Cover story
DECODE OR DIE L’infografica applicata alla tv con elaborazioni grafiche di DensityDesign e testi di Donato
Ricci e Matteo Bittanti da pag. 74
La massa è la mia diversità..................... 17 Eccola, dunque, la rivoluzione. ............ 177 Intervista a Walter Siti di
Francesco Borgonovo
Il software entra in tv (con Google, Apple & Co.) di
Carlo Alberto Carnevale Maffé
Walter Siti, critico de La Stampa e romanziere, ci regala le sue riflessioni sulla tv di oggi e su quello che la circonda. E ci dice che la tv si è fatta borgata più di quanto le borgate si sono fatte tv.
Altro che nuovi media. Apple, Google e le corporation del web hanno intrapreso l’assalto alla diligenza della “vecchia” televisione. Molliamo il telecomando, adesso arriva il browser.
***
***
Fuori format. ........................................... 29 This week in zombies................................ 213 Come (e perché) l’anti-tv si fece tv di
Massimo Scaglioni
Le false notizie, il loro ciclo di vita e le persone che rendono possibile tutto ciò di
Violetta Bellocchio
Mica solo Fazio e Saviano. La tv che fa finta di non esserlo, e cerca di diventare evento, comincia ad avere una lunga storia. Tra serie e fuori serie, uno sguardo alternativo per capire che succede.
Siamo talmente circondati da fandonie, esagerazioni e notizie di dubbia provenienza che non ci facciamo più caso. La realtà virtuale è tutto intorno a noi. Il falso è il nuovo vero.
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Bestiario televisivo............................... 174 streghe, noi?. ......................................... 229 L’ospite e Il regista di
€ 15,00 ISBN 88-95-59611-2
Giovanni Robertini
In una nuova rubrica di Link, i primi ritratti delle “strane bestie” che popolano il mondo televisivo. Tra paranoie e trucchi del mestiere, atteggiamenti spavaldi e idiosincrasie d’autore.
L’ascesa comunicativa del Tea Party e i dubbi sul futuro di
Stefano Pistolini
Obama governa e pensa alla ricandidatura, ma qualcosa ribolle nel basso ventre dell’America. Sono i Tea Party, che si fanno strada sui media e nel partito repubblicano. E ora, che succede?
DECODE OR DIE L’infografica applicata alla tv
La moltiplicazione dei dati: una complessità che minaccia di schiacciarci. Le visualizzazioni grafiche, come le carte geografiche dei grandi esploratori, sembrano l’unica strada per capire chi siamo e dove stiamo andando. I disegni, gli insiemi, le mappe e gli schemi sono per l’uomo del XXI secolo quello che la psicanalisi è stata per l’uomo del secolo scorso. Sempre di più, l’ infografica conquista il centro della scena. Diventando l’unico modo per avvicinarsi a una comprensione completa dei fenomeni. O trasformandosi fino a sembrare un’opera d’arte. Anche stavolta, Link prova a raccontare il mondo televisivo. Ma solo con l’ausilio delle immagini.
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l’infografica applicata alla tv
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DECODE OR DIE L’infografica applicata alla tv con elaborazioni grafiche di DensityDesign e testi di Donato
LINK 10
Ricci e Matteo Bittanti da pag. 74
La moltiplicazione dei dati: una complessità che minaccia di schiacciarci. Le visualizzazioni grafiche, come le carte geografiche dei grandi esploratori, sembrano l’unica strada per capire chi siamo e dove stiamo andando. I disegni, gli insiemi, le mappe e gli schemi sono per l’uomo del XXI secolo quello che la psicanalisi è stata per l’uomo del secolo scorso. Sempre di più, l’ infografica conquista il centro della scena. Diventando l’unico modo per avvicinarsi a una comprensione completa dei fenomeni. O trasformandosi fino a sembrare un’opera d’arte. Anche stavolta, Link prova a raccontare il mondo televisivo. Ma solo con l’ausilio delle immagini. La massa è la mia diversità..................... 17
Eccola, dunque, la rivoluzione. ............ 177
Intervista a Walter Siti
Il software entra in tv (con Google, Apple & Co.)
di
Francesco Borgonovo
di
Carlo Alberto Carnevale Maffé
Walter Siti, critico de La Stampa e romanziere, ci regala le sue riflessioni sulla tv di oggi e su quello che la circonda. E ci dice che la tv si è fatta borgata più di quanto le borgate si sono fatte tv.
Altro che nuovi media. Apple, Google e le corporation del web hanno intrapreso l’assalto alla diligenza della “vecchia” televisione. Molliamo il telecomando, adesso arriva il browser.
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Fuori format. ........................................... 29
This week in zombies................................ 213
Come (e perché) l’anti-tv si fece tv
Le false notizie, il loro ciclo di vita e le persone che rendono possibile tutto ciò
di
Massimo Scaglioni
di
Violetta Bellocchio
Mica solo Fazio e Saviano. La tv che fa finta di non esserlo, e cerca di diventare evento, comincia ad avere una lunga storia. Tra serie e fuori serie, uno sguardo alternativo per capire che succede.
Siamo talmente circondati da fandonie, esagerazioni e notizie di dubbia provenienza che non ci facciamo più caso. La realtà virtuale è tutto intorno a noi. Il falso è il nuovo vero.
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Bestiario televisivo............................... 174
streghe, noi?. ......................................... 229
L’ospite e Il regista
L’ascesa comunicativa del Tea Party e i dubbi sul futuro
di
Giovanni Robertini
di
In una nuova rubrica di Link, i primi ritratti delle “strane bestie” che popolano il mondo televisivo. Tra paranoie e trucchi del mestiere, atteggiamenti spavaldi e idiosincrasie d’autore.
Stefano Pistolini
Obama governa e pensa alla ricandidatura, ma qualcosa ribolle nel basso ventre dell’America. Sono i Tea Party, che si fanno strada sui media e nel partito repubblicano. E ora, che succede?
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SOMMARIO
LINK 10
LINK 10
editoriale................................................................................................................ 5
product intervista a.. ..............
Walter Siti..... di Francesco Borgonovo....................... 17
La “violenza” di…. .. di Aldo Grasso. ........................................ 26 Fuori format. ................................................. di Massimo Scaglioni.............................. 29 divagazioni semi-serie.............. True Blood e…........ di Dr. Pira.................................................. 38 A proposito di HBO.......................................... di Mariarosa Mancuso........................... 41 il nuovo e il sempre uguale.. .......
intervista a.. ..............
Hagai Levi........ di Stefania Carini.................................... 47
Dove eravamo rimasti?................................ di Nico Morabito..................................... 52 Siamo factual................................................. di Manolo Farci. ....................................... 55 Estero. Share e top ten.. ........... Il fascino….............. di Paola Capra........................................... 63 .................................... Originali d’autore.... di Ludovica Fonda................................... 65 COVER STORY
DECODE OR DIE L’infografica applicata alla tv
Che genere d’Italia................................................................................................................ 77 Il pubblico fuori dalla casa............................................................................................... 87 Flussi d’incoscienza........................................................................................................... 107 Tutto l’ascolto minuto per minuto................................................................................... 113 Parole, parole, parole. ....................................................................................................... 125 Personaggi dispersi............................................................................................................. 133 In poche parole............................................... di Donato Ricci...................................... 143 La vita vista da lontano................................ di Matteo Bittanti. ............................... 155
INDUSTRY
Una nave fantasma......................................... di Antonio Dini...................................... 165 Bestiario televisivo................ L’ospite e il regista.. di Giovanni Robertini. ......................... 174 Eccola, dunque, la rivoluzione. .................... di Carlo Alberto Carnevale Maffé. . 177 Il social fuori dal network. ......................... di Michele Boroni................................. 187 Sguardi sul mercato globale.. ..... India................................................................................................ 193
SIGHTS
Creare falsi su Wikipedia............................... di Stefano Ciavatta............................... 205 This week in zombies....................................... di Violetta Bellocchio........................ 213 Convergenze separate.................................... di Paolo Interdonato........................... 219 Non sono morto, volevo solo vedere….. di Violetta Bellocchio........................ 226 Streghe, noi?. ................................................. di Stefano Pistolini............................... 229 Visioni laterali..................... Dataismi...................... di Francesco Spampinato..................... 237 Portfolio.. ......................... Christiane Baumgartner. .............................................................. 245
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a, se mettiamo in fila le puntate di Lost e i personaggi che vi compaiono, che cosa può succedere? Si profila una sequenza di spazi e linee, punti e riquadri, righe e colonne. Una partitura complessa, entro cui si può forse persino scoprire un nuovo pattern, un ulteriore livello di complessità della serie: un codice Morse o un sistema binario che rivela significati inediti, la mappa che conduce a un tesoro sepolto sull’isola, la partitura della musica suonata dalle sfere celesti, e chissà cos’altro ancora… A voi lettori il piacere della ricerca. Intanto, prima di intraprendere un viaggio lungo quanto la storia di Jacob e Fumo Nero, vi suggeriamo alcune chiavi di lettura: la prima apparizione dei personaggi (come Ben, o Richard, o Charles Widmore) e la loro scomparsa improvvisa (Libby? Ana Lucia? Michael?), il ritorno in altre forme presenti e passate, la crescita nel tempo di alcuni, la scomparsa di altri. Fino alla grande reunion del lunghissimo episodio conclusivo!d
DM
Stagione 1
Stagione 2
In poche parole Jack
Locke
Sawyer Kate
Hurley
Sayid
Charlie
Desmond
Brevi note sulla storia dei linguaggi visuali Ben
Michael Claire Juliet
Sun Jin
di donato ricci
Boone Richard Alpert Miles Shannon Mr. Eko Walt Jacob Henry Gale Faraday
“Words separate, pictures unite” ripeteva Otto Neurath, creatore Ana Lucia del codice Isotype. Quante informazioni ci arrivano attraverso le immaginiRose e le rappresentazioni grafiche? E quanto poco sappiamo, invece,Widmore della loro storia? Tutto quello che abbiamo sotto gli occhi – così spessoLibby da sembrarci assolutamente naturale – è in realtà il frutto dell’affascinante evoluzione dei dati e delle visualizzazioni nel temIlana po, a opera di studiosi di fama e di illustri sconosciuti. Ecco la storia di come l’ invisibile è stato mostrato.
Senti chi parla
Donato Ricci è senior designer presso DensityDesign. in numerose occasioni, quali MediaLAB Prado – VisuaNel 2010 ha ottenuto un dottorato di ricerca in Indulizar08, la SIGGRAPH09 Conference, la VirginiaTech strial Design and Multimedia Communication al PoliEducate09 Conference, la MIT Humanities + Digital tecnico di Milano. È visiting professor presso l’UniverConference, e in showcase come Data Flow 2 e Visual sità bene, di Aveiro, in Portogallo. I suoi sonogliapparsi Complexity.com. Va ogni personaggio dilavori Lost ha amichetti con cui parla più spesso. Ma chi è il più lo-
gorroico? Senza bisogno di aspettare il finale, bastava considerare questo aspetto per capire che Jack è il protagonista assoluto della serie. Quasi sempre presente (e parlante).
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Stagio
G
ran parte della conoscenza umana è comunicata da testi, gran parte delle interazioni sociali sono verbali, la nostra educazione si basa sulla lettura per acquisire informazioni. Una vasta quantità di informazioni fluisce, però, attraverso canali visuali. Immagini, diagrammi, mappe e schemi compartecipano alla rappresentazione del mondo e svolgono un ruolo primario nella nostra vita cognitiva. Dai più semplici istogrammi alle icone dei segnali stradali, fanno parte del panorama quotidiano. Raramente ci si sofferma su come queste raffigurazioni esprimano un significato culturale e su come le informazioni che riceviamo attraverso questi artefatti siano veicolate anche dalla loro forma. In questo senso, la struttura e lo stile dell’informazione grafica sono parte integrante del loro significato e della loro forza argomentativa, retorica e persuasiva. Come afferma Giovanni Anceschi, il loro ruolo è quello di mostrare l’ invisibile: “Si tratta di rappresentare eventi che possono essere in partenza direttamente percepibili, oppure poco percepibili o del tutto invisibili: in questa prospettiva il compito di delineare il profilo di un volto, quello di materializzare un campo magnetico con l’impiego di limatura di ferro e quello di descrivere la crescita di una popolazione tramite una curva disegnata non si differenziano sostanzialmente. E forse, in fondo, perfino il compito di formulare una relazione logica tramite una notazione per simboli può essere pensato come una raffigurazione”. La storia dei metodi, modelli e linguaggi visuali è la storia dei dispositivi, e quindi della tecnologia, che l’uomo usa per amplificare le proprie facoltà cognitive. Per questo motivo è quasi impossibile tracciarne una storia naturale in poco spazio: risulta più semplice cercare di restituirne la complessità seguendone gli intrecci, i rimandi e le connessioni che le varie tecnologie hanno fra loro. Se accettiamo questo ruolo per le attività di visualizzazione, la storia dell’information visualization non può e non deve essere ristretta agli ultimi 15 anni, da quando George Robertson, Stuart Card e Jock Mackinlay dello Xerox Parc si appropriarono del termine per le loro ricerche. L’information visualization non è necessariamente connessa alle tecniche algoritmiche e computazionali utili a presentare sui nostri schermi intricate e dense immagini composte da linee e pallini, ovvero alla computer science. Le discipline informatiche, così come quelle della rappresentazione grafica, quelle della manipolazione dei dati, la cartografia e la psicologia cognitiva sono elementi dello stesso puzzle.
Nodi e altre icone
Quando Francisco Pizarro sbarcò nel 1532 sulle coste dell’odierno Perù, si imbatté in un sistema di notazione decimale fatto di piccole corde di cotone annodate a una più grande, a formare qualcosa di simile a un serto. Chiamato quipu, nodi, era il principale strumento amministrativo della società Inca. Il sistema, totalmente astratto, sviluppato molto prima che Manco Capac, leggendario discendente del dio Inti, fondasse Cuzco, forniva alle popolazioni dell’iper-centralizzato regno – che non possedevano nessuna forma di scrittura – un mezzo visuale per registrare dati e informazioni sulla vita sociale, economica, militare e religiosa. Non solo la posizione dei nodi codificava le informazioni, ma anche il colore. Per quanto l’esatto significato dei colori sia sconosciuto, si pen144
sa che con il verde si dicesse dei raccolti, con il blu delle estrazioni di minerali, con il rosso della gestione sociale. Ritratti da Felipe Guaman Poma de Ayala nelle sue cronache illustrate, assieme agli yupana, i quipu si possono considerare simili a istogrammi e diagrammi a torta, anche se la decodifica dei nodi in valori numerici e dei colori in campi tematici richiede il possesso dell’intero codice, e nella società Inca solo i quipucamayoc ne erano i depositari. Se il sistema Inca era di pura natura simbolica e formale, dall’altra parte del mondo intorno al XV secolo a.C. iniziavano ad affermarsi le strutture grafematiche che porteranno alla scrittura pittografica e ideografica cinese1, in cui invece le forme della scrittura accennano alla forma del rappresentato: i linguaggi iconici. Varianti di tali linguaggi sono oggi familiari a tutti: dai bagni pubblici ai segnali stradali alle istruzioni d’uso, migliaia di icone cercano di aiutarci, semplificarci compiti e azioni. Sulla base del rapporto di somiglianza fra le immagini e ciò che rappresentano, intorno al 1930 Otto Neurath propose un codice iconico che aspirava a quell’universalità preclusa a qualsiasi lingua naturale. Si racconta che da bambino fossero frequenti le sue visite al Museo di Vienna, dove passava ore a contemplare le sale egizie e che, da uomo universale, avesse studiato il sistema del baratto nell’economia egizia. Co-fondatore del circolo di Vienna, creò un sistema linguistico internazionale, alternativo alle lingue scritte, cercando di soddisfare la sua tensione filosofica, politica ed estetica verso una democrazia allargata e cooperativa 2 ; ripeteva: “Words separate, pictures unite”. Nell’intento di educare il proletariato viennese e di renderlo capace di migliorare le sue condizioni di vita, Neurath, con l’aiuto di Gerd Arntz, artista modernista tedesco, iniziò a lavorare a una serie di diagrammi giganti: uno di questi mostrava delle statistiche sulla produzione e consumo dei vari cibi nelle diete comuni. Utilizzando silhouette, scalate o ripetute in proporzione ai dati statistici da rappresentare, Neurath e Arntz misero a punto un modo per diffondere delle statistiche socialmente rilevanti, che fu chiamato Wiener Methode der Bildstatistik, in inglese Isotype, acronimo di International System of Typographic Picture Education. In seguito i due crearono un vocabolario di più di 200 tipi: un Bauhaus linguistico e iconico, funzionalista, stereotipico e proletario3. Il metodo Isotype possedeva una sua grammatica visiva coerente e analogica e le sue icone, per quanto primitive, erano adatte, con una logica agglutinante, a esprimere relazioni e concetti molto complessi. Naturalmente quello di Neurath era un progetto utopico basato sulla falsa dicotomia fra linguaggio e immagine, fra grammatica linguistica e visiva: le icone non sono mai oggetti immediati, devono essere interpretate, e le convenzioni adottate nella raffigurazione apprese in precedenza4. Siamo di fronte allo stesso circolo vizioso che ha portato alle numerose critiche alla placca d’oro installata sul Pioneer F nel 19725. La raffigurazione, una specie di mappa del tesoro per trovare il nostro pianeta mescolata a un compendio sulle forme umane di vita, è da molti ritenuta troppo antropocentrica. Il messaggio è stato progettato per contenere il maggior numero di informazioni nel minor spazio possibile: a colpo d’occhio quasi tutti gli elementi possono esser estrapolati singolarmente, ma il complesso sfugge. Durante un esperimento, la placca fu mostrata a 145
LINK 10 Decode or Die In poche parole 1. La leggenda vuole che Cang Jie avrebbe inventato, nel XXVI secolo a.C., il sistema di scrittura cinese ispirandosi alle tracce di corpi celesti e animali, oltre ad aver ripreso esperienze precedenti, fra cui il sistema di Shen Nong, basato su nodi apposti a cordicelle, assai simile ai quipu. 2. Non era il solo in questa affermazione: un curioso filone di utopismo linguistico attraversò l’Europa in quel periodo. La lingua universale Volapük era stata creata da un prete cattolico in Germania nel 1879, seguendo una visione religiosa che aveva avuto in sogno. Nel 1887 un oftalmologo polacco, Ludwik Zamenhof, pubblicò il primo libro di testo di esperanto, con la speranza di diffondere le idee di una pacifica coesistenza di differenti popoli e culture (esperanto significa speranzoso). L’Ido, variante dell’Esperanto, fu sviluppato nei primi del Novecento, il Basic English (1930) e l’Interglossa (1943) seguirono di lì a poco. Tutti predicavano che la comunicazione avrebbe impedito la guerra e agevolato il progresso umano. Intanto, Ezra Pound stava lavorando febbrilmente alla sua personale lingua pittografica, disseminandola lungo i suoi Canti. 3. Da quel momento la storia della grafica e della comunicazione ha prodotto milioni di varianti più o meno sperimentali, più o meno pittoriche o astratte, come mostra la storia dei pittogrammi olimpici, iniziata nel 1936 con i giochi invernali di Garmisch Partenkirchen. [ segue]
LINK 10 Decode or Die In poche parole
un panel di scienziati e quasi nessuno fu in grado di decifrarla per intero e correttamente: era impossibile da leggere anche per chi apparteneva alla stessa cultura che aveva scritto il messaggio. I rimandi iconici, per quanto ritenuti universali, non possono mai essere univoci6. Una dicotomia solo apparente
[ segue] 4. A tale proposito, si potrebbe fare riferimento alla costruzione teorica più originale di Charles S. Peirce: la semiosi illimitata. Secondo questa teoria, ogni interpretazione si appoggia fatalmente a interpretazioni precedenti, e non c’è conoscenza che non sia preceduta da altra conoscenza. 5. Un primo tentativo di comunicazione con gli extraterrestri è quello sperimentato il 16 novembre 1974 ad Arecibo: vennero trasmessi 1.679 bit contenenti un messaggio destinato a raggiungere tra 25.000 anni qualche probabile alieno. 1.679 è il prodotto di due numeri primi (73 e 23), e dovrebbe venire spontaneo organizzare i bit in modo univoco in una matrice 23×73 in cui le parti nere sono degli zeri, i bianchi degli uno. La matrice dovrebbe mostrare in tal modo un’immagine con tutti gli elementi per capire i terrestri e localizzarli nell’universo. 6. Non sono solo i richiami iconici a essere criticati, ma anche quelli indicali: Scientific American arriva a ritenere inutili le frecce, elemento visuale legato alla nostra origine di cacciatori. Ulteriore spunto di critiche è la vulnerabilità agli attacchi che extra-terrestri malvagi potrebbero portare, usando le informazioni sulla posizione della Terra. Inoltre ci furono molte reazioni negative alla placca dovute alla nudità degli esseri umani ivi rappresentati. Il Chicago Sun Times ritoccò la sua immagine per nascondere i genitali dell’uomo e della donna. Il Los Angeles Times ricevette lettere che accusavano
Nonostante alcuni evidenti fallimenti dei linguaggi iconici (ma lo stesso si può dire di quelli formali e astratti) è indubbio che a volte risulti più utile far vedere le cose piuttosto che renderle a voce o per iscritto. Il far vedere, il rendere graficamente e il visualizzare costituiscono una delle più efficaci attività di innesco alla comprensione del mondo. Non solo la teoria del progetto, ma anche la storia della tecnica, così come la filosofia della scienza raccontano di come all’origine di nuove tecnologie, teorie e scoperte vi siano spesso proprio le attività di traduzione del pensiero in immagine. Se all’inizio del XX secolo era tendenza comune, nella riflessione scientifica e filosofica, ignorare il ruolo della comunicazione non verbale a favore delle forme deduttive, assiomatiche e sillogistiche, l’interesse per la visualizzazione, per il pensiero geometrico, sembra essere crescente. Ma proprio questo diffuso interesse lascia trasparire un nuovo dogma visucentrico o meglio, optocentrico, basato sulla presunta semplicità di lettura delle immagini, sulla loro immediata capacità di trasferire concetti e informazioni, opposto a quello logocentrico o meglio verbocentrico. Un dogma che fa suo come motto il noto proverbio cinese “un’immagine vale diecimila parole”. Il verbale e il visuale sono due processi intrecciati, due dialetti della stessa lingua, non sono scindibili e sono interagenti. Compartecipano alla descrizione di eventi e fenomeni e alla nostra comprensione degli stessi. Possiamo immaginare un asse continuo in cui dalle descrizioni verbali, passando per le liste ordinate e le tabelle, attraversando i grafi e i diagrammi, incontrando le mappe cartografiche, si giunga alle raffigurazioni fotografiche. Si coprono così tutti gli strumenti e i meccanismi di cui si dispone per presentare dati e informazioni sia di natura qualitativa sia quantitativa. Tali strumenti sono tutti accomunati dallo stesso scopo: quello di offrire, in uno spazio otticamente coerente, informazioni spesso eterogenee, dati riferiti a fenomeni ed eventi, processi di ragionamento. Uno spazio che non è fisico ma informativo, in cui si cerca di creare, assimilare e condividere conoscenze. Lo spazio informativo è usato da Eulero nel Settecento per creare i suoi diagrammi per rappresentare in maniera chiara il ragionamento sillogistico. I semplici cerchi di Eulero sono porzioni di spazio in grado di rappresentare le quattro proposizioni logiche di base. Tutto basato sul concetto di contenimento, il sistema di Eulero, modificato da John Venn nel 1884 con l’introduzione della variabile visiva del colore, non fa uso di proprietà metriche. A caratteristiche spaziali e figurali non corrisponde nessun attributo semantico, nessun significato. Per esempio, data una proposizione affermativa, raffigurata con due cerchi intersecanti, qualsiasi disposizione nello spazio della figura lascia immutata la proposizione stessa. Si potrebbe affermare che le convenzioni, le regole che definiscono questo tipo di dispositivo sono talmente radicate da poter non essere esplicitate.
Un giro fra modelli del Mondo
In altri casi, le convenzioni di scrittura sono estremamente complicate e a piccole variazioni della figura corrispondono grandi cambiamenti di significato. Il caso più semplice da illustrare è quello fornito dalle carte meteorologiche. Su un territorio riconoscibile, spettri di colori, linee di contorno, successioni di glifi, etichette e scale graduate si stratificano a condividere lo spazio per raccontarci che tempo farà7. La storia dell’impresa cartografica è la più avvincente dei linguaggi visuali, sistemi di rappresentazione figurati che l’uomo ha escogitato per conoscere, predire, ordinare e modificare il mondo. Il termine cartografia, per quanto la pratica a cui fa riferimento fosse in uso molti secoli prima di Cristo, fu coniato nel 1839 dal Visconte di Santarem. Nei secoli le carte si sono proposte come il modello più vicino alla realtà per la loro somiglianza al rappresentato, in relazione alla loro capacità di preservare rapporti fra oggetti realmente esistenti. Anche in questo caso, però, la somiglianza è pericolosa. Se da un lato esse instaurano una relazione iper-iconica con la realtà, dall’altro semplificano e amplificano, rendendo facile agire su di esse per modificare il mondo. Nel 1494 una semplice linea tracciata su carta8, traslata di 270 leghe a Ovest (Trattato di Tordesillas) rispetto a un precedente accordo, farà si che in Brasile la lingua ufficiale diventi il portoghese. In seguito, la stessa linea, prolungata su carta a Nord fino al polo e a Sud attraverso il Pacifico, portò il portoghese a Timor Est, a Macao e in India. Trasformare è il compito della cartografia. Essa ha prodotto dei modelli visuali di conoscenza e di azione sulla realtà in cui il Mondo è ridotto alla Terra, la Terra alla superficie, la superficie a uno spazio, lo spazio alla tavola della mappa. Questa impresa impossibile di trasferire la sfera in un piano ha qualcosa di alchemico e magico. La polvere di proiezione era il mezzo per la crisopea, la trasmutazione in oro dei metalli. Con i sistemi di proiezione la Terra non diventa oro, ma con Mercatore nel 1569 si deforma in una grande strada per i commerci; nel 1974 con lo storico Arno Peters si fa manifesto per l’uguaglianza fra nazioni e civiltà; con un professore canadese, Leonard Guelke, nel 1979 si trasforma in un regolo per calcolare le distanze fra Toronto e le altre città del Mondo. Nello stesso anno, il Mondo diventa per Stuart McArthur lo strumento per vendicarsi di una sua professoressa delle scuole medie. Il genio visionario di Buckminster Fuller nel 1927 la rende un icosaedro, il Dymaxion, e poi un puzzle di 20 tessere triangolari. Le tessere danno vita a numerose carte, celebrate in un famoso numero di Life del 1943, in cui il senso del Nord e del Sud, del sopra e del sotto si perdono completamente. Fuller le userà, infine, all’Expo di Montreal, nel 1967, come base per un grande gioco di ruolo, il World Peace Game.
In poche parole [ segue] la Nasa di sprecare i soldi dei contribuenti per inviare oscenità nello spazio. Si racconta che il disegno originale comprendesse anche una “breve linea a indicare la vulva della donna”. 7. La descrizione, quasi ecfrastica, di una cartina meteorologica è nell’incipit dell’Uomo senza qualità di Robert Musil: “Sull’Atlantico un minimo barometrico avanzava in direzione orientale incontro a un massimo incombente sulla Russia, e non mostrava per il momento alcuna tendenza a schivarlo spostandosi verso nord. Le isoterme e le isotere si comportavano a dovere. La temperatura dell’aria era
Nonostante i fallimenti dei linguaggi iconici, è più utile far vedere le cose piuttosto che renderle a voce.
[ segue]
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LINK 10 Decode or Die
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in rapporto normale con la temperatura media annua, con la temperatura del mese più caldo come con quella del mese più freddo, e con l’oscillazione mensile [ segue]
Storie, racconti e leggende LINK 10 Decode or Die In poche parole [ segue] aperiodica. Il sorgere e il tramontare del sole e della luna, le fasi della luna, di Venere, dell’anello di Saturno e molti altri importanti fenomeni si succedevano conformi alle previsioni degli annuari astronomici. Il vapore acqueo nell’aria aveva la tensione massima, e l’umidità atmosferica era scarsa. Insomma, con una frase che quantunque un po’ antiquata riassume benissimo i fatti: era una bella giornata d’agosto dell’anno 1913”. 8. Di esempi ce ne sono molti, non ultimo quello che ha visto opporsi Nicaragua e Costa Rica, “per colpa” di Google Maps.
La rappresentazione cartografica si è spinta fino a disfarsi dell’incombenza fisica del territorio, riplasmando forme e superfici in relazione ai più diversi indici statistici legati ai fenomeni sociali, culturali ed economici delle varie nazioni. Dalla densità di popolazione alla diffusione dell’HIV, dalla mortalità infantile al PIL, la faccia della Terra attraverso i cartogrammi abbandona la sua realtà fisica per incarnare quella statistica, lasciandosi osservare come prodotto multiforme di ciò che avviene su di essa. Introdotti da Émile Levasseur nel 1868, fatti evolvere da Rand McNally nel 1897 per il suo Atlas of the World – il cui metodo sarà reso algoritmico da Danny Dorling nel 1996 – e descritti scientificamente solo nel 1934 da Erwin Raisz con il paper The Rectangular Statistical Cartogram, i cartogrammi si basano su un concetto banale: prendere un’area geografica e dimensionarla in proporzione alla variabile che si vuole mostrare. L’abbandono della forma geografica per quella offerta dai dati facilita il gioco inferenziale dell’osservatore, chiamato a valutare ciò che appare nell’immagine senza richiamare alla mente processi di astrazione legati ai calcoli. Ogni mappa offre un punto di vista che dipende dalla priorità e dalle urgenze di rappresentazione, come è reso evidente dal lavoro dello Studio Berg Here&There. Ogni mappa ha qualcosa di vero, ma anche qualcosa di finzionale, come la lunga storia della cartografia satirica racconta. Un verso di Howard McCord dice: “Map may lie, but it never jokes”, e anche quando scherzano, come la mappa British Isles: (after Gale), apparsa nel 1976 su un almanacco Krazy Comics, il loro effetto verità è stupefacente. Ogni cosa che una mappa mostri accuratamente ha previsto il sacrificio di qualcosa che sulla carta non ha trovato posto. Ogni impresa cartografica – e questo vale per ogni azione di visualizzazione – non è mai un processo neutrale e privo di conseguenze nella sua duplice istanza epistemologica – offre un quadro di riferimento – e ontologica – propone una serie di rivelazioni. Le visualizzazioni condensano e distillano storie, dispongono di un loro preciso bagaglio retorico, si adattano ai linguaggi e alle conoscenze disponibili. Dall’ecumene di Strabone al corpo di Cristo del Mappa Mundi di Ebstorf, dallo spazio misurato in tempo di Marco Polo allo spazio come distanza informativa dei Bestiario, ogni mappa ci propone una storia che letteralmente inventa la Terra. Sono storie a cui siamo invitati a credere, a scambiarle per la realtà, come Tom Sawyer. Sorvolando gli Stati Uniti, egli spiega ad Huckleberry Finn che non hanno ancora superato l’Illinois: il rosa con cui l’Indiana è colorato sulla mappa non si scorge ancora. Non solo le mappe, ma anche tutti gli altri dispositivi diagrammatici si propongono come specchio di valori, credenze e culture. Ne sono esempio le Dispensational Charts di Clarence Larkin di inizio Novecento, in cui il mondo ultraterreno secondo la visione ebraico–ellenista del I secolo a.C. diventa un diagramma utilizzato come strumento di diffusione del pensiero religioso, di studio teologico e funzione evangelica. Ne è esempio ancor più magnifico tutta l’opera modernista di Fritz Kahn. Nel 1920, questo ginecologo tedesco mise a punto un sistema grafico metaforico, Der Mensch als Industriepalas, in cui l’uomo, la sua fisiologia, biologia e anatomia diventavano una complicata macchina. Il diagramma, sviluppato prima per la rivista Kosmos, fu inserito in seguito 148
nell’atlante in cinque volumi, contenente più di mille tavole, Das Leben des Menschen, che circolò in più di centomila copie. L’uomo è visto da Kahn come un insieme di apparati industriali che per analogia svolgono le funzioni di organi e sistemi. L’uomo raffigurato come aggregazione di compartimenti, in cui piccoli omuncoli vestiti da operai controllano tutte le funzioni vitali, diviene così uno dei manifesti del Neue Sachlichkeit. L’immagine divulga non solo una conoscenza scientifica, ma anche una concezione filosofica riduzionista. Nessuna visualizzazione somiglia a ciò che rappresenta. Ognuna è uno strumento programmatico e intenzionale, una struttura narrativa in cui i valori e i significati vengono proposti dalle relazioni degli elementi e dalla loro codifica visuale. I diagrammi esplicitano istruzioni e incorporano assunzioni sulle condizioni del loro uso nei vari contesti culturali in cui sono inseriti. Anche le più piccole informazioni accessorie e i più fantasiosi corollari grafici – le sirene, i mostri, la personificazione dei venti nelle mappe – svelano un sistema di credenze proiettato sul lettore. La dimensione narrativa non si risolve solo nel racconto di una visione culturale. I diagrammi, quando illustrano un fenomeno, ne indicano la strada per la comprensione. Intorno al 1850, due epidemie di colera stavano tormentando Londra. Un medico, John Snow, lavorò intensamente alla raccolta di dati sui colpiti dalla malattia e sulle loro abitudini e venne preparata una mappa in cui si localizzavano con precisione i decessi. La mappa raccontava che i decessi si concetravano intorno a una pompa pubblica e la leggenda narra che Snow, mostrando lo studio, chiese che la maniglia della pompa fosse rimossa, e i casi di malattia iniziarono a diminuire. Snow notò che nessun caso di colera si era verificato nei pressi di una distilleria di birra, scoprendo che i lavoratori non bevevano acqua pubblica ma solo la loro razione gratuita di mosto di malto. I profili di una rivoluzione
La seconda parte del XIX secolo è l’apice di quella rivoluzione che, iniziata intorno al 1750, espande e rinnova i domini e le forme della rappresentazione, fino ad allora ancora legati ai lavori di Roger Bacon, Nicole Oresme e René Descartes. È questo il periodo in cui tutte le attuali forme di presentazione grafica di dati quantitativi vedono la luce, assieme a nuovi simbolismi per restituire la crescente disponibilità di dati economici, sociali, medici e fisici. L’uso dei diagrammi si afferma, così, come strumento fondamentale per la pianificazione, l’industrializzazione, il commercio e i trasporti. Nascono in quasi tutta Europa gli istituti statistici nazionali e in Italia Luigi Perozzo, intorno al 1880, si cimenta nella sperimentazione grafica fino a restituire i dati demografici del Regno attraverso gli stereogrammi. Ancora una volta, come nel caso di Neurath, di Kahn o di Snow, la spinta innovativa nel campo della visualizzazione non viene da artisti o grafici, ma da figure che necessitano di nuove immagini nella loro attività professionale o sociale. William Playfair, ritenuto il padre della visualizzazione statistica, a cui si riconosce l’invenzione dei diagrammi a torta, era un pamphlettista e giornalista indipendente senza alcuna educazione accademica. Pienamente convinto delle teorie di Adam Smith, Playfair vide nei diagrammi un veicolo per esprimere e avvalorare le sue idee in difesa della monar149
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9. Una posizione peraltro non molto lontana da quella di Nicole Oresme e dai suoi concetti di latitudo formæ, quoad subjectum, quoad tempus, lineae intensionis e figura qualitatis.
chia. Nel 1786 pubblica The Commercial and Political Atlas e nel 1801 Statistical Breviary, in cui in un singolo diagramma combinò redditi, abitanti ed estensione delle nazioni europee, inventando di fatto anche i diagrammi multivariati. Playfair era convinto che la storia si riflettesse nei dati socio-economici e che potesse essere ricostruita graficamente, “painted to the eye”, con l’uso dei diagrammi. Sosteneva inoltre che le visualizzazioni possedessero un proprio linguaggio basato sugli attributi della proporzione, della progressione e della quantità9. Joseph Minard era invece un ingegnere civile, famoso per un grafico della campagna di Russia realizzato nel 1869, noto come il migliore mai prodotto. Le sue realizzazioni più famose, i tableaux graphiques e le cartes figuratives, sono diagrammi di Sankey georeferenziati, sviluppati come esperimenti collaterali al suo lavoro nella realizzazione di ponti, ferrovie e strade, che illustrano dati sulla produzione di cotone, lana e carbone, il trasporto di vini e liquori in Francia, i flussi migratori mondiali, la traversata delle Alpi da parte di Annibale. Florence Nightingale, fondatrice della prima scuola infermieristica e nota come “the lady with the lamp”, era una donna ossessionata dalla missione di migliorare la qualità della vita di poveri e ammalati. Dedicò la sua intera vita nel cercare di perseguire quest’obiettivo, non solo nel suo lavoro di campo durante la guerra di Crimea, ma nella meticolosa gestione dei suoi ospedali, che passava attraverso una costante registrazione di dati e informazioni. Nightingale abbracciò le idee di Adolphe Quételet, suo contemporaneo e fondatore della statistica sociale, e le portò avanti convinta che le intuizioni statistiche dovessero essere usate a livello politico e organizzativo come base per scelte razionali ed eque. Coniò il termine di statistica applicata ed ebbe notevole influenza sulle teorie di Francis Galton e Karl Pearson. Nell’aprile del 1856, al ritorno dalla guerra, fu acclamata come eroina della patria. In quanto donna non potè prendere parte alla commissione di guerra, ma ciò non le impedì di fornire un report di ottocento pagine contenenti tavole, tabelle, grafici e i suoi famosi diagrammi polari. Ribattezzati coxcomb, per l’uso dei colori e di forme dentellate, e ripubblicati in numerosi pamphlet, contribuirono alla riforma sanitaria. Sono questi gli anni in cui la raccolta, l’organizzazione e la divulgazione di statistiche ufficiali iniziano a essere comuni in Europa e negli Stati Uniti. Gli atlanti e gli album statistici, estensione divulgativa della nuova politica aritmetica, avevano l’ambiziosa volontà di costruire un ritratto grafico della situazione socio-economica e politico-amministrativa delle varie nazioni. Sono gli anni d’oro per il pensiero statistico e visuale. La transizione fra Ottocento e Novecento ne segna, però, la conclusione. L’ultimo Album de statistique graphique francese è del 1897, l’ultimo Statistical Atlas of the Census statunitense è del 1920. All’inizio del nuovo secolo i dibattiti interni alla filosofia della matematica iniziano a mettere in crisi la nozione di dimostrazione visiva, riaffermando la superiorità della logica formale e delle entità simboliche verbali, degradando l’immagine a un ruolo secondario nel panorama della teoria e della prassi matematica. È un progressivo processo di devisualizzazione dovuto alla trasformazione dell’analisi matematica: traumatica sarà la funzione di Karl Weierstrass, in cui la persuasività della prova visiva cui siamo tutti abituati – se una funzione è differenziabile basta vedere se la 150
curva che la rappresenta è liscia, senza spigoli – trova una tragica smentita. È una presunta sconfitta dell’occhio che viene acuita dalle difficoltà di visualizzare con elementi euclidei la geometria non euclidea. C’è, però, una certa ironia nel tentativo di minare il pur fragile statuto epistemico delle immagini: le dimostrazioni logiche e assiomatiche sono in tutto e per tutto dei grafi aciclici connessi. La pretesa superiorità epistemologica verbale ha una traduzione visuale metrica e rigorosa: quella dei grafi.
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Scale, reti e dilemmi: diagrammi di conoscenza
La funzione dei grafi è quella di orientare e unificare un insieme di dati, caratteristiche o proprietà di un fenomeno o di una descrizione rendendone graficamente le relazioni mediante elementari rapporti topologici. Durante il Medioevo il grafo10 assunse sia la forma della scala, modello gerarchico per eccellenza, sia quella dell’albero11, dove si possono seguire più percorsi e più ramificazioni possibili. Raimondo Lullo le sfrutta entrambe. Mette in fila, risalendo la scala, il lontano da Dio, l’imperfetto, verso il perfetto, Dio, secondo gradini di purezza successivi. Nel giardino dell’Arbor Scientiae di Lullo si intuisce ciò che troverà espressione piena nell’albero di Bacone: l’aspetto strutturale e topologico dei rami. La loro auto-similarità, che divide l’intero in parti che a loro volta possono essere suddivise, sarà sempre più importante fino a diventare cardine delle classificazioni enciclopediche, il Système Figuré des Conaissances Humaines, e naturalistiche, le tassonomie di Linneo (che assomigliano ai processi dicotomici di Platone) e l’albero della vita di Darwin. Il superamento della concezione gerarchica del sapere era però latente già all’epoca dell’Encyclopédie. In una raffigurazione allegorica incisa da Benoit-Louis Prévost su disegno di CharlesNicholas Cochin, come frontespizio dell’edizione del 1772, i Saperi non si diramano ma vivono per relazioni di vicinanza e i raggruppamenti sono formati per affinità. Quasi cento anni prima, nel 1679, Leibniz scriveva a Huygens del suo desiderio di avere nuovi metodi di analisi, un’analysis situs, una geometria delle posizioni, prefigurando di fatto la nascita della teoria dei grafi12, la cui paternità viene fatta risalire però a Eulero, che si occupò del problema dei sette ponti di Königsberg nel 1736, e ad Alexandre-Théophile Vandermonde, che risolse il dilemma del knight’s tour. Per tutto il XVIII e il XXIX secolo i grafi continuarono a proliferare in ogni contesto delle scienze naturali. Lo studio sistematico della teoria dei grafi parte però solamente intorno agli anni Trenta, grazie a Dénes Konig e ai lavori di Paul Erdos e Alfréd Rényi, alle scoperte di Vilfredo Pareto sui fenomeni a invarianza di scala e quelle di Stanley Milgram sui sei gradi di separazione. Da allora, non solo le discipline matematiche, ma anche quelle sociali si sono rivolte allo studio delle reti. Ne sono un esempio i sociogrammi di George Lundberg del 1938 e quelli di Mary Northway del 1952, fino al recente interessamento della
10. Fra le prime forme di grafi sicuramente ci sono quelle dell’antico gioco del mulino, le cui tracce risalgono addirittura all’antico Egitto. Sono da ricordare anche gli alberi genealogici, da quello di Noè a quello di Elisabetta I. 11. I grafi erano regolarmente utilizzati nel Medioevo come strumenti pedagogici. Gli schemi di opposizione erano impiegati come supporto all’insegnamento della logica e del meccanismo sillogistico, come strumento
Un verso di Howard McCord dice: “Map may lie, but it never jokes”. L’effetto-verità è stupefacente.
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mnemnotecnico o come notazione musicale. 12. Il termine grafo è stato introdotto solamente nel 1878 da Sylvester, in un suo articolo per Nature.
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sociologia della scienza con Katy Börner e delle digital humanity con l’HyperStudio del MIT. Se l’influenza dei grafi nello studio e nella comprensione dei fenomeni più disparati non ha risparmiato neanche le discipline di critica dell’arte, in alcuni casi i grafi stessi sono diventati forma di espressione artistica. È il caso di Mark Lombardi, esponente del tardo concettualismo. Artista e ricercatore, Lombardi fu un giornalista investigativo e storiografico. Impegnato nella stesura di On Higher Grounds. Drugs, Politics, and the Reagan Agenda, nel 1994 iniziò a disegnare delle reti per meglio comprende il sistema che stava analizzando. I grafi, per quanto concepiti inizialmente come strumento di notazione personale, iniziavano a prendere vita autonoma, tanto da raccontare le sue storie nel minimo dettaglio e nel massimo rispetto dell’architettura generale dei fatti osservati. Le definì strutture narrative. I suoi lavori hanno un impatto visivo imponente e dispiegano le vicende dei più grandi scandali di fine secolo: dal Whitewater agli affari di Bush con l’Iraq, dalla Banca Vaticana al BCCI. Per quanto le strutture narrative di Lombardi possano essere giudicate solo per il loro valore estetico, il rapporto fra raffigurazione e dato si manifesta nel mutuo rispetto l’uno per le caratteristiche dell’altro. Il suo lavoro di ricerca diagrammatica è basato su una grammatica visuale minimale: semplici nodi a indicare persone, eventi o organizzazioni; semplici archi a connetterli; pochi indicatori a comunicare attributi relazionali e caratteristiche dei nodi. Non è solo la veste grafica ad affascinare, è sopratutto il tipo di informazioni contenute a renderli interessanti al punto da diventare dispositivi politici. Dopo l’attentato alle Torri Gemelle CIA e FBI interrogarono i suoi quadri alla ricerca di indizi utili, facendoli diventare un sistema di navigazione informazionale, la raffigurazione di un paesaggio in cui è politicizzato l’estetico. A differenza dell’uso politico del paesaggio fatto da von Humboldt, la volontà organizzatrice di Lombardi non è rivolta al mondo visibile ma all’intreccio di relazioni invisibili, al complesso sovrapporsi di flussi monetari ed economici sotterranei. Le forme della conoscenza enciclopedica, gli strumenti di denuncia sociale, i racconti di fatti ed eventi sembrano, oggi, rappresentare le nuove frontiere dei linguaggi visuali. Martin Wattenberg e Fernanda Viégas, così come Moritz Stefaner, hanno cercato, attraverso i loro lavori su Wikipedia, di esplicitare la complessità delle interazioni sociali, dei conflitti e delle controversie che l’enciclopedia elettronica porta con sé piuttosto che offrire l’ennesima interfaccia per la navigazione dei contenuti. Gruppi di attivisti, come i TacticalTech, usano la visualizzazione per aiutare le cause dei movimenti grassroots, producendo manuali sull’uso e la produzione di diagrammi e mappe; strumenti come ManyEyes e il fenomeno degli OpenData hanno reso le tecnologie di visualizzazione utilizzabili anche dai non esperti e aperto l’accesso a grandi basi di dati su fenomeni politici e sociali rilevanti. Il New York Times e Good Magazine sono l’esempio più innovativo dell’infografica gionalistica, raccontata anche dal documentario Journalism in the Age of Data di Geoff McGhee. Sicuramente il mondo non sarà salvato dalla visualizzazione, come provocatoriamente suggeriva il titolo di un panel del VisWeek, Changing the World with Visualization, ma continuerà a mostrarlo in maniera nuova e sorprendente. 152
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