Anno IV - Nr. 13 - marzo 2016

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editoriale

CHI HA PAURA DEL REFERENDUM SULLE TRIVELLE? di Giuseppe Albahari

hi ha paura dei referendum? La domanda è urgente, ma potrebbe essere retorica, visto che il referendum sulle trivelle è stato fissato dal governo italiano per il 17 aprile. Indire una consultazione in data così ravvicinata non sembra facilitare l’esercizio del diritto-dovere di voto. Speriamo non rappresenti anche un ostacolo al raggiungimento del quorum. Organizzare una campagna referendaria richiede sia coordinamento tra i diversi soggetti sociali e politici interessati, sia adeguata opera di sensibilizzazione e informazione, visto che la partecipazione al voto può essere promossa in base ad una buona conoscenza dei quesiti e delle problematiche su cui i cittadini sono chiamati ad esprimersi. Ciò richiede tempo, ed è di tutta evidenza che nel caso del referendum sulle trivelle (limitato alla durata dei titoli già rilasciati per lo sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi) di tempo ce n’è ben poco. Si sarebbe potuto agire diversamente? È lecito indignarsi? Per altro, c’è un motivo pratico che avrebbe suggerito di accorpare il referendum alle elezioni amministrative che si svolgeranno solo poche settimane dopo e riguarderanno oltre 1300 Comuni: un risparmio di almeno 350 milioni di euro per lo Stato. E, in una democrazia, lo Stato siamo noi cittadini, lo ricordiamo a noi stessi e a chi crede d’essere ancora al tempo del Re Sole e del suo “L’État c’est moi!” Non è ancora tardi. Se per accorpare il voto occorre una leggina apposita, parlamentari con un pizzico di senso dello Stato la potrebbero approvare in poche ore. Invece, sembra che politici, lobbysti ed imprenditori degli idrocarburi vogliano al contrario svilire il ricorso a uno strumento che, pur con i suoi limiti, è pur sempre uno strumento di partecipazione e decisione democratica. In ogni caso, è bene notare che la difesa del nostro mare da ulteriori speculazioni e da ingiustificabili rischi ambientali aggiuntivi rimane appannaggio di noi cittadini. Possiamo votare e fare votare contro un futuro novecentesco che si vorrebbe ipotecare come dipendente ancora dall’energia fossile. Votare contro le trivelle. Votare sì al referendum.

C

T he Government has set the date of 17 of April for the referendum about the duration of oil concessions. This happens despite the financial aspect (savings of at least euro 350 millions) which would have suggested to incorporate the referendum with the administrative consultation, a few weeks after. The risk of having a short time available to organize the anti-augers Front, and consequently not reaching the quorum needed for the validity of the referendum, impel us to a greater commitment in defense of our Sea.

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editoriale

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SOMMARIO Marzo 2016

FOCUS

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TURISMO

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AMBIENTE

...................................................................

NAUTICA & MARE

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pugliaemare.com Foto sottomarine di Giuseppe Piccioli Resta nelle pagine interne.

PUGLIA & MARE

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LE IMMAGINI E I TESTI

Rivista trimestrale dell’Associazione

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Focus Pianeta Blu Giuseppe Piccioli Resta | Meno siamo e meglio stiamo, ossia la biodiversità .............................. 06 Andrea Novelli | Un’avannotteria sul Lago di Lesina .......................................................................................... 09 I CLICK | Pescare per diletto... e per mestiere ............................................................................................................ 12 Nunzio Pacella | Due mari per una sola identità........................................................................................................ 13 L’Area Marina Protetta di Porto Cesareo............................................................................................................................ 14 Nunzio Pacella | Rocco Cazzato, il gigante pescatore di Tricase Porto ............................................ 14 Laura Ferrari, la sirena di Porto Cesareo ........................................................................................................................... 15 Alfredo Albahari | La lampara - una storia straordinaria ................................................................................. 16 OSSERVATORIO EUROPEO | Paolo Casalino | Economia blu .............................................................. 18

GIUSEPPE PICCIOLI RESTA Docente di Geografia dell’UniSalento e pluripremiato fotografo sub

ANDREA NOVELLI Laureato in scienze e tecnologie agrarie, esperto di acquacoltura

NUNZIO PACELLA Scrittore, giornalista, gastronomo e giornalista gastronomo

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ALFREDO ALBAHARI Docente emerito di Navigazione negli istituti Nautici

PAOLO CASALINO Direttore dell’Ufficio di Bruxelles della Regione Puglia


FOCUS

Meno siamo e meglio stiamo, ossia la biodiversità Testo e foto di Giuseppe Piccioli Resta

ualcuno chiosò in tale maniera, tempo fa. Magari poco immaginando che in ecologia aveva piena ragione il contrario. Come molte caratteristiche uniche che connotano la nostra terra anche questa della massima ricchezza biologica possibile è stata osservata e studiata con molto interesse. Fino a quando abbiamo scoperto che problemi molto seri la affliggono alla base, al punto da costituire, secondo gli esperti, una vera e propria emergenza planetaria. Tanto che dal 2012 si celebra ogni anno la giornata mondiale della biodiversità. E non è una festa. Ricordiamoci che quando istituiamo una giornata a favore di qualcuno le cose per lui non vanno affatto bene, anzi. Direi che quanto più essa è estesa più è drammatica. Se è una “giornata mondiale” allora è proprio gravissima. Andando per ordine però occorre scrostare dal termine ogni sedimentazione che la moda del qualunquismo intellettualoide le ha deposto addosso, facendogli perdere forse la connotazione di originaria importanza. Biodiversità è la numerosità e la variabilità di organismi ascrivibili a una sola specie (ad esempio quante oche appartengono alla specie Branta canadensis e quanto è vario il loro patrimonio genetico). Biodiversità, però, è anche la ricchezza di specie (quante specie compongono il fondale a coralligeno) e di interi sistemi naturali. Essa è quindi la responsabile di alcune caratteristiche degli ecosistemi, come la resistenza o la resilienza, che li rendono capaci di reagire e, in certi limiti, anche di frenare i cambiamenti ambientali. Con il risultato di assicurare la sopravvivenza per i suoi componenti. Quando frequentai l’università, negli anni OttantaNovanta, il numero totale di specie note sfiorava il milione, ma si pensava che avrebbe potuto toccare anche i due. Un quindicennio dopo si stimava che il solo gruppo degli insetti poteva superare i due milioni. Oggi riteniamo che tutte le specie viventi possano agevolmente oltrepassare i centodieci milioni. Non siamo pazzi a giocare al rialzo, è solo che impariamo a leggere e studiare con nuovi occhi e tecniche il pianeta, quindi a scoprire nuovi gruppi. Tale incredibile progressione fornisce la prova che la ricchezza in diversità biologica gioca un ruolo chiave nel raggiungere e mantenere un equilibrio dinamico fra tutti i viventi, fra essi e il non vivente e anche nel modulare le varie tipologie climatiche. Questo ci fa comprendere quanto sia straordinario e incredibile l’intreccio di relazioni tra viventi e non viventi e, se ancora una volta in più vi fosse il bisogno, di quanto vi sia di miracoloso nel fatto

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focus

che tutti condividiamo la stessa casa e ci garantiamo la sopravvivenza proprio nella numerosità: più siamo e meglio stiamo… La ricchezza in vita non è però uniforme su tutte le aree della terra. In alcuni luoghi, in cui peculiarità biologiche, chimiche, geologiche, idrologiche sono evidenziabili, è facile individuare un alto valore di biodiversità. Sulle terre emerse queste aree sono le foreste pluviali della fascia tropicale, nelle acque le barriere coralline (sarebbe più giusto denominarle “biocostruzioni”) e nelle zone di transizione le foreste di mangrovie. Se siamo in tanti, allora, perché la biodiversità è in emergenza, tanto più che gli ecosistemi sono capaci di opporsi anche ai cambiamenti e agli impoverimenti? Evidentemente nella scala temporale geologica, cioè dei milioni di anni, tutti gli organismi variano, interi gruppi possono fiorire o anche estinguersi, il tutto per le costanti e imprescindibili dinamiche che la vita nella sua globalità attua per adattarsi e sopravvivere sul pianeta che, anch’esso, costantemente muta. Ma non è questa la causa dell’impoverimento. È l’uomo. Come un fattore geologico, con la sua esistenza, è capace di cambiare l’aspetto dei luoghi che colonizza e, per riflesso, anche quelli che non colonizza. Quindi, avendo in appena 10.000 anni letteralmente sconvolto l’aspetto al pianeta, ha attuato una variazione globale di tipo geologico, drammaticamente non in milioni di anni, ma dalla rivoluzione industriale in poi. Ciò ha causato gravi problemi proprio agli equilibri dei viventi. Se da un lato è vero che le nostre conoscenze su quante specie popolano le terre, le acque e l’aria siano ancora limitatissime, dall’altro si stima che ogni giorno portiamo all’estinzione non meno di 50 specie, che non torneranno più a meno di interventi divini, per chi ha fede in ciò. Senza contare quante specie siano costituite da un numero progressivamente più esiguo di rappresentanti, sempre a causa del nostro modo di sfruttare le risorse naturali. Da bambino andavo a pescare polpi con la barchetta e non tornavo mai senza prede, alcuni giorni anzi pareva non una pesca, ma una cuccagna. Oggi, anche a causa di ciò, catturare un solo polpo è sempre più raro (sebbene non vada più a pesca da moltissimi anni). Quando un danno ambientale supera la capacità dei sistemi viventi di ripararlo, cioè quando si al-

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FOCUS

tera in maniera irreversibile un equilibrio, si verifica qualcosa che non vogliamo accettare. Siamo propensi a ritenere che quell’ambiente muoia e non vi sia più vita, invece non è così. Si distrugge l’equilibrio e molte forme di vita di quell’area, ma non si crea il deserto biologico. La natura non si interrompe, cerca solo altri equilibri. Purtroppo lo fa con un numero sovente molto più basso di specie rispetto a quelle originarie e per questo non si tratta di un equilibrio molto stabile: è venuto meno l’assunto del “più siamo meglio stiamo”. Magari è un equilibrio di transizione e porterà nel breve termine a una ricolonizzazione dell’area, che nel lungo periodo farà comparire altre specie che troveranno un luogo ideale in cui svilupparsi. Ciò che non accettiamo è che fra le specie che nel medio termine spariranno perché incapaci di adattarsi ci saremo proprio noi. Questo rifiuto deriva da una visione limitata e antropocentrica del pianeta, secondo la quale siamo la sola specie campionessa che merita di sopravvivere a scapito delle altre, che facciamo estinguere. Ma così facendo ci stiamo garantendo proprio l’estinzione. Anzi siamo forse l’unica specie che nel tentativo di colonizzare a breve termine il pianeta sta riuscendo nel suo esatto contrario e per fare ciò non c’è bisogno delle ridicole profezie dei millenaristi, del 12/12/12 e così via. Chissà perché, a proposito, in quella data la valle d’Itria sarebbe scampata alla fine dei tempi e quella dell’Asso no… La gravità di questo stato dei fatti, in cui si stima che almeno il 25 per cento degli ecosistemi è in più o meno forte sofferenza, ha fatto sì che, nel 1992, l’Organizzazione delle Nazioni Unite abbia portato agli occhi del mondo la drammaticità della situazione e abbia spinto alla ratifica a Rio de Janeiro di un protocollo sulla conservazione della biodiversità. Moltissimi Paesi hanno aderito, moltissime altre conferenze si sono susseguite, altrettanti protocolli sono stati stilati, ma l’umanità è ancora fortemente restia ad abbandonare un modello di vita improntato sulla distruzione a favore di uno fondato sulla conservazione. Credo che il motivo sia da ricercare nella nostra natura: siamo una specie che utilizza le risorse naturali seguendo l’assunto suicida del “tutto, subito e a qualunque costo”. Ma stiamo scoprendo sulla stessa nostra pelle che questa è una follia. E abbiamo sempre meno tempo per correre ai ripari… Il Mediterraneo è un mare incredibile, dalla storia geologica forse unica sul pianeta. Basti dire che più volte si è prosciugato e colmato, si è surriscaldato e raffreddato, ha accolto forme di vita dall’Indopacifico, dall’Atlantico e dal Mare del Nord, facendone estinguere innumerevoli e altrettante innumerevoli facendone fiorire, moltissime delle quali endemiche, cioè distribuite solo nelle sue acque. Da questo punto di vista è uno scrigno di biodiversità. Per il fatto però che sulle sue sponde di mare chiuso si affaccino ben tre continenti e innumerevoli popoli, con infinite abitudini, problematiche e dinamiche, esso risente di una delle pressioni antropiche fra le più alte del pianeta, che spesso mettono in grave sofferenza i suoi sistemi e la sua biodiversità. Continuare nel nostro assurdo modello di sviluppo è un’idea folle, non tenere conto del diritto alla vita detenuto anche dalle altre specie che con noi dividono questo transito indescrivibile sul pianeta è immorale, ritenersi al disopra della biodiversità è la garanzia alla estinzione. Non è più tempo di lasciare queste montagne di

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B iodiversity and variability of organisms attributed to one species, but also the large number of species and natural systems is responsible for many characteristics of ecosystems., such as strenght and toughness , with the result of ensuring the survival of their components. According to current estimates, lifestyle and human presence create sufferings to at least 25 % of ecosystems, and it is therefore essential to raise awareness of the young people. And protect biodiversity, especially in the Mediterranean sea, where another danger exists: those who still believe in Oil.

guai ai posteri: i posteri siamo già noi e anche noi concorriamo a elevare quella montagna. Dobbiamo però avere la coscienza e la responsabilità di formare le nuove generazioni alla massima attenzione verso la sopravvivenza comune, che passa di certo verso lo sfruttamento delle risorse naturali, ma in maniera razionale e sostenibile che, per dirne solo una, non deve passare attraverso la trivellazione e la ricerca di idrocarburi in mare. Stiamo lottando in tanti, in tantissimi affinché questo non accada perché, ancora una volta, chi ha in mano le decisioni del futuro comune non è convinto che il petrolio è una tecnologia obsoleta, non investe nella ricerca e nella formazione dei giovani, minando così la sopravvivenza di tutti e mettendo a rischio l’intera vita mediterranea. Forse dovremmo inserire fra i caratteri fondanti della nostra costituzione proprio la tutela della biodiversità.


focus

AVANNOTTERIA

un'

sul Lago di Lesina di Andrea Novelli - Foto di Arne Hodalic

Il sorpasso è avvenuto nel 2014: l’acquacoltura ha supera-

sono previste differenze anche notevoli tra le diverse aree

to la pesca di cattura e, secondo la FAO, il boom dell’ac-

geografiche mondiali; una serie di variabili – produttive,

quacoltura crescerà ad un ritmo che un rapporto congiun-

di consumi, costi e qualità – dipenderanno dalla ricerca

to con l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo

ed elaborazione di nuovi mangimi, migliore impiego delle

economico stima superiore al 4 per cento annuo per al-

risorse idriche, gestione dei vivai. In tale contesto, assume

meno il prossimo quinquennio. Parimenti, crescerà a livel-

crescente rilievo la produzione di avannotti, e PUGLIA

lo mondiale il consumo pro-capite di pesce, più che rad-

& MARE propone di seguito un’escursione alla scoperta

doppiato negli ultimi 40 anni. All’interno di tali “numeri”

d’un impianto pugliese tecnologicamente avanzato.

L’acquacoltura marina nella Regione Puglia è fortemente rappresentata dagli impianti di ingrasso a terra, da quelli in gabbie galleggianti a mare e dalle avannotterie che insistono sul territorio e che producono buona parte degli avannotti di specie ittiche marine di origine italiana destinati ai mercati nazionali ed esteri.

crescita e parametri zootecnici dei vari lotti di avannotti in uscita dal centro di riproduzione.

Due di queste avannotterie sono site nella provincia di Brindisi e precisamente a Torre Canne di Fasano la Panittica Italia ed a sud di Brindisi la Maribrin. Delle restanti due, l’Acquacoltura Ionica si trova sul litorale tarantino e l’Ittica Caldoli in provincia di Foggia. Questo impianto, situato in prossimità del Lago di Lesina, ai piedi del Promontorio del Gargano, è in ordine di tempo l’ultimo ad esser stato realizzato. Utilizza acque calde e di buona qualità provenienti dal sottosuolo, è dotato di sistemi a ricircolo dell’acqua di processo ed è tecnologicamente molto avanzato. Nello stesso vengono prodotti avannotti di spigola, orata, ombrina americana ed in misura minore di tilapia e di pesce gatto. Dispone anche di vasche di ingrasso a terra dove vengono testate performance di

L’avannotteria è costituita da vari reparti produttivi di seguito schematizzati: Reparto Riproduttori – vengono mantenuti e condizionati secondo un preciso programma di termo-fotoperiodo gli animali destinati alla riproduzione; Reparto INCUBAZIONE – vengono poste le uova a schiudere ed una volta larve trasferite ai settori di allevamento larvale; Reparto FITOPLANCTON – vengono prodotte le biomasse microalgali destinate alla distribuzione in vasca durante i primi stadi di vita delle larve; Reparto ROTIFERI – vengono prodotti piccolissimi organismi chiamati rotiferi che distribuiti nelle vasche di allevamento larvale costituiscono il primo alimento per le larve di pesce;

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FOCUS

Reparto ARTEMIE – vengono messe in schiusa le cisti di un piccolo crostaceo chiamato Artemia anch’esso cibo per i primi stadi larvali di spigola, orata ed ombrina; Reparto INCUBAZIONE LARVALE – vengono seminate e mantenute le larve di pesce per i primi 40 giorni prima di essere trasferite nei settori di primo allevamento; Reparto PRIMO ALLEVAMENTO – in questo settore le post larve vengono svezzate e mantenute per una ventina di giorni prima di essere trasferite nella nursery; Reparto NURSERY – in questo settore le post larve ormai svezzate raggiungono la teglia commerciale e di qui partono alla volta degli impianti di ingrasso di destinazione Italiani ed esteri.

I n 2014 aquaculture has overcome capture fishery. This growing trend is expected to continue for at least five years at an increasing rate. In this perspective, fish fry production is more and more important. A company on Lake Lesina has perfected a high-tech manufacturing process that offers a guarantee of quality for the consumers, thanks to different controls able to monitor conformance with standards. The production includes above all live fry of sea bass, bream and umbrines, and a smaller quantity of tilapia and catfish; still under study groupers, sea urchins, amberjacks.

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Lo staff tecnico vanta una provata esperienza nella progettazione e nella conduzione di avannotterie, impianti di pre-ingrasso ed ingrasso di diverse specie di pesci d’acqua dolce e salata ed ha progettato, avviato e gestito diverse avannotterie in tutto il territorio nazionale. L’avannotteria produce avannotti di elevata qualità che rinvengono dall’aplicazione di tecniche innovative e garantiscono all’allevatore che li acquista un’ottima omogeneità di taglia ed elevate performance di crescita. Gli avannotti vengono vaccinati prima di essere immessi sul mercato e trasportati


focus

con propri automezzi sino agli allevamenti dei vari clienti. Le taglie di vendita degli avannotti variano da 2 a 10 grammi e su richiesta possono essere mantenuti e pre-ingrassati sino al raggiungimento dei 50-60 grammi e più. Le procedure adottate sono conformi agli standard di qualità e tracciabilità previsti dai capitolati in uso alla GDO per le produzioni a marchio. L’Azienda collabora con noti Istituti di Ricerca ed Università al fine di mettere a punto metodiche per la riproduzione e l’allevamento su larga scala di specie alternative quali cernie, pagelli e ricciole. Ai fini di ripopolamento vengono inoltre prodotti ricci di mare, cieche di anguilla europea e vongole veraci. L’azienda fornisce servizi di consulenza tecnico-scientifica in ambito di idrobiologia ed acquacoltura. Le competenze spaziano dagli aspetti ambientali e gestionali di specchi d’acqua naturali a quelli produttivi di impianti di acquacoltura specifici, dalla riproduzione alla vendita sui mercati.

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12 Foto Archivio Mediamorfosi

Pescare per diletto ... e per mestiere

Estratto dal video di Mattia Epifani

I CLICK


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due mari per una sola identità di Nunzio Pacella

Ph. Nunzio Pacella

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T he abundance of fish is a characteristic that both the Adriatic and the Ionian Sea have in common. Traditionally they have their border point in Leuca, Finis Terrae. On one side, rich in grottoes such as the Romanelli, you find traces of the Nearderthal Man, living at the time of the boreal Penguin, who used to catch fishes using assegais.On the Ionian side, the protected sea area of Porto Cesareo protects biodiversity of seabeds.In both Seas sport fishing is very common, on the rocks or on a “gozzo”boat in open sea.; in the little bays and docks fishermen, also gathered in organizations, dedicate themselves to small scale fishery, while from the major harbors leave the fishing vessels dedicated to commercial fishery.The scent of seafood on everything.

l Parco Naturale regionale “Costa Otranto Santa Maria di Leuca - Bosco di Tricase” è bagnato da due mari: Adriatico e Jonio, mentre l’Aria Marina Protetta di Porto Cesareo solo dallo Jonio. I confini convenzionali tra i due mari sono: il Canale d’Otranto, ossia lo stretto di mare fra Capo Linguetta sulla costa albanese e Punta Palascia su quella italiana; ai fini meteorologici, il limite marittimo tra Adriatico Meridionale e Ionio Settentrionale è posto tra Punta Mucurune a Castro e Punta Mèliso a Leuca. Quest’ultima, Finis Terrae, nell’immaginario della gente di mare unisce Adriatico e Jonio. Questi due mari che bagnano le coste del Salento sono stati sempre pescosi e hanno contribuito al sostentamento per generazioni e generazioni delle famiglie salentine. Già l’uomo di Neanderthal, estinto tra 40 e 35mila anni fa, che viveva a grotta Romanelli a Castro, scoperta agli inizi del ‘900 dal pittore sponganese Paolo Emilio Stasi, cacciava e si nutriva davanti al fuoco, nell’oscurità di quella cavità naturale, della carne di Alca (Pinguinus impennis Linnaeus 1758) pinguino boreale che si bagnava nel mare gelido e svolazzava da un’isola di ghiaccio all’altra. Gli scavi condotti da Gian Alberto Blanc nella grotta portarono alla luce depositi di ossa dell’Alca che evidenziano il protrarsi sulle coste del Mediterraneo dell’ultimo periodo glaciale, quello di Würm, avvenuto nel Pleistocene, iniziato circa 110.000 anni fa e terminato all’incirca tra il 9700 e il 9600 a.C. L’Alca abbandonò il Mediterraneo all’indomani della fusione dei ghiacciai per insediarsi nell’Atlantico dove si estinse, vittima di collezionisti e cacciatori. Dalla pesca e caccia con zagaglie e ami rudimentali di ossi animali, ossi di sep-

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pia e molluschi come la Patella caerulea (Linnaeus, 1758), si è passati all’uso di diverse varietà di ami a seconda dello stile di pesca e ad un gran numero di reti: da circuizione (tonnarella, agugliara, lampara), a strascico (paranza, sciabica, sciabichello, ragno, rastrello), da posta fissa (tramaglio o tremaglio, tramaglino), da posta alla deriva (lacciarella, voighe, sardella). Nei due mari è molto diffusa la pesca da diporto sullo scoglio di fronte a casa e in mare aperto con il gozzo, barca da pesca in legno o vetroresina della tradizione marinara italiana. Nelle baie e porticcioli della costa è attiva la piccola pesca praticata da pescatori, singoli e associati in cooperative. Nei porti di Otranto, Castro, Leuca, Gallipoli e Porto Cesareo sono attivi pescherecci (o motopesca) per l’attività di pesca commerciale. Attività per turisti con la passione per la pesca sono praticate a Marina di Tricase dal pescatore Rocco Cazzato al Pescaturismo “Anime Sante” e a Porto Cesareo dall’Ittiturismo “Sparviere” di Giovanni Colelli e Barbara Orlando. Nell’Area Marina Protetta di Porto Cesareo, il nostalgico pescatore Eugenio Colelli in solitudine sul suo vecchio gozzo va a pesca di polpi con la polpara fatta da una robusta lenza di una cinquantina di metri con legata all’estremità una zampa di gallina o un granchio di pelo. I gourmet della “quatàra”, piatto tipico dei pescatori cesarini ancora oggi proposto ai vacanzieri dai ristoranti di Porto Cesareo, esigono la preparazione tradizionale fatta con pesci chiattisciati e te quataru (lutrinu, sparamazzu, saracu, varancueddhu o fascista, zetula, scorfunu, labbrutu, perchia, cannulu, angiulinu, lucerna, minnula, pescatrice, parasaula, lappana, casciulu, sturde e ‘nzorba) con calangiddha, seccia e calamaru messi a fine cottura nel quatarone.


FOCUS

L’AREA MARINA PROTETTA DI PORTO CESAREO ’Area Marina Protetta - AMP - di Porto Cesareo, istituita con decreto del ministero dell’ambiente del 12 dicembre 1997, è una riserva marina dello Stato estesa 16.654 ettari ed interessa 32 chilometri di litorale di competenza dei Comuni di Porto Cesareo e di Nardò. È inserita nella lista delle Aree Specialmente Protette di Importanza Mediterranea – ASPIM – e affidata ad un Consorzio di Gestione costituito dai 2 Comuni e dalla Provincia di Lecce. Le finalità istitutive sono la protezione dell’ambiente marino, la promozione di uno sviluppo socio-eco-compatibile, la realizzazione di progetti di educazione ambientale rivolti a tutte le categorie di portatori di interesse e la promozione e realizzazione di progetti di ricerca scientifica. Nel caso di specie, assume speciale rilevanza la presenza, sui fondali della Riserva, che è interamente mappata, di oltre 15 habitat differenti con un elevatissimo grado di biodiversità rappresentativa dei popolamenti sommersi del Mediterraneo. Tra questi, vaste praterie di posidonia oceanica, ambiti a coralligeno e grotte sommerse.

l

Rocco cazzato il gigante pescatore di Tricase Porto palamiti, scorfani, merluzzi e calamari. Rocco che conosce molto bene le sue abitudini lo cattura all’alba. Dopo poche ore finisce in padella. Il pupiddhru tricasino pescato da Rocco è il piatto tipico di “Anime Sante” dove ai fornelli opera la moglie, Lucia Scarascia aiutata dalla figlia Donatella che mette nel piatto le bontà preparate dalla madre e le consegna ai fratelli Daniele e Francesco per servirle agli ospiti. Certo, davanti al delizioso piatto di capelli d’angelo al sugo di pupiddhri c’è da leccarsi i baffi. Lucia, propone ai turisti piatti semplici ma gustosissimi della tradizione marinara: brodetto di pupiddhri con cipolle porraie (spunzale), prezzemolo e pomodorini servito con crostini di pane raffermo; pupiddhri fritti; friselle di grano, d’orzo e di farro bagnate in brodetto chiaro e leggero di pesci chiattisciati, cioè pizzicati dalle pulci di mare (chiatti) che rendono le loro carni particolarmente saporite perché sottoposte ad un lento e totale dissanguamento; gustose insalate di palamiti con patate, pomodori, capperi e tantissime altre specialità di mare. Insomma si mangia quel che si pesca.

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A volte, come a mare, bisogna invocare le “Anime Sante” per salvarsi da tanto gusto a tavola. N. Pacella

Ph. Nunzio Pacella

occo Cazzato, il gigante pescatore, nel Parco Naturale regionale “Costa Otranto Santa Maria di Leuca Bosco di Tricase” a Tricase Porto, a ridosso del Borgo dei Pescatori, ha aperto “Anime Sante” l’Ittiturismo più trend del Meridione d’Italia dove a tavola c’è solo pesce fresco. È quello pescato nella notte da Rocco che, nell’oscurità, maestoso per la sua stazza corporea, dritto a poppa del suo gozzo, fiuta il vento e punta la prua sul branco di pesci. Tra le sue specialità c’è lo zerro Spicara smaris (Linnaeus, 1758) che va dove lo porta il mare, ovvero la corrente. Nella tassonomia di Tricase Porto è noto come pupiddhru. Ha corpo affusolato, scaglie dentellate e una tipica pinna ventrale a cinque raggi. Si caratterizza per la varietà di grigi, che sfumano dal chiaro della parte ventrale allo scuro della dorsale, mentre la luminosità delle squame si intensifica al variare progressivo della profondità. Vive intorno ai 50 metri di profondità. Gli esemplari maschi misurano 20 centimetri, le femmine 15. Sale verso la costa tricasina ricca di plancton, la sera e ritorna in profondità al mattino. È preda di diverse varietà ittiche:

r


focus

Lungo il litorale dell’AMP – si estende da Punta Prosciutto che segna il limite settentrionale della Provincia di Lecce a Torre Inserraglio – esistono numerose torri costiere che hanno ritrovato un ruolo, ovviamente diverso ed estremamente attuale, di “difesa” del territorio. Il forza del progetto “Le torri fortificate vedette della legalità” sono state infatti dotate di un sistema di videosorveglianza ad alta tecnologia per la visione diurna e notturna. La gestione congiunta Consorzio - Capitaneria di porto di tale sistema, ha già dimostrato l’efficacia nel rilevare intrusioni nelle zone di riserva integrale (dove è consentito solo l’esercizio della ricerca scientifica) e infrazioni nel resto dell’area, dove il mare è risorsa fruibile, ma le attività umane sono regolamentate. Si tratta delle zone di riserva parziale, in cui può essere autorizzata la pesca professionale e sono permesse balneazione, attività subacquee compatibili con la tutela dell’ambiente naturale, accesso e navigazione a bassa velocità delle imbarcazioni autorizzate; e delle zone di riserva generale, dove in aggiunta alle attività anzidette, sono consentiti l’ancoraggio a strutture apposite e la pesca sportiva.

T he PMA of Porto Cesareo is state reserve that covers 16.654 hectares and 32 kilometres of coast, depending on the Municipalities of Porto Cesareo and Nardò.In these seabeds there are more than 15 different habitat, including Posidonia, coralligenous habitat and under water caves. The Reserve id divided into 3 kinds of areas: “integral”, where only scientific research is allowed; “partial”, where fishing, bathing and low speed navigation are allowed; “general”, where, besides the mentioned activities, also anchoring and sport fishing are allowed.

LAURA FERRARI la sirena di Porto Cesareo a passione che muove il mondo? Si può trovare nella testimonianza di vita di Laura Ferrari ed è passione per il mare. Perché lei è una donna-pescatore, mestiere declinato quasi esclusivamente al maschile. Era un’esperienza nota, certo, ma la sua passione era sottintesa; finché l’intervista rilasciata per le storie del progetto “Il mare racconta” di Mediamorfosi-Proago promosso dal Gac Jonico Salentino, l’ha fatta conoscere, urbe et orbi, dalle sue parole. Un intervento, il suo, che sembra fatto apposta per ribaltare i luoghi comuni: non solo perché, ammette, il suo mestiere è da sempre riservato agli uomini, che non la vedono di buon occhio specialmente se ritorna a terra con più pescato di loro; ma perché dice, memore dell’in-

L

segnamento del nonno, che non bisogna avere paura del mare. Stereotipi che non ribalta per sfida, bensì per passione. Quella che, da piccola, la portò a scappare dall’asilo e recarsi dal nonno, omettere il racconto della fuga e chiedergli di partire per la battuta di pesca; quella che la faceva approdare a scuola soltanto dopo la levataccia per essere prima in barca, sempre con il suo nonno-guida; quella che dopo la scuola Media l’ha messa in rotta di collisione con i genitori, che la volevano studentessa; quella che le sembra essere assente dagli orizzonti dei giovani, senza la quale non ci può essere futuro per la pesca, che non può essere ripiego e men che meno darti ricchezza. Laura ha scelto di fare il pescatore. Con il nonno, prima, poi da sola, poi con il fra-

ph Andrea Laudisa

tello Cosimo, anche se avrebbe preferito non doversi adeguare ai bisogni di altri, bensì rimanere spensierata a dividere la sua barca con la solitudine. E citando, forse inconsapevolmente, Baudelaire, spiega il perché del suo amore per il mare: “Mi piace la libertà”.

R occo Cazzato is the “Giant Fisherman” from Tricase, who started a fishing tourism business called “Anime Sante”(holy souls). At night he sails towards shoals of fish, the day after, his wife and son transform the catch into delicious but simple recipes of our tradition.; and sometimes you need to invoke the Holy souls, as when you find yourself in troubles in the sea, to save yourself from such delightful pleasures of the table. L aura Ferrari is a fisherwoman, the mermaid of Porto Cesareo. A strong passion led her to approach this job, usually linked to male presence. She believes that passion, currently lacking in new generations, is crucial for the future of fishing.; because fishing cannot be a fallback solution, nor makes you rich. She explains her love for the Sea, unwittingly mentioning Baudelaire, saying: “I like freedom”.

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Dir.


FOCUS

UNA STORIA EMBLEMATICA E DUE IMMAGINI SIGNIFICATIVE *

LA LAMPARA

una storia straordinaria di lungimiranza, resistenza e ordine pubblico di Alfredo Albahari

“Ho studiato a fondo e con amore i nuovi sistemi di pesca e mi sono convinto che, senza alcun pregiudizio di quelli già esistenti, un primo passo può farsi verso la grande industria della pesca, cominciando ad usare la cosiddetta lampara. Ho esortato all’uopo i pescatori più facoltosi a farne l’acquisto, ma invano”. uanto sopra è uno stralcio di un manifesto scritto nel 1923 da Tommaso Pedone, un imprenditore illuminato e di ampie vedute; il quale, non riuscendo a convincere i pescatori a fare uso delle lampare, decise, non prima di aver fatto correttamente partecipe di questa sua iniziativa la Cooperativa Pescatori del Circondario Marittimo di Gallipoli, di comprarne una lui. Il 30 agosto 1923 scrisse infatti una lettera alla Cooperativa Pescatori, nella quale assicurava che non c’era alcun pericolo che l’uso della lampara danneggiasse i vadi – luoghi di ri-

Q

produzione dei pesci – e comunicava che era sua intenzione comprare una lampara. Avrebbe introdotto questo tipo di pesca, ma si dichiarava disposto a sospenderla se avesse provocato dei danni. Alla lettera non ci fu mai risposta e Pedone procedette all’acquisto. Si riporta di seguito parte d’un suo sfogo, datato 8 maggio 1924, dal quale traspaiono il suo carattere determinato e il timore verso il cambiamento dei pescatori gallipolini. “Acquistai una lampara. Non l’avessi mai fatto. Alcuni individui estranei all’industria del-

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la pesca, animati soltanto dal malvagio desiderio di ostacolare qualsiasi provvida iniziativa; alcuni altri credendo lesi i propri e mal compresi interessi, hanno sparso la mendace voce che la pesca con la lampara noccia agli attuali sistemi di pesca. Mai fu proferita parola così ingiusta, così iniqua come quella da essi pronunziata. La lampara pesca e cattura mercé reti e fasci luminosi quei pesci che non vivono qui, ma che in grande famiglia si muovono da lontane provenienze, transitano il nostro mare per raggiungere lontane contrade. Come ben si vede quei pesci lasciati a loro stessi passerebbero dal nostro mare indisturbati e sarebbero poi catturati da altri pescatori, a noi vicini, che su larga scala adoperano la lampara”. Quantunque deluso dal comportamento dei pescatori, Pedone era sostenuto dalla forza delle sue idee perché fermamente convinto che l’innovazione avrebbe comportato un incremento del pescato e conseguenti vantaggi alla collettività. Egli stesso aveva in animo di attivare una fabbrica, creando nuovi posti di lavoro, per la conservazione del pesce azzurro pescato con la lampara. Insomma, tutto evidenzia un approccio all’iniziativa corretto e sostenuto da grande sensibilità sociale, ma la polemica montava sempre più, tanto che intervenne la Regia Prefettura. Per motivi di ordine pubblico, atteso


ph. Giuseppe Capraro

focus

che la gran parte dei pescatori contestava l’utilizzo e la tecnica di pesca della lampara, ne vietò l’uso con grande soddisfazione della Cooperativa Pescatori che fece affiggere un manifesto con il Decreto Prefettizio. La storia insegna che la lampara fu poi condivisa e adottata e fino ad alcuni lustri addietro era facile vederne all’opera tutte le sere, purché non fosse luna piena e il mare non fosse molto mosso. Le barche singole pescavano sotto costa e i pesci, attratti in superficie dalla luce della potente lampada ad acetilene montata a poppa delle barche con il fascio di luce rivolto verso il basso, erano catturati con la fiocina. Spesso, invece, al tramonto si vedevano gruppi di almeno tre barche, tutte dotate di lampara, dirigersi verso l’Isola Sant’Andrea. Le barche più piccole erano rimorchiate dalla più grande, la barca madre, sulla quale c’era la rete per la pesca a circuizione, detta “chiangi”. Quando i pescatori valutavano che il pesce attratto dalla luce fosse copioso, davano inizio alla pesca. Calavano la rete e la distendevano fino a circondare gran parte dei pesci. La parte superiore della rete galleggiava grazie a dei sugheri, mentre la parte inferiore, tutta immersa perché appesantita da piombi, creava una specie di sacco

che catturava i pesci. La rete era poi salpata con la forza delle braccia dei pescatori che si trovavano sulla barca madre, mentre i loro colleghi a bordo delle barche più piccole raccoglievano, con l’uso di retini, i pesci che versavano in vasche piene di acqua di mare. In tempi più recenti il sistema di pesca è stato ammodernato: le lampade erano alimentate da piccoli motori diesel, le reti salpate con un sistema di tiraggio alimentato dal motore dell’imbarcazione e la barca madre dotata di sonar ed ecoscandaglio che consentivano ai pescatori di localizzare i banchi di pesce, solitamente sardine o acciughe. Se i banchi si spostavano, anche le lampare venivano spostate. E si andava avanti così per tutta la notte. Al sorgere del sole si faceva ritorno in banchina e si scaricava il pescato che di lì a poco avrebbe fatto bella mostra di sé sui banchi di qualche pescheria.

*Il caso ha voluto che le immagini, diverse e lontane nel tempo tra di loro, fossero riconducibili alla stessa famiglia. Il suggestivo olio su tela che immortala una lampara all’opera vicino ai ”cambarini” è opera del compianto pittore Luigi Capraro (1928-2013); la fotografia della lampara che squarcia il buio della notte è del figlio Giuseppe.

I n 1924 an entrepreneur, Tommaso Pedone, introduced night fishing in Gallipoli, with the “lampara” fishing lamp. It was a great innovation for that time, and fishermen were concerned that it could harm the usual breeding sites of fish. They were reassured that the catch was always in transit, but this wasn’t enough to prevent a protest.. Because of their protest, the Royal Prefecture prohibited the use of the “lampara”on grounds of public security.

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ph Giuseppe Piccioli Resta

OSSERVATORIO EUROPEO

ECONOMIA BLU:

dalle politiche alle opportunità di finanziamento di Paolo Casalino , In un precedente articolo ho evidenziato la rilevanza che l Unione Europea assegna ,, ,, , al tema della“ crescita blu , sin dal lancio dell omonima strategia nel 2012, seguita ,, , ,, poi, due anni dopo, dalla Comunicazione“ L Innovazione nella blue economy ”1.

li oceani, i mari, i settori marittimi e costieri possono divenire importanti leve per stimolare crescita e occupazione in Europa, con un grande potenziale di innovazione ancora da sfruttare. Ad oggi, secondo stime della Commissione Europea, circa 5 milioni 400 mila lavoratori trovano impiego in settori riconducibili all’economia blu, di cui conosciamo l’importanza per il Sud e per l’Italia intera. E vi è grande potenziale di ulteriore sviluppo in settori quali l’acquacoltura, le biotecnologie e le energie marine, il turismo costiero. Quanto al turismo, sebbene l’Unione Europea possa agire solo a sostegno delle iniziative intraprese dagli Stati membri, cui resta in capo la competenza principale in materia, è da notare come sin dal 20092 non manchino

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le iniziative assunte da Bruxelles per promuovere la competitività, l’innovazione, la digitalizzazione, la sostenibilità e la qualità del turismo in Europa. Punto di partenza dell’azione europea è la premessa della Comunicazione della Commissione “L’Europa, prima destinazione turistica mondiale - un nuovo quadro politico per il turismo europeo”3, lanciata nel lontano 2010. In quel documento si riaffermava infatti come il nostro continente sia la prima destinazione turistica al mondo: l’obiettivo di mantenere questo importante primato deve, però, essere quotidianamente sostenuto mediante azioni concrete. Nel 2014, poi, l’emanazione di una Comunicazione che riguarda specificamente il turismo costiero e marittimo4. È indubbio che la professionalizzazione degli operatori turistici, il mi-

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glioramento dell’ecosistema per le imprese del settore e la disponibilità di finanziamenti dedicati siano tre punti chiave su cui puntare e di cui, ad esempio, si dibatterà il 5 aprile prossimo nella grande conferenza organizzata a Bruxelles dalla Direzione generale crescita della Commissione Europea5. In tema di risorse finanziarie disponibili, vorrei ora soffermarmi su due opportunità concrete che l’UE mette a disposizione come “bandi diretti”, cioè emanati direttamente dale Agenzie esecutive a Bruxelles, che si aggiungono alle risorse disponibili per questi settori nel Fondo europeo di sviluppo regionale, gestito dalla Regione, e nel Fondo europeo per la pesca e gli affair marittimi, cogestito dal Ministero delle politiche agricole e forestali e regioni.


ph Nunzio Pacella

Il primo bando che vi descrivo è, dovrete ammetterlo, tanto singolare quanto interessante e utilizza risorse del programma COSME, specificamente dedicato alle PMI: promuovere la creazione di itinerari turistici tematici sul patrimonio culturale subacqueo e sulla sua salvaguardia. Obiettivi sono la promozione della competitività del settore del turismo marittimo e costiero, la diversificazione dell’offerta turistica, la destagionalizzazione, la realizzazione di sinergie tra turismo e attività legate alla cultura, la tutela e la promozione del patrimonio culturale subacqueo. Potranno essere beneficiari dei finanziamenti diverse tipologie di soggetti (pmi, pubbliche amministrazioni, ong/associazioni, agenzie di viaggio e tour operators, ecc), con l’obbligo di costituire un consorzio transnazionale in cui vi siano almeno una PMI attiva nel settore del turismo e almeno una entità pubblica (amministrazioni nazionali, regionali e locali, istituti di ricerca e Università) attiva nel settore del turismo, degli affari marittimi, dello sviluppo regionale. Durata del progetto 18 mesi, cofinanziato dal-

la UE all’80 per cento. La seconda opportunità di cui oggi vi riferisco è legata invece alla blue economy, con oltre 7 milioni di euro che saranno investiti dalla UE per finanziare tre bandi denominati ‘Blue careers’, ‘Blue labs’ e ‘Blue technology’. Il primo supporterà il miglioramento delle opportunità professionali e di formazione nel settore dell’economia marittima, per renderle più aderenti alle richieste del mercato, e sarà destinato a diverse categorie che è imprescindibile coinvolgere per rendere competitivo questo settore (studenti, docenti, professionisti del settore, tecnici, imprenditori). Il secondo bando sarà finalizzato a stimolare la creatività di giovani ricercatori che, supportati da ricercatori senior, esponenti del mondo produttivo e stakeholders locali, svilupperanno soluzioni innovative utili a risolvere delle sfide specifiche del settore marino e marittimo. L’ultimo dei tre bandi sarà invece destinato a supportare partenariati pubblico-privati utili a sviluppare delle roadmaps congiunte per coordinare investimenti nelle aree tecnologiche

A ccording to the European Commission’s estimates, about 5millions 400 thousands workers are already employed in the blue economy, and sectors like aquaculture, biotechnologies and marine energies, coastal tourism have been estimated to have a great potential of growth. The growth requires preliminary requirements, such as Fundings. In this respect, the EU offers the resources of both “direct calls” and ERDF for fishing and marine business.

ad alto potenziale di innovazione presenti nel settore dell’economia blu. Sarà inoltre finalizzato a creare sinergie tra i vari tipi di fondi disponibili per affrontare queste sfide. I bandi saranno rivolti a tutti i bacini marittimi che contornano l’Europa e saranno lanciati dall’Agenzia europea EASME in Aprile. Per altre info consultare il sito https://ec.europa.eu/easme/ en#pillar-maritime.

Per altre informazioni in merito: http://ec.europa.eu/maritimeaffairs/policy/blue_growth/index_en.htm 2009 anno in cui con il Trattato di Lisbona il turismo entra a far parte degli obiettivi dell’UE. 3 Testo integrale al seguente link: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2010:0352:FIN:IT:PDF 4 Per il testo integrale della Comunicazione del 2014: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2014:0086:FIN:IT:PDF 5 Per maggiori info su questo evento: http://ec.europa.eu/growth/tools-databases/newsroom/cf/itemdetail.cfm?item_id=8656&lang=en 1 2

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Turismo Loredana Capone. Paesaggio culturale, Il turismo in Puglia cresce ancora .............................. 23 BTM 2016. Travel, innovation e destagionalizzazione ........................................................................................ 25 Salento Festivart 2016 .............................................................................................................................................................................. 26 I luoghi della Passione in Puglia...................................................................................................................................................... 27 VIAGGIATORI IN PUGLIA | Augusto Benemeglio | L’ultimo viaggio di Virgilio ................ 30 Federica Sabato | Ponti di Puglia ................................................................................................................................................ 35 WEEKEND A | Giovanni Serafino | ORIA. Santi, Misteri & Cavalieri ................................................ 38 Giovanni Nuzzo | Con più gusto, da Santa Cesarea Terme... ...................................................................... 41 ...A Gallipoli con i premi del Concorso Caroli Hotels ........................................................................................ 41 LA SPORTA | Vecchia Oria ................................................................................................................................................................ 42

AUGUSTO BENEMEGLIO Scrittore e poeta, ufficiale emerito del Corpo della capitanerie di porto

FEDERICA SABATO Giornalista, pedagogista e counselor impegnata nel volontariato sociale

GIOVANNI SERAFINO Docente in Scienze Turistiche Incoming Operator Delegato all’internazionalizzazione Sez. Turismo Confindustria Lecce

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GIOVANNI NUZZO Docente presso i licei scientifici, giornalista e appassionato di mare


TURISMO

Il nostro direttore ha intervistato l assessore all industria turistica e culturale della Regione Puglia ,

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LOREDANA CAPONE PAESAGGIO CULTURALE IL TURISMO IN PUGLIA CRESCE ANCORA Partendo dai “numeri” pregressi, come giudica la stagione balneare 2015? Un’ottima stagione! Nella situazione attuale, come emerge anche da un’indagine Ciset, il turismo balneare continua ad essere il cavallo di battaglia della Puglia, incidendo per il 54 per cento sul totale regionale degli arrivi, anche se Arte e Cultura hanno raggiunto il 13 per cento. Rispetto alla stessa indagine svolta tre anni fa, sempre dal Ciset, il turismo del mare si è addirittura rafforzato. Il mare resta anche una componente fondamentale del turismo salentino che nel 2015 è stato se-

gnato da un incremento degli arrivi del +5,5 per cento con una forte crescita del turismo estero in particolare da Francia, Regno Unito, Germania, Paesi Bassi, Svizzera e Belgio. Quale stima sarà l’andamento della prossima stagione estiva? Il trend di crescita costante dal 2010 al 2015, con stime per il solo 2015 del +9 per cento in Puglia di arrivi internazionali, dovrebbe essere confermato. Fra gli operatori turistici vi è un certo ottimismo: da una recente indagine di Giaccardi & Associati risulta che la percezione econo-

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mica del turismo pugliese è molto positiva (65 per cento), nonostante la percezione negativa della situazione economica in generale (63 per cento). Anche secondo i turisti intervistati dall’ Università del Salento, la Puglia vive un momento di particolare rinomanza ed è considerata una meta ambita. Non dobbiamo guardare, però, solo all’estate che generalmente va bene. Dagli operatori emerge una forte volontà di destagionalizzare e ampliare le opportunità di business, facendo di cultura ed enogastronomia i prodotti della destinazione Puglia più importanti da sviluppare.


TURISMO

Come sarà la Puglia turistica del prossimo quinquennio, anche alla luce della realizzazione dei distretti turistici che vedono la primogenitura del Salento leccese? C’è un impegno straordinario di tutta la Puglia sul tema del turismo e dell’industria turistica e la nascita dei distretti turistici nel Salento ne è un esempio. Dobbiamo fare in modo che questo impegno si traduca in risultati capaci di durare nel tempo e giovare alle imprese. Anche perché esistono ampi margini di sviluppo soprattutto sui mercati esteri visto che siamo ancora molto lontani dal tasso di internazionalizzazione italiano: 20 per cento della Puglia contro il 49 per cento dell’Italia. La nuova programmazione 2014/2020 della Regione Puglia terrà conto di tutto questo avendo ben presente la sfida che la Puglia ha in questa nuova fase: far crescere la competitività della destinazione in Italia e all’estero, aumentare i flussi di turisti internazionali e dare una spinta positiva alla destagionalizzazione, favorendo l’innovazione organizzativa e tecnologica. Sono quattro le priorità: prodotto, formazione, accoglienza, promozione, legate dal filo dell’innovazione. E innovazione è certamente tecnologia

digitale, app ed altro, ma è anche lavorare sull’offerta adattandosi alle esigenze e ai bisogni dei viaggiatori moderni, nella logica dei viaggi brevi, short break, fra i trend del turismo globale: si viaggia di più rispetto al passato, ma lo si fa per periodi più brevi, anche fuori stagione. Per questo, sono strategici i trasporti interni ferroviari che arrivano nel cuore delle città e possono interconnettersi con il trasporto aereo. Il Paese deve essere tutto collegato in modo veloce se si vuole veramente non solo che decolli il turismo pugliese, siciliano e calabro, ma anche lo stesso turismo italiano. Alla Bit, ho avuto modo di dire a Trenitalia che entro un anno vorrei vedere la cartina dei collegamenti Freccia Rossa cambiata: vogliamo vedere i collegamenti ferroviari veloci fino a Lecce. La Puglia dispone da breve tempo della Digital Library. Perché tale archiviazione digitale multimediale di libri, riviste, giornali, fotografie, materiali sonori e audiovisivi, documenti d’archivio, oggetti museali, monumenti e siti di interesse storico-artistico? La Digital Library, on line dal 18 febbraio scorso, è una piattaforma piena di contenuti che illustrano la grandezza del

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patrimonio culturale pugliese, finalmente anche protetto dal rischio di obsolescenza dei sistemi di conservazione. È un’infrastruttura tecnologica informativa, semplice, centrata sull’utente, che rende disponibile alla collettività il patrmonio culturale della Puglia per essere conosciuto e riutilizzato, anche a fini commerciali, da cittadini, imprese, esperti informatici e giovani imprenditori. È uno straordinario strumento collegato ad altre piattaforme culturali ed interoperativo: questo vuol dire che contemporaneamente da New York piuttosto che dalla Russia si possono conoscere i beni culturali della Puglia. Con questa nuova piattaforma si apre anche una sfida culturale significativa perché solo una parte dell’immenso patrimonio della Puglia per il momento è inserito nella Digital Library. Si può e si deve fare molto di più. Occorre che ciascuna istituzione culturale della Puglia pensi, e lo abbia come proprio intendimento, di divulgare al massimo il proprio patrimonio che non appartiene solo alla singola istituzione, ma è di tutti. Per far sì che possa diventare di tutti, deve essere accessibile e conoscibile. Ed è per questa ragione che noi abbiamo invitato, e ripetiamo il nostro invito, tutti coloro i quali hanno un patrimonio culturale, siano istituzioni, biblioteche, musei, ma anche


TURISMO

Il Museo d’arte orientale di Torino consente di conoscere la Città proibita di Pechino mediante speciali occhiali che immergono il visitatore in una realtà virtuale tridimensionale. In Puglia, l’innovazione aiuterà a valorizzare il patrimonio culturale e a migliorare la fruizione dei tanti musei esistenti, spesso ben poco conosciuti? Certamente! L’innovazione in Puglia anche attraverso la Digital Library valoriz-

zerà l’immenso patrimonio spesso sconosciuto e aiuterà anche a sviluppare nuovo lavoro; si pensi ai web designer. D’altronde ormai abbiamo tanti esempi nel mondo che ci indicano che quella dell’innovazione per la cultura è la strada giusta: pensiamo alle biblioteche degli Stati Uniti che sono state interamente digitalizzate grazie ad una fondazione privata o ad un museo come il Rijksmuseum di Amsterdam che offre la possibilità a tutti di scaricare ad alta definizione le immagini delle opere dal proprio portale: le tele dell’arte olandese, dalle prime pale medievali al rigoglioso Secolo d’Oro, con i capolavori del XVII secolo di maestri quali Rembrandt e la sua Scuola, Vermeer ed altri, possono essere ammirate in qualsiasi momento in remoto e possono persino essere riprodotte su magliette o appese sui muri di casa propria. Questo non ha diminuito il flusso di visitatori, più di un milione all’anno, né impoverito la sacralità dell’arte, ma ha permesso di appassionare e di far vivere

l’arte a tutti i livelli aumentando il desiderio di ammirare dal vivo l’opera che si è potuto conoscere on line”. Valuta che la cultura possa essere d’ausilio nel promuovere la destagionalizzazione anche in città di mare, altrimenti costrette al lungo letargo invernale che si traduce in mancata ricchezza per gli operatori e il territorio? La cultura è il prodotto della destinazione Puglia più importante da sviluppare. Il turismo culturale in Puglia è un “turismo del paesaggio culturale” che va a vantaggio delle aree interne della Puglia, che permette di allargare la stagionalità ai “periodi spalla”, maggio giugno e settembre ottobre, e vede nella componente straniera il maggior fruitore. È questo il turismo da potenziare e sviluppare secondo gli operatori pugliesi. Anche perché, sempre Ciset mostra come nel confronto con altre regioni competitor, come Sicilia

ph Archivio Mediamorfosi

semplici collezionisti e cittadini, a contattare il Servizio Beni Culturali della Regione perché possa disporre l’inserimento del proprio patrimonio nella Digital Library. È questa una grande occasione per le varie istituzioni per farsi conoscere; il fatto che il dato o l’opera sia presente su internet non limita l’accesso dei visitatori, ma anzi ne aumenta l’interesse e la curiosità e quindi la voglia di visitare personalmente.

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TURISMO

e Campania, la Puglia sia ben posizionata proprio per i prodotti mare e cultura. Le indicazioni che emergono dallo studio Ciset per quanto riguarda il turismo del paesaggio culturale sono precise e incoraggianti: seguendo il trend internazionale di crescita di questo tipo di turismo, stimato intorno al 3 per cento e con performance intorno al 4-5 per cento per la componente internazionale, la Puglia ha buone prospettive di crescita sul prodotto-cultura, grazie anche a Matera 2019, soprattutto sviluppando l’incoming di stranieri. Per destagionalizzare occorre investire in cultura, enogastronomia e artigianato artistico. Tre elementi che legano turismo e sviluppo economico passando per il commercio. Perché tutto ciò sia possibile, tuttavia, occorre che gli operatori facciano rete tra loro perché la loro programmazione sia adeguata alle esigenze di un nuovo turismo. È importante dare maggiore impulso anche alla formazione di alto profilo. La Regione sta

percorrendo questa strada attraverso l’Istituto tecnico superiore per il Turismo che forma supertecnici altamente specializzati. Quanto ai bandi di sostegno al settore, la Regione ne ha già avviati diversi, il bando Nidi (Nuove iniziate di impresa), Titolo II Turismo e Pia Turismo che consentono anche di investire sulle strutture per l’accoglienza. Si tratta di bandi attivi e senza scadenza perché gli operatori possano accedervi in qualsiasi momento. Certo la Regione non può fare tutto. Occorre il contributo forte della scuola e dell’università con la massima concentrazione sulla managerialità per l’accoglienza che potrebbe contribuire moltissimo anche all’obiettivo della destagionalizzazione. Potrà servire anche la banda larga e possiamo rassicurare gli operatori: entro giugno tutta la Regione sarà cablata con banda ultralarga”.

S easide tourism still represent a inning feature for Apulia, affecting by 54 percent on the regional total amount of arrivals, even if Arts and culture reached a 13%.an stakeholders show their strong will to work out of season and widen business opportunities, developing culture, food and wine offer. The new program 2014/2020 will aim to support tourism in low season, favoring management innovation and new technologies, with four priorities: Product, training, hospitality and promotion Innovation will affect, thanks to a Digital Library, a huge unknown heritage, and will help to create new jobs, such as web designers. In order to eliminate the distance between high and low season, Regione Puglia offers calls without deadline, which allow stakeholders to access easily, creating a network..Also high-level training needs to be stimulated.

BTM 2016

TRAVEL, INNOVATION E DESTAGIONALIZZAZIONE BTM - Business Tourism Management è l’evento promosso da Password AD che a metà febbraio ha richiamato a Lecce una quarantina di buyers provenienti da tutto il mondo, big player del web e oltre 80 espositori, tra compagnie aeree e di navigazione, enti di promozione turistica, aziende di fornitura alberghiera, tour operator nazionali, metamotori di ricerca e prenotazione online ed alcune tra le aziende del settore ricettivo alberghiero ed extralberghiero di Puglia e del Mezzogiorno. L’evento ha vantato un ricco calendario di workshop, incontri B2B, networking e business matching nonché uno spazio dedicato al turismo eno-gastronomico; condensando infine un programma che ha già proiettato l’interesse degli operatori dei diversi settori su BTM 2017.

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TURISMO

A Gallipoli, il 23 e 24 aprile 2016

Salento FESTIVART 2016 arte, musica & divertimento

Fare rete per promuovere e sviluppare qualsivoglia attività. È un orientamento ormai acquisito e che si presta a sempre nuove applicazioni. In tale ottica, gli imprenditori di Gallipoli hanno avviato un progetto di crescita della città e insieme delle attività commerciali che acquista valore di modello di sviluppo tout court. a necessaria premessa è stata la costituzione dell’Associazione commercianti e imprenditori di Gallipoli per input di Matteo Spada, che la presiede, forte dell’idea di trasformare la città in un Centro commerciale naturale. Una sorta di alternativa ai centri commerciali più o meno extraurbani, che propone la città, con le sue peculiarità ambientali e le sue ricchezze artistiche, come sorta di strumento per conseguire un rilancio reale del commercio e del turismo. L’idea di Spada, che gli obiettivi possono essere conseguiti innanzitutto con un gioco di squadra che non lasci indietro nessuno, è stata condivisa dai commercianti che rappresentano la vastissima base del sodalizio e dai loro rappresentanti che lo coadiuvano nel direttivo: Achille Maggino, Federico Stefanelli, Luigi Freddo, Christian Scorrano, Stefania Passaseo, Enzo Alemanno, Paolo Demitri e Antonella Minisgallo. Seconda idea vincente, puntare sull’acceleratore potentis-

L

simo rappresentato dai grandi eventi con il loro portato di fermento umano ed economico. In questo contesto, il concetto del fare rete è stato applicato al partenariato con il Peninsula–Musica and Art Festival, in programma dal 26 al 28 marzo, organizzato da Samsara Beach e David Production (nella foto, Matteo Spada a sinistra con accanto Rocco Greco e David Cicchella). Ma c’è poi in calendario un grande evento tutto proprio dell’associazione, il Salento FestivArt 2016, in programma il 23 e 24 aprile. Gli appuntamenti in dettaglio sono in dirittura d’arrivo, ma si può anticipare che, in linea di massima, le sue performance si svolgeranno sabato 23 nel centro storico e nel Castello e domenica 24 nella città nuova; che la direzione artistica dell’evento è stata affidata a Dario Carratta e Antonietta Manca; che sbarcheranno in riva allo Jonio una trentina di artisti di fama nazionale e internazionale.

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ph. Michele Esposito

Nulla può raccontaRLA meglio delle immagini. PERCHÉ MOLTO SI POTRebbe scrivere dei riti, senza riuscire tuttavia a coglierne i diversi valori“ DI devozione e spiritualità radicati nella tradizione cristiana, TRASMESSI A chi vi assiste.

I LUOGHI DELLA PASSIONE IN PUGLIA

LA SETTIMANA SANTA IN PUGLIA: OCCASIONE ,UNICA PER CONOSCERE UN ALTRA PUGLIA


TURISMO

Madonne Addolorate vestite di nero e donne che ne condividono il dolore dinanzi al mistero della morte; fratelloni incappucciati e penitenti che reggono croci o si flagellano; rappresentazioni sacre sullo sfondo del Calvario e sintesi della Passione affidate alle statue dei Misteri; toccanti incontri tra la Desolata e il Figlio cercato per viuzze dilatate a mondo e Pietà con la Madre trafitta da un pugnale lacerante; Croci nere con gli strumenti della Passione e statue di Cristo Morto deposto in urne dorate o catafalchi di fiori. E ancora, lo stridìo metallico delle battole, il rullare cupo dei tamburi, il suono lacerante delle trombe, la musica sacra delle bande, gli

antichi inni intonati dai cori, tutto concorre a tradurre in emozioni l’afflato popolare che esalta l’umanità di Cristo e della Madre, in attesa che la Pasqua ne faccia trionfare la dimensione divina. Gran parte delle fotografie è tratta da reportage sui riti di Gallipoli, che possono bene assumere valore universale perché raccontano la stessa storia, la stessa fede, gli stessi cortei, gli stessi piedi scalzi, da Vico del Gargano a Botrugno, da Ruvo di Puglia a Bisceglie, da Valenzano a Grottaglie. Riti ricchi di pathos, di forza magnetica, di suggestioni, ai quali non si può assistere senza che diventino esperienze di vita interiore.

GALLIPOLI

Ph. Michele Esposito

T he Photographs documenting the rites of the Holy Week have a general value, quite apart from the places or situations portrayed. They tell about processions of Madonnas, Mysteries, Pietà and Christs, hooded penitents, cults and rites, tears and emotion, which are the same all over Apulia, always rich in pathos, strenght, powerful impressions. You can’t attend without transforming them into experiences of your inner life.

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TURISMO

MOLFETTA

www.settimanasantainpuglia.it

BOTRUGNO

MAGLIE

Ph. Nunzio Pacella

PULSANO

www.settimanasantainpuglia.it

Ph. Nunzio Pacella

VALENZANO

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TARANTO

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VIAGGIATORI IN PUGLIA

L’ULTIMO VIAGGIO DI VIRGILIO Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope (Mantova mi ha generato, il Salento mi rapì la vita, ora Napoli mi conserva) di Augusto Benemeglio Il Salento ebbe un viaggiatore d’eccezione, uno dei più grandi poeti del nostro mondo occidentale, Publio Virgilio Marone, che, tornando dalla Grecia, dove era andato a vedere di persona i luoghi che aveva cantato nel suo poema, approdò, già gravemente malato, a Brindisi, per trascorrervi gli ultimi suoi giorni di vita.

E

ra un Salento, all’epoca denominato Calabria, col sole a picco, senza ombre, fiumare asciutte, terra gialla di stoppie, rintronata dal frinire ossessivo di cicale scoppiate (“ogni notte scoppiano tra i rami cigolii sanguinari”), un Salento nero, pieno di occhi di luna e strisce di lutto, quello in cui il grande poeta latino trovò la parola chiusa, che diventa morte, che sopraggiunse il 21 settembre del 19 a.C., assistito dai suoi fidi discepoli e amici Tucca e Vario, candide creature, spiriti eletti, e dallo stesso Augusto, che proprio a Brindisi, vent’anni prima (40 a.C.), aveva firmato il trattato di pace con Antonio. Virgilio non muore in terra straniera, ma in un luogo conosciuto e amato, tra persone amiche, muore tra le braccia dello stesso imperatore, che subirà un grande dolore e privazione dalla sua scomparsa. Lo scrittore austriaco Hermann Broch, nel suo libro, “Morte di Virgilio”, descrive il poeta sofferente, che viene condotto, nella sua lettiga, attraverso i bassifondi della città, nella volgarità, nel cinismo, nell’insensibilità della folla, in una lunga agonia durata diciotto giorni. Solo durante le notti, quando tutto il fervore del giorno e il rumore della città portuale si mutano in un delirio circolare di stelle erranti e alberi di fumo e d’aria, e le vele dei navigli si mutano in fo-

glie di magnolie, Virgilio fa un bilancio della propria vita e intuisce che tutto è stato un vano fantasticare con la magia, la poesia, un giocare con l’eternità – quel gioco ammaliante e misterioso che gli artisti chiamano “bellezza”. La sua è stata un’esclusione dalla vita reale, un esilio dorato in una regione vuota che non esiste: la “letterarietà”, che è il punto più basso della volgarità intellettuale. È allora che decide di distruggere il suo poema, per il quale aveva lavorato senza sosta per dodici anni. L’Eneide andava bruciato non solo perché era un’idea artisticamente non interamente realizzata, priva di ritmo e di coerenza narrativa, ma soprattutto perché – questo solo ora lo aveva capito - il vero scopo di ogni creatore è quello di distruggere la sua opera. L’Eneide – si ripeteva - deve essere consumata dal fuoco della “realtà”. Delirante, chiama i suoi fidi amici Plotio Tucca e Vario Rufo,- che l’hanno accompagnato nel faticoso viaggio in Grecia e assistito sot-

In alto - Busto nel Parco della Grotta di Posillipo Qui sopra - Mosaico romano, Virgilio tra Clio e Melpomene, III sec, Museo nazionale del Bardo a Tunisi. Foto di Giorces (Wikimedia)

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to il sole infuocato di Megara, nell’Attica, dove Virgilio prese un colpo di caldo terribile che lo portò probabilmente alla morte, - e fa loro giurare che, dopo la sua morte, distruggeranno il poema, perché non aveva avuto il tempo di rileggerlo e limarlo a dovere. I due giurano davanti al moribondo. Se ciò fosse accaduto, probabilmente sarebbe cambiata tutta la storia dell’Occidente. Come avrebbe fatto Dante senza “L’Eneide”?, e Ariosto?, e Tasso?, e la poesia di Baudelaire, a partire dalla Andromaca, che sembra tradotta da una lingua morta, inesistente, frammista di Virgilio e liturgia cristiana, come sarebbe stata? Cosa avrebbero studiato le infinite generazioni di studenti romani e di tutti gli imperi ed esarcati dell’occidente, orfani del più grande poema della latinità? Ma ci fu il veto di Augusto, a cui Virgilio aveva letto alcuni dei primi sei libri, che ordinò a Vario e Tucca di iniziare immediatamente a darsi da fare per la pubblicazione del grande poema che celebra la nascita di Roma e della famiglia Giulia a cui l’imperatore apparteneva.

B ack from Greece in 19 B.C., Publio Virgilio Marone, one of the greatest poets of western world, landed at Brindisi, seriously ill, to live his last years in a beloved place, among his friends, dying in the arms of Emperor Augustus; who saved the Aeneid from destruction. This celebrative masterpiece was dedicated to the birth of Rome and of the imperial Julius family, to which Augustus belonged.


Mondo Mare Vivo sapore di mare a tavola Si scrive Mare Vivo, si legge come innovativa realtà commerciale di Castro, si articola nell’industria ittica, nella pescheria e nella ristorazione e si declina come grande azienda familiare di cuochi e pescatori. È presente sul territorio dagli Anni ‘60, quando Vincenzo Ciullo aprì una pescheria e gli affiancò un esercizio di ristorazione, ma l’azienda come la conosciamo oggi è frutto dell’attività del figlio Antonio, che nel 1990 coniugò esperienza familiare e passione personale. Sorse così la prima, storica sede di MareVivo, situata sulla via Panoramica di Castro Marina, oggi pescheria al dettaglio, ma in passato anche magazzino per la vendita all’ingrosso di mitili e frutti di mare. Ciò fino alla primavera 2013, quando nella zona industriale di Castro fu inaugurata la nuova struttura in cui fu avviata l’industria ittica e che soprattutto ospitava il Centro depurazione molluschi, uno tra i più grandi d’Italia.

INFORMAZIONE PUBBLICITARIA


LA CASTRENSE La depurazione dei mitili rappresenta il ramo principale dell’attività di MareVivo. Le cozze nere che sono allevate dall’azienda e filtrate nelle acque azzurre della Baia di Castro, ad oltre un chilometro di distanza dalla costa, una volta depurate e confezionate diventano “La Castrense”. Ciò significa un prodotto intimamente legato al territorio che, in forza del suo mare, gli regala un sapore particolare, unico, riconoscibile, che può ben definirsi tipico delle nostre latitudini.

LA FILIERA CORTA Applicata di norma all’agricoltura, nel caso della pesca la filiera corta significa che MareVivo lavora con prodotti pescati da 7 motopesca – due di proprietà dell’azienda e 5 convenzionati – che ogni sera consegnano il pescato catturato sul Canale d’Otranto. Tale prodotto è controllato prima d’essere lavorato, trasformato e messo in vendita; garanzia, per il consumatore, che tutto ciò che arriva sulla sua tavola dall’azienda Ciullo è fresco e di qualità.


FACILI DA GUSTARE MareVivo ha pensato di venire incontro anche ad un’altra esigenza del consumatore moderno: la scarsa disponibilità di tempo da destinare ai fornelli e forse anche quella mancanza di dimestichezza con l’arte della cucina che era impensabile solo qualche lustro addietro. Sono nati così i “Facili da gustare”, prodotti già pronti per essere cucinati in pochi minuti. Il consumatore deve solo aprire la confezione e versarne il contenuto in pentola: che si tratti di frutti di mare o di pesce, i piatti assicurano quell’intensità di gusto che può derivare solo dal concorso di freschezza e qualità. La riprova si è avuta dal consenso crescente meritato da tali prodotti, che hanno conquistato i consumatori prima nelle iniziali zone di vendita, fuori regione e nel nord della Puglia, e poi nell’esigente mercato salentino.

SAPORE DI MARE La peculiarità dei “Facili da gustare” è rappresentata dall’incontro di esperienze di cuochi e pescatori e dall’innovazione, valga per tutte quella della confezione sottovuoto di cozze e frutti di mare, unica nel Centro-Sud Italia. In questo contesto, si ritrovano spigole e orate pulite per ottimizzarne la conservazione, filetti di alici d’antica tradizione, prodotti particolarmente graditi ai più piccoli, e non solo, come burger e polpette di pesce, il tris “scogliera” composto da cozze, vongole e fasolari.

TERZA GENERAZIONE “Le cozze dei “Facili da gustare” sono soggette ad una particolare lavorazione”, spiega Vincenzo Ciullo, figlio di Antonio e quindi terza generazione della famiglia di imprenditori e direttore generale di MareVivo, “perché vengono pulite, spazzolate, liberate dal bisso e, con un particolare procedimento, mantenute vive con un tempo di conservazione di 5 giorni dal confezionamento”. Un risultato reso possibile dall’esperienza, dalla ricerca e dall’innovazione che riconducono al processo depurativo perfezionato nel Centro. “Il nuovo impianto”, spiega Vincenzo, “garantisce anche un preciso e corretto controllo dei requisiti di temperatura, ossigenazione, salinità e Ph dell’acqua, che è depurata ad un livello tale da potersi definire sterilizzata. Un nostro particolare punto di forza, inoltre, è il laboratorio d’analisi interno, curato da una biologa e da una veterinaria, che ci consente di disporre dei risultati dei controlli prima ancora che il prodotto esca dall’azienda”. E questo, in fondo, suggerisce un ulteriore modo di leggere MareVivo: la massima attenzione riservata ai consumatori.

LO SBARCO NELLA CAPITALE Il più recente traguardo raggiunto da MareVivo, però, è il “Sea Cook”, il ristorante-friggitoria – un format di successo, potrebbe definirsi - gestito a Roma da Lorella Ciullo, sorella di Vincenzo, rifornito dei prodotti aziendali… in tempo reale perché non perdano nulla del sapore del mare di Castro. Tutte queste diverse e complementari attività sono state di riunite di recente sotto un unico marchio: “Mondo Mare Vivo”. Un mondo fatto di prodotti, esperienze, innovazioni, evoluzioni e tradizioni che hanno un denominatore comune vincente: la passione della famiglia Ciullo.


RICETTIVITÀ E RISTORAZIONE Anche l’esperienza della ristorazione parte da lontano, in casa Ciullo, e approda all’attualità: l’Hotel a 4 stelle e ristorante “Panoramico” con le sue due sale per ricevimenti e i ristoranti-friggitorie, da quello stagionale estivo “Isola del Sole” a quello aperto tutto l’anno, “Isola del Sole 365”, ubicato vicino al “Panoramico”. Nato, tale ultimo, dall’esigenza di soddisfare le richieste della clientela che non voleva privarsi dei piatti a base di pesce fresco e frutti di mare neppure per un giorno all’anno. Tutto questo a Castro, ovviamente.


PONTI DI PUGLIA di Federica Sabato Ponte di Porta Napoli a Taranto nel 1935

l ponte è per definizione l’elemento che congiunge, che unisce luoghi altrimenti irraggiungibili. Nel corso della storia ha rappresentato l’elemento fondamentale delle vie di comunicazione ed è stato il primo a cadere quando esse sono state volutamente interrotte. In guerra, ad esempio, i ponti sono stati i primi bersagli bombardati o fatti saltare per isolare interi paesi e tenere lontani i nemici. È la loro stessa importanza, oltre alla loro struttura, che li rende delicati e vulnerabili: anche durante le catastrofi naturali, come alluvioni o terremoti, sono i primi ad essere danneggiati. Ma in condizioni normali un ponte è una sicurezza, tanto che spesso il termine lessicale, usato in senso metaforico, è sinonimo di un legame indissolubile. Sono stati davanti ai nostri occhi da decine e decine di anni; in molti casi li abbiamo attraversati, ma mai considerati, eppure hanno collegato culture, economie, la storia e la vita di più popolazioni. Sono i ponti in pietra situati su tutto il territorio pugliese, da Santa Maria di Leuca al Gargano, che costituiscono un patrimonio artistico e architettonico mai tenuto in degna considerazione, ma ora riportato ala luce grazie ad uno studio articolato e certosino. Inseriti in percorsi turistici, oggi rivivono grazie al progetto “Bridges of History and Tradition”, con acronimo “Bridge.Trad”, finanziato nell’ambito dei programmi di cooperazione transfrontaliera dall’Unione Europea e attuato sul territorio regionale dall’Upi Puglia.

I

Tale progetto, iniziato nel 2013 e terminato lo scorso dicembre, ha avuto come obiettivo principale la tutela, la valorizzazione e la promozione del patrimonio culturale, costituito dai ponti in pietra, pensati come nuovi attrattori culturali nell’ambito di itinerari turistici regionali e transnazionali. “La mappatura di questi nuovi attrattori culturali, rappresentati dagli antichi ponti” - spiega il project manager Roberto Serra, - “consentirà di integrare il patrimonio culturale fruibile nell’ambito di itinerari turistici regionali e transnazionali. L’obiettivo è accrescere un turismo tematico con la possibilità di incrementare il numero dei visitatori nell’ambito delle aree territoriali cooperanti (per l’Italia la Puglia, per la Grecia la Regione dell’Epiro). La conservazione e la valorizzazione del patrimonio architettonico dei ponti tradizionali, considerati beni culturali da salvaguardare e tutelare come “sistema”, costituiscono un elemento importante del possibile sviluppo sostenibile nel settore turistico e dell’offerta alternativa per i territori cooperanti”. Il lavoro di mappatura dei 40 ponti in pietra, scelti su tutto il territorio regionale, è stato realizzato da un team di esperti, composto da architetti e storici dell’arte, guidati dall’arch. Vito Fortini. La grande varietà di ponti riscontrati sul territorio, ha suggerito al team di esperti una catalogazione per ambiti di appartenenza: i ponti romani, i ponti lungo le coste e quelli nelle gravine. Dal progetto Bridge of History and Tradition è nato anche il centro trasfron-

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taliero di conoscenza e ricerca per la promozione dei ponti storici, allestito all’interno del palazzo della Provincia di Bari. È stato inoltre avviato un laboratorio di ricerca video fotografica diretto da Giuseppe Pavone per la realizzazione di una piattaforma web multifunzionale contenente un museo on-line, una biblioteca digitale, una piattaforma e-learning con una soluzione di gis mapping. Nello specifico il laboratorio ha avuto per obiettivo la realizzazione di una documentazione fotografica dei 40 ponti censiti. Vi hanno aderito quattro autori e 19 fotografi e dai loro scatti è nata una mostra finale, allestita durante le conferenze scientifiche e il festival culturale che si sono svolti lo scorso dicembre, tra Polignano a Mare, Monopoli e Gallipoli.

A round the Apulian territory you may find many stone bridges, crucial elements for mobility, but often crossed somewhat distractedly. The fact that such a cultural heritage represents a “system” that must be protected and valorized, as could also be appealing for tourism (even transnational, as the research sponsored by EU concerned also Epirus, in Greece) suggested the creation of a comprehensive mapping system, divided into Roman bridges, coastal bridges and ravines, including technical sheets and photos.


TURISMO

Il ponte ferroviario in pietra e mat-

CISTERNINO

Il Ponte Canale si trova in contrada

VILLA CASTELLI

Il Ponte sulla Gravina ne congiunge le due sponde. È stato costruito intorno al 1930 per congiungere il centro storico della cittadina con la zona di nuova espansione, il quartiere “Lizzito”. La sua edificazione, effettivamente aprì nuovi scenari di sviluppo cittadino ed urbanistico. Si tratta di una struttura a 9 archi a tutto sesto di cui quello centrale di maggiore grandezza; è stato costruito con pietra di mazzaro finemente lavorata. Ai lati del ponte due gradinate collegano il livello stradale con la profonda insenatura carsica naturale

Ph. Michele Roberto

Ph. Angelica Difronzo

Ph. Giuseppe Pavone

MINERVINO

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toni è stato costruito tra il 1888 e il 1891 dopo che nel marzo del 1861 la Commissione sulle Ferrovie Napoletane, su volontà del Ministro dei Lavori Pubblici De Vincenzi stabilì la necessità di realizzare una linea ferroviaria lungo la costa adriatica da S. Severo, Foggia, Spinazzola e Taranto, con proseguimento per Lecce e Otranto. Il ponte è costituito da 11 arcate a tutto sesto in mattoni rossi, il cui raggio è di circa 5 metri. La via ferrata lunga 130 metri circa poggia su 10 pilastri e due collinette situate al principio e alla fine del ponte stesso e la sua traiettoria risulta perfettamente allineata.

Figazzano ed è di proprietà dell’Acquedotto Pugliese. Ponte a 9 luci. Le arcate che le coprono sono a sesto ribassato. La larghezza media delle luci è di circa 10 metri, quella del ponte è di circa 4 metri. E nella parte superiore è presente una viabilità carrabile di emergenza larga 3metri. Il ponte è stato costruito con una tecnica mista. Gli archi ribassati (ancora a vista), le pile e tutto quanto previsto a sostegno del canale dell’Acquedotto furono realizzati in cemento armato parapetti, cordoli, gocciolatoi e i rivestimenti dell’intero ponte con conci di pietra di piccole dimensioni.


TURISMO

Il piccolo ponte si trova in località “torrente pagano” lungo la ex strada statale 16, attuale via Aldo Moro, in corrispondenza di una insenatura naturale generata da un Torrente per la maggior parte dell’anno asciutto, e che sfocia nel vicino mare. È stato costruito presumibilmente nel 1800 sui resti di un ponte più antico di cui, sparsi nei dintorni, è possibile rinvenire alcuni pezzi lapidei. Si tratta di un ponte a campata unica e ad arco a tutto sesto con contrafforti semicircolari sul lato mare realizzato con materiale lapideo in parte informe e in parte squadrato connesso da malta.

Il Ponte Santa Lucia sulla gravina, si trova lungo la statale 7, in contrada Santa Lucia. Rientra nella rete ferroviaria italiana e l’epoca di costruzione risale al 1931, successivamente, nel 1998, è stato oggetto di restauro. Un ponte ferroviario realizzato in Pietra e Costituito da 7 arcate maggiori a tutto sesto, il cui raggio è di circa 13 metri e mezzo, e due arcate minori situate in corrispondenza dell’appoggio sui rispettivi versanti della gravina. La via ferrata, lunga 240 metri circa, poggia su 8 pilastri, di cui 2 sono conformati diversamente e delimitano le due arcate minori. L’altezza del ponte è di 75 metri.

Ph. Massimo Papa

MONOPOLI

Ph. Giuseppe Pavone

traversamento del Crapo, antico nome del torrente Gravina, si fedeli diretti alla chiesa della Madonna della Stella. Fonti storiche attestano la sua esistenza almeno al 1686. Crollò nel terremoto del 1722 e fu la famiglia Orsini di Roma, con feudi a Gravina, che ne ordinò la ricostruzione e la trasformazione per portare sotto le mura della città le acque delle sorgenti di San Giacomo e Sant’Angelo. Rimangono tracce dei piloni che sorreggevano 25 archi su cui poggiava la tubatura, prima che nell’agosto 1855 un alluvione li danneggiasse.

GRAVINA

CASTELLANETA

Ph. Vincenzo Balduci

Il Ponte Viadotto Madonna della Stella fu costruito per consentire l’at-

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WEEKEND A

ORIA

l’unico, di mummificazione di persone laiche. Un altro simbolo della città è la Porta degli Ebrei, a testimonianza della presenza di una comunità ebraica nel territorio; infatti da tale ingresso si accedeva nel quartiere ebraico dove, tra il IX e XI secolo, visse una fiorente coPh. Livioandronico 2013 (Wikipedia)

ncastonato tra le province di Taranto e Brindisi, ma facente parte di quest’ultima, il comune di Oria è collocabile in quell’area definita Nord Salento, di origine messapica e successivamente romana, come gran parte della penisola salentina. In tale contesto, però, il monumento più conosciuto non appartiene a queste epoche, bensì al periodo medievale; ci riferiamo al maestoso castello, comunemente chiamato Castello Svevo, poiché modificato e ampliato nel periodo federiciano. Situato su un’altura, in evidente posizione difensiva, è una struttura di forma triangolare e si presenta con due torri cilindriche e una quadrata che, insieme al recinto, gli danno un aspetto austero; imponenti anche gli interni dove si potevano posizione migliaia di soldati. Purtroppo, il maniero, pur considerato Monumento Nazionale, è di proprietà privata e perciò non usufruibile per usi pubblici. La sua imponente bellezza la si può ammirare solo dall’esterno. Ma la storia di Oria non si esaurisce con la vita del castello; numerosi sono gli attrattori di questa amena cittadina. Il luogo di culto che racconta al meglio la sua storia è, senza dubbio, la Basilica Cattedrale dedicata a Maria Santissima Assunta in Cielo; una costruzione che all’esterno si presenta con un’ordinata facciata in carparo, ma all’interno stupisce per la sua bellezza a tal punto che è chiamata la piccola San Pietro, per la somiglianza con la “grande” del Vaticano. Ma è il sottosuolo che riserva al visitatore una sorpresa alquanto singolare, poiché cela la cripta delle mummie. Una sala dove, posizionate in delle nicchie, vi sono le mummie dei corpi dei componenti della confraternita locale, che in vita avevano scelto di continuare a “essere presenti” con il corpo, dopo la morte. Tale pratica fu svolta sino alla fine del XIX secolo, nonostante il divieto del noto editto napoleonico. Da segnalare che si tratta di un raro caso, forse

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Santi, Misteri &

munità ebraica; si trattava di una comunità molto laboriosa dalla quale si distinse Shabbetai Donnolo, uomo colto, medico e alchimista a cui è legata la leggenda del Golem di Oria; la figura del Golem, diffusa nella mitologia ebraica è, nel caso di Oria, la storia di un bambino, creato o resuscitato, con lo scopo di farne uno iettatore, far ammalare le persone e fornire clientela al suo padrone, cioè al Donnolo. Naturalmente si tratta di storie che, seppur dall’aspetto oscuro, danno alla città un’aura di mistero e fungono da attrattori di studiosi, turisti e curiosi. Alcune fonti citano, addirittura, la presenza di più golem. Subito fuori dal centro cittadino, a pochi chilometri verso sud, si erge il Santuario di San Cosimo alla Macchia dedicato ai Santi Medici Cosimo, Damiano, Antimo, Euprepio e Leonzio; il nome “alla Macchia” deriva, appunto, dalla

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Il Palio di Oria Ph. Livioandronico 2013 (Wikipedia)

Cavalieri di Giovanni Serafino

Ph. Livioandronico 2013 (Wikipedia)

sua locazione, in aperta campagna, circondato dalla tipica macchia mediterranea. È un luogo culto visitato, di continuo, da un elevato numero di fedeli, legati alle figure dei “santi medici”; all’interno troviamo, oltre ai luoghi sacri, un

L’appuntamento per una full immersion nel Medioevo è in programma il prossimo 13 agosto, quando il Corteo storico di Fderico II sfilerà per le vie cittadine, Il giorno successivo, i quattro rioni di Oria - Castello, Judea, Lama e Santo Basilio - si sfidano nella giostra medievale, cui seguiranno le gare – ariete, botte, forziere, gara del ponte, velocità e destrezza – valide per l’assegnazione del Palio 2016. L’evento organizzato dalla Pro Loco, presieduta da Giovanni Pomarico, compie quest’anno mezzo secolo di vita. Per festeggiare tale ricorrenza, il 15 maggio si svolgerà un Corteo storico straordinario rievocativo della prima edizione. Sarà preceduto, il giorno precedente, da “La notte dell’imperatore”, attrazioni di vario genere nel centro storico cittadino, con i musei, gli edifici storici e i parchi situati ai piedi del castello aperti. Foto Palio - archivio Pro Loco

centro accoglienza e un piccolo giardino zoologico che ospita diverse specie di animali, anche esotici. Ma le attrattive non si limitano solo a chiese e monumenti. Questa eclettica cittadina regala, ormai da 50 anni, ai turisti e visitatori un evento eccezionale: il Torneo dei Rioni, che si svolge annualmente nel mese di agosto. Si tratta di una vera e propria sfida tra i quattro rioni della città: Castello, Judea, Lama e Santo Basilio. In tale contesto i partecipanti si sfidano in veri e propri duelli che fanno rivivere i tornei di epoca medievale. Ma ciò che stupisce è il Corteo Storico che si svolge il giorno precedente; oltre mille figuranti sfilano in abiti d’epoca; nobili, dame, fanti e cavalieri fanno bella mostra capitanati, niente

T he imposing castle has a triangular plant and was enlarged during Frederick II’s reign; the Gate of the Jews, proving the presence of the Jewish community between the IX and XI centuries, with its cultural heritage and legends; The Cathedral Basilica, dedicated to St Mary of the Assumption, in its basement there is a hall with the mummies of the Confreres, maybe the only case of lay people mummies; the sanctuary, dedicated to the Medici Saints, few kilometres far from the town, has always attracted many faithful; with its tiny zoo. These are some of the main sights of Oria, but don’t miss two special days of August, the historical procession of Frederick II, with thousands participants in costume and the Tournament of the Districts, inspired to medieval duels.

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Ph. M. Galiano (Wikipedia)

Nadim: frizzante Oria da bere Un locale dove chiacchierare seduti intorno ad una buona colazione, fare un break a tutta frutta o passare una sera con gli amici sorseggiando un cocktail? Si chiama Nadim, è situato nel cuore di Oria ed ha la peculiarità – magica, dice qualcuno, ma non possiamo giurarci – di trasformarsi da caffetteria al mattino, in lounge bar di sera. Denominatore comune ai diversi momenti della giornata, l’accoglienza; ma c’è di più: tutti lo definiscono un locale “frizzante”. Perché? Beh, c’è più soddisfazione a scoprirlo… In Piazza Manfredi, info: 329.063.4190

Vecchia Oria: sapori da gustare Suggestivo. È la definizione che spesso accompagna i commenti su questo rinomato locale dalle caratteristiche volte a stella situato nel centro storico di Oria, ambiente accogliente, dove i buoni consigli non mancano. Consentiteci, però, di dare priorità a ciò che più conta in un ristorante e che qui mai delude: sapori buoni, intensi, di terra e di mare che fanno l’occhiolino alla creatività rimanendo – dall’antipasto ai dolci - prelibatezze di Puglia. Insomma, nella “Vecchia Oria” la soddisfazione del palato è assicurata. In Vico Rotto Milzia 3, info: 0831.845880 - info@vecchiaoria.it

Torre Palomba House: eleganza da vivere L’atmosfera? Vuole la sua parte, certamente, quando si cerca il riposo e “Torre Palomba House” offre il comfort che può derivare solo dal perfetto connubio di più componenti. La professionalità dell’accoglienza merita sicuramente il primo posto, ma seguono a ruota servizi ed arredi raffinati, in un’atmosfera elegante e ricercata. Ma questo, in fondo, è meglio scoprirlo di persona. In Via Francesco Russo 11/17 (nei pressi di P.zza Manfredi), info: 338.3020133 simobill@libero.it - www.torrepalombahouse.it

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Ph. Livioandronico 2013 (Wikipedia)

SCELTI PER VOI

di meno che, da Federico II di Svevia con tanto di cortigiani al seguito. Tale personaggio viene rappresentato, ogni anno, da un testimonial del mondo dello spettacolo. Insomma, parliamo di una destinazione turistica, che merita qualche giorno di visita; con i suoi 15.000 abitanti si presenta vivace, accogliente e con un’adeguata offerta alberghiera e extralberghiera, oltre a un caratteristico albergo diffuso, situato nel cuore del centro storico. Facile anche raggiungerla, grazie alla vicinanza ai principali svincoli stradali e all’esigua distanza dall’aeroporto internazionale del Salento.


TURISMO

ISTITUTI ALBERGHIERI IN PRIMO PIANO

Con più gusto,

da Santa Cesarea... on solo mare, ma turismo enogastronomico per lo sviluppo del territorio. Parte dall’Istituto professionale per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera “A. Moro” di Santa Cesarea Terme la nuova cultura per la riscoperta di un prodotto tipico dimenticato. Il vincotto racchiuso nel sapore unico della tradizione salentina, bevanda succulenta ottenuta dalla lenta cottura del mosto d’uva, che sotto la lenta fiamma di cucina raggiunge la consistenza di uno sciroppo analcolico. Si è disputato a scuola il primo concorso di cucina creativa “Vincotto & lode”, riservato agli studenti di cinque istituti alberghieri della provincia di Lecce. Si aggiudica la prima edizione enogastronomica l’Istituto Ipseo di Santa Cesarea per il miglior punteggio assegnato da una giuria tecnica e da esperti chef guidati dal produttore salentino Antonio Venneri. I giurati hanno valutato il dosaggio degli ingredienti, l’utilizzo delle attrezzature, tecnica di esecuzione, proprietà nutrizionali, armonia e originalità della ricetta. Entusiasta il preside Paolo Aprile in collaborazione con i docenti Fernando De Vito e Salvatore Urso che

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di Giovanni Nuzzo

hanno curato l’organizzazione. Vince il piatto: “Sarvietti al vincotto con sapori del contadino su crema di ceci” allestito da Maurizia Cezza ed Eleonora Turco della quinta classe serale dell’Alberghiero di Santa Cesarea con l’assistenza dei docenti Giovanni Bono e Ivan Marzo. Agli studenti primi classificati sono stati consegnati premi per un valore di mille euro in prodotti offerti dalle aziende che fanno parte del circuito “Più gusto”. Ai bravi studenti degli altri Istituti partecipanti - Ipsseoa di Otranto, Iiss “Bottazzi” di Ugento, Iiss “Moccia” di Nardò, “Presta – Columella” di Lecce - sono stati consegnati attestati di partecipazione. Prima della sfida si è svolto un momento culturale condotto da Antonella Millarte della redazione “food” La Gazzetta del Mezzogiorno, del direttore del dipartimento di scienze e tecnologie biologiche e ambientali dell’Università del Salento Luigi De Bellis, alla presenza dell’enogastronomo Paolo Marchi, che ha raccontato la storia della cucina italiana attraverso il suo libro “XXL Cinquanta piatti che hanno allargato la mia vita”.

…A GALLIPOLI CON I PREMI del CONCORSO CAROLI HOTELS na serata di gala svoltasi presso l’Ecoresort Le Sirenè di Gallipoli ha concluso la seconda edizione del concorso che Caroli Hotels riserva agli allievi degli Istituti Professionali per i Servizi per l’Enogastronomia e l’Ospitalità Alberghiera d’Italia. Sono stati assegnati i Premi intitolati ad “Attilio Caroli e Gilda Nuzzolesi” nonché a “Mario Caputo e Maria Domenica Caroli”, fondatori della catena Caroli Hotels che quest’anno festeggerà cinquant’anni d’attività. Di seguito i vincitori delle tre sezioni nelle quali si articola l’evento: Mattia Mazzoleni (San Pellegrino Terme), Debora Gambalonga (Cremona) e Giuseppe Destradis (Castellaneta) per l’enogastronomia; Sara Marinò (Pulsano), Jessica Cariglia (Vieste) e Francesco Spicola (Castellaneta) per i servizi di sala; Aurora Circhetta (Santa Cesarea Terme), Nicola Argenio (Foggia), Silvia Casaluce (Nardò) e Melissa Turrini (Varallo) per l’accoglienza turistica. Il concorso, cui hanno partecipato allievi di 17 Istituti scolastici italiani, è stato patrocinato dalla Provincia di Lecce,

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dai Comuni di Gallipoli e Castrignano del Capo e da associazioni di categoria. Tra gli scopi dell’iniziativa voluta da Attilio Caroli Caputo, evidenziare che qualità e professionalità sono componenti essenziali dell’offerta turistica rivolta a viaggiatori che diventano sempre più esigenti.


TURISMO

AL MERCATO DELLE GOLOSITÀ CON...

La Sporta

Oria regala atmosfere originali e tutte da vivere. I visitatori sono suggestionati da un luogo in cui la storia, l e leggende e l’eco delle gesta di personaggi quali Federico II li accompagnano in qualsiasi stradina si trovino a percorrere. Riverberi di atmosfere uniche si possono ritrovare anche andando a tavola, se il locale è il ristorante

Vecchia Oria

che da oltre sei lustri soddisfa i palati più esigenti. E’ nato dalla volontà e dall’impegno di Angelo Carbone che ha puntato sull’unica, vera carta vincente: la qualità. Un requisito che va coltivato da subito e che – come ogni frutto della Natura - si rivela alla distanza premiando sforzi e sacrifici con l’affezione della clientela. Perché chi decide di sedersi a tavola sotto le volte a stella dell’accogliente locale di Vico Rotto Malizia sa di potere contare su sapori di terra e di mare che non disdegnano nuove elaborazioni e nuovi gusti. A vegliare sul rispetto del nocciolo duro della tradizione c’è patron Angelo. I piatti preparati dagli chef con attenzione incessante alla qualità sono serviti con grande professionalità e non mancano i consigli. Anche per abbinare a ciascuna pietanza i vini più appropriati. E Vecchia Oria offre una vasta possibilità di scelta anche nel settore enologico, selezionando il meglio delle migliori Cantine.

I nostri piatti

Sapori del mare e della terra

Orecchiette sabbiose

nella duplice esaltazione dell’incontro di calamari, gamberetti, pomodorini, rucula e radicchio trevigiano, con un filo d’olio evo, e di gamberi sgusciati in bellavista legati ad una ricottina di Manfredonia dalla glassa di aceto balsamico di Modena, il tutto guarnito con chicchi di grano saraceno marinato con olio, menta e aglio.

come dire pasta fresca “scavata” a mano rigorosamente su una spianatoia di legno con lo spessore costante della tecnica mutuata da antichi saperi, mantecate con fondo di arrosto di vitello e olio d’oliva extravergine delle campagne circostanti e pangrattato che catturi ed esalta i sapori, aromatizzato alle erbe verdi.

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TURISMO

Vecchia Oria

RANA PESCATRICE E SAPORI DI TERRA

La perfezione in cucina non si improvvisa, ma è frutto di una serie di elementi che devono concorrere in perfetto equilibrio. “La voce della saggezza a tavola” è il soprannome, scherzoso ma non troppo, attribuito ad una sorta di capo d’un drappello di affezionati clienti della Vecchia Oria – e affezionati significa che lo hanno scoperto quasi 30 anni or sono e non lo hanno mai tradito (anche perché, confessano, non si sono mai sentiti traditi) – il quale ha un suo particolare metro di giudizio. Lui non misura la bontà di un locale dal numero delle “stelle”, ma uno degli elementi di valutazione (ci sono anche genuinità degli ingredienti, accoglienza, servizio e tanto altro, che alla Vecchia Oria sono… di casa) è la permanenza degli chef in cucina, vera cartina di tornasole del locale. Beh, il ristorante ha le carte in regola: lo chef Giovanni Durante (46 anni, ma non ditelo in giro) lavora alla Vecchia Oria da 24 anni, dopo un’esperienza maturata in vari ristoranti a stelle e strisce. Antonio Del Bene, che di anni ne ha 35, dopo avere studiato all’Alberghiero di Brindisi, ha maturato esperienze – tricolori, questa volta – in vari ristoranti e lavora intorno agli stessi fornelli da 18 anni. Questo significa anche sintonia di indirizzi e sintesi, fino a produrre una vera e propria, originale “scuola”. Il bello è che, per chi vuole frequentarla, i compiti non si fanno a casa: basta sedersi ai tavoli della Vecchia Oria e affidarsi alla magia dei loro piatti.

Ritroviamo in questo piatto la perfetta armonia di sapori di mare, propri della rana pescatrice ed esaltati dal bisque, e di terra affidati alle patate a pasta gialla e ai carciofi locali per la cui produzione il territorio di Brindisi è particolarmente rinomato. Prima d’iniziare la preparazione è necessario lessare le patate e preparare il bisque, o fumetto di pesce. Sono necessari acqua, pomodorini, prezzemolo, gamberi, crostacei e cozze, lasciati bollire per circa un’ora a fuoco basso. Si otterrà così il brodo, che dovrà essere filtrato prima dell’impiego. Gli altri ingredienti necessari per la preparazione del piatto sono, ovviamente, il pesce, le patate, i carciofi, aglio e olio extravergine d’oliva. In una casseruola pentola di adeguata capacità sarà necessario soffriggere olio, aglio, carciofi a spicchi, patate tagliate a tocchi non molto piccoli e rana pescatrice. Dopo un paio di minuti si aggiungono sale, pepe e bisque, integrando il brodo all’occorrenza fino a completare la cottura in 5 – 10 minuti.

Misto mare gratinato

Torta chantilly alle fragole

alla cui preparazione concorrono gamberoni, scampi, pesce spada e gamberetti con il contributo del salmone e di coriandoli di prezzemolo; per questo secondo piatto, il filo d’olio d’oliva extravergine è un optional a tavola atteso che molti commensali preferiscono gustare la perfetta armonia di sapori e di profumi senza aggiungere altro.

Tre strati di soffice pandispagna baciato dal rhum alternati a strati di delicatissima crema chantilly con un sussurro di vaniglia che abbraccia pezzi di fragola, guarnita da panna fresca spalmata e lavorata a sbuffi e ghirigori, il tutto sormontato dalle fragole. Una conclusione del pasto che appaga i sensi con tanta dolcezza.

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Ambiente

Piero De Santis | L’enciclica di Papa Francesco Laudato Si’ .......................................................................... 46 Massimo Vaglio | Ambiente marino & sapori. Le ostriche tarantine.................................................... 48 Rita de Bernart | Finalmente un’accordo vincolante. Forse......................................................................... 51 Alfredo Albahari | Osservatorio ambiente ........................................................................................................................ 52

PIERO DE SANTIS Monsignore, Parroco, direttore dell’Istituto pastorale pugliese

Massimo vaglio Giornalista pubblicista, scrittore, esperto di gastronomia e dei mari di Puglia

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RITA de BERNART Coltiva la passione per scrittura e giornalismo collaborando a diversi periodici su temi di cronaca e cultura

ALFREDO ALBAHARI Docente emerito di Navigazione negli istituti Nautici


Foto Finizio (Wikimedia)

AMBIENTE

L’enciclica di Papa Francesco

,

“Laudato si sulla cura della casa comune’’

di Mons. Piero De Santis

«Che tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi, ai bambini che stanno crescendo?». Questa è la domanda che vive al cuore della Lettera enciclica di Papa Francesco Laudato si’. Sulla cura della casa comune (LS).

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on una domanda ideologica, né «tecnica», ma un interrogativo forte che pone la questione ecologica come centrale per la nostra umanità. E così prosegue il Pontefice: «Questa domanda non riguarda solo l’ambiente in modo isolato, perché non si può porre la questione in maniera parziale. Quando ci interroghiamo circa il mondo che vogliamo lasciare in eredità, ci riferiamo soprattutto al suo orientamento generale, al suo senso, ai suoi valori. Se non pulsa in esse questa domanda di fondo, non credo che le nostre preoccupazioni ecologiche possano ottenere effetti importanti» (LS 160). E diciamolo subito: la prospettiva di questa enciclica non è esclusivamente «ecologica» nel senso che il suo contenuto non si limita a fenomeni – peraltro molto importanti – quale il cambiamento climatico. Laudato si’ è una vera e propria enciclica sociale a tutto campo. La prospettiva olistica, globale, ampia di un creato inteso come «casa comune», ambiente di vita e non semplice «oggetto» da usare, caratterizza la proposta del Pontefice, al di là di ogni parzialità. Abbiamo davanti un universo visto come luogo in cui si ritrovano «la molteplicità e la varietà» e dove tutto è in relazione, unito da legami invisibili e «connesso» (cfr LS

16; 86; 89; 92; 138). Il mondo è una rete di relazioni. Le domande che motivano la scrittura dell’enciclica sono dunque quelle sul senso della vita e del nostro abitare la terra: «A che scopo passiamo da questo mondo? Per quale fine siamo venuti in questa vita? Per che scopo lavoriamo e lottiamo? Perché questa terra ha bisogno di noi?» (LS 160). In questo senso Francesco raccoglie e rilancia la proposta dei suoi predecessori, fondando il motivo per il quale un Pontefice non solo può, ma deve occuparsi di ecologia. «Alla radice dell’insensata distruzione dell’ambiente naturale c’è un errore antropologico, purtroppo diffuso nel nostro tempo. L’uomo, che scopre la sua capacità di trasformare e, in un certo senso, di creare il mondo col proprio lavoro, dimentica che questo si svolge sempre sulla base della prima originaria donazione delle cose da parte di Dio», aveva scritto san Giovanni Paolo II nella Centesimus annus del 1° maggio 1991. La questione, dunque, non è più se i cattolici debbano affrontare questioni di ecologia in una prospettiva di fede. La vera domanda riguarda il come bisognerebbe farlo. Ed è a questa domande che Papa Francesco intende rispondere. «Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti fiori et herba» è l’invocazione di san Francesco d’Assisi nel Cantico delle creature. L’accento sulla lode è una conferma dell’approc-

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cio globale e indica l’atteggiamento dello spirito da tenere. Ci ricorda che la terra «è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia» (LS l). Noi stessi «siamo terra» (cfr. Gen 2,7). «Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora» (LS 2). San


AMBIENTE

Francesco ha dato una testimonianza cristiana di ecologia integrale che ci collega con l’essenza dell’umano: «Così come succede quando ci innamoriamo di una persona, ogni volta che Francesco guardava il sole, la luna, gli animali più piccoli, la sua reazione era cantare, coinvolgendo nella sua lode tutte le altre creature» (LS 11). Dallo scenario luminoso della lode però, proprio all’inizio del grande affresco che apre questa enciclica, si sente salire il grido della madre terra che protesta per il danno che le provochiamo, e si unisce a quello dei poveri, interpellando la nostra coscienza e «invitandoci a riconoscere i peccati contro la creazione» (LS 8). Il percorso dell’enciclica Laudato si’ si sviluppa attorno al concetto di «ecologia integrale», ed è descritto quasi all’inizio (cfr LS 15) come una sorta di «mappa», di guida alla lettura. In primo luogo, il Pontefice compie «un breve percorso attraverso vari aspetti

dell’attuale crisi ecologica allo scopo di assumere i migliori frutti della ricerca scientifica oggi disponibile, lasciarcene toccare in profondità e dare una base di concretezza al percorso etico e spirituale che segue» (LS 15). Sarà questo il primo capitolo. A partire da tale panoramica, il Pontefice riprende «alcune argomentazioni che scaturiscono dalla tradizione giudeo-cristiana, al fine di dare maggiore coerenza al nostro impegno per l’ambiente»: sarà il secondo capitolo. Poi Francesco prova «ad arrivare alle radici della situazione attuale, in modo da coglierne non solo i sintomi, ma anche le cause più profonde»: il terzo capitolo. Così può «proporre un’ecologia che, nelle sue diverse dimensioni, integri il posto specifico che l’essere umano occupa in questo mondo e le sue relazioni con la realtà che lo circonda». Alla luce di tale riflessione, nel quarto capitolo, il Pontefice compie «un passo avanti in alcune ampie linee di dialogo e di azione che coinvolgano sia ognuno di noi, sia la politica internazionale» e chiede che l’ecologia diventi un nuovo paradigma di giustizia e «che integri il posto specifico che l’essere umano occupa in questo mondo e le sue relazioni con la realtà che lo circonda» (LS 15). Nel quinto capitolo il Papa indica alcune linee di maturazione umana ispirate al tesoro dell’esperienza spirituale cristiana, perché è «convinto che ogni cambiamento ha bisogno di motivazioni e di un cammino educativo». L’enciclica si chiude offrendo il testo di due preghiere: la prima da condividere con i credenti di altre religioni e la seconda con i cristiani, riprendendo quindi l’atteggiamento di contemplazione orante con cui si era aperta. Ciascun capitolo affronta una tematica propria con un suo metodo specifico, ma il testo nella sua globalità è attraversato da alcune linee tematiche fondamentali che gli conferiscono una forte unitarietà. Esse sono riassunte e presentate dallo stesso Pontefice: «l’intima relazione tra i poveri e la fragilità del pianeta; la convinzione

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che tutto nel mondo è intimamente connesso; la critica al nuovo paradigma e alle forme di potere che derivano dalla tecnologia; l’invito a cercare altri modi di intendere l’economia e il progresso; il valore proprio di ogni creatura; il senso umano dell’ecologia; la necessità di dibattiti sinceri e onesti; la grave responsabilità della politica internazionale e locale; la cultura dello scarto e la proposta di un nuovo stile di vita» (LS 16). Se è la scienza lo strumento privilegiato per ascoltare il grido della terra, il metodo di Francesco è anche fortemente impregnato del dialogo ampio. Aggiungendo alla voce dei suoi predecessori la sua – e nella forma specifica dell’enciclica –, Papa Francesco solleva domande e ragionamenti sulla casa comune che è il creato. Confidiamo che molti, accogliendo la sfida in termini di fede e di scelte operative, saranno profondamente ispirati all’azione dal fatto che un leader mondiale qual è Papa Francesco abbia avuto il coraggio di richiamare tutti a un futuro più sostenibile e inclusivo.

W hat kind of word do we wish to leave to those who will come after us? This is the key question of the Encyclical of Pope Francis “Laudatosi’. About the care of our “common house”, a strong question that puts the ecological problem at the heart of humanity future. The approach of the document isn’t exclusively “ecological”, as the content is not limited to important phenomena such as climate changes, but it is a whole social encyclical. I is hoped that many people will issue the challenge in terms of faith and operational choices, inspired by the Pope, an International leader who had the courage to call on everybody, for a sustainable and inclusive future.


AMBIENTE

Ambiente Marino & Sapori

le ostriche tarantine di Massimo Vaglio

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ra i molluschi marini, autentici gioielli della gastronomia, ce n’è uno che spicca in modo particolare, naturalmente, si parla dell’ostrica, un mollusco nobile universalmente apprezzato e con un ineguagliabile record di qualificate referenze storiche e letterarie. Nei tempi antichi la troviamo descritta, magnificata ed esaltata già da Omero, Virgilio, Petronio e molti altri padri della letteratura, ma ha incontrato, senza soluzione di continuità, in ogni epoca illustri estimatori, prodighi di rime, tra questi, Goethe, Voltaire e persino il cupo Giacomo Leopardi, che ebbe a dedicargli dei gratificanti versi. Plinio, cento anni prima di Cristo, le dedica ampie trattazioni e fa una puntuale descrizione del sistema di allevamento messo a punto da Sergio Orata, indicato dallo stesso come un ricco ed avaro cavaliere romano che doveva la sua grande fortuna proprio alle ostriche. Questi, infatti, aveva messo a punto, un innovativo sistema di allevamento su pali con il quale riuscì ad ottenere ostriche più grasse, turgide e dolci, suscitando così, una vera e propria mania fra i suoi contemporanei più ricchi, e a renderle di moda, praticamente indispensabili, nei convivi eccellenti. Lo stesso Giulio Cesare preferiva le ostriche a qualsiasi altro cibo e sulla sua mensa se ne consumavano quantitativi industriali. La richiesta, ad un certo punto divenne tanto ingente, che si dovettero esplorare nuovi areali di rifornimento, si scoprì così che le ostriche di Brindisi, non meno famose e prelibate di quelle della Gran Bretagna, trovavano un ambiente ideale nel Lago di Lucrino, ove, dopo una breve stabulazione, acquisivano particolare dolcezza, sapidità e grassezza. Allo stesso scopo erano adibiti anche i Laghi di Fusaro e Miseno. Per quanto riguarda Taranto, nonostante non tutti concordino, l’ostreicoltura si sviluppò più tardi, pare intorno al IV sec. d. C., ma in breve tempo gli ostricoltori locali seppero raggiungere l’assoluta eccellenza, infatti, fu subito messa a punto, una singolare, sofisticata ed ingegnosa tecnica, ancora praticata, anche se su scala molto limitata. Nei mesi di maggio e giugno, in Mar Grande, nei pressi delle Isole Cheradi, vengono affondate ad una trentina di metri di profondità, delle fascine di lentisco (Pistacia lentiscus), appositamente approntate. Dopo circa tre mesi, queste vengono riportate in superficie, vengono tagliati i ramoscelli ingem-

mati dalle ostrichine che vi si sono fissate, questi, appellati in gergo zippe, vengono innestati a delle corde vegetali chiamate libàni che vengono fissati ai pergolari sostenuti dalla tipica paleria di castagno infissa sui fondali del Mar Piccolo e che costituiscono le sciaie, veri e propri giardini marini accuditi amorevolmente dai cosiddetti sciaiaruli. Negli anni venti del secolo scorso, nelle acque del solo Mar Piccolo erano tenute in allevamento trentacinque-quaranta milioni di ostriche, produzione in seguito molto ridimensionata. Negli stessi anni, studiosi appositamente incaricati dal governo, calcolarono che nei suoi mari potevano essere prodotte annualmente svariate decine di milioni di dozzine di ostriche e stimarono anche il cospicuo ricavo economico. Questa vocazione naturale delle acque di Taranto, sarebbe stata di lì a poco mortificata con la costruzione dei grandi insediamenti industriali e la straordinaria produttività del Mar Piccolo pesantemente compromessa da fonti inquinanti e dall’installazione di un’idrovora da 120.000 metricubi/ ora (prelievo che potrebbe svuotare il Mar Piccolo in circa un mese) che preleva acqua dal suo primo seno e che, dopo aver raffreddato gli impianti del Siderurgico, viene ributtata in Mar Grande, ormai, per così dire, completamente sterilizzata da tutto il suo prezioso carico di plancton, comprese le larve di cozze e ostriche. Eppure, oggi, essendo enormemente migliorati i mezzi tecnici e i sistemi di conservazione e trasporto e soprattutto essendo esponenzialmente aumentata anche la richiesta di questi pregiati molluschi, si potrebbe rilanciare su larga scala questa produzione, anche alla luce di interessanti studi e di sperimentazioni innovative compiute in questo campo dai centri di ricerca. Occorrerebbe però un drastico ridimensionamento e una riconversione ambientale della mastodontica area industriale, che lambisce le acque di Taranto e che a fronte di altalenanti benefici economici, ha generato anche tanta disgregazione sociale, nonché un affievolimento dell’identità culturale legata ai lavori del mare, e soprattutto inestimabili danni ambientali. A tale proposito, sono diversi e promettenti alcuni sistemi innovativi di allevamento messi a punto da centri di ricerca locali, fra questi, il progetto “Re.O.Tar” che ha verificato, se l’Ostrea edulis fosse localmente ancora idonea ad un produzione di tipo commerciale, monitorando le condizioni di

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riproduzione, accrescimento e mortalità della specie in base a diverse tecniche di allevamento. Un altro progetto esplorativo di ricerca, della Regione Puglia, il REPORT, ha verificato la possibilità di ridurre il costo di produzione, risolvendo il problema delle alghe e degli animali incrostanti, che impegnano per molte giornate gli allevatori, mettendo a punto un curioso metodo che consiste nell’allevare le ostriche in gabbia insieme a dei ricci, i quali, da instancabili brucatori quali sono, tengono pulite le ostriche, sollevando così gli allevatori da questa faticosa e onerosa incombenza. Oggi, di fatto, l’offerta di mercato di ostriche piatte allevate localmente o raccolte dai banchi naturali è piuttosto limitata per cui nelle pescherie si trovano prevalentemente ostriche di provenienza francese o allevate con “seme” della stessa provenienza e che appartengono ad una specie diversa la Crassotea gigas, comunemente nota come ostrica concava. Senza rischiare di essere tacciati di campanilismo, ma supportati in questa valutazione da illustri gourmet, possiamo con certezza affermare il primato della nostra ostrica piatta, per cui, è importante distinguere le due specie. L’ostrica piatta, presenta una forma a pianta circolare irregolare, con un diametro degli individui di taglia commerciale compreso tra i 7 e i 12 cm, le due valve non sono simmetriche, ma presentano una valva (la sinistra) più spessa e concava. All’esterno la conchiglia si presenta rugosa con lamelle di colore grigio scuro tendente al nero, mentre all’interno è bianca. Dal punto di vista organolettico ha un

gusto originale, considerato prelibato e ineguagliabile dai buongustai e così sintetizzato: dolce, delicato, con un leggero sentore di iodio e retrogusto di nocciola. L’ostrica concava, presenta invece una forma a pianta decisamente più allungata che nella taglia commerciale può oscillare dagli 8 ai 15 cm e valve asimmetriche. La forma, anche a causa di ibridazione con altre specie è irregolare e variabile in base al substrato su cui si sviluppa. L’esterno della conchiglia è grigio chiaro, con macchie rosso violacee disposte a fasce, mentre l’interno della stessa è bianco. L’ostrica concava, detta anche francese o anche giapponese perché fu introdotta in Francia dal Giappone quando la popolazione autoctona fu decimata da una virosi, è una specie, organoletticamente molto meno pregiata, caratterizzata da carni tenere, ma dal sapore più deciso e salino. Le ostriche, che potrebbero apparire un vezzo gastronomico da ricchi snob, sono invero uno degli alimenti più nobili e completi esistenti in natura, e un’alimentazione a base esclusivamente di ostriche potrebbe mantenere in vita ed in buona salute un essere umano. D’altronde, ostriche e altri frutti di mare, sono stati, grazie alla facilità di approvvigionamento rispetto ai pesci, un’importante fonte di sostentamento per l’uomo sin da epoca remota, come testimoniano enormi cumuli di conchiglie in prossimità di insediamenti preistorici in Germania e in Bretagna, ma anche in tempi molto più recenti, nella non opulenta Puglia il loro contributo è stato determinante per supplire ai limiti di un’alimentazione molto povera e carente di molti principi nutritivi. L’ostrica, a fronte del contenuto di appena il due per cento di grassi, offre una quota importante di proteine nobili e tutte le quattro vitamine fondamentali A, B, C e D, in particolare quest’ultima, la PP e la B12, particolarmente abbondanti. È poi una buona fonte di fosforo, calcio e magnesio, ma è sicuramente la ricchezza di zinco, manganese, ferro e selenio a renderla particolarmente interessante, come antianemico e nella prevenzione e cura di molte disfunzioni causate dalla carenza di questi preziosi elementi. Infine non si possono non citare le ultranote qualità afrodisiache, apprezzate anche queste sin dall’antichità, non a caso i greci fecero nascere Afrodite, dea dell’amore, proprio dentro le valve di un’ostrica. Le ostriche vanno generalmente consumate crude (sempre dopo essersi accertati con sicurezza del loro passaggio da un serio impianto di stabulazione) con la classica spruzzatina di limone e accompagnandole con uno dei tanti buoni vini bianchi prodotti in Puglia.

O yster farming presumably started in the IV A.C., lagged compared to other productions. It reached absolute excellence thanks to a well-known technique, used until a hundred years ago, when in “Mar Piccolo” were farmed 35-40 millions oysters. The natural vocation of Taranto’s Gulf was later sacrificed by huge industrial plants, but modern technologies are hopeful signs of a major relaunch of these delicious mollusks, usually eaten raw, sometimes grilled.

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La conferenza mondiale sul clima di Parigi

FINALMENTE UN ACCORDO VINCOLANTE. FORSE. di Rita de Bernart Il futuro del nostro pianeta è in serio pericolo e non si può più temporeggiare.

Se ne è preso atto a Parigi dove lo scorso dicembre si è tenuta la Conferenza mondiale sul clima. Il surriscaldamento del pianeta e le sue conseguenze sono un tema di interesse internazionale e di prioritaria importanza per tutti, tanto che persino durante la recente Notte degli Oscar Leonardo Di Caprio, premiato con l’ambita statuetta, ha speso i minuti a disposizione per il suo discorso invitando tutti a dare ascolto a chi si occupa di queste questioni. L’ambiente è importante” ha esordito. Ci sono voluti tuttavia oltre dieci giorni e dieci notti di negoziati, a causa di numerose divergenze, per assumere questo importante impegno. Alla fine alle porte di Parigi, a Le Borges, 196 Paesi hanno firmato l’accordo che prevede, in sostanza, una riduzione urgente e drastica delle emissioni dei gas a effetto serra. L’esito è stato dato il 12 dicembre dal ministro degli esteri francese Laurent Fabius. Il testo sottoscritto alla Conferenza di Parigi parte da un presupposto fondamentale: “Il cambiamento climatico

rappresenta una minaccia urgente e potenzialmente irreversibile per le società umane e per il pianeta”. Richiede pertanto “la massima cooperazione di tutti i Paesi per accelerare la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra”. Per entrare effettivamente in vigore nel 2020 l’accordo deve ora essere approvato da almeno 55 Paesi che rappresentano complessivamente il 55 per cento delle emissioni mondiali di gas serra. Tra i punti principali: impegnarsi a contenere l’aumento della temperatura entro i due gradi; erogazione di fondi per l’energia pulita; controlli ogni cinque anni; rimborsi ai Paesi più esposti. Punto di forza il consenso globale. A differenza di sei anni fa, quando l’accordo era saltato, questa volta ha aderito tutto il mondo, compresi i Paesi maggiormente responsabili dell’inquinamento: oltre all’Europa, la Cina, l’India e gli Stati Uniti si sono impegnati a tagliare le emissioni. Altri impegni sono stati disattesi, in passato. C’è da sperare che questa sia la volta buona.

I n Paris 196 Countries reached an agreement on the reduction of green house gas emissions. It took ten days and nights of negotiations, but finally also China, India and USA, besides Europe, have committed to reduce green house gas emissions The Agreement is binding and the consensus is global.: given these strengths, we hope it won’t be breached, as happened to the previous ones.

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OSSERVATORIO AMBIENTE di Alfredo Albahari

TRIVELLAZIONI NELLO IONIO

SCORIE NUCLEARI

o stop del governo alle richieste di trivellazioni nei mari italiani entro le 12 miglia della costa aveva fatto pensare che potesse essere l’inizio di un ripensamento. Così non è stato. Solo qualche giorno dopo, è giunta infatti l’autorizzazione nuova di zecca per ricerche nell’ambito del Golfo di Taranto, oltre le 12 miglia, e per una superficie complessiva di circa 4mila chilometri quadrati al largo di Porto Cesareo, Gallipoli e Santa Maria di Leuca. Ciò che crea maggiore disappunto è che a rendere possibili le indagini della sfaccettatura italiana della multinazionale Schlumberger è il parere positivo del Ministero per i beni ambientali, culturali e il territorio. Per il quale, evidentemente, le bombe di aria compressa dell’airgum sono un toccasana per l’ambiente marino. Un motivo in più per dire No alle trivelle votando Sì al referendum. Anche se l’autorizzazione rimarrà comunque in essere.

corie nucleari, dove le metto? Ma in un parco nazionale, ovviamente, dell’Alta Murgia ad esempio. Sia chiaro: non è condivisibile la politica che il terreno del vicino è sempre il più idoneo a conservare i rifiuti, di qualsiasi tipo essi siano. Ed il fatto che il problema sia ancora in essere a quasi trent’anni dal referendum con cui gli italiani dissero no all’energia nucleare la dice lunga. Qualsiasi percorso, invece, deve essere trasparente e condiviso con il territorio. Legambiente, in persona del presidente regionale Francesco Tarantini, valuta che la soluzione migliore per i circa 90mila metri cubi di scorie, di cui ben oltre il 15 per cento ad alta radioattività, sia la lavorazione all’estero in un deposito internazionale a livello europeo. Soluzione, probabilmente, anche più economica; sempre che si voglia risparmiare, beninteso.

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ECOASFALTO i scrive Mineralized Biomass, si legge Eco Asfalto. È il sostituito del bitume di derivazione petrolifera, di cui è già stata appurata l’idoneità a pavimentare le strade in maniera doppiamente sostenibile: perché non è un derivato da idrocarburi e perché è prodotto da opportuni trattamento della parte di frazione organica dei rifiuti residuale dopo il trattamento stabilizzante, che attualmente deve essere smaltito in discarica. Già brevettato da “Ama Roma”, l’azienda municipalizzata capitolina d’igiene urbana, l’eco-asfalto dovrebbe entrare presto in produzione e, mescolata alla pozzolana - processo che avviene a freddo al pari di quello di produzione - impiegata per realizzare strade, parcheggi e piste ciclabili eco-sostenibili.

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A RISCHIO ANCHE IL DENTICE ... a profondità di un centinaio di metri. La carne magra e quindi facilmente digeribile e ricca di proteine che si presta a numerose preparazioni, dalla griglia, al sale e al cartoccio, tutte gustose, lo rende ricercato. Anzi, evidentemente “troppo” ricercato. E ciò riaccende i riflettori sulla necessità di conservare il patrimonio della biodiversità marina. Perché, se è vero, come sostengono gli scienziati, che esistono miglia e migliaia di specie e organismi marini ancora da scoprire, è pure vero che l’estinzione delle specie dell’ecosistema-Mare con le quali l’umanità ha convissuto per milioni di anni, rischia di modificare anche l’ecosistema-Terra.

on è l’unica specie minacciata di estinzione, certo, ma vedere il dentice a rischio di entrare nella “lista rossa dei pesci marini del Mediterraneo” preparata nelle austere stanze di Bruxelles, fa un certo effetto. Perché è ormai risaputo che sono a rischio gli squali ed inoltre i pescatori e consumatori conoscono per esperienza che gli esemplari di cernia sono sempre più rari, ma forse nessuno si aspettava che nell’elenco rischiasse di entrare anche il Dentex dentex. Bel pesce dalla livrea grigio-azzurra, armato di 4 aguzzi denti “canini”, il dentice “era” diffuso nel Mediterraneo anche in forza della sua capacità di adattarsi a qualsiasi tipo di fondale e fino

Ph Yoruno (Wikipedia)

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ph Archivio Mediamorfosi


Nautica&Mare CIAK | Salvatore Negro | Per Lampedusa adesso il Nobel. “Fuocoammare”..................................... 56 IL TAGLIACARTE | Elio Pindinelli | Per tomba il mare.................................................................................... 58 Salvatore De Michele | Gli interventi di Polizia Giudiziaria sulle navi mercantili.................. 61 MUSICHE DAL MARE | Enrico Tricarico | Sera di Gallipoli ...................................................................... 62 LA MUSA | Mariateresa Protopapa | Volerò dall’Africa in Terra d’Otranto .............................. 63 Lucio Causo | La guerra d’oltremare in Cina ............................................................................................................... 64

SALVATORE NEGRO Regista, autore di soggetti e sceneggiature

ELIO PINDINELLI Storico Socio Società Storia Patria per la Puglia e Centro Studi “Previtali”

SALVATORE De MICHELE Ammiraglio emerito del Corpo delle Capitanerie di porto

ENRICO TRICARICO Pianista, compositore e direttore d’orchestra

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MARIATERESA PROTOPAPA Medico Chirurgo con una grande passione per la poesia

LUCIO CAUSO Scrittore e socio ordinario della Società di storia patria per la Puglia


CIAK

“FUOCOAMMARE” di Gianfranco Rosi vince l’Orso d’oro a Berlino di Salvatore Negro L’Orso d’oro al regista italiano Gianfranco Rosi, per il film “Fuocoammare” ha riacceso i riflettori sul caso Lampedusa. Film-documentario girato interamente sull’isola: un’isola a metà tra il nord Africa e il sud Europa, una terra che ha fatto da sfondo ad una delle più recenti tragedie umane. Gianfranco Rosi, con la sapienza da moderno documentarista, ha raccontato, senza didascalica retorica, il dramma dei migranti; di chi è riuscito a sbarcare, con la speranza di sopravvivere e di chi invece non è mai riuscito a raggiungere la riva. Ha raccontato poi immagini e vicende degli isolani, in cui ognuno interpreta se stesso e che narrano la loro storia affianco agli immigrati: come il medico Pietro Bartòlo, che in virtù della propria professione ha constatato, e purtroppo continuerà a farlo, i decessi di migliaia di immigrati; o attraverso gli occhi di Samuele, un ragazzino di dodici anni, che ama giocare con la fionda e andare a caccia. Ama i giochi di terra Samuele, anche se tutto intorno a sé è mare, e oggi è testimone inconsapevole, muto, di una tra le più spaventose tragedie umane degli ultimi vent’anni. Rosi, ha vissuto un anno sull’isola e ha girato il film come non si poteva fare in un’altra epoca con la vecchia tecnologia, quando si girava con pellicola e con attrezzature ingombranti, che non permettevano all’operatore di raggiungere situazioni estreme con costi altissimi e con un limite di registrazione stabilito dal budget. Lo snellimento tecnico ed economico, dovuto alla sempre più affinata tecnologia digitale, ha permesso a Rosi di girare ore e ore di filmato da solo: lui e la sua camera, senza un fonico o un direttore della fotografia. Con “Fuocoammare”, Rosi documenta un’amara realtà: quella del fallimento di un’azione politica europea che

foto: Andre86 (Wikipedia)

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Ph Nicolas Genin (Wikipedia)

Per Lampedusa adesso il Nobel

non è mai stata determinante, incisiva; ci fa vedere la morte e la vita dei migranti senza sovrastrutture retoriche; ci parla, Rosi, come un neorealista ai tempi di De Sica, Visconti, quando il cinema italiano rivoluzionò il linguaggio del racconto per immagini. Adesso Rosi è il pioniere di un nuovo linguaggio, è lui l’avanguardia del cinema. E non può essere un caso che, in pochi anni, con due documentari si sia aggiudicato due dei tre festival più importanti del cinema europeo: Il Leone d’oro a Venezia con “Sacro Gra” e L’Orso d’oro a Berlino con “Fuocoammare” (doppietta riuscita solo a Michelangelo Antonioni) e hanno già annunciato che sarà “Fuocoammare” a rappresentare l’Italia agli Oscar 2017. Il Nobel per la pace a Lampedusa, tante volte auspicato, sembra adesso una realtà. L’appello di Dario Fo, Roberto Saviano e altri intellettuali non può rimanere inascoltato. Un Nobel a Lampedusa, in questo 2016, riporterebbe il prestigioso riconoscimento nel nostro Paese dopo 110 anni dall’unico Nobel per la pace italiano assegnato al lombardo Teodoro Moneta. Un buon viatico per un Oscar 2017, come miglior film straniero a Gianfranco Rosi.

A fter spending one year in Lampedusa Gianfranco Rosi can describe, as a wise modern documentary-maker, the human drama of migrants - of those who landed and those who never reached the shore - but also images and stories of islanders who tell their story. The movie, Berlin golden Bear, will represent Italy at the Oscar 2017, and after the director’s hope that Lampedusa will be awarded the Nobel Peace, this target seems more likely to be met.


CittĂ di Gallipoli

foto: Alessandro Magni


IL TAGLIACARTE

Per tomba il MARE di Elio Pindinelli

Nella presentazione dell’Albo d’oro dei caduti e dei decorati della Provincia di Lecce ho voluto evidenziato il considerevole numero di uomini che, mobilitati ed arruolati nel corso della Prima guerra mondiale, sacrificarono le loro giovani esistenze al doveroso richiamo della Patria.

I

Furono infatti 6714 i Caduti della Provincia che sui campi di Battaglia persero con onore la vita, oltre ai tantissimi feriti e mutilati. Un computo apparentemente ragionieristico, che è emerso solo dalla conseguente elaborazione di uno specifico archivio elettronico, su cui sono state trasferite tutte le informazioni contenute nel XVII volume dell’Albo d’oro, edito nel 1938, a Roma, dal Ministero della Difesa, e che ha permesso, non solo la compilazione di elenchi comunali dei Caduti, ma anche l’analisi dettagliata del grado e dei reparti di appartenenza, delle cause di morte e dei dati biografici. Dato, perciò, per acclarato l’enorme contributo di sangue da parte dei reparti dell’Esercito impegnati in oltre 3 anni di guerra, soprattutto sul fronte delle trincee, al confine con l’Impero austro-ungarico, occorreva capire, a livello provinciale, il debito di sacrificio della Marina Militare. Se, infatti, tale sacrificio è stato ampiamente documentato a livello storiografico nell’ambito della più generale storia della Guerra Europea, mancavano riferimenti più certi alle vicende e agli uomini della nostra Terra, che in qualche modo potessero servire ad una conoscenza più particolare e approfondita, anche delle vicende personali dei protagonisti. Un modo, anche questo, per umanizzare la enor-

me tragedia della guerra e ricavarne elementi di conoscenza utili a tracciare e illuminare queste vicende. In questo breve intervento mi sono prefisso, perciò, il compito (ma in verità aderendo volentieri all’invito del Direttore della rivista) di focalizzare l’attenzione sul teatro marittimo del conflitto e a parlarne in riferimento all’esito della pubblicazione dell’Albo d’oro dei Caduti della Provincia di Lecce. Premessa a queste brevi note, naturalmente, è la preliminare annotazione che, su circa 650.000 caduti italiani registrati ufficialmente (ma furono molti di più, forse), poco più di tremila furono gli appartenenti a reparti della Regia Marina. Ma queste non furono le sole vittime del mare, o meglio sul mare. È quanto emerge dall’analisi dei dati relativi ai Caduti della Provincia di Lecce, restituendoci, attraverso le date, le cause di morte e i reparti di appartenenza, una testimonianza viva delle tragedie consumatesi anche sul mare, che immaginiamo non furono meno dolorose e drammatiche di quelle vissute nelle trincee. Dei 6.714 caduti della Provincia di Lecce, 33 unità, inquadrate ufficialmente nei ruoli della Regia Marina, trovarono la morte in seguito all’affondamento della nave su cui erano imbarcate. Tra di loro un ufficiale medico, 1 sottocapo meccanico, 1 radiotelegrafista, 5 cannonieri, 16 fuochisti, 8 marinai, 1 allievo operaio. Altre 9 unità perirono a bordo delle proprie unità navali per incidente “per cause di guerra”. All’elenco vanno poi sommati altri 13 marinai, 1 fuochista e 3 cannonieri, caduti sul fronte terra, sulle sponde del Piave, dove le loro unità erano state dislocale a supporto delle truppe di terra.

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Ma il dato rilevante di questa dettagliata verifica riguarda, invece, il numero di 67 unità del Regio esercito che trovarono nel mare la loro fine, a seguito di affondamento di navi. Tra loro un tenente, 4 caporali, 2 sergenti e 60 soldati. La marina ebbe nel corso della prima guerra mondiale un compito importantissimo e delicato: innanzitutto quello di chiudere il bacino dell’Adriatico attraverso il blocco del Canale d’Otranto, e delle basi tedesche e turche nel Mare Egeo, impedendo di fatto alla flotta tedesca e austroungarica ogni azione di manovra nel Mediterraneo e oltre le colonne d’Ercole. Per la prima volta entravano massicciamente in campo le unità sommergibilistiche, impegnate a eliminare dalla scena di guerra, non solo le navi di combattimento e difesa, ma soprattutto i carghi di uomini e di mezzi utilizzati nel complesso delle operazioni di mobilità dei reparti e di sostentamento e approvvigionamento tra tutti i fronti di guerra. Erano i carghi composti di unità leggere di assistenza e difesa di Piroscafi requisiti a fini bellici e navi della marina militare impiegate stabilmente sui mari del mediterraneo e sugli oceani. La reazione tedesca aveva sviluppato una intensa guerra sottomarina, soprattutto contro i mercantili, a bordo dei


Il porto di Brindisi nel 1916 (Wikipedia)

NAUTICA&MARE

quali si registrò il maggior tributo di vite umane. È il caso del Piroscafo Minas, in viaggio da Taranto a Salonicco, mortalmente colpito dai siluri del sommergibile U 39 al comando del Capitano Walter Forstmann, il 15 febbraio 1917, e affondato nei pressi di Capo Matapan con oltre 870 uomini, tra cui 43 soldati della provincia di Lecce, appartenenti a vari reparti mobilitati in Macedonia. La storia dei siluramenti annovera l’affondamento del Piroscafo Principe Umberto con la perdita di 1926 uomini (tra loro solo due gli uomini nati in provincia di Lecce), del Valparaiso, del Tripoli, del Verona, del Trapani, del Perseo e di tanti altri, nei quali trovarono la morte altri soldati del Salento. Sacrificati alla fortuna dei mari e della guerra, furono anche le navi requisite alla “Società anonima di navigazione Puglia”, tra cui il Città di Bari, il Japigia, il Calabro, il Città di Brindisi, il Melo e il Dauno. Sopravvisse il Gallipoli che, varato a Livorno il 10.7.1898, sostò per oltre due anni nel porto di Brindisi in appoggio ai “drifters” inglesi. Il siluramento del sommergibile Medusa costò la vita al fuochista di Diso Mario Cerfeda, mentre sullo Jalea, saltato su di una mina al largo di Grado, trovò la morte il fuochista gallipolino Camine Pindinelli. Ma non sono le uniche tragedie che ci rimanda il lungo elenco dei Caduti della Provincia di Lecce, potendosi individuare tutte le navi andate perse nel corso del conflitto sia per siluramento che per urto di mina, tra cui: i cacciatorpedinieri

Garibaldino, Impetuoso e Audace; gli incrociatori Amalfi, Città di Messina e Garibaldi; la corazzata Regina Margherita; il torpediniere Serpente e l’esploratore leggero Rossarol. Tra tutti questi drammatici episodi, emergono anche le due tragiche esplosioni nei porti di Taranto e di Brindisi: la prima a Brindisi, il 27 settembre 1915, a bordo della corazzata Benedetto Brin, che ormeggiata nel porto affondò rapidamente, trascinando sul fondo fangoso 456 uomini, tra cui i cannonieri Giuseppe Bortone di Diso e Antonio Vitali di Morciano di Leuca, unitamente ai marinai Giovanni Marzo, di Castrignano del Capo, e Primaldo Tarantino, di Melendugno; la seconda, il 2 agosto del 1916, a bordo della corazzata Leonardo da Vinci, nel porto di Taranto, che costò la vita al capo cannoniere Rocco Chetta di Racale, al fuochista Biagio Russo di Corsano, e ai marinai Santo Branca, di Castrignano del Capo, e Bonaventura Castrignanò, di Calimera. Nonostante i sospetti di procurato sabotaggio, avanzati soprattutto per l’esplosione a bordo della Leonardo da Vinci, non si arrivò a stabilirne mai le cause. Ad integrare questo triste elenco sono poi le 663 vittime del piroscafo austroungarico “Meri Linz”, affondato il 9 agosto 1918 presso capo Rodoni, a nord dell’Albania. Trasportava 1.003 civili e 413 prigionieri italiani provenienti dal campo di Ostffyasszonyfa in Ungheria, tra i quali Mansueto Santoro, Vincenzo Chilla, ambedue nati a Diso, e Fortunato Pisanello, di Alliste, che furono nel numero delle circa

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1.000 vittime. Due sono, infine, i marittimi ricordati nell’Albo d’oro: i gallipolini Luigi Corciulo e Corrado De Vita, periti nel mare di Glasgow, a seguito del siluramento de Piroscafo Maddalena nella notte del 26 agosto 1917. Sono, questi, fievoli ma significativi scampoli di tragiche storie di giovani vite, travolte dai gorghi della guerra, che pur timidamente e vagamente ho sentito comunque il dovere di far riemergere, dopo cent’anni d’ingrato e colpevole oblìo. Un modo, mi sembra, per contribuire al consolidamento di una memoria comune a tutta la Provincia di Lecce, e un doveroso omaggio al sacrificio delle nostre genti.

T he analysis of the Sea theatre during the War, with reference to the publication of the “Golden List of the Fallen from Lecce” starts from the point that Out of a total of about 650.000 Italian Fallen, regularly recorded, about 3.000 were from the Royal Navy departments; in the area of Lecce they were 33 out of 6.714, but they were not the only victims in the sea, just think of civil and prisoners died in the sinking of the Austro-Hungarian steamer “Meri Linz” and of the soldiers on board of the steamers torpedoes fired and sunk, besides the seamen who died in trenches. We know the names, and for some of them, also the awards received, important remnants of young lives stories crushed by war.



NAUTICA&MARE

Gli interventi di

POLIZIA GIUDIZIARIA sulle navi mercantili La concessione della nazionalità ad una nave stabilisce un collegamento diretto tra la nave e l’ordinamento giuridico dello Stato che l’ha concessa, autorizzandola a navigare ed ad inalberare la propria bandiera. La nazionalità legittima lo Stato ad esercitare la sua sovranità sulla nave intesa come comunità viaggiante. A livello internazionale, tutti gli Stati sono tenuti a riconoscere come nave appartenente allo Stato di bandiera. Tuttavia l’estensione della sovranità dello Stato di bandiera sulla nave varia in relazione al regime giuridico delle acque in cui essa si trova. Quando la nave si trova in alto mare, la sovranità dello Stato di bandiera è totale, fermo restando il rispetto delle regole stabilite a livello internazionale. Per le navi in alto mare è prevista solo la cosiddetta inchiesta di bandiera da parte delle navi da guerra giustificata quando si hanno seri dubbi sulla nazionalità della nave mercantile o sulla natura del carico che trasporta o altro (traffico illecito di stupefacenti o sostanze psicotrope, traffico d’armi senza regolare documentazione ed altro). L’esercizio di eventuali atti di polizia giudiziaria possono essere compiuti solo dalle navi da guerra e comunque di essi deve essere informato lo Stato di bandiera. Diversa è la situazione per le navi che si trovino nel mare territoriale o che vi transitino. Qui vige la giurisdizione dello Stato costiero. Il regime giuridico delle acque del mare trova il suo fondamento nella Convenzione di Montego Bay in data 10 dicembre 1982. Una nave straniera ha facoltà di transitare del mare territoriale di un altro Stato purché tale passaggio sia inoffensivo, nel senso che non arrechi pregiudizio alla pace, al buon ordine e alla sicurezza dello Stato costiero. La Convenzione elenca gli atti ritenuti gli atti ritenuti pregiudizievoli. Anche l’inquinamento marino quando sia grave ed intenzionale è indicato tra tali atti, come pure quelli diretti a interferire o danneggiare i sistemi di comunicazioni, tanto per citare esempi significativi. Nel concreto quando a bordo di una nave che transita nel mare territoriale sia stato commesso un reato, per esempio

di Salvatore De Michele

un omicidio, atto questo che ripugna alla coscienza collettiva, è legittimo l’intervento delle forze di polizia giudiziaria per compiere gli accertamenti di rito e trarre in arresto il presunto autore. Ed in tale ipotesi il comandante della nave è tenuto a collaborare con la polizia giudiziaria, fornendo agli investigatori anche gli elementi già raccolti. Quando una nave si trova nelle acque interne, cioè entro limiti circoscritti dalle linee di base da cui si misura l’ampiezza del mare territoriale, l’intervento della polizia giudiziaria a bordo è possibile per qualsiasi fatto ritenuto illegittimo secondo le norme dello Stato costiero. In pratica nei porti l’intervento delle forze di polizia per reprimere un reato è da ritenersi legittimo sempre. Ovviamente si deve avere cura di informare le autorità consolari del luogo. Per quanto riguarda il passaggio delle navi militari nelle acque di uno Stato straniero, esso deve essere preventivamente notificato per le vie diplomatiche. E non basta, i sommergibili sono tenuti a navigare in superficie ed esibire la bandiera nazionale. Anche l’accesso nei porti di tali navi deve essere notificato allo Stato ospitante e da questo autorizzato. La polizia giudiziaria a bordo delle navi da guerra è esercitata dal Comandante della nave, godendo queste navi di una sorta di regime di extraterritoriale per cui ogni evento rientra nella giurisdizione dello Stato di bandiera.

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Foto Shutterstock

T he legal status of seawaters is regulated by Montego Bay Convention of 10 December 1982 foreign ship can pass through the territorial seas of another Country, provided that this does not prejudice peace, order and security of the coastal country. If this happens, police forces can intervene and the Master of the Ship must cooperate. The transit of military ships through the waters of a foreign country must be notified in advance through diplomatic channels, and submarines are required to navigate on the surface and show their flag.


MUSICHE DAL MARE

“Sera di Gallipoli” di Pierangelo Bertoli A cura di Enrico Tricarico Sul disco “Eppure soffia” uscito del 1976 il compianto cantautore sassolese Pierangelo Bertoli pubblica la canzone “Sera di Gallipoli”, una vibrante melodia che immortala la vita gallipolina di quegli anni, assai diversa da quella attuale. La musica è di Alfonso Borghi mentre le parole di Mauro Degola, il quale ha svolto il servizio militare presso la capitaneria di porto della città jonica che ne ha ispirato questa malinconica poesia. Il testo riverbera l’animo antico della città, dei pescatori e della sua gente che al mare deve tutto, ed esalta il valore indissolubile dell’amicizia, come quella dei tre ragazzini citati nella canzone che liberamente giocano tra i vicoli del borgo antico di Gallipoli. Per Pierangelo Bertoli, “Eppure soffia” è il primo album pubblicato per una grossa casa discografica: il contratto con la CGD era stato procurato a Bertoli da Caterina Caselli, sua compaesana, moglie del titolare della casa discografica, che conosceva il fratello del cantautore, Gianni, batterista nel suo gruppo. Gli arrangiamenti sono opera di Gianfranco Monaldi. Come raccontò il cantautore, le registrazioni iniziarono il 4 ottobre del 1976, ed il 5 novembre, giorno del suo compleanno, Bertoli si recò a rinnovare la carta d'identità, che venne inserita sulla copertina del disco.

Così è passata la domenica sul mare, sugli scogli, fino a che il sole non si è deciso ad andar giù, sulla pelle ci rimane il sale del mare. Giriamo le vie di Gallipoli Rolando, Sandro ed io in libertà, liberamente qui possiamo stare noi, soli tra le vecchie mura bianche di calce. Porto di pescatori e gente povera che invecchia sull'uscio di una sola stanza, che mai sarà di questo nostro restare insieme? Sandro, quando finirà la nostra attesa? Quando, chetato il mare, senza più una parola, le spalle curve, andremo in cerca della luna. Scalzi giocano a calcio sulla strada bambini che crescono solo per andarsene, che mai sarà di questo nostro restare insieme? Rolando, quando ce ne andremo tutti via di qua? Quando, chetato il mare, senza più una parola, le spalle curve, andremo in cerca della luna. Un volto appare ad una finestra, ed è un volto senza sesso e senza età; amici, amici miei, dev'essere così scorderemo il nostro stare insieme di adesso.

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LA MUSA

VOLERÒ DALL’AFRICA IN TERRA D’OTRANTO di Mariateresa Protopapa *

volerò lontano. Avrei voluto, ciò che mai potrò volere, per lo stupido, presuntuoso sogno di volare, di farmi vedere, per portare a spasso con lo sguardo assente in terra amica e straniera il mio sogno, quello di tutti, qui insieme, ammassati sul letto dondolante della terra. Ingrata terra, che bleffò facendomi figlio di una terra sbagliata. Si, ma io volerò volerò lontano. Lontano, su pianeti liberi dal nemico, liberi dalla fame e dalla preoccupazione. Si, volerò e se volo e mai più potrò, stringiti a me che in un volo all’unisono e con le braccia al cielo, voleremo.

Si. Volerò, volerò lontano con le ali ai piedi, prigionieri nella morsa del caldo africano. Volerò lontano, ad occhi chiusi con un brivido in gola tra i rumori di motori sguazzanti, vigliacchi nella notte, come vigliacco fu, chi con promesse mal poste fece breccia nel cuore stanco della fame di libertà. Volerò sull’avio, colorato di bruno brillante schiacciato nella morsa dall’umido sudore, che mai più asciugherò al vento profumato di deserto, avvolto nella polvere della mia terra. Ma mi chiederò miliardi di volte volando perché partì. La garanzia di un sogno non afferrò la coscienza, e sequestrò la volontà. Volerò,

* Incipit dell’omonimo poema.

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NAUTICA&MARE

La guerra d’oltremare el giugno del 1900, una guerra d’oltremare, combattuta contro un nemico che non aveva una flotta, impegnò la Marina italiana senza che ciò venisse rilevato dal grande pubblico che cercava soltanto episodi brillanti e clamorosi. Nella prima campagna d’Africa si trattò invece di un’opera continua ed estenuante, che costituì la necessaria premessa alla vita di un corpo di spedizione dell’Esercito che dovette muoversi, vivere e combattere lontano dalla Patria e in regioni primitive e inospitali. Questo avvenne durante il lungo svolgere di anni che passarono dall’occupazione della baia di Assab in Eritrea alla battaglia di Adua ed oltre. Il compito di organizzare e scortare i convogli che trasportarono in Africa un numero imponente di uomini, di materiali, di rifornimenti, di munizioni e di artiglierie spettò alla Marina che fu se non protagonista, collaboratrice ignorata della nostra prima, drammatica prova coloniale. Intanto, mentre la flotta perfezionava il suo organismo, facendo buona guardia alle coste della Patria, una piccola, ma crudelissima guerra si accendeva, il 13 giugno 1900, in una terra lontana e misteriosa: la Cina. Fu un movimento rivoluzionario contro gli stranieri che allarmò tutta l’Europa per la improvvisa e violenta manifestazione del “popolo giallo”: la rivolta dei Boxer che erano una setta segreta dedita ai riti più oscuri e sanguinosi che accusava gli europei di avvelenare i pozzi e di sgozzare i bambini incitando gli istinti primordiali e barbarici della innumerevole plebe cinese, per le sue basse condizioni di vita affamata e ribelle. Nei porti dell’Impero Celeste stazionavano allora, per garanzia e sicu-

N

IN CINA rezza degli europei e delle Missioni, unità da guerra dei vari paesi e tra esse i due incrociatori italiani Elba e Calabria cui si unirono poi altre navi giunte successivamente dall’Italia. Non appena scoppiata la rivolta che culminò nell’assedio delle legazioni di Pechino e dall’assassinio del ministro di Germania, fu organizzato un corpo di sbarco che marciò sulla capitale e del quale fece parte un contingente di Marinai italiani. I distaccamenti, dopo aspri scontri, liberarono la città e liberarono gli europei assediati. Ma le potenze europee

Incrociatore Elba (Wikipedia)

di Lucio Causo

dell’Esercito durante l’intera campagna. Il nostro intervento fruttò anche un sia pur minimo acquisto territoriale. Infatti uno spazio di 46 chilometri quadrati con una popolazione di circa sei mila abitanti fu assegnato nel Tientsin in concessione all’Italia che lo tenne fino alla fine del secondo conflitto mondiale e che fu presidiato dal glorioso battaglione San Marco. Se le operazioni militari compiute assieme ai soldati delle maggiori nazioni d’Europa e a quelli del Giappone non furono ricche di avvenimenti bellici importanti servirono però a stabilire il valore comparativo dei nostri militari e a far continuare quell’antica tradizione eroica dei Soldati e dei Marinai italiani in tutto il mondo, anche in tempo di pace e di operazioni di soccorso internazionale.

concordarono un’ulteriore azione per ragioni di prestigio e per punire la Cina delle violenze commesse. Le operazioni fermamente condotte, terminarono con un trattato in forza del quale l’Impero cinese, oltre a versare un’indennità, si impegnava al mantenimento dell’ordine, pena severe sanzioni. L’Italia tenne il suo posto in terra e in mare; e tra le truppe inviate in Cina si distinsero particolarmente i Marinai sbarcati dalle navi che, oltre ad aver fronteggiato a prezzo di sangue generoso la rivolta nel momento iniziale e più drammatico, combatterono accanto ai fratelli

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O n 13 June 1900, in the mysterious and distant China, began the Boxer Uprising, a bloodthirsty sect against the colonial presence in China.. After the siege of the foreign delegation in Peking, police forces which safeguarded security of the missions, some of which were Italian ships, restored order.The Italian landing corps distinguished itself and Italy was assigned a 46-square kilometers area, a small colony monitored by San Marco Battalion until world war II.


editoriale

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