che il Vangelo 40
carità, liturGia E PiEtà PoPolarE abbia perso in questa terra la sua forza di trasformazione e liberazione? Sono interrogativi che portano a riflettere e a rivedere tutta un’impostazione che risente molto di folklore e poco di fede. Mi piace considerare la pietà popolare nel contesto della liturgia, che ha nel mistero pasquale il centro di irradiazione nel suo sviluppo quotidiano, settimanale e annuale. Il Direttorio sulla pietà popolare afferma che «nel rapporto tra liturgia e pietà popolare deve essere ritenuto un punto fermo la priorità della celebrazione dell’anno liturgico su ogni altra espressione e pratica di devozione»30.
Questa indicazione porta a riconsiderare la collocazione delle feste popolari, in modo da salvaguardare sempre il valore della domenica. Centralità della domenica «La domenica è la festa primordiale che deve essere proposta e inculcata alla pietà dei fedeli, in modo che risulti anche giorno di gioia e di riposo dal lavoro. Non le venga anteposta alcun’altra solennità che non sia di grandissima importanza, perché la domenica è il fondamento e il nucleo di tutto l’anno liturgico»31.
Di conseguenza, «non è il caso di insistere su pii esercizi per il cui svolgimento viene ConGrEGazionE PEr il culto Divino E la DisciPlina sacraMEnti, Direttorio su pietà popolare e liturgia, Città del Vaticano, Lev, 2002, p. 91. 31 Ivi. 30
DEi
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FrancEsco oliva scelta la domenica come punto di riferimento cronologico»32. Dobbiamo riconoscere che, se si perde il senso della domenica, Pasqua settimanale, s’indebolisce la stessa fede nel mistero pasquale. Le feste della Vergine Maria e dei Santi patroni vanno celebrate, di per sé, nel giorno in cui ricorrono nel calendario liturgico e in quello in vigore in diocesi, debitamente approvato, in modo da non sminuire o addirittura svuotare il significato teologico, liturgico e pastorale del giorno del Signore. In questa direzione si orienta la nostra azione pastorale, in modo da aiutare a vivere con più consapevolezza la domenica. L’assemblea domenicale, convocata dall’amore del Padre, vive nell’Eucaristia il «mistero della carità», che diviene «ministero della carità» attraverso l’esercizio dei molteplici e diversi servizi suscitati dallo Spirito del Signore. Mons. Helder Camara, arcivescovo di Recife, nel 1971, a pochi anni dal Concilio Vaticano II, si chiedeva provocatoriamente: «Cosa ne abbiamo fatto dell’Eucaristia?»33. Ce lo chiediamo come presbiteri, sacerdoti e religiosi e fedeli tutti. Quale significato conserva l’Eucaristia nelIvi. La costituzione conciliare sulla Sacra liturgia Sacrosanctum Concilium (n. 106), ritornando sulla valorizzazione della domenica, insegna: «Secondo la tradizione apostolica, che ha origine dallo stesso giorno della Risurrezione di Cristo, la Chiesa celebra il mistero pasquale ogni otto giorni, in quello che si chiama giustamente giorno del Signore o domenica. 33 H. CaMara, L’Eucharistie, exigence de justice sociale, in «Parole et Pain», 42 (1971), pp. 75-76. 32
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carità, liturGia E PiEtà PoPolarE la vita del fedele pur sostenuto dalla devozione verso i santi patroni? Sappiamo che se viatico era uno dei nomi dell’Eucaristia, quello più antico era klásma, che significa «spezzato»34. Con questo termine, un antico documento, la Didaché, comprendeva il pane eucaristico non come una realtà che sussiste in se stessa come pane (sostanza), ma come pane spezzato (relazione), fatto per essere condiviso. È la condivisione la verità del segno eucaristico della frazione del pane. La celebrazione eucaristica, non solo presuppone la carità verso i fratelli, come impegno di donazione e di riconciliazione, ma implica, nell’atto in cui si compie, un atteggiamento di amore che si esprime nella concretezza della vita, nei molteplici e diversi compiti di accoglienza (cfr. Gc 2,1 ss), di solidarietà (cfr. 1Cor 11,29), di comunione, soprattutto verso i più deboli e i più poveri. Il decreto conciliare sul ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum ordinis sottolinea che la celebrazione eucaristica, «per essere piena e sincera, deve spingere sia alle diverse opere di carità e al reciproco aiuto, sia all’azione missionaria e alle diverse forme di testimonianza cristiana»35.
L’Eucaristia è sempre stata legata a gesti di condivisione nei confronti dei poveri. In 1Cor 16,1-3 San Paolo comanda di fare una colletta a favore dei poveri il primo giorno della settimana. Rivolgendosi alla comunità di Corinto, lancia un 34 35
Cfr. Didaché, 9,4. Presbyterorum ordinis, 6.
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FrancEsco oliva forte monito sul modo di vivere il momento conviviale: «Volete gettare il disprezzo sulla Chiesa di Dio e umiliare chi non ha niente? Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo!» (1Cor 11,1822).
Cosa avviene a Corinto da provocare tale irritazione? San Paolo ha saputo della divisione tra i cristiani più ricchi che non aspettavano tutti i fratelli e cominciavano a mangiare e a bere fino a ubriacarsi, mentre i cristiani poveri che giungevano in ritardo non avevano più nulla da mangiare. La cena del Signore veniva così snaturata del suo vero significato, verificandosi una scandalosa discriminazione a danno dei più poveri. Il non attendere il fratello povero non era semplice mancanza di cortesia, ma segno di disprezzo nei suoi confronti: era un «umiliare chi non ha niente»36. Giovanni crisostoMo, in un’omelia sulla Prima lettera ai Corinti, ricordava che «la Chiesa non esiste perché noi, venendoci, conserviamo le nostre divisioni, ma perché ogni disuguaglianza sparisca: ecco il senso del nostro riunirci insieme» (Omelie sulla Prima lettera ai Corinti 27,3, PG 61, 227). Richiamando la stretta relazione tra liturgia e carità-comunione fraterna, afferma: «Vuoi onorare il corpo di Cristo? Ebbene, non tollerare che egli sia nudo; dopo averlo onorato qui in Chiesa con stoffe di seta, non permettere che fuori egli muoia per il freddo e la nudità […]. Quale vantaggio può avere Cristo se il suo altare è coperto di oro, mentre egli stesso muore di fame nel povero? Comincia a saziare lui che ha fame e in seguito, se ti resta ancora del denaro, orna anche il suo altare. Gli offrirai un calice d’oro e non gli dai un bicchiere d’acqua fresca: che beneficio ne avrà? Ti procuri per l’altare veli intessuti d’oro e a lui non offri il vestito necessario: che 36
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carità, liturGia E PiEtà PoPolarE L’epifania della Chiesa nell’Eucaristia è anche epifania della carità. Secondo i Padri della Chiesa, l’Eucaristia domenicale, era occasione privilegiata di carità: si raccoglievano offerte per i poveri e per venire in soccorso di chiunque si trovava in situazioni di indigenza e di bisogno37. Secondo San Giovanni Crisostomo, la carità non è che il prolungamento del mistero eucaristico: la responsabilità del povero e del bisognoso s’inscrive nel mistero eucaristico, nel pane e nel vino condivisi. Egli esorta ad «onorare il giorno del Signore… soccorrendo con generosa abbondanza i fratelli più poveri…, mettendo da parte qualcosa nel giorno del Signore per l’assistenza ai poveri»38,
visitando gli ammalati e i prigionieri, accogliendo i senza casa, i pellegrini e i viandanti. La carità deve manifestarsi concretamente e diventare guadagno ne ricava? […] Dico questo non per vietarti di onorare Cristo con tali doni, ma per esortarti a offrire aiuto ai poveri insieme a quei doni, o meglio a far precedere ai doni simbolici l’aiuto concreto […]. Mentre adorni la Chiesa, non disprezzare il fratello che è nel bisogno: egli infatti è un tempio assai più prezioso dell’altro» (Sul Vangelo di Matteo 50,3-4). 37 I Apologia, LXVII,6. 38 Giovanni crisostoMo, De elemosyna homilia, III. «Se ti accosti all’Eucaristia, non fare nulla di indegno riguardo ad essa e non disprezzare il povero. Cristo non ha escluso nessuno, quando ha detto: Prendete e mangiate. Ha dato il suo corpo ugualmente a tutti, e tu non gli dai nemmeno un volgare tozzo di pane» (in 1Cor hom., 27,4). Vi è un’intrinsecità fra la presenza di Cristo nel mistero eucaristico e la sua presenza nel povero (Giovanni crisostoMo, In Matth. hom., 50,3-4).
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FrancEsco oliva prassi di condivisione di giustizia nella liberante certezza che se i cristiani «hanno in comune ciò che non muore, tanto più le cose che periscono»39. Le nostre comunità cristiane devono accogliere in modo intelligente e creativo questi dati e inventare forme di carità, di prossimità, di giustizia adeguati ai tempi, in modo da vivere lo stretto legame tra il pane spezzato sull’altare e il pane condiviso nella vita. Come vorrei che il significato e valore dell’Eucaristia venisse debitamente affermato in ogni occasione, sia quando si festeggiano i santi patroni sia quando si celebrano i vari sacramenti, dal battesimo alla prima comunione, al matrimonio e alle esequie. La liturgia, luogo di incontro con Dio e i fratelli Parto dalle riflessioni fatte, per sottolineare quanto sia importante che nelle celebrazioni liturgiche non vengano mai a crearsi situazioni che per certi eccessi e lussi fuori luogo possono essere di offesa a chi meno ha e soprattutto far pensare che chi non possiede molto, non può accostarsi ai sacramenti. La liturgia è celebrazione della carità di Dio, pena il suo perdersi nelle ombre del sacro, nel ritualismo, nel formalismo nel rubricismo liturgico. È l’intera vita dell’uomo il luogo di culto: culto che dev’essere reale, personale, esistenziale, storico. Il legame tra liturgia e carità non è affatto marginale e non essenziale alla vita ecclesiale. 39
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Didaché, IV, 8.
carità, liturGia E PiEtà PoPolarE Entrambe, liturgia e carità, sono dimensioni essenziali alla vita cristiana: la liturgia si situa nello spazio dei segni e nel movimento della celebrazione, mentre la carità sul piano delle opere nel movimento della vita. Bisogna evitare il rischio di assolutizzazione dell’una a scapito dell’altra e della loro separazione. In una liturgia scissa dalla vita e dalla carità le forme rituali assumono un’importanza esagerata, a servizio della ieraticità del celebrante e della solennità della celebrazione, dove i paramenti, gli abiti, le suppellettili sacre diventano sempre più fastosi, preziosi, costosi, con il pretesto dell’onore da accordare a Dio. E così si insulta il povero, si dimentica che la realtà è il fratello, il povero, e che lì vi è la vera immagine di Dio e che il cuore del culto cristiano non è la ritualità, ma la relazione con Cristo e dunque con il prossimo, con i fratelli e le sorelle. È giusto chiederci: come le nostre comunità parrocchiali vivono la liturgia e le sue istanze di condivisione? Non possiamo rendere culto al Signore e al contempo ignorare il fratello nel bisogno né potrà mai esserci culto autentico se chi lo celebra o vi partecipa è causa di ingiustizia. Sento il bisogno di invitare a superare la deriva consumistica, che condiziona tante celebrazioni sacramentali, spesse ridotte ad occasioni per far festa, con spreco di denaro, aprendo talvolta la porta anche all’usura, male molto diffuso nel nostro territorio. Molte famiglie, infatti, si lasciano prendere dalla spirale della competizione e dell’arrivismo e, senza averne le possibilità economiche, organizzano feste in occasioni di celebrazioni dei sacramenti (specie di matrimoni), ricorrendo a 47
FrancEsco oliva prestiti di denaro che non possono in seguito restituire. Sono comportamenti questi da ripensare radicalmente. Se si facessero dei passi indietro si eviterebbero molti casi di usura e di disperazione per tante famiglie. Tenendo presente queste osservazioni, è necessario prestare attenzione al linguaggio liturgico, che ci riporta al mistero di Gesù Cristo e non si concilia con forme di autocelebrazione o eccessi in evidente contrasto col messaggio evangelico. La Sacrosanctum Concilium vuole che «i riti splendano per nobile semplicità» (SC 34). I gesti che Gesù compie trovano attualità liturgica in uno stile di sobrietà e semplicità. L’essenzialità esige uno stile sobrio, che è condizione per far emergere la verità di noi stessi e, più ancora, per aprirci e fare spazio all’altro (Dio, anzitutto, e la comunità ecclesiale, o il fratello). È lo stile, che non ama l’eccesso, l’esagerazione, il superfluo, e neanche la fredda e passiva partecipazione. Come giusta misura di se stessi e come capacità di essere attenti e fare spazio all’altro, lo stile sobrio apre alla dimensione della solidarietà. A queste sensibilità devono ispirarsi le nostre celebrazioni, che, in certi casi, specie in occasione dei matrimoni e delle prime comunioni, danno sfoggio di sfarzo, di eccesso ed inutili sprechi. Al fine di favorire una celebrazione più sobria e semplice si è pensato di proporre dei percorsi di formazione circa gli addobbi floreali e le riprese fotografiche cui seguiranno degli orientamenti pastorali.
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carità, liturGia E PiEtà PoPolarE Pietà popolare e feste religiose La nostra Chiesa è chiamata ad intraprendere percorsi di rinnovamento della religiosità e pietà popolare. Il cammino è difficile, ma va attivato. Occorre riflettere sul significato di certe pratiche devozionali e sulla loro efficacia evangelizzatrice. Infatti, la nostra religiosità conosce processi di erosione per effetto di correnti di secolarizzazione, per cui la fede cristiana, se pure sopravvive in alcune sue manifestazioni tradizionali e ritualistiche, tende ad essere sradicata dai momenti più significativi dell’esistenza, quali sono i momenti del nascere, del soffrire e del morire. Non si può rimanere condizionati da una fede di facciata, troppo arroccata in manifestazioni devozionali, legata a tradizioni che nulla hanno a che fare con la vera fede40. Il progressivo processo di separazione tra fede e vita ha dato origine ad una religiosità vuota, che non alimenta la vita, mettendo in crisi la credibilità dell’impostazione religiosa e facendo prevalere la dimensione ludica, tanto da confondere l’aspetto spirituale con quello folkloristico41. 40 Il mio venerato predecessore faceva notare l’esistenza di «troppi riti diventati cultura, dopo essere stati espressione di fede viva, troppo ignoranza religiosa per l’assenza di vera trasmissione di fede nelle famiglie» (G. Fiorini Morosini, «Trasformatevi, rinnovando la vostra mente» (Rm 12,2; Ef 4,23). Lettera pastorale per l’Anno della fede, 2013, 3). 41 Possono essere utili le parole degli orientamenti pastorali (EVBV) «Non può esistere alcun punto in comune tra la fede professata e una vita irreligiosa e miscredente, oppure disorientata dall’appartenenza ad organizzazioni
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FrancEsco oliva La pietà popolare dev’essere un’opportunità di crescita religiosa e civile; non può essere abbandonata a forme stereotipi che non tengano conto dei tempi che cambiano. Essa – è vero – esprime sentimenti forti e intuizioni profonde, come il sentimento della Provvidenza e l’abbandono fiducioso alla volontà di Dio nei momenti difficili e di bisogno. Ma va accompagnata, perché, perdendo i suoi genuini contenuti spirituali, non scada in ritualità. Nascendo nel contesto di una comunità viva di credenti deve saper coniugare nella fedeltà a Cristo tradizioni e concretezza di vita cristiana. Non si deve trascurare che il Vangelo è «la misura e il criterio valutativo di ogni forma espressiva […] di pietà cristiana [e che] alla valorizzazione dei pii esercizi e di pratiche di devozione deve coniugarsi l’opera di purificazione, talvolta necessaria per conservare il giusto riferimento al mistero cristiano»42.
È Cristo la vera tradizione vivente da seguire e amare. È vero! le diverse esperienze e tradizioni criminali e, quindi, consegnata volontariamente ad una struttura di peccato, che progetta e commette violenze e infamie contro la persona umana, la società e l’ambiente, che è la casa comune da custodire e curare» (n. 26). 42 Direttorio su pietà popolare e liturgia, p. 23. Gli orientamenti pastorali per il decennio 2010-2020 considerano la pietà popolare una dimensione rilevante della vita ecclesiale ed un veicolo educativo di valori della tradizione cristiana. Ciò accade se risaltano con maggiore evidenza e cura «la Parola di Dio, la predicazione e la catechesi, la preghiera e i sacramenti dell’Eucaristia e della riconciliazione e, non ultimo, l’impegno per la carità verso i poveri» (EVBV 44).
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carità, liturGia E PiEtà PoPolarE religiose, presenti nel nostro territorio, sembrano incidere poco nel tessuto sociale e nelle scelte di vita quotidiana. È facile rifugiarsi in una religiosità cultuale, che poco incide sul rinnovamento sociale e civile. Certe manifestazioni di pietà popolare sono fuorvianti e perciò vanno interrotte e modificate. Lasciamoci illuminare da una religiosità che sia più attenta ai bisogni del territorio. Il rapporto tra Eucaristia ed esigenza di giustizia sociale, tra liturgia e solidarietà si ripropone in modo forte nella pietà popolare. La festa patronale, oltre che occasione di evangelizzazione e di crescita spirituale, deve essere espressione di carità. Ad essa vanno collegate delle opere-segno in risposta alle tante necessità dei poveri e del territorio. Il tutto all’insegna di un rinnovamento della pietà popolare e del recupero del suo valore spirituale43. Sapendo che le feste popolari sono un patrimonio spirituale prezioso, ed il loro culto è elemento essenziale della sua identità, invito tutti i fedeli, le comunità parrocchiali, associazioni e movimenti cattolici, le confraternite, i comitati feste, ad accogliere insieme alle indicazioni che seguono le due note pastorali della CEc, in parRimane ancora valido nella sua impostazione e nelle opzioni pastorali La cruna dell’ago. Decreto sull’uso del denaro nella comunità cristiana (2002). Mons. GianCarlo Bregantini, rendendo esecutivo in diocesi l’esortazione pastorale ai presbiteri e alle varie comunità CEc, Sull’uso cristiano del denaro e dei beni materiali (25 luglio 2001), sottolineava il valore della povertà nella vita della Chiesa: «Uno stile di sobrietà e di povertà garantisce libertà alla Chiesa e al cuore di ciascuno» (p. 26). 43
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FrancEsco oliva ticolare quella sulla nuova evangelizzazione della pietĂ popolare. A loro integrazione e completamento per la nostra diocesi seguiranno degli orientamenti specifici.
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lEttEra PastoralE 2015 IV AI SACERDOTI Un incoraggiamento particolare sento doverlo rivolgere a tutti i sacerdoti, perché, insieme alla vita spirituale, curino il percorso di formazione permanente previsto in diocesi a cadenza mensile. Quest’anno esso sarà centrato sulla formazione al servizio della carità. Sappiamo bene che investire tempo e risorse per la formazione significa guadagnare in un’umanità più ricca di sapienza e intelligenza circa le cose di Dio. A voi, carissimi confratelli sacerdoti, desidero rivolgere una calorosa esortazione a vivere al meglio questo anno giubilare: siate uomini di perdono, capaci di educare allo spirito di carità, veri animatori di comunità. Tenete aperte le porte dei confessionali. Educate fedeli a ricorrere alla confessione in tempi stabiliti e ad orari determinati, facilmente accessibili, evitando che ci si accosti alla confessione poco prima che inizi la Messa o durante la stessa celebrazione. Rifuggite da ogni eccesso di rigorismo che non sia mitigato dalla misericordia. Ricordiamoci che la misericordia del Signore è anche per noi. Nessuna azione pastorale significativa è possibile senza un cammino di riconciliazione, anche tra noi. Sappiamo cogliere quanto di bello il Signore ha messo in ciascuno. Favoriamo la crescita nell’unità ed il reciproco rispetto… Mai si abbiano a proferire frasi come questa: «Uno come quello, non lo voglio vedere». 53
FrancEsco oliva Insieme edifichiamo quella che il Vaticano II chiama «fraternità sacerdotale». Formiamo un presbiterio che si lasci profondamente animare dallo Spirito del Signore. Sappiamo bene che la Chiesa accoglie ciascuno di noi presbiteri e ci costituisce parte dello stesso presbiterio diocesano attraverso i vincoli di carità, di ministero e di fraternità. Se manca l’unità del presbiterio tutta l’azione pastorale è compromessa. Così quando l’identità sacerdotale è indebolita l’intera missione rischia di essere pregiudicata. A noi pastori è richiesto un impegno maggiore nella formazione delle coscienze per una partecipazione più attiva alla vita sociale. In concreto, siamo chiamati ad essere lievito di rinnovamento civile e religioso, aiutando a superare l’individualismo per una scelta del bene comune, a rinunciare ad una mentalità di delega per una partecipazione più attiva e responsabile, ad abbandonare ogni velleità campanilistica per una cultura del territorio, a rifiutare la cultura dell’apparire fondata sul consumismo per una scelta di vita più sobria, a rinnegare la vendetta per il perdono, a ripudiare una giustizia fatta da sé per una maggiore fiducia nelle istituzioni. Sono tante le criticità alle quali prestare attenzione, senza fermarci alla semplice denuncia. Il nostro impegno non può lasciare in secondo ordine fenomeni preoccupanti, quali un’azione politica troppo ripiegata su se stessa e arroccata su interessi clientelari e di parte, il grave fenomeno delle estorsioni e dell’usura, la carenza dei servizi fondamentali, come la sanità, la viabilità, la scuola, la ricerca alla raccomandazione, l’uso 54
ai sacErDoti improprio del denaro ed il facile ricorso all’indebitamento, il gioco d’azzardo, lo scarso senso civico ed il disinteresse per il bene comune e la cosa pubblica, l’evasione fiscale. Il tutto nella logica che quanto più si è furbi e si riesce ad imbrogliare lo Stato, tanto più si è capaci. L’anno giubilare sia un’occasione di rinnovamento per tutti. Accogliamo gli inviti della bolla d’indizione Misericordiae vultus e seguiamone le sollecitazioni spirituali, superando ogni atteggiamento del puntare il dito, dell’ergerci a giudici severi con gli altri quanto indulgenti con noi stessi44. Quale sollecitazione migliore di questa per vivere il Giubileo con animo libero nello spirito della fraternità sacerdotale!
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Cfr. FrancEsco, Misericordiae vultus, 14.
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lEttEra PastoralE 2015 CONCLUSIONE
Come possiamo vedere, tante sono le sfide che c’interpellano. Con questa lettera ho voluto dare spazio ad alcune riflessioni che hanno bisogno di ulteriori sviluppi ed approfondimenti pastorali. Non si tratta di un testo organicamente strutturato, ma solo di alcune sollecitazioni che ho ritenute utili per un cammino unitario su delle linee essenziali. Confido nella fantasia e creatività dei sacerdoti, religiosi e religiose, movimenti ed aggregazioni ecclesiali, perché si possa dar vita a nuovi percorsi ed iniziative pastorali a livello diocesano, vicariale e parrocchiale. Conosciamo le problematiche che interessano la nostra Chiesa ed il suo territorio. Sono moltissime e vanno dalle tante nuove povertà alla mancanza di lavoro, dall’accoglienza dei migranti alle fragilità della famiglia, da una buona sanità alla solitudine degli anziani e degli ammalati, dalla mancanza di speranza al rifiuto della vita, dalle dipendenze dal gioco all’usura, dalla fuga di tanti giovani dalla nostra terra alla ricaduta nella rassegnazione, dalla fragilità del territorio alle difficoltà viarie, dalla criminalità organizzata alla corruzione. In questa situazione, so che non può mancare l’impegno della Chiesa per la legalità e la giustizia. Sarà una sfida da cogliere e portare avanti con coraggio e determinazione. Ma non mi soffermo su questo. Rimando alle tante puntuali ri56
conclusionE flessioni contenute nei due recenti documenti dei vescovi calabresi. Da essi possiamo cogliere una preziosa opportunità di rinnovamento, che desidero affidare al senso di responsabilità di tutti i fedeli, in particolare dei sacerdoti e dei parroci. Altri spunti interessanti ci verranno dalla recente enciclica di papa Francesco Laudato si’. Il tema dell’ecologia integrale consentirà di sviluppare una riflessione sulla spiritualità ecologica e sulla vocazione di custodi dell’opera di Dio. Accolgo con favore e tanta fiducia la sollecitazione emersa nel corso dell’assemblea diocesana del giugno scorso verso l’istituzione di un percorso stabile di formazione all’impegno sociopolitico e alla cura della casa comune. Mi auguro che tale percorso sia accolto con entusiasmo e che ognuno sia disposto a fare la propria parte, riconoscendo che ogni formazione al senso della cittadinanza, della partecipazione civile, dell’abitare la casa comune, l’affermazione del bene comune vada favorita ed accolta. La nostra Chiesa diocesana vuole camminare e investire risorse in questa direzione. Decisiva è la sfida della formazione. Sono solo alcune delle sfide da affrontare con tanta fede e la certezza che non siamo soli. Il cammino è lungo, ma possibile. Il Signore ci benedica tutti ed illumini il nostro cammino. Locri, 30 settembre 2015, memoria di San Girolamo ✠
Francesco Oliva Vescovo
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BiBlioGraFia DOCUMENTI DI RIFERIMENTO
FrancEsco, esortazione apostolica Evangelii gaudium, 2013. FrancEsco, bolla di indizione del Giubileo della Misericordia, Misericordiae vultus, 2014. FrancEsco, lettera enciclica Laudato si’, sulla cura della casa comune, 2015. BEnEDEtto XVI, esortazione apostolica post sinodale Verbum Domini, 2010. CEi, Incontriamo Gesù. Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, 28 giugno 2014. CEi, orientamenti pastorali per il decennio in corso 2010-2020 Educare alla vita buona del Vangelo, 2010. CEi, nota pastorale Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, 2004. CEc, Testimoniare la verità del Vangelo. Nota pastorale sulla ’ndrangheta, 25 dicembre 2014. CEc, Per una nuova evangelizzazione della pietà popolare. Orientamenti pastorali per le Chiese di Calabria, 30 giugno 2015. GiusEPPE Fiorini Morosini, lettera pastorale sulla ripresa della speranza nella Locride «Riprendete coraggio, o voi tutti che sperate nel Signore» (Sal 31,25), 2010. GiusEPPE Fiorini Morosini, lettera pastorale per l’Anno della fede «Trasformatevi, rinnovando la vostra mente» (Rm 12,2; Ef 4, 23), 2013.
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Diocesi di Locri-Gerace
Orientamenti liturgico-pastorali e norme per le feste religiose
2015
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oriEntaMEnti liturGico-Pastorali INTRODUZIONE
1. Nella lettera pastorale Oltre la soglia lungo il cammino della storia, ho richiamato la necessità di prestare attenzione al linguaggio liturgico, fatto di gesti, di segni e parole, che c’introduce nel mistero di Gesù Cristo. Il Concilio indica questo fondamentale criterio: i riti splendano «per nobile semplicità»1. I gesti che Gesù compie nella liturgia attraverso il ministro hanno attualità e forza evangelizzatrice nel loro stile sobrio e semplice. L’incontro con Gesù – sappiamo bene – non si realizza attraverso riti esterni, in liturgie, spesso avulse dal vissuto della gente, ma nella semplicità di gesti silenziosi, talvolta impercettibili, che liberano il fedele dalle sue sicurezze e lo rendono capace di gettarsi nelle mani di Dio, senza calcoli o riserve. È una tentazione da superare il ritualismo ed il formalismo, nel quale è facile cadere. Le nostre liturgie devono essere sempre più segnate dalla bellezza e dalla nobile semplicità, di cui parla il Concilio. 2. Attraverso la bellezza e sobrietà dei riti i fedeli vengono educati a gustare la liturgia, ad interagire con tutte le dimensioni dell’umano, recuperando ciò che è essenziale per la vita dell’uomo 1
Sacrosanctum Concilium, 34.
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DiocEsi Di locri-GEracE e per una relazione autentica con il Signore. Ci muove la consapevolezza che dal rinnovamento della liturgia transita il rinnovamento stesso della Chiesa. La liturgia è il luogo dove la Chiesa, stando alla presenza di Dio, diventa ciò che è ed, accogliendo il Vangelo, discerne la sua missione nel mondo. 3. Le indicazioni liturgico-sacramentale che seguono desiderano ricompattare primo annuncio ed evangelizzazione, liturgia e carità, in modo che non diventino degli scompartimenti-stagno o ambiti separati tra loro. La condivisione di questo primo tratto del nostro cammino pastorale mi ha portato a riconoscere l’urgenza pastorale di rinsaldare quest’alleanza, di riannodare e dare circolarità a queste tre sensibilità: l’annuncio della Parola che apre alla lode e all’incontro con Dio, l’incontro con Dio che alimenta e sostiene l’alleanza degli uomini tra loro. Non dimentichiamo che l’essere cristiani è un cammino iniziato dall’incontro con il Signore e compiuto nella carità come dono totale di sé 2. 4. La missione fondamentale che ci sta davanti è «rendere Dio presente in questo mondo e far sì che ogni uomo possa incontrarlo, scoprendo la forza trasformante del suo amore e della sua verità, in una vita caratterizzata da tutto ciò che è bello, buono e vero»3. La nostra missione è formare alla vita secondo lo Spirito, che dal punto di 2 3
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Cfr. EVBV 28. EVBV 22-24.
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali vista liturgico significa educare a celebrare bene, ad imparare a cogliere e valorizzare il contributo che viene dalla liturgia per un’educazione alla vita buona del Vangelo. La liturgia deve recuperare anche nella pietà popolare questa funzione, che nel corso dei secoli ha dato forma celebrativa alla fede dei cristiani, favorendone la tradizione e la ricezione attraverso le sue espressioni più qualificate, che hanno contribuito a rendere bella la vita cristiana. 5. Accogliendo l’esortazione dell’Evangelii gaudium, facciamo nostro l’invito ad «avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno»4, consapevoli che «ora non ci serve una «semplice amministrazione» pastorale, ma il porsi in uno «stato permanente di missione». Questo interessa tutto l’agire della Chiesa, sicché la liturgia e la preghiera diventano il primo atto di una Chiesa in uscita. Il nesso indistruttibile tra la Chiesa in preghiera (comunità orante) e la Chiesa in uscita (comunità missionaria) ci porta a riconoscere che non esiste una Chiesa arroccata al suo interno nella preghiera, nella liturgia e nei sacramenti, ed una Chiesa decisa ad andare incontro alle periferie. Tutto deve concorrere ad affermare la sua indole missionaria, non dimenticando che l’azione missionaria è «il paradigma di ogni opera della Chiesa»5.
4 5
EG 25. EG 15.
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DiocEsi Di locri-GEracE 6. Anche nella pastorale ordinaria dei sacramenti ci si imbatte facilmente di fronte alla richiesta del battesimo per i fanciulli, del matrimonio e dei sacramenti in genere per tradizione e senza il corrispettivo di un vero impegno di vita. Sono sempre più numerose le persone battezzate che non vivono le esigenze del battesimo e che non hanno un’appartenenza cordiale alla Chiesa o che non sentono più il gusto attraente della fede. Ci si accorge in tali circostanze di essere oltre la soglia, nelle nuove periferie, alle quali occorre restituire la gioia della fede. L’azione pastorale della Chiesa deve lasciarsi muovere dal desiderio del primo annuncio anche a quanti non hanno mai veramente conosciuto Gesù o lo hanno rifiutato, nonostante l’appartenenza formale alla Chiesa e la ricezione dei sacramenti. Questa tensione deve spingerci tanto ad annunciare Gesù «in altri luoghi bisognosi, quanto in una costante uscita verso le periferie del proprio territorio o verso i nuovi ambito socio-culturali»6. Da questo scaturisce l’esortazione di papa Francesco rivolta a ciascuna Chiesa particolare, anche alla nostra, ad avviare «un deciso processo di discernimento, purificazione e riforma»7. 7. Accogliamo con umiltà e disponibilità queste sollecitazioni, per avviare un percorso di rinnovamento pastorale con la condivisione di questi orientamenti liturgico-sacramentali. Li affido in particolare ai sacerdoti e diaconi, religiosi e religio6 7
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EG 29 Ivi.
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali se, che sono in primo luogo impegnati nell’azione catechetica e pedagogica nelle nostre comunità e nei nostri paesi e potranno chiarirne le ragioni e motivazioni. Non si tratta di legacci a quella libertà interiore, che segna il cammino spirituale di ciascuno, bensì di orientamenti comuni per uno stile di Chiesa più adeguato alle istanze del nostro tempo. Si tratta di orientamenti che sotto certi aspetti sollecitano vie nuove, che vanno presentate in modo corretto e convincente. Decisivo sarà il tono e l’esempio di ciascun presbitero, ma soprattutto uno stile unitario nella loro attuazione. Il tutto sempre per amore verso i fratelli, specie quelli più fragili, non rendendo mai opaco il volto della Chiesa il cui architrave è la misericordia. Questo anno giubilare aiuti tutti, sacerdoti, religiosi e religiose, diaconi e fedeli, a camminare nello stile del Vangelo.
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DiocEsi Di locri-GEracE i CELEBRAZIONI LITURGICHE
8. La nostra Chiesa è chiamata oggi a fare nuove scelte pastorali, ma anche a suscitare domande di fede e ad indicare in Gesù la risposta ai tanti problemi dell’uomo. È questa la grande scelta missionaria di una Chiesa dalle porte aperte, che va incontro ai lontani, anche quando si presentano nella veste di gente che non ha più una fede religiosa o non ha mai sentito parlare di religione o chiede i sacramenti per semplici motivi di tradizione, ovvero senza la giusta consapevolezza. È questa la vera emergenza liturgico-sacramentale, che deve provocare un rinnovato entusiasmo missionario. 9. La richiesta dei sacramenti, ancora alta nella nostra terra, va accolta come una domanda di senso e di ricerca spirituale più che come occasione per assecondare tradizioni religiose e abitudini sociali. È fondamentale intercettare questa domanda e discernere quel sentimento religioso, più o meno confuso, presente nel nostro popolo, che nel nascere, nell’amare e nel morire avverte ancora qualcosa di essenziale e decisivo per la propria vita. Nell’uomo che fatica a dare senso alle grandi tappe della vita, il richiamo sacramentale, per quanto debole e dettato da confuse motivazioni e spesso di chiara indole convenzionale, rimane ancora una piccola fiammella, ma anche 66
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali l’ultima opportunità, per incontrare la luce ed il ristoro del progetto di Dio. 10. L’accoglienza del mandato missionario porta con sé la sfida di far crescere ed edificare la vita cristiana «a partire dall’incontro con Gesù e il suo Vangelo, del quale quotidianamente sperimentiamo la forza sanante e liberante»8. Celebrare il vero culto spirituale è offrire sé stessi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio. Una liturgia distaccata dal culto spirituale rischia di svuotarsi e decadere dall’originalità cristiana in un generico senso sacrale, quasi magico, e in un vuoto estetismo. Essendo azione di Cristo, la liturgia spinge a rivestirsi dei suoi stessi sentimenti, in un dinamismo che trasfigura la vita dell’uomo9. 11. In ogni parrocchia è necessario attivare processi formativi che aiutino i fedeli a vivere la liturgia nella sua profonda verità di azione sacra, azione di Cristo e della Chiesa, senza sconfinare in cerimonie belle nella forma, ma senza partecipazione interiore. È un rischio latente in tante celebrazioni. Dare più spazio alla preghiera e alla riflessione, al silenzio e alla meditazione, sono percorsi importanti per riscoprire il valore dell’interiorità, nel EVBV 4. «Il nostro vivere quotidiano nel nostro corpo, nelle piccole cose, dovrebbe essere ispirato, profuso, immerso nella realtà divina, dovrebbe diventare azione insieme con Dio. Questo non vuol dire che dobbiamo sempre pensare a Dio, ma che dobbiamo essere realmente penetrati dalla realtà di Dio, così che tutta la nostra vita… sia liturgia, sia adorazione» (BEnEDEtto XVI, Lectio divina al Seminario Romano, 15 febbraio 2012). 8 9
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DiocEsi Di locri-GEracE contesto di una società che privilegia le apparenze e le forme, i rumori e le emozioni passeggere. 12. Gruppo liturgico. Ritengo importante che si dia più tempo alla formazione liturgica della comunità credente. Un segno concreto a riguardo, ma anche un’utile opportunità, è la formazione di un gruppo liturgico, che, costituito dai diaconi, dai lettori, dagli accoliti, dai ministranti, dal coro e dagli altri operatori liturgici, prepari la liturgia, ascolti e mediti la Parola, svolga il servizio dell’accoglienza, della pulizia e del decoro della Chiesa. Il gruppo liturgico aiuta la comunità a crescere, ad educarsi al senso del bello e a vivere i momenti liturgici con maggiore partecipazione. È questa una sfida, che impegna tutta la comunità credente e che deve essere saputa accogliere con fedeltà e coraggio. 13. Coro. Importante è anche il coro per l’animazione musicale. Come parte integrante dell’assemblea, non si sostituisce ad essa, ma l’anima e guida. Il suo posto è nell’aula liturgica o nei pressi, in modo che possa svolgere bene il suo compito e favorire la partecipazione alla celebrazione. Esprimo la mia gratitudine ai tanti cori che ogni domenica animano la liturgia nelle nostre Chiese parrocchiali. Il loro è un vero «compito ministeriale»10. Ad essi va una particolare attenCome insegna il Concilio, quando «la Chiesa prega o canta o agisce, la fede dei partecipanti è alimentata, le menti sono sollevate verso Dio per rendergli un ossequio ragionevole e ricevere con più abbondanza la sua grazia» (Sacrosanctum Concilium, 33). 10
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oriEntaMEnti liturGico-Pastorali zione pastorale, che ne sostenga e motivi il cammino spirituale. 14. Spazi e luoghi liturgici. I fedeli vanno aiutati a comprendere il significato degli spazi e segni liturgici (altare, ambone, sede, aula liturgica, fonte battesimale, immagini sacre, la custodia dell’Eucaristia). Un luogo di culto accogliente e dignitoso predispone e favorisce il raccoglimento e la preghiera. In particolare, in occasione delle feste occorre prestare una cura particolare, senza comunque bisogno di doverlo tappezzare con drappi di vari colori e con addobbi sfarzosi che sanno di altri tempi. 15. La sede del celebrante. La sede del celebrante sia ben visibile a tutti, in modo da consentire la guida della preghiera, il dialogo e l’animazione. Essa deve designare il presidente non solo come capo, ma anche come parte integrante dell’assemblea: per questo dovrà essere in diretta comunicazione con l’assemblea dei fedeli, pur restando abitualmente collocata in presbiterio. La sede è unica e può essere dotata di un apposito leggio a servizio di chi presiede. Non sia mai però collocata davanti al tabernacolo che custodisce il Santissimo Sacramento. Quando il Santissimo Sacramento è custodito nel tabernacolo posizionato al centro sull’altare tradizionale, la sede del sacerdote sia collocata lateralmente. Sull’altare non si devono collocare né statue né immagini di santi. 16. Le immagini sacre. Nelle nostre Chiese è data grande importanza alla tradizione di esporre alla 69
DiocEsi Di locri-GEracE venerazione dei fedeli le immagini e le statue del Signore, della Beata Vergine Maria e dei santi, molte delle quali sono belle, di grande valore storico e pregio artistico. In molti casi però il loro numero eccessivo e la disposizione disordinata ne fanno perdere il valore simbolico, favorendo una devozione troppo formale e semplicistica. È cura dei sacerdoti fare in modo che la devozione popolare va bene formata ed orientata, in modo che la stessa disposizione delle immagini non distolga l’attenzione dalla celebrazione eucaristica e dalla centralità del Santissimo Sacramento. Si faccia in modo che nell’aula liturgica vi sia una sola immagine di un santo. Non si espongano alla pubblica devozione nuove immagini solo per venire incontro a richieste di singoli fedeli. Si educhino i fedeli ad una genuina devozione alla Madonna ed ai santi, chiarendo altresì che la vera devozione non consiste nel rivestire le statue di collane d’oro o di vesti sontuose, che possono attirare l’attenzione più a quello che luce che alla persona e al messaggio spirituale che rappresenta. 17. Servizio fotografico. L’attenzione al luogo sacro si estende anche a quanti vi operano per servizi diversi, come quello fotografico o dell’addobbo floreale. In occasione delle celebrazioni liturgiche si invitino i fotografi ed i cineoperatori ad operare con la massima discrezione e rispetto, in modo da non occupare lo spazio sacro e distogliere l’attenzione dell’assemblea, rispettando in ogni caso le disposizioni diocesane impartite dall’Ufficio liturgico diocesano.
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oriEntaMEnti liturGico-Pastorali 18. Addobbo floreale. L’addobbo floreale non può essere lasciato al gusto personale dell’operatore, ma deve rispettare il decoro del luogo sacro, le esigenze di bellezza e di sobrietà della liturgia. Disposti in modo ordinato ed armonico, i fiori sono una manifestazione del bello che ben si adatta al luogo. Pertanto si presti molta attenzione a che gli addobbi floreali siano allestiti secondo le indicazioni dell’Ufficio liturgico diocesano, in modo che non si creino ostacoli o intralci all’azione liturgica e la Chiesa sia salvaguardata nel suo essere luogo di preghiera e di culto, ben diverso da una sala di ricevimento o da altro luogo di festa.
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DiocEsi Di locri-GEracE II SUI SACRAMENTI
Sacramenti dell’iniziazione cristiana 19. L’iniziazione cristiana. L’iniziazione cristiana è il cammino di fede che, grazie soprattutto ai sacramenti del battesimo, della cresima e dell’Eucaristia, introduce nella vita cristiana, cioè fa diventare cristiani, inserendo nel mistero di Cristo e della Chiesa. La catechesi dell’iniziazione cristiana non è semplicemente insegnamento dottrinale né introduzione ai sacramenti, ma «introduzione globale alla vita cristiana». Di conseguenza, per ogni aspetto o tema catechistico occorre tenere presenti e far esperimentare i tre ambiti fondamentali della vita cristiana: l’evangelizzazione (annuncio, ascolto e conoscenza della Parola di Dio), la celebrazione, la testimonianza (soprattutto della carità). A livello pastorale è molto importante tenere presente tutto questo, in modo da aiutare i fedeli a superare la concezione privatistica del battesimo e a recuperare il valore del legame con la comunità, specie quando per motivi diversi l’esperienza cristiana non ha avuto alcun seguito, s’è interrotta o ha conosciuto il rifiuto, la stanchezza. 20. L’iniziazione cristiana in prospettiva catecumenale come introduzione globale alla fede e alla vita cristiana è una scelta che la nostra Chiesa ha 72
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali fatto propria e sulla quale occorre continuare ad investire risorse ed impegno pastorale, seguendo i percorsi formativi organizzati dall’Ufficio catechistico diocesano. È una scelta importante che favorisce opportunamente il coinvolgimento della comunità e soprattutto dei genitori, la cui disponibilità a seguire il figlio e, quindi, a fare loro stessi un cammino di fede, partecipando anche ad appositi incontri di evangelizzazione, è una condizione indispensabile, perché il fanciullo stesso possa effettuare il cammino di iniziazione cristiana. Ma anche quando in particolari situazioni diventa difficile praticare questo percorso non si deve dimenticare mai che l’esperienza di fede non si esaurisce nella sola dimensione dottrinale. 21. Occorre impegnarsi sul piano formativo per far superare la mentalità che tende ad identificare l’iniziazione cristiana con la ricezione dei sacramenti. È una mentalità che ancora persiste in tanti, anche catechisti e soprattutto in tante famiglie, che portano i loro ragazzi a catechismo essenzialmente in vista della ricezione dei sacramenti, senza preoccuparsi del loro cammino di fede e della loro vita cristiana. 22. Fase mistagogica. Il percorso dell’iniziazione cristiana non finisce con la ricezione dei sacramenti. Segue il tempo della mistagogia 11, in cui i ragazzi vengono aiutati ad agire secondo i sacramenti ricevuti, a vivere cioè da cristiani, trasfor11
Cfr. EVBV 54.
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DiocEsi Di locri-GEracE mando la grazia dei sacramenti in uno stile di vita conforme a Cristo, che è essenzialmente vita di fede, di speranza e di carità12. Questo nuovo modo di essere, che trasforma tutta la loro personalità (intelligenza, volontà, affettività, corporeità, ecc.), rende possibile un nuovo modo di vivere e agire. Il tempo della mistagogia ha lo scopo di accompagnare i ragazzi nei primi passi del nuovo modo di essere, vivere e agire. Le comunità parrocchiali, secondo le proprie possibilità, s’organizzino in modo che ogni attività formativa possa continuare con una metodologia adatta alle loro esigenze. 23. Un ruolo importante possono svolgerlo l’oratorio, i gruppi parrocchiali, le attività di grest e di animazione, nel quale i ragazzi potranno essere aiutati a vivere il tempo della mistagogia. Gli oratori possono diventare fucine di disparate proposte aggregative: dal teatro alla danza, dalla recita ai musical, dallo sport alla cultura. In questo ambito di attività ogni singola comunità si organizzi al meglio con i mezzi a propria disposizione e sapendo investire nella formazione degli educatori ed accompagnatori. Si aiutino i ragazzi ad inserirsi nella vita della comunità parrocchiale (gruppo liturgico e dei ministranti, coro parrocchiale, gruppi giovanili, attività caritative, gruppo animazione).
La nota della CEi circa gli Orientamenti per l’iniziazione dei fanciulli e dei ragazzi afferma con chiarezza che «con la celebrazione del battesimo, della confermazione e dell’Eucaristia, non è terminato l’itinerario di iniziazione cristiana. Inizia il tempo della mistagogia» (n. 48). 12
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oriEntaMEnti liturGico-Pastorali 24. Casi di difficoltà. Particolare delicatezza e sensibilità esige la situazione dei fanciulli e dei ragazzi con difficoltà di apprendimento, di comportamento e di comunicazione. Anche in questi casi il battesimo è per sua natura ordinato al completamento crismale e alla pienezza sacramentale che si raggiunge con la partecipazione all’Eucaristia. Nel caso dei ragazzi diversamente abili, mentre si cerca il coinvolgimento della famiglia, è indispensabile avvalersi di catechisti che abbiano acquisito una specifica sensibilità e preparazione. L’itinerario va adattato alle possibilità concrete del ragazzo. Ma, per quanto è possibile, non si faccia compiere l’itinerario da solo, ma in gruppo, così da evitare qualsiasi emarginazione o discriminazione. Soprattutto si manifesti un’attenzione speciale che non faccia pesare la particolare condizione di disabilità. Battesimo 25. L’annuncio della nascita. Essendo la nascita di un bambino un evento di gioia e di vita ed un segno che Dio non s’è dimenticato di noi, si faccia in modo che la comunità partecipi della gioia di questo evento. La nascita va accolta con un gesto di benedizione del bambino appena viene la prima volta accompagnato in Chiesa e, volendo, anche con il suono festoso delle campane, specie nei piccoli paesi, ove la natalità è in crisi e il processo di invecchiamento della popolazione in sensibile aumento. 26. La richiesta del battesimo. La richiesta del battesimo, che solitamente avviene nei primi mesi 75
DiocEsi Di locri-GEracE dopo la nascita, va accolta con gioia, essendo il battesimo il sacramento su cui si fonda la nostra fede e che ci innesta come membra vive in Cristo e nella Chiesa. S’invitino i genitori ad annunciare al parroco al più presto la nascita del bambino, per chiedere il battesimo e prepararsi ad esso debitamente. Ogni sacerdote dia grande attenzione all’incontro con i genitori ed al loro vissuto, specie quando hanno conosciuto la sofferenza o il dramma del fallimento. 27. Preparazione al battesimo. Il parroco personalmente o tramite altri provveda che i genitori, mediante degli incontri di catechesi ma anche con la preghiera, siano debitamente istruiti. La preparazione può avvenire anche radunando più famiglie e dove sia possibile visitandole a casa. Li si aiuti a scoprire la bellezza della vita nuova in Cristo, a ravvivare la loro fede ed a prendere coscienza della responsabilità educativa e dell’importanza di accompagnare chi riceve da piccolo questo sacramento anche in seguito, in modo che il cammino di iniziazione cristiana non s’interrompa. 28. Nel caso in cui la richiesta del battesimo viene da genitori conviventi o sposati solo civilmente, ai quali nulla impedisce di regolarizzare la loro posizione, il parroco non tralasci tale occasione per esporre loro il senso del matrimonio cristiano, invitandoli ad intraprendere un cammino, che permetta di conseguire la pienezza della comunione con la Chiesa e il compimento della loro unione, offrendo tutti gli aiuti necessari per con76
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali tinuare a sentirsi parte della comunità ed a vivere l’esperienza cristiana, nonostante il fallimento e la prova13. Nel valutare la richiesta di battesimo da parte dei genitori occorre però molta saggezza, paziente dialogo, motivazioni convincenti, ma anche comprensione, amabilità e misericordia. Ricordiamo quanto è scritto nell’Evangelii gaudium: «Tutti possono partecipare in qualche modo alla vita ecclesiale, tutti possono far parte della comunità, e nemmeno le porte dei sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi. Questo vale soprattutto, quando si tratta di quel sacramento che è la porta, il battesimo»14.
29. Ruolo dei padrini. In caso di dubbio o d’incertezza circa la volontà e la disponibilità dei genitori ad educare cristianamente il loro figlio, si valorizzi il ruolo dei padrini. Si celebri il battesimo se, con il consenso dei genitori, l’impegno di educare cristianamente il bambino viene assunto dal padrino o dalla madrina o da un parente prossimo, come pure da una persona qualificata 13 Ivi. Si tenga conto di quanto afferma il documento della CEi Incontriamo Gesù: «Quando il contesto riguarda genitori separati o divorziati, coppie in situazione canonica irregolare, quando uno o entrambi i genitori sono lontani dalla pratica ecclesiale, sarà cura della comunità cristiana accogliere la domanda del sacramento accostando con delicatezza queste situazioni, proponendo un cammino di preparazione anche attraverso il dialogo con famiglie cristiane che possano accompagnare la riscoperta della fede» (n. 59). 14 EG 47.
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DiocEsi Di locri-GEracE della comunità cristiana15. Il battesimo può essere differito in casi eccezionali, se manca del tutto la fondata speranza che il bambino sarà educato nella religione cattolica. 30. È opportuno che i parroci informino per tempo le famiglie sui criteri da seguire nella scelta del padrino e sui requisiti che deve avere, in modo da evitare spiacevoli sorprese dell’ultimo momento, quando già le famiglie hanno fatto la loro scelta. 31. Il parroco faccia di tutto, perché i padrini e le madrine siano motivati e spiritualmente preparati, in modo da comprendere il significato ecclesiale di un compito, che richiede fedeli maturi nella fede, rappresentativi della comunità, capaci di accompagnare il battezzando e di seguirlo anche in seguito con il sostegno personale e l’esempio16. Li invitino a prendere parte attiva e consapevole alla celebrazione, dopo essersi possibilmente accostati alla confessione. Prima della celebrazione del sacramento essi dovranno dichiarare di essere preparati e pronti ad assumersi il compito con le relative responsabilità. 32. Quanto all’età dei padrini, si lascia alla valutazione del parroco la decisione di ammettere in casi particolari ed in via eccezionale il minore di sedici anni, che abbia però completato il cammino di iniziazione cristiana.
15 16
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Cfr. cEi, Direttorio di pastorale familiare, 1993, 232. Cfr. CEi, Incontriamo Gesù, 70.
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali 33. Quanto al divieto di fare da padrini, si osservino le prescrizioni dell’art. 11 della nota CEc, Per una nuova evangelizzazione della pietà popolare. 34. In ogni caso, va ricordato che il CJC stabilisce che a chi riceve il battesimo e la confermazione il padrino venga dato «in quanto possibile»17. Pertanto, nel caso in cui la famiglia non abbia persone disponibili e preparate, che rispondano ai requisiti richiesti, il parroco, valutata la situazione concreta, dia ai genitori la possibilità di farne a meno. 35. Testimoni di battesimo. Lo stesso parroco consenta di affiancare solo come testimoni del rito sacramentale quelle persone indicate dalla famiglia, che, non avendo i requisiti prescritti, esprimono pur sempre una positiva vicinanza parentale, affettiva ed educativa. È opportuno far presente anche la possibilità che la funzione del padrino o della madrina può essere assunta opportunamente da un catechista o da un educatore, lasciando alla famiglia la possibilità di scegliere tra gli operatori pastorali o altre figure significative dei gruppi familiari che operano in parrocchia. 36. Luogo di celebrazione. Dal momento che il battesimo introduce nella comunità cristiana che accoglie, la Chiesa parrocchiale dei genitori è il luogo proprio di celebrazione del battesimo dei bambini, a meno che una giusta causa non sugge17
Cfr. cann. 872 e 892.
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DiocEsi Di locri-GEracE risca diversamente18. Tale disposizione risponde all’esigenza di creare le condizioni perché il battezzando e la sua famiglia sin dal battesimo possano essere partecipi di una comunità ecclesiale, quale luogo proprio della vita cristiana. Non è consentito celebrare in cappelle private, come anche, salvo il pericolo di morte, negli ospedali, nelle case private. 37. Fuori parrocchia. Il parroco in presenza di giuste motivazioni può concedere il nulla osta per il battesimo fuori parrocchia, dopo aver provveduto alla preparazione dei genitori e padrini o in mancanza demandandone la preparazione al parroco celebrante. 38. Anche se il battesimo può essere celebrato in qualsiasi giorno, ordinariamente venga celebrato di domenica, o, se possibile, nella veglia pasquale19. Sulla Messa di prima comunione 39. Laddove è prevista la celebrazione unitaria del sacramento dell’Eucaristia e della Confermazione, secondo il metodo del Cammino Emmaus, si presti attenzione alla preparazione liturgica dei ragazzi, spiegando loro bene la celebrazione ed i simboli usati. Alla celebrazione unitaria deve seguire il tempo di mistagogia con l’inserimento dei ragazzi nelle attività oratoriali. 18 19
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Cfr. can. 858, 2. Cfr. can. 856.
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali 40. Nella formazione catechistica, ed in particolare negli itinerari di preparazione alla prima comunione, si introducano i fanciulli al senso e alla bellezza di sostare in compagnia di Gesù davanti al Santissimo Sacramento, in modo da coltivare in loro lo stupore per la sua presenza nell’Eucaristia. Sulla confermazione 41. Luogo della confermazione. Luogo naturale della celebrazione della confermazione è la parrocchia, ove è avvenuto il cammino di preparazione. In casi particolari ed eccezionali il parroco conceda il permesso di riceverla in altra parrocchia, dopo aver provveduto alla preparazione spirituale dei cresimandi, dei padrini e delle madrine. Prima di rilasciare il nulla osta li inviti alla confessione. 42. Cresima degli adulti. Si dia giusta attenzione pastorale alla preparazione alla cresima degli adulti, che, se ben impostata, diventa una vera opportunità di crescita e di maturazione cristiana. Si eviti di unire il gruppo dei cresimandi adulti con quello degli adolescenti e ragazzi, ed in ogni caso non si inseriscano cresimandi adulti o comunque provenienti da un altro percorso nella celebrazione unitaria del Cammino Emmaus. 43. Celebrando la confermazione nella Messa domenicale, la liturgia della Parola sia quella della domenica con la possibilità di cambiare la seconda lettura con un testo tratto dal lezionario 81
DiocEsi Di locri-GEracE proprio del Rito della confermazione. Durante i tempi di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua i brani biblici siano quelli propri, trattandosi di periodi particolarmente significativi dell’anno liturgico. 44. Presentazione dei cresimandi. È bene che prima dell’omelia il parroco o uno dei sacerdoti o dei catechisti presenti i cresimandi al vescovo, non tanto indicando i loro nomi quanto facendo cenno al cammino di preparazione e alle sue diverse tappe. 45. Rito dell’imposizione. L’imposizione delle mani viene fatta solo dal vescovo; possono compiere insieme con lui questo gesto i sacerdoti presenti che egli intenda associare a sé anche nella crismazione. Durante il conferimento del sacramento non si eseguano canti; se il numero dei cresimandi è notevole può contribuire a mantenere il raccoglimento un delicato sottofondo d’organo. 46. Preghiera dei fedeli. La preghiera universale conservi la sua natura di invocazione; le intenzioni siano semplici, brevi e dirette nella formulazione, e non siano più di sei. Tra queste non manchino quelle previste per le necessità della Chiesa, per i governanti e per la salvezza di tutto il mondo, per coloro che si trovano in difficoltà e per la comunità locale. Il rispetto, nella proclamazione delle intenzioni, dell’ordine indicato aiuta la coscienza di una vera appartenenza ecclesiale. Le intenzioni non siano proposte unicamente dai cresimati. 82
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali 47. Processione offertoriale. Nel recare le offerte all’altare si evitino lunghe processioni, spesso troppo coreografiche. Oltre al pane, al vino e all’acqua, se si crede opportuno, si porti ciò che è segno concreto di solidarietà verso i poveri e di attenzione per le necessità della Chiesa. Tra gli offerenti ci siano anche dei neo-cresimati. Non è necessario portare in processione tutti i cesti delle offerte. La celebrazione della Messa 48. Meno Messe e più Messa. Spesso per la preoccupazione di offrire a tutti l’opportunità di partecipare con più facilità alla Messa festiva, e non solo, si moltiplica, oltre il giusto, il numero delle Messe. «Al di là delle buone intenzioni, questa prassi risulta di grave pregiudizio per la cura pastorale»20, e comunque favorisce – seppure indirettamente – un eccessivo frazionamento della comunità21. Un’altra conseguenza negativa che ne può derivare è una svalutazione della Messa a formalità rituale e la riduzione del sacerdote a stanco esecutore, quasi meccanico. Pertanto di domenica dovrà avere particolare splendore «la Messa della comunità», quella che sta al centro del giorno del Signore. Non è possibile più quello che in un tempo di abbondanza di sacerdoti aveva fatto sì che si moltiplicasse il numero delle Messe, facendole diventare quasi un servizio il 20
Cfr. CEi, nota pastorale Il giorno del Signore (1984),
21
Eucharisticum mysterium, 17.
32.
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DiocEsi Di locri-GEracE più comodo e il più facile possibile. Nelle Chiese non parrocchiali è consentita una sola celebrazione festiva. 49. La celebrazione della Messa va debitamente preparata e curata. È bene che ci sia sempre un congruo lasso di tempo tra una Messa e l’altra e si favorisca la preghiera personale, il raccoglimento ed il silenzio sia prima della celebrazione, quando ci si prepara indossando i paramenti sacri, sia al termine della celebrazione, per far crescere la sensibilità verso la dimensione interiore e prepararsi a gustare il mistero eucaristico. 50. Momenti di silenzio. Va sempre favorito il raccoglimento prima, durante e dopo la celebrazione, prestando attenzione a che l’uso di cellulari e di macchine fotografiche non sia di disturbo. I momenti di silenzio previsti durante l’atto penitenziale, dopo l’invito alla preghiera, dopo l’omelia, durante la consacrazione, dopo la comunione e ogni volta sia esplicitamente espresso dalle rubriche, sono «parte della celebrazione»22. Si rispettino tutti questi momenti, essendo il silenzio grembo per l’ascolto, non spazio vuoto da riempire con le nostre parole e gesti troppo umani. 51. Distribuzione della comunione. Per la distribuzione della comunione è possibile avvalersi dei ministri straordinari solo nei casi in cui il numero dei ministri ordinati (vescovo, presbitero, diacono) non sia sufficiente alle necessità determinate dall’assemblea. 22
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Ordinamento generale del Messale Romano, 56.
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali 52. Orari Sante Messe. Gli orari delle Sante Messe siano affissi e ben visibili all’ingresso della Chiesa con l’indicazione delle celebrazioni che avvengono nelle altre parrocchie della città e inviato all’Ufficio liturgico per la necessaria e opportuna diffusione. Nei paesi ove sono più parrocchie i parroci ne concordino gli orari, facendo in modo che essi non si accavallino né si moltiplichino. 53. Messe a suffragio dei defunti. Dove esiste la consuetudine di celebrare il trigesimo, questa celebrazione venga inserita nella Messa parrocchiale, evitando di ricorrere a Messe fuori orario. Si adottino i testi della Messa del giorno corrente, facendo menzione del defunto, come si ritiene opportuno, all’inizio della Messa, nella preghiera dei fedeli e nella preghiera eucaristica. 54. Le Messe di trigesimo e gli anniversari – possibilmente – non vanno celebrate di domenica e nelle solennità, mentre è possibile celebrare le esequie nei giorni festivi, qualora i parenti hanno buoni motivi per chiederlo. È proibito nominare il defunto nelle Messe domenicali e nelle solennità e feste di precetto, dato il carattere comunitario di tali celebrazioni. 55. Messa pro populo. Nelle domeniche e nei giorni festivi il parroco o chi ne fa le veci non trascuri di applicare la Messa pro populo: è la preghiera che il pastore eleva al Signore per la comunità a lui affidata. I fedeli siano informati sul dovere che il parroco ha, in tali giorni, di applicare la Messa per il popolo, dei cui frutti partecipano anche 85
DiocEsi Di locri-GEracE i defunti. Si ribadisce il divieto al sacerdote che concelebra nello stesso giorno di percepire l’offerta per questa. 56. Proclamazione della Parola. Si dia la dovuta importanza alla proclamazione delle letture secondo la liturgia del giorno. La Parola di Dio si rende percepibile attraverso il segno di parole e di gesti umani. Nella liturgia della Parola si ha «una continua, piena ed efficace proclamazione della Parola»23, che, durante l’anno liturgico, attraverso un’esposizione continuata, presenta i misteri fondamentali della nostra fede, in modo da orientare il proprio cuore a Cristo, «presente nella sua parola, giacché è lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura»24. Si preferisca la lectio continua, seguendo il cammino di ascolto proposto nell’Ordo Lectionum Missae. Si eviti, perciò, di interrompere questo cammino con le letture delle memorie facoltative o obbligatorie, eccetto nei casi di memorie particolari (evangelisti, apostoli, discepoli del Signore, o feste che hanno precisi riferimenti biblici). 57. La proclamazione della Parola avvenga avvalendosi dei nuovi lezionari, obbligatori dall’Avvento 2010, dall’ambone, al quale va data la giusta importanza e risalto. Non s’inizi mai la proclamazione delle letture prima che l’assemblea sia seduta, adeguatamente disposta e pronta all’ascolto. Possibilmente, si canti il Salmo responsoriale, 23 24
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Verbum Domini, 52. Sacrosanctum Concilium, 7.
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali o almeno il solo versetto responsoriale, come anche l’acclamazione al Vangelo. L’Alleluia per sua natura non può essere semplicemente letto. 58. Lettori. La Parola sia proclamata da lettori incaricati, uomo o donna, competenti e ben preparati (giovani o adulti, e non da bambini), nel rispetto della varietà dei ministeri (lettore, cantore o salmista, diacono e presbitero). Ad essi deve essere data una preparazione specifica, in modo che «i lettori siano più idonei all’arte di leggere in pubblico sia a voce libera che con l’aiuto dei moderni strumenti di amplificazione»25. 59. Formazione dei lettori. Sollecito i parroci e le comunità parrocchiali a curare la formazione dei lettori, inviando qualche fedele scelto per questo servizio ai laboratori organizzati per i lettori dall’Ufficio liturgico diocesano e dalla nostra Scuola di formazione teologico-pastorale “Barlaam Calabro”. 60. Processione offertoriale. La presentazione dei doni nelle processioni offertoriali sia sobria nelle celebrazioni liturgiche di eventi particolari. Oltre il pane, il vino e l’acqua, altri doni hanno senso se destinati a particolari situazioni di necessità o ad iniziative di solidarietà. Non è necessario portare all’altare tutto quanto viene offerto, anche oggetti che di per sé non sono doni, ma semplicemente richiamo ad impegni di vita. I doni presentati vengano collocati in luogo dignitoso, a questo 25
Ordinamento delle letture della Messa, 55.
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DiocEsi Di locri-GEracE predisposto, mai sull’altare, dove trovano collocazione solo il pane ed il vino per la celebrazione eucaristica. L’uso di accompagnare questa azione con delle didascalie è da evitare, poiché i segni sono tali perché sono espressivi di per se stessi. 61. La binazione. Al sacerdote è consentito celebrare l’Eucaristia una sola volta al giorno, eccetto i casi in cui, a norma di diritto, può celebrare o concelebrare più volte nello stesso giorno (c. 905, par. 1). Ogni sacerdote può ripetere la celebrazione o la concelebrazione della Messa nelle circostanze previste; il Giovedì santo: chi ha celebrato o concelebrato la Messa crismale, può celebrare o concelebrare la Messa nella Cena del Signore; nella solennità di Pasqua: chi ha celebrato o concelebrato la prima Messa nella notte, può concelebrare la seconda Messa di Pasqua; il Natale del Signore: tutti i sacerdoti possono celebrare o concelebrare le tre messe, purché lo facciano nelle ore corrispondenti (MR 158); nella commemorazione di tutti i fedeli defunti (2 novembre): ogni sacerdote può (è una possibilità non un dovere) celebrare o concelebrare tre Messe; una sola Messa però può essere applicata ad libitum; delle altre due, una deve essere applicata per tutti i fedeli defunti e l’altra secondo le intenzioni del Sommo Pontefice. Chi, in occasione della visita pastorale o di incontri sacerdotali concelebra col vescovo, può di nuovo celebrare per l’utilità dei fedeli. 62. Ricordo la disposizione canonica secondo la quale quando vi è scarsità di sacerdoti, può essere concesso ai sacerdoti, per giusta causa, di poter 88
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali celebrare due volte nello stesso giorno e anche, sempre per necessità pastorale, tre volte nelle domeniche e nelle feste di precetto (c. 905, par. 2). Poiché si può permettere la binazione nei giorni feriali e la trinazione nei giorni di precetto soltanto nel caso che lo richieda la necessità pastorale, la predetta facoltà non viene concessa per motivi di devozione personale o per soddisfare la richiesta di qualche fedele. Nel chiedere il permesso della binazione e della trinazione, va indicata la ragione pastorale della richiesta. 63. Custodia del Santissimo Sacramento e culto eucaristico. La Santissima Eucaristia va custodita abitualmente in un solo tabernacolo, inamovibile, solido, non trasparente e inviolabile. Il tabernacolo deve essere collocato in luogo decoroso che sia ben visibile. 64. Cappella Santissimo Sacramento. Si dia la giusta importanza alla Cappella del Santissimo Sacramento, ove esistente, in modo da renderlo ben visibile al fedele che entra in Chiesa. Possibilmente, non ci siano in essa immagini devozionali che possano distrarre l’attenzione dal cuore del Mistero. Secondo la tradizione, sia sempre esposta davanti al tabernacolo una lampada. La chiave del tabernacolo sia ben custodita a parte in un luogo sicuro. 65. Adorazione eucaristica. S’incrementi la pia pratica dell’adorazione eucaristica, sia personale che comunitaria (quotidiana, settimanale o mensile), delle Quarantore, delle Settimane eucaristiche, 89
DiocEsi Di locri-GEracE non mancando la preghiera per le vocazioni. Con un’adeguata catechesi si spieghi ai fedeli l’importanza di questo atto di culto che permette di vivere più profondamente e con maggiore frutto la stessa celebrazione liturgica. Nel limite del possibile, soprattutto nei centri più abitati converrà individuare qualche Chiesa o Cappella di confraternita da riservare appositamente all’adorazione perpetua. 66. Desidero affidare agli istituti di vita consacrata e alle associazioni di fedeli, come anche alle Confraternite la pratica dell’adorazione eucaristica come loro speciale impegno, «diventando così fermento di contemplazione per tutta la Chiesa e richiamo alla centralità di Cristo per la vita dei singoli e delle comunità. In tal modo offrono a tutti l’esempio di persone che si lasciano plasmare dalla presenza reale del Signore»26.
Sulla penitenza 67. Chiedo ai sacerdoti di celebrare con assiduità e costanza il sacramento della penitenza, richiamando i fedeli ad accostarsi «al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia» (Eb 4,16), specie in questo Anno giubilare della Misericordia. Rendiamoci mediatori dell’invito alla conversione che papa Francesco ha rivolto a quelle persone che sono lontane da Dio per la loro condotta di vita, in particolare agli uomini e alle donne che appartengono a gruppi criminali di qua26
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BEnEDEtto XVI, Sacramentam caritatis.
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali lunque genere. Prestiamo attenzione a che siano ben esposti gli orari delle confessioni. Fermo restando il diritto dei singoli fedeli alla celebrazione personale del sacramento, promuoviamo, in particolare nei tempi di Avvento e di Quaresima, la celebrazione comunitaria con la confessione dei peccati e l’assoluzione individuale. 68. Penitenzieria. La celebrazione del sacramento della penitenza richiede un luogo specifico (penitenzieria) o una sede, in modo da mettere in evidenza il valore del sacramento per la sua dimensione comunitaria e per la connessione con l’aula della celebrazione dell’Eucaristia e favorire la dinamica dialogica tra penitente e ministro, con il necessario riserbo richiesto dalla celebrazione in forma individuale. Non si ricevano le confessioni fuori dal confessionale, se non per giusta causa e comunque in un luogo adatto. Nella celebrazione del sacramento, i presbiteri indossino possibilmente le vesti liturgiche (camice e stola viola o talare, cotta e stola viola). 69. È opportuno che, durante la celebrazione della Santa Messa, non sia celebrato il sacramento della penitenza. Dove esigenze pastorali lo richiedano, è consentito che sacerdoti non concelebranti ascoltino le confessioni durante la celebrazione della Messa nello stesso luogo. Ciò non deve diventare una regola: si abituino i fedeli ad accostarsi alla penitenza nei momenti stabiliti. 70. Visita agli ammalati. Sia conservata e valorizzata la tradizione di far visita agli ammalati e 91
DiocEsi Di locri-GEracE anziani nelle loro case almeno una volta al mese (primo venerdì del mese o altro giorno), offrendo loro la possibilità della confessione sacramentale. Sul matrimonio 71. Percorsi di formazione. Gli itinerari di formazione al matrimonio, che vedo ben organizzati in diocesi sia a livello vicariale o interparrocchiale, prevedano una catechesi organica sui seguenti temi: la verità e il significato del proprio essere persona e della propria sessualità; la riscoperta di Gesù come senso della propria vita e della stessa esperienza di coppia; il valore e le caratteristiche dell’amore e in particolare dell’amore coniugale; il significato del matrimonio ed il suo valore spirituale, sociale e istituzionale; il bene della fedeltà e della definitività dell’impegno e dell’amore; il rapporto intrinseco del patto matrimoniale con la trasmissione della vita e la riscoperta del valore della procreazione; la responsabilità e la missione della famiglia nella società; la sacramentalità del matrimonio e i suoi effetti canonici; le esigenze propriamente ecclesiali della vita matrimoniale e familiare. 72. L’itinerario formativo deve svilupparsi per almeno dieci/dodici incontri complessivi in un arco di tempo da uno a tre mesi. Nell’approssimarsi nella data delle nozze, venga possibilmente proposto anche un momento di preghiera o di ritiro spirituale, che aiuti i futuri sposi a vivere il mistero del loro amore.
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oriEntaMEnti liturGico-Pastorali 73. La partecipazione ai corsi o itinerari di preparazione al matrimonio è obbligatoria. Non si dispensi da essa, se non per gravi motivi (come nel caso degli immigrati, dei pendolari, di chi ha turni di lavoro non programmabili e in presenza di altre gravi ragioni). In tal caso, il parroco predisponga degli incontri specifici sulle tematiche su indicate. 74. Nella fase di preparazione si diano con chiarezza tutte le informazioni necessarie per la preparazione e celebrazione del matrimonio (riprese fotografiche; addobbi floreali; contributo di solidarietà e offerta alla Chiesa, ecc.). 75. Matrimonio dei minori. I parroci siano decisi, ma sempre rispettosi e sereni, nel dissuadere i minori dal contrarre matrimonio, facendo presente che le ragioni di convenienza sociale o di prassi tradizionale non valgono da sole a configurare gli estremi della speciale gravità27. La celebrazione del matrimonio dei minori, con dispensa dall’impedimento di età previsto dal can. 1083, viene autorizzata solo per gravi ragioni, una volta accertata, attraverso un esame psicologico, la capacità del minore di esprimere un valido consenso e di assumere gli obblighi matrimoniali essenziali. Non sarà permessa la celebrazione del matrimonio canonico prima che il Tribunale per i minorenni abbia rilasciato l’autorizzazione a procedere, senza la quale non è possibile ottenere la trascrizione agli effetti civili. 27
CEi, Decreto generale sul matrimonio canonico, 36.
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DiocEsi Di locri-GEracE 76. Preparazione sacramentale al matrimonio. Il parroco è il primo responsabile del cammino di formazione al matrimonio: accolga i fidanzati con amorevolezza, quando per la prima volta manifestano la loro intenzione di sposarsi, dia loro ogni indicazione sul cammino di preparazione, non trascuri di richiamare loro gli impegni e i valori del matrimonio cristiano, di esortarli ad accostarsi ai sacramenti della penitenza e dell’Eucaristia, di prepararli a prendere parte attiva e consapevole alla liturgia nuziale. Faccia di tutto, perché i fidanzati che non hanno ancora ricevuto la confermazione la ricevano prima del matrimonio, offrendo loro uno specifico percorso di formazione spirituale, che va ad integrare e completare la preparazione matrimoniale. 77. Matrimoni di domenica. Si conserva la prassi di non celebrare matrimoni nel giorno di domenica e nelle solennità di precetto. Ad essa si dispensa solo in casi eccezionali per comprovate ragioni pastorali. 78. Celebrazione del matrimonio. La forma ordinaria di celebrazione del matrimonio avviene durante la Messa per l’intimo legame esistente tra l’Eucaristia e il matrimonio. Tuttavia, quando la scelta cristiana dei nubendi appare ancora incerta, o uno dei nubendi, per qualsiasi ragione non è disposto ad accostarsi alla Comunione, si celebri il matrimonio nella liturgia della Parola. Parimenti quando il matrimonio avviene tra un cattolico e un battezzato in una comunità ecclesiale di cui la Chiesa non riconosce la validità dei sacramenti 94
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali dell’Ordine e dell’Eucaristia, il rito del matrimonio si celebri nella liturgia della Parola. 79. Matrimoni misti. Quando il matrimonio avviene tra un cattolico e un battezzato in una Chiesa orientale, non in piena comunione con la Chiesa Cattolica e i cui sacramenti dell’Ordine e dell’Eucaristia sono riconosciuti validi, conformemente a quanto previsto dal Direttorio ecumenico ai numeri 125-136 e ai numeri 143-160, il rito del matrimonio avviene nella celebrazione Eucaristica. In tal caso la comunione viene amministrata sotto le due specie, per rispetto alla prassi orientale. In questo caso si ricordi agli sposi che la condivisione dell’Eucaristia è un caso eccezionale28. 80. Testimoni di nozze. È bene che anche i testimoni, resi consapevoli del valore ecclesiale della loro testimonianza, siano preparati alla celebrazione liturgica e si accostino possibilmente al sacramento della penitenza. 81. Animazione musicale. Le musiche e i canti siano di aiuto a vivere il mistero celebrato e favoriscano la preghiera e la partecipazione dell’assemblea. Non siano occasione di distrazione o di esibizione di singole persone. Il suono e il canto devono aver luogo nei momenti consentiti. Si sconsiglia di far uso di musica riprodotta attraverso strumenti detti animatori liturgici, non essendo espressione viva della comunità orante. Si evitino durante la celebrazione musiche o canti non composti per la 28
Direttorio ecumenico, 160.
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DiocEsi Di locri-GEracE celebrazione liturgica (come l’Ave Maria di Schubert o di Gounod); se proprio sono voluti, siano eseguiti a conclusione del rito. 82. Comportamento degli sposi. Nella preparazione immediata al rito liturgico si diano agli sposi tutte le indicazioni necessarie, perché il rito non sia improvvisato. Non è opportuno che siano gli sposi a proclamare la Parola di Dio, essendo i primi destinatari della Parola che viene proclamata. Durante la preghiera eucaristica non è consentito che gli sposi stiano presso l’altare accanto al sacerdote. Ad essa non si sovrapponga il canto o la musica. 83. Luogo di celebrazione. Il luogo della celebrazione è di norma la Chiesa parrocchiale di uno dei nubendi oppure quella della parrocchia in cui essi andranno ad abitare. Non è consentita la celebrazione del matrimonio nelle ville o all’aperto, in spiaggia, negli alberghi e in genere in quei luoghi dove la celebrazione può rivestire carattere di cerimonia privata. 84. Rito liturgico. La celebrazione sia insieme solenne e semplice, tale da non perdere la profondità ed essenzialità del suo significato spirituale. Gli sposi siano aiutati a valutare e scegliere responsabilmente il modo, per esprimere la loro gioia, senza cadere negli eccessi di una cerimonia profana, compiendo gesti concreti di solidarietà verso i più bisognosi. Per dare spazio a tali finalità è possibile fare la colletta e la processione offertoriale. 96
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali 85. Celebrazione del matrimonio in parrocchia senza alcuna formalità esterna. La parrocchia in segno di vicinanza e condivisione non richiede alcuna offerta ai nubendi che scelgono di sposarsi rinunciando ad ogni forma esteriore, quale il servizio fotografico, l’addobbo floreale, il pranzo nuziale al ristorante. 86. Celebrazione del matrimonio in parrocchia. Anche se non è richiesto un’offerta determinata quantitativamente, gli sposi vanno esortati a partecipare alle necessità della parrocchia attraverso una congrua offerta, che tenga conto dei vari servizi prestati (spese di culto; manutenzione dell’edificio, pulizie, impianti, consumi vari, ecc). L’offerta ricevuta a favore della parrocchia va annotata nei registri di contabilità parrocchiale. 87. Celebrazione del matrimonio fuori parrocchia in Santuari, Basiliche, Cattedrali, Rettorie o in Chiese di confraternite. Dal momento che la celebrazione del matrimonio di regola va fatta nella Chiesa parrocchiale, agli sposi che intendono celebrare le loro nozze in Chiese diverse da quella parrocchiale (Santuari, Basiliche, Cattedrali, Rettorie o Chiese di confraternite), affrontando spese non indifferenti, è richiesto un contributo per la manutenzione, il restauro ed altre spese, quali le pulizie, gli impianti, ecc.), nella misura consentita in sede diocesana. 88. Adempimenti finali. Secondo le vigenti disposizioni concordatarie, si dà lettura degli articoli del Codice civile circa i diritti e i doveri dei coniugi, 97
DiocEsi Di locri-GEracE prima della conclusione del rito. La firma dell’atto di matrimonio non avvenga mai sull’altare, ma in un luogo a parte, su un tavolo predisposto davanti al popolo. 89. Servizi fotografici e riprese filmate. Precedentemente al rito nuziale il parroco o rettore della Chiesa dia concrete indicazioni circa tempi e modalità d’intervento di fotografi e cineoperatori, invitando ad osservare le disposizioni diocesane. 90. Addobbo floreale. L’addobbo floreale semplice, sobrio ed essenziale deve essere allestito in modo da rispettare il luogo sacro ed il senso del rito, privilegiando gli spazi propri della celebrazione, quali la mensa eucaristica, l’ambone ed il fonte battesimale. Il parroco o rettore della Chiesa dia tutte le indicazioni necessarie, invitando a rispettare le norme impartite dall’Ufficio liturgico diocesano. 91. La preparazione del rito di matrimonio sia fatta direttamente con gli sposi ed i loro parenti; non si accetti l’intermediazione di altre figure (es. Wedding planner). Sulle esequie 92. Le esequie sono un momento particolarmente significativo sul piano umano e spirituale, in cui la vicinanza della comunità e del sacerdote sono di grande aiuto per coloro che vivono il tempo della sofferenza. Nel dedicare un congruo tempo alla preghiera (veglia, rosario), il sacerdote o il diacono condividano il dolore dei familiari attra98
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali verso la vicinanza e un sincero e fraterno ascolto, predisponendo quanto necessario alla celebrazione delle esequie. 93. Luogo delle esequie. Le esequie devono essere di norma celebrate nella propria parrocchia (CJC, 1177, § 1) o in quella in cui è avvenuta la morte (can. 1177, § 3). È tuttavia consentito per motivi familiari e pastorali scegliere un’altra Chiesa, dopo aver informato la parrocchia del defunto (can. 1177, § 2). In tale caso sia possibilmente il parroco del defunto a celebrare le esequie. È proibito celebrare il rito delle esequie nelle camere ardenti degli ospedali e delle case di riposo, nelle case private. Nell’impossibilità di celebrare i funerali in Chiesa, si dia la benedizione alla salma e l’ultima raccomandazione e commiato nella liturgia della Parola. 94. Corteo funebre. Il trasporto del defunto dalla casa alla Chiesa avviene secondo le consuetudini locali e come previsto nel rito delle esequie, nel rispetto della dignità del corpo del defunto divenuto attraverso il battesimo «tempio dello Spirito Santo» (1Cor 6,9). Considerate le mutate circostanze della vita e la densità crescente del traffico, il corteo funebre di accompagnamento del feretro dalla casa alla Chiesa è sconsigliato nei centri urbani, ove può essere di intralcio alla circolazione. Laddove possibile, va conservato e vissuto in preghiera con la recita di qualche salmo adatto. Comunque nello stesso paese si evitino prassi differenti: a livello interparrocchiale i parroci adottino una soluzione comune. 99
DiocEsi Di locri-GEracE 95. Preparazione del rito. È bene curare ogni particolare per rendere la Chiesa accogliente e capace di comunicare il senso della fede attraverso la ricchezza dei segni liturgici: il cero accanto al feretro, il libro dei Vangeli sopra la bara (anziché altri oggetti), i fiori accanto ai poli liturgici dell’altare e dell’ambone (non moltiplicati ovunque attorno alla bara), l’incenso e l’acqua benedetta per il rito del commiato. 96. Liturgia esequiale. Nella liturgia esequiale si raccomandano a Dio i defunti e si ravviva nei presenti la speranza e la fede nel mistero pasquale e nella risurrezione dei morti. Ciò va fatto con delicatezza, in modo che, nell’esprimere la comprensione materna della Chiesa e nel recare il conforto della fede, si dia sollievo al cristiano che crede, senza urtare la suscettibilità dell’uomo che soffre. Si abbia una sensibilità particolare per quanti partecipano alle esequie, siano essi acattolici o anche cattolici che mai o quasi mai partecipano all’Eucaristia o hanno del tutto perduto la fede. Nella celebrazione delle esequie, occorre tener presente non solo la persona del defunto e le circostanze della morte, ma anche il dolore dei familiari, senza dimenticare il dovere di sostenerli, con delicata carità, nella loro concreta situazione. 97. Concelebrazione. Qualora ad una liturgia funebre siano presenti più sacerdoti, è consentito loro concelebrare. Si ricorda, tuttavia, che non è consentito concelebrare a chi ha già celebrato o dovrà celebrare, a meno che la concelebrazione non sia presieduta dal vescovo o da un suo delegato. La 100
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali concelebrazione è particolarmente significativa, e perciò raccomandabile, quando il defunto è un sacerdote. 98. Animazione liturgica. È bene che le esequie abbiano sempre l’animazione musicale. Sia possibilmente il coro parrocchiale a guidarla offrendo un servizio volontario e gratuito come segno di vicinanza della comunità. Non si ammettano gruppi musicali o cori che svolgano il servizio a pagamento su richiesta privata. 99. Rito delle esequie. Nelle celebrazioni esequiali non si facciano distinzioni di persone quanto allo svolgimento del rito ed agli apparati esterni, che diano impressione di funerale di serie A e funerali di serie B. Sono da sconsigliare forme di vuota ostentazione e di sfarzo (corone di fiori, banda musicale, ecc.). La partecipazione della confraternita in abiti confraternali è consentita nelle esequie di un membro della stessa. 100. Omelia. L’omelia deve evitare la forma e lo stile dell’elogio funebre: pur nell’eventuale riferimento alla vita concreta del defunto, deve ravvivare anzitutto la fede nel mistero pasquale e la speranza cristiana nella vita eterna. 101. Preghiere dei fedeli. È consentito, anzi opportuno, inserire nella preghiera universale dei fedeli un’intenzione particolare per il defunto: le intenzioni proposte a nome della comunità siano, comunque, sobrie, formulate con sapiente libertà, composte di poche e non improvvisate parole. 101
DiocEsi Di locri-GEracE 102. Saluto di commiato. Occorre fare di tutto perché la celebrazione esequiale non si trasformi in una commemorazione del defunto. Al momento del saluto finale è consentito un breve intervento con espressioni semplici di cristiano ricordo del defunto, evitando lo stile celebrativo. Si raccomanda che il testo sia stato precedentemente preparato e presentato al celebrante, in modo da non incorrere in espressioni poco adatte, se non in contrasto, col mistero che si celebra. Non si utilizzi l’ambone, riservato alla Parola di Dio e alla preghiera della Chiesa. Si educhi al valore del silenzio davanti al mistero della morte, evitando gli applausi che poco si addicono al momento ed alla sofferenza ed al lutto dei familiari. 103. Divieto di manifestazioni pubbliche. Nel caso in cui vi sia un divieto di manifestazioni pubbliche da parte dell’autorità di pubblica sicurezza, si rispetti l’ordinanza emessa. Prendendo contatto con la famiglia e facendo presente le prescrizioni ricevute, si prepara il momento di preghiera al cimitero con la benedizione della salma e la liturgia della Parola, da svolgersi nell’orario stabilito. In tale circostanza non si celebri la Santa Messa al cimitero, ove mancano di solito le condizioni minime per una celebrazione decorosa. Si stabilisca con i parenti la celebrazione della Messa nella Chiesa parrocchiale in altra data, in forma semplice, senza segni di pomposità, di fiori, canti, musiche e commemorazioni29. 29 Cfr. art. 14 degli Orientamenti pastorali della CEc, Per una nuova evangelizzazione della pietà popolare.
102
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali 104. Veglia di preghiera in Chiesa. Anche se è opportuno organizzare momenti di preghiera in Chiesa, come le veglie, specie nel caso di sacerdoti, non è il caso che le salme dei defunti sostino durante la notte nelle Chiese aperte al culto, specie se parrocchiali. Solo in circostanze eccezionali il parroco può permetterlo, dopo aver avvisato il vescovo. La disposizione vale anche per le confraternite. 105. Gratuità del servizio liturgico esequiale. Il servizio religioso delle esequie è gratuito, salva la libera volontà offerente dei familiari o amici del defunto. Si educhino i fedeli a versare la propria offerta nell’apposita cassetta per le opere di carità e le necessità della Chiesa. In occasione delle esequie si sconsiglia la colletta durante l’offertorio. 106. Rapporti con le agenzie funerarie. Le agenzie funebri, anche se incaricate dai familiari, non sono autorizzate a programmare e predisporre autonomamente svolgimento e modalità delle esequie cristiane. Per ovviare ad eventuali incresciose interferenze si instauri un’effettiva collaborazione con esse, perché possano svolgere il loro compito con dignità e decoro e favorire il contatto diretto con i familiari. In ogni caso si esiga che sia qualcuno dei parenti ad informare il parroco della morte. Si tratta di un evento di grande significato pastorale che non può essere affidato in tutto e per tutto alle agenzie funebri, pur riconoscendone la competenza, la professionalità e la partecipazione umana. Il parroco incontri personalmente e direttamente i familiari per disporre lo svolgimento 103
DiocEsi Di locri-GEracE delle esequie, cosĂŹ da evitare il rischio di commistione tra gli aspetti prettamente religiosi e quelli piĂš convenzionali e cerimoniali. 107. Rito delle esequie. Nelle celebrazione delle esequie si valorizzi il Rito delle esequie (II edizione, 2012) nella ricchezza delle sue monizioni, preghiere, suggerenti pastorali, antifone, salmi e responsori musicati.
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oriEntaMEnti liturGico-Pastorali III LE FESTE RELIGIOSE
108. Valore della pietà popolare. Nel cammino pastorale della nostra Chiesa desidero ribadire con fermezza che la pietà popolare rappresenta nelle nostre comunità meridionali una grande opportunità di crescita spirituale. E non come un problema. Bisognosa di evangelizzazione, ma non di accantonamento, la pietà popolare è una risorsa utile per formare la coscienza civile, per dare maggiore consistenza al radicamento sul territorio e all’appartenenza ad una comunità. Le feste religiose sono momenti significativi della spiritualità cristiana e del patrimonio religioso trasmesso dalla tradizione. In esse e attraverso di esse si riflette l’esperienza orante del credente, che si traduce in gesti concreti ed esperienze capaci di parlare all’uomo di oggi e di favorire l’incontro col Dio della vita, ma anche le difficoltà e debolezze di un’esperienza che risente delle conseguenze di una secolarizzazione che investe tutti gli ambiti della vita religiosa. Se vogliamo che la festa religiosa conservi la sua dimensione di esperienza di fede e di vita religiosa, di crescita comunitaria e d’impegno cristiano, è necessario che siano rispettate e concretamente tradotte in atto le istanze che ne qualificano la natura e lo svolgimento. Ciò si rende necessario nell’attuale situazione di secolarizzazione e d’oscuramento dei valori morali alla luce dell’istanza di nuova 105
DiocEsi Di locri-GEracE evangelizzazione e del rinnovamento voluto dal Concilio Vaticano II. 109. Centralità della domenica. Un importante punto di partenza è dato dalla consapevolezza che le feste religiose non devono sminuire il significato teologico e pastorale della domenica, festa primordiale, alla quale non può essere anteposta alcuna altra festa, essendo «il fondamento e il nucleo di tutto l’anno liturgico»30. Per questo il giorno del Signore non deve essere subordinato ad alcuna manifestazione di pietà popolare. 110. Il giorno della festa. Le feste religiose siano celebrate nel giorno in cui ricorrono nel calendario liturgico. Si possono trasferite alla domenica solo se si tratta di domeniche del tempo ordinario. Secondo la normativa liturgica è esclusa la possibilità di trasferirle nelle domeniche privilegiate d’Avvento, di Quaresima, di Pasqua e nei giorni in cui si celebrano le grandi solennità del Signore (Festa della Santa Famiglia, del Battesimo del Signore, dell’Ascensione, della Pentecoste, della SS. Trinità, del Corpus Domini, di Cristo Re dell’Universo). Se la festa religiosa coincide con i giorni sopra indicati ed ha risvolti civili (ad es. chiusura degli uffici, delle scuole, ecc.), dopo un confronto con l’amministrazione locale, si provveda ad anticiparla o posticiparla al giorno previsto dal calendario generale secondo le norme liturgiche. 111. Calendario diocesano. Si provvederà al più presto ad una revisione del calendario diocesano, 30
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Sacrosanctum Concilium, 106.
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali facendo in modo che il trasferimento delle feste si fissi secondo i criteri indicati. 112. Programma religioso. Le feste devono favorire e curare lo svolgimento dei momenti liturgici e la partecipazione attiva e consapevole dei fedeli, anche di coloro che, in un modo o in un altro, sono coinvolti nell’organizzazione (confraternite, comitati feste, gruppi di portatori), come anche la preparazione dei ministri, i canti da eseguire e quant’altro necessario. Nella preparazione della festa occorre curare particolarmente la predicazione e la catechesi nel corso del triduo o novenario, scegliendo argomenti e temi che favoriscono l’incontro con Cristo, promuovendo, possibilmente, centri di ascolto o altre iniziative rivolte anche ai giovani e alle famiglia, che siano idonee a favorire il clima dell’attesa e della festa. Nel novenario o triduo di preparazione non deve mai mancare la celebrazione comunitaria del sacramento della riconciliazione, essendo l’invito alla conversione parte integrante ed essenziale di ogni festa religiosa. 113. Festeggiamenti esterni. Anche se il momento ludico è un elemento importante della festa, non deve essere prevalente e staccato dal momento religioso, al quale deve rimanere sempre subordinato. Non è pensabile che una festa religiosa possa ridursi a manifestazione paganeggiante, con sperpero di denaro per il cantante famoso e per i fuochi pirotecnici. L’equilibrio dei due poli della festa (quello liturgico-celebrativo e quello ludico) dev’essere salvaguardato attraverso una pro107
DiocEsi Di locri-GEracE grammazione ben studiata dal Consiglio pastorale, pur tenendo conto delle tradizioni culturali del luogo. 114. Dimensione solidale della festa. Un’attenzione particolare va rivolta alla connessione esistente tra la celebrazione della festa e la solidarietà: una comunità che fa festa è chiamata ad esprimere attenzione e sensibilità verso le povertà e i bisogni del territorio. La carità può esprimersi attraverso un’opera-segno a favore di un bisogno particolare della comunità, l’aiuto ad una famiglia bisognosa, l’assistenza di un anziano, un progetto di formazione e di solidarietà rivolto alle fasce sociali più povere, la creazione del fondo Caritas parrocchiale, un progetto di aiuto ad un paese del terzo mondo, un intervento di recupero e restauro di un’opera d’arte, o della stessa Chiesa, ecc. In alternativa all’opera-segno il comitato organizzatore della festa deve accantonare per il fondo di solidarietà della Caritas parrocchiale un contribuito non inferiore al 15% delle entrate. 115. Introduzione di nuove feste. Il moltiplicarsi delle feste nelle nostre comunità parrocchiali e il desiderio di istituirne di nuove devono essere motivo di approfondita riflessione pastorale. Una festa ha senso se è espressione di una fede viva, partecipata e testimoniata di tutto o di gran parte del popolo fedele, e non espressione della devozione di singoli fedeli o di piccoli gruppi di devoti. Nessuna nuova festa con manifestazioni esterne può essere istituita senza il consenso dell’ordinario diocesano. Si eviti inoltre di du108
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali plicare nel corso dell’anno la festa in onore di un santo o di un titolo mariano. Ogni anno, il parroco presenti in Curia l’elenco delle feste, indicando quali di esse hanno solo la processione e quali di esse anche manifestazioni esterne. Non possono essere riproposte feste come semplice rispolvero di antiche manifestazioni o pedissequa ripetizione di gestualità tipiche di altri tempi: sono interpretazione e attualizzazione del mistero di Cristo nell’oggi della nostra storia. 116. Comitato festa. Nell’organizzazione della festa il parroco può avvalersi dell’aiuto di un comitato festa, di cui comunque possono far parte alcuni membri del Consiglio pastorale. 117. Feste organizzate dalle confraternite. L’organizzazione delle feste da parte delle confraternite deve avvenire di concerto col parroco, al quale spetta l’approvazione del programma religioso e civile e presentarlo alla Curia per la richiesta del nulla osta. Le confraternite sono tenute ad osservare le presenti norme e quindi devono anch’esse provvedere al rendiconto amministrativo entro un mese dalla festa. 118. Commissione diocesana per la pietà popolare, le feste e la liturgia. Le richieste di autorizzazioni per lo svolgimento della festa devono essere presentate dal parroco alla Commissione diocesana per la pietà popolare, le feste e la liturgia, almeno quindici giorni prima. Alla domanda occorre allegare la seguente documentazione: • L’elenco dei membri del comitato festa. 109
DiocEsi Di locri-GEracE • Il bilancio consuntivo dell’anno precedente ed il preventivo dell’anno in corso. • Il programma dettagliato con date e orari delle manifestazioni religiose e civili. • L’indicazione precisa dell’opera-segno o in alternativa della somma da destinare al fondo della Caritas parrocchiale (non meno del 15% delle entrate). La Commissione diocesana per la pietà popolare, le feste e la liturgia, dopo aver esaminato il programma della festa, preso atto dell’opera-segno prevista o, in assenza, della quota che s’intende accantonare per il fondo di solidarietà della Caritas parrocchiale, non inferiore al 15% delle entrate, rilascerà l’autorizzazione richiesta. 119. Processioni. La processione è una forma pubblica e solenne di preghiera itinerante con la quale la comunità cristiana, percorrendo le strade di un determinato territorio, esprime la sua condizione di popolo in cammino che, con Cristo e dietro Cristo, consapevole di non avere in questo mondo una stabile dimora, marcia per le vie della città terrena verso la Gerusalemme celeste. È segno della testimonianza di fede che la comunità cristiana deve rendere al suo Signore nelle strutture della società civile, come anche segno del compito missionario della Chiesa, la quale sin dagli inizi, secondo il mandato del Signore (Cfr. Mt 28,19-20), si è messa in marcia per annunciare per le strade del mondo il Vangelo della salvezza31. Con tale rito una 31
Cfr. conGrEGazionE PEr il culto Divino E la DiscisacraMEnti, Direttorio su pietà popolare e liturgia,
Plina DEi
2002.
110
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali comunità vuole esprimere i propri sentimenti di devozione a Dio e dare pubblica testimonianza della propria fede e può essere ancora oggi un mezzo efficace per esaltare la propria identità religiosa e la propria coesione interna. 120. Preparazione ed organizzazione. La buona riuscita delle processioni dipende dalla preparazione remota e prossima, svolta in collaborazione tra la Commissione diocesana per la pietà popolare, le feste e la liturgia, il Consiglio pastorale, gli animatori liturgici, con i ministranti ed il servizio volontari. 121. Percorso. Il percorso, stabilito dal parroco, d’intesa con il Consiglio pastorale parrocchiale, segua le vie principali della parrocchia. Non necessariamente deve attraversare tutto il territorio parrocchiale o seguire le viuzze dei centri storici spesso troppo anguste, da rendere difficile il cammino. La determinazione del percorso non deve essere dettata da richieste private o da altri motivi. Il percorso può essere variato di anno in anno, specie se lo richiedono motivi di maggiore coinvolgimento dei fedeli, ragioni di traffico stradale e lo sviluppo urbano. Nel caso in cui il percorso processionale interessasse più parrocchie, i parroci dovranno concordarne l’organizzazione, le modalità, i tempi e ritmi di svolgimento ed essere possibilmente presenti dando segno concreto di unità. 122. Si evitino i percorsi interessati dalle fiere, preferendo quelli che più favoriscono la parte111
DiocEsi Di locri-GEracE cipazione dei fedeli. Si tenga conto dell’orario, evitando, soprattutto d’estate, processioni in pieno giorno e sotto il sole cocente; è più opportuno organizzare le processioni alla sera, per renderle spiritualmente più proficue e meglio partecipate. 123. Osservanza delle autorizzazioni prescritte. Per lo svolgimento della processione ci si premunisca delle necessarie autorizzazioni civili, al fine di garantire il servizio d’ordine. L’avviso per le processioni, formulato con apposito modulo in triplice copia, a norma degli art. 24 e 25 del T.U. della legge di pubblica sicurezza e munito del nulla osta dell’ordinario diocesano, deve essere indirizzato al sindaco o all’autorità di P.S., almeno tre giorni prima della data del suo svolgimento con segnalazione dettagliata del percorso e delle eventuali soste. 124. Accompagnamento e durata. Ogni processione sia accompagnata dal sacerdote o dal diacono, dai ministranti, prestando attenzione a che abbia una durata limitata per lunghezza e tempo e che normalmente non superi le due o tre ore di durata. Si eviti di portare più statue in processioni. 125. Preghiere durante il percorso. Si dia spazio alla preghiera, al santo rosario, alla lettura di brani biblici, alle riflessioni spirituali, ai canti popolari e all’accompagnamento musicale, creando una bella sintonia tra i brani eseguiti della banda musicale ed il canto del popolo. 126. Si invitino i fedeli a non chiacchierare durante il percorso, a non usare il telefonino, a posare 112
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali per foto e a quanto altro possa disturbare lo spirito di raccoglimento e di preghiera. 127. Banda musicale. La banda musicale ha il compito di preannunciare l’itinerario con musiche sacre, aprendo il corteo con ordine e compostezza e lasciando lo spazio necessario all’esecuzione di canti popolari e alle preghiere. 128. Sistema di amplificazione. Si presti attenzione al sistema di amplificazione, in modo che sia favorita la partecipazione alla preghiera per tutto il percorso processionale. 129. Divieto di raccolta delle offerte. Durante le processioni è vietata la raccolta di offerte in denaro e in altri beni materiali. 130. Preghiera finale. La conclusione della processione deve prevedere una breve riflessione in Chiesa o in piazza, se il luogo è raccolto e le circostanze lo permettono, con un’orazione conclusiva e la benedizione. 131. Messe all’aperto. Nelle feste popolari o in altre circostanze, si presti attenzione particolare alle Messe all’aperto, valutandone l’opportunità e la scelta dello spazio celebrativo: che sia un luogo raccolto, lontano dalle bancherelle e dalle aree mercatali, dalla distrazione dei rumori, in modo da favorire in ogni caso il silenzio e il raccoglimento. 132. Numero delle processioni. Vi sia a livello parrocchiale un numero limitato di processioni, 113
DiocEsi Di locri-GEracE mantenendo le più importanti e le più partecipate. Si evitino più processioni dello stesso santo durante l’anno. Le processioni in onore della Madonna e dei santi non si terranno nei giorni in cui il calendario liturgico non lo permette. Nel qual caso la festa può essere anticipata o posticipata, con permesso dell’ordinario. 133. Soppressione. Quando le processioni sono ridotte a cortei di pochi, e non coinvolgono tutta la comunità e/o manca persino chi porti le statue, occorre eliminarle, tenendo anche presente che il loro eccessivo proliferare porta fatalmente ad una loro svalutazione e decadimento nel ritualismo. 134. Manifestazioni esterne. L’apparato esteriore (luminarie, fuochi pirotecnici, complessi bandistici), pur richiesto dalla festa popolare, deve essere sobrio, non in dissonanza con le esigenze di carità e solidarietà. Ogni spreco è offesa a chi vive nel bisogno. 135. Spettacoli ed intrattenimenti. Sono consentiti intrattenimenti musicali e spettacoli in piazza, le cui proposte o esibizioni al pubblico non siano in contrasto con lo spirito religioso e non comportino spese eccessive. Ciò vale, anche per eventuali spettacoli pirotecnici che pure costituiscono un elemento tradizionale della festa a cui la nostra gente tiene tanto. 136. Si auspica che dalle comunità ecclesiali vengano fuori nuove forme di manifestazioni religiose e culturali, promozionali del genio di ogni paese e più aderenti alla sensibilità attuale, con il 114
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali coinvolgimento di gruppi giovanili. Anziché ricorrere ad artisti e orchestre che provengono dal di fuori, si valorizzi l’apporto ed il coinvolgimento dei gruppi giovanili. Si promuova il carattere popolare della festa attraverso spettacoli folk, concerti di musica classica, gruppi teatrali (meritevoli di valorizzazione sono le rappresentazioni sacre tradizionali), giochi popolari che coinvolgono la gente del luogo e ne promuovono una migliore integrazione sociale. Sia chiaro che l’identità di un paese non si misura da una serata spettacolare fantastica, ma dalla partecipazione attiva della gente ai festeggiamenti. 137. I portatori delle statue. I portatori delle statue siano fedeli che vivono la vita cristiana: a. Per una loro adeguata formazione e assistenza spirituale, si costituiscano in gruppo o associazione parrocchiale; b. Vengano preparati con incontri di catechesi e di preghiera a vivere la processione seriamente e con fede; c. Si impegnino a tenere un comportamento consono, evitando chiacchiere, fumo, uso di telefonini, pose per foto e quanto altro possa disturbare il raccoglimento e la preghiera; d. Non siano persone aderenti ad associazioni condannate dalla Chiesa o sotto processo per associazione mafiosa o incorsi in condanna definitiva per associazione mafiosa, senza prima aver dato segni pubblici di pentimento e di ravvedimento; e. Il loro servizio è reso gratuitamente e solo per motivi religiosi. 138. Si tenga comunque presente che un eventuale richiesta dell’elenco dei portatori delle statue 115
DiocEsi Di locri-GEracE da parte delle autorità civili, non trova fondamento nel vigente sistema normativo dello Stato italiano. L’esercizio pubblico del culto, nel cui ambito ricadono anche le processioni religiose, è garantito pienamente dagli artt. 17 e 19 della Costituzione Italiana32. In tali casi, nello spirito di un’opportuna e rispettosa collaborazione, è bene consultare l’ordinario diocesano. 139. Processione del Corpus Domini. Tra le processioni si distingue per importanza e per significato quell’annuale della solennità del Corpo e Sangue di Cristo, con la quale il popolo cristiano rende pubblica testimonianza di fede e di venerazione verso il Santissimo Sacramento33. 140. Usi locali. Si valorizzino le consuetudini locali sia per l’addobbo delle strade e delle piazze sia per la composta sfilata di quanti vi partecipano. Si faccia uso di lumi, incenso e baldacchino, sotto il quale inceda il sacerdote con il Santissimo. Dove si conserva l’uso dell’ombrello processionale, questo sia affidato ad un ministro o ad un Per la Chiesa Cattolica tale garanzia è stata ribadita anche nell’Accordo del 18 febbraio 1984 tra la Repubblica Italiana e Santa Sede (legge 25 marzo 1985, n. 121) che nell’art. 2 riafferma che «…è assicurata alla Chiesa libertà di organizzazione, di pubblico esercizio del culto, di esercizio del magistero e del ministero spirituale nonché della giurisdizione in materia ecclesiastica». L’esercizio pubblico del culto tocca, pertanto, sia l’ambito proprio di esercizio del diritto di libertà religiosa e del diritto di riunione sia l’ambito dei rapporti tra Repubblica Italiana e Santa Sede (art. 7 Cost.). 33 Cfr. Istruzione Eucharisticum Mysterium, 59. 32
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oriEntaMEnti liturGico-Pastorali responsabile di aggregazioni ecclesiali, o ad un rappresentante della comunità civile. Nel corso della processione, se la consuetudine lo comporta e se lo consiglia il bene pastorale, si possono fare anche delle stazioni o soste con la benedizione eucaristica. 141. Nei centri urbani con più parrocchie la processione sia unica come segno dell’unità della Chiesa intorno all’Eucarestia. Vi partecipi tutto il presbiterio locale e sia presieduta alternativamente da uno dei parroci. 142. Comitati feste religiose. L’organizzazione delle feste, di solito, è affidata ad un comitato festa formato da fedeli sensibili ai problemi ecclesiali ed educati al senso di partecipazione alla vita della comunità. 143. Organizzazione del comitato. Il comitato è sempre presieduto dal parroco che lo forma, chiamando a farne parte persone che si distinguono per impegno ecclesiale e onestà; non ha di per sé carattere permanente e resta in carica per la sola celebrazione della festa, secondo il programma preparato dal Consiglio pastorale ed approvato dalla Curia almeno quindici giorni prima; s’impegna a rispettare le norme vigenti, sia canoniche che civili (Siae secondo la convenzione stipulata dalla cEi ed altre tasse), e a redigere entro un mese il bilancio consuntivo della festa, che deve essere vistato dal Consiglio affari economici parrocchiale. 144. Spetta al parroco in qualità di presidente del comitato o al rettore della Chiesa nominare even117
DiocEsi Di locri-GEracE tualmente un segretario e un cassiere. Del comitato farà parte di diritto almeno un membro del Consiglio pastorale parrocchiale e del Consiglio affari economici. L’elenco dei membri del comitato dovrà essere presentato all’ordinario diocesano per l’approvazione insieme alla richiesta di autorizzazione per la festa. Il comitato decade con la fine della festa. Spetta al parroco confermarlo o rinnovarlo. 145. Compiti del comitato. Il comitato ha come compito raccogliere le offerte per lo svolgimento della festa, sostenere tutte le spese relative alla festa, comprese quelle per i servizi di culto, i rimborsi per spese d’organizzazione, consumi, ecc., contribuire alle opere di carità e alle iniziative di solidarietà della comunità ecclesiale e del territorio. 146. Segno di riconoscimento. Coloro che sono incaricati alla raccolta delle offerte porteranno un segno di riconoscimento e rilasceranno ricevuta di quanto è stato loro dato. Le offerte che vengono raccolte devono essere annotate in apposito registro. Occorre tenere presente che la legge concordataria autorizza le questue solo per scopi di religione o di culto. Pertanto in caso d’irregolarità il presidente del comitato ne risponde legalmente. 147. Contratti. Nella stipula dei contratti con ditte che danno il loro apporto allo svolgimento della festa, è necessaria la firma del presidente del comitato. Se questi è impossibilitato sarà supplito dal vicepresidente. I contratti devono essere regolarmente sottoscritti e conservati. Ogni pa118
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali gamento dovrà essere effettuato con assegno o bonifico bancario. Si presti attenzione che le ditte invitate siano in regola con le assicurazioni e le licenze richieste per legge. 148. Amministrazione. La comunità ha diritto di conoscere le offerte ricevute e il loro uso per lo svolgimento dei festeggiamenti. Per favorire una gestione economica trasparente, è necessario rendere noto il bilancio consuntivo delle spese e delle entrate. Il bilancio della festa va allegato al bilancio parrocchiale. I proventi, i residui attivi o passivi sono voci parziali dell’unico bilancio parrocchiale. 149. Tradizioni popolari quaresimali e della Settimana Santa. Le tradizioni quaresimali e della Settimana Santa non devono essere di ostacolo alle azioni liturgiche, previste dal calendario. Tra i pii esercizi con cui i fedeli venerano la Passione di Cristo, si privilegi la Via Crucis quale esercizio di pietà particolarmente adatto e raccomandato nel tempo di Quaresima. In ogni Chiesa durante la Quaresima vi sia un congruo tempo di adorazione del SS. Sacramento. L’adorazione del SS. Sacramento, che segue la celebrazione della Messa nella cena del Signore è prevista solo nelle Chiese parrocchiali, salvo diverse disposizioni nei singoli casi. 150. In riferimento al luogo della riposizione, non venga conferito ad esso l’aspetto di una sepoltura o di urna funeraria. Il sacramento venga custodito in un tabernacolo chiuso, senza fare l’esposizione con l’ostensorio. Dopo la mezzanotte 119
DiocEsi Di locri-GEracE del Giovedì Santo, l’adorazione si compie senza solennità, essendo già iniziato il giorno della Passione del Signore. 151. Nel programma liturgico del Venerdì Santo dovrà essere dato il primo posto e il massimo rilievo alla solenne azione liturgica del pomeriggio. Si aiutino i fedeli a comprendere che nessun altro pio esercizio può sostituirla. Sia celebrata come prescritto dalle rubriche e senza introdurvi riti e pratiche di devozione estranee alla stessa, come la tradizionale chiamata della Madonna o il rito di sepoltura di Gesù. 152. La processione del Venerdì Santo del Cristo morto e dell’Addolorata, con le varette o misteri, si svolga esclusivamente dopo e a completamento della celebrazione solenne della Passione e morte del Signore del Venerdì pomeriggio. Dove non c’è questa tradizione, in alternativa, si può tenere il pio esercizio della Via Crucis per le vie della parrocchia. 153. La pietà popolare non deve rimanere estranea al carattere peculiare del Sabato Santo; pertanto le consuetudini e le tradizioni religiose collegate con questo giorno, in cui un tempo veniva anticipata la celebrazione pasquale, sono da evitare. 154. Nella veglia pasquale sia data importanza alla benedizione del cero pasquale, come previsto dalla liturgia, evitando di sovrapporre altri segni non previsti dal rito, che potrebbero ingenerare 120
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali confusione. Non sono ammesse rappresentazioni della Risurrezione. 155. La partecipazione delle confraternite alla celebrazione dei riti della Settimana Santa va adeguata alle norme liturgiche. Esse partecipino convenientemente ordinate e procedano con i propri labari ed insegne.
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DiocEsi Di locri-GEracE iv CONSERVAZIONE E MANUTENZIONE DELLE CHIESE
156. Tutela beni storici e culturali. La Chiesa, ispiratrice e promotrice di tante opere d’arte, ha il diritto-dovere di tutelare i suoi beni culturali storico-artistici. La tutela e la valorizzazione dei suoi beni artistici presenti nelle Chiese e nei conventi impongono il problema della conservazione. 157. Impianto antifurto. Le Chiese che conservano opere di notevole interesse storico-artistico provvedano ad installare un impianto antifurto. Qualora mancassero i requisiti di sicurezza, si provveda dai responsabili a rimuovere le opere d’arte per depositarle in un luogo sicuro su indicazione dell’ordinario diocesano. 158. Casi di furto. In caso di furto, si sporga immediata denunzia alle competenti autorità di pubblica sicurezza e se ne dia contemporaneamente segnalazione alla Curia vescovile. 159. Suppellettile sacra. La natura e la dignità del luogo sacro, e di tutta la suppellettile, devono favorire la pietà e manifestare la santità dei misteri che si celebrano. I luoghi sacri e gli oggetti che servono al culto siano davvero degni, belli. L’arredamento della Chiesa s’ispiri a semplicità più che al fasto. 122
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali 160. Divieto di alienazione. In nessun caso è consentito alienare oggetti di valore artistico o storico appartenenti al patrimonio culturale della parrocchia o della confraternita, fossero anche oggetti deteriorati o fuori uso per la riforma liturgica. 161. Altare. Sia prestata molta cura all’altare ed alla sua unicità e centralità. È necessario un solo altare, parte più eccellente del presbiterio e dell’intera Chiesa, in modo che la sua singolarità favorisca la partecipazione dei fedeli. Quando il vecchio altare è collocato in modo da rendere difficile la partecipazione del popolo e non può essere rimosso senza danneggiare il valore artistico, si costruisca un altro altare fisso, realizzato con arte e debitamente dedicato. Soltanto sopra questo altare si compiano le sacre celebrazioni. Il vecchio altare non venga ornato con particolare cura per non sottrarre l’attenzione dei fedeli dal nuovo altare34. 162. Impianto di amplificazione. L’acustica è spesso un delicato problema per molte Chiese, al quale occorre prestare la dovuta attenzione35. Ci si avvalga sempre di un adeguato impianto di amplificazione che sia ben funzionale. 163. Manutenzione dell’edificio. Si presti attenzione all’ordinaria manutenzione delle strutture: si facCfr. Ordinamento generale del Messale Romano, 303. «È necessario che negli edifici sacri non si trascuri mai l’acustica, nel rispetto delle norme liturgiche e architettoniche» (Verbum Domini, 68). 34 35
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DiocEsi Di locri-GEracE cia periodicamente una verifica di controllo alle strutture murarie da parte di tecnici; grondaie e discendenti pluviali vanno verificati periodicamente, specie a fine estate, prima che temporali e acquazzoni arrechino danni più gravi. Controlli e verifiche annuali vanno fatti su: lo stato della copertura, i cornicioni, gli intonaci. L’impianto elettrico sia a norma. Per il restauro di opere d’arte, di suppellettili, dell’aula liturgica e di altri ambienti si proceda solo dopo aver consultato l’Ufficio tecnico e l’Ufficio dei beni culturali. 164. Pertanto non è consentito ad alcuno procedere di propria iniziativa, apportare modifiche anche lievi all’edificio di culto o rimuovere opere d’arte senza le autorizzazioni degli organi competenti. 165. Progetto di adeguamento delle Chiese. Ogni progetto di adeguamento delle Chiese ed interventi importanti sulla struttura devono essere presentati in Curia per le autorizzazioni richieste. Per tutti i lavori di manutenzione, adeguamento, ristrutturazione degli edifici di culto e locali annessi, il parroco deve attenersi alle norme vigenti ed avvalersi della consulenza degli Uffici di Curia.
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oriEntaMEnti liturGico-Pastorali CONCLUSIONE
Le disposizioni date non vogliono essere una gabbia, dove rinchiudere la libertà e la spontaneità del popolo di Dio, quanto un aiuto ed orientamento, perché la fede, superando il pericolo del ritualismo e del devozionalismo, possa incidere sul modo di pensare, di giudicare e di vivere del nostro popolo. Il pericolo più grave, cui la pietà popolare è esposta, è quello di restare un fatto esteriore e superficiale, che non tocca la vita delle persone, correlato solamente a particolari tradizioni e condizioni socio-ambientali, che non incidono in alcun modo nella vita reale. Non a caso persone molto legate alla religiosità popolare, passata la festa o fuori dall’ambiente per motivi di lavoro o di emigrazione, abbandonano ogni pratica religiosa. Tenendo presenti le sollecitazioni delle due note pastorali della Conferenza episcopale calabra, è stata richiamata l’importanza ed il valore della liturgia come forza, luogo e strumento di nuova evangelizzazione nella nostra Chiesa36. In esse i vescovi delle Chiese di Calabria, affermando i valori perenni del Vangelo, hanno individuato e sollecitato alcuni percorsi pastorali per una Cfr. cEi, Testimoniare la verità del Vangelo. Nota pastorale sulla ’ndrangheta (25 dicembre 2014); Per una nuova evangelizzazione della pietà popolare. Orientamenti pastorali per le Chiese di Calabria (30 giugno 2015). 36
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DiocEsi Di locri-GEracE «nuova evangelizzazione» della nostra terra, tradizionalmente influenzata dalla pietà popolare. Invito tutta la Chiesa diocesana, sacerdoti e fedeli, religiosi e religiose, ad accogliere questi orientamenti pastorali, operando in modo che «le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione»37.
Anche nell’azione liturgico-sacramentale, la comunità credente è chiamata a vivere quell’apertura di cuore, che accoglie e favorisce «la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia»38. La liturgia è lode a Dio ed incontro con colui che rigenera e dà vita, capace di trasformare in vita i gesti liturgici, in modo che non ci sia separazione tra liturgia, carità e profezia. Sono convinto che l’essenziale nella liturgia sta fuori della stessa liturgia. Affido queste disposizioni ed orientamenti particolarmente ai sacerdoti e al loro discernimento ed intelligenza pastorale, affinché li presentino e spieghino ai Consigli parrocchiali e a tutti i fedeli, suscitando il vivo desiderio di un rinnovamento spirituale e di una pratica religiosa più radicata e partecipe alle istanze del territorio. Aiutiamoci tutti a raggiungere con determinazione gli obiettivi e valori sottesi. È una consegna che faccio con molta trepidazione, ma con altrettanta 37 38
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EG 27. Ivi.
oriEntaMEnti liturGico-Pastorali speranza di ravvivare il volto religioso delle nostre feste e di orientare la vita liturgico-sacramentale secondo uno spirito di semplicità e sobrietà, che allontani altresì il pericolo di interpretazioni troppo diversificate tali da suscitare nei fedeli continue perplessità, se non proprio scandalo. Dal 10 febbraio 2016, mercoledì delle ceneri, questi orientamenti e disposizioni diventano un percorso da seguire in diocesi. Ad essi con senso di responsabilità e fiducia nello Spirito che guida i nostri passi, ma anche con l’umiltà del servizio svolto, deve adeguare il proprio comportamento e cammino pastorale. Il Padre di Gesù Cristo benedica tutti e ci dia pace! La consolazione dello Spirito Santo allieti la vita di tutto il popolo fedele. Locri, 1 dicembre 2015 ✠
Francesco Oliva
il cancElliErE don Nicola Vertolo
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oriEntaMEnti liturGico-Pastorali DIOCESI DI LOCRI-GERACE DECRETO SULLA PIETÀ POPOLARE
Avendo la Conferenza episcopale calabra richiamato l’attenzione delle Chiese di Calabria sull’urgenza della nuova evangelizzazione a partire dalla pietà popolare, grazie alla quale la fede è inculturata nel nostro popolo; avendo la stessa Conferenza episcopale emanato due note pastorali: Testimoniare la verità del Vangelo. Nota pastorale sulla ’ndrangheta e Per una nuova evangelizzazione della pietà popolare. Orientamenti per le Chiese di Calabria, che offrono importanti orientamenti pastorali, demandando ai singoli vescovi l’elaborazione di un Direttorio più completo, riconoscendo il valore dei percorsi pastorali indicati per una nuova evangelizzazione della pietà (o religiosità) popolare e delle feste religiose, sentito il Consiglio presbiterale in data 24 novembre 2015, STABILISCO che i due documenti della Conferenza episcopale calabra, Testimoniare la verità del Vangelo. Nota pastorale sulla ’ndrangheta (25 dicembre 2014); Per una nuova evangelizzazione della pietà popolare. Orientamenti per le Chiese di Calabria (30 giugno 2015) abbiano pieno valore nella Diocesi di 129
DiocEsi Di locri-GEracE Locri-Gerace, insieme agli Orientamenti liturgicopastorali e norme per le feste religiose, posti a loro integrazione e completamento. Sarà cura dei parroci e di tutti i sacerdoti impegnati nella cura pastorale accogliere tali orientamenti e presentarli ai Consigli parrocchiali, alle confraternite e a tutte le associazioni ed aggregazioni ecclesiali. Le disposizioni di cui al presente decreto entrano in vigore con l’inizio della Quaresima il 10 febbraio 2016. Abrogo ogni altra precedente disposizione contraria. Così e non altrimenti. Locri, 1 dicembre 2015 ✠
il cancElliErE don Nicola Vertolo
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Francesco Oliva
Conferenza Episcopale Calabra
Testimoniare la veritĂ del Vangelo
Nota pastorale sulla ’ndrangheta
24 dicembre 2014 131
aPPEnDicE 1
«Nella pietà popolare, poiché è frutto del Vangelo inculturato, è sottesa una forza attivamente evangelizzatrice che non possiamo sottovalutare: sarebbe come disconoscere l’opera dello Spirito Santo. Piuttosto, siamo chiamati ad incoraggiarla e a rafforzarla per approfondire il processo di inculturazione che è una realtà mai terminata. Le espressioni della pietà popolare hanno molto da insegnarci e, per chi è in grado di leggerle, sono un luogo teologico a cui dobbiamo prestare attenzione, particolarmente nel momento in cui pensiamo alla nuova evangelizzazione». FrancEsco, esortazione apostolica Evangelii gaudium, 126.
«La vostra terra, tanto bella, conosce i segni e le conseguenze di questo peccato. La ’ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato! Bisogna dirgli di no! La Chiesa che so tanto impegnata nell’educare le coscienze, deve sempre di più spendersi perché il bene possa prevalere». FrancEsco, visita pastorale a Cassano allo Jonio, Omelia per la Messa sulla spianata dell’area Insud, Sibari 21 giugno 2014.
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conFErEnza EPiscoPalE calaBra I. LA CHIESA ESPERTA IN UMANITÀ
1. La Calabria è una terra meravigliosa, ricca di uomini e donne dal cuore aperto ed accogliente, capaci di grandi sacrifici. I calabresi possiedono come dono di natura una vitalità culturale e sociale, che si esprime in tutte le realtà associative, laiche ed ecclesiali, attraverso alcuni valori, quali la tensione al bello e al bene, il senso di solidarietà, di legalità, di giustizia. Valori, che aspettano solo di essere sempre meglio incanalati nella luce del Vangelo. D’altra parte, però, la disoccupazione, la corruzione diffusa, una politica, che tante volte sembra completamente distante dai veri bisogni della gente, sono tra i mali più frequenti di questa nostra terra, segnata, anche per questo, dalla triste presenza della criminalità organizzata, che le fa pagare un prezzo durissimo in termini di sviluppo economico, di crisi della speranza e di prospettive per il futuro. 2. La Calabria, pertanto, vive oggi (ma è un vissuto, che viene da lontano e si trascina da diversi decenni) in un contesto culturale e umano, sociale e politico di crisi profonda, che investe – per certi versi – anche la vita morale e religiosa dei calabresi. Resistono, ancora, in Calabria alcuni grandi valori che sono fortemente incisi nel tessuto della vita del nostro popolo: lo stile dell’accoglienza, l’attenzione per i più deboli, il sentimento religioso che permette di guardare in alto, la stima per la Chiesa della quale ci si sente parte, il desiderio di costruirsi una famiglia, l’impegno di educare i figli e di trasmettere l’eredità di una storia, vissuta come sacra. 134
tEstiMoniarE la vErità DEl vanGElo La Calabria, nondimeno, si trova, per altri versi, dentro un vuoto che appare profondo. Un vuoto di certezze, di presenza, di fiducia, di impegno, di speranza, di prospettive, di esempi: un vuoto di fatti. Questo vuoto, che tocca le stesse istituzioni, lacera il tessuto della politica, coinvolge a tutto campo il mondo del lavoro, induce la gente a chiudersi nel privato, diffonde la sfiducia, riduce la speranza dei giovani, favorisce spesso la fuga da questa terra delle intelligenze più vive. Un vuoto, che altera anche la capacità di discernimento, con la conseguenza che ora, nonostante l’atavico attaccamento ad essi, sta diventando difficile, anche in Calabria, difendere alcuni dei valori più grandi, perché si va diffondendo una cultura che corrode le radici dell’idea stessa di vita umana e di famiglia naturale, dell’amore inteso come dono di sé, del bene comune come obiettivo per guardare oltre se stessi, della legalità come rispetto di ogni legge e dell’altro, del coraggio della denuncia come espressione concreta della passione interiore per la libertà di ognuno di essere se stesso. 3. La Chiesa, «mistero e comunione», è definita dalla costituzione Lumen gentium del Concilio Vaticano II con l’immagine biblica di «popolo radunato» dall’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo con il compito di essere segno e richiamo per mantenere viva la speranza nel mondo1. «Perciò questo popolo messianico, pur non comprendendo in atto tutti gli uomini, e apparendo talora come un piccolo gregge, costituisce per tutta l’umanità un germe validissimo di unità, di speranza, di salvezza. 1
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conFErEnza EPiscoPalE calaBra La Chiesa, popolo di Dio radunato nel vincolo della Trinità, manifesta la sua credibilità in un orizzonte di fede, quando c’è la disponibilità a coglierne la proposta e il senso della sua presenza nella storia dell’umanità. 4. La Chiesa non è Cristo, ma vive di Cristo: Egli è presente nella Chiesa, che è il Suo popolo, il Corpo, di cui Egli è il capo; e attraverso la Chiesa Cristo opera nel mondo. Le due dimensioni, umana e divina, della Chiesa, la innestano nel tempo e nell’eterno e sono parimenti necessarie alla sua identità. Segno della salvezza, donata dal Padre per mezzo di Gesù Cristo nello Spirito Santo, la Chiesa si manifesta nella sua identità di «comunione e missione» vivendo sulle strade dell’uomo l’annunzio e la testimonianza del Vangelo. Incarnando la dimensione di servizio, propria del Cristo, la Chiesa militante, pellegrina sulle strade della storia, percorre il proprio cammino tra le persecuzioni del mondo e la consolazione di Dio2. Proprio per questo ogni persona, ma specialmente chi si trova in una dimensione di vulnerabilità e di fatica, trova piena ospitalità nei percorsi pastorali della Chiesa di oggi e di sempre: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie Costituito da Cristo per una comunione di vita, di carità e di verità, è pure da lui assunto a essere strumento della redenzione di tutti e, quale luce del mondo e sale della terra, è inviato a tutto il mondo», concilio EcuMEnico vaticano ii, Lumen gentium, 9. 2 Cfr. AGostino, De civitate Dei, XVIII, 51.2.
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tEstiMoniarE la vErità DEl vanGElo e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore»3.
La Chiesa calabra, da parte sua, seguendo l’insegnamento evangelico e l’esortazione conciliare, avverte il grido di un popolo e di un territorio ferito nella sua dignità; accompagna il cammino sofferente di chi porta sulle spalle il peso di frequenti ingiustizie e di atteggiamenti estorsivi; dentro i quali la mancanza di lavoro si salda con la piaga del lavoro nero; il ricatto e l’usura si sposano con la promessa di guadagni facili attraverso la chimera del gioco d’azzardo; e, sulla frontiera devozionale, all’intercessione dei santi patroni del cielo si sostituisce l’affidamento ai padrini di questa terra. 5. La realtà criminale ha raggiunto ormai una dimensione globalizzata, in grado di aprire i propri spazi di mercato di morte oltre i confini nazionali ed europei, trovando in alcune frange della politica e dei poteri forti deviati connivenze e collusioni, che le permettono di piegare ai propri fini i suoi alleati, tante volte prezzolati in termini di denaro pulito e sporco, di tangenti, di favori e di raccolta di voti e consensi. Sempre più frequente è l’offerta di protezione e sicurezza dei piccoli e grandi cantieri ed un’apparente vivibilità ottenebrata spesso da oscure e minacciose presenze, che si impongono anche con violenti atti intimidatori. Dinanzi a questo scenario di lacerazione della dignità della persona, in cui si affossano la vita e la 3
Concilio EcuMEnico vaticano II, Gaudium et spes, 1.
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conFErEnza EPiscoPalE calaBra speranza, la Chiesa di Calabria si china sull’uomo ferito e grida il suo dolore e la sua indignazione. 6. È proprio per questo che noi, vescovi di Calabria, in continuità con gli interventi del Magistero episcopale calabrese dell’ultimo quarantennio4, oggi con ancora più forza e urgenza, sentiamo ineludibile il dovere di rivolgerci collegialmente, non solo ai fedeli delle Chiese di Calabria, ma a tutti i cittadini di questa terra, amata e martoriata, per offrire loro una lettura, alla luce dell’eterno Vangelo, dell’attuale momento storico, particolarmente in rapporto al deprecabile fenomeno ’ndranghetista. E ciò al fine di contribuire – sulla base della nostra quotidiana e concreta esperienza di pastori – alla promozione globale della Calabria intera: una promozione, non solo morale e religiosa, ma umana e culturale, sociale e politica. 4 Solo per indicare i documenti inclusivi e uno intermedio: conFErEnza EPiscoPalE calaBra, documento del 20 novembre 1975 Leviamo la nostra voce contro la mafia. L’episcopato calabro contro la mafia, disonorata piaga della società; ConFErEnza EPiscoPalE calaBra, nota del 2007 «Se non vi convertirete perirete tutti alla stesso modo». A partire dagli anni Novanta del secolo scorso, la stessa Conferenza episcopale italiana accoglie con maggiore coscienza, grazie al lavoro capillare dei vescovi del Sud, le istanze e le preoccupazioni delle Chiese meridionali. Appaiono nei documenti cEi la condanna esplicita delle mafie, accompagnata dall’invito degli aderenti ad essa al pentimento ed alla conversione. La riflessione in seno alla Conferenza Episcopale Calabra e nelle singole diocesi prosegue e si traduce in gesti concreti oltre che in forti documenti di denuncia; ConFErEnza EPiscoPalE calaBra Comunicato finale dopo la sessione straordinaria estiva, Paola 17 luglio 2014.
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tEstiMoniarE la vErità DEl vanGElo Il nostro intento, in questa nota pastorale, non è di leggere il Vangelo alla luce delle situazioni difficili e, per certi versi, drammatiche di questa terra: ma, al contrario, di leggere queste situazioni alla luce del Vangelo. Nel primo caso, infatti, ci sarebbe il rischio di adattare il Vangelo alle situazioni concrete, quasi un gesto di misericordia; ma si finirebbe, in fondo, con il tradirlo. Nel secondo, invece, che è quello che scegliamo, si tratta di lottare per accompagnare e condurre, con atteggiamenti di misericordia e di chiarezza insieme, la vita concreta della gente di Calabria verso le altezze dell’eterno Vangelo, convinti che la misericordia non possa essere mai disgiunta dalla verità, né la verità dalla misericordia, «vivendo secondo la verità nella carità» (Ef 4,15). Consapevoli delle insidie terribili che la ’ndrangheta comporta, vogliamo, perciò, formulare ad alta voce il nostro appello a testimoniare la verità del Vangelo, soprattutto oggi, in questo difficile contesto.
II. LA CHIESA DINANZI AL DOLOROSO MALE DELLA ’NDRANGHETA
7. Le Chiese di Calabria, in tutte le loro componenti presbiterali, consacrate e laicali, desiderano, oggi più che mai, compiere un vero e proprio pellegrinaggio nella verità della fede, per crescere nell’adesione e nella comprensione, nell’accoglienza e nell’obbedienza a Cristo Signore e così acquisire un vero stile testimoniale. Di fronte alle sfide, che emergono nel nuovo contesto socio139
conFErEnza EPiscoPalE calaBra culturale che si va delineando, nel quale la Chiesa è ulteriormente chiamata ad evangelizzare e ad essere «città collocata sopra un monte» (Mt 5,1316), i pastori delle Chiese, che sono in Calabria, vogliono far riecheggiare l’indimenticabile grido contro la mafia, lanciato da San Giovanni Paolo II: «Convertitevi, verrà il giudizio di Dio»5. Non fu solo un grido, né solo un appello, ma l’indirizzo preciso in vista di un impegno nell’individuare nuove vie, nella luce della fede cristiana, per generare e rigenerare cristiani autentici, credenti credibili, donne e uomini testimoni operosi nella vita familiare, sociale e professionale e nel servizio all’umanità. 8. Nella sessione straordinaria della Conferenza episcopale calabra del 17 luglio 2014, tenutasi presso il Santuario di Paola, noi vescovi di Calabria abbiamo fortemente ribadito che «la ’ndrangheta è negazione del Vangelo»6. Tale sessione straordinaria era stata da noi prospettata nella CEc del 7-8 aprile, a Catanzaro, quando, riservandoci di «approfondire il tema dell’azione pastorale della Chiesa contro la ’ndrangheta in vista di un impegno più specifico», avevamo anche approvato l’introduzione nei nostri Istituti teologici e di scienze religiose di un corso sul tema Chiesa-’ndrangheta, che verrà attivato nel secondo semestre di quest’anno accademico 2014-2015. In quella circostanza, nella dichiarazione Su alcuni Giovanni Paolo II, Omelia per la Messa nella Valle dei templi, Agrigento 9 maggio 1993. 6 ConFErEnza EPiscoPalE calaBra, Comunicato finale…, cit. 5
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tEstiMoniarE la vErità DEl vanGElo temi della vita della Chiesa in Calabria, avevamo già ripreso con maggiore energia l’impegno educativo ed ecclesiale di fronte alla ’ndrangheta, che papa Francesco ha poi arricchito nella sua omelia a Sibari7. La ’ndrangheta non ha nulla di cristiano. È altro dal cristianesimo, dalla Chiesa. Non è solo un’organizzazione criminale che, come tante altre, vuole realizzare i propri illeciti affari con mezzi altrettanto illeciti e illegali, ma – attraverso un uso distorto e strumentale di riti religiosi e di formule che scimmiottano il sacro – si pone come una vera e propria forma di religiosità capovolta, di sacralità atea, di negazione dell’unico vero Dio. L’appartenenza ad ogni forma di criminalità organizzata non è titolo di vanto o di forza, ma titolo di disonore e di debolezza, oltre che di offesa esplicita alla religione cristiana. L’incompatibilità non è solo con la vita religiosa, ma con l’essere umano in generale. La ’ndrangheta è una struttura di peccato che stritola il debole e l’indifeso, calpesta la dignità della persona, intossica il corpo sociale. 9. Nel corso di quest’anno, diversi accadimenti hanno stimolato la nostra riflessione e hanno fatto emergere l’esigenza di un intervento forte dell’episcopato calabro. Del resto, le parole chiare pronunciate da papa Francesco, in visita pastorale a Cassano allo Jonio, oltre ad evidenziare la 7 conFErEnza EPiscoPalE calaBra, dichiarazione Su alcuni temi della vita della Chiesa in Calabria, Catanzaro 7-8 aprile 2014.
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conFErEnza EPiscoPalE calaBra gravità di alcune situazioni, hanno ribadito con chiarezza la distinzione tra il Vangelo, la sua coerente attuazione personale e comunitaria, da una parte; e qualsiasi effettiva o presunta aggregazione mafiosa, dall’altra. «Quando non si adora il Signore – queste le parole del Pontefice – si diventa adoratori del male, come lo sono coloro che vivono di malaffare, di violenza. La vostra terra, tanto bella, conosce le conseguenze di questo peccato. La ’ndrangheta è questo: adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato, bisogna dirgli di no. La Chiesa, che so tanto impegnata nell’educare le coscienze, deve sempre più spendersi perché il bene possa prevalere. Ce lo chiedono i nostri ragazzi, ce lo domandano i nostri giovani bisognosi di speranza. Per poter rispondere a queste esigenze, la fede ci può aiutare. Coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati»8.
Queste parole, rafforzate dall’autorità del pontefice, chiudono il cerchio del cammino intrapreso dalle Chiese locali che sono in Calabria e suonano ormai come una presa d’atto corale di un atteggiamento inderogabile e indifferibile: configurando la mafia come apostasia, i suoi adepti, che non sono in comunione con la Chiesa, sono collocati automaticamente fuori dalla comunità cristiana e dalla retta professione di fede: 8 FrancEsco, visita pastorale a Cassano allo Jonio, Omelia per la Messa sulla spianata dell’area Insud, Sibari 21 giugno 2014.
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tEstiMoniarE la vErità DEl vanGElo costituiscono, quindi, una contro-testimonianza. Vogliamo, perciò, di nuovo esortare il popolo di Dio, che vive nelle nostre terre, così come facemmo nel 2007, «a compiere ogni sforzo per rinunciare ad atteggiamenti che possono alimentare il fenomeno mafioso. E ciò non solo mediante la condanna di tutte le forme di violenza, ma anche avendo sempre presente che la risoluzione dei problemi personali non va affidata al padrino di turno ma a chi è preposto dall’autorità dello Stato»9.
Il Santo Padre, insomma, ha ribadito che chi appartiene a queste forme mafiose si è già posto fuori dalla comunione con la Chiesa; e ha rimarcato l’inaccettabilità di stili di vita, comportamenti e azioni, oggettivamente inconciliabili con il messaggio evangelico. Da ciò deriva che il mafioso, se non dimostra autentico pentimento, né volontà di uscire da una situazione di peccato, non può essere assolto sacramentalmente nel rito della confessione-riconciliazione, né può accedere alla comunione eucaristica; tantomeno può rivestire uffici e compiti all’interno della comunità ecclesiale. Nel cammino di conversione la Chiesa, però, non lo lascia solo, ma lo accompagna con pazienza e amore, come ci ha insegnato Gesù. 10. In passato furono istituiti, e sono ancora in atto, percorsi di guarigione delle coscienze, che videro tanti credenti, presbiteri, religiosi, laici, 9 ConFErEnza EPiscoPalE calaBra, nota «Se non vi convertirete…», cit., 2007.
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conFErEnza EPiscoPalE calaBra parrocchie ed esperienze aggregative attivarsi per un impegno che non doveva e non poteva restare esclusivo di pochi coraggiosi pionieri. Opere e segni che, insieme alla sofferenza di alcuni, sono stati come un seme fecondo per segnare un’altra tappa nel cammino verso precise scelte, tese a purificare il servizio della Chiesa nel mondo. Non sono mancate irresponsabili connivenze di pochi, nonché silenzi omertosi: e di questo i credenti sanno e vogliono chiedere perdono. Ma accanto alla gramigna, silenziosamente cresce il campo del bene che si distingue, senza mezzi termini, per la sua luminosità e la sua coerenza. Un campo seminato dal lavoro capillare e feriale di pastori e di laici che, nella predicazione, nella catechesi, nell’impegno sociale, hanno dissodato e coltivano il terreno, perché cresca il buon grano. Nell’ultimo ventennio c’è stato un fiorire di iniziative ecclesiali, associative, culturali, che hanno recepito e tradotto le istanze evangeliche di liberazione della terra calabrese. Anche gli stessi convegni ecclesiali regionali, dal 1978, sono stati appuntamenti per una riflessione critica delle comunità ecclesiali sulla malapianta della criminalità organizzata. 11. Al potere mafioso, che permea ancora singoli e istituzioni, dobbiamo opporre quel tanto auspicato e nuovo senso critico per discernere i valori evangelici e «l’impegno dei cristiani nella polis, come espressione della carità e dell’amore che il credente vive in Cristo», senza disertare la politica, anche se casi di corruzione spingerebbero a cedere alla tentazione di farsi da parte. 144
tEstiMoniarE la vErità DEl vanGElo Sappiamo che il cammino è lungo, ma intendiamo ribadire con forza che «le mafie, di cui la ’ndrangheta è oggi la faccia più visibile e pericolosa, costituiscono un nemico per il presente e l’avvenire della nostra Calabria. Noi dobbiamo contrastarle perché nemiche del Vangelo e della comunità umana. In nome del Vangelo, dobbiamo tracciare il cammino sicuro ai figli fedeli e recuperare i figli appartenenti alla mafia».
E soprattutto ai giovani si diceva, ed oggi ancora vogliamo confermare, che «l’appartenenza o la vicinanza ai clan non sono un titolo di vanto o di forza, bensì di disonore e debolezza»10. 12. Dalla presa di distanza alle forti denunce, dalla presa di coscienza alla testimonianza: è un cammino per arrivare oggi al deciso appello al pentimento, alla conversione, alla pacificazione del cuore di fronte alla luce del Vangelo che ci chiama alla testimonianza della verità. La chiarezza e la franchezza ci sono richieste dal Signore che ci manda «come agnelli in mezzo ai lupi» (Mt 10,16), ma con il coraggio di annunciare la speranza e operare per il riscatto di questa regione. Per inquadrare bene la realtà della Chiesa e della ’ndrangheta, è perciò, ancora una volta, necessario richiamare le rispettive nature e finalità: sono due realtà incommensurabilmente tra loro lontane; e su ciò si fonda l’abissale differenza tra una comunità, la nostra, fondata sull’amore di Dio e del prossimo, rispetto all’altra, costruita 10
Ibidem.
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conFErEnza EPiscoPalE calaBra sulla minaccia e sulla paura, su una falsa fede e una distorta religiosità, su aggregazioni di odio e di sangue contro chi viene considerato nemico giurato e perciò da eliminare anche fisicamente. 13. La ’ndrangheta è un’organizzazione criminale fra le più pericolose e violente. Essa si poggia su legami familiari, che rendono più solidi sia l’omertà, sia i veli di copertura. Utilizzando vincoli di sangue, o costruiti attraverso una religiosità deviata, nonché lo stesso linguaggio di atti sacramentali (si pensi alla figura dei padrini), i boss cercano di garantirsi obbedienza, coperture e fedeltà. La ’ndrangheta – lì dove attecchisce e prospera – svolge un profondo condizionamento della vita sociale, politica e imprenditoriale nella nostra terra. Con la forza del denaro e delle armi, esercita il suo potere e, come una piovra, stende i suoi tentacoli dove può, con affari illeciti, riciclando denaro, schiavizzando le persone, ritagliandosi spazi di potere. È l’antistato, con le sue forme di dipendenza, che essa crea nei paesi e nelle città. È l’anti-religione, insomma, con i suoi simbolismi e i suoi atteggiamenti utilizzati al fine di guadagnare consenso. È una struttura pubblica di peccato, perché stritola i suoi figli. È contro la vita dell’uomo e contro la sua terra. È, in tutta evidenza, opera del male e del maligno. Nelle radici della ’ndrangheta c’è, infatti, il concetto di un assoluto, sopra del quale non c’è alcun altro: ma solo il capo di turno e la cupola mafiosa. Un assoluto da cui si dipende, a cui bisogna sempre ubbidire e rendere conto di tutto; un assoluto, che ha l’ultima parola sulla vita stessa 146
tEstiMoniarE la vErità DEl vanGElo degli altri. Non ci vuol molto a capire che si è in una situazione diametralmente opposta a quella del Vangelo. Far parte consapevolmente della ’ndrangheta significa, in sostanza, rifiutare concretamente il Vangelo e il suo segno storico, che è la Chiesa. Scandalosa è l’assimilazione tra certe forme di manifestazione della pietà e della devozione, da una parte; e certi riti pagani e mafiosi di affiliazione ai clan, dall’altra. È vero che le radici del fenomeno vanno inquadrate in una questione meridionale ancora irrisolta e in una cultura deviata, che vuole esercitare una supplenza alle deficienze e assenze dello Stato, ai suoi ritardi, e alla sua stessa impostazione sociale, ma è anche vero – lo ribadiamo – che questa forma di criminalità si è trasformata in una piovra, che cerca di sostituirsi allo Stato e vuole dominare il territorio fino a impadronirsene con la forza. Tale deleterio fenomeno ha infestato la nostra vita sociale ed è penetrato anche in certi scenari religiosi di alcune comunità ecclesiali locali. Possiamo affermare che lo stravolgimento subito dalle devozioni e dalle pratiche di culto della Chiesa ha portato, a volte, alcune belle forme di pietà popolare a diventare autentiche manifestazioni di idolatria, mascherata di religiosità.
III. LA CHIESA E LE ISTITUZIONI DELLO STATO
14. Di fronte ai tanti problemi sociali, la Chiesa si è di continuo pronunciata, schierandosi dalla parte degli ultimi; essa conferma di non poter tacere o restare indifferente. 147
conFErEnza EPiscoPalE calaBra «La Chiesa e i cristiani hanno il dovere di porsi in prima fila nel denunciare le ingiustizie ma soprattutto creare una forte coscienza morale, sociale e politica, che susciti concrete iniziative»11.
Chiesa e istituzioni civili, ciascuno nel suo ambito e con la propria missione o finalità, devono impegnarsi insieme per il riscatto di questa terra, nella comune battaglia atta a prevenire stili di vita illeciti, soprattutto a sradicare i tentacoli della mafia, che cerca di infestare ogni ambiente, ogni coscienza, ogni istituzione. I poteri dello Stato di legiferare e di intervenire, attraverso la magistratura e le forze dell’ordine, devono trovare un terreno dissodato: coscienze preparate, ricche di senso civico e morale, acquisito attraverso il cammino formativo delle nuove generazioni. La Chiesa ribadisce, con profonda convinzione, il rispetto e la stima che ha sempre avuto per le istituzioni dello Stato, e soprattutto per la magistratura e le forze dell’ordine, nella loro azione di prevenzione e di repressione, ben sapendo che alcuni hanno pagato finanche con la vita l’impegno nel contrastare la criminalità organizzata. Ma, nello stesso tempo, la Chiesa ricorda che la sua missione non sempre può coincidere con l’azione inquirente o punitiva, propria dello Stato. Essa trasmette con fedeltà e chiarezza ciò che Cristo le ha consegnato. Ed annunciando il Vangelo, denuncia il peccato, ma indica alle persone colpevoli la via della comunque possibile rico11 Giovanni Paolo II, Viaggio pastorale in Calabria, Cosenza 6 ottobre 1984.
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tEstiMoniarE la vErità DEl vanGElo struzione interiore ed esteriore, che passa dalla conversione del cuore, dalla riparazione, dalla vita rinnovata completamente in Cristo. La necessaria collaborazione fra Chiesa e magistratura segue, pertanto ed ovviamente, le singolari dinamiche dell’una e dell’altra; e trova il suo limite – per la natura stessa della Chiesa – in tutto ciò che riguarda il foro interno delle persone, cui la Chiesa si accosta come madre, particolarmente nell’intimità del segreto confessionale che, mai, a costo perfino della vita, nessun ministro di Dio può tradire. 15. La libertà della Chiesa è la via necessaria per la missione di evangelizzazione nuova della pietà popolare, poiché, fedele agli insegnamenti di Cristo, essa può essere fermento di verità per ogni famiglia, ogni comunità religiosa e ogni istituzione civile. Il Concordato, con la sua revisione del 1984, garantisce alla Chiesa il libero esercizio del servizio spirituale nella società civile, ma è necessario che i rapporti con lo Stato e le sue istituzioni siano sempre vitali, di dialogo e di sinergia per il raggiungimento del bene comune, nella distinzione netta dei ruoli: la Chiesa non è la magistratura e non è la polizia e non è neppure un tribunale civile, chiamato a distribuire patenti di mafiosità. La Chiesa è madre e come tale accompagna sempre l’uomo, per aiutarlo a riconoscere i propri errori nell’alveo della giustizia, a convertirsi, oltre che a impedire che si smarrisca. La stessa scomunica, quando è comminata, è monito per un possibile ravvedimento, nell’ottica della misericordia, finalizzata alla guarigione interiore e 149
conFErEnza EPiscoPalE calaBra alla riparazione. Allora è necessario che la Chiesa sia se stessa, anche quando difende la verità del Vangelo di fronte al terribile fenomeno mafioso. Essa possiede per grazia la forza rinnovatrice per l’uomo e per la storia. Svolgendo quella specifica missione che il Signore le ha affidato, invita continuamente ogni creatura a immergersi nel corpo di Cristo, da cui può rinascere a vita nuova, risorgendo perfino dai delitti più efferati. Di fronte alla triste e dolorosa piaga della criminalità, servono la fede nel Signore Risorto e la coerenza delle azioni, che supportino interventi programmati, specialmente quelli relativi alle diverse espressioni della pietà e della religiosità popolare, della formazione remota, prossima e permanente dei presbiteri, dei laici e dei catechisti, nell’esperienza dei movimenti e delle aggregazioni ecclesiali, con l’ausilio e la testimonianza di quel monastero di purezza, povertà e obbedienza, rappresentato dalle persone di vita consacrata.
IV. MESSAGGIO DI SPERANZA E INVITO ALLA CONVERSIONE
16. La Chiesa è chiamata a offrire la Parola forte del Vangelo e segni concreti, che mettano in luce da quale parte stiano i credenti in Gesù Cristo, che rivela il Padre ed offre la grazia dello Spirito Santo. Non c’è – e non ci può essere – commistione tra una fede professata e una vita disorientata dall’appartenenza ad organizzazioni criminali e, quindi, votata ad una struttura di peccato, succube delle tentazioni del maligno. 150
tEstiMoniarE la vErità DEl vanGElo Alla chiarezza di tale annuncio dobbiamo accompagnare quanto Gesù ci ha insegnato a proposito dell’accoglienza del peccatore e di chi cammina in una vita tenebrosa; e viene dallo Spirito chiamato alla conversione. Senza un cambiamento concreto, pubblico, senza una vera e propria presa di distanza dalla vita vissuta nel male, non si può parlare di pentimento e di vera conversione; sono questi i segni indispensabili per un reinserimento pieno del peccatore nella comunità e per un percorso di ricostruzione interiore. Tutte le esperienze evangeliche di conversione, scaturite dall’incontro con il Signore, hanno comportato un cambiamento integrale della vita: dall’adultera a Zaccheo, da Matteo allo stesso Saulo di Tarso. La conversione richiede all’uomo di rialzarsi dalla propria condizione di peccato, per porre le basi di una vita nuova: «“Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?”. Ed ella rispose: “Nessuno, Signore”. E Gesù disse: “Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più”» (Gv 8,11); «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua» (Lc 19,5); Matteo, alla chiamata del Signore, abbandonò il banco delle imposte inique (cfr. Mt 9,9); e lo stesso Saulo si lasciò condurre nella cecità dopo aver ascoltato e visto il Signore Risorto, che egli perseguitava nella carne dei suoi fratelli (cfr. At 9,1-19). Fino all’ultimo il Signore dà l’opportunità di tornare a Lui, così come fece con il ladrone pentito: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso» (Lc 23,43). Noi non possiamo vedere il cuore di una persona; e solo i segni esterni possono farci cogliere la tensione suscitata dallo Spirito Santo per una 151
conFErEnza EPiscoPalE calaBra vita nuova, ispirata al Vangelo: il pentimento sincero, tante volte manifestato nelle lacrime, il consegnarsi alla giustizia, il restituire quello che non è stato guadagnato onestamente («se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto» disse Zaccheo, Lc 19,8), un impegno serio nella carità, una vita nuova in stile penitenziale e un percorso di discepolato, la richiesta pubblica di perdono, la disponibilità al risarcimento e alla riparazione. È un percorso penitenziale, irto di fatiche, ma non impossibile. La Parola di Dio ci garantisce la possibilità di coniugare misericordia e giustizia, verità e carità; è proprio del venire di Dio, del sopraggiungere del Messia nella vita e nella storia, questo stato nuovo e di equilibrio; è in se stessa la più grande delle profezie e noi cristiani non possiamo non annunciarla, testimoniarla e crederla. Vogliamo farci aiutare dallo stesso San Paolo, che prima era persecutore, poi divenne messaggero della misericordia che il Signore aveva usato nei suoi confronti: «E il nostro invito alla fede non nasce da menzogna, né da disoneste intenzioni e neppure da inganno; ma, come Dio ci ha trovato degni di affidarci il Vangelo così noi lo annunciamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori» (1Ts 2,3-4).
17. È compito della Chiesa mettere ogni impegno, in tutte le forme possibili e compatibili con la sua missione, perché sia estirpata dalla nostra terra questa distorsione peccaminosa; e perché le giovani generazioni siano vaccinate con la prevenzione. Il fenomeno della malavita organizzata 152
tEstiMoniarE la vErità DEl vanGElo di stampo mafioso si presenta di lunga durata, e strutturale, cangiante e adattatosi nel corso del tempo, in rapporto alla lotta messa in atto dallo Stato e accompagnata dalla Chiesa con un cammino di formazione. Questa lotta non è mai stata marginale, né d’emergenza, ma collegata in circolarità con le nostre più vicine regioni meridionali – la Campania, la Puglia, la Sicilia – e con gli occhi puntati sugli ambienti dove il potere politico esprime genuinamente se stesso e la sua forza. Nonostante tutto questo, il fenomeno deprecato permane come una ferita aperta, che, talvolta, sembrerebbe incurabile o inguaribile. Poiché supera i confini regionali e nazionali, fa parte di una minaccia grave, non soltanto per la Calabria, ma per la vivibilità universale. Tuttavia, lo spirito di fede proclama nella verità: «Un autentico spirito di fraternità vince l’egoismo individuale che contrasta la possibilità delle persone di vivere in libertà e in armonia tra di loro. Tale egoismo si sviluppa socialmente sia nelle molte forme di corruzione, oggi così capillarmente diffuse, sia nella formazione delle organizzazioni criminali, dai piccoli gruppi a quelli organizzati su scala globale, che, logorando in profondità la legalità e la giustizia, colpiscono al cuore la dignità della persona. Queste organizzazioni offendono gravemente Dio, nuocciono ai fratelli e danneggiano il creato, tanto più quando hanno connotazioni religiose»12. 12 FrancEsco, messaggio per la XLVII Giornata mondiale della pace, Fraternità, fondamento e via per la pace, 1° gennaio 2014.
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conFErEnza EPiscoPalE calaBra Per questo, nei confronti di chi, notoriamente e ostinatamente, nel corso della vita terrena abbia preso parte in prima persona, come mandante, come esecutore e collaboratore consapevole, ad organizzazioni criminali, come la ’ndrangheta, la Conferenza episcopale calabra, pubblicamente e solennemente ribadisce che di fatto è fuori dalla comunione con la Chiesa. Nessun dubbio sussiste su questo punto e sulla necessità di segnali chiari, possibilmente anche forti e significativi: la Chiesa sente di dover essere consequenziale, marcando la differenza tra il bene e il male, per non trasmettere messaggi ambigui e ricordare invece, ancora una volta, che chi sceglie la mafia si pone al di fuori del Vangelo; e, quindi, morirà senza la consolazione che lo Spirito offre a chi sceglie la vita vera. La stessa Chiesa, tuttavia, resta sempre pronta a offrire il balsamo della riconciliazione e dell’unzione degli infermi a quanti desiderano convertirsi: ed è disposta sempre ad accoglierli e a mettersi accanto a loro per aiutarli in ogni modo nel cammino di conversione. La scaletta dei compiti indicati dal Santo Padre parte dalla necessità della lotta a ogni forma di male specie a quello della ’ndrangheta. Da ciò deriva anzitutto un netto e comunitario no al male, anzi un vero e proprio combattimento spirituale, cui deve far seguito la constatazione, anche canonica, che chi non è in comunione con Dio, a motivo dell’adesione ostinata dentro una strada di male, non è in comunione né con l’Assoluto, né con la Chiesa. Nel corso della visita ai detenuti di Castrovillari, lo stesso papa ha, tuttavia, ribadito che il 154
tEstiMoniarE la vErità DEl vanGElo carcere (anche quello a cui si devono sottomettere i criminali e gli aderenti a organizzazioni illegali) viene irrogato allo scopo dell’effettivo reinserimento nella società. Ne consegue che, anche il più incallito dei peccatori, giustamente condannato dalla magistratura, ha ancora possibilità di ravvedersi e di riparare. Dio, infatti, ha detto papa Francesco, «mai condanna. Mai perdona soltanto, ma perdona e accompagna. Il Signore è un maestro di reinserimento: ci prende per mano e ci riporta nella comunità sociale. Il Signore sempre perdona, sempre accompagna, sempre comprende; a noi spetta lasciarci comprendere, lasciarci perdonare, lasciarci accompagnare»13.
18. Riconoscere di non essere in comunione con Dio è un appello a intraprendere un cammino di redenzione umana e di reinserimento sociale, ovvero di conversione, non come atto intimistico, ma come proiezione sul piano storico di un’avvenuta trasformazione esistenziale; tale cammino esige, comunque, la riparazione per il male inferto agli altri e al corpo sociale, nonché per le ingiustizie commesse a danno delle persone e della società. Nel caso specifico dello ’ndranghetista, l’espiazione-riparazione non potrà certo ridare vita agli uccisi, o alle vittime dei reati e degli atteggiamenti mafiosi, ma potrà almeno contribuire alla ricostruzione personale e spirituale e, 13 FrancEsco, visita pastorale a Cassano allo Jonio, Incontro con i detenuti del carcere di Castrovillari, 21 giugno 2014.
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conFErEnza EPiscoPalE calaBra soprattutto, potrà, con una vita diversa, attaccare il male alla radice, per demolire le fondamenta stesse dell’organizzazione mafiosa. Vogliamo, pertanto, dire in maniera accorata a quanti ancora si trovano e persistono in queste strutture di peccato: convertitevi, nel nome di Gesù. «Egli ha fiducia nell’uomo! Comprendete così, più degli altri, il valore del dolore, del pentimento, della conversione, del ritorno al Padre» disse San Giovanni Paolo II ai detenuti del carcere di Reggio14, indicando anche il tempo della detenzione come medicinale per tornare nella società rinnovati. «Se crescerà in voi lo spirito di cristiano – proseguì il papa – potrete con sincerità riconoscere le vostre colpe, cercare il perdono di quanti avete danneggiato…»15. 19. Un impegno consapevole nella direzione indicata è richiesto innanzitutto ai vescovi, ai presbiteri, ai diaconi, ai consacrati, ma anche a tutti gli operatori pastorali. È necessario, infatti, maturare una profonda e corale coscienza della responsabilità che ci è stata affidata nel ministero dell’annuncio e dei sacramenti, ma anche nel compito di guide ed educatori del popolo di Dio. Questo significa coltivare una vita di preghiera e di carità, coniugando per primi autenticità, coerenza, amore per il prossimo, giustizia e legalità; senza dimenticare, sulla scorta del documento Chiesa italiana e Mezzogiorno, che «la carenza della fami14 Giovanni Paolo II, Discorso ai detenuti del carcere di Reggio Calabria, 7 ottobre 1984. 15 Ibidem.
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tEstiMoniarE la vErità DEl vanGElo glia, talvolta la connivenza o peggio l’incoraggiamento della famiglia, alimentano le faide e altre forme di devianza criminosa»16. In tale direzione, ribadiamo la centralità della pastorale familiare, perché in famiglia si generano nuove vite e si trasmettono i modelli educativi e formativi; in famiglia si educa all’amore e alle relazioni giuste e misericordiose; in famiglia si rimprovera chi sbaglia e si accoglie chi riconosce l’errore. E se, da un lato, assistiamo a un processo di disgregazione, a volte di snaturamento e di crisi della famiglia contemporanea, dall’altro abbiamo il dovere di non rimanere a guardare, sospinti dalla certezza che, ben evangelizzata e curata, la famiglia possa ancora essere lievito di una società e di una comunità ecclesiale rinnovata, che diventa, come dev’essere, una vera «famiglia delle famiglie». 20. Compito peculiare di noi pastori, è predicare la Parola di Dio perché tutti, senza eccezioni, si convertano: pecore e lupi. Il pastore dinanzi al male, al malaffare, alle ingiustizie, non può usare, per codardia, la prudenza del diplomatico o, peggio ancora, far finta di non vedere. In questi casi, anzi, deve avvalersi della chiarezza e dell’indignazione, di giuste e veraci parole, di azioni corrette, di sostegno spirituale alla gente e sempre alla luce della buona novella di Gesù Cristo, che va testimoniata con coraggio. Intendiamo inserirci, per il nostro specifico, nelle opere messe in atto 16 conFErEnza EPiscoPalE italiana, Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno, 18 ottobre 1989.
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conFErEnza EPiscoPalE calaBra dallo Stato, per trasformare tanti individui in altrettanti cittadini, consapevoli dei propri doveri, ma anche dei propri diritti irrinunciabili. In questa prospettiva, attraverso la presente nota pastorale e, soprattutto, con le proposte e le azioni in essa contenute, vogliamo infondere coraggio e, soprattutto, rilanciare la fiducia nelle grandi capacità dei calabresi, credenti e persone di buona volontà, troppo spesso vanificate dall’indifferenza, dalle omissioni, dalla mancanza di impegno e dalla rassegnata indulgenza di molti. L’atavico fatalismo, che si ritrova in alcune nostre realtà, ha finito talvolta per travolgere ogni esperienza, facendo della sterile attesa la cifra essenziale dell’esistenza, il contrario cioè dell’autodeterminazione e della responsabilità, dell’impegno attivo e del rinnovamento. La parola chiave è una sola: Vangelo! Illuminata dal Vangelo, tutta la morale civica riveste e rispecchia il significato e il dinamismo teologale della fede. «La verità del Vangelo – ha scritto Benedetto XVI – preserva ed esprime la forza di liberazione della carità nelle vicende sempre nuove della storia. Senza verità, senza fede e amore per il vero, non c’è coscienza e responsabilità sociale, e l’agire sociale cade in balìa di privati interessi e di logiche di potere»17.
Avanti, allora, insieme! Con coraggio, determinazione e speranza, testimoniamo la verità del 17
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BEnEDEtto XVI, Caritas in veritate, 5.
tEstiMoniarE la vErità DEl vanGElo Vangelo e così l’annunceremo nel nome di Gesù Cristo con parresìa, cioè con chiarezza nello Spirito. Un futuro nuovo per la Calabria è possibile; ci crediamo per la fede che abbiamo nell’onnipotenza di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. 21. Affidando a un prossimo direttorio su aspetti della celebrazione dei sacramenti e della pietà popolare, principi e linee guide, a cui ispirarsi e attenersi nelle nostre diocesi di Calabria, consegniamo questa nostra nota pastorale nel giorno della Natività del nostro Signore Gesù Cristo. Come questa nascita ha segnato l’inizio della nostra salvezza, che continua a operare in chi l’accoglie nella propria vita, come dono di amore, così le nostre indicazioni possano contribuire a far sorgere un’alba nuova di redenzione nella nostra terra. L’annunzio dell’angelo risuonerà così davvero di gloria a Dio, che opera cose grandi anche nel buio della notte della storia, e proclama per le donne e gli uomini che egli ama tempi di grazia, di serenità duratura, di gioia pura e forte, di verità e di speranza. 25 dicembre 2014, Natale del Signore I vescovi della Calabria
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Conferenza Episcopale Calabra
Per una nuova evangelizzazione della pietĂ popolare
Orientamenti pastorali per le Chiese di Calabria
30 giugno 2015 161
aPPEnDicE 2 PRESENTAZIONE
Ai fratelli e sorelle delle Chiese di Calabria. Carissimi, ecco finalmente l’atteso documento di cui noi vescovi calabresi avevamo anticipato la stesura a conclusione della recente nota pastorale sulla ’ndrangheta. Si tratta dell’annunciato direttorio. In realtà non è tecnicamente un direttorio, ma l’offerta di chiari e precisi orientamenti pastorali, offerti a tutte le diocesi della Calabria. All’interno, poi, delle singole realtà ecclesiali, saranno i vescovi a pubblicare – se lo riterranno necessario o opportuno – un direttorio preciso e dettagliato per la propria diocesi. Ma già in questi orientamenti pastorali le indicazioni sono molto chiare e sicure, frutto delle riflessioni che i pastori delle Chiese calabresi hanno offerto alla luce dei valori perenni del Vangelo e del magistero; ed alla luce, insieme, delle realtà concrete e faticose con cui la Chiesa deve quotidianamente confrontarsi. Questi orientamenti mettono, in luce, anzitutto, il discorso sulla pietà e religiosità popolare, sottolineandone i valori e i rischi. In un secondo momento affrontano il problema della celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana, ma anche del matrimonio e della celebrazione delle esequie: scenari, tutti, dentro i quali – se non si pone la dovuta attenzione e non si osservano le norme – si corre il rischio di compiere degli errori 163
conFErEnza EPiscoPalE calaBra pastorali, che possono condurre al consolidarsi – nel giudizio di alcuni – delle frequenti accuse, scagliate contro la Chiesa, quasi fosse responsabile di compromessi con realtà mafiose. In un terzo squarcio, gli orientamenti si soffermano a tracciare le linee corrette per la celebrazione delle feste religiose e delle processioni, in modo assolutamente chiaro, indispensabile al fine di purificarne ogni aspetto; e al fine di offrire al popolo di Dio – e a chiunque vi si accosti – il mirabile esempio di una fede, che affonda le radici nella storia e tocca insieme il cuore della gente di oggi. In un quarto punto vengono offerti i percorsi pastorali da perseguire per una nuova evangelizzazione della pietà popolare. Il tutto, a livello sia diocesano, sia parrocchiale: le indicazioni consentiranno, una volta seguite, di cambiare davvero il volto delle nostre comunità cristiane. Nella conclusione, da una parte, si ribadisce l’assoluta negatività di ogni prassi mafiosa; e si ricorda, dall’altra, l’offerta del perdono divino a chiunque vive un’autentica conversione, alla luce particolarmente del prossimo Giubileo della Misericordia indetto da papa Francesco. Mi piace concludere questa breve presentazione sottolineando che è questo il mio ultimo gesto ufficiale da presidente della Conferenza episcopale calabra: un servizio che ho vissuto con amore verso tutti i vescovi, che ringrazio singolarmente e con i quali mi ritroverò fraternamente – da arcivescovo emerito di Cosenza-Bisignano – in una comunione che va oltre il compito e il ruolo di ciascuno. 164
PEr una nuova EvanGElizzazionE La Madre – che accompagna il nostro cammino – ci conduca teneramente ad un’intimità sempre più grande con il suo Figlio, Maestro e Salvatore del mondo, cui abbiamo con amore consacrato l’intera nostra vita. 30 giugno 2015 ✠
Salvatore Nunnari
Presidente Conferenza episcopale calabra
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conFErEnza EPiscoPalE calaBra I. LA PIETÀ POPOLARE PUNTO DI PARTENZA PER UNA NUOVA EVANGELIZZAZIONE
1. Noi, pastori delle Chiese di Calabria, concludevamo la nota pastorale sulla ’ndrangheta, Testimoniare la verità del Vangelo, affidando «a un prossimo direttorio su aspetti della celebrazione dei sacramenti e della pietà popolare, principi e linee guide, a cui ispirarsi e attenersi nelle nostre diocesi di Calabria»1.
Il presente testo di orientamenti pastorali intende offrire, appunto, dei princìpi e linee guida, correlando operativamente con le esigenze pastorali delle Chiese diocesane quanto già previsto dalla nota pastorale, con particolare riferimento alle celebrazioni liturgiche e sacramentali, nonché alle devozioni popolari e, soprattutto, alle figure di padrino/madrina nei sacramenti d’iniziazione cristiana, ai testimoni nelle celebrazioni delle nozze cristiane, al rito delle esequie, alle feste popolari e processioni sacre. 2. Quando, in ottica di fede cristiana, si parla di pietà (o religiosità, o anche devozione) popolare, s’intende richiamare la genuina fede cristiana, che è ricca di valori, sia religiosi sia storico-culturali, i quali non possono essere ignorati. La pietà popolare, che dalla liturgia nasce, della liturgia e dei suoi riti si nutre, alla celebrazione liturgica fa approdare il popolo di Dio, e per questo ne costi1 conFErEnza EPiscoPalE calaBra, Testimoniare la verità del Vangelo. Nota pastorale sulla ’ndrangheta, 25 dicembre 2014, 21.
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PEr una nuova EvanGElizzazionE tuisce un vero tesoro, è segno dell’attiva presenza dello Spirito Santo nella Chiesa e rappresenta un contributo popolare alla riflessione teologica e pastorale. Nelle sue molteplici e a volte millenarie tradizioni deve condurre verso la genuina pietà liturgica, che è sempre orientata alla preghiera comune della Chiesa, perché in essa si possa entrare e partecipare in forma attiva, fruttuosa e cosciente. Usi, costumi, tradizioni e devozioni di un popolo manifestano un patrimonio storico-culturale di rilevante valore, una memoria di cui conservare la ricchezza per le nuove generazioni, operando con discernimento e, dove occorre, purificandola, perché ne emergano sempre più i suoi aspetti migliori e sia ben significato il collegamento con la preghiera liturgica della comunità ecclesiale. «Con essa (la pietà popolare) – scriveva Paolo VI – noi tocchiamo un aspetto dell’evangelizzazione che non ci può lasciare insensibili […]; ha certamente i suoi limiti. È frequentemente aperta alla penetrazione di molte deformazioni della religione, anzi di superstizioni. Resta spesso a livello di manifestazioni cultuali senza impegnare un’autentica adesione di fede […], può mettere in pericolo la vera comunità ecclesiale. Ma se ben orientata, soprattutto mediante una pedagogia dell’evangelizzazione, è ricca di valori. Essa manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri possono conoscere […]. Noi la chiamiamo volentieri pietà popolare, cioè religione del popolo, piuttosto che religiosità. La carità pastorale deve suggerire, a tutti quelli che il Signore ha posto come capi di comunità ecclesiali, le norme di comporta167
conFErEnza EPiscoPalE calaBra mento nei confronti di questa realtà, così ricca e insieme così vulnerabile»2.
La pietà popolare, quindi, va incanalata e illuminata dal Vangelo di Cristo e dalla vivente tradizione della Chiesa, soprattutto tenuta al riparo da eventuali usi impropri e illeciti, o addirittura immorali e peccaminosi. Diventa una forza, in certi casi, proprio per la carica di nuova evangelizzazione che è in grado d’imprimere a una Chiesa che si autopercepisce oggi come «in uscita missionaria», nonché alla pratica religiosa e alla stessa pietà liturgica. Questo richiede alle comunità ecclesiali una permanente azione formativa e catechetica, nonché un’attenta vigilanza, onde evitare ambiguità fuorvianti e compromessi, misurando sempre le forme esteriori e storiche con il metro della Parola di Dio e dell’insegnamento ecclesiale. 3. Il cattolicesimo è una religione popolare, di popolo, di comunità. San Giovanni Paolo II ha considerato essenziale questo suo carattere direttamente legato alla sua cattolicità e universalità. Tale dimensione popolare nasce nel Cenacolo, come un dono e come un appello a mantenere viva l’anima operosa di ciascun credente e missionaria di tutta la Chiesa, nuovo popolo dei credenti in Cristo, inviato in missione nel mondo contemporaneo. La missione educatrice della Chiesa si rivolge, in particolare, a quelle forme di pietà popolare, dove troviamo 2
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Paolo VI, Evangelii nuntiandi, 48.
PEr una nuova EvanGElizzazionE «una fede radicata profondamente in una cultura precisa, immersa sin nelle fibre del cuore e nelle idee, e soprattutto condivisa largamente da un popolo intero, che è allora popolo di Dio»3.
Come pastori avvertiamo anche il compito di guida e il servizio al discernimento, perché la Chiesa custodisca e conservi il suo volto di Chiesa di popolo e di Chiesa di famiglia e perché ogni sua manifestazione popolare sia espressione della forza liberante del Vangelo, della vera gioia cristiana e dell’impegno storico dei credenti nelle comunità umane. Il popolo di Dio, nella sua storia, ha conosciuto diverse stagioni in cui ha espresso la sua fede, ricercando un dialogo e un reale inserimento nella concretezza della cultura e del vissuto delle comunità. La liturgia pervade la comunità cristiana aprendola al di là del tempo e dello spazio; essa è «fonte e culmine della vita della Chiesa»4 dalla quale sgorga una ricchezza di vita spirituale personale e comunitaria, incrementata da manifestazioni ed espressioni religiose che generalmente prendono il nome di pietà popolare5. 3 Giovanni Paolo II, Ai vescovi francesi in visita ad limina, in «Insegnamenti», V, 3 (1982), p. 1320. 4 Sacrosanctum Concilium, 10. 5 «La locuzione pietà popolare designa (qui) le diverse manifestazioni cultuali di carattere privato o comunitario che, nell’ambito della fede cristiana, si esprimono prevalentemente non con i moduli della sacra liturgia, ma nelle forme peculiari derivanti dal genio di un popolo o di un’etnia e della sua cultura. La pietà popolare, ritenuta giustamente un “vero tesoro del popolo di Dio… manifesta una sete di Dio che solo i semplici e i poveri pos-
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conFErEnza EPiscoPalE calaBra In essa noi vediamo splendere il genio del nostro popolo, la sua sensibilità, la sua storia, il suo modo proprio di vivere la terra, gli affetti, le tradizioni, le feste, la gioia e il dolore. Consideriamo una grazia speciale, per la nostra terra di Calabria, l’esistenza di tante espressioni particolari di ricerca di Dio e di manifestazioni di fede, alle quali, come pastori, sentiamo di guardare con speciale predilezione, al fine di farne crescere l’autenticità evangelica, lo zelo ecclesiale e la missione evangelizzante, oggi particolarmente richiesta dal contesto socio-culturale. Queste espressioni rivelano una delle dimensioni fondamentali della Chiesa: l’essere un popolo. L’episcopato calabrese ribadisce che la vera pietà popolare è un prezioso tesoro di questo popolo di Dio, segno dell’attiva presenza dello Spirito Santo nella Chiesa, attraverso le sue molteplici e a volte millenarie tradizioni, via privilegiata, alla preghiera liturgica. 4. Il Santo Padre Francesco ci ricorda che è imperioso il bisogno di evangelizzare le culture (cfr. EG 69). Nella nostra realtà di Chiesa in Calabria, a questo bisogno si risponde attraverso due strade: sono conoscere; rende capaci di generosità e di sacrificio fino all’eroismo, quando si tratta di manifestare la fede; comporta un senso acuto degli attributi profondi di Dio: la paternità, la provvidenza, la presenza amorosa e costante; genera atteggiamenti interiori raramente osservati altrove al medesimo grado: pazienza, senso della croce nella vita quotidiana, distacco, apertura agli altri, devozione”» conGrEGazionE PEr il culto Divino E la DisciPlina DEi sacraMEnti, Direttorio su pietà popolare e liturgia, 9.
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PEr una nuova EvanGElizzazionE l’accompagnamento, la cura e il rafforzamento di questa nostra ricchezza religiosa, e un incessante impegno per la crescita di una fede matura. «Ogni cultura e ogni gruppo sociale necessita di purificazione e maturazione. Nel caso di culture popolari di popolazioni cattoliche, possiamo riconoscere alcune debolezze che devono ancora essere sanate dal Vangelo: il maschilismo, l’alcolismo, la violenza domestica, una scarsa partecipazione all’Eucaristia, credenze fataliste o superstiziose che fanno ricorrere alla stregoneria, eccetera. Ma è proprio la pietà popolare il miglior punto di partenza per sanarle e liberarle»6.
5. La nostra cultura calabrese, ricca di risorse umane e spirituali, conosce in egual misura debolezze da sanare, a cui fa riferimento anche il Santo Padre Francesco. Come vescovi riconosciamo che il punto da cui partire per risollevare il nostro popolo è guardare con attenzione a quei momenti e luoghi in cui la fede incontra l’umano, lo rigenera offrendo una possibilità di espressione genuina del comune senso religioso e dell’appartenenza alla Chiesa. Per noi la pietà popolare è perciò il punto di partenza per una concreta nuova evangelizzazione, con nuovo ardore, nuovi metodi, nuovo entusiasmo. In questa direzione, le nostre Chiese locali hanno compiuto un lungo percorso di valorizzazione e purificazione, anche se resta ancora tanto da fare, affinché tutte le manifestazioni popolari siano espressione della vera fede e della genuina venerazione del popolo cristiano. 6
FrancEsco, Evangelii gaudium, 69.
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conFErEnza EPiscoPalE calaBra 6. In certi casi la religiosità popolare può diventare una forza, proprio in vista della nuova evangelizzazione che la Chiesa ha deciso d’imprimere alla pratica religiosa e al vissuto popolare. Ma ciò obbliga le comunità ecclesiali ad una permanente azione formativa e catechetica, scoraggiando quelle manifestazioni di religiosità popolare, che non comunicano autentica spiritualità, anzi rischiano di essere una contro-testimonianza. Dobbiamo riconoscere che certe esteriorità non rinviano apertamente ed in forma leggibile al Vangelo. Infatti: «Nella pietà popolare deve percepirsi l’afflato antropologico, che si esprime sia nel conservare simboli ed espressioni significative per un dato popolo evitando tuttavia l’arcaismo privo di senso, sia nello sforzo di interloquire con sensibilità odierne. Per risultare fruttuoso, tale rinnovamento deve essere permeato di senso pedagogico e realizzato con gradualità, tenendo conto dei luoghi e delle circostanze»7.
7. Con riferimento a determinate espressioni di religiosità popolare (quali processioni, feste e pellegrinaggi), il vescovo, con i propri organismi collegiali di partecipazione e corresponsabilità, è l’unico idoneo a valutare la realtà dei fatti e a indicare orientamenti e, soprattutto, le possibili soluzioni finalizzate ad evitare abusi o degenerazioni. Per continuare nell’opera di chiarificazione e di crescita delle nostre comunità e per sostenere l’opera quotidiana di pastori ai quali ne è affidata la cura ordinaria, ribadendo tutto quanto abbiaDEi
7 conGrEGazionE PEr il culto Divino E la DisciPlina sacraMEnti, Direttorio su pietà popolare e liturgia, 12.
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PEr una nuova EvanGElizzazionE mo indicato nella nota pastorale, forniamo ora precise indicazioni pastorali in merito ai sacramenti dell’iniziazione cristiana, al matrimonio, alla celebrazione delle esequie, alle feste e alle processioni. II. SACRAMENTI DI INIZIAZIONE CRISTIANA MATRIMONIO ED ESEQUIE
8. Le azioni liturgiche e sacramentali della comunità cristiana sono convocate e presiedute da Gesù Cristo, attraverso il suo ministro, per elevare la lode e il ringraziamento al Padre dei cieli con la potenza dello Spirito Santo. Esse presuppongono una comunità celebrante, attiva e partecipe, sotto la presidenza del ministro sacro. Sacramenti ed azioni di culto richiedono, inoltre, in ognuno dei partecipanti l’obbedienza della fede, cioè l’abbandono fiducioso a Dio, la coscienza libera dal male e dal peccato, la disponibilità a tradurre in azioni ciò che è proposto dal mistero liturgico. In particolare, per i sacramenti dell’iniziazione cristiana e il matrimonio (i cui ministri sono gli sposi stessi), per i quali è prevista la presenza di padrini/madrine o testimoni, la Chiesa esige una vita realmente cristiana, coerente con i valori evangelici, una fervente pratica cristiana, la disponibilità alla catechesi permanente e alla formazione religiosa8. Nella celebrazione del sacramento del matrimonio nella Chiesa bizantina i paraninfi (testimoni) hanno una funzione liturgica oltre che giuridica, in quanto scambiano gli anelli agli sposi e successivamente nel momento 8
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conFErEnza EPiscoPalE calaBra 1. Padrini e madrine nei sacramenti d’iniziazione cristiana e testimoni di nozze 9. Il padrino e la madrina nel battesimo e nella cresima devono avere i requisiti canonici per ricoprire tale ruolo, che è liturgico, ma soprattutto ecclesiale. Essi hanno (e debbono perciò sentire) la responsabilità di accompagnare ai sacramenti bambini, ragazzi e giovani, loro affidati dalla famiglia e dalla comunità. 10. La scelta9 del padrino o della madrina, decisa in famiglia10, va preventivamente valutata in chiave strettamente spirituale e l’idoneità dev’essere certificata dal parroco e deve trovare nei credenti dei decisi alleati delle comunità cristiane. Si sappiano scegliere, perciò, persone credenti e praticanti che, pur nelle fatiche e nelle vicende della vita, s’impegnano a vivere nella fede della Chiesa e nella morale illuminata dal Vangelo di Cristo. dell’incoronazione scambiano le corone, segno visibile del sacramento. Lo scambio delle corone spetta ai testimoni, e indica la reciprocità del dono, della gloria, dell’onore ecclesiale. Va perciò assolutamente svolta, in più occasioni e con maggiore incisività, la catechesi specifica ai futuri padrini e madrine su questo ruolo primario ed insostituibile di compagnia nella fede e di testimonianza della vita. 9 Per identità numero e condizioni, cfr. i cann. 872874 del Codice di Diritto Canonico. 10 conFErEnza EPiscoPalE italiana, Incontriamo Gesù. Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, 70. Un secolo fa, una lettera dell’episcopato ai cristiani calabresi metteva già in guardia dai pericoli sottintesi a questo delicato ruolo ed esortava alla testimonianza di vita coerente dei padrini e delle madrine (cfr. conFErEnza EPiscoPalE calaBra, lettera pastorale collettiva dell’episcopato calabrese Per la Santa Quaresima del 1916).
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PEr una nuova EvanGElizzazionE 11. Di conseguenza, a persone condannate dal competente organo giudiziario dello Stato con sentenza definitiva per reati di ’ndrangheta e simili, o che risultino affiliate, o comunque contigue, ad associazioni ’ndranghetiste e, con il loro operato o connivenza, siano strumenti per la loro affermazione sul territorio, non va perciò rilasciato dalle autorità ecclesiastiche il permesso di fungere da padrino o madrina nelle celebrazioni dei sacramenti dell’iniziazione cristiana. Anche nella designazione dei testimoni delle nozze cristiane, si segua sempre il criterio della testimonianza cristiana di vita e della disponibilità alla formazione specifica. 12. Nel corso di ogni attività pastorale, vanno organizzati specifici incontri formativi11 per coloro che aspirano a coprire tali ruoli, o siano stati designati dalle famiglie. Tali incontri dovranno concludersi con la verifica, la professione di fede e la firma di una dichiarazione, sottoposta individualmente dal parroco, il cui testo sarà unico per tutta la Calabria e promulgato dalla CEc12. 13. È bene ricordare che la figura di padrino/madrina, sotto l’aspetto strettamente canonico, non è 11 Cfr. conFErEnza EPiscoPalE italiana, Incontriamo Gesù. Orientamenti…, cit., 70. 12 «Va assunta pienamente la sfida di ridare a queste figure il ruolo che la tradizione della Chiesa le ha consegnato fin dal catecumenato antico. Per questo la scelta del padrino e della madrina va fatta curando che sia persona matura nella fede, rappresentativa della comunità, approvata dal parroco, capace di accompagnare il candidato nel cammino verso i sacramenti e di seguirlo nel resto della vita con il sostegno e l’esempio» (cfr. ibidem, 70).
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conFErEnza EPiscoPalE calaBra del tutto obbligatoria13, perciò se ne potrebbe fare a meno in determinate condizioni o circostanze. 2. Rito delle esequie 14. Dinanzi al mistero della morte, la Chiesa non assume alcun atteggiamento di giudizio ma, come è nella sua missione, affida nella preghiera ogni defunto alla misericordia di Dio, giudice giusto e misericordioso. Le esequie, infatti, non sono la celebrazione della vita del defunto, ma il suo affidamento alla misericordia del Padre celeste. Pertanto, anche nel caso di persone condannate per reati di mafia, se non c’è stato un loro precedente espresso rifiuto della celebrazione religiosa, la Chiesa concede anche ad essi il conforto delle esequie religiose, ma in forma semplice, senza segni di pomposità, di fiori, canti, musiche e commemorazioni. 15. Anche nei casi dubbi sull’atteggiamento penitenziale assunto da chi ora è defunto e sul suo 13 Il can. 872 del Cjc, quando parla della figura del padrino nel battesimo, così si pronuncia: «al battezzando, per quanto è possibile, venga dato un padrino…», conFErEnza EPiscoPalE italiana, Rito del battesimo. Premessa, Il padrino: compiti e requisiti: «si richiede il padrino scelto in seno alla comunità cristiana… collaborerà con i genitori perché il bambino giunga alla professione personale della fede e la esprima nella vita… viene scelto dal catecumeno o dalla famiglia… il pastore d’anime si renderà conto se abbia i requisiti necessari… non sia impedito, a norma del diritto, a compiere tale ufficio» (8-9-10), conFErEnza EPiscoPalE italiana, Rito della confermazione. Introduzione: la funzione dell’ufficio di padrino, è prevista la possibilità siano anche gli stessi genitori a presentare il cresimando (cfr. 5).
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PEr una nuova EvanGElizzazionE precedente effettivo ritorno a una nuova vita, per rispetto alla natura sociale dell’Eucaristia e per non inserire, in modo strumentale, la stessa Eucaristia, ad un conflitto di interpretazioni – che potrebbero apparire irriguardose sia nei confronti del Corpo e del Sangue di Cristo, sia della comunità credente –, si dovranno adottare, comunque, delle restrizioni significative nello stile celebrativo, lasciandosi guidare da quanto già previsto nei rituali. III. FESTE E PROCESSIONI
1. Feste popolari 16. Nelle feste popolari non può essere assecondato un modo personale e sentimentale di vivere la fede, basato esclusivamente su forme esteriori. Pertanto, per celebrare legittimamente, nel territorio della comunità parrocchiale, una festa per la quale si prevedano manifestazioni pubbliche, il parroco, ottenuto il placet del Consiglio pastorale parrocchiale e del Consiglio per gli affari economici, allo scopo di acquisire anche il prescritto nulla osta della Curia diocesana, deve previamente presentare alla stessa il programma dettagliato con l’indicazione dei membri del Comitato e dei luoghi nei quali si terranno manifestazioni, su proposta del Comitato per la festa. 17. Questo organismo del Comitato per la festa viene rinnovato annualmente dal parroco con l’assenso del Consiglio pastorale, e ne possono far parte esclusivamente fedeli del territorio parrocchiale, stimati per l’ordinaria e riconosciuta 177
conFErEnza EPiscoPalE calaBra condotta di vita di fede, sempre attivi nella collaborazione pastorale (e non soltanto in coincidenza con la festa), mentre devono restarne del tutto esclusi i soggetti con problemi penali, civili, tributari e amministrativi e che siano stati dichiarati colpevoli da sentenze passate in giudicato. 18. Pertanto, a tali persone si vieti la partecipazione attiva alle feste religiose popolari della comunità, soprattutto nella fase della programmazione e della gestione economica, valutando attentamente e operando un sano ed oculato discernimento, perché tutte le manifestazioni genuine di pietà popolare (soprattutto processioni e feste) non diventino mai appannaggio delle famiglie ’ndranghetiste del luogo, che mirerebbero soltanto a favorire la loro esteriore rispettabilità o, ancor peggio, i loro interessi economici e di potere. 19. Se le feste sono patronali e prevedono la copartecipazione degli enti locali, si studino delle opportune forme di distinzione tra i due tipi di festa, quella religiosa e quella civile. 20. Si abbia cura della formazione cristiana ed ecclesiale di tutti coloro che attivamente partecipano all’organizzazione e alla realizzazione della festa popolare. Ciò perché ancora esiste un’imbarazzante doppia realtà intorno a certe feste popolari: da una parte – come appena detto – ci sono dei fedeli sempre presenti con il loro impegno corresponsabile ed altre persone che intervengono, invece, nella circostanza, ma solo per l’occasione esteriore della festa, cioè per l’aspetto tecnicoorganizzativo, o musicale e pirotecnico. È bene 178
PEr una nuova EvanGElizzazionE che i secondi siano stimolati e accompagnati perché la loro presenza si trasformi da episodica in continuativa, sempre che abbiano, tuttavia, davvero interesse alla formazione cristiana e vogliano lasciarsi coinvolgere nella preparazione spirituale ed al significato squisitamente religioso delle feste. 2. Processioni sacre 21. Le processioni sacre sono manifestazioni di fede e di speranza cristiana in onore del Signore, della Beata Vergine e dei santi, da regolamentare a livello diocesano con precise indicazioni pastorali, atte anche a prevenire infiltrazioni dei mafiosi o di persone ad essi contigue. È noto, infatti, che tali persone hanno tutto l’interesse ad intrufolarsi, prima, e ad egemonizzare, poi, tali eventi. In tal malaugurato caso, è evidente che la processione perderebbe la sua genuina natura religiosa. 22. Il primo passo è, dunque, quello di vigilare attentamente sull’aspetto economico e gestionale delle processioni, liberando in ogni caso le confraternite dalle sudditanze a forze che nulla hanno di religioso. 23. Se la criminalità mafiosa è antievangelica e se la Chiesa è chiamata a contrastare ogni forma di peccato con la testimonianza e con la coerenza cristiana, ne consegue che la tradizione popolare delle processioni, quale tesoro da custodire e valorizzare come genuina manifestazione di fede, va mondata da incrostazioni e devianze che ne minano, invece, l’autenticità e la fanno degenerare dalla sua vera e legittima natura. 179
conFErEnza EPiscoPalE calaBra 24. Quanto alle norme specifiche per il legittimo svolgimento delle processioni sacre, vengono riaffermate, a livello regionale, quelle già in vigore e ribadite nella nostra nota pastorale. Inoltre, si precisa quanto segue: • presso le Curie diocesane si costituisca un’apposita Commissione, il cui compito è di esaminare preventivamente i programmi che i parroci debbono presentare almeno un mese prima, e comunque dopo la prescritta approvazione del Consiglio pastorale parrocchiale e del Consiglio per gli affari economici; • l’itinerario e le soste delle statue e dei simulacri debbono essere predefiniti e stabiliti dal parroco e dal Consiglio pastorale e comunicate alla comunità parrocchiale; vanno anche comunicati per tempo (almeno 15 giorni prima) i percorsi processionali, con il preventivo visto della Curia. La comunicazione va fatta alle forze dell’ordine come da normativa di legge; • i portatori delle statue siano prevalentemente fedeli che vivono con assiduità la vita della parrocchia e della confraternita, di cui eventualmente si fa parte. È compito del parroco o del rettore della Chiesa, magari in collaborazione col comitato festa debitamente costituito, vigilare sulla scelta dei portatori. Non sono ammesse persone aderenti ad associazioni condannate dalla Chiesa, o che siano sotto processo per associazione mafiosa, o che siano incorse in condanna definitiva per mafia, senza prima aver dato chiari segni pubblici di pentimento e di ravvedimento; • le statue del Cristo, della Vergine o dei santi, anche nei momenti di sosta, non devono mai 180
PEr una nuova EvanGElizzazionE guardare case, persone, edifici, ad eccezione di ospedali e case di cura con degenti parrocchiani; • durante le processioni è tassativamente proibita la raccolta di offerte in denaro e in altri beni materiali, né vanno appesi alla statue banconote o oggetti preziosi; • né durante le processioni, né alla fine, è lecito sottoporre le statue (o i simulacri) allo spettacolo di danze o movimenti coreografici, anche se questi fossero di antica tradizione, né è lecito accompagnare le immagini con fuochi d’artificio, o con qualsiasi altra manifestazione chiassosa di folklore, che certamente non favoriscono il silenzio, il canto sacro ed il raccoglimento spirituale; • durante tutto lo svolgimento, le processioni dovranno mantenere un clima di sacralità, di silenzio e di preghiera. Si alternino, perciò, sapientemente i canti, le preghiere, le meditazioni e la musica (comunque tratta da repertori sacri). 25. Poiché, però, una mentalità perversa non si cambia soltanto vietando o limitando, proibendo o allontanando, deviando percorsi o astenendosi dal folklore, occorre formare e catechizzare le coscienze, specialmente di coloro che organizzano, coordinano e mantengono viva la devozione popolare nelle processioni e feste. È questa la vera risposta dei cattolici alla non religiosità e al paganesimo che si manifestano, da parte di alcuni, con la voluta ignoranza, la supponenza, il disprezzo, perfino con violenze criminali, volendo essi dominare anche le forme di pietà popolare ed estendere il proprio controllo sulle manifestazioni religiose. 181
conFErEnza EPiscoPalE calaBra Dal momento che diverse diocesi calabresi hanno già discusso, nei Sinodi, gli opportuni antidoti alle infiltrazioni criminali nelle genuine forme della devozione e della pietà popolare, è necessario che si facciano conoscere le determinazioni sinodali e, quindi, si applichino con rigore tra quei fedeli che fanno parte di confraternite e organizzazioni interessate, operando – comunque – sulle coscienze di tutti i fedeli e delle persone di buona volontà già dalla catechesi per l’iniziazione cristiana.
IV. PERCORSI PASTORALI PER UNA NUOVA EVANGELIZZAZIONE DELLA PIETÀ POPOLARE
26. La Chiesa è chiamata ad offrire la Parola forte del Vangelo e segni concreti che mettano in luce da quale parte stiano i credenti in Cristo, il cui unico interesse è ristabilire la dignità della vita umana. Non può esistere alcun punto in comune tra la fede professata e una vita irreligiosa e miscredente, oppure disorientata dall’appartenenza ad organizzazioni criminali e, quindi, consegnata volontariamente ad una struttura di peccato, che progetta e commette violenze e infamie contro la persona umana, la società e l’ambiente, che è la casa comune da custodire e curare. Alla chiarezza di tale annuncio, dobbiamo, tuttavia, accompagnare quanto Gesù ci ha insegnato a proposito dell’accoglienza del peccatore pentito e di chi, pur camminando ancora in una valle tenebrosa, non resta sordo agli appelli insistenti della misericordia di Dio e si rende disponibile ad un cam182
PEr una nuova EvanGElizzazionE mino di conversione e di risarcimento. Senza un reale e pubblico cambiamento, senza una vera e propria presa di distanza dalla vita vissuta, fino a quel giorno, nel male, non si può parlare di pentimento e di conversione dei mafiosi: sono questi i veri segni per un reinserimento nella comunità e per un cammino di riparazione, di risarcimento personale e sociale, di ricostruzione interiore. 27. Tutte le esperienze evangeliche di conversione, scaturite dall’incontro con il Signore, sono state un cambiamento completo della vita interiore ed esteriore: dall’adultera a Zaccheo, da Matteo allo stesso Saulo di Tarso. La conversione richiede, infatti, all’essere umano di rialzarsi dalla propria condizione di peccato per porre le basi di una radicale vita nuova: «Donna nessuno ti ha condannata, nemmeno io ti condanno ma ora va’ e non peccare più» (Gv 8,11); «Zaccheo, scendi subito, oggi devo fermarmi a casa tua» (Lc 19,5). Bisogna essere come Matteo che, alla chiamata del Signore, abbandonò il banco delle imposte inique (cfr. Mt 9,9) e come lo stesso Paolo, che si lasciò condurre dopo aver ascoltato e visto il Signore Risorto, che lui perseguitava nella carne dei suoi fratelli (cfr. At 9,1-19). Fino all’ultimo istante della vita, anche di una vita in peccato grave e in condizione di tradimento (come Pietro e come Giuda), il Signore ci concede, se lo vogliamo, la possibilità di ritornare a lui. Così fece con il ladrone pentito: «Ti dico, oggi sarai con me nel Paradiso» (Lc 23,43). 28. Noi non possiamo scandagliare il cuore dell’essere umano e solo i segni esterni possono 183
conFErEnza EPiscoPalE calaBra farcene cogliere la tensione per una vita nuova, ispirata al Vangelo: il pentimento sincero, tante volte manifestato nelle lacrime, il consegnarsi alla giustizia umana, il restituire quello che non è stato guadagnato onestamente («ho rubato restituisco quattro volte tanto» disse Zaccheo - Lc 19,8), l’impegno a risarcire coloro a cui si è fatto del male, un impegno serio nella carità, una vita nuova condotta in stile penitenziale ed un percorso di discepolato, la richiesta pubblica di perdono e il proposito fermo di non commettere più il male. È un lento percorso di riacquisizione della dignità, irto di ostacoli, eppure sempre possibile per chiunque voglia. La Parola di Dio ci dà la forza e la soddisfazione di coniugare misericordia e giustizia, verità e carità; tutto questo è tipico del sopraggiungere del Signore, dell’ingresso del Messia nella vita e nella storia. Questa condizione nuova e di equilibrio è, di per sé, la più grande delle profezie e noi cristiani non possiamo esimerci dal prestarvi fede, per poi annunciarla e testimoniarla, con San Paolo: «Il nostro appello non è stato mosso da volontà di inganno, né da torbidi motivi, né abbiamo usato frode alcuna; ma come Dio ci ha trovati degni di affidarci il Vangelo, così lo predichiamo, non cercando di piacere agli uomini ma a Dio che prova i nostri cuori» (1Ts 2,3-4).
È un lavoro lungo quello che dovranno fare le nostre Chiese nella direzione indicata. Per questo proponiamo alcune tracce operative, praticabili a livello sia diocesano, sia parrocchiale.
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PEr una nuova EvanGElizzazionE 1. Nelle diocesi 29. Attivare, consolidare un piano di formazione sistematica per il clero, i seminaristi, le persone di vita consacrata operanti sul territorio, i catechisti ed in generale gli operatori pastorali, con particolare riguardo ai temi della giustizia, dell’educazione alla legalità, dell’impegno civico, della partecipazione alla cosa pubblica, della custodia del creato. 30. Costituire, almeno a livello diocesano o foraniale, uno sportello di advocacy, forte della presenza di professionisti volontari, nel quale indirizzare le segnalazioni e le denunce a violazioni dei diritti, illegalità, soprusi, estorsioni, perché poi attivi interventi giuridici e politici di tutela ed accompagnamento delle persone più deboli. 31. Organizzare il servizio di sostegno alle vittime della mafia e della criminalità. Va assolutamente colmata la sensazione di vuoto, di isolamento dei loro familiari e degli imprenditori sotto attacco estorsivo e/o minacce dei mafiosi. Vanno incoraggiate, in particolare, le parrocchie in questa direzione. 32. Promuovere e sostenere (sempre a livello diocesano) forme di consumo critico e solidale nei confronti degli imprenditori e commercianti che hanno denunciato il racket e si rifiutano di pagare il pizzo. 33. Essere presenti e sostenere le istituzioni civili, le agenzie formative e le associazioni, secondo le specifiche competenze, nell’impegno di sensibi185
conFErEnza EPiscoPalE calaBra lizzazione alla formazione ai valori della civiltà, della giustizia, della legalità, della cura del creato e alla lotta ad ogni forma e cultura mafiosa. 34. Rispondere alle richieste, che provengono da molti, di venire a conoscenza reale del fenomeno mafioso – lì ove esiste –, attivando percorsi comunitari di formazione specifica sui temi della giustizia, della legalità, della corruzione, della ’ndrangheta, dell’omertà, della mafiosità, della contiguità eventuale dell’istituzione ecclesiastica e di ecclesiastici ai mondi illegali, recuperando gli insegnamenti del magistero e verificandone l’effettiva realizzazione. 2. Nelle parrocchie 35. Incentivare nelle diverse parrocchie il dibattito culturale sui temi della socialità, della giustizia, dell’impegno civile e della partecipazione, coinvolgendo tutte le componenti della comunità ecclesiale e rivolgendosi, attraverso le varie forme della comunicazione sociale e dei new media, a coloro che, pur lontani dalla fede, mostrano interesse per i grandi temi dei diritti umani, della cura della casa comune e della democrazia partecipata. 36. Assumere sino in fondo la responsabilità dei bambini, dei ragazzi e dei giovani che passano dalle parrocchie e dai gruppi, pensando ad una pastorale realmente nuova, capace di coniugare conoscenze, testimonianze ed esperienze. Quindi va programmata, all’interno dei diversi percorsi di educazione e catechesi permanente, una par186
PEr una nuova EvanGElizzazionE ticolare attenzione educativa alla socialità ed alla partecipazione civica, secondo le linee della Dottrina sociale cristiana, a partire dai più piccoli e dalle famiglie di riferimento. 37. Prevedere e progettare idonei percorsi formativi sul tema dell’educare in contesti mafiosi, utilizzando sussidi specifici affinché i piccoli e i giovani siano aiutati a percepire la gravità del fenomeno, inteso anche come mentalità, su come prevenirlo, difendercene e su come partecipare all’azione privata e pubblica di contrasto. Si tratta di proporre tutto ciò, come attività ordinaria e permanente delle parrocchie e dei gruppi, agli adolescenti ai giovani ed ai giovaniadulti, tenuto conto dei diversi tempi di crescita, delle esperienze concrete di servizio in realtà, soprattutto ecclesiali, che si occupano di emarginazione e povertà. 38. Dotare la parrocchia, singolarmente o in collaborazione con altre vicine, di un oratorio o di un centro di aggregazione sociale per i piccoli e i giovani, utilizzando anche beni confiscati alla ’ndrangheta, all’interno dei quali prevedere e attivare occasioni culturali, sociali e ricreative. Tutto per attrarre i ragazzi e i giovani e proporre loro dei percorsi di socializzazione e di educazione alla legalità ed alla partecipazione. 39. Attivare, già a questo livello parrocchiale, forme di sostegno economico, psicologico e spirituale per i familiari vittime della mafia, in particolare per le donne, i minori e i giovani. 187
conFErEnza EPiscoPalE calaBra CONCLUSIONE
40. Come vescovi della Regione concordiamo nel seguire criteri e comportamenti pastorali comuni, ribadendo che ogni singolo vescovo competente territorialmente è l’unico idoneo a valutare l’effettiva realtà dei fatti e a indicare orientamenti e possibili soluzioni, d’intesa col presbiterio. Infatti, «le manifestazioni della pietà popolare sono sotto la responsabilità dell’ordinario del luogo: a lui compete la loro regolamentazione, di incoraggiare nella funzione di aiuto ai fedeli per la vita cristiana, di purificarle dove è necessario e di evangelizzarle; di vegliare che non si sostituiscano né si mescolino con le celebrazioni liturgiche; di approvare i testi di preghiere e di formule connesse con atti pubblici di pietà e pratiche di devozione»14.
Presentandosi qualche dubbio riguardo all’applicazione di queste indicazioni pastorali collegiali, si consulti l’ordinario del luogo, al cui giudizio bisogna sempre riferirsi (can. 1184 §2). 41. Nella predicazione e nelle varie forme e gradi del ministero della Parola, sia chiaramente annunciato (soprattutto quando le letture lo permettono) che ogni organizzazione mafiosa è il rovescio di un’autentica esistenza credente e l’antitesi a una comunità cristiana ed ecclesiale. Si faccia osservare ai fedeli che, seppur colorata di religiosità o di moralismo, la prassi mafiosa è sempre atea ed antievangelica. 14 conGrEGazionE PEr il culto Divino E la DisciPlina sacraMEnti, Direttorio su pietà popolare e liturgia, 21-28; cfr. can. 826 §3 del cjc.
DEi
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PEr una nuova EvanGElizzazionE Si compia, inoltre, ogni sforzo pastorale per presentare correttamente la preghiera di suffragio per i defunti e, soprattutto, s’invochi incessantemente la grazia di Dio per chi notoriamente versi in condizioni di peccato gravissimo o sia scomunicato per mafia, chiedendo allo Spirito Santo che si converta. 42. Proiettandoci nel Giubileo straordinario della Misericordia, facciamo nostro l’invito pressante perché nessuno resti indifferente all’invito alla conversione e al cambiamento radicale di vita. Esso si fa più insistente «verso quelle persone che si trovano lontane dalla grazia di Dio. Penso in modo particolare agli uomini e alle donne che appartengono a un gruppo criminale, qualunque esso sia. Per il vostro bene, vi chiedo di cambiare vita. Ve lo chiedo nel nome del Figlio di Dio che, pur combattendo il peccato, non ha mai rifiutato nessun peccatore. Non cadete nella terribile trappola di pensare che la vita dipende dal denaro e che di fronte ad esso tutto il resto diventa privo di valore e di dignità. È solo un’illusione. Non portiamo il denaro con noi nell’al di là. Il denaro non ci dà la vera felicità. La violenza usata per ammassare soldi che grondano sangue non rende potenti né immortali. Per tutti, presto o tardi, viene il giudizio di Dio a cui nessuno potrà sfuggire»15.
Dobbiamo riconoscere che «a volte l’accento, più che sull’impulso della pietà cristiana, si pone su forme esteriori di tradizioni di alcuni gruppi»16. 15 16
FrancEsco, Misericordiae vultus, 19. FrancEsco, Evangelii gaudium, 70.
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conFErEnza EPiscoPalE calaBra 43. Siamo, perciò, fiduciosi che fedeli adulti e maturi nella fede sapranno accogliere e sostenere le indicazioni contenute in questi nostri orientamenti pastorali nelle forme che, nelle singole Chiese locali, saranno specificate con apposito decreto attuativo. «Le forme proprie della religiosità popolare sono incarnate, perché sono sgorgate dall’incarnazione della fede cristiana in una cultura popolare. Per ciò stesso esse includono una relazione personale, non con energie armonizzanti ma con Dio, con Gesù Cristo, con Maria, con un santo. Hanno carne, hanno volti. Sono adatte per alimentare potenzialità relazionali e non tanto fughe individualiste»17.
Espressione di fede, la pietà popolare nella terra di Calabria, ha lasciato radici profonde, sostenendo per secoli «l’impeto della tormenta». Le nostre Chiese locali hanno già compiuto un lungo percorso di valorizzazione e purificazione della pietà e delle devozioni, ma siamo certi che lo spirito della nuova evangelizzazione ci porterà a un rinnovato impegno nella direzione indicata. In questa serena visione, vi benediciamo di cuore nel Signore, sicuri che una fede purificata è una fede vera e che una fede autentica sostiene l’autenticità di una vita cristiana secondo il volere di Dio-Padre, la mozione dello Spirito Santo, l’esempio del Figlio di Maria Vergine, l’esempio dei santi, soprattutto dei nostri patroni e protettori celesti. 30 giugno 2015 Gli arcivescovi e vescovi della Calabria 17
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Ibidem, 90.
lEttEra PastoralE 2015 INDICE
OLTRE LA SOGLIA LUNGO IL CAMMINO DELLA STORIA Lettera pastorale alla Chiesa di Locri-Gerace
Introduzione
9
caPitolo PriMo Oltre la soglia un cammino di conversione missionaria
15
caPitolo sEconDo Punti di convergenza del nostro percorso
24
caPitolo tErzo Carità, liturgia e pietà popolare
40
caPitolo Quarto Ai sacerdoti
53
Conclusione
56
Documenti di riferimento
58
ORIENTAMENTI LITURGICO-PASTORALI E NORME PER LE FESTE RELIGIOSE
Introduzione
61
caPitolo PriMo Celebrazioni liturgiche
66
caPitolo sEconDo Sui sacramenti
72
caPitolo tErzo Le feste religiose
105 191
inDicE - coloPhon caPitolo Quarto Conservazione e manutenzione delle Chiese
123
Conclusione
125
Decreto sulla pietà popolare
129
APPEnDicE DOCUMENTI DEI VESCOVI CALABRESI
1. Testimoniare la verità del Vangelo Nota pastorale sulla ’ndrangheta
2. Per una nuova evangelizzazione della pietà popolare Orientamenti pastorali per le Chiese di Calabria
Finito di stampare nel mese di dicembre 2015 dalla tipografia Mele - Serra San Bruno (VV) per conto dell’editoriale progetto 2000 Via degli Stadi 27 - Cosenza
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