Visualizzare per discutere e agire.Sistemi di notazione diagrammatici in contesti sociali complessi

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Design in progress 2009 La ricerca di design per condividere azioni e favorire dialoghi Giornata di riflessione sui risultati delle ricerche in corso nel Dottorato di Disegno Industriale e Comunicazione Multimediale del Politecnico di Milano

Visualizzare per discutere e agire. Sistemi di notazione diagrammatici in contesti sociali complessi. Donato Ricci – matricola - XXIIciclo - DIeCM


a.

Abstract Un elemento sensibile della discussione sugli spazi dell'informazione e della conoscenza, è costituito dall'apertura verso quelle che Latour definisce forme di conoscenza controverse, caratteristiche dei processi decisionali multi-attoriali. In una visione multi-attoriale, infatti, ogni partecipante al processo decisionale ha una percezione del problema da affrontare differente e differenti sono anche le cornici interpretative con cui analizza dati e informazioni. Queste conoscenze, poiché non condivise si configurano come labili e instabili e intensificano le forme di incertezza sociale, politica ed etica. Uno degli obiettivi emergenti per il nostro campo di ricerca è sviluppare sistemi di scrittura e mappatura in grado di esplicitare non più un sapere nella sua forma finale chiusa e stabilizzata, quanto nelle sue forme intermedie, inscription, di negoziazione. E' un focus che si sposta, nell'assistere gli attori dei processi di decisione e di trasformazione sociale nell'identificare le possibili soluzioni alle controversie così come nell'evidenziare attraverso forme di mutuo scambio di saperi le dinamiche sociali, economiche e organizzazionali sottese alle varie strategie di cambiamento e di produzione progettuale. Le capacità di scrittura diagrammatica emergono come strategiche nell'interpretare questi ambienti, spazi lisci, in cui le forme di rappresentazione visuale potrebbero aiutare a descrivere, in maniera tangibile, le differenti posizioni assunte dagli attori di un sistema decisionale, il loro punto di vista, sviluppando spiegazioni mutabili dei processi di ragionamento e di interpretazione dei dati che sono sottesi alle loro assunzioni. Si configura così la necessità di un sistema di notazione che esplichi le dinamiche delle controversie.

Nel paper verranno presentati e discussi i risultati attesi da tre strumenti di scrittura diagrammatica legati alle tre dimensioni di un processo decisionale: il tempo, gli attori, le relazioni. Gli strumenti verranno applicati ad un caso reale per permettere un maggior livello di dialogo fra gli attori coinvolti con l'obiettivo di diminuire le eventuali barriere create da discorsi basati su conoscenze e saperi specialistici.

Keyword Complessità sociale, controversie, visualizzazione, dati

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b.

Indice

1.

Gli spazi dell'informazione e della conoscenza. Modelli cartografici e diagrammatici.

2.

Pag. 04

La Complessità sociale. I modelli diagrammatici.

3.

Pag. 07

In-scrivere le reti. Il ruolo della percezione.

4.

Pag. 09

Abbandonare l'oggettività. La molteplicità dei punti di vista.

5.

Pag. 11

Un caso. Pag. 13

6.

Tre sistemi di notazione. Pag. 14

7.

La mediazione dei segni. Il design come traduttore.

c.

Pag. 19

Bibliografia. Pag. 22

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1.

Gli spazi dell'informazione e della conoscenza. Modelli cartografici e diagrammatici. Nel corso della storia alcuni artefatti narrativi hanno rivestito, affiancandosi e avvicendandosi, la forma canonica di strumenti per conoscere e costruire il mondo: dopo i modelli testuali, quelli audiovisivi. Oggi sembrerebbe che l'apertura di immense basi di dati e informazioni riconfiguri le forme tradizionali di accesso e interpretazione della conoscenza della realtà. Questa ipotesi portata avanti da Lev Manovich (2001) ridefinisce una nuova forma culturale emergente per catturare, esplicare e discutere della complessità del reale, andrebbe estesa e reinterpretata. Una riflessione accurata andrebbe portata avanti su due fronti e che toccano da vicino il Design e in particolar modo il Design della Comunicazione. Gli strumenti di questo campo disciplinare potrebbero emergere come strategiche nel leggere e raccontare le dinamiche che conformano l'attuale spazio dell'informazione e della conoscenza e i modelli che lo descrivono con lo scopo finale di agire coscientemente al loro interno. Da un lato, la riflessione teorica andrebbe centrata sull'accessibilità ai dati che raccolti da ambiti e discipline differenti producono un nuovo tipo di rapporto tra qualitativo e quantitativo. Informazioni centralizzate e informazioni diffuse si accavallano e si mescolano, le classificazioni universali cedono progressivamente il posto a categorizzazioni imperfette e cangianti 1. Dall’altro, la sperimentazione empirica si sviluppa sulle modalità con cui questi spazi vengono sintetizzati e tradotti in dispositivi narrativi comprensibili attraverso le attività di mappatura dei domini della conoscenza. Questa area di indagine si riconosce sotto l'etichetta di knowledge cartography (Okada, Shum, and Sherborne 2008) disciplina affine all'information visualization2 e all'information design3, che ha come obiettivo specifico la dotare di proprietà spaziali, attraverso una la loro raffigurazione, i domini della conoscenza: «The term ‘‘mapping knowledge domains’’ was chosen to describe a newly evolving interdisciplinary area of science aimed at the process of charting, mining, analyzing, sorting, enabling navigation of, and displaying

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Di fatto, lo spazio della conoscenza si conforma perfettamente alle caratteristiche con cui Lefebvre (1976) delinea lo spazio astratto: «Uno spazio non solo quantificabile come lo spazio geometrico, ma che, come lo spazio sociale è soggetto a manipolazioni quantitative. […] Tuttavia infine la componente qualitativa resiste al riassorbimento da parte del quantitativo».

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L'information visualization è un ambito disciplinare che ha come scopo la produzione di rappresentazioni visuali interattive a supporto dei processi cognitivi umani mostrando le strutture interne dei dati e le loro relazioni. Per una panoramica si vedano (Chen 2005; Keim et al. 2006).

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La voce information design è presente in Wikipedia solo 3 volte e non appare nell'Encyclopaedia Britannica, ciò rende evidente che questa disciplina è ancora molto lontana dall'avere uno statuto riconosciuto e una definizione consolidata. Come definizione di lavoro si potrebbe qui proporre che l'information design si propone di visualizzare dati e informazioni complessi comunicando, comunicando e preservando la conoscenza che da essi ne deriva anche e soprattutto nelle attività di divulgazione scientifica.

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knowledge. This field is aimed at easing information access, making evident the structure of knowledge [...]» (Shiffrin and Börner 2004) .

I concetti chiave di queste discipline rimandando ad alcune teorizzazioni nate all'interno delle scienze cognitive con Johnson-Laird sull'efficacia dell'immagine e in particolare dei grafici, delle mappe4 e dei diagrammi, non solo nei compiti mnemonici (Yates 1974), ma anche in quelli di ragionamento complesso e di orientamento fra un alto numero di dati e informazioni: «Si intuisce, qui, che il passaggio dalla descrizione logica, per sua natura seriale, lineare, successiva, che assomiglia alla descrizione di un tragitto egocentrato [...] è sostituito, grazie alla spazializzazione, da una descrizione in parallelo, simultanea, che, nello stesso tempo, permette anche [...] di manipolare mentalmente i rapporti fra gli elementi» (Berthoz 2004).

La sintesi di queste due riflessioni, solo apparentemente sequenziali, si risolve in una nuova dimensione della conoscenza, in cui la discussione sugli spazi della conoscenza sconfina il territorio dell'epistemologia: alle forme di un sapere fortemente codificato e rigidamente strutturato si affiancano forme che esprimono un sapere relazionale e dinamico anche e soprattutto nelle forme della sua restituzione e rappresentazione.

Esempio di questa nuova visione nell'esplorazione degli spazi dell'informazione e della conoscenza è sicuramente la cartography of controversies. Sviluppata da Bruno Latour come versione applicata della Actor-Network Theory (ANT) (Latour 1999; Latour 2005), la cartografia delle controversie può essere definita come un set di tecniche per osservare e descrivere, così come per esplorare e visualizzare tematiche sociali, in particolar modo, ma non in maniera esclusiva, tecno-scientifiche. La parola controversia5 si riferisce, come un termine neutro, ad un’incertezza condivisa indicando come dice Latour stesso «a debate surrounding a technique or scientific fact that has not yet been determined». Lo scopo finale è consentire di aprire le scatole nere delle 4

Se la spazializzazione delle informazioni è in insieme di tecniche di visualizzazione che si sta consolidando, le discussioni terminologiche e semantiche rimangono ancora molto aperte e in via di definizione. Ne sono un esempio l'uso come sinonimi delle parole mappatura e visualizzazione. Il termine mappa, entrato nel vocabolario comune dell'information visualization viene utilizzato nella letteratura di settore come metafora povera, applicata più a livello evocativo e linguistico che non strutturale e culturale. In questo ambito l’attività del mappare è semplicemente l’istituzione di una corrispondenza convenzionale tra la posizione di un segno e un valore astratto dell’entità rappresentata. È una sorta di codifica spaziale, concettualmente identica alla raffigurazione simbolica tipica delle discipline statistico-matematiche: è una operazione di tracciatura più che di mappatura. Il termine mappa, invece, in questo testo si riferisce al prodotto di una atività culturale e comunicativa, sopratutto nella sua dimensione narrativa e retorica.

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La nozione di controversia, sebbene estendibile a qualunque forma di disputa collettiva, fatica ancora a separarsi dall’ambito tecno-scientifico in cui è stata sviluppata. A differenza della più ampia nozione di conflitto, il termine controversia rimanda all’idea di un dibattito articolato e normato e formalizzatato.

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verità6 tecno-scientifiche e di osservare empiricamente come esse siano costruite attraverso processi di negoziazione allargati e non lineari. Ad un livello concettuale le controversie, anche se essenzialmente ognuna di esse è unica, presentano alcune caratteristiche peculiari (Law 2004):

 Un alto numero ed una elevata eterogeneità di attori e agenti coinvolti;  Una elevata dinamicità delle relazioni fra attori e agenti;  Una spiccata irriducibilità e non semplificabilità;  Una forma dialogica ma conflittuale. L'approccio latouriano tenta di comprendere le tematiche sociali come reti complesse costituite da relazioni fra persone (una serie di attori in competizione con interessi divergenti), entità materiali (luoghi, oggetti, flussi) e entità semiotiche (idee e concetti). Lo studio di queste reti secondo Latour (2005) non può essere effettuato ne cristallizzandole, ignorandone le dinamiche evolutive, ne dissociandole attraverso operazioni di isolamento dei nodi. Proprio questa necessità di conoscere nel divenire ha portato ad una grande differenziazione della cartografia delle controversie dalle altre metodologie di indagine e di ricerca sociale uno degli elementi più innovativi (Venturini 2008a) è la forma con cui viene restituita la descrizione dei fenomeni osservati. La cartografia delle controversie invece si propone di superare alcuni dei limiti delle forme di narrazione testuali della conoscenza, mettendo al servizio dell’indagine sociale le potenzialità anche le rappresentazioni visuali e dinamiche dell'information visualisation e dell'information design: «L’exercice de la cartographie de controverses ne se limite pas à l’observation analytique d’une dispute. Cela ne représente que la première moitié du travail. La deuxième moitie consiste en la mise en oeuvre d’un certain nombre de dispositifs de visualisation ou de scénarisation de la controverse. [...] C’est-à-dire des représentations synthétiques [...] de traiter les données récoltées par les enquêteurs et de leur donner une forme visuelle»(Venturini 2008b).

Compito della cartografia delle controversie è innanzi tutto quello di esplorare e integrare narrando l’enorme ricchezza informativa prodotta degli attori coinvolti in una disputa. Emerge, di conseguenza la necessità di dotarsi di dispositivi capaci di assemblare le informazioni e le pratiche più eterogenee nel medesimo spazio di comunicazione, un unico spazio otticamente coerente. Informazioni e pratiche anche apparentemente irrelate. Si riafferma, in altri termini, qui che le informazioni in maniera isolata rimangono dati privi di senso e che il processo di attraverso cui essi 6

Tanto nella riflessione di Latour, tanto nella Scuola di Edimburgo che in quella della Scuola di Bath le controversie sono un espediente metodologico per scardinare la visione positivista della scienza e della tecnologia.

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sono connessi e narrati costituiscono una vera e propria attività di produzione di conoscenza. Sin dalle origini del pensiero scientifico, il testo è stato lo strumento privilegiato per la sua diffusione attraverso il modello narrativo sillogistico proponendo codici di rappresentazione7 passibili di solo di una interpretazione univoca e causale (Gache 2006). Il testo tende a descrivere eventi e realtà per mezzo di elementi discreti ed ordinati si conforma ad una natura lineare. L'affermarsi della teoria dei sistemi e l'emergere della scienza della Complessità hanno reso evidente l’inadeguatezza di un simile approccio per lo studio di sistemi sociali e naturali. Di fianco al discorso e al testo si riaffermano modelli di rappresentazione che non separano e analizzano in maniera singola gli elementi ma cercano di indagarli in maniera interconnessa.

2.

La Complessità sociale. La ricerca di modelli per la multi-attorialità.

La scienza della Complessità, nonostante abbia in primo luogo fornito nuovi modelli per la modellazione numerica e computazionale, può essere vista anche come un nuovo modo di approcciarsi ai sistemi umani e la sua influenza è riconoscibile anche in alcuni orientamenti scienze sociali. Non è solo la centralità delle reti complesse8 ad accomunare, sotto alcuni tratti, le teorie della Complessità e in particolar modo della Complessità sociale con l'ANT e con la cartografia delle controversie. Alcune caratteristiche strutturali dei sistemi complessi9 mostrano delle affinità con quelle degli spazi delle controversie: la dinamicità, dovuta ad un alto numero di agenti ed attori, la non riducibilità dovuta alla non linearità delle connessioni. Ancora, è la nozione stessa di controversia che rimanda a dimensioni aperte non definite a priori nei loro confini; indefiniti così come i sistemi complessi sono, portando all'impossibilità di costruire una loro conoscenza esaustiva, stabile e completa10. La distinzione fra sistemi Complessi e sistemi Complessi sociali (Chapman 2003; Stewart 2001) è data anche da forze di frammentatrici. Riferendosi alla non omogeneità di agenti e attori che costituiscono la rete del sistema e coinvolti nella sua evoluzione e nei suoi cambiamenti, la frammentazione, non creata casualmente da 7

Ci sono, in realtà, testimonianza molto forti di come le forme narrative testuali possano incorporare strategie narrative tipiche di altre forme di narrazione come la non linearità, l'interattività o la possibilità di non scindere i sistemi semiotici linguistici, visuali e sonori. Dai Carmina Figurata alle Technopægnia passando per il Tristam Shandy per arrivare agli Event score la produzione letterarie hanno sempre prodotto forme di narrazione che sfuggivano al modello canonico di automatismo linguistico.

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Nella cartografia latouriana, ogni cosa o fatto sociale è descritto come una rete di connessioni eterogenee che gli attori sono costantemente impegnati a legare o sciogliere nel caso delle controversie.

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Si veda al proposito (Cilliers 1998). Anche se si assumesse di essere in grado di ottenere tutte i dati riguardanti un sistema Complesso sarebbe impossibile usarli, venendosi a creare una situazione di information overload.

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fattori etnici, geopolitici e culturali, renderebbe i processi di comunicazione molto difficoltosi. Si potrebbe, quindi, affermare, cercando un anello che connetta gli spazi delle controversie ai sistemi Complessi 11, che le controversie sono proprio il risultato di questa difficoltà comunicativa. Alcuni autori (Lewin 1999; Lewin, Parker, and Regine 1998; Olson and Eoyang 2001) riferendosi alla dimensione organizzativa dei contesti multi attoriali e frammentati, affermano che indagarli, gestirli per agire al loro interno non può più avvenire secondo regole logico-analitiche. Stacey (2000) aggiunge: «in complex environments the real task is that of coping with and even using unpredictability, clashing counter-cultures, dissensus, contention, conflict, and inconsistency. In short the tasks that justifies the existence of all managers has to do with instability, irregularity, difference and disorder»

Anche se le controversie e le dispute, le dinamiche dei sistemi sociali complessi spesso non raggiungono l'intensità di un scontro aperto, la costruzione di un rete stabile, di un universo condiviso è spesso accompagnato dallo scontro di mondi conflittuali, uno per ogni attore coinvolto. Le controversie sono discussioni, anche non verbali,che richiedono nuove modalità di comprensione e lo sviluppo di strumenti che raccolgano, amplifichino e mettano in relazione le voci di tutti i gli attori facilitandone il dibattito e la negoziazione: in questa visione multi attoriale, ogni attore ha una visione del mondo e del problema differente e differenti sono anche i frame con cui li interpreta. La generazione reti stabili passa anche attraverso l'abilità di tradurre i modelli mentali di ogni attore in modelli dialogici dei problemi da affrontare, dei cambiamenti da orientare e dei mutamenti del sistema da ottenere.

Per affrontare problemi controversi e complessi che non ammettono logiche lineari sono necessari modi inediti di porre i problemi stessi, ammettendone l'indecidibilità e l'impredicibilità. L'incertezza riguardo gli esiti evolutivi nella dinamica di un sistema è condizione non alienabile della sua complessità. La necessità è di preservare le ambiguità e riconoscere l'irriducibilità dei sistemi e delle reti, come condizione stessa della loro esistenza e della loro evoluzione (Morelli 2006). La capacità di agire al loro interno dipende anche dalla produzione di modelli dialogici di confronto fra dati, informazioni e conoscenze, e sopratutto fra gli attori che li sorreggono senza negarne la dimensione conflittuale. Il conflitto è infatti una proprietà costitutiva di ogni dialogo12, di ogni relazione e di ogni processo di conoscenza, 11

La relazione fra i due approcci, qui brevemente espressa e sicuramente poco argomentata, riguarda un dibattito molto ampio sopratutto sulle distinzioni e sulle posizioni ontologiche. Per una più approfondita comprensione del tema si vedano (Law and Mol 2002; Nowotny 1990; Horn 2008)

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Una riflessione va posta sull’usura della parola dialogo, che ormai sembra avere perso forza e significato. Afferma Morelli (2006): «Il dialogo è una pratica profondamente conflittuale per chi la pratica, in quanto implica il dare spazio all’altro entro se stessi. [...]» E ancora che «[...]in molte occasioni il dialogo si riduce

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sviluppare questo tipo di modelli richiede una prospettiva di osservazione che concentri l'attenzione sulla complessità e sul dinamismo del sociale cercando i punti di divergenza e di dissenso. I modelli dialogici si configurano così come rappresentazioni di spazi lisci animati da tensioni, aggregazioni diverse e in divenire, che non tendono a presentarsi come realtà unitarie e compatte, ma si compongono di frammenti e di pezzi eterogenei, a cui sono opposti agli spazi striati omogenei, statici e caratterizzati dalle solidità delle conoscenze (Marzocca 1994). Gli spazi lisci in quanto eterogenei e non isotopici si lasciano conoscere e «misurare solo da mezzi indiretti ai quali non mancano di resistere» (Deleuze and Guattari 2006). Esperienza caratteristica degli spazi lisci è anche l'assenza di metriche per relazionarsi con questi spazi. È l'assenza di punti di riferimento che richiede di dotarsi di strumenti tecnici e concettuali per comprendere e mostrare le dinamiche e i processi che conformano questi spazi (Fadini 2000).

3.

In-scrivere le reti. I modelli diagrammatici. Una delle sfide nascenti delle discipline del Design che si rivolgono alla costruzione di linguaggi è proprio la rappresentazioni di questi spazi lisci e complessi, spazi della conoscenza e della controversia (Scagnetti and Ricci 2007). L'obiettivo non è solo presentare la conoscenza nella sua forma finale13 ma offrire anche un quadro generale di come tale conoscenza sia stata costruita, sotto quali condizioni, attraverso quali negoziazioni. La necessità è costruire rappresentazioni delle reti e dei processi intermedi che tali saperi producono. Le forme di rappresentazione visuale potrebbero aiutare a descrivere, in maniera tangibile, le differenti posizioni assunte dagli attori di un sistema complesso, il loro punto di vista, sviluppando spiegazioni mutabili dei processi di ragionamento e di interpretazione dei dati che sono sottesi alle loro assunzioni. Si tratta di una vera e propria attività di traduzione dei modelli mentali degli attori in una forma condivisibile. E' un focus che si sposta, nell'assistere gli attori dei processi della trasformazione sociale nell'identificare le possibili soluzioni alle controversie, così come nell'evidenziare le dinamiche sociali, economiche e organizzazionali attraverso la costruzione di artefatti:

 aperti nella possibilità di includere e ricombinare dati e informazioni eterogenee e distoniche;

 costruttivi nella possibilità di narrare visioni plausibili su come il sistema viene ad un alternarsi di monologhi in cui ognuno tende ad autoconfermare la propria posizione, in cui l’obiettivo non è un “dia-logos” un doppio discorso, ma convincere l’altro, portandolo sulle proprie posizioni: “convincere”, cioè vincere l’altro, ridurre il dialogo a monologo». 13

Il ruolo di spiegazione delle conoscenze scientifiche consolidate, anche nelle forme di divulgazione, è attualmente dominio dell'infografica.

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percepito. Che si configurino, inoltre, come produttori di inscription (Latour 1988) offrendo un supporto otticamente coerente, mantenendo e preservando le multiple interpretazioni che un spazio della controversia produce. Le capacità del Design della Comunicazione di costruire linguaggi, in prima istanza visivi, dovrebbe orientarsi anche alla costruzione di artefatti-ponte, per connettere diversi punti di vista, contingenze locali e interessi molteplici, caratteristiche strutturali di un sistema sociale complesso. Questi artefatti di comunicazione si configurano come contenitori di conoscenze labili ancorate a supporti fisici relativamente stabili: «le inscription costituiscono il ponte tra il gesto e il mondo esterno, tra l'attività umana e le trasformazioni che essa produce nell'ambiente, tra gli attori sociali e gli oggetti materiali. Permettono da un lato di lasciare tracce di determinati processi mentali nel mondo e dall'altro di leggere nel mondo le conoscenze cui abbiamo bisogno per muoverci in quell'ambiente» (Mantovani 2008).

Fra i linguaggi tipici del Design della Comunicazione le forma di visualizzazione diagrammatica (Scagnetti and Ricci 2007; Scagnetti et al. 2007; Ciuccarelli, Ricci, and Valsecchi 2008) sembrano essere particolarmente promettenti per assolvere agli obiettivi appena espressi. In questa sede i diagrammi sono considerati come dispositivi operativi in grado di rivelare le connessioni latenti di un sistema che posso facilitare o ostacolare l'agire al suo interno. Questa idea trova una corrispondenza nella accezione filosofica di macchina astratta (Deleuze 1986). I diagrammi sono interfacce fra la conoscenza e l’esperienza; più che descrizioni essi sono, in forma di immagine, la registrazione di impressioni e punti di vista. Possono essere studiati e interpretati ed usati per generare nuovi metadati, per scoprire nuove opportunità di cambiamento e sviluppo dei sistemi in cui si opera. L’efficacia del diagramma, infatti, sta nella sua capacità di agire come mediatore con funzioni esplicative tra quantità differenti e qualità irrelate (Abrams and Hall 2006; van Berkel and Bos 1998; Corbellini 2007), come una sorta di scorciatoia grafica per la rappresentazione di fenomeni complessi. Non si tratta di rappresentare posizioni fisse nel tempo e nello spazio quanto di restituire con un linguaggio visibile le mutevoli tensioni fra gli attori di un dato sistema e i campi di mutua forza che attraverso informazioni e conoscenze si producono.

4.

Abbandonare l'oggettività. La molteplicità dei punti di vista.

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La relazione fra Complessità, comunque essa sia definita e misurata14, e la sua rappresentazione, non è una funzione linearmente legata ai fenomeni in descrizione. I sistemi Complessi sono per loro natura aperti e interagiscono con il loro ambiente rendendo difficile individuare una loro cornice. Essa dipende da chi o casa la sta realizzando. L'osservatore e il sistema sono in posizione di mutua relazione (Bar-Yam 1997). Considerando queste caratteristiche appare evidente che il livello di soggettività che esse introducono implica un contributo narrativo anche nelle rappresentazioni matematico-formali15 più rigorose, in termini di semplificazioni e scelte effettuate che renda i limiti della rappresentazione stessa espliciti. Allo stesso tempo, i modelli puramente narrativi limitano le rappresentazioni ad una determinata prospettiva data dall'osservatore16 del sistema (Cilliers 1998; Cilliers 2005): afferma Richardson (2008) che per ogni sistema complesso «there exists an infinitude of equally valid, nonoverlapping, potentially contradictory descriptions». Queste osservazioni si risolvono nella necessità, per comprendere i sistemi complessi e favorire il dialogo al loro interno, di approcciarli, e di conseguenza di descriverli, da molteplici direzioni, di adottare una posizione pluralistica e relativa: «the need for synthesizing a wide variety of perspectives in an effort to better understand the problem at hand, and how we might collectively act to solve it» (Richardson 2008).

Ogni rappresentazione della realtà e quindi ogni diagramma che cerca di condensarla, 14

Il numero di modalità con cui misurare la Complessità è incrementato notevolemente, anche ad indicare una certa confusione sul tema. Nonostante questa situazioni le varie misure della complessità possono essere ricondotte a poche dimensioni:

difficoltà di descrizione di un sistema complesso;

difficoltà di riproduzione di un sistema;

grado di organizzazione

Complessità effettiva - difficoltà nella descrizione organizzazionale della struttura del sistema

mutua informazione - quantità di informazione condivisa fra gli agenti di un sistema come risultato della sua organizzazione interna

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Nonostante numerosi e autorevoli studi (Camazine et al. 2001; Weiss 1999) siano stati portati avanti nello sviluppare modelli puramente matematici, alcuni autori hanno messo in luce i limiti conoscitivi che essi mostrano nell'indagare i sistemi umani. Le posizioni in merito (Kurtz and D. J. Snowden 2003; David J. Snowden and Boone 2007; Juarrero 2002) sono riassumibili in tre principali argomentazioni:

Identità – le persone modificano la loro identità sia a livello collettivo che a livello personale;

Regole – i comportamenti collettivi sono comunque mediati da scelte personali;

Pattern locali – le persone a differenza di tutti gli altri agenti dei sistemi complessi, interagiscono non solo su scale locali e ben definite.

Non si vuole, qui, sottrarre valore alle simulazioni computazionali nell'indagare e nell'agire in sistemi sociali quanto inquadrarli in un ottica di supporto ad altre metodologie. 16

Al proposito si veda il concetto di Complessità effettiva, anche nelle sue versioni divulgative come presentate da Gell-Mann (1995).

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si configura, in quest'ottica, come strutturata intenzionalmente e quindi arbitraria 17, anesatta18 e incompleta: la creazione di un diagramma è una parziale e mai esaustiva descrizione dell'ambiente osservato. In quanto narrazione una selezione di cosa è rappresentato viene fatta dal suo autore, è un'istanza politica (Scagnetti et al. 2007). Se ogni attore raffigurasse il suo diagramma del sistema in cui è coinvolto si avrebbero tanti modelli quanti gli attori sono.

Anche secondo L'ANT la cartografia delle controversie, ogni approccio agli spazi della conoscenza, non può esistere se non da punti di vista che non siano soggettivi e parziali. L’unica oggettività riconosciuta dalla epistemologia sociale è una oggettività di secondo livello, vale a dire il tentativo di conoscere un sistema, come un oggetto unico attraverso il maggior numero possibile di punti di vista anche opposti. Afferma Latour (2005): «The great thing about a standpoint is, precisely, that you can ch ange it! Why would I be stuck with it? From where they are on earth, astronomers have a limited perspective… And yet, they have been pretty good at shifting this perspective, through instruments, telescopes, satellites. They can now draw a map of the distribution of galaxies in the whole universe. Pretty good, no? Show me one standpoint, and I will show you two dozen ways to shift out of it» (Latour 2005).

Questa posizione spesso tacciata di relativismo19 radicale, è interessata più allo studio della «verità delle relazioni» che alla «relatività della verità»20. In quest'ottica il relativismo latouriano è l'opposto dell'assolutismo dei punti di vista, ovvero la manifesta volontà di non confrontare, di non connettere una visione del mondo con le altre possibili, di non instaurare con loro un dialogo che non può che risolversi in una conoscenza profonda dei sistemi in analisi. La pretesa di imparzialità dei processi di ricerca di indagine, ma anche di azione non può, inoltre, essere perseguita per la semplice aderenza ad un protocollo metodologico o sulla scorta di una linea giuda teoretica. Secondo la cartografia delle controversie ad ogni prospettiva di ricerca è associato un bias (Venturini 2008a), questo non esclude che alcune possano offrire dei 17

Ogni trascrizione, anche la più semplice, la più anodina, è già una trasformazione, una piccola metamorfosi; ma come Kafka per il suo personaggio, non indica la misura del suo mutamento.

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Sul tema dell'anesattezza si veda (Deleuze and Guattari 2006)

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Il significato comune di relativismo, entrata di prepotenza nel lessico di giornalisti, politici e religiosi, è spesso concetto piuttosto confuso che generalmente propende per una accezione etica e il giudizio di valore. Parte da una base teorica molto varia, oltre che vaga, includendo Protagora e lo scetticismo, Galileo e le acquisizioni degli antropologi culturali, il Teorema di Incompletezza di Gödel. Tuttavia, il suo vero pilastro sembra essere la Teoria della Relatività di Einstein. Queste posizioni nel dialogo comune sono spesso misinterpretate, ad esempio la Teoria della Relatività non è una teoria della conoscenza, bensì una teoria scientifica, nata per cercare di superare le contraddizioni tra la teoria dell’elettromagnetismo di Maxwell e il precedente quadro meccanicistico.

20

Si veda al proposito (Deleuze 1990)

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panorami sulla complessità sociale ampi e chiari, in ogni caso rimangono ancorati ad una soggettività dovuta sia all'applicazione dei costrutti teorici sia al legame fra ricercatore e soggetto della ricerca. Secondo quest'approccio l'oggettività di primo livello è perseguibile solo in situazioni di accordo collettivo mentre quella di secondo livello si realizza rivelando le sfaccettature che una situazione controversa e complessa implica.

La sfida, che riguarda anche il campo disciplinare del Design della Comunicazione, è quella di mostrare la molteplicità dei punti di vista, di sviluppare forme di rappresentazione visuale per descrivere in maniera tangibile e condivisibile le differenti posizioni assunte dagli attori di un sistema complesso, di rendere evidenti le varie tipologie di narrazione che esse sottendono. Mostrare dove le varie interpretazioni si sovrappongono e dove divergono come le varie informazioni configurano la natura stessa del sistema. Si configura così la necessità di un sistema di notazione, diagrammatico, che esplichi le dinamiche delle controversie.

5.

Un caso. Questi presupposti teorici sono in via di verifica empirica in un caso reale: il trasporto delle merci pericolose. Il sistema indagato vede coinvolti diversi attori molto diversi tra loro e che stanno attraversando una fase di profonda trasformazione. Da un lato il settore è regolato a livello massimo dallo ONU, prima era concentrata solo sulle fasi di carico e scarico delle merci, sta ora avviandosi ad interessarsi anche della fase del viaggio, creando una profonda trasformazione in tutta la filiera. D'altra parte anche il settore merceologico dei trasportatori negli ultimi ha profondamente mutando le dinamiche, che sono ancora tutte in via di definizione. Si assiste ad una iper-frammentazione dei soggetti trasportatori, che ormai agiscono come singole unità. Il terzo fenomeno di grande portata è l'evoluzione tecnica della gestione delle spedizioni e la possibilità di elaborazione di grosse quantità di dati che permetterebbe, da un lato una maggiore efficienza dall'altro ovviamente una perdita di privacy e di autonomia della miriade di trasportatori coinvolti. Ciò sta creando molti attriti sia alla sperimentazioni delle tecnologie di info-mobilità sia all'implementazione di normative chiare e sostenibili. Lo sforzo della fase di ricerca sul campo è quella di favorire un proficuo confronto fra autotrasportatori, enti legislativi e cittadini, ora elementi passivi del sistema ma ovviamente coinvolti ed interessati alla problematica.

6.

Tre sistemi di notazione. Dato questo contesto d'indagine sono stati definiti, prima a livello concettuale, ed ora in via di definizione nella loro forma progettuale, tre strumenti di natura diagrammatica per gestire le tre principali dimensioni di un sistema complesso e controverso:

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 il tempo;  gli attori;  le interazioni; ciascuno di questi strumenti ha l'obiettivo di trasformare e formattare i dati e le conoscenze prodotte da ogni attore del sistema in una forma condivisibile. L'approccio proposto è profondamente differente delle sperimentazioni portate avanti in questo campo dalle discipline dell'infovis e della modellazione computazionale, in cui l’attenzione verso le modalità grafiche e linguistiche di comunicazione è limitata a forme fortemente codificate di simbolizzazione e il cui focus riguarda principalmente l’identificazione di algoritmi matematici per simulare i sistemi. Gli strumenti qui proposti sono progettati a partire da un’attenzione alla componente umana, prima ancora che tecnologica, massimizzandone l'aspetto e la natura di dispositivi di comunicazione. L'obiettivo è quello di tradurre i modelli mentali di ogni attore in un modello visuale in maniera da ottenere delle rappresentazioni delle connessioni e delle dinamiche del sistema e della controversia analizzata. Il risultato atteso, validabile solo alla fine della fase di implementazione del progetto, è un maggior livello di dialogo fra gli attori coinvolti con l'obiettivo di diminuire le eventuali barriere create da posizioni basate su conoscenze asimmetriche e saperi specialistici. L' interesse è nel configurare strumenti di scrittura a sostegno delle dinamiche sociali dei processi che avvengono in uno spazio della controversia mostrando sulla base di quali interpretazioni di dati e conoscenze si creano aree di accordo o di divergenza.

6.1. Il tempo Le controversie sono, per definizione, fra i fenomeni più dinamici della vita collettiva. Sarebbe inutile analizzare una controversia in un solo istante del suo svolgersi, provvedere a una sua descrizione per istanti discreti senza mostrare anche il suo sviluppo storico (Venturini 2008a). Inoltre lo studio dei sistemi Complessi non possono prescindere dalla loro dimensione evolutiva, ogni loro indagine che ignori questa dimensione temporale si configura come un'immagine sincronica di un processo diacronico (Cilliers 1998). La componente diagrammatica dello strumento proposto risiede nella capacità di connettere le informazioni e i dati ad ogni attore che le ha prodotte o ad ogni attore a cui si riferiscono. È possibile, inoltre, collegare gli stessi dati a più attori per evidenziarne le differenti rielaborazioni, questo si rende necessario poiché evidenziare le connessioni fra attori e informazioni eterogenee sia pur attività di scrittura utile non è sufficiente ciò che va espresso e mostrato di una rete, di un network, è il work, il lavoro, il movimento, il flusso e il cambiamento.

6.1.1. Obiettivi

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La definizione temporale del processo decisionale è utile nell'identificazione di tutti quegli elementi che hanno condizionato e che condizionano il suo sviluppo, l'obiettivo è la definizione di un framework determinato da due differenti dimensioni: storica e di rete (Dente, Fareri, and Ligteringen 1998). La dimensione storica si rende necessaria poiché il processo raramente coincide con le procedure formali che lo scandiscono. Oltre agli atti formali vanno ricostruiti e tracciati numerose altre azioni, dal cambiamento dei governi locali alla costituzione di gruppi locali di azione. Dall'organizzazione di convegni e conferenze alla pubblicazione di report sull'argomento trattato. Andranno anche inseriti nella cronologia anche i risultati di altri processi decisionali affini. La seconda dimensione dagli eventi cerca di evincere gli attori coinvolti nel processo, stilandone una lista esaustiva.

6.1.2 Tecniche

Questa prima fase del processo di indagine si configura come un progetto di ricerca tradizionale in cui il primo compito è la raccolta e la costruzione di una adeguata base di dati. La cronologia è costruita partendo dalle sue manifestazioni attuali procedendo a ritroso identificando e connettendo gli eventi fino a raggiungere il momento in cui la controversia è iniziata. In quest'ottica almeno nelle prime fasi di ricerca delle informazioni è fondamentale adottare un criterio di selezione dei dati ampio, per evitare di tralasciare informazioni rilevanti per la dinamica del processo 21. La gestione cronologica delle informazioni sul sistema è qui considerato come uno strumento del designer per lo sviluppo delle fasi successive, non contiene quindi interpretazioni 22 del processo, ma i dati crudi così come riportati dalle fonti da cui sono tratti. Il diagramma cronologico, dispositivo multimediale basato sulla rete, si configura come strumento aperto e in evoluzione pronto ad accogliere continuamente nuove informazioni e dati.

6.1.2. Fonti

Tre tipologie di fonti possono essere utilizzate. La prima è costituita dalle fonti giornalistiche. Risulta spesso estremamente utile comparare come gli stessi avvenimenti siano descritti a vari livelli di impatto delle testate (dal locale all'internazionale). La seconda di basa sulla documentazione formale ed informale prodotta dagli attori coinvolti e rilevanti per il processo. La terza è costituita dalla letteratura scientifica legata alla controversia. 21

A tal proposito si vedano gli strumenti di graining e framing in (Ciuccarelli, Ricci, and Valsecchi 2008)

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Anche in questo caso non ci può essere una pretesa di oggettività nella gestione delle fonti, è chi costruisce la cronologia che con la sua azione di selezione delle fonti, di raccolta delle evidenze ad introdurre un fattore di discrezionalità inevitabile.

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6.2. Attori La costruzione cronologica rende possibile creare una lista degli attori coinvolti. Scomponendo e riaggregando i suoi elementi dovrebbe essere possibile descrivere il comportamento e le percezioni di ogni attore e i fattori che li determinano. Si può definire il problema in questione dal punto di vista di ogni attore e come esso cambia nel tempo. In relazione agli interessi, gli obiettivi e le risorse (economiche, politiche, legali e cognitive) utilizzati per perseguirli (Dente, Fareri, and Ligteringen 1998). La base di dati eterogenea nella composizione e nei contenuti, composta da trascrizioni di interviste e reportistica ufficiale, da dati statistici a direttive normative e operative, nonostante si configuri come un corpus eteroglosso è caratterizzata, rispetto alla prospettiva e al problema di ricerca, da una comune forma di generazione. Appartengono a determinate strutture sociali, riflettono alcuni pratiche sociali. Costituiscono un ordine del discorso. Sono frammenti di un discorso che ognuno degli attori porta avanti per istanziare la propria posizione all'interno di un processo di concertazione o di negoziazione. La componente diagrammatica di questo secondo dispositivo presenta proprio questo obiettivo: capire, mostrare e costruire le posizione che il corpus di linguaggi e testi generano.

6.2.1. Obiettivi L'interpretazione del corpus di informazioni riguardante gni attore si basa sul confronto dei dati, ma ciò che si cerca - in questa fase - non è un obiettivo unico, non è la scoperta di una verità. Le differenti rappresentazioni del sistema non implicano che alcune siano false. Al contrario, ciò che si cerca sono proprio le diverse rappresentazioni, al fine di individuare il modo in cui ogni attore percepisce il processo e il suo ruolo all'interno della rete.

6.2.2. Tecniche In questa fase l'analisi dei dati e delle informazioni raccolte e aggregate nella cronologia devono essere interpretati a seconda della loro natura con metodi che possono variare anche di molto, ma è proprio l’affiancamento di diversi dispositivi d’indagine che permette di cogliere i diversi aspetti di un fenomeno e di stabilizzarne la descrizione. Si configura così una promiscuità metodologica utile ad delineare nella maniera più ricca possibile l’espressione degli attori (Law 2004; Venturini 2008a). Alcuni dati saranno processati quantitativamente, altri, quelli per loro natura testuale, saranno interpretati con le logiche della semiotica del testo e dell'analisi del discorso.

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6.2.3. Fonti

Ai dati raccolti con il primo dispositivo, andranno affiancati anche i risultati di interviste formali e in profondità e derivanti dalla partecipazione ad eventuali sedute di concertazioni comuni. Le interviste non seguono un questionario predefinito: le domande si configurano come un set aperto affinché l'attore intervistato si esprima quanto più liberamente. Da un lato verteranno sulla controversia in questione dall'altro si concerteranno per definire meglio e in maniera diretta una sua sorta di carta di identità. Inoltre alcune domande saranno rivolte per capire come ogni attore configura la rete in cui è coinvolto, se esistono latri attori che attraverso la cronologia non sono stati individuati.

6.2.4

Resa visuale

L'interesse è rivolto alla creazione di quagli artefatti che Rebecca Sutton (1999) definisce come policy narratives. Una visualizzazione di questo tipo è una storia, con un inizio, uno sviluppo ed una conclusione, in cui viene rappresentato uno specifico corso di eventi che ha acquisito lo stato di senso comune e di verità condivisa, all’interno di una comunità, o ambiente culturale, scientifico o politico. Le controversie sociali presentando sempre un carattere dinamico anche in termini di definizione degli attori i nodi sociali apparentemente più solidi possono improvvisamente sciogliersi e le comunità più inattese possono emergere tra gli attori più eterogenei. Questa dinamica di definizione delle identità degli attori, dei loro punti di vista e dei loro flussi associativi è molto difficile da rappresentare con gli strumenti classici dell'indagine sociale, ma può essere visualizzata molto chiaramente con l’aiuto di strumenti di visualizzazione sintetica come appunto lo sono i diagrammi. Per quanto riguarda il linguaggio visuale da utilizzare in questi artefatti la spinta è nel ricercare un bilanciamento fra linguaggi codificati e linguaggi espressivi. L’uso di un approccio poco codificato che utilizzi principalmente il linguaggio naturale fa certamente guadagnare in espressività, permettendo di rappresentare e descrivere le situazioni più diverse e complesse. Un linguaggio più formalizzato, come ad esempio quello matematico, limita in qualche modo l’espressività ma allo stesso tempo fa guadagnare in rigore ed in certi casi in efficacia/utilizzabilità.

6.3 Il sistema L'ultima fase consiste nella costruzione di una interpretazione generale del processo, sulla base dei due step precedenti e dovrebbe rendere evidenti due elementi fondamentali per agire, agevolare e supportare un processo decisionale:

 Ridefinire il problema sulla base di una visione sistemica.  Evidenziare la struttura e la rete latente del processo in maniera da poterla gestire.

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6.3.1. Obiettivi

L'obiettivo fondamentale è presentare a livello sistemico i dei punti del disaccordo. Le controversie, come già ribadito, sono molto raramente delle opposizioni binarie tra due parti o due punti di vista, ma presentandosi come dei grappoli di questioni che interessano agglomerati di attori diventa indispensabile costruire dei dispositivi di visualizzazione capaci di mostrare a livello generale come essa si configuri: devono essere in grado di rappresentare questi universi sociali con il fine ultimo di rivelare gli ostacoli alla comunicazione tra attori e cluster di attori in opposizione fra loro. Inoltre grazie alla possibile interattività offerta non solo tecnologicamente dalle scritture diagrammatiche, esse possono servire non soltanto come strumenti di visualizzazione, ma anche come dispositivi aperti al dibattito pubblico: possono diventare il luogo stesso in cui le dispute collettive sono elaborate e composte (Venturini 2008b).

5.3.2. Resa visuale

Esistono degli approcci formali alla modellazione basati sul pensiero sistemico, che sono caratterizzati da un buon livello di rigore, ma che sono allo stesso tempo sufficientemente espressivi per potere rappresentare sistemi anche notevolmente complessi in tutte le loro dimensioni. Uno di questi, noto con il nome di system dynamic, ed è un aspetto della teoria dei sistemi che cerca la struttura dominante dei sistemi evidenziandone i comportamenti in termini di feed-back positivi, negativi, delay fra gli agenti di un sistema. La particolare aderenza con il tema della complessità è data dalla sua capacità di astrarre comportamenti non desumibili dall'analisi delle singole parti. per la sua versatilità si presta anche bene ad analizzare situazioni di conflitto e controversia. Rispetto ad altri approcci per la strutturazione e modellazione di sistemi complessi, la system dynamic è caratterizzata da un medio livello di formalismo che si esprime attraverso una sintassi ben definita, ma anche da una notevole flessibilità che la rende adatta non solo ad una analisi quantitativa, ma anche ad analisi di tipo qualitativo. Da questo punto di vista rappresenta un buon compromesso tra espressività e potenza.

7.

La mediazione dei segni. Il design come traduttore. Secondo Paul Cillier (2005) nell'indagare, nel comprende e nell'agire nella Complessità esiste una componente etica che non può non essere presa in considerazione. È necessario accettare la responsabilità nelle operazioni di modellazione che vengono condotte, essere consapevoli della loro imperfezione. Questa riflessione non può essere estranea anche a quelle discipline e a quelle professionalità che si propongono di

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entrare nella multidisciplinarità dello studio dei sistemi Complessi come utili nella gestione dei problemi di linguaggio e di comunicazione: è già stato mostrato come gli artefatti del design della Comunicazione in questi contesti presentino una valenza politica imprescindibile. È, inoltre, inevitabile cercare di capire come la necessità di rappresentare e visualizzare la Complessità sia relazionato alle capacità e delle competenze del designer della comunicazione, come esso si possa definire in base a questi obiettivi. È necessario comprendere se si configuri come un mediatore o un facilitatore, un cartografo o un'illustratore, indagandone i momenti del suo intervento, ma anche e soprattutto le competenze che lo distinguo così come i suoi limiti. Le argomentazioni che seguono, basandosi su sperimentazioni ancora in via di sviluppo, vogliono solo essere delle prime linee di riflessione su questi quesiti.

Se si accetta che le rappresentazioni dei sistemi Complessi, degli spazi della controversia sono delle inscriptions, strumenti di scrittura intermedi utili in prima istanza all'orientamento in tali sistemi, forme mobili per gestire forme di sapere no ancora stabilizzato, bisogna anche capirne l'importanza come strumenti di convincimento e persuasione in relazione alle pure azioni verbali (Latour 1988; Latour 1990). La capacità di produrre raffigurazioni, come quelle qui proposte, che hanno l'obiettivo finale anche di ottenere dei mutamenti nel comportamento degli attori che compongono un sistema (Ciuccarelli, Ricci, and Valsecchi 2008), inevitabilmente si configurano come dispositivi in grado anche di mutarne la scala: «A man is never much more powerful than any other —even from a throne ; but a man whose eye dominates records through which some sort of connections are established with millions of others may be said to dominate. [...] In other words, the scale of an actor is not an absolute term but a relative one that varies with the ability to produce, capture, sum up and interpret information about other places and times (Callon and Latour 1981). Even the very notion of scale is impossible to understand without an inscription or a map in mind. The “great man” is a little man looking at a good map» (Latour 1990).

Senza voler avallare la cruda distinzione fra culture, nel nostro caso attori, selvagge e non, proposta da Fabian e poi ripresa da Latour (1990) riguardo alla capacità di gestire e interpretare dati e informazioni, non è difficile immaginare che una asimmetria nel disporre gli strumenti diagrammatici, di mappatura e di visualizzazione vada anche nella direzione di una asimmetria di potere23 nella gestione delle controversie e nelle 23

Bruno Dente nell'analis dei processi decisionali complessi nell'identificare le risorse che ogni attore mette in campo per gestire e orientare il comportamento degli altri attori, fra le altre individua le risorse cognitive: «The fourth type is cognitive resources. Different types of cognitive resources can be identified. Scientific knowledge is data and/or models produced by experts (consultants or bureaucracies), and can be used by an actor to influence other actors' behaviour. We must pay attention here to the identification of the

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decisioni riguardo alle evoluzioni dei sistemi. L'apporto del Design della Comunicazione in questo area di ricerca, ma anche di applicazione pratica, deve essere orientato nel supportare tutti i diversi attori di un sistema sociale nella comprensione della disputa in atto. I modelli diagrammatici dovrebbero aiutare gli attori nel trascendere i limiti dei privati interessi, delle rappresentazioni individuali in maniera da abilitare azioni di pianificazione collettiva. Condividendo i punti di vista, superando alcune barriere costruite dai saperi specialistici, attraverso questi modelli si potrebbero aprire nuove possibilità per catalizzare l'attenzione collettiva per stimolare nuove visioni e scenari nell'evoluzione dei sistemi.

Se da un lato queste sono alcune riflessioni di ordine etico, dall'altro, sul piano della configurazione professionale, si può affermare qui, che gli strumenti proposti non hanno l'ambizione di spiegare24 o interpretare i fenomeni sociali, ma si limitano a riportare, visualizzando, le spiegazioni e le interpretazioni dei suoi protagonisti. Questo nonostante l'obiettivo non è cercare metodologie e modelli che trasformino le interpretazioni il meno possibile. Così come l’irraggiungibilità di un punto di vista oggettivo spinge a moltiplicare le soggettività, così si moltiplicano i linguaggi di traduzione dei modelli mentali in modo d’assicurarsi che nessun attore rimanga inascoltato. In questo processo che porta alla resa visuale dei punti di vista degli attori sociali, il problema non è solo di passaggio da da un flusso disordinato e situato di dati ed informazioni a un sistema di simboli condivisibili. Non esiste una traduzione perfetta, ma solo traduzioni più funzionali di altre a raggiungere certi obiettivi. Questo processo essendo condotto da una persona, in questo caso da un designer, mira a identificare quali siano gli elementi per lui rilevanti, quindi incorpora il suo punto di vista. Questa sua inevitabile inclusione nel sistema esclude la possibilità che esso svolga l'azione di mediatore, siano pure le scritture che egli produce ad avere l'ambizione di actors, because in some cases the expert itself becomes an actor of the process (usually holding process as well as content goals). Interactive knowledge is knowledge produced by the actors during the process regarding the process itself, such as information about the structure of the policy network, and other actors' behaviour, and resources. Interactive knowledge is very important because it is the informative base for another cognitive resource, viz., strategy» (Dente, Fareri, and Ligteringen 1998; Dente 1989). è proprio a questo livello che la produzione di artefatti per la visualizzazione delle informazioni delle controversie potrebbe agire nel creare situazioni di asimmetria. 24

Per loro definizione etimologica i sistemi complessi non sarebbero spiegabili. La parola complesso richiama a qualcosa che non è scomponibile, non è spiegabile senza perdere l’essenza; complesso, quindi, non come sinonimo di complicato anche in senso etimologico. L’etimologia della parola spiegare, infatti, fa riferimento a qualcosa che prima era complicato (piegato, disordinato, ...) e che si vuole, appunto, spiegare. Ciò che è complesso, invece non può essere ricondotto agli elementi semplici che lo costituiscono senza che si perda irrimediabilmente qualcosa di essenziale. L’aggettivo complesso, infatti, fa riferimento all’intreccio, al tessuto. Il tessuto, pur essendo costituito di parti (i fili, la trama, l’ordito), possiede caratteristiche che le singole parti non hanno, e che solo limitatamente possono venire spiegate disfacendo l’intreccio.

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mediare. La sua azione è una azione di interpretazione e traduzione anche se le relazioni fra gli attori dopo il momento del suo intervento diventano polilaterali, in cui lo scambio tra gli attori diventa mediato dalla carta. La carta incorporando in se conoscenze e suggerimenti per l'azione, diventa una sorta di ulteriore interlocutore.

Il designer ha il compito di percepire le informazioni e i dati, di trascriverle e poi tradurle, di trasferirle facendo della carta, dei suoi digrammi degli oggetti di frontiera tra attori, che vivono comunità di interessi differenti. Obiettivo della sua traduzione è esprimere tutte le prospettive esistenti in un sistema orientarle ad accogliere la complessità e la compresenza di più universi. Il designer così non solo si trova a vivere in un mondo intermedio (Gargani and Iacono 2005) e di frontiera, ma la sua azione è volta a crearli e moltiplicarli.

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c.

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