PANORAMA
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PANORAMA
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editoriale
SE IL MEDITERRANEO DIVENTA UN MURO... di Giuseppe Albahari
“Se alzi un muro, pensa a cosa lasci fuori”. Può essere di conci, di mattoni, di pietra il muro cui, con tale frase, Italo Calvino accenna in un suo romanzo, considerando il muro un ostacolo ad una scelta di vita silvestre che invece nulla esclude. In passato tale frase è stata messa in relazione al muro di Berlino. Quel muro non esiste più da tanti lustri. Non è crollata, però, la voglia di costruire muri. Non è di conci, di mattoni, di pietra, il nuovo muro che l’Europa ha costruito a ridosso del Mediterraneo. È un muro di indifferenza, di egoismo, di paura. “Protegge” cittadini e turisti e vacanzieri che dal Nord (ogni tipo di Nord) cercano mare e sole da profughi e migranti che dal Sud (ogni tipo di Sud) lasciano mare e sole. Integrazione impossibile? No, perché aprire in quel muro i varchi dell’accoglienza è tanto nell’interesse del Nord (e The director focuses qui il termine interesse va letto proprio nel significato di about the wall that tornaconto, vantaggio, guadagno), quanto funzionale a Europe has built close raggiungere un equilibrio tra esigenze vitali. Senza tali varto the Mediterranean, chi la disperazione e la fame da cui fuggono i migranti può a wall that is not made of mettere in discussione il concetto stesso di pace. stone, but of indifference, Inoltre, nuove esperienze di turismo attente all’ambiente, egoism and fear. marino in primo luogo, dovrebbero sempre di più abbanYet, consider that integration is possible because donare la dimensione del saccheggio e alimentarsi di init is in the interest of the contri tra culture. North and it is functional to Perché il Mediterraneo non potrà essere ancora a lungo achieve a balance among né luogo di sfruttamento e sversamento, né ambigua novital needs, without which stalgia di “mare nostrum”, né etichetta posticcia d’una diethe desperation and hunger ta. Il Mediterraneo deve invece esaltare il ruolo che, pure from which migrants escape tra mille ostacoli, gli è sempre stato proprio e che è l’esatto may call into question the contrario del muro alto che lascia fuori cultura e bisogni: è very concept of peace. il ruolo di un “arco” da percorrere tra due sponde.
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SOMMARIO Settembre 2014
FOCUS
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PRIMO PIANO
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NEWS & CURIOSITà NEWS............................................................................................45 SPORTA....................................................................................52 PANORAMA.......................................................................55 VELE & SCIE..................................................................... 63
pugliaemare.com PUGLIA & MARE
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LE IMMAGINI E I TESTI
Rivista trimestrale dell’Associazione
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Redattore: Nunzio Pacella
La foto di copertina è di
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è di Francesco De Lorenzis
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SITO RIVISTA ONLINE
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TRADUZIONI: Marco Alemanno
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Speciale Puglia Eccellente Nicolò Carnimeo | Elogio della cozza Tarantina......................................................................................................... 06 Nunzio Pacella | Il violetto non è solo un colore........................................................................................................ 10 Nunzio Pacella | Il mare verde di Puglia.............................................................................................................................. 12 Marco Tibaldi | La cultura enoica di Puglia e Salento.......................................................................................... 15 Nunzio Pacella | Aragoste ed astici padroni delle grotte di Puglia......................................................... 19
nicolò Carnimeo Giornalista, scrittore di mare, docente di diritto della navigazione dell’Ateneo barese
NUNZIO PACELLA Scrittore, giornalista, gastronomo e giornalista gastronomo
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MARCO TIBALDI Giornalista e scrittore, da molti anni si diletta di precetti e concetti enoici e filosofici.
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Elogio
della Cozza TARANTINA di Nicolò Carnimeo
logio della cozza tarantina. Il Mytilus galloprovincialis (questo il nome scientifico) che nasce nella Città dei due mari ha difficilmente paragoni, e non solo per le qualità eduli, bensì perché questo frutto di mare è parte inscindibile della storia di Taranto e delle sue genti. L’appassionante racconto e l’evoluzione della molluschicoltura dalle sue più remote radici ha impegnato menti eccellenti, quali tra gli altri il biologo Attilio Cerruti che ai mari tarantini ha dedicato gran parte della sua vita (a lui è intitolato l’Istituto Talassografico) e lo citiamo subito perché il nostro tra i primi aveva compreso come lo sviluppo economico dell’area ionica potesse arrivare dai doni della natura e, soprattutto, dal suo mare. Altro che acciaierie! I suoi sogni erano legati alla creazione di una industria “verde” non solo legata a cozze e ostriche, ma alla lavorazione del bisso (ricavato dalla Pinna nobilis o cozza pinna), noto a Taranto come lanapinna o lana pesce e utilizzato sin dall’antichità per confezionare resistentissimi capi di abbigliamento. Nel Settecento le monache dei monasteri di Santa Chiara e San Giovanni Battista sapevano eseguire pregevoli lavori quali guanti, cravatte, scialli, calze che venivano donati a sovrani e potenti dell’epoca.
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Ma torniamo alla cozza che già nel Settecento era un alimento gradito in tutta l’Italia meridionale, alcuni documenti riportano che già allora si prediligevano le “tarantine”, le quali avevano il primato nel mercato, mentre il record dei consumi avveniva a Bari, seguita da Brindisi. Le cozze portarono a commozione un viaggiatore francese il quale le gustò con pane di Altamura e vino del Salento. E non solo lui. La fantasia gastronomica locale ha saputo nobilitarle in mille ricette, gratinate, fritte, ripiene, ad insalata, impepata, all’antica, sautè. E poi con gli spaghetti, allo scoglio, ai fagioli, al sugo, in bianco e con il provolone. Una vera e propria industria del gusto che va salvaguardata e promossa anche perché le cozze tarantine rappresentano l’8% della produzione pugliese e creano un notevole indotto economico.
Already in the eighteenth century the mussel was a food enjoyed in all of southern Italy and some documents show that even then they favored the “tarantine”, so as to bring emotion of a French traveler who relished them with the Altamura bread and the wine of Salento. The local culinary imagination has been able to ennoble them in a thousand recipes, gratin, fried, stuffed, peppered with the spaghetti, with seafood, with provolone cheese and so forth. Manufacturers have set the goal of getting for the mussel tarantina the brand of the European Union “Quality Products Puglia”.
Tra l’altro oggi c’è un importante traguardo da raggiungere, l’ottenimento per la cozza tarantina del marchio Prodotti di Qualità Puglia
Foto di Nunzio Pacella
un marchio di qualità collettivo dell’Unione europea con indicazione di origine che garantisce la qualità e l’origine del prodotto. Una certificazione che pone alla base una sfida vinta per la tutela dell’ambiente marino nei mari tarantini. A chi davvero volesse approfondire la storia della molluschicoltura tarantina consigliamo un libro: “Frammenti di mare. Taranto e l’antica molluschicoltura” edito dalla Fondazione Ammiraglio Michelagnoli e dal CNR Istituto per l’Ambiente Marino e Costiero, Sezione Talassografica Attilio Cerruti.
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Mille ricette di cozze Il mitilo mediterraneo (Mytilus galloprovincialis LAMARCK 1819) è edule. In alcune regioni d’Italia lo chiamano muscolo e peocio, più semplicemente cozza nel Meridione. Impropriamente è chiamato mitile. In Puglia la cozza è quella tarantina ma a dire il vero nel Golfo di Taranto c’è la più ricercata cozza pelosa, peluse e modiola (Modiolus Barbatus) e a Gallipoli, nelle praterie di Poseidonia oceanica, la Pinna nobilis (Linnaeus 1758), il grande bivalve del Mediterraneo, comunemente noto anche come nacchera, pinna comune, cozza penna o stura i cui fili, sottili e robusti, costituivano un tempo una risorsa preziosa con cui si fabbrica il filamento più noto come bisso marino. La cattura di queste due ultime prelibatezze è severamente vietata. Regina della tavola resta la cozza nera tarantina con le sue mille ricette, prima fra tutte il cruditè di cozze da degustare appena aperte nel mercati dei porti pugliesi in tutte le ore. Il suo consumo richiede molte precauzioni perché la cozza è ricettacolo di batteri o virus pericolosi. È sconsigliabile gustarla cruda ma i consigli servono a poco perché la tradizione è più forte della ragionevolezza. Né vale la credenza che il succo di limone spruzzato sul mollusco uccida i batteri; né è vero che è un eccellente afrodisiaci. Ma è buono ciò che piace. E a dire il vero, tra le comunità pugliesi che vivono sul mare, l’uso di cozze crude e cotte è particolarmente apprezzato. I mesi migliori per mangiarle sono quelli senza “r”, vale a dire nel periodo tra maggio e agosto, momento in cui questo mollusco risulta essere particolarmente saporito. L’impepata di cozze, ancorché tipico della cucina partenopea, è un piatto diffuso in tutta la Puglia. Ottime quelle fritte in pastella e quelle in padella al profumo di vino bianco fermo e aromi della Macchia mediterranea oppure gratinate in forno con prezzemolo, aglio ed olio extravergine di oliva. Ci sono poi le cozze alla marinara, gratinate, l’insalata di mare oppure i favolosi primi piatti come le linguine, gli spaghetti alle cozze e allo scoglio e i delicati risotti ai frutti di mare, cozze comprese. Dulcis in fundo: la tiella barese ovvero riso, patate e cozze. N.P.
Foto di Nunzio Pacella
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Gamberi di Gallipoli
IL VIOLETTO NON È SOLO UN COLORE Testo e foto di Nunzio Pacella I gamberi di Gallipoli, cotti o crudi, conquistano a tavola i palati più raffinati. Più apprezzato dai gourmet il trionfo di crudè di gamberi bianchi, rossi e viola in bellavista su letto di verdure di stagione con sale, pepe, poche gocce di olio extravergine d’oliva e una strizzata di limone, oppure un bouquet goloso del violetto gallipolino su foglie screziate di radicchio di Treviso.
ianchi, rosa, rossi e viola sono l’eccellenza del mare di Gallipoli, Kalé Polis, ovvero la “Città Bella”, perla dello Jonio. A Gallipoli iniziano a pescarli dopo gli anni ’70 quando la tonnara concessa da Re Roberto nel 1327 chiude i battenti ed i tonnaroti, rudi e forti dalla pelle segnata dal sole, abbandonano la cariscia (gozzo che caricava i tonni dopo la mattanza) per diventare ciurma dei pescherecci.
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Gambero, dal latino kàmurus, cioè curvo, è un crostaceo di mare dal corpo allungato dotato di chele pescato prevalentemente, quello di grosse dimensioni a oltre mille metri, nel Golfo di Taranto e nell’alto Adriatico. Il carapace è diviso in due parti: il cefalotorace (parte anteriore) e l’addome (parte posteriore, formata da sei parti mobili), con una colorazione che varia da specie a specie.
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Anteriormente presenta due antenne che hanno la funzione di organi sensoriali, due esili chele e diverse zampe. La coda ha la forma di un ventaglio stretto. Il cuore è situato in testa. Vengono risucchiati nel sacco della rete a strascico trainata dal peschereccio. Due le fasi di pesca: l’ammainata, la messa in acqua della rete, e la salpata ovvero il recupero della rete per riversare sul ponte il pescato,
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gamberi ma anche altri pesci di profondità. Degustato fresco, crudo, con un pizzico di sale e una goccia d’olio è una prelibatezza dal gusto delicato. La freschezza è valutata dall’aspetto del carapace, che deve essere umido e lucente, con colori brillanti. Parti di zampe e testa non devono presentare alcun segno di annerimento e soprattutto l’odore deve essere gradevole, leggermente dolciastro e profumare di alghe marine. Il crostaceo più delizioso è il gambero viola (Aristeus antennatus, RISSO 1816) o “violetto” di Gallipoli o gambero imperiale che vive sui fondali del basso Adriatico e del Tirreno ad una profondità variabile tra i 300 e i 1.000 metri. Vive in gruppi numerosi, si nutre prevalentemente di organismi vegetali e si riproduce in primavera ed estate. A Gallipoli si pescano esemplari di oltre 20 centimetri, contro una media variabile tra i 10 e i 18 centimetri, nella fossa di San Giorgi dopo l’Isola di Sant’Andrea a 20 miglia dalla costa gallipolina.
Nel mare di Leuca, invece, l’ammainata avviene su fondali bassi e sabbiosi. Il colore del gambero però è molto più chiaro. Altra specie pregiata molto più diffusa nel Mediterraneo è il gambero rosso di Gallipoli (Aristaeomorpha foliacea, RISSO1827). Le due specie, il viola e il rosso, sono molto simili, per forma colore ed abitudini di vita. Vive in fondali fangosi a profondità elevate. Il gambero rosa o bianco (Parapenaeus longirostris, LUCAS 1846) è abbastanza comune nel Mediterraneo. Nell’Adriatico c’è poi un altro crostaceo decapode, con dieci zampe, la mazzancolla (Penaeus kerathurus
o Melicertus kerathurus), ermafrodita proterandrico che nella prima parte della sua vita è maschio, poi diventa femmina. Vive in acque costiere da 15 a 50 metri su fondali sabbiosi e misti a fango, talvolta sul detrito costiero. Nelle ore diurne resta infossato. Esce solo al tramonto e scorazza fino all’alba in cerca di cibo. La mazzancolla è biancastra tendente dal rosa al grigio. Il periodo di pesca copre la stagione invernale. A Gallipoli non si pesca in settembre perché c’è il fermo biologico.
Fresh, with a pinch of salt and a drop of oil, the raw shrimp is a delicacy with a delicate taste. It’s ‘also, of course, the king of the table of gourmet, looking especially two fine species: the red shrimp Gallipoli and especially the blue and red shrimp called “violet” of Gallipoli. This crustaceans are particularly tasty because they are fished off the Isle of St. Andrew, in a deep pit up to 1000 meters, where they live in groups and they feed mainly on plants.
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IL MARE VERDE
di
PUGLIA Testo e foto di Nunzio Pacella
’ulivo coltivato su un territorio esteso 400mila ettari, punteggiato da 40 milioni di alberi rigogliosi e verdi, è tra le eccellenze più importanti di Puglia. È l’industria pugliese a cielo aperto, come dire un immenso mare verde di ulivi, tra i bianchi trulli della Terra di Bari ed i caseddhri della “Terra tra due Mari”: il Salento. La sua storia è centrale per le genti che si affacciano sul bacino del Mediterraneo e di tutto l’Occidente. Storia o leggenda, l’ulivo, era caro alla dea greca Atena, figlia prediletta di Zeus, che lo offrì agli Ateniesi divenendo così patrona della città, ma anche ad Ercole che lo raccolse ai confini del mondo dove nacque il bosco sacro a Zeus e a Noè che lo ricevette sulla sua Arca da una candida colomba. È certo che i primi cespugli di piante selvatiche esistevano sull’isola di Creta fin dal 4000 avanti Cristo e che i cretesi le coltivarono esportandole in tutti i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
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La coltura dell’ulivo e la produzione olearia è millenaria. Le prime piante di Olea europaea L. portate in Italia dagli Ellenici furono piantate a Bitonto. Si tratta della varietà di oliva più nota come “Cima di Bitonto” coltivata nell’agro bitontino e nelle zone del centro e del sud-ovest della provincia di Bari. Più diffusa nella conca barese, rinomata nel mondo per il suo olio dal sapore molto gradevole, colore giallo intenso tendente al verdino ben riconoscibile per il suo profumo e sapore di frutto non particolarmente accentuato con residuo sentore di mandorla. L’olio bitontino, commestibile, era molto apprezzato già nel XIII secolo per il suo gusto delicato a Bisanzio. Frequenti erano i rapporti commerciali con Venezia che lo richiedeva e valutava più di ogni altro olio prodotto nella penisola italica. Veniva venduto infatti a 3 ducati per 1000 libbre a differenza di un solo ducato per tutti gli altri olii commercializzati in Italia. Puglia has a “green sea”, it is that of olive trees, given that it has an area encompassing 400 thousand acres and is scattered with 40 million of lush trees of various native cultivars of the different territories with taste always palatable in which can be found hints of different fruits. They Are Four Dop prerogative of the production of Puglia: Dauno, Terra di Bari, Colline di Brindisi and Terra d’Otranto. Very sought by tourists in the holiday family, the productions of extra virgin olive oil extracted with the traditional method from hand-picked olives.
Meno “nobile” ma altrettanto utile è stato l’olio “lampante” prodotto nei bui trappeti ipogei di Terra d’Otranto, caricato su bastimenti nel Porto di Gallipoli e trasportato fino in Russia e in America per illuminare molte grandi città di quei Paesi. Oltre alla Cima di Bitonto, in Puglia sono presenti molte altre cultivar autoctone: Frantoio e Cassanese molto più diffuse su tutto il territorio pugliese rispetto alle cultivar Biancolilla, Maurino e Moraiolo; Ogliarola garganica; Rotondella diffusa nei Monti Dauni; Peranzana in provincia di Foggia; Bella di Cerignola, varietà da mensa a marchio Dop utilizzata raramente per l’oleificazione, diffusa non solo a Cerignola ma anche a Trinitapoli e San Ferdinando di Puglia; Pendolino coltivato nella province di Foggia e Bari; Termite di Bitetto, diffusa nel territorio della provincia di Bari e probabilmente con origini nel territorio del comune di Bitetto; Cima di Melfi, originaria del Vulture; Cima di Mola nel sud-est di Bari; Coratina a Corato; Nociara nel sud barese;
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Frangivento diffusa dopo gli anni sessanta nel tarantino; Cazzinicchia, coltivata nei territori di Brindisi e Taranto; Picholine, varietà da olio e da tavola, diffusa prevalentemente nel territorio di Brindisi; Oliastro nelle province di Bari, Brindisi e Taranto; Ogliarola Salentina, Cellina di Nardò e Leccino in Salento. La Denominazione d’Origine Protetta (Dop) in Puglia è appannaggio di quattro tipi di olio extravergine d’oliva estratti da cultivar autoctone: Dauno (Gargano, Sub-Appennino Dauno, Alto Tavoliere, Basso Tavoliere), Terra di Bari (Castel del Monte, Bitonto, Murgia dei Trulli e delle Grotte), Colline di Brindisi e Terra d’Otranto. Molto ricercate, soprattutto dai turisti in vacanza in Puglia, le produzioni familiari di olio extravergine d’oliva estratto con metodo tradizionale da olive raccolte a mano dagli oltre 14milioni e 700mila alberi d’ulivi secolari, più noti come “Monumenti verdi” contorti, “stanchi” e accartocciati che hanno sfidato nei secoli intemperie e malattie.
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La cultura enoica di Puglia e Salento Testo di Marco Tibaldi
Zone e vitigni La Puglia è grandi bellezze, ma anche grandi distanze. Dal Gargano fino al capo di Leuca ci sono quasi 400 chilometri. La stessa distanza che intercorre tra Milano e il confine con la Slovenia. Scrivere dei vini di Puglia e Salento in un solo articolo è compito impossibile. Premessa fatta, anche per ridurre le inevitabili critiche, passiamo - telegrafici - al sodo.
Le aree viticole si possono dividere in quattro zone: Daunia (provincia di Foggia) con le sottozone di Lucera e San Severo; Terra di Bari, con le sottozone di Barletta, Murgia nord-occidentale, Murgia centrale e Murgia sud-orientale; Tarantino, zona di eccellenza del Primitivo di Manduria; il Salento, con le province di Lecce e Brindisi (il Salento storico comprenderebbe anche il tarantino) zona
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d’eccellenza dei vini Doc a base di Negroamaro. Ma se consideriamo solo la diffusione dei vitigni, le aree si riducono a tre: Nord (a nord di Bari), con Bombino bianco e nero, Trebbiano toscano, Uva di Troia, Sangiovese e Montepulciano; Centro, soprattutto la Valle d’Itria, con Verdeca e Bianco di Alessano; Sud, nel Salento e nel tarantino, con Negroamaro, Primitivo e Malvasia nera.
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Rinascimento dionisiaco La Puglia è una delle culle della cultura enoica, la viticoltura è praticata sin da prima della colonizzazione dei Greci, avvenuta nell’VIII secolo a.C. Nel ‘900, dopo decenni di produzione massiva, a favore di grossi marchi vinicoli, molte aziende hanno sposato la produzione qualitativa seguendo la strada di alcuni storici produttori e adeguandosi alle richieste del mercato. Oggi questa regione prosegue nella sua crescita e nella conquista delle posizioni di vertice dell’enologia italiana. Una posizione naturale, vista la qualità dei vitigni autoctoni, le condizioni climatiche e l’ampiezza della produzione.
La riscoperta di vitigni come Negroamaro, Primitivo, Nero di Troia, Susumaniello sta restituendo alla Puglia la sua giusta dimensione enologica. Inoltre si stanno finalmente scoprendo le vocazioni dei territori, primo passo per arrivare, speriamo, a identificare e valorizzare i veri cru (vigneti vocati). Di assoluta eccezionalità è il patrimonio del Rosato (ottenuto dai maggiori vitigni rossi), che qui non è moda ma vinificazione tradizionale, che permette vini ecclettici dalle ampie possibilità di abbinamento (antipasti, pesce, primi, carni bianche). Una nota problematica da segnalare. I vecchi impianti ad alberello, uno dei patrimoni insostituibili della regione, continuano a essere
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estirpati e – quando va bene – sostituiti con “spalliere” che difficilmente permettono la stessa qualità dell’uva. È allora importante che non solo i produttori, ma tutto il “sistema vino” regionale, compresi i responsabili politici, si impegni per la salvaguardia e la valorizzazione. È ciò che sosteneva Carlo Coppola, grande vecchio dell’enologia italiana, purtroppo scomparso nell’aprile di quest’anno. Nell’ultima intervista concessa, aveva dichiarato: “È necessario definire, metro via metro, quali sono le vocazioni colturali del territorio. E agire di conseguenza, senza cedere a imposizioni e mode effimere. Si devono lasciare aperte le porte alla sperimentazione, ma con giudizio e ponderazione”.
Foto di Raffaele Puce
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Novità. Tra storia e sperimentazioni In ambito enoico le sperimentazioni più innovative spesso si ottengono guardando al passato, senza rinnegarlo, ma rivitalizzandolo. E forse non è un caso che tra le aziende pugliesi all’avanguardia troviamo proprio la Cantina Coppola (condotta da Giuseppe e Lucio, figli di Carlo) che, nei dintorni di Gallipoli, nella Doc Alezio, lavora gli stessi vigneti – come il Doxi e il Tafuri – da oltre quattrocento anni, veri e propri cru (così li definì Luigi Veronelli, rimpianto maestro di tutti i critici enoici e amico della famiglia gallipolina), ma che propone anche interessanti innovazioni come il Rocci, primo Negroamaro vinificato in bianco. Molte sarebbero le aziende merite-
voli di menzione, con l’ausilio di forbici aleatorie per sfoltirne la scelta, dal Capo di Leuca risalendo verso il Gargano, vorremmo segnalare almeno: la Duca Carlo Guarini di Scorrano con il suo ammaliante Malìa, miglior malvasia nera in purezza; la Cupertinum, cantina di Copertino, fedele alla sua Doc e alla storia, artefice del progetto “Vigneto sul Castello”, primo e unico al mondo, posto sui bastioni del castello della città (uno dei più belli dell’Italia del Sud), come avveniva – secondo documenti storici – secoli addietro; la Vinicola Savese/Pichierri di Sava, artefice del Capasonato, un Primitivo estremamente suggestivo, rosso vinificato in anfora, da meditazione e di arcaica complessità; Natalino Del Prete di San Donaci e la rusticità an-
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Puglia is one of the cradles of wine culture, considering that the viticulture has been practiced since before the colonization of the Greeks, which took place in the eighth century B.C. After decades of mass production, many companies have embraced the qualitative production that, after decades of work, is leading the wine production of Puglia to conquer of top positions in Italian oenology, by virtue of the quality of local grape varieties such as Negroamaro, Primitivo, Nero di Troia , Susumaniello and heritage of Rosato, who here is not trendy, but traditional vinification.
tica dei suoi Salice Salentino biologici; l’azienda Fatalone di Gioia del Colle con un Primitivo Riserva, elegante e tradizionale; per finire con l’azienda Giancarlo Ceci di Andria e il suo Castel del Monte Amalgia, rosso carezzevole e speziato. Prosit!
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Aragoste ed astici
padroni delle grotte di Puglia Testi e foto di Nunzio Pacella
n Puglia, aragoste ed astici sono di casa lungo i litorali costieri dal Gargano al Salento, ricchi di grotte e fondali rocciosi. L’Aragosta mediterranea (Palinurus elephas, FABRICIUS, 1787) è un crostaceo dell’ordine Decapoda, diffuso nel Mediterraneo, dove vive ad una profondità compresa tra i venti ed i centocinquanta metri. La sua taglia è medio grande con una lunghezza compresa tra i venti ed i quaranta centimetri ed un peso che può raggiungere anche gli otto chilogrammi negli esemplari più grossi. Il corpo, di forma sub-cilindrica, è rivestito da una corazza che durante la crescita cambia diverse volte per ricrearne una nuova. Il carapace, diviso in due parti: cefalotorace (parte anteriore) e addome (parte posteriore), ha una colorazione tra il rosso brunastro e il viola brunastro, cosparso di spine a forma conica.
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L’addome è formato da sei segmenti mobili. Anteriormente ha due antenne più lunghe del corpo, ripiegate all’indietro, gialle e rosse a tratti, che hanno la funzione di organi sensoriali e di difesa. Sulla fronte sono anche presenti due spine divergenti a V. La coda ha forma di ventaglio.
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Possiede diverse zampe, ma solo una parte vengono utilizzate per camminare. A differenza di altri crostacei come granchio e astice non hachele. L’astice europeo (Homarus gammarus LINNAEUS, 1758), con le chele appunto, a differenza dell’aragosta, conosciuto anche come lupicante, è un crostaceo
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In Puglia, lobsters and crayfishes are very frequent along the coastal areas from Gargano to Salento, rich in caves and rocky bottoms. Their meats are excellent: the flavor of the flesh, tender and delicate, is given from marine habitat where they graze, that is rich in plankton, algae, sponges, annelids, echinoderms, bryozoans, crustaceans and fish. In plain view on the tables of restaurants for the most demanding customers who love to eat well, the lobster can be prepared in many ways, but the prize of taste is certainly the prerogative of the French recipe created in 1894 by chef Victorien Sardou, who called Thermidor, in honour of the opening of the game.
decapodo della famiglia Nephropidae, strettamente imparentato con l’astice americano (Homarus americanus H. MILNE EDWARDS, 1837). Ha colore bluastro, con chiazze gialle sul dorso e ventre chiaro; pos-
siede due paia di antenne, un paio lunghe ed uno corte e due chele, una più grande ed una più piccola, per potere svolgere meglio compiti diversi. Il carapace è liscio ed incavato, possiede due spine, situate vicino agli occhi. Gli esemplari più comuni misurano dai trenta ai quaranta centimetri ma può raggiungere anche il mezzo metro di lunghezza. In Salento, i pescatori di Porto Cesareo chiamano l’astice blu “Carlo”, immortalato in un selfie da Osvaldo Bevilacqua, conduttore di Sereno Variabile in onda su Rai 2. Al contrario di quanto spesso si crede, l’astice non è strettamente imparentato con l’aragosta, che appartiene a un altro genere e anche a una famiglia diversa, quella dei Palinuridi.
Curiosità: l’aragosta Thermidor L’aragosta è la regina della tavola dei gourmet. Quella alla salsa Thermidor, è a dir poco divina. Un’aragosta, comunque, non vale l’altra. Bisogna scegliere la migliore, preferibilmente femmina e ancora viva. Sono condizioni importanti per servirla “a medaglioni” in bella vista con poche gocce di monocultivar di olio extravergine d’oliva, preferibilmente Cima di Bitonto, una strizzatina di succo di limone e qualche foglia di prezzemolo fresco oppure alla Thermidor. Ottime, anche le più classiche linguine o tubettini rigati al sughetto d’aragosta di pomodorini dell’orto, meglio se di fiaschetto del Presìdio Slow Food di Torre Guaceto a Corovigno in provincia di Brindisi. Ma se non è facile prepararla, non di meno è gustarla a tavola, come tutti i crostacei dai gamberi all’aragosta passando per astici e granchi. Se gamberi e granchi si succhiano, usando le dita della mano a mo’ di posate, aragoste e astici, banditi coltello e forchetta, si succhiano anche questi dopo avere con forza schiacciato con il trinciante chele ed antenne. Già perché, a parte i medaglioni o polpa d’aragosta facili da mettere in bocca, il vero gusto è in antenne e chele. C’è poi l’aragosta d’autore, alla Thermidor, realizzata la prima volta nel 1894 nel ristorante parigino da “Marie” vicino al teatro Comédie Française, in onore dell’apertura del gioco Thermidor, dallo chef Victorien Sardou. La ricetta ebbe un successo sempre più crescente, tanto da far diventare questa preparazione una delle ricette classiche a base di aragosta. Prepararla non è semplice: aperta per lungo l’aragosta, dopo averla scottata sulla grata del forno spennellata d’olio, si inforna per gratinarla, bagnandola prima con brodo di carne, vino bianco ed erbe aromatiche e poi coprendola con besciamella a base di burro, farina, latte caldo e lame di tartufo. Mangiarla è semplicissimo perché si tratta di infilzare con la forchetta i medaglioni nappati con salsa e disposti nelle mezze corazze dell’aragosta.
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Tassonomicamente la distanza tra le due specie è simile a quella che c’è, per esempio, tra il cane e il gatto. Le loro carni comunque sono eccellenti. La sapidità della polpa, tenera e delicata, è data dall’habitat marino dove pascolano, ricco di plancton, alghe, spugne, anellidi, echinodermi, briozoi, crostacei e pesci. Le aragoste del Capo di Leuca sono tra le migliori d’Italia. L’astice blu di Porto Cesareo, catturato ancora con nasse ed esca di polpo o seppia, è da preferire a tutti gli altri pescati in Puglia. Un tempo anche le aragoste si pescavano con le nasse. C’è ancora chi usa tale sistema di cattura, ma la grande parte dei pescatori salentini e garganici preferiscono le reti da posta formate da una o più pareti molto lunghe, calate verticalmente in modo da costituire uno sbarramento, fisso o mobile, contro il quale le aragoste urtano e restano imprigionate. Nel Capo di Leuca, a Torre Vado, Marina di Morciano di Leuca, c’è il peschereccio Attila II di capitan Nicola Bonerba detto Nicolino che con il giovane figlio Jonahtan va tutti i giorni a pesca di aragoste. Con le reti da posta ne catturano una gran quantità, a volte grossi esemplari anche di dieci chili, lunghi mezzo metro, pesati su una vecchia stadera e venuti sulla barca a commercianti gallipolini che le piazzano soprattutto sul mercato meneghino e in qualche ristorante blasonato di Puglia. Al contrario di quanto succede in Salento, quelle pescate sul Gargano sono appannaggio dei migliori ristoranti di Vieste e Peschici dove la domanda di qualità è più forte. “Carlo”, invece, non scappa da Porto Cesareo. È sempre in bella vista sulla tavola di almeno un paio di ristoranti “in” del luogo, per la clientela più esigente che ama mangiare bene.
Eugenio Barba | Discorso per “I mari della vita”......................................................................................................... 24 Carmelo Fanizza | Un santuario per i cetacei nel Golfo di Taranto...................................................... 26 Nunzio Pacella | Weekend a Biccari, tra gusto, avventura e sostenibilità........................................ 30 Nunzio Pacella | Il concept promosso da casa Zonin è approdato nel Salento........................ 34 Salvatore De Michele | Il comandante della nave: signore dopo Dio.................................................. 36 Il Personaggio e il mare: Enrico Paolini............................................................................................................................... 38 Leggende di Puglia: Castel del Monte e il sacro graal.......................................................................................... 39 Mediterraneo cultura da scoprire................................................................................................................................................ 40
Eugenio BARBA Regista, fondatore dell’Odin Teatret
CARMELO FANIZZA Biologo marino e presidente della Jonian Dolphin Conservation
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SALVATORE De MICHELE Ammiraglio emerito del Corpo delle Capitanerie di porto
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I mari della vita: DAL MEDITERRANEO AL MARE DEL NORD
Il geniale regista Eugenio Barba, fondatore dell’Odin Teatret, ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Gallipoli. L’evento, che ha coronato il sogno del sindaco Francesco Errico di iscrivere nell’albo d’oro dei concittadini il Maestro, nato a Brindisi da genitori gallipolini e che in riva allo Jonio ha trascorso i primi tre lustri della sua vita, ha rappresentato il momento culminante dei festeggiamenti per i 50 anni dell’Odin Teatret. Il relativo cartellone d’incontri e rappresentazioni teatrali, intitolato con riferimento ai mari della Puglia e della Danimarca che ha accolto Barba, è stato attuato con Fondi Poi grazie all’assessorato alla cultura della Regione Puglia retto da Silvia Godelli che ne ha affidato la realizzazione al Teatro Pubblico Pugliese presieduto da Carmelo Grassi, con il sostegno dei Comuni di Lecce, Gallipoli e Carpignano Salentino e la collaborazione dei Cantieri teatrali Koreja di Lecce e dell’Associazione culturale Amart di Gallipoli. Di seguito riportiamo il discorso di ringraziamento dopo il riconoscimento ricevuto nel salone ennagonale del castello di Gallipoli.
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The letter addressed to the community of Gallipoli contains the speech with which the brilliant director Eugenio Barba, founder of Odin Teatret, whose family is originally from Gallipoli, where he lived the first three decades of life, has expressed his gratitude for the recognition of honorary citizenship, a significant moment in the context of the celebrations for the 50th anniversary of the Odin Teatret.
Sindaco, consiglieri comunali, caro Federico Natali, amici del Salento, amici che siete venuti da lontano: La mia Gallipoli non è qui, la mia Gallipoli non corrisponde alla solerte cittadina in cui ci troviamo. La mia Gallipoli è fuori dai confini della geografia. Non è ancorata alle cronologie della storia. Non è una realtà. È un’isola galleggiante dentro di me. Nuota immutabile in un mare di ricordi travisati e sbiaditi. È un paese che ha vinto il tempo. Una città eterna. Un luogo sacro che mi ha fatto conoscere gli archetipi della vita. L’archetipo della crudeltà: i bambini che acchiappavano un gatto randagio e lo buttavano giù dalle mura della città vecchia sugli scogli coperti di spazzatura dove le zoccole lo azzannavano in un batter d’occhio. L’archetipo della fede, del mistero tremendo e fascinoso. Nelle chiese, i fedeli biascicavano litanie in latino, una lingua a loro sconosciuta. Le musiche delle pastorali mi svegliavano la notte per ricordarmi che presto sarebbe nato il Salvatore, figlio di Dio. I mau, le confraternite di incappucciati, scortavano i feretri e guidavano le processioni che duravano tutta la notte. All’alba, quando le seguivo, vedevo sorgere il sole e risorgere Cristo o uno dei suoi santi. L’archetipo dell’ingiustizia: la vedova – mia madre – che non poteva uscire da sola di sera senza essere accompagnata da un uomo della famiglia. Altrimenti era considerata una puttana. L’ingiustizia verso i figli scalzi dei pescatori i cui padri erano scomparsi in mare; l’ingiustizia di chi aveva troppo e di chi non aveva niente; l’ingiustizia di chi era costretto a lasciare e di chi era incatenato alla sua condizione. Nella mia Gallipoli, d’inverno, il tepore dei bracieri e degli scaldini non riusciva a lenire il freddo e l’umidità. A scuola, le mani corrose dai geloni non riuscivano a tenere la penna e scrivere in bella scrittura il dettato della maestra. Nel cimitero, una voce dietro una lapide riusciva a rispondere alle mie domande con il silenzio. Questa Gallipoli esiste solo nella mia testa. È puro miraggio dal quale sconfino per raccapezzarmi nel mondo. È una superstizione, sta dentro di me e al tempo stesso sopra di me. Henrik Ibsen la chiamava “lisvelong”, una menzogna vitale. Una finzione che permette a ognuno di noi di dare un senso al suo agire nel mondo. Questa è la Gallipoli dalla quale non mi sono mai separato quando quattordicenne la lasciai definitivamente nel distante 1954. A questa città sono ricorso quanto volevo sapere chi ero e da dove venivo. A queste strade, case e chiese – che i venti stringono come serpenti – sono ritornato per indovinare il cammino che voglio mi porti altrove. Gentile sindaco, quando lei venne a trovarmi l’estate scorsa a Carpignano Salentino e mi propose la cittadinanza onoraria, le spiegai che l’avrei accettata solo se lei avesse portato alla reale Gallipoli del presente attori e collaboratori con i quali ho condiviso mezzo secolo di vita e di lavoro. Nonostante i problemi che assillano la città, lei ce l’ha fatta. Tutto l’Odin Teatret è qui attorno a me nella sala di questo castello. Penso sia giusto, in questo momento, che la città di Gallipoli, il suo cittadino Eugenio Barba e l’Odin Teatret danese ringrazino Silvia Godelli, assessore alla cultura della Regione Puglia, e Carmelo Grassi e i suoi collaboratori del Teatro Pubblico Pugliese per il notevole apporto economico e organizzativo che ha permesso di realizzare quanto lei si era prefisso. Vorrei ora che Iben Nagel Rasmussen, l’attrice danese che si unì all’Odin Teatrt 48 anni fa, ringraziasse lei, sindaco, e gli amici qui presenti, con una canzone che viene da lontano. Racconta di un esule che può visitare solo con il suo pensiero la sua patria aldilà del mare tramutata in un ramo di fiore al vento. Eugenio Barba
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LA REALE VOCAZIONE DI QUESTA PORZIONE DI IONIO
UN SANTUARIO PER I CETACEI NEL GOLFO DI TARANTO Testo di Carmelo Fanizza - Foto di J.D.C.
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o Jonio deve diventare un santuario dei cetacei. O meglio, una porzione a nostro avviso ampia del Golfo di Taranto, deve diventare Aspim ossia Area specialmente protetta di importanza mediterranea. Tali aree sono istituite... “in siti importanti per l’elevato grado di biodiversità, per la peculiarità dell’habitat, per la presenza di specie rare, minacciate o endemiche, o che rivestono un interesse speciale dal punto di vista scientifico, estetico, culturale o educativo, e in cui sia in ogni caso assicurata capacità di gestione....” Nessuna descrizione appare più efficace di questa per definire il Mar Ionio, il quale per la salinità delle sue acque, per l’abbondanza di fiumi che vi sfociano e visto l’assetto geografico e naturale, presenta caratteristiche particolari a livello di flora e fauna, tali da rappresentare una vera e propria riserva per l’ecosistema Mediterraneo. In questo “laboratorio marino in miniatura” la presenza dei cetacei è da considerarsi il valore aggiunto di un’area che possiede condizioni uniche e straordinarie dal punto di vista della biodiversità. In anni recenti una grande attenzione è stata rivolta all’importanza
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DELFINI: CHI VUOLE SALVARLI Jonian Dolphin Conservation è un’associazione di ricerca scientifica finalizzata allo studio dei cetacei del Golfo di Taranto nel Mar Ionio Settentrionale. Profondi conoscitori dell’ambiente marino nei suoi aspetti più disparati, i componenti del gruppo di lavoro, presieduto da Carmelo Fanizza, mettono le loro esperienze ed attitudini a disposizione della ricerca intesa nel senso più profondo del termine. J.D.C. svolge attività di dolphin watching coinvolgendo turisti e cittadinanza a bordo della stazione di monitoraggio Taras, un catamarano di 40 piedi ideato ed equipaggiato appositamente per le attività di ricerca dei cetacei. Inoltre, conduce campagne di avvistamento e ricerca scientifica sui cetacei, è specializzata nella gestione di progetti marini con particolare focus sullo studio dell’impatto ambientale, svolge attività di progettazione e conduzione di Marine Mammals Surveys visivi ed acustici e realizza documentari ed allestisce spazi espositivi per mostre ed eventi sui temi della salvaguardia dell’ambiente marino.
delle reti di aree marine protette che possono agire insieme sia per raggiungere importanti obiettivi di conservazione sia per proteggere specie animali che possono spaziare su una varietà di habitat molto ampi. Gli habitat marini dei cetacei, per ovvie ragioni, hanno confini molto poco netti e fluidi e questo rende necessaria una maggiore flessibilità nel definire le aree protette per questi mammiferi.
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Nonostante la crescente conoscenza acquisita sulle minacce ai cetacei, le iniziative rivolte alla loro protezione riguardano meno del 3 per cento delle aree protette in tutto il mondo. Presentano diverse aree marine protette il Sud Africa, il Senegal, gli Stati Uniti, il Canada e soprattutto l’Australia, che nel 1994 ha istituito una rete e che si estende su una superficie oceanica di oltre 30 milioni di kmq e che vede l’accordo di ben 11 nazioni del Pacifico. Per quanto riguarda l’Europa, oltre al Santuario dei cetacei istituito nel Mar Mediterraneo, esistono santuari speciali dedicati alla conservazione dei cetacei in Irlanda ed in Germania nel Mare di Wadden e ne è prevista l’istituzione nell’estuario del fiume Shannon in Irlanda e nella baia di Cardigan e Moray Firth in Gran Bretagna. Considerata la particolare conformazione batimetrica del fondale del Golfo di Taranto, che vede quasi totalmente assente la piattaforma batiale, le particolari condizioni trofiche di quest’area, gli studi e le elevatissime percentuali di avvistamento da parte della J.D.C. (stagio-
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ne 2011 conclusa con il 98 per cento di successo, stagione 2012 con il 90 e stagioni 2013 e 2014 con il 93 per cento di successo) possiamo ormai definire stanziale la presenza dei cetacei in questa porzione di mare. L’istituzione dell’Area Marina Protetta viene proposta in un tratto di mare che racchiude il Golfo di Taranto ed una serie di altre baie, giuridicamente definite “baie storiche e naturali” dal Decreto presidenziale n. 816 del 26 aprile 1977. Chiuso da una linea della lunghezza di sessanta miglia tracciata tra Capo di Santa Maria di Leuca e Punta Alice, Il Golfo di Taranto è sempre stato considerato come un mare interno facente parte delle acque territoriali sotto la completa giurisdizione dello Stato. Tale istituzione a tutela dei cetacei vedrebbe il coinvolgimento di Puglia, Basilicata e Calabria, oltre 60 comuni, 500 chilometri di costa interessata ed una superficie totale di circa 20mila chilometri quadrati. J.D.C. stimola l’opinione pubblica e le tre regioni che si affacciano sul Golfo di Taranto ad una profonda riflessione sulla possibilità di avviare l’iter autorizzativo ritenuto più idoneo all’istituzione del Santuario per la Biodiversità. Ciò comporterebbe una serie di benefici non solo al patrimonio naturale, ma anche agli operatori del settore turistico che operano nell’area. Infatti, oltre a non esserci particolari restrizioni alle attività di pesca – e comunque ci sono i presupposti per
trovare soluzioni sostenibili – si potrebbero attivare una serie di iniziative di valorizzazione e fruizione del patrimonio naturalistico, ovviamente compatibili con la tutela, dando nuovo impulso alla vocazione turistica di queste aree. Verrebbe regolamentato il traffico navale, in particolare quello turistico, e si attiverebbero presidi per il monitoraggio e la gestione dell’area, utilizzabili contro eventuali minacce d’inquinamento. La natura ci ha fatto questo dono, facciamoci perdonare gli errori del passato!
The Gulf of Taranto has peculiarities that make it a miniature marine laboratory with unique conditions and extraordinary biodiversity, considering that the dolphins, but not only them, have chosen it as a favorite place. The Jonian Dolphin Conservation, of which the author is the president, is an association of scientific research finalized to the study of cetaceans in the Gulf, also active in the daunting task of educating citizens and institutions about the need to create a “Sanctuary for cetaceans” that is a specially protected area of Mediterranean importance.
DELFINI: CHI VUOLE UCCIDERLI Taiji è una cittadina costiera situata nel sud del Giappone. È famosa, ma non per la bellezza dei luoghi, con l’oceano che si insinua nella terraferma ricoperta di verde. È famosa perché la principale risorsa economica dei suoi circa 3mila abitanti è rappresentata dalla cattura di delfini. Non si dispone di dati precisi, ma si stima che il numero possa variare tra 1500 e 2000 esemplari l’anno. Nel periodo compreso tra settembre ed aprile, i branchi sono intercettati dai pescherecci e “rumorosamente costretti” ad inoltrarsi nell’imbuto della baia, rimanendovi infine intrappolati. I pescatori scelgono gli esemplari idonei per l’invio ai parchi acquatici e uccidono gli altri allo scopo di commercializzarne le carni ad uso alimentare.
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Pubbliredazionale
IL SALENTO TI ATTENDE
RIA ACCOMMODATIONS TI ACCOGLIE
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ome declinare il verbo “accogliere”? Ci siamo posti il problema dell’accoglienza e ci siamo resi conto che non può bastare un aggettivo – buona, cordiale, efficace – per definire ciò che vogliamo offrire a chi intende avvalersi della nostra professionalità per trascorrere una vacanza nel Salento. Noi facciamo accoglienza. È questo il presupposto della costituzione di Ria Accommodations, un nuovo gruppo che si affaccia sul mercato turistico per consolidare una presenza che risale al 2002, forte dell’esperienza, rodata sul campo, del suo ideatore Angelo Ria. Perché le storie, personale e del gruppo, fatalmente coincidono, perché la passione è denominatore comune di vita e professione. I prodromi dell’interesse per il settore si possono cogliere nelle sue prime esperienze e nella decisione maturata nel 2002, quando, dopo la laurea in economia e diritto conseguita presso l’università degli studi di Bologna, decide di trasferirsi per un anno a Londra per migliorare la conoscenza della lingua inglese in quella che è stata la culla del turismo moderno.
Nel 2007 crea il marchio Visita Puglia, ma soddisfa il bisogno di esperienze, questa volta nel mercato turistico più effervescente e rivolto al futuro, trascorrendo il 2009 negli Emirati Arabi Uniti, tra Abu Dhabi e Dubai, per seguire un progetto della Camera di commercio italiana in quel Paese. Nel 2010, decide di radicarsi nel natìo Salento e mettere la sua esperienza a servizio del turismo, fondando la Ria Viaggi Srl che gli consente di esprimersi quale tour operator ricettivo. Ed è una delle realtà che confluiscono nella Ria Accomodations insieme con la capacità tecnico-professionale e con le strutture ricettive direttamente gestite. Queste spaziano dalle case vacanze (alloggi in condominio, ville con piscina, case in campagna, residence) ad un al-
bergo (“Due passi dal Pizzo” nel Parco naturale regionale Litorale di Punta Pizzo), ai bed & breakfast (Come “Palazzo Zacheo” e “Palazzo Salapolis” nel cuore di Gallipoli) e a Masseria Nucci (situata nell’entroterra di Santa Caterina di Nardò, il cui nucleo più antico risale al periodo bizantino).Insomma, un’offerta estremamente variegata, concentrata soprattutto su Gallipoli, ma presente anche a Lecce, San Cataldo, Acaya, Porto Cesareo, Torre Suda e Mancaversa, con il denominatore comune della qualità (ma solo perché la perfezione non è di questo mondo...) L’ultima iniziativa che la vulcanica attività di Angelo Ria sta concretizzando, è la costituzione di Gallipoli Città Bella, associazione di operatori turistici che intendono mettere l’azione davanti alle parole. Catalogo generale del Tour Operator Ricettivo: www.visitapuglia.it Strutture principali: www.nuovohotelgallipoli.it www.appartamentiehotelgallipoli.com www.masserianelsalento.it Blog personale (e contatti come fonte di arricchimento reciproco): www.angeloria.it
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WEEKEND A
Biccari
tra gusto, avventura e sostenibilitĂ Testi e foto di Nunzio Pacella
Biccari is the proposal of autumn destination: at the feet of the Daunian mounts, a cozy village, full of a delicious bio-gastronomic tradition - the breakfast is not held to the bar, but to the workshop of bread, writes the author - who it has taken the virtuous path of tourism development in three magic words: taste, adventure and sustainability.
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iccari (Vìcchere in dialetto foggiano) è tra i paesi più caratteristici dei Monti Dauni in Puglia, fondato tra il 1024 e il 1054 dai bizantini del catepano Basilio Bojannes (Bogiano) e del vicario di Troia, Bisanzio de Alferana. Il grazioso centro storico, poco distante da Foggia e dal Golfo di Manfredonia, è caratterizzato da piccole case in pietra con tetti ad embrici, pavimentazione in ciottolato, numerose scalinate necessarie per raccordare i vari piani stradali dove sorgono case, palazzi signorili come quello della famiglia La Piccola di fine ‘700 e Menichella dell’800, la Chiesa Madre e la Torre cilindrica edificata tra il 1116 e il 1122 dal Bogiano a difesa della via Traiana che, all’epoca, era un’ importante arteria di collegamento per i traffici ed il commercio tra l’Irpinia ed il Tavoliere. L’antico nucleo urbano sorto all’ombra della Torre, divenne “città fortificata” per volontà del normanno Pagano dell’esercito di Roberto il Guiscardo, all’indomani della sconfitta dei Bizantini per mano dei Normanni lungo le rive del fiume Olivento. L’assetto urbano si articolò sempre di più sulla collinetta con gli Svevi prima e gli Angioini poi. Nel 1534, Marcello Caracciolo, nominato conte di Biccari dall’imperatore Carlo V, lo arricchì costruendovi il palazzo signorile, attualmente sede del municipio. Dopo la signoria dei Caracciolo il feudo passò alla Regia Corte di Napoli che nel 1874 separò i beni feudali sul territorio di Biccari, per poterli affidare a privati, liberandoli da ogni vincolo feudale. Dalla rivolta antiunitaria del 1860, sedata nel sangue, ad oggi, è storia recente, fatta anche di una sfortunata industrializzazione che ha spopolato il paese e della riscoperta e valorizzazione delle radici identitarie e culturali più autenti-
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che per dare vigore ad un nuovo sviluppo del territorio. L’obiettivo è quello di mettere a punto un’offerta turistica diversificata per intercettare la domanda, non solo di un turismo domestico o di prossimità dalle regioni vicine come Calabria, Campania, Basilicata e Molise ma anche vacanzieri nazionali ed internazionali in tutte le stagioni. Ora, novella Araba fenice, Biccari ha imboccato un percorso virtuoso di sviluppo dove le tre parole magiche sono: gusto, avventura e sostenibilità. Per scoprire tanta magia, si consiglia, un weekend autunnale e, magari, programmare per la prossima estate una vacanza salutare e fresca a Biccari. Arrivati nel paesino che fu del pilota più veloce del mondo dal sangue biccarese, Ralph De Palma, due volte Campione nazionale degli Stati Uniti e una volta del Canada,
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trovi per strada gente cordiale e accogliente, gentile ed ospitale che ti accompagna in un’atmosfera irreale tra le viuzze contorte dove incontri qualche donna anziana dal volto rugoso seduta sulla porta di casa che ti guarda stupita per aver rotto il silenzio della sua solitudine oppure incontri la loquace Giuseppina, utraottantenne, che ancora ricama in terrazza tra il profumo dei gerani di Vico Primo Madonna delle Grazie. Lasciata alle spalle la centralissima piazza Matteotti e imboccata la via principale, tutta in salita, per raggiungere il Bed & Breakfast “Caterina” di Antonella Cercio, non è difficile ascoltare i canti “dell’altalena” (‘nzammaruchèle) o i sospiri d’amore che provengono dalla famosa strittula di Vico I Duomo. Al mattino, invece, il risveglio è gustoso. A Biccari, città bio, la colazione non si fa al bar ma alla Bottega del Pane in via Lippi dove Annangela Caterino con la sorella Costantina e il cognato Saverio Tursi preparano la gustosissima “Pizza a furn apijert” De.Co. (Denominazione Comunale) di antica tradizione biccarese, spennellata con olio e spolverata
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Volti di Biccari
Giuseppina
Antonietta
Angelo e Gianfilippa
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con aglio, origano, sale e peperoncino. Poi, con un bel pezzo di pizza in saccoccia, la borraccia d’acqua e gli scarponi da trekking, si va lungo il sentiero “Frassati” in montagna fino al “tetto di Puglia”: Monte Cornacchia che dalla sua vetta a quota 1151 metri d’altitudine è possibile godere di un paesaggio esclusivo che abbraccia, quasi in un unico sguardo, il Gargano con il suo mare cristallino ed il Tavoliere con le sue “Colline del vento” dalle mille pale eoliche che si ergono maestose sui campi di girasole. A dominare Biccari oltre al Cornacchia c’è Monte Sidone e Toppo Pescara alle cui pendici incastonato come una “perla”, si trova il Lago Pescara, piccolo bacino lacustre naturale coperto d’alghe verdi galleggianti (Potamogeton natans L.) e fiori bianchi di ranuncolo acquatico (Ranunculus aquatilis L., 1753). L’agro di Biccari è coperto da circa 278 ettari di bosco: il Boschetto, il Bosco della Cerasa e l’Orto di Zolfo che identificano un territorio di grande interesse naturalistico dove crescono cerri, aceri, olmi, faggi, noccioli e nel sottobosco rigogliosi cespugli di rosa canina, biancospino, agrifoglio, pungitopo, asparago, prugnolo ed una gran quantità di funghi e grossi tartufi. L’avventura di andar per boschi non finisce qui. L’avventura vera è quella in braccio ad Antonio Generoso, istruttore soccorritore del “Parco Avventura” realizzato da Ecol Forest e comune di Biccari, nel momento in cui ti imbraga per scarrozzarti da un albero all’altro su percorsi facili come quelli degli “gnomi” e dei “folletti” a due metri da terra e quelli più impegnativi, “blu” e “blu plus”, a dieci metri da terra. Ma l’emozione è assicurata. Scesi dal monte, prima di inoltrarsi in paese, è d’obbligo fermarsi al ristorante “La Baita” per assaggiare la calda “Pizza fritta” di
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Letizia Mignogna e sorseggiare un buon bicchiere di vino, rigorosamente da vitigno autoctono come il Nero di Troia. La cucina tipica fatta di antiche tradizioni rende unico il weekend a Biccari.
Biccari da mangiaare
Oltre alla pizza “a furn apijert” o “fritta”, puoi comprare morbidissime costine d’agnello da Mario (Macelleria Moccia) e Raffaele (Boutique della Carne Salvati) ed il tartufo da Leonardo Checchia. Vale la pena sedersi a tavola al ristorante “Varese” per degustare lo spezzatino d’agnello con cicorie, finocchi e uova (bio) ed i troccoli fatti in casa da Michela Di Bello conditi al ragù oppure i cecatelli al pomodoro fresco del Camelot Pub. Qualità ed eleganza, sobrietà e genuinità, la trovi invece al ristorante “Donna Costanza” che coniuga sapori e saperi d’altri tempi con piatti di terra e mare, come dire l’Adriatico e le sue migliori tipicità, incontrano il resto del mondo: dalla triglia al baccalà, dal tartufo alla burrata. Per degustare invece il trionfo dei salumi e dei formaggi, caciocavallo compreso, conviene fare un salto fuori Biccari e raggiungere Masseria Irene in Contrada Tertiveri, dove il severo Giuseppe Mansueto fa delle ottime caciotte e il sorridente Angelo Panzano dalla sua capretta Gianfilippa munge il latte per produrre formaggi freschi e stagionati. E dopo tanto correre e mangiare il cuore reggerà? Nessun problema! A Biccari lo puoi controllare anche in strada. Insomma, se “Milano è da bere” per dirla con Marco Mignani che nel 1985 ideò il celebre slogan pubblicitario per Ramazzotti, “Biccari è da mangiare”, espressione meno celebre ma altrettanto efficace!
Letizia
Annangela
Giuseppe
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“Gastronomy Experience” & RehoMare
Il concept promosso da Casa Zonin è approdato nel Salento di Nunzio Pacella e “profonde eccellenze” del modernissimo impianto offshore RehoMare di Torre Suda, Marina di Racale, dove si alleva in mare aperto la pregiata ombrina bocca d’oro ma anche saraghi, orate e spigole in un ambiente incontaminato dove regina è la Posidonia oceanica (Linnaeus) Delile 1813 e la Pinna nobilis (Linnaeus 1758), comunemente nota come nacchera, pinna comune, cozza penna o stura, il più grande bivalve presente nel Mar Mediterraneo, sono state visitate nei giorni scorsi da un gruppo di operatori della comunicazione e della ristorazione internazionale. L’iniziativa, battezzata“Gastronomy Experience”, è promossa da Casa Vinicola Zonin, una delle più importanti aziende vinicole private italiane ed una delle prime anche in ambito internazionale che distribuisce e commercializza vini e spumanti pregiati prodotti nelle dieci Tenute della famiglia Zonin, in Puglia dal 2000 a “Masseria Altemura”, a Torre Santa Susanna in provincia di Brindisi, estesa 300 ettari di cui 150 a vigneto.
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Tale iniziativa ha visto a Torre Suda: Alexey Gerasimov, head sommelier del ristorante italiano Gianni a Tallinn in Estonia; il giornalista svedese Anders Levander, già conquistato dai vini e dalla bellezza della costa amalfitana e adesso anche dalla salentinità; Jouni Olkkonen capo sommelier al BW Restaurants in Finlandia; Lene Hakonsen, head sommelier all’Olivia Restaurant di Oslo in Norvegia; Angelo Ruggero, beverage director del Becco, uno dei più amati ristoranti newyorkesi di proprietà di Joe Bastianich; Nica Heel, director del Marcati Hotel Group in Austria; Carine Patricio, sommelier al famoso Au Quai Restaurant in Germania; Meritxell Falgueras, miglior sommelier di Spagna e wine and food writer per La Vanguardia; Sandrella El Hayek, head sommelier a La Serre, Bistro&Boulangerie di lusso a Dubai; Christopher Tocci, manager del ristorante Water&Wine in New Jersey e Matias Vergara, head sommelier presso l’eccentrico nuovo ristorante “Cavalli” di Miami. Gli ospiti, accompagnati da Loren-
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zo Zonin e Aldo Maria Reho, tra un tuffo e un bagno tra migliaia di pesci nel mare cristallino di Torre Suda, hanno degustato sulle terrazze del “Solatio” le pregiate orate alla griglia e sorseggiato gli ottimi vini di Casa Zonin. A stupire gli ospiti eccellenti è stato il gelatiere Roberto Donno di DolceArte di Cutrofiano che ha presentato il sorbetto d’orata RehoMare. Gastronomy Experience is a new concept promoted by the Zonin Wine House in order to improve the italian culinary excellence, which has experienced an important moment in Torre Suda, where operators of communication and international restaurateurs have known closely, the modern RehoMare offshore installation where shadow-fishes, white breams, sea breams and sea bass are breed in a pristine environment, the realm of oceanic Posidonia.
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Roberto Donno e Lorenzo Zonin
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Il comandante della nave:
SIGNORE DOPO DIO di Salvatore De Michele
l comandante della nave rappresenta l’istituzione più suggestiva tra gli istituti speciali previsti dal diritto marittimo. Preposto dall’armatore al vertice della gerarchia di bordo mediante contratto di arruolamento avente natura privatistica, diviene automaticamente destinatario di una serie di funzioni statuali proprie dello Stato di bandiera. Capo della comunità viaggiante costituita dal gruppo di persone che vivono a bordo sulle quali egli esercita la sua autorità, è definito Maitrè après Dieu per l’esclusività e l’ampiezza dei poteri che la legge gli conferisce. Ritenuto da alcuni pubblico ufficiale in relazione all’esercizio di talune specifiche funzioni pubbliche, è tenuto all’obbligo di prestare giuramento di fedeltà alla Repubblica all’atto di assunzione del comando di una nave e all’osservanza delle leggi dello Stato e delle norme internazionali recepite nell’ordinamento giuridico di questo stesso Stato.
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Funzioni di stato civile Morti, matrimoni in imminente pericolo di vita, testamenti, scomparizioni in mare, sono eventi che trovano tutela nella normativa contenuta nel codice della navigazione e il comandante della nave, in tali ipotesi, è chiamato, in adesione a quanto prescritto dall’articolo 203 del codice della navigazione, a svolgere funzioni di ufficiale di stato civile.
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I relativi atti devono essere registrati sul ruolo d’ equipaggio ed annotati sul giornale generale e di contabilità, che è uno dei libri di cui si compone il giornale nautico. I comandanti delle navi minori e delle imbarcazioni da diporto, in quanto sprovvisti di libri di bordo, devono fare denuncia di detti atti all’autorità marittima competente e consegnare la relazione di eventi straordinari avvenuti in corso di navigazione. Matrimonio a bordo delle navi Previsto dall’articolo 204 del codice della navigazione, il matrimonio in imminente pericolo di vita può essere celebrato a bordo con le formalità di cui all’articolo 101 del codice civile; il quale prevede che, nel caso ciò riguardi uno degli sposi, l’ufficiale di stato civile può procedere alla celebrazione senza la pubblicazione e senza l’assenso, se richiesto, purché gli sposi prima giurino che non esistono tra loro impedimenti non suscettibili di dispensa. Il matrimonio in imminente pericolo di vita ha carattere di straordinarietà. Non è possibile celebrare a bordo matrimoni secondo il rito ordinario e gli eventi celebrativi di matrimoni organizzati da passeggeri a bordo di navi non hanno alcun valore giuridico: i protagonisti di tali eventi hanno già contratto matrimonio a terra secondo il rito normale, per cui si tratta solo di una festa matrimoniale. Scomparizione in mare È un fatto che, per le conseguenze che produce, deve essere certificato in maniera formale. L’articolo 206 del codice della navigazione prevede che quando una persona cade in mare senza rinvenimento di cadavere, il comandante della nave deve far constatare l’evento con processo verbale indi-
cando le circostanze della scomparizione e le ricerche effettuate, le testimonianze raccolte ed ogni altro elemento per individuare in modo certo la persona scomparsa. L’articolo 387 del regolamento al codice della navigazione stabilisce ancora che nei processi verbali di scomparizione da bordo per caduta in mare, il comandante della nave deve indicare se ricorrono gli estremi di morte presunta senza rinvenimento di cadavere, sulla base degli elementi raccolti. Alla scomparizione in mare di persone in conseguenza di un naufragio provvede l’autorità marittima competente o l’autorità consolare se il sinistro è avvenuto all’estero. Testamento a bordo delle navi Il nostro codice civile contempla due forme di testamento, quello olografo e quello per atto notarile. Quest’ultimo può essere pubblico o segreto. Il testamento reso a bordo di una nave in navigazione è un atto giuridico, previsto dall’articolo 611 dell’anzidetto codice, nel quale il comandante interviene in veste di pubblico ufficiale. L’atto ricevuto ha valore definitivo anche se perde efficacia tre mesi dopo lo sbarco del testatore in un luogo dove è possibile fare testamento nelle forme ordinarie. Durante il viaggio per mare il testamento può essere ricevuto dal comandante della nave o da colui che lo segue “ in ordine di servizio “,
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quindi dal comandante in II^, qualifica professionale che può essere presente a bordo di una nave passeggeri, o dal 1^ ufficiale di coperta. Il testamento deve essere redatto in doppio originale alla presenza di due testimoni e ricevuto nella forma del testamento pubblico di cui all’articolo 603 del codice civile, deve essere sottoscritto dal testatore, dalla persona che lo ha ricevuto e dai testimoni e se il testatore o i testimoni non possono sottoscriverlo, si deve indicare il motivo che lo ha impedito. Se la nave approda in un porto estero dove esiste un’autorità consolare, il comandante deve consegnare ad essa un originale e copia dell’annotazione, come dire un estratto del giornale di cui sopra vidimato dall’autorità consolare. Al ritorno della nave nello Stato i due originali del testamento o quello non depositato durante il viaggio, devono essere consegnati all’autorità marittima, insieme con la copia dell’annotazione effettuata sul giornale generale e di contabilità.
A reading of the appealing functions of the commander of a merchant ship - Maître après Dieu, for the powers granted to him by the maritime law - when it is in the conditions of having to perform duties as a public official for functions of marital status, disappearances in the sea, weddings and testaments on board.
IL PERSONAGGIO E IL MARE
The character who talks about his relationship with the sea - the environment, smells, tastes, an essential component from its fragrance to the winds, up to a long swim or the pleasant din of the crowded tourist summers - is Enrico Paolini, a professor of marketing tourism at the University of Teramo.
CITTÀ DI MARE, CITTÀ DA AMARE Il nostro direttore ha intervistato il professore Enrico Paolini l marketing non è una scienza, né tantomeno un’opinione pura e semplice. È un metodo d’approccio e gestione che nel caso del turismo appare ormai indispensabile. I prodotti turistici sono immateriali e di non facile definizione, e dunque soltanto un buon marketing ne può trasmettere la capacità attrattiva e vincente sui potenziali clienti e sui mercati internazionali. Risponde così, alla non semplice domanda su cosa sia il marketing, termine che probabilmente dovrebbe essere usato con maggiore consapevolezza, Enrico Paolini, docente di marketing turistico presso l’università degli studi di Teramo, con un curriculum che, in estrema sintesi, comprende giornalista, assessore al turismo della Provincia di Pescara e coordinatore degli omologhi assessorati d’Abruzzo, vice presidente dell’azienda di promozione turistica abruzzese, vice presidente della giunta regionale d’Abruzzo con deleghe a turismo e sport e coordinatore nazionale degli omologhi assessori, presidente vicario dell’Enit.
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Proprio con riferimento a tale incarico, non ultimo del non esaustivo elenco sopra riportato, gli chiediamo se valuta che l’Enit promuova efficacemente l’immagine del Paese,
o se le competenze regionali in materia turistica ne limitano l’azione. Il dibattito tra “regionalisti” e “centralisti” nel turismo è ultra decennale , basti pensare che più di venti anni fa il ministero esistente fu abolito per Referendum! Dunque il tema è la ricerca di un nuovo equilibrio tra Stato e Regioni, che eviti la illusione di passare da un eccesso locale ad un miope centralismo. Ritengo che i poteri devono essere riorganizzati da un Tavolo congiunto di Stato, Regioni ed imprese del settore. Questo triangolo virtuoso e faticoso da tenere insieme, deve dare la risposta più’ equilibrata, come noi tentammo nella prima riforma Enit del 2007 Si parla spesso di sviluppo e di turismo compatibili. Come si declina l’eco-turismo nella pratica quotidiana? L’ecoturismo è sicuramente la nuova frontiera a cui siamo chiamati in Italia e nel mondo. Fruire delle risorse ambientali in modo corretto e compatibile è un imperativo categorico dove ci sono Parchi o Riserve naturali istituite quasi sempre per il valore assoluto e scientifico dei beni o specie da proteggere. Un intelligente e consapevole utilizzo delle aree protette a fine turistico è possibile e per certi versi auspicabile. Si tratta di ideare piani di eco sviluppo per quei territori, con grande creatività e di avere poi il
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giusto profilo di marketing per attirare i clienti giusti. Comunque un’Area protetta non può che valorizzare un territorio. Si ha l’impressione che la presenza dei parchi naturali su di un territorio rappresenti più un astratto fiore all’occhiello che un’opportunità reale. Lei, che è stato membro della presidenza della Federazione Italiana dei Parchi, come ritiene tali presenze possano essere valorizzate concretamente? Direi che la risposta è nell’interpretazione autentica di un territorio e delle sue specialità. Le attività produttive ed economiche compatibili nascono da qui e sono originali dappertuttoPer concludere, qual è il suo rapporto con il mare? Pur essendo nato e vissuto fino a 18 anni all’ Aquila, città di montagna ubicata circa 3mila metri alle pendici del Gran Sasso, sono vissuto principalmente in una città di mare come Pescara a cui sono profondamente legato. Tutta la mia famiglia è di Pescara. Il mare è diventato per me una componente essenziale, dal suo profumo, ai suoi venti, fino alle lunghe nuotate o al frastuono gradevole delle affollate estati turistiche. Il mare è ambiente odori e sapori e, perché no, business.... Amo le città d’amare.
LEGGENDE DI PUGLIA
Castel del monte
E IL SACRO GRAAL ’uomo scese da cavallo, posò il ginocchio sinistro per terra chinando contestualmente il capo dinanzi ad una sacca di tela grezza appesa al pomo della sella, poi si alzò, diede un’occhiata intorno pur consapevole che gli armigeri avrebbero fatto rispettare l’ordine di non fare avvicinare alcuno, prese la sacca e si avviò con passo deciso. Davanti a lui si stagliava la struttura che aveva disegnato lui stesso, possente, a pianta ottagonale con torrette della stessa forma agli spigoli e il numero otto, “il segno dell’infinito rivolto al cielo” pensò tra sé e sé, che scandiva il numero delle finestre e delle sale dei due piani e delle scale a chiocciola che giravano in senso antiorario.
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Percorse velocemente la breve distanza che lo divideva da una scalea, si fermò ad osservare il leone di marmo che dall’alto di un capitello guardava in direzione del sole che stava sorgendo in quel solstizio d’estate del 1250 e che vigilava il portone, inquadrato da un frontone cuspidato, di cui varcò la soglia. Il luogo, da cui erano stati allontanati tutti gli occupanti, era silenzioso, salvo lo stormire lontano degli ulivi. Ogni tessera del mosaico del pavimento, telamone, bassorilievo di marmo, arredo di alabastro, mensola antropomorfa, giglio mimetizzato in una voluta di pietra, volto in guisa di chiave di volta, ave-
Among the legends surrounding Castel del Monte, it is told that according to which Frederick II built this templefortress in order to preserve, in a secret and inviolate ambient to this day, the Holy Grail.
va un significato preciso, ma lui non aveva bisogno di alcun riferimento. Giunse nel luogo che segnava esattamente la mezzeria della linea energetica cosmotellurica che univa la cattedrale di Chartres con la piramide di Cheope, posò per terra la sacca, si genuflesse, estrasse quello che all’apparenza era un calice opaco e che invece rappresentava il Sacro Graal. Quando, qualche tempo dopo, uscì dal tempio, non aveva più la sacca. Fece segno agli armigeri di tornare nel tempio-fortezza e fu salutato alla voce: “Es lebe unser kaiser Friederich der zweite”. Lunga vita al nostro imperatore Federico II.
Giunse nel luogo che segnava esattamente la mezzeria della linea energetica cosmotellurica che univa la cattedrale di Chartres con la piramide di Cheope, pos per terra la sacca, si genu esse, estrasse quello che all ’apparenza era un calice opaco e che invece rappresentava il Sacro Graal. Francesco De Lorenzis
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Mediterraneo cultura da riscoprire
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ello scorso numero di questa rivista si è accennato alle opere elaborate dagli allievi del Liceo Artistico “Ciardo - Pellegrino“ di Lecce che partecipano al Progetto didattico “Mediterraneo cultura da riscoprire”. Quell’unica immagine che corredava il brevissimo testo non è passata inosservata e la redazione ha colto di buon grado la richiesta di dare spazio alle opere nate dall’amore per il nostro territorio, penisola circondata dal mare. Mare inteso come spazio di scambio tra culture differenti, hanno sottolineato i docenti responsabili del progetto - Enzo De Giorgi, Paola Pascariello, Nicola Refolo e Carmelo Fiorentino Tau – che hanno aderito alla richiesta e fornito le immagini, corredate della breve nota che segue.
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“Il “Mare Nostrum” che ha sempre affascinato per i miti, per la storia di popoli antichi come i Messapi, i Greci, i Latini... fino a toccare eventi contemporanei di immigrazione di popoli in cerca di accoglienza, è un instancabile ispiratore di scrittori ed artisti. Data la vastità degli aspetti culturali che il progetto presenta, si è programmato il percorso didattico con l’obiettivo di fare ri-scoprire agli alunni il “mare nostrum” con il filtro dell’arte, della biologia, dell’archeologia marina e dello sport.Si parte dunque dai saperi e dalla sensibilizzazione degli alunni alla tutela e alla salvaguardia del paesaggio. La Biologia Marina è il tema scelto nel corso dell’anno scolastico 2013-2014; gli alunni di diverse classi hanno scelto alcune specie marine del Mediterraneo per elaborarle in prodotti artistici secondo il loro estro creativo. La conoscenza è stata supportata dagli incontri con Ferdinando Boero professore di Biologia Marina dell’Università del Salento, Alberto Gennari illustratore delle specie marine in importanti riviste scientifiche, Alessandra Bray presidente dell’associazione “Puglia & il mare”, Anna Maria Miglietta responsabile del museo di Biologia Marina di Porto Cesareo. Con questa attività è maturata l’idea che l’arte, quando entra in relazione con la conoscenza della natura e con la scienza, può essere un efficace strumento per comprendere meglio gli aspetti della nostra realtà e contribuire a migliorarla”.
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The works featured in this publication have been created by the students of the Arts High School”Ciardo-Pellegrino” in Lecce, the result of an interdisciplinary work that has used the various contributions, primarily in marine biology, functional to put art in relation with the nature and the science, for making a better understanding of the reality of the “Mare nostrum”.
Pubbliredazionale
Un albergo per tutte le stagioni sul mare di Gallipoli
VICTORIA PALACE HOTEL&SPA Aprirsi al territorio, interagire con la popolazione dell’ambito che lo accoglie e favorire l’integrazione tra ospiti e residenti: è la mission del Victoria Palace Hotel e per darle piena attuazione la direzione dell’accogliente struttura – 4 stelle sulla brochure – promuove un potenziamento dei servizi in costante evoluzione. A cominciare dal centro benessere, passando per la palestra e per il ristorante per giungere al lounge bar in fase d’allestimento (un ampio locale affacciato sul verde che abbraccia l’azzurro della piscina), tutto è “aperto al pubblico”. Pubblico dei clienti? Certo, ma questa è la norma. Non solo dei clienti, però. È questa è una sorta d’innovazione che rinnega la troppo diffusa filosofia dell’albergo inteso come turris eburnea chiusa al mondo circostante. Il Victoria Palace Hotel è aperto all’interazione sociale, in primis, ma anche a chi decida da passare una bella giornata immergendosi tra tesori d’architettura e d’arte del centro storico di Gallipoli
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e voglia disporre di una camera come punto d’appoggio – camera-comfort per riposo pomeridiano, doccia, cambio d’abito – senza necessariamente pernottare, magari perché proveniente dall’entroterra. Insomma, è il day-use che sta conquistando sempre nuovi aderenti perché espressione della vacanza breve e rilassante vissuta in assoluta libertà. Il day-use può per altro articolarsi in combinazioni diverse. Perché nel pacchetto che ciascuno costruisce a misura delle proprie esigenze del momento, vi possono essere il percorso benessere nella Spa, il pranzo o la cena presso il ristorante, il massaggio e così via. Ogni attività del Centro benessere è espressione di uno stile di vita (Zen, se volete) che mette il benessere fisico e l’equilibrio psicofisico della persona al centro dell’attenzione: piscina coperta riscaldata, idromassaggi, sauna, bagno turco, docce emozionali ed altro e, peculiari, la “stanza del sale” e la “vasca del galleggiamento” con solfato di magnesio (e quando la luce dell’ambiente
scolora in buio, la deprivazione da stimoli sensoriali assicura il relax totale). C’è anche la possibilità di abitare nella Spa-suite, in costanza di quelle che sono le caratteristiche delle camere: spaziose, funzionali, arredate con eleganza, ognuna dotata di servizi privati, televisore, cassaforte, frigobar, telefono, collegamento gratuito con internet, cli-
matizzazione con controllo termostatico (e questa è la dotazione minima). Funzionale al centro wellness è il ristorante, che assicura una cucina sana ed equilibrata, senza tuttavia – ed è importante, eccome – rinunciare per nulla al gusto, quale è assicurato dalla scelta degli ingredienti (qualità a chilometro zero) e dalla perizia dello chef. Un accenno, infine, merita il fatto che l’albergo dispone di una propria spiaggia attrezzata e ricca di servizi, denominata Zen Beach (nel rispetto dello stile anzidetto), raggiungibile in pochi minuti con il mezzo navetta a disposizione degli ospiti (anche per raggiungere il centro storico). Si ritrovano i motivi per i quali le spiagge di Gallipoli hanno ottenuto il riconoscimento della Bandiera Verde: sabbia finissima e bianca e fondale basso che aumenta con leggera progressione in un mare cristallino cangiante dall’acquamarina, allo smeraldo e al topazio blu. Stile, eleganza e confort. È un impegno costante della direzione e dello staff dell’Hotel per conseguire l’obiettivoprincipe: la soddisfazione del Cliente.
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NEWS La Puglia ha aderito alla Carta di Bologna.................................................................................................................... 46 Flotta verde per la Marina Militare Italiana.................................................................................................................. 46 Giovanni Rizzo | Costa Concordia: siamo noi ad inchinarci..................................................................... 47 Energia dai mari Europei.................................................................................................................................................................. 48 Turanor: il potere del sole................................................................................................................................................................ 48 European Cooperation Day............................................................................................................................................................ 49 Algopack: la “plastica” naturale.................................................................................................................................................. 49 Giovanni Nuzzo | Tornano i maestri d’ascia................................................................................................................ 50 Paola Apollonio | Diventare “Costruttori del mezzo navale” ................................................................... 51
GIOVANNI RIZZO Docente emerito di Navigazione negli istituti Nautici
GIOVANNI NUZZO Docente presso i licei scientifici, giornalista e appassionato di mare
PAOLA APOLLONIO Dirigente dell’Istituto Nautico Amerigo Vespucci di Gallipoli
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AUGUSTO BENEMEGLIO Scrittore e poeta, ufficiale emerito del Corpo della capitanerie di porto
ALESSANDRO MAGNI Passione antica per la fotografia e per Gallipoli
SPORTA A Felline nel Borgo del Buon Vivere.................................................................................................................................... 52 Quando il boccale di vino è tutto d’oro............................................................................................................................ 54 All’Arthotel Lecce Massimo Bottura chef stellato per beneficenza................................................... 54
Panorama CAPITANI DI MARE | Augusto Benemeglio | L’onore di Carlo Fecia di Cossato.......... 55 IL CAVALLETTO | Radici marinare nell’opera di Antonio Sodo....................................................... 57 I CLIK di Alessandro Magni......................................................................................................................................................... 58 IL NUMISMATICO | L’Italia sul mare del 1911.................................................................................................... 59 La musa | Giuseppe Leopizzi | L’altro mare........................................................................................................... 59 IL TAGLIACARTE | “Thalassa” di Fabio Fiori.......................................................................................................... 59 L’avvocato | Rodolfo Barsi | Profili giuridici dell’immigrazione clandestina............. 60 MUSICHE DAL MEDITERRANEO | Enrico Tricarico | Sepharad................................................... 61 MOUSE | www.marescienza.it....................................................................................................................................................... 61
VELE & SCIE Rita de Bernart | Volare alti sulle onde............................................................................................................................. 63 Rotary Cup classica di fine estate............................................................................................................................................. 64 Camillo De Donno | Una gara di pesca per non-vedenti e ipovedenti........................................... 64
RODOLFO BARSI Avvocato esperto in diritto demaniale
ENRICO TRICARICO Pianista, compositore e direttore d’orchestra
ALFREDO ALBAHARI Docente emerito di Navigazione negli istituti Nautici
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RITA de BERNART Coltiva la passione per scrittura e giornalismo
CAMILLO DE DONNO Giornalista appassionato di mare
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e zone costiere vanno considerate come ambiti strategici per uno sviluppo sostenibile e armonico dei popoli e dei territori dell’intera area Mediterranea.
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La frase che precede può considerarsi una premessa ai contenuti della “Carta di Bologna”, documento che ha preso il nome dal luogo in cui fu redatto nel 2007, che impegnava le “regioni” europee aderenti, allo sviluppo sostenibile e alla protezione delle coste del Mediterraneo. Condiviso a Bruxelles e divenuto “Carta di Bologna 2012”, il documento rileva che, malgrado la valenza, proprio le zone costiere rientrano fra le aree territoriali dell’Unione europea maggiormente minacciate dagli effetti dei cambiamenti climatici e la situazione è specialmente critica nelle zone costiere sempre più densamente popolate del Mediterraneo. L’Unione ha inoltre valutato che, per ottenere effetti concreti ed efficaci nel tempo a scala di bacino sulle tematiche sopra ricordate, occorre intraprendere un’ iniziativa di largo respiro in grado di raccogliere l’adesione dell’insieme delle Amministrazioni costiere. Alle potenziali aderenti, per centrare l’obiettivo di
LA PUGLIA HA ADERITO ALLA CARTA DI BOLOGNA protezione, gestione e adattamento ai cambiamenti climatici delle zone costiere del Mediterraneo, propone i seguenti interventi: costruire una rete di collaborazione fra gli Osservatori costieri esistenti, favorendone la costituzione laddove mancanti, per rilevare quantitativamente lo stato del fenomeno erosivo e del rischio di ingressione marina lungo le coste del Mediterraneo; individuare, caratterizzare e promuovere l’uso sostenibile della risorsa strategica costituita dai depositi sedimentari costieri e sottomarini nel Mediterraneo; promuovere l’uso sostenibile della risorsa strategica costituita dal territorio costiero nonché strumenti di pianificazione territoriale integrati; progettare e realizzare, coerentemente con i processi di pianificazione integrata sopra descritti,
FLOTTA VERDE PER
LA MARINA MILITARE ITALIANA on riguardano soltanto il profilo estetico ed aereodinamico, le innovazioni che stanno interessando in maniera sempre più evidente le unità navali militari italiane. La Marina Militare Italiana ha infatti reso noto che il pattugliatore “Foscari”, utilizzando “gasolio verde” sia per la navigazione, sia per i generatori elettrici, è diventata la prima unità navale della “Flotta verde”, una formazione di unità navali che entro un paio d’anni dovrebbe essere alimentata con il 50 per cento di energia ricavata da fonti alternative al petrolio. Il “green diesel” è un combustibile bioderivato da fonti sostenibili con
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interventi strutturali sulle coste del Mediterraneo. Nel dicembre scorso, la Regione Puglia ha sottoscritto la “Carta”, dopo avere valutato estremamente efficace il progetto “Shape” (Shaping an Holistic Approach to Protect the Adriatic Environment: between coast and sea), finanziato nell’ambito del Programma di cooperazione territoriale europea 20072013 che mira a creare le basi per la protezione e lo sviluppo sostenibile dell’ambiente marino-costiero adriatico. “Il risultato”, ha commentato l’assessore al Mediterraneo, Cultura e Turismo Silvia Godelli, “è la definizione d’una metodologia comune per implementare le diverse fasi ed i principi della gestione integrata della costa e della pianificazione dello spazio marittimo a tutta l’area, sia per la parte italiana che per quella balcanica, che si collega alla sottoscrizione e al rispetto della Carta di Bologna 2012. La Puglia, nell’aderire ufficialmente alla Carta, intende sottolineare il proprio impegno a tutelare la qualità delle coste e dello spazio marino nella Regione Puglia e a supportare anche la sponda orientale nella strategia di crescita e di sviluppo sostenibile della Regione Adriatica”.
l’impiego di tecnologia Eni, compatibile con i motori esistenti senza bisogno di alcun accorgimento e perfettamente rispondente alle specifiche Nato. L’obiettivo dei Paesi dell’Alleanza è diminuire la dipendenza dal petrolio, che si traduce in dipendenza da Paesi a forte instabilità socio-politica, e contenere le emissioni di inquinanti e gas serra. Su tale versante, la MM è prima in Europa, atteso che nel 2020 scatterà l’obbligo di utilizzo di “gasolio verde” per una frazione del 10 per cento, dimostrando concretamente il proprio impegno in favore delle problematiche ambientali.
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COSTA CONCORDIA: SIAMO NOI AD INCHINARCI! olto si è detto e scritto a proposito della nave, ma noi, cultori del mare e delle sue bellezze, siamo obbligati a tesserne le lodi perché abbiamo nel cuore un dolore che, come per tutte le tragedie del mare che potevano essere evitate, non può essere cicatrizzato. Povera nave! Volevi tributare un inchino all’Isola? Galeotto fu quel comandante che volle farti passare attraverso due scogli radenti, distanziati appena 60 metri, a 150 metri dalla riva, non tenendo conto della tua lunghezza e della tua lentezza nell’evoluzione e, soprattutto, dimenticando le 5000 persone a bordo. La conoscenza degli elementi evolutivi costituisce una caratteristica tecnica della nave ed è importante il loro studio (vero comandante?) soprattutto quando per una causa qualsiasi sorge la necessità di manovrare opportunamente per evitare una possibile collisione o un qualsiasi ostacolo. Una volta che si mette il timone alla banda la nave muta la sua traiettoria rettilinea ed inizia quel processo di rotazione caratteristico di una traiettoria denominata “ curva di evoluzione”. La nave avanza con la prua verso l’interno della traiettoria e la poppa verso l’esterno. Per il moto curvilineo si manifesterà una forza centrifuga che farà sì che la nave sbandi dal lato opposto a quello d’inclinazione del timone. È questo 1’inchino che ti volevano fare tributare all’Isola? Passando tra due scogli e non a distanza di sicurezza dalla terraferma? Che strazio nel vederti, gigante moribondo, su di un fianco immersa nell’acqua.
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Quanta tenerezza in noi che ti osservavamo graziosa signora del mare, tu abituata a solcare i mari del mondo con l’eleganza di una diva facendo vivere intense emozioni, tu altezzosa, bellissima anche con una fiancata orrendamente mutilata, apparivi a chi ti osservava una Regina alla fine dei tuoi anni, ma pur sempre una Regina. DOPO DUE ANNI DI QUARANTENA, GRANDI SONO STATI IL CORAGGIO E LA BRAVURA DEI NOSTRI TECNICI VERSO UN’OPERAZIONE DI RADDRIZZAMENTO EMERSIONE - NAVIGAZIONE. E abbiamo potuto dire nuovamente: …e la nave va! Sì, perché ti sei messa in moto senza le tue forze, aiutata come una convalescente, ormai ammalata terminale, a compiere l’ultimo tragitto della tua vita.
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di Giovanni Rizzo L’entrata nel porto di Genova coincide con la vera tua morte. Sei ritornata nel punto di partenza, nel cantiere in cui sei nata. Qui ti toglieranno tutto il superfluo per poi accompagnarti ancora una volta, muta e silenziosa, col tuo solo corpo-scafo al camposanto vero e proprio, cioè nel bacino di carenaggio a secco, proprio quello che ti ha visto nascere, per essere del tutto frantumata in ogni tua componente. Nel cantiere, in demolizione, perderai la bellezza a poco a poco. Col passare dei giorni non ti conosceranno più neanche gli addetti ai lavori, ci saranno tanti volti tristi e noi saremmo tra questi, se non fossimo convinti che anche in punto di morte ti sei resa utile perché, in questi tempi di dura ristrettezza economica, hai dato lavoro a tanti operai e un poco di serenità alle loro famiglie e ai loro bambini. I nostri cuori si inteneriscono. Addio bellezza dei mari!
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a Commissione Europea ha presentato un nuovo piano d’azione volto a facilitare lo sviluppo del settore dell’energia oceanica rinnovabile in Europa. Il piano d’azione deve contribuire a condurre il settore nascente dell’Energia blu verso la piena industrializzazione. L’energia oceanica include tutte le tecnologie per la raccolta delle energie rinnovabili provenienti dai mari e dagli oceani, ad eccezione dell’energia eolica offshore. Il suo sfruttamento dovrebbe contribuire alla decarbonizzazione dell’economia dell’UE e fornire all’Europa un’energia rinnovabile sicura e affidabile. Le risorse energetiche oceaniche disponibili a livello mondiale superano il nostro fabbisogno energetico attuale e futuro. Esse potrebbero essere raccolte in molte forme, ad esempio attraverso l’energia del moto ondoso e l’energia mareomotrice. Lo sfruttamento dell’energia oceanica faciliterebbe la conversione dell’UE verso un’economia a bassa emissione di carbonio e, riducendo
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ENERGIA DAI MARI EUROPEI
la sua dipendenza dai combustibili fossili, migliorerebbe la sicurezza energetica. L’energia oceanica potrebbe contribuire a bilanciare la produzione di energia proveniente da altre fonti rinnovabili, quali l’energia eolica e l’energia solare, per garantire un approvvigionamento globale costante della rete con energie rinnovabili. L’energia oceanica offre inoltre il potenziale per
la creazione di nuovi posti di lavoro, altamente qualificati, in particolare nelle zone costiere dell’Europa spesso caratterizzate da elevati tassi di disoccupazione. Nonostante il suo incontestabile potenziale, questo nuovo promettente settore deve confrontarsi con una serie di sfide al fine di produrre benefici significativi in termini economici e ambientali e divenire competitivo rispetto alle altre modalità di produzione di energia elettrica: i costi tecnologici sono elevati e l’accesso ai finanziamenti risulta difficile; sussistono notevoli ostacoli infrastrutturali, tra cui i problemi di collegamento alla rete o l’accesso ad adeguate strutture portuali e a navi specializzate; esistono barriere amministrative, tra cui complesse procedure di autorizzazione e di licenza, che possono ritardare i progetti e aumentare i costi; esistono infine problemi ambientali, tra cui la necessità di intensificare la ricerca e di disporre di migliori informazioni sugli impatti ambientali. (Da: News scenari europei Europuglia)
TURANOR: IL POTERE DEL SOLE i chiama “Turanor” la più grande imbarcazione ad energia solare fino ad ora realizzata. Ideata e finanziata da un gruppo di imprenditori svizzeri riuniti nella società PlanetSolar, è stata realizzata a Kiel, in Germania. È un catamarano lungo oltre 30 metri, largo la metà e alto circa 7, che può viaggiare alla velocità di circa 14 nodi e può trasportare 40 passeggeri. L’alimentazione è fornita da pannelli solari che coprono una superficie complessiva di circa 500 metri quadrati e che producono e accumulano un’energia in grado di farlo navigare anche di notte. La “Turanor”, nome tratto dai racconti di Tolkien traducibile come “Il potere del sole”, ha superato con successo la prova della circumnavigazione del mondo e, dopo alcuni accorgimenti tecnici, dovrebbe essere utilizzata per crociere nel Mediterraneo.
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EUROPEAN COOPERATION DAY l Programma di Cooperazione Territoriale Europea “Grecia-Italia 2007-2013” ha partecipato alla celebrazione della Giornata Europea della Cooperazione con l’evento intitolato “Proteggere il nostro ambiente ci unisce”, organizzato in Grecia e in Italia, rispettivamente a Ioannina e a Tricase. La Regione Puglia infatti, insieme con il Centro Internazionale di alti studi Agronomici Mediterranei, intende sviluppare azioni lungo la zona di Tricase Porto, con l’obiettivo di illustrare l’esperienza di sviluppo territoriale che la piccola comunità costiera nella zona di Tricase ha intrapreso, ponendo le basi per lo sviluppo integrato di un programma che si concentra sull’ambiente visto come contesto socio-economico, culturale e scientifico. E proprio Tricase Porto è stata la location in cui sono state illustrate le iniziative progettuali in tema di difesa dell’ambiente, che stanno caratterizzando il territorio e il lancio di piccolo palloncini colorati con il logo dell’evento, come simbolo della cooperazione. I progetti di cui si è trattato sono stati finanziati sia con il Programma Grecia-Italia (promozione e valorizzazione della cultura marittima comune nonché il miglioramento di governance, gestione e sostenibilità delle aree protette costiere e rurali); sia con altri strumenti finanziari (monitoraggio della biodiversità attraverso un approccio di “citizen science” per risolvere problemi ambientale e percorso di valorizzazione della pesca azzurra). Partner comune, l’associazione “Magna Grecia Mare” che ha illustrato il progetto di promozione dell’imprenditoria e dell’occupazione giovanile incentrato sul veliero “Portus Veneris”.
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ALGOPACK®, LA “PLASTICA” NATURALE ’è un’alternativa alla plastica, notoriamente ricavata dal petrolio con tutti i conseguenti costi ambientali, oltre che economici legati al prezzo del petrolio, basti pensare alle isole di plastica che continuano a formarsi nei nostri mari e nei nostri oceani.
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riva dell’oceano. La formula messa a punto dall’ideatore, l’ingegnere Remy Lucas, è ovviamente segreta, ma il risultato finale è del tutto evidente ed apprezzabile: un materiale naturale, totalmente biodegradabile, prodotto senza bisogno di utilizzare pesticidi, fertilizzanti e acqua
Per ridurre l’inquinamento da plastica in mare e a terra, l’azienda francese Algopack che ha sede nella nota località di Saint-Malo, in Bretagna, ha brevettato e messo in commercio un materiale rigido realizzata utilizzando al cento per cento macroalghe marrone raccolte sulla
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necessari quando si tratta di prodotti alternativi alla plastica tradizionale, che per altro in taluni casi dovrebbero essere sottratti al consumo umano. Il nuovo materiale ha già trovato vaste applicazioni in settori che prima erano di dominio assoluto della plastica, dai contenitori per farmaci e cosmetici ai porta bottiglie, ai vasi per piante, a sostegni di vario tipo ed altro. Naturalmente, la produzione rappresenta, al momento, una goccia in un mare di plastica ricavata dal petrolio. È un inizio, però, ed ha accelerato ricerche e investimenti in vari Paesi.
NEWS
COSTRUIRE BARCHE, UN’ART Salvare un’arte in via d’estinzione
TORNANO I MAESTRI D’ASCIA di Giovanni Nuzzo er non fare morire l’attività professionale delle costruzioni navali da diporto e pesca, è stato avviato a Marittima, frazione del Comune di Diso situato in provincia di Lecce, un corso di formazione destinato ai giovani che intendono imparare un antico mestiere e allo stesso tempo avere un’opportunità in più in campo lavorativo. Il laboratorio avviato dall’agenzia formativa di Scorrano “D. Anthea” presieduta da Antonio Ruggeri e da project management Silvia Nascetti vede impegnati numerosi giovani d’età compresa tra i 16 e i 29 anni. Il percorso intende avvicinare gli allievi ad una forma d’arte, che è alla base dei cantieri nautici per la realizzazione di barche in legno. Il corso si svolge presso il cantiere dei fratelli “Frassanito” con il noto maestro d’ascia, Antonio, ultimo dei tre fratelli, esperto del mestiere per avere appreso da suo padre e dallo zio Tommaso tutti i segreti dei natanti. Il bravo maestro illustra tecniche di costruzione navale per la realizzazione e il varo di natanti in legno. Negli anni scorsi, l’attività nel territorio salentino era una professione di spicco con i maestri d’ascia che rappresentavano dei veri e propri ebanisti dei vari tipi di legname. Il corso punta a fare acquisire ai corsisti capacità atte a sagomare, montare le componenti in legno dei natanti, così da potere effettuare la manutenzione di imbarcazioni da diporto, comprese le riparazioni delle diverse tipologie di barche a motore e a vela. Le attività formative si articolano in complessive 1200 ore tra lezioni teoriche, consulenza e stage. Tutor dell’area didattica è Sonia Negro, la quale segue i giovani, oltre che sul cantiere nautico “Frassanito” di Marittima, anche nei cantieri navali “Magno” di Gallipoli e nei laboratori “G.P. Pasca Micke” e Pasca “Salvatore Giorgio” di Melpignano.
Ora, giovani e organizzatori sperano nel supporto della Regione Puglia, perché anche per il prossimo anno i corsi possano continuare a formare le giovani leve e contestualmente mantenere viva questa vera e propria arte, che sa ancora ispirare i giovani dotati di tanta passione e forti motivazioni.
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NEWS
TE TRA PASSATO E FUTURO Una proposta dall’Istituto Tecnico “Vespucci” di Gallipoli
DIVENTARE “COSTRUTTORI DEL MEZZO NAVALE” di Paola Apollonio nutile dire che la realtà contingente è tale da far temere seriamente per il futuro lavorativo dei nostri ragazzi. Abbiamo, quindi, il dovere morale di creare nuove e diverse opportunità di sviluppo senza però perdere di vista l’anima propria del territorio. Il mare è dunque il nostro più grande alleato. L’Istituto Tecnico Vespucci di Gallipoli è una sintesi di ciò che potrebbe essere il futuro dei nostri ragazzi “fare impresa con il turismo nautico”. Ma l’Istituto Vespucci fornisce al territorio tutti i profili tecnici necessari? In realtà c’è un grande assente ed è proprio l’aspetto legato alla cantieristica. Nel Salento la densità di imbarcazioni è decisamente alta ma la i tecnici con profili professionali coerenti non ci sono. Sono anni che se ne parla ma come creare sviluppo nel settore nautico e turistico senza la cantieristica? È ormai irrimandabile la formazione di profili professionali con solida preparazione culturale di base, con conoscenze e metodi di lavoro funzionali alla progettazione, costruzione, riparazione e trasformazione di navi e galleggianti. Per fare da volano allo sviluppo dell’economia del territorio è necessaria una sinergia tra figure tecniche di alto livello professionale che mettano in gioco competenze nel campo dell’organizzazione aziendale e controllo della produzione, nel campo del turismo della nautica e della cantieristica. Sinergie in grado di far interagire competenze maturate dalle conoscenze relative a statica e dinamica della nave, relative ai materiali e alle tecnologie di costruzione della nave, all’impiantistica di bordo, alla progettazione strutturale, anche con strumenti avanzati, e non ultime alla organizzazione e la gestione dei cantieri. Gli sbocchi professionali di un tecnico della “costruzione del mezzo navale” sono molteplici e riguardano numerosi settori quali ad esempio: studi di progettazio-
ne navale e disegno, cantieri navali, libera professione come perito nel settore delle costruzioni navali, perito tecnico dei registri navali. Inoltre un tecnico della “costruzione del mezzo navale” possiede un’adeguata preparazione per proseguire gli studi nelle università a carattere tecnico-scientifico. Compito della scuola oggi non è più solo quello di istruire, di formare ed educare, di fornire gli strumenti fondamentali per accrescere, approfondire e modificare le conoscenze, senza accontentarsi di trasmettere agli studenti solamente un bagaglio di nozioni, non basta più attuare semplicemente il dettato costituzionale, assicurando il diritto all’istruzione e all’obbligo scolastico, oltre che garantendo le condizioni affinché questo si realizzi; compito della scuola oggi è anche pensare – progettare – costruirev il futuro per i nostri studenti.
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AL MERCATO DELLE GOLOSITÀ CON...
La Sporta A FELLINE NEL BORGO DEL BUON VIVERE Piatti & Piatti
TROCCOLI DI GRANO ARSO CON DELIZIE DEL MARE ALLA PASSATA DI POMODORO GIALLO
TAGLIATELLE DI CECI CON RICCIOLI DI SEPPIA E VONGOLE
IL MULINO DI ALCANTARA Ristorante
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Felline Officina Turistica BUON VIVERE? SIGNIFICA MOLTO, A FELLINE. Significa immergersi in un borgo che ha conservato il valore dell’accoglienza e un’anima da scoprire mentre si passeggia per vicoli che non hanno preteso di cancellare l’impronta del tempo, ammirare antichi edifici come il castello baronale, fermarsi sorpresi dall’ascoltare voci di bambini impegnati in giochi dimenticati, respirare il profumo della campagna, dimenticato anch’esso, che porta con sé sentori marinari. Significa anche gastronomia – tutti i salmi finiscono in gloria, ricorda la saggezza popolare – atteso che le prelibatezze dell’arte della cucina, ricca dei sapori e dei profumi delle produzioni agricole e orticole locali, sono rese attuali da preparazioni rispettose della genuinità e del gusto. Accoglienza e gastronomia da valorizzare come meritano e come ha deciso di fare l’associazione “Felline Officina Turistica” di operatori attivi proprio in questo settore. Quelli della ristorazione si presentano con i piatti che si possono apprezzare nelle immagini di queste pagine (per sapori e fragranze, Felline vi attende); quelli dell’accoglienza – denominatore comune professionalità, cordialità, comfort, raffinatezza – sono l’affittacamere “Camere a sud” ed i Bed and Breakfast “Dolce Felline”, “Felline INN B&B” e “Porta Terra”. L’associazione, forte di sentirsi e di essere parte del Borgo, si è fatta anche carico della promozione tanto del luogo, con corsi di cucina e rassegne musicali, quanto del territorio più ampio, rispetto al quale Felline beneficia di una posizione abbastanza centrale. Una curiosità da soddisfare, infine, è il nome “Felline Officina Turistica”. Risponde al quesito Marta Cesi, presidente dell’associazione: “Abbiamo ripreso l’etimologia del nome Felline, che secondo l’ipotesi più accreditata deriva da “figlinae”, ossia officine di quell’arte figula che produceva le anfore necessarie per conservare e movimentare le eccedenze agricole. Noi vogliamo ricreare quel laboratorio creativo, attualizzandolo”.
LA CULTURA DEL BUON BERE CON GUSTO
ANTICO MONASTERO Trattoria - Pizzeria
VITE COLTA - ENOTECA DEIAGRE Eno-Gastronomia
a cura di Nunzio Pacella
BOMBETTA DI SCOTTONA ALLE ERBE MEDITERRANEE
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QUANDO IL BOCCALE DI VINO è TUTTO D’ORO antina Coppola si è aggiudicata, per il secondo anno consecutivo, il “Premio Douja d’or” promosso da quasi mezzo secolo della camera di commercio di Asti. Douja, nel dialetto piemontese, è l’antico boccale di vino che è stato scelto per simboleggiare il Premio, è stato assegnato al “Li Cuti Alezio Doc 2012”. Molteplici i motivi di soddisfazione di Giuseppe Coppola e dell’enologo dell’azienda, Giuseppe Pizzolante Leuzzi, per il riconoscimento: il prestigio del Premio, che la lunga tradizione ha reso di riferimento internazionale; la conferma di un primato che si evidenzia tutt’altro che episodico, atteso che lo scorso anno s’impose lo stesso Doc, produzione 2011; l’autorevolezza della giuria, composta di esperti e tecnici dell’Onav-Organizzazione Nazionale Assaggiatori di Vino. Come si spiega il primato di questo nettare di grappoli di negroamaro del vigneto Li Cuti, vero e proprio cru coltivato dalla famiglia Coppola fin dal 1489? “Profumo vivace, ampio, ricco, con sentori di mora e prugna e sapore caldo, ricco, generoso e vivo, dai toni evoluti”. E scusate se è poco.
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All’Arthotel Lecce, Massimo Bottura Chef stellato per beneficenza rthotel & Park Lecce by Clarion Collection è stato palcoscenico, lo scorso 6 luglio, di: “Stelle del Gusto per Giorgia”, evento di beneficenza ideato e promosso in collaborazione con l’executive chef dell’Arthotel Alessio Gubello e teso a contribuire alla raccolta di fondi pro Giorgia, bimba leccese di 5 anni, affetta da una rarissima anomalia cellulare che necessita di un rischiosissimo e molto costoso trapianto multi-organo da effettuarsi in America. Nel meraviglioso giardino dell’Arthotel, è stata servita la cena, elaborata da quattro chef stellari - Massimo Bottura (accompagnato dal suo assistente Takahiko Kondo), Giuseppe Di Iorio, Alessio Gubello e Simone De Siato. L’intero ricavato della serata è stato devoluto all’associazione onlus “Stellina di Berdon”. “Stelle del Gusto per Giorgia” è stato uno degli eventi in calendario per il 2014/2015 nella programmazione dell’Arthotel.
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Arthotel & Park Lecce by Clarion Collection Via G. De Chirico, 1 - Uscita 10 tang. est/ovest - 73100 Lecce Tel. +39 0832 214 214 - fax +39 0832 347735 www.arthotel-lecce.com - info@arthotel-lecce.com
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CAPITANI DI MARE
L’ONORE DI CARLO FECIA DI COSSATO, IL CORSARO DELL’ATLANTICO di Augusto Benemeglio
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anche per lui , il Capitano di Corvetta Carlo Fecia Di Cossato, il grande eroe dei sommergibili italiani in Atlantico, il mitico comandante del “Tazzoli”, il Corsaro dell’Atlantico dalle imprese impossibili e memorabili, che aveva affondato oltre centomila tonnellate di naviglio nemico, insignito delle più alte onorificenze tedesche e italiane, arrivò rapidamente l’8 settembre 1943; gli danno una modesta torpediniera, “Aliseo”, ma lui non si smentisce, e con il suo indomito spirito battagliero, le sue eccezionali doti di comando riesce ad affondare due caccia e cinque cannoniere tedesche. Ma in un guerriero purissimo come lui – dopo la resa “vergognosa” dell’Italia, lo sfascio, il degrado morale – ecco spegnersi man mano ogni volontà di continuare e resistere. Si strappa i nastrini delle decorazioni tedesche, e quel gesto gli costa moltissimo proprio perché prima non ci aveva mai tenuto. “Io non ho combattuto per Hitler, io ho combattuto per l’Italia. Ma l’Italia dov’è?” Tutte le marine del mondo hanno parlato di lui, è diventato una leg-
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genda vivente, perfino il mitico Ammiraglio Doenitz, che l’aveva insignito sul campo della croce di ferro, dirà che nessun comandante tedesco è stato grande come lui, capace di agire con la sua audacia e il suo slancio in combattimento. E certo tale ammissione, a favore di un italiano, popolo di maccheroni vili e traditori, gli deve essere costata qualcosa in termini di orgoglio, ma lo esalta in quanto ad onestà. Ma l’Italia dov’è?, continua a ripetere Carlo Di Cossato quando sbarca a Taranto, dove regna il caos più completo. Si ha come l’impressione di trovarsi in un porto dell’estremo oriente (lui è stato in Cina agli inizi della carriera), una babele di gente di tutte le razze, sporcizia, disordine, caos. In via d’Aquino – la strada principale della città – un enorme cartellone ammonisce in inglese: “Non dimenticate le vostre mogli”. Più in là un altro cartellone ricorda: “Attenti al tifo”.
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I muri sono pieni di manifesti, con Garibaldi che addita le bandiere degli Stati Uniti, dell’Inghilterra, della Francia, della Russia. “Questi sono i vostri amici”, c’è scritto sotto. Siamo un paese vinto, rassegnato, sconfitto, senza più sussulti d’orgoglio. Alla fine di maggio del 1944, il nuovo governo, con Ivanhoe Bonomi presidente del Consiglio,si rifiuta di prestare giuramento nelle mani del re che si trova a Brindisi. Centinaia di ufficiali minacciano di abbandonare la Marina. “Per quanto sia doloroso tutto quello che è successo e che sta ancora succedendo, la Marina è l’unica forza ancora integra della nazione e il supremo dovere di ognuno di noi è di mantenerla compatta”, dice l’Ammiraglio Nomis di Pollone. “No, signor Ammiraglio, il dovere è un altro – ribatte pallido e fermo sugli attenti il Comandante Fecia di Cossato – Io non riconosco come legittimo un governo che non ha prestato giuramento nelle mani del re. Pertanto non eseguirò gli ordini che mi vengono dati da questo governo”. A nulla serviranno gli interventi del Capo di Stato Mag-
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giore della Marina e dello stesso Ministro della Marina. Fecia Di Cossato è irremovibile. Riceve l’ordine di sbarcare dall’Aliseo, per andare agli arresti di fortezza. Siamo ad un passo dall’ammutinamento. Gli equipaggi non intendono riprendere il mare se Di Cossato rimane agli arresti. Allora viene rimesso in libertà e mandato in licenza, ma in realtà viene sospeso per sei mesi e gli viene impedito di raggiungere i suoi familiari, che si trovano al nord. Accetta l’invito di un amico e collega, Ettore Filo Della Torre, che lo invita a Napoli, presso la sua villa. E qui trova una città ancora più degradata di Taranto, una città che si prostituisce agli alleati in modo indegno e vergognoso per un popolo libero. Gli alleati gli offrono degli incarichi, inutilmente. Qualcosa in lui si è spezzato per sempre. Carlo non può rassegnarsi alle bassezze dell’Italietta che si stava formando e che vedeva dinanzi a sé, la toccava con mano, sentendo tutta la propria umiliazione. Come scrive Paolino Vitolo, “egli forse si rese conto di aver sbagliato tutto: il re praticamente non c’era più, i suoi ideali erano stati traditi ed egli era stato ingannato e costretto a sacrificare il suo onore di marinaio per niente.
Sottomarino Tazzoli
Si vide circondato di opportunisti, di mezze calzette, di gente senza onore”. È finito il tempo degli eroi, comincia il tempo dei furbi, e non c’è più rimedio per uno come lui, che mette la purezza dei sentimenti, la dignità e l’onore ai primi posti dell’esistenza. “In quella sua grandezza solitaria non volavano uccelli, né s’udivano canti. Altro non s’udiva che il silenzio , altro non vedevi che l’aria nuda”. Verso sera, dicendo all’amico Ettore di sentirsi poco bene, Carlo si chiude nella sua camera. È la notte del 28 agosto 1944, a Villa Pavoncelli. Si mette alla scrivania e verga una tristissima drammatica lettera-testamento alla madre e un biglietto per l’amico Filo Della Torre, impeccabile gentiluomo. Due ore dopo una secca detonazione schianta il silen-
Torpediniera Aliseo
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zio di quella sera stellata, in quella vecchia casa patrizia. Carlo Fecia di Cossato si è ucciso con un colpo di pistola alla testa, il suo corpo giace riverso sul tappeto in una nera macchia di sangue. “Mamma carissima – aveva scritto –, Tu credi in Dio, ma se c’è un Dio, non è possibile che non apprezzi i miei sentimenti che sono sempre stati puri e la mia rivolta contro la bassezza di quest’ora. Per questo, Mamma, credo che ci rivedremo un giorno”.Al suo amico Ettore aveva scritto poche parole di scusa e di gratitudine: “ Non sono un suicida, sono un caduto sul campo, in nome della libertà. Essa sola è in grado di aprire per sempre, sull’orizzonte del mare, il nostro mattino”.
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IL CAVALLETTO
RADICI MARINARE NELL’OPERA DI ANTONIO SODO Una recente teoria vuole che la vita sulla terra sia nata dal mare. Non ci interessano, in questa sede, gli studi scientifici, semmai la notizia accende la luce della memoria sulla splendida “Nascita di Venere” del Botticelli. Riflessioni che vengono alla mente irrazionali magari, ma spontanee, quando nell’atelier di Antonio Sodo in perenne promessa d’un ordine che non è di quel luogo d’artista, il caso ci fa imbattere in due disegni di soggetto marinaro. Ci aveva portati in vico delle Bombarde per il dono dell’anteprima delle opere che avrebbero avuto in breve la ribalta del recente Festival del Cinema di Venezia, dove Antonio Sodo sarebbe stato presidente con le sue opere. Paola Dei, presidente del Centro studi di psicologia dell’arte e psicoterapie espressive, gli aveva chiesto di realizzare la copertina e illustrare il volume edito ogni anno su temi riconducibili al cinema. Intitolato <Nostoj-Ritorni. Cinema Comunicazione Neuroni Specchio>, quest’anno il volume accende i riflettori su personaggi, della cui immagine il Maestro ha
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fornito la lettura originale dell’artista. Sculture e disegni a matita e carboncino sono stati dedicati, per citarne qualcuno, ad attori come Judi Dench e al giornalista-scrittore Tiziano Terzani nel decennale della scomparsa, mentre Ottavia Piccolo è stata destinataria dell’omaggio di una scultura nella quale Sodo ha colto la raffinatezza d’un volto che esprime tutta la forza d’un giovanile entusiasmo. Conoscevamo la plasticità del Maestro, figlia di un barocco che è nella realtà – o fors’anco
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nell’aria? – di Lecce; conoscevamo le sue figure che si liberano dai vincoli della materia con la forza di un Laocoonte fermato però dagli dei sulla via della salvezza; conoscevamo le sue terracotte sacrali di volti Mariani; conoscevamo anche le lunghe teorie di cardinali allusive di altrettante schiere di “inutili” santi; e conoscevamo i suoi disegni, tratti sinuosi sempre frutto dell’immediatezza del pensiero fatto azione. Non conoscevamo, invece, i suoi giovanili studi d’artista di soggetto marinaro, da una montagna spaccata arricchita da una costruzione fantastica – Morgana abita qui - mutuata dall’entroterra, al vecchio marinaio che già promette il groviglio – di linee di pensieri – dell’opera matura del Nostro. g.
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I CLICK di Alessandro Magni
Palinuro
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IL NUMISMATICO
LA MUSA
L’ITALIA SUL MARE DEL 1911
L’ALTRO MARE
oniata in argento nel 1911 per celebrare il Cinquantenario dell’Unità d’Italia, la Due Lire (fu realizzata anche un’analoga Cinque Lire) reca sul dritto la testa del re con attorno la scritta <Vittorio Emanuele III Re D’Italia> e sotto il collo, su due righe, i nomi di D. Trentacoste quale autore e L. Giorgi quale incisore, per altro all’epoca capo incisore della Zecca di Roma. Sul rovescio sono rappresentate, insieme con il valore e le date 1861 – 1911, le allegorie dell’Italia e, alle sue spalle, di Roma su di un piedistallo in veste guerriera con elmo, lateralmente un aratro, una ghirlanda e una nave. Incisione con simbologia simile fu utilizzata, sempre da Luigi Giorgi, anche per le monete in oro del <Cinquantenario> di 50 e 100 lire. La presenza delle navi, nel secondo caso da guerra, ha suggerito la denominazione della serie: <L’Italia sul mare>.
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alla riva dei Tassali, da Policoro e Amendolara Fino a Trebisacce, sul nastro che cinge l’altro limite del mare, stesso caleidoscopio di azzurro che si muta, stesso ponte che negli anni unisce le due sponde. Su battigia più remota Lieto un tempo giocavo Con ciottoli di stelle. Altro ora vedo All’orizzonte Che spaventa Chi più non è bambino.
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Don Giuseppe Leopizzi
IL TAGLIACARTE
“THALASSA” DI FABIO FIORI bbiamo già avuto modo di segnalare ai lettori il sito www.maregratis.blogspot. come del marinaio Fabio Fiori, che scrive di paesaggio, ecologia e cultura del mare su quotidiani e riviste. Ai volumi già pubblicati, aggiunge un’ultima fatica con questo suo “Thalassa” (Mursia editore) che reca il sottotitolo “Le acque del Mediterraneo”. Acque che da millenni sono teatro di storie e avventure e continuano a regalare grandi emozioni, come quelle del nuoto, del remo e della vela. Sono passioni antiche che l’autore ogni giorno rinnova, ascoltando la voce delle onde e dei marinai, di ieri e di oggi. Nuotare e navigare sono azioni che riflettono un amore unico e ancestrale per il mare, che è il punto di partenza di questo che può ben definirsi un “portolano sentimentale”. Nelle pagine del libro, i piaceri e le gioie che il Mediterraneo offre quotidianamente si in recciano con la storia, la geografia, il mkito, le scienze e le arti, dando vita a un racconto intenso e vitale. Una rotta che porta dalle fondamenta di Venezia alle banchine di Genova, dalle Bocche di Bonifacio allo Stretto di Messina, dalle verdi acque adriatiche a quelle blu tirreniche, restituendo un significato concreto alla mediterraneità, che è fatto storico-culturale e pratica appassionata di mare. “Thalassa - sostiene l’autore – è la parola che preferisco fra le tante che i greci avevano per indicare il mare perché significa semplicemente acqua salata. È il luogo del vivere, l’orizzonte della pratica, il Mediterraneo dell’esperienza”.
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l'avvocato a alcune decine di anni l’Italia si trova al centro del fenomeno della immigrazione clandestina per via marittima. Ma se del fenomeno si è discusso sull’aspetto fattuale e politico in generale, raramente ci si è soffermati sui profili giuridici. Dall’esame degli elementi che sono presenti nella fattispecie potrà individuarsi la disciplina giuridica applicabile. L’insieme del mezzo nautico battente bandiera straniera, della navigazione, della presenza a bordo di cittadini stranieri sono elementi che di per sé non configurano alcuna figura delittuosa. Ma se tali elementi sono uniti dalla finalità di realizzare una immigrazione clandestina, a quel punto la navigazione rileva come attività svolta per ledere i diritti e la sovranità dello stato costiero nelle cui acque la navigazione avviene, quindi come tale illecita, la cui illiceità si estende anche alle aree esterne al mare territoriale, quale punto di inizio della attività illecita. L’art. 5 del codice della navigazione, sancisce che i fatti compiuti a bordo di una nave battente bandiera straniera, sono regolati dalla legge nazionale della nave, anche se navigante in acque territoriali italiane. Tuttavia la situazione è destinata a mutare allorquando le finalità della navigazione costituiscano elemento di minaccia per lo stato nel cui mare territoriale avviene la navigazione. In tal caso l’ordinamento reagisce e si riappropria della titolarità dell’azione e va alla repressione della minaccia, a norma della convenzione di Montego Bay del 1982 che consente la applicabilità della legge nazionale in luogo di
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La via marittima dell’immigrazione clandestina. Profili giuridici. di Rodolfo Barsi quella di bandiera nei casi in cui le conseguenze del crimine si estendano allo stato costiero, ovvero se il crimine sia tale da disturbare la pace dello stato medesimo, o l’ordine del mare territoriale. In questo caso il “crimine” cui la convenzione fa riferimento deve essere tale per l’ordinamento dello stato nel cui mare territoriale avviene la navigazione. È principio del diritto internazionale marittimo il riconoscimento del diritto delle navi di tutti gli Stati del c.d. passaggio inoffensivo attraverso il mare territoriale (art. 17 della convenzione), laddove per “passaggio” (art.18) si intende la navigazione nel mare territoriale allo scopo di: a) attraversarlo senza entrare nelle acque interne né fare scalo; b) dirigersi verso le acque interne o uscirne, oppure fare scalo in una rada o installazione portuale (primo comma). Il passaggio deve essere continuo e rapido, e consente la fermata e l’ancoraggio, ma soltanto
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se questi costituiscono eventi ordinari di navigazione o sono resi necessari da forza maggiore o da condizioni di difficoltà, oppure sono finalizzati a prestare soccorso a persone, navi o aeromobili in pericolo o in difficoltà. Per l’art. 19 passaggio inoffensivo è quello che non arreca pregiudizio alla sicurezza dello Stato costiero, mentre è considerato pregiudizievole se nel mare territoriale la nave è impegnata in una attività che possa essere lesiva. Le navi straniere che esercitano il diritto di passaggio inoffensivo nel mare territoriale si devono attenere a tali leggi e regolamenti e a tutte le norme internazionali generalmente accettate relative alla prevenzione degli abbordi in mare. Norma, quest’ultima, la cui violazione ha causato il luttuoso sinistro che ha coinvolto nel canale di Otranto la motovedetta albanese carica di clandestini e la corvetta “Sibilla”. Lo Stato italiano con l’emanazione della legge n. 40/98 ha provveduto a predisporre adeguate misure normative per contrastare il fenomeno in questione rivolte ad integrare il vigente quadro formale, prevedendo, fra l’altro, i casi di divieto di ingresso dei cittadini, extracomunitari nel territorio dello Stato mediante il “respingimento alla frontiera” (art. 8), nonché i casi di espulsione dal territorio dello Stato (art. 11). Il combinato disposto della detta normativa nazionale e internazionale chiarisce la legittimità dell’esercizio dei poteri di polizia nei confronti delle navi che nel corso della navigazione nel mare territoriale violino le richiamate norme di diritto interno e internazionale.
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Riproduzione G.Rosa
MUSICHE DAL MEDITERRANEO
di Enrico Tricarico
In Spagna (Sepharad in ebraico) esistono comunità ebraiche da epoche remote. Durante il medioevo gli ebrei iberici convissero con cristiani e arabi musulmani, e si sa che musicisti ebrei collaborarono alla realizzazione di importanti progetti musicali, come le Cantigas de Santa María del re Alfonso X di Castiglia (12521284). Dal 1492 gli ebrei furono però brutalmente espulsi dalla penisola iberica e si trasferirono in altri paesi europei e, soprattutto, nel Nordafrica e nel Mediterraneo orientale. La loro musica è fatta di una base di origine ispanica (il genere narrativo del romance, che sopravvive ancora nelle comunità del Mediterraneo orientale) e di elementi diversi, arabo-andalusi, turchi, balcanici, ecc.. Caratteristica unificante è l’aver mantenuto l’uso del judezmo, vale a dire una varietà dello spagnolo come propria lingua. Importante il ruolo ricoperto dal canto femminile, accompagnato dal tamburello, mentre gli strumenti musicali sono quelli delle tradizioni locali. Gli storici concordano nel definire questa musica quale “musica mediterranea”, e già dagli albori dell’anno mille ha avuto in sé quelle radici che, sviluppandosi in una evoluzione che continua ancora oggi, ha caratterizzato la musica “latina”. Un esempio: uno dei frutti della cosiddetta musica mediterranea è l’habanera, una danza o anche un modo di accompagnare i canti, che con l’espandersi delle colonie spagnole influenzò le culture musicali autoctone che si andavano a conquistare. Dall’habanera nasce la milonga, progenitrice del tango, e poi ancora tantissimi ritmi e stili musicali, in particolare brasiliani e cubani. Il mare ancora una volta non è soltanto uno spazio che unisce i paesi, ma è custode e lievito, nel tempo, di cultura, storia e civiltà.
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www.marescienza.it il giornale del mare, recita una sorte di sottotitolo del portale, visto con gli occhi della scienza, come dire un luogo di comunicazione idoneo a raccogliere conoscenze relative ai mari che circondano il nostro Paese, sempre carente di comunicazione scientifica al riguardo, ma utile anche a mettere i ricercatori in contatto tra di loro. Sul portale, si possono trovare notizie su argomenti quali biologia, oceanografia, inquinamento, biodiversità, politica del mare, pesca, acquacoltura, risorse del mare e storie di mare. Infine, uno spazio consente di approfondire temi scientifici, con segnalazioni, non numerose ma d’indubbio interesse, di libri e filmati. Infine, ci sono gallerie di immagini, fra le quali quelle satellitari fornite dall’Esa, l’Agenzia spaziale europea corredata del testo che ne consente la “lettura”. Insomma, un sito da “tenere d’occhio”, anche perché sempre in divenire.
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BANDIERE & MARINA
La bandiera dell’Irlanda o Stato Libero Irlandese ha adottato la bandiera nazionale nel 1922. Questa poi fu riconfermata nel 1937, con l’introduzione della costituzione che proclamava l’Irlanda come stato sovrano, rinominato Eire. L’Unione Europea ha stabilito che lo Stato Irlandese debba essere indicato come Eire-Ireland. La bandiera è un tricolore composto di tre bande verticali di colore verde (lato dell’asta), bianco e arancio, tendente al rosso. Volendo dare un significato al simbolismo del tricolore irlandese si può intendere il verde come il colore dominante sull’isola, che lambita dalla Corrente del Golfo, ha un clima umido che favorisce una ricca vegetazione. Verde era anche il colore che caratterizzava i nazionalisti cattolici, favorevoli all’unificazione delle popolazioni dell’isola, mentre l’arancio era il colore degli unionisti protestanti, di coloro che volevano mantenere il legame con l’Inghilterra. Il bianco, simbolo della pace, vuol essere d’auspicio ad un accordo che dovrebbe regnare tra le due parti della popolazione, riunite nello stato indipendente. E non a caso il colore bianco è nella parte centrale del tricolore, a contatto con il verde e l’arancio. Un importante simbolo tradizionale dell’Irlanda, che fu usato anche per rappresentare l’Irlanda unita sotto il dominio britannico, è l’arpa celtica che appare sullo stendardo del Presidente della Repubblica, come pure sui passaporti, sulle vecchie sterline irlandesi e, dal 2002, sugli euro, dove assieme alle 12 stelle che rappresentano i paesi fondatori dell’UE e all’anno di conio, si legge in gaelico, lingua ufficiale dell’Unione Europea, la scritta Eire. La stessa arpa, in oro su campo verde e non più blu, è usata sulle navi della Marina Militare Irlandese, come bandiera di bompresso, che, come è noto, viene issata sull’albero di bompresso in determinate occasioni, solitamente quando l’unità è alla fonda.
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a.albahari
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VELE & SCIE
Kitesurfing: sport estremo? Estremamente bello
VOLARE ALTI SULLE ONDE di Rita de Bernart nel corso degli ultimi anni e nelle prossime olimpiadi sarà presentato come sport esordiente. E’ vero, è uno sport estremo, ma regala tante emozioni, le sensazioni che si provano volando sull’acqua sospesi fino a 10 secondi a 35 nodi sono indescrivibili e adrenaliniche. Ma il tutto avviene in totale sicurezza”. Contrariamente che per il windsurf, il vento per fare kitesurfing deve soffiare necessariamente dal mare verso terra, poiché quello che spira da terra verso mare risulta “rafficato”. Il sito web “Wind24.it”, gestito da Bastia, consente inoltre di avere informazioni Meteo Live 24 ore su 24 per diverse località dove sono installate stazioni meteo con anemometro.
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Nel Salento sono presenti a Gallipoli e Torre San Giovanni e presto a San Foca e Porto Cesareo. Nella Città Bella l’anemometro è collocato presso il centro vacanze Le Sirenè mentre una webcam presso il Lido Zen consente di avere dati live visivi. “Tutto questo - prosegue l’istruttore - ci consente di muoverci in sicurezza, se ci conosce il mare e l’influenza del vento, dopo un buon corso si è in grado di gestire perfettamente le situazioni senza perdere il controllo del Kite. Alla spiaggetta della Purità a Gallipoli, ad esempio, si può uscire in mare solo con un vento da Nord Ovest per essere tranquilli”. I corsi, aperti tutto l’anno, si sviluppano in otto step da superare. L’obiettivo è saper gestire la vela e riuscire a navigare in acqua con la tavola. Gli allievi sono seguiti passo passo e solo quando hanno superato uno step si va al successivo. Domare il vento si può.
Foto Tonio Mosticchio
na vita sulle ali del vento, ma non chiamateli incoscienti. Il primo pensiero del mattino per gli appassionati di sport velici, si sa, è sapere “dove soffia il vento”. Per gli amanti del kitesurf però non basta. Per volare cavalcando una tavola sospinti dalla vela dei Kite infatti occorrono molti nodi di vento e sono necessarie delle condizioni particolari, rispettando le quali si può entrare in acqua entro ampi margini di sicurezza. A cominciare dalla scelta del posto e della spiaggia giusta. Certo i brividi sono tanti. A raccontare questo sport definito “estremo” è Mino Bastia di Casarano, istruttore federale FIV, responsabile della scuola Kitesurf “Salento Coast Ovest”. “Questa disciplina – spiega – si è evoluta tantissimo
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VELE & SCIE
REGATA CON IL CIRCOLO DELLA VELA
ROTARY CUP, CLASSICA DI FINE ESTATE
a fine dell’estate astronomica porta con sé, sul mare di Gallipoli, la Rotary Cup, regata che vede tradizionalmente insieme i locali Circolo della vela presieduto da Michele De Simone e Rotary Club presieduto da Antonio Leo con il contributo tecnico dell’Istituto Nautico diretto da Paola Apollonio. La regata, cui hanno partecipato 17 imbarcazioni, si è avvalsa di condizioni ideali, in forza di un vento da nord-nord-ovest di circa 13 nodi. La vittoria è arrisa a Piricunella di Angelo Caratta (Nautico, per la categoria fino a 8 metri), Nibbio di Arturo Carratta (ancora Nautico, sino a 10 metri) e Bellamente di Massimiliano Pezzuto (Circolo vela Marina di Lecce, oltre 10 metri), cui è stato assegnato anche il Trofeo “Isola di Sant’Andrea” in palio per il primo classificato Overall. La cerimonia di premiazione, presenti tra gli altri il vicesindaco Antonella Greco e il governatore del Distretto 2120 del Rotary Club International Luigi Palombella, è stata, more solito, un momento di festa della vela, dell’amicizia e della condivisione sociale, atteso che l’evento sportivo era mirato ad un gesto di solidarietà del quale ha beneficiato il reparto di pediatria dell’ospedale “Sacro Cuore di Gesù”.
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UNA GARA DI PESCA PER NON-VEDENTI E IPOVEDENTI di Camillo De Donno l mare di Gallipoli e la locale sezione della Lega Navale Italiana per una gara di pesca al bolentino che ha visto protagonisti i soci non vedenti o ipovedenti dell’Anpvi. L’iniziativa, ideata e organizzata dal coordinatore regionale Bruno Mangia con l’aiuto del presidente provinciale Giorgio Russo, è stata realizzata grazie al contributo ed alla disponibilità dei soci della Lni di Gallipoli, che hanno messo a disposizione le imbarcazioni di loro proprietà ed il loro tempo libero. Si è svolta in un clima di amicizia, divertimento e collaborazione con l’intervento di 8 concorrenti e di molti volontari. Una giornata di divertimento (anche grazie alla pesca abbondante) che si è conclusa con la premiazione dei vincitori. A consegnare i trofei il consigliere regionale Sergio Blasi. La classifica: primo Saul Casciano, seguito da Bruno Mangia e Teresa Mangia. Una targa ricordo è stata consegnata al presidente della Lni di Gallipoli, Pantaleo Ernesto Bacile, per ringraziarlo della sensibilità dimostrata, e un ringraziamento particolare è stato rivolto alla Capitaneria di Porto di Gallipoli, che ha autorizzato e reso possibile l’evento. All’iniziativa ha partecipato l’artista Carlo Solidoro, autore anche della foto pubblicata, con una personale di dieci suoi quadri tattili, dal titolo “Mani per Vedere”, che ha riscosso interesse e apprezzamento tra i partecipanti. È stata la seconda edizione della gara ed ha confermato la volontà degli organizzatori di promuovere altre iniziative simili che siano di aiuto per l’integrazione dei disabili, nella convinzione che essi possano essere all’altezza dei normodotati anche in attività che, a prima vista, potrebbero sembrare loro precluse.
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