MILOUTINE BORISSAVLIÉVITCH
LE TEORIE DELLA ARCHITETTURA SAGGIO CRITICO SULLE
PRINCIPALI DOTTRINE
DI ESTETICA DELL’ARCHITETTURA EDIZIONE ITALIANA A CURA DI GIORGIO PIGAFETTA E ILARIA ABBONDANDOLO
INDICE Trattati per l’architettura moderna Introduzione Renato De Fusco ................................................................................................ p.
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Introduzione all’edizione italiana Giorgio Pigafetta, Ilaria Abbondandolo ............................................................ p.
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INTRODUZIONE I. CENNI STORICI SULL’ESTETICA DELL’ARCHITETTURA
1. L’Antichità: Platone, Aristotele, Plotino, Vitruvio ............................................... 2. Medioevo: Sant’Agostino ............................................................................... 3. L’epoca moderna e contemporanea: A. L’Italia: Alberti, Vignola, Palladio, Filarete, Serlio ....................................... B. La Francia, Architetti e filosofi: Philibert Delorme, Fréart de Chambray, XVII e XVIII secolo, Taine, Boutmy, Viollet-le-Duc, Cousin, Lévêque, Jouffroy, Chaignet, L.A. Boileau, Rochette, Vitet, Labrouste, Fould, Feugueray, Aurès, Garnier, Reynaud, Guadet, Le Corbusier-Saugnier. Romanzieri: Victor Hugo, Mme de Staël, Chateaubriand, Stendhal, Veuillot. Scienziati: Carles Henry, Dr Breucq .............................................. C. La Germania: Kant, Schopenhauer, Hegel, Vischer, Schelling, Solger, Krause, Trahndorf, Weisse, Schleiermacher, Deutinger, Kirchmann, Köstlin, Fechner, Schasler, Hartmann, Semper, Bötticher, Burckhardt, Durm, Bühlmann, Frankel, Lipps, Ostendorf, Behrens, Schmarsow ............... D. L’Inghilterra: Spencer, Ruskin, Belcher ........................................................
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II. PUNTO DI VISTA CRITICO
§ 1. Dell’Architettura in generale: A. L’Architettura paragonata alle altre arti: a) La sua inferiorità .............................................................................. b) La sua superiorità ............................................................................. B. Architettura di contenuto ....................................................................... C. Architettura formale ............................................................................. § 2. Dell’oggetto e del metodo dell’estetica scientifica dell’architettura A. Dell’oggetto: a) della natura del fenomeno estetico in generale ..................................
TRATTATI PER L’ARCHITETTURA MODERNA INTRODUZIONE
RENATO DE FUSCO
Il programma della collana è di pubblicare una serie di testi che contribuiscano a dare dignità culturale alla letteratura architettonica corrente e in pari tempo di offrire uno strumento di vivo interesse per gli operatori del campo. Questo duplice obiettivo è espresso dal termine “trattato” – solitamente inteso come il genere più alto e antico di scritti sull’arte e l’architettura – e dalla preposizione “per”, nel nostro caso, volta a costituire un ponte appunto fra teoria e pratica. Più complesso è definire l’aggettivo “moderno” e in particolare l’espressione “Movimento Moderno” che ricorreranno in vari titoli della collana. La prima parola rientra nella periodizzazione della storiografia, nella sequenza temporale: storia antica, medievale, moderna e contemporanea, ma questi ultimi due termini danno luogo a equivoci; per storia moderna, nel campo dell’arte, s’intende il periodo rinascimentale, manierista e barocco, mentre la storia contemporanea è intesa quella a partire dal 1492, ossia dalla scoperta dell’America. Oltre all’evidente sovrapposizione, risulta peraltro troppo lungo il periodo definito dal termine «contemporaneo», donde la necessità di frazionarlo, caso per caso, da un altro lasso di tempo a quo e ad quem. Il termine «moderno» presenta anche un altro significato: lo si usa per designare il presente rispetto al passato, in qualunque caso: ad esempio moderno era il Rinascimento rispetto al Gotico, il Manierismo rispetto al Rinascimento, il Barocco rispetto a quest’ultimo, ecc. fino al Nove-
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INTRODUZIONE ALL’EDIZIONE ITALIANA
Mentre i fratelli preferirono seguire le orme paterne, studiando medicina in Austria e in Svizzera, Milutin fu il solo della famiglia a laurearsi, nel 1912, al Politecnico di Belgrado, che dal 1897 comprendeva la sezione di architettura. L’anno seguente ottenne un impiego al Ministero dei Lavori Pubblici, recentemente rinnovato dalla gestione dell’ingegnere civile Jevrem Gudovic, ma fu costretto a interrompere il lavoro a causa del primo conflitto mondiale. Quando, nell’autunno 1915, l’esercito austro-ungarico appoggiato da bulgari e tedeschi sconfisse le forze armate serbe, queste dovettero ritirarsi in Kosovo e, attraverso l’Albania, rifugiarsi sulla costa adriatica e quindi sull’isola di Corfù6. Da qui, molti serbi ripararono in Francia e, tra loro, anche il giovane architetto Milutin Borisavljevic. A Parigi proseguì gli studi, questa volta in campo squisitamente umanistico, sotto la guida del filosofo Victor Basch (1863-1944), il quale avrebbe ricoperto, nel 1918, la prima cattedra di Estetica alla Sorbona. Allo stesso tempo ottenne la docenza di Estetica all’Ecole des hautes études sociales, dove insegnò per cinque anni accademici (dal 1916 al 19227), e, dal febbraio 1922, l’incarico di maître de conférences all’Ecole spéciale d’architecture8. Sin da quegli anni si delineano i due filoni principali di studio a cui si sarebbe dedicato per tutta la vita, nel precipuo riferimento all’architettura: la riflessione estetica e lo studio ottico-fisiologico dei fenomeni percettivi. Al primo filone appartiene un articolo, firmato Miloutine Borissavliévitch (traslitterazione francese del nome9), uscito nel 1923 per i tipi di Fischbacher e dedicato al maestro Basch: Prolégomènes à une esthétique scientifique de l’architecture10. Esso riporta per esteso il testo di una conferenza tenuta alla Sorbona il 19 maggio 1922 in cui Borissavliévitch affrontava tre questioni fondative per l’estetica dell’architettura – l’origine dell’architettura, la sua
Jozˇe Pirjevec, Serbi, croati, sloveni. Storia di tre nazioni, Bologna 1995, pp. 42-43. Aleksandar Kadijevic, voce Borisavljevic, Milutin, in Allgemeines Künsterlexikon, XIII, München 1996, p. 61. 8 L’ESA, tuttora esistente, fu fondata nel 1865 allorché Viollet-le-Duc, reagendo all’insegnamento dell’architettura promosso dall’Académie des Beaux-Arts, sostenne il progetto di una scuola indipendente; fra gli altri vi insegnarono Robert Mallet-Stevens (1924), che vi si era anche diplomato, e Auguste Perret (1930-1937). 9 D’ora in avanti adotteremo la stessa forma ortografica poiché è quella che appare sui frontespizi di tutti i suoi testi in francese e nelle traduzioni in altre lingue europee e con cui è, di conseguenza, maggiormente conosciuto in Europa e nelle Americhe. 10 Il titolo di questo saggio riprende, forse non a caso, la formula dei Prolegomena zu einer Psychologie der Architektur di Heinrich Wölfflin (München 1886). 6 7
INTRODUZIONE ALL’EDIZIONE ITALIANA
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essenza, il rapporto tra architettura e arte. Questo saggio prepara il terreno alla sua teoria estetico-scientifica, alla luce della quale di lì a poco avrebbe passato in rassegna Les théories de l’architecture (1925 e 1926), ma che solo tre decenni più tardi avrebbe definitivamente formalizzato nel Traité d’esthétique scientifique de l’architecture (1954). Il secondo filone si inaugura con un saggio coevo, Découverte de la perspective optico-physiologique, apparso su «Bulletin de l’Amicale de l’Ecole spéciale d’architecture» (3 agosto 1923). Borissavliévitch vi illustra un tipo di prospettiva basata su considerazioni ottico-fisiologiche, anch’essa fondamentale per l’estetica scientifica dell’architettura. A distanza di molti anni lo stesso tema sarà trattato specificamente in una discussa monografia in serbo edita a Belgrado nel 1948 e ripreso nell’articolo Procès de la perspective géométrique et justification de la perspective optico-physiologique, pubblicato su «La Construction moderne» nel 195011. Agli anni parigini 1924-1926 risalgono anche il saggio La science de l’harmonie architecturale (Fischbacher, Parigi 1925) e una ventina di articoli apparsi sui bollettini dell’«Amicale de l’Ecole spéciale d’architecture» e del «Cénacle lyrique» e sui periodici «La Construction moderne», «La Pensée», «L’Architecture», «L’Architecture française», «Le Maître d’œuvre». Nel 1925 Miloutine portò a termine la stesura della tesi di dottorato Les théories de l’architecture, ottenendo il titolo accademico di docteur ès lettres. Pubblicato dall’editore Payot nell’aprile del 1926, questo saggio avrebbe conquistato l’attenzione di filosofi e architetti in tutto il mondo. Il testo, infatti, si mantenne attuale per oltre un ventennio, tanto che Payot lo rieditò nel 1951 utilizzando l’impaginato originale. N ella prefazione a questa seconda edizione, il celeberrimo storico dell’arte e dell’architettura Louis Hautecœur ne individuò sinteticamente i pregi. Secondo Hautecœur, Borissavliévitch avrebbe il merito di aver esaminato «le dottrine estetiche relative all’architettura» dall’antichità all’Ottocento illustrando «idee e fatti che fino ad allora non erano mai stati riuniti assieme» e di aver aperto la
11 «La Construction moderne», 10, ottobre 1950, pp. 369-374. Ghyca è l’unico autore, a nostra conoscenza, ad affrontare negli stessi anni in maniera estesa alcune delle tematiche sulla percezione trattate da Borissavliévitch, in particolare la prospettiva ottico-fisiologica e le deformazioni e correzioni ottiche applicate alle forme dell’architettura. Si veda Matila C. Ghyca, Le Nombre d’Or, Paris 1959 (prima ed. 1931), in particolare vol. I, cap. IV, pp. 87 ss.
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INTRODUZIONE ALL’EDIZIONE ITALIANA
Sennonché, queste «consonanze, omofonie e buone forme», applicate ai manufatti architettonici, rimettono in campo le categorie dello storicismo – l’epoca, lo stile, il rapporto forma-contenuto – e risucchiano l’opera di Borissavliévitch nella temperie di un dibattito che ne rimuoverà il nome dalle cronache.
Abbreviazioni
L’Architecture art du temps: L’Architecture art du temps, «La Construction moderne», 34, maggio 1925. Lettre de Belgrade: Lettre de Belgrade, «La Construction moderne», 12, dicembre 1926. Prolégomènes: Prolégomenès à une esthétique scientifique de l’architecture, Fischbacher, Paris 1923. Promenade esthétique: Promenade esthétique à l’Exposition des Arts Décoratifs, «La Construction moderne», 13, dicembre 1925. Traité: Traité d’esthétique scientifique de l’architecture, 2 voll., presso l’autore, Paris 1954.
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INTRODUZIONE
«Chi è alla ricerca della verità deve, una volta nella vita, dubitare di tutto, per quanto è possibile» (Cartesio, I princìpi della filosofia, I.1)
Il presente saggio ha lo scopo di esporre le principali dottrine sull’estetica architettonica e di sottoporle a un esame critico. Sono essenzialmente due le questioni che questo tipo di lavoro ci impone di affrontare: 1° la scelta delle dottrine estetico-architettoniche; 2° il punto di vista critico dal quale noi ci siamo posti nell’esaminarle. Uno sguardo sintetico sulla storia dell’estetica architettonica ci sembra il modo migliore per giustificare la scelta delle varie dottrine. Il punto di vista critico è quello dell’estetica scientifica dell’architettura di cui, più avanti, cercheremo di esporre l’oggetto e il metodo.
I. CENNI STORICI SULL’ESTETICA DELL’ARCHITETTURA
1. – L’ANTICHITÀ Cominciamo da Platone, che è considerato il fondatore dell’estetica1. Discepolo di Socrate, nei suoi celebri dialoghi egli ha esposto tutti i princìpi fondamentali della scienza del bello. Egli si è occupato pochissimo di architettura e, nella sua opera, si rinvengono soltanto alcune considerazioni sparse sull’estetica di questa arte2. Secondo Platone «l’architettura e tutte le arti manuali possiedono un aspetto scientifico che è connaturato e inerente all’aspetto operativo e, insieme, condu-
Charles Lévêque, Platon consideré comme fondateur de l’esthétique, Paris 1857, A. Durand. «Riguardo all’architettura, alla scultura, alla pittura – afferma Charles Lévêque – Platone non ha dedotto dai suoi princìpi generali le conseguenze dettagliate che avrebbero costituito delle teorie particolari di queste differenti arti» (La science du beau, 2a ed., 1872, t. II, p. 398-399). 1 2
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INTRODUZIONE
cono a compimento le cose che esistono solo grazie ad essi e che prima di allora non esistevano»3. Ciò significa, nel linguaggio dell’estetica moderna, che l’architettura non è l’apparenza delle cose (Shein), ma la cosa stessa. La definizione di Platone trae origine dalla sua teoria dell’imitazione, secondo la quale tutte le arti, eccetto l’architettura, sono imitative. L’architetto fa una casa reale, mentre il pittore rappresenta quella casa. Ma quella rappresentazione, secondo Platone, non è che un’immagine, un fantasma privo di esistenza concreta. Per Platone l’architettura è l’arte più povera di tutte. Tuttavia, da un altro punto di vista, essa gli appare superiore alle altre arti, in particolare alla musica. L’architettura procede «con grande precisione, facendo uso di molte misure e strumenti», mentre la musica è, secondo Platone, «piena di congetture»4. In altri termini, l’architettura è, dal punto di vista della precisione tecnica, superiore alle altre arti. Platone distingue l’architettura pratica dall’architettura teorica. Quest’ultima «partecipa della scienza speculativa»5. Secondo lui, l’architetto non opera manualmente, ma sovrintende coloro che operano. L’arte architettonica, sarebbe dunque, al tempo stesso, un’arte pedagogica. Platone si è anche servito di questa arte come metafora per spiegare la sua concezione dello Stato. Se a ciò aggiungiamo l’ultima definizione dell’architettura di Platone, secondo la quale essa apparterrebbe alle arti della vista, abbiamo esaurito tutto ciò che questo genio divino ha detto sull’estetica di questa arte. Aristotele si è occupato ancor meno del suo maestro Platone dell’arte architettonica. Egli la esclude perfino dalle belle arti. Essa, infatti, non corrisponde alla definizione aristotelica secondo la quale l’essenza dell’arte si trova nell’imitazione. Dal momento che l’architettura non imita nulla, essa non può essere definita un’arte. Parlando dell’essenza dell’arte Aristotele si esprime in altro modo sull’architettura: «Dal momento che esiste un’arte – egli afferma – prendiamo per esempio l’arte speciale dell’architettura, e che questa arte è il risultato di una facoltà di produzione di un certo tipo, guidata dalla ragione… L’arte è dunque, lo ripeto, una certa facoltà di produrre diretta dalla vera ragione»6. Questo linguaggio ricorda molto quello del suo maestro Platone, per il quale «lo scopo di tutte le arti… risiede nella produzione»7. Ecco tutto ciò che si può rinvenire sulla nostra arte in Aristotele. È vero che egli parla dell’ordine, della simmetria e della determinazione8; e che egli ha detto che «il bello consiste nell’ordine e nella grandezza»9, ma questi concetti dell’estetica for-
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Le Politique, trad. di Saisset, p. 13. Philèbe, trad. di Saisset, p. 531. Le Politique, p. 17. Morale à Nicomaque, libro VI, cap. III, trad. di Barthélemy-Saint-Hilaire, p. 202-203. République, libro III, p. 166, trad. di Saisset. Métaphysique, III, III nell’edizione di Brandis, p. 265, II, 16, 17. Poétique, cap. VII, nell’edizione di Bekker, 1831.
MEDIOEVO
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male non riguardano propriamente l’architettura. Essi si riferiscono a tutte le arti e, in particolare, all’arte poetica. Aristotele, a giudicare da un passaggio della sua Metafisica10, avrebbe scritto un trattato speciale sul bello in cui dedicava uno spazio più ampio all’arte architettonica. Infatti, egli cita questo lavoro parlando della matematica che «per certi aspetti – egli afferma – può definire il bello come una causa di questo genere»11. Ma questo trattato sfortunatamente non ci è pervenuto. Plotino, il fondatore del neoplatonismo, mostra un interesse maggiore per l’architettura rispetto a Platone e ad Aristotele. Egli si domanda come possa, ciò che è corporeo, accordarsi con ciò che è anteriore al corpo, ovvero, l’anima. Inoltre egli si domanda come possa l’architetto, comparando la casa reale all’idea anteriore della casa, giudicare che quella è bella12. La risposta di Plotino è la seguente: «perché l’oggetto esterno, fatta astrazione dalle pietre, non è altro che la forma interiore divisa nella massa esteriore della materia e manifestante nella molteplicità la sua indivisibilità». Plotino allude, dunque, all’estetica del contenuto, dal momento che la «forma interna» non è altro che l’idea architettonica di cui l’esterno di un oggetto è espressione sensibile. «Il bello – egli afferma – non risiede nella materia, ma nell’idea secondo la quale esso si forma». Queste idee, che i tre grandi filosofi dell’Antichità Platone, Aristotele e Plotino ci hanno lasciato sull’architettura, testimoniano il loro scarso interesse per l’estetica di questa arte. Il trattato di Vitruvio è l’unica opera specifica che ci resta di questa epoca classica dell’architettura.
2. – MEDIOEVO Nel Medioevo ritroviamo in Sant’Agostino alcune idee sull’estetica della nostra arte. «Se domando a un architetto, egli afferma, perché, avendo costruito un’arcata in una delle ali del suo edificio, egli ne realizza un’altra in corrispondenza dell’altra ala, mi risponderà senza dubbio che lo scopo è di rendere le membrature della sua architettura simmetriche tra loro». «Ma, perché questa simmetria vi sembrerebbe necessaria? Perché piace. Ma chi siete voi per erigervi ad arbitri di ciò che deve piacere o non piacere agli uomini? E come fate a sapere che la simmetria piace? Ne sono certo, perché le cose così disposte hanno in sé la decenza, la misura, la grazia, in breve, perché tutto ciò è bello. Molto bene. Ma, ditemi, ciò è bello perché piace, o piace perché è bello? Senza dubbio, piace perché è bello. Io la penso come voi. Ma vi doman-
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Libro XIII, cap. III. Ibidem. Ennéades, I libro IV, III.
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INTRODUZIONE
do ancora: perché è bello? E se la mia domanda vi imbarazza, perché in effetti i maestri della nostra arte non arrivano a tanto, converrete almeno, senza difficoltà, che la similitudine, l’uguaglianza, la convenienza delle parti del vostro edificio riducono tutto a una specie di unità che appaga la ragione. È ciò che volevo dire. Si; ma fate attenzione. Non vi è una vera e propria unità nei corpi, dal momento che essi sono composti da un numero infinito di parti, di cui ciascuna è a sua volta composta da una infinità di altre. Dove la vedete, dunque, questa unità che vi guida nella elaborazione del vostro progetto, questa unità che voi osservate nella vostra arte come una legge inviolabile, questa unità che il vostro edificio deve imitare per essere bello, ma che nulla sulla terra può imitare perfettamente, perché nulla sulla terra può essere perfettamente uno? Ora, che cosa deriva da tutto ciò? Non bisogna riconoscere che esiste, dunque, al di sopra delle nostre menti, una certa unità originale, sovrana, eterna, perfetta che è la regola essenziale del bello e che voi ricercate nella pratica della vostra arte?»13. Questo dialogo mostra il formalismo estetico di Sant’Agostino, malgrado l’influenza dell’idealismo platonico che la fine del suo dialogo fa trasparire. Il principio fondamentale di tutta l’estetica di Sant’Agostino è l’unità nella varietà, che è, secondo lui, la ragione unica dell’architettura. Ecco quello che abbiamo potuto rinvenire sull’estetica della nostra arte nell’epoca medievale che, tuttavia, con le sue cattedrali, ci ha lasciato delle meraviglie architettoniche.
3. – L’EPOCA MODERNA E CONTEMPORANEA A. L’ITALIA
L’interesse teorico per l’architettura riprenderà nel Rinascimento. Qui troviamo, fin dal principio, un gran numero di teorici di questa arte. L’opera di Vitruvio riappare e serve da modello per tutti i trattati di architettura scritti dagli architetti. Il movimento inizia dall’Italia nella seconda metà del XV secolo. Il più importante autore del Rinascimento italiano è Alberti14, gli altri come Vignola15, Palladio16, Filarete17, Serlio18 sono piuttosto dei cultori dell’architettura, che degli estetologi veri e propri.
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De vera religione, capp. 30, 31, 32, ecc., trad. francese. De re aedificatoria, Firenze 1485, trad. francese di J. Martin (1553). Regole delli cinque ordini dell’architettura, 1536, trad. francese di Blondel (1752). Œuvres complètes, trad. francese di Chapuy, Corréard e Lenoir, 1842. Tractat über der Baukunst, trad. tedesca del Dr Oettingen, 1890. Tutte l’opere d’architettura, 1584.
L’EPOCA MODERNA E CONTEMPORANEA - LA FRANCIA
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B. LA FRANCIA
In Francia quello stesso movimento inizia nel XVII19 secolo. Qui si rinviene, come nell’Italia del XVI secolo, un grande interesse per l’Antichità e per i problemi estetici. Questo interesse è ispirato dagli autori italiani e dall’opera di Vitruvio. Tuttavia, in Francia come in Italia, gli autori di questo periodo sono, per la maggior parte, dei cultori dell’architettura e si occupano piuttosto degli ordini classici e delle loro regole che di questioni puramente estetiche. Se fra i teorici italiani abbiamo scelto Alberti, per i teorici francesi del XVII e XVIII secolo abbiamo optato per uno studio d’insieme, dato il carattere comune delle loro teorie. Tuttavia, abbiamo trattato separatamente Viollet-le-Duc (1814-1880) che è, secondo noi, il maggiore esponente francese dell’estetica architettonica. Mentre in Francia l’interesse per gli studi estetici dell’architettura non è mai cessato, in Italia si spegne dopo i grandi teorici del Rinascimento. In Francia possiamo trovare, oltre a Viollet-le-Duc, numerosi estetologi che hanno scritto sull’arte architettonica. Analizzeremo qui solo i più importanti, partendo dai filosofi. Secondo Hippolyte Taine, l’architettura e la musica non sono delle arti imitative. Egli sostiene che «sono i rapporti matematici che uniscono queste due arti»20. L’architettura si basa, secondo lui, su un «insieme di parti legate». Taine cita dei concetti che riguardano l’estetica architettonica del contenuto. «L’architettura – egli afferma – dopo aver concepito come carattere dominante la serenità, la semplicità, la forza, l’eleganza, come un tempo in Grecia e a Roma, oppure: la stranezza, la varietà, l’intimità, la fantasia, come ai tempi gotici, può scegliere e combinare i legami, le proporzioni, i rapporti dei materiali, cioè le grandezze visibili, in modo da manifestare il carattere concepito». Questi, in sostanza, sono i soli riferimenti all’architettura che ritroviamo nel corso che Taine ha tenuto all’Ecole des Beaux-Arts. Del resto egli stesso dichiara, dopo il passaggio che abbiamo appena citato: «ora noi conosciamo la natura dell’arte». Emile Boutmy21, allievo di Taine e di Charles Lévêque22, ha prestato maggiore attenzione all’architettura rispetto ai suoi maestri. Tuttavia, la sua opera è più una monografia che un trattato di estetica. Boutmy, come Taine, cerca di spiegare i monumenti classici della Grecia con
19 Una delle prime opere teoriche è Le parallèle de l’architecture antique et moderne di Chambray, pubblicata nel 1650. È vero che Philibert Delorme pubblica le sue Nouvelles inventions pour bien bastir et à petits fraiz nel 1561, ma si tratta di un’opera puramente pratica. 20 Philosophie de l’art, 1865, p. 66. 21 Philosophie de l’architecture en Grèce, 1870. La seconda edizione è apparsa, riveduta e corretta, con il titolo: Le Parthénon ou le génie grec. 22 «Sono felice, scrive l’autore, di vedere, nel 1870, Emile Boutmy seguire le stesse vie» (La science du beau, 1872, t. II, p. 29, nota 1). E, più oltre: «… di aver delineato nel 1860 quella che si può chiamare una psicologia del Partenone. Emile Boutmy… ha potuto e dovuto spingere questa psicologia del tempio di Atena fino ai minimi dettagli. Questa preziosa concordanza… ecc.» (ibidem, p. 39, nota 1).
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INTRODUZIONE
l’«ambiente psicologico in cui nasce un’arte». Questo «ambiente» che, secondo Boutmy, «offre, con grande chiarezza, la chiave dei grandi apparati decorativi, delle esigenze e delle tolleranze medie del gusto», costituisce il cuore della sua teoria. Essa considera le origini, sia intellettuali che morali, sociali e politiche, «indispensabili» per comprendere l’arte monumentale dei Greci. Boutmy si occupa soltanto dell’estetica del contenuto di questa arte, escludendo dal suo studio l’estetica formale o le «spiegazioni tecniche». Queste ultime, secondo lui, esigono delle «considerazioni superiori», di natura psicologica e storica». Il metodo (storico), egli sostiene, per principio, considera gli insiemi e inquadra tutte le questioni storiche in una psicologia generale dei tempi e della razza». Questo è il metodo di Boutmy, metodo che egli ha cercato di applicare alla spiegazione dell’architettura greca e in particolare al tempio del Partenone. Tuttavia, proprio analizzando il Partenone, egli si vede costretto ad ammettere che «ci si stupisce di trovare questo ricco insieme di idee e questa arte di combinarle tra loro, proprio nel popolo che ha glorificato l’essenzialità e lo stile frammentario con il nome di laconismo»… Victor Cousin non elabora alcuna teoria particolare sull’architettura. Egli ne parla da letterato23. Jouffroy24, che è, secondo noi, uno dei maggiori estetologi francesi, non ha speso una parola sull’architettura benché egli abbia parlato di tutte le altre arti. Charles Lévêque si è occupato, più di tutti gli altri filosofi francesi, dell’architettura. Nel suo Système des arts25, egli le ha dedicato un articolo pieno di belle osservazioni e di descrizioni letterarie, ma privo di una teoria particolare, o originale, su questa arte. Secondo lui «l’architettura è di gran lunga meno espressiva rispetto alle altre arti» pur essendo, tuttavia, «espressiva». Un edificio, secondo Lévêque, deve essere «l’espressione di chi lo abita». È così che questo autore spera di poter spiegare la bellezza architettonica e fondare una psicologia dell’architettura. Charles Lévêque distingue l’architettura formale dall’architettura di contenuto. Egli vede la prima nella «potenza della solidità e nell’ordine»; nella proporzione, nell’unità e nell’armonia. La seconda si trova, secondo lui, nella «potenza, limitata ma reale, con la quale l’architettura esprime qualcosa inerente la vita, i costumi, il carattere dell’animo umano». Secondo Chaignet26 «l’architettura corrisponde al mondo inorganico nei suoi rapporti con il Bello. Essa dipende dalle leggi geometriche della forma e la sua prima condizione è la simmetria. In più essa deve esprimere un pensiero, ma,
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Du vrai, du beau e du bien, cfr. la sua IX lezione: «Des différents arts». Cours d’esthétique, 2a ed., 1863. Science du beau, 2a ed., 1872, t. II, p. 19. Les principes de la Science et du Beau, 1860.
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come la musica, non manifesta l’idea pura e precisa. Essa determina, nell’essere che la contempla, uno stato corrispondente a un certo ordine di idee» (ibidem, p. 455). Chaignet sostiene che «l’ideale ha un posto ridotto nell’architettura, perché essa ha sempre un fine, che è un fine di utilità pratica e positiva, come la casa. Ma essa può avere anche un senso simbolico e le sue forme sono significative». Egli conclude: «solo il tempio greco è veramente bello». (ibidem, p. 495). Ecco l’essenziale di ciò che abbiamo trovato nel «sistema e nella critica delle arti particolari» di Chaignet. L’estetica dell’architettura, come abbiamo appena visto, è stata trattata dai filosofi come una parte del loro sistema delle arti e, spesso, con l’unico obiettivo di completare il loro sistema estetico. Solo gli architetti hanno trattato l’estetica della loro arte in modo approfondito, facendone una estetica speciale o ristretta. Accanto a Viollet-le-Duc dobbiamo citare alcuni architetti-teorici dell’architettura, ma di secondo rango. Uno di questi è L.A. Boileau27. La sua opera, di valore molto mediocre, è una difesa del modernismo e una sorta di requisitoria contro l’architettura classica. Il principio fondamentale della sua teoria è la corrispondenza di uno stile con la propria epoca e il proprio progresso. Raoul Rochette28, Vitet, Achille Fould, H. Labrouste, suoi contemporanei, condividono la stessa idea. Le categorie estetico-architettoniche di Boileau sono le seguenti: la composizione, la costruzione e la decorazione. Solo la definizione di composizione ci interessa. Essa «implica, sostiene Boileau, l’idea di creazione di un tipo o di una forma speciale in rapporto all’espressione sentimentale o estetica» (ibidem, p. 48). Egli definisce il bello come «ciò che si fa imitare e amare». L’architettura si trova, secondo lui, nell’esercizio di «tre facoltà primordiali»: «il sentimento, il ragionamento e l’azione realizzatrice». Egli la definisce: «l’arte di produrre delle impressioni estetiche per mezzo della scienza più avanzata». Boileau, che considera le costruzioni in ferro come il risultato della tecnica «più avanzata», tesse gli elogi all’architettura gotica che, secondo lui, si avvicina maggiormente a questa nuova tipologia costruttiva. Questa difesa delle costruzioni in ferro era, tutto sommato, lo scopo unico della sua opera. Feugueray29 si oppone all’idea che «l’arte in quanto sentimento innato nell’uomo (il sentimento del bello), si rinviene in fondo a tutti gli individui e si mantiene identico nel tempo». Egli nega la possibilità di regole del bello, perché, secondo lui, esse «mancano totalmente di costanza. L’arte… diviene una cosa puramente individuale, di cui ciascuno è giudice in ultima istanza» e conclude
Histoire critique de l’invention en architecture, 1886. Cfr. il suo Manifesto de l’Académie royale des Beaux-Arts intitolato: Considération sur la question de savoir s’il est convenable au XIXe siècle de bâtir des églises en style gothique. 29 Nouvelle forme architecturale, 1853. 27 28
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INTRODUZIONE
È possibile esprimere questo rapporto, come il rapporto di due durate di impressioni: l0 t0 x-x0 —=— o la formula generale V=— l1 t1 t Da cui deriva la legge estetica: le grandezze di due rette sono proporzionali alle loro durate rispettive. Per dimostrare che, geometricamente o oggettivamente, due parti del nostro segmento AB possono restare uguali senza che per noi lo siano, dobbiamo tracciare su una delle due parti un certo numero di righe che, aumenteranno la durata dell’impressione, e faranno sembrare più grande la parte a righe. l0= l1 (geometricamente) l0< l1 (esteticamente) poiché t0< t1
Fig. 2 .
Esteticamente, l’architettura è dunque l’arte del tempo, mentre, geometricamente, o oggettivamente, essa è l’arte dello spazio109. La figura 2 ci dimostra che la lunghezza di una linea retta è funzione del tempo. Essa è proporzionale alla resistenza che gli occhi incontrano durante la percezione di questa linea. Più la resistenza è grande, più la durata della percezione è grande. Ed è a causa di questa durata che la parte CB ci sembra più grande della parte AC. A questo punto sappiamo tutto, grosso modo, sulla natura del fenomeno estetico. In sintesi, esso è un fenomeno puramente soggettivo. Dal punto di vista delle conoscenze, è una conoscenza a priori che riguarda le cose non di per sé, ma come si presentano al nostro Io. In altri termini, si tratta dell’apparenza delle cose che i tedeschi chiamano, in estetica, lo Schein; essa è la sola realtà, realtà unica e assoluta per l’estetica. B. DEL METODO
Il metodo dell’investigazione scientifica consiste nel cominciare dal più sempli-
109 Cfr. «La Construction moderne», maggio 1925, l’articolo intitolato L’architecture art du temps, in cui abbiamo trattato il problema dettagliatamente.
DEL METODO DELL’ESTETICA SCIENTIFICA
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ce. Sulla scorta di questo metodo (metodo induttivo), noi ci occuperemo inizialmente soltanto dell’architettura formale, cominciando dal punto, dalla linea, dalla superficie, ecc., per arrivare poi a forme sempre più complesse, al fine di trovare, per mezzo dell’esperienza, le leggi che le regolano. Queste esperienze ci permetteranno di osservare un fenomeno a nostro piacimento e sotto una forma pura. Esse hanno lo scopo di svelarci le cause prime che lo hanno prodotto, o le condizioni che lo hanno reso necessario. Il metodo dell’estetica scientifica dell’architettura è lo stesso della fisiologia, poiché il fenomeno estetico è, dal punto di vista scientifico, un fenomeno fisiologico. Questo metodo è il metodo sperimentale, il cui scopo è di trovare il determinismo o la causa prossima dei fenomeni estetici. È grazie al metodo sperimentale, inaugurato da C. Bernard, che la medicina si è avviata sul sentiero scientifico. Non ci resta dunque che adottarlo alla lettera! Dobbiamo conoscere l’uomo, la sua anatomia e la sua fisiologia. Si tratta della conoscenza approfondita degli organi umani e del loro funzionamento. Ma, per fare ciò, i libri non sono sufficienti. Una scienza è possibile solo a stretto contatto con la realtà, ovvero con il suo oggetto di studio. L’imperativo categorico che si impone per le ricerche scientifiche dei fenomeni estetici è il seguente: non si dà la scienza senza laboratorio. Ma la fisiologia, che è una scienza nuova, una scienza «in embrione», che lascia ancora molto a desiderare, non si è mai preoccupata dei fenomeni estetici, benché le appartengano al pari di tutti gli altri. Quanto all’estetica dell’architettura, ce ne occuperemo soltanto dal punto di vista del senso della vista, senza il quale il fenomeno estetico dell’architettura non si produrrebbe110. Parallelamente allo studio del senso della vista, noi faremo uno studio del sistema nervoso nel suo rapporto con i fenomeni estetici. Infatti, senza la sensibilità non si ha più il fenomeno estetico. Ma il sistema nervoso, benché ai nostri occhi sia il più importante, non può essere preso isolatamente. Dovremmo dunque cercare i suoi rapporti con gli altri organi quali il cuore, i polmoni, ecc., vale a dire con la respirazione, la nutrizione, la secrezione, il ritmo sanguigno, la temperatura, ecc., fino ad arrivare a valutare il peso del corpo sotto l’influenza della gioia. Ecco uno degli studi più complessi mai tentati fino a oggi in modo determinante e assolutamente scientifico!
110 Il fenomeno estetico non è altro che un fenomeno di eccitabilità (o irritabilità), dunque bisogna conoscere il determinismo fisiologico. In altri termini questo fenomeno non è che una eccitazione nervosa; se è conforme alla nostra natura, si chiamerà «piacere», mentre se la contrasta, si chiamerà «pena». Platone e Vitruvio si esprimono allo stesso modo, così come Cartesio quando afferma: «mi sembra che ciò che fa sì che la voce dell’uomo ci piaccia più delle altre, è solo perché essa è più conforme alla natura delle nostre menti». E ancora: «il piacere dei sensi consiste in una certa proporzione e corrispondenza dell’oggetto con i sensi», ecc. (Œuvres de Descartes, ed. Cousin, t. V., p. 446).
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L’ANTICHITÀ
avanti, questa «corrispondenza con il tutto», o ancora questa terza espressione la «commensus exactionem» (il rapporto esatto di misura o la proporzione esatta), sono di fatto poco comprensibili, e soltanto la dimostrazione grafica avrebbe potuto chiarirceli. Sfortunatamente tutti i disegni dell’opera di Vitruvio, come abbiamo già detto, sono andati perduti. Tuttavia Vitruvio ha cercato di rendere la sua idea di simmetria molto più chiara facendo un paragone con il corpo umano, a proposito del quale egli afferma: «singulorum membrorum ad universam figurae speciem habeant commensus exactionem» ovvero: «Bisogna che vi sia una misura comune tra la figura tutta intera e ogni sua parte separatamente». È in questo paragone delle proporzioni umane con quelle dell’architettura che noi speriamo di trovare l’origine e l’evoluzione della simmetria. Le proporzioni umane erano considerate dagli antichi le più belle. Avendo trovato che il piede dell’uomo ben proporzionato è la sesta parte della sua altezza totale (fig. 1), essi applicarono questo rapporto alla colonna dorica, la cui altezza misura sei volte la larghezza della base. Realizzata in questo modo, quella colonna fu considerata l’incarnazione della forza e della bellezza maschile. Per la colonna ionica, ci si servì invece della proporzioni della donna, il cui piede (1/8 dell’altezza totale) fu preso come base. Quella colonna incarna, quindi, la grazia femminile. Questa leggenda, incontrata nell’opera di Vitruvio, ci spiega il concetto di simmetria in modo quanto mai chiaro. La simmetria è dunque il calcolo dei rapporti tra le parti di un’opera, calcolo stabilito su un certo campione o «misura comune» chiamato «modulus». Dire, per esempio, che l’altezza di una figura umana (fig. 1) è di sei piedi, significa dunque enunciare la proportio, giacché dire che il rapporto di questa figura con l’insieme è di 1/6, è Fig. 1. ancora enunciare la simmetria. Di conseguenza, l’espressione commensuum responsum o «corrispondenza di misura» non significa nient’altro che un rapporto basato su una «misura comune», ovvero un numero che divide due o più numeri senza alcun resto. Ed è proprio questa la testa o il piede di un corpo perfetto di cui ci parla Vitruvio, è questo il modulo di un tempio. La prova che noi abbiamo ben compreso la sua categoria della «simmetria», è fornita da un passaggio del suo terzo libro (cap. 5), in cui Vitruvio, parlando delle colonne ioniche e della loro decorazione, si esprime in questo modo: «le loro simmetrie dovranno essere istituite in modo che la larghezza della base, in tutti i sensi, sia dello spessore della colonna con l’aggiunta del suo quarto o del suo ottavo» (ovvero un modulo 3/8) e un altro passaggio in cui sostiene: «Et primis
TEORIA DI VITRUVIO
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in aedibus sacris («la simmetria è costituita», aggiunge Choisy) aut e columnarum crassitudinibus aut triglypho», il che significa che la simmetria è stabilita «secondo gli spessori delle colonne o dei triglifi» (trad. Choisy). Ora, Vitruvio aggiunge: «item ceterorum operum membris invenitur simmetria ratiocinatio», cosa che Choisy traduce: «come per le altre opere la teoria delle simmetrie è concepita secondo certi loro membri». Queste citazioni dimostrano chiaramente che si tratta del rapporto delle parti, basato sul modulo. Ci siamo dilungati molto sul concetto di symmetria, considerato come uno dei più oscuri dell’estetica vitruviana, e che noi crediamo di aver spiegato basandoci proprio sul testo del nostro autore. Tuttavia, possiamo concludere che: 1° Claude Perrault aveva mal interpretato il senso della simmetria traducendola con il termine «proporzione». Allo stesso modo August Thiersch sbaglia quando dice che Vitruvio ha confuso il concetto di simmetria con quello di analogia. L’analogia o la proportio non è altro che l’impiego di un’unica unità di misura detta modulus. Le membrature di un’opera sono analoghe, perché esse sono tutte calcolate ed espresse per mezzo di un unico modulo. La simmetria, al contrario, concerne una superficie, una forma e i rapporti di quest’ultima espressi mediante questo campione comune o «modulus». Nella figura 1 questo «modulus» è la larghezza del piede129. La grandezza del «modulus» può essere qualunque, ma una volta adottato, essa resta la stessa per tutte le parti dell’opera130. Di conseguenza, dire per esempio che l’altezza di una colonna è di sei moduli è enunciare la sua proportio; dire che la forma di questa colonna rappresenta il rapporto 1:6 è enunciare la sua symmetria. 2° Tuttavia, da tutte le spiegazioni confuse date da Vitruvio, risulta chiaro che la symmetria è una corrispondenza di misure, un rapporto, ovvero quella che oggi chiamiamo «proporzione», mentre la proportio è il calcolo basato su un numero che divide tutte le parti di un’opera senza alcun resto. Un tale numero si chiama allora numerus perfectus. Le parti che hanno corrispondenza di misura, il commensuum responsum di Vitruvio, saranno, di conseguenza, belle. L’unità di misura o modulo è riportato in tutte le membrature, le cui symmetriae o rapporti non significano altro che i loro rapporti modulari. 3° Trovati questi rapporti trattiamo ora dell’eurythmia, ovvero dell’armonia dell’insieme. È qui che interviene, secondo Thiersch, l’analogia di Vitruvio, considerata da quest’ultimo, a nostro parere, in tutt’altro senso rispetto a quello di Thiersch. Certo, l’euritmia di Vitruvio si basa sulla symmetria, ma egli non dice da nessuna parte che questa symmetria significa l’analogia o la somiglianza
129 Così il numero 6 fu denominato numerus perfectus perché l’altezza totale dell’uomo contiene sei volte la lunghezza del piede. 130 Per il tempio dorico, per esempio, il moduli sarà 1/6 dell’altezza totale della colonna; per il tempo ionico, 1/8 e per il corinzio esso raggiungerà 1/10.
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LA FRANCIA
porzione… esso si preoccupa, calcola e si stanca molto presto». A parte la distinzione che egli fa tra la similitudine e la proporzione, questo passaggio è eccellente, ma pone in contraddizione tutto il metodo matematico, statico e di ragionamento di cui il nostro autore si è servito fino ad ora. La conclusione di questa osservazione è: 1° che la contemplazione estetica si realizza senza alcun concetto (si veda la teoria di Kant), che essa è intuitiva; 2° che i rapporti tra le parti dipendono dall’occhio e non dalla geometria. Queste conclusioni sono, entrambe, perfettamente scientifiche. 9a osservazione – Giungiamo ora a una osservazione che ha una importanza capitale, non solo per l’opera di Viollet-le-Duc, ma per tutta l’estetica scientifica dell’architettura. Si tratta di un fenomeno che Viollet-le-Duc ha osservato molto bene, benché per via geometrica, ed è incontestabile che la sua osservazione, assolutamente esatta, rappresenti una vera e propria acquisizione scientifica, nonostante la sua dimostrazione sia difettosa. Viollet-le-Duc ha studiato l’occhio da geometra, ovvero ignorando la sua natura anatomo-fisiologica e riferendosi alle sue proprietà geometriche e fisiche. Egli ha considerato l’occhio come «una porzione di sfera» sulla quale le immagini si proietterebbero come su una lastra fotografica che avrebbe una superficie curva. Egli afferma: «dal momento che l’occhio è una porzione di sfera il cui centro è il punto visivo, tutti gli oggetti si riproducono su una superficie curva». Certo, se consideriamo l’occhio come un apparecchio fotografico, Viollet-le-Duc ha ragione, poiché è oggettivamente vero che le immagini si proiettano su una superficie curva. Ma ciò non ha più senso se si considera l’occhio fisiologicamente. Dal punto di vista fisiologico, l’occhio non vede gli oggetti simultaneamente, ma successivamente; non è un apparecchio fisso, bensì è mobile. La considerazione di Viollet-le-Duc è dunque una considerazione puramente geometrica. Ora, che cosa dobbiamo intendere con il «punto visivo» di Viollet-le-Duc? Il nostro autore ha ignorato i «punti cardinali» dell’occhio. Infine, che cosa dobbiamo intendere con il «centro» dell’occhio? Esso rappresenta il centro geometrico o il centro di rotazione? Per la fisiologia non vi è un centro; ve ne sono due; ed essi si chiamano il punto nodale anteriore e il punto nodale posteriore. Ora, dal momento che la distanza tra questi due punti non è grande (0mm,34), la si trascura (si veda l’occhio ridotto di Listing, fig. 3). L’importanza dell’osservazione di Viollet-le-Duc risiede nel fatto che il nostro autore, pur ignorando l’ottica fisiologica, è arrivato a scoprire una legge esatta della vista, benché questa legge risulti in realtà dal movimento del nostro occhio e non, come egli ha creduto, dal fatto che la proiezione delle immagini si produce su una «porzione di sfera»166. Ecco l’e166 Non si sa di preciso se Viollet-le-Duc abbia pensato alla retina, (ciò è possibile) o alla cornea (si vedano le tre possibilità per quest’ultimo caso nella fig. 2: SNM, OLP & KDF).
TEORIA DI VIOLLET-LE-DUC
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sempio fornito da Viollet-le-Duc: «sia A il punto visivo, BC un’asta (fig. 4) divisa in quattro parti: Ba, ab, bc e cC tra loro uguali tra loro. Queste parti si riproducono per l’occhio in quattro parti ineguali: B’a’, a’b’, b’c’ e c’C. Dunque, se si vuole che l’asta sembri divisa in quattro parti uguali, è necessario – se il punto visivo è A e l’asta DE (fig. 5) – unire i punti E D mediante due linee al punto A, dividere l’arco di cerchio de in quattro parti uguali, df, fg, gh e he, far passare delle linee dal punto visivo per questi punti f, g, h ed e, e prolungarle fino al loro incontro con l’asta DE. Si otterranno così, su questa asta, quattro parti DF, FG, GH, HE, ineguali: DF sarà la più piccola e HE la più grande. Tuttavia, ci sarà necessariamente un rapporto proporzionale tra queste quattro parti. Ma se si tratta di una facciata composta da diversi piani verticali arretrati gli uni rispetto agli altri, come indica la sezione BB (fig. 6) fatta perpendicolarmente a questa facciata, se si vuole che i quattro piani sembrino uguali in altezza tra loro per l’osservatore il cui punto visivo è A, sarà necessario tracciare questi piani in modo che le linee AI, AJ, AK, AL dividano l’arco di cerchio OM in quattro parti uguali. Quindi, questa facciata che, geometricamente, offre il tracciato NPQRS, non sarà altro che il tracciato npqrs e la grandezza geometrica V diverrà all’apparenza V’»!
Fig. 3. Occhio ridotto di Listing. (K= punto nodale; C= cornea; O= centro geometrico dell’occhio; R= centro del movimento rotatorio).
Dopo questa bella dimostrazione Viollet-le-Duc aggiunge molto giudiziosamente: «quando si tratta di mettere un edificio in proporzione, occorre dunque tenere in buon conto il punto o i punti da cui sarà possibile vederlo, le diminuzioni prodotte dalle altezze, dalle rientranze e dalle sporgenze». Tuttavia, poiché questo non è sempre possibile, il nostro autore consiglia di «cercare di rientrare nelle proporzioni felici facendo intuire ciò che non si può vedere ma che deve esistere… ecc.». Si tratta, dunque, chiaramente, dei «cor-
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CONCLUSIONE
Fino a oggi siamo stati costretti a documentarci con opere soggettive, scritte su un fenomeno soggettivo, delle opere d’Arte sull’Arte. Quali devono essere l’oggetto, il metodo e il fine dell’estetica scientifica? Lo abbiamo esposto326 nell’introduzione. Ma questa è è soltanto teoria; e noi la abbandoneremo completamente nelle nostre ricerche future per occuparci soltanto dei fatti, delle esperienze e delle leggi che ne derivano. In altri termini, la scienza dell’estetica architettonica non sarà istituita né per mezzo delle speculazioni filosofiche, né per mezzo dei concetti psicologici, né per mezzo di rapporti geometrici, ma soltanto mediante delle osservazioni e delle esperienze fatte sull’uomo vivente, simili a quelle impiegate dalla fisiologia in laboratorio327, ma applicate a un caso speciale: lo studio del fenomeno estetico-architettonico. Non vi è scienza senza esperienza! Questa è la sola autorità oggettiva, impersonale. La scienza non è una creazione della mente umana; al contrario, essa non conserva alcuna traccia umana. «La scienza, dice Claude Bernard, non contraddice affatto le osservazioni e i dati dell’arte e io trovo inammissibile l’opinione di coloro che credono che il positivismo scientifico uccida l’ispirazione. Secondo me avverrà necessariamente il contrario. L’artista troverà nella scienza della basi più solide, e lo scienziato troverà nell’arte una intuizione più sicura. Indubbiamente può accadere che, in un’epoca di crisi, la scienza troppo avanzata, ma ancora troppo imperfetta, possa inquietare e turbare l’artista piuttosto che aiutarlo. È ciò che può succedere oggi al poeta e al filosofo; ma questo è solo un fatto transitorio e io sono convinto che, non appena la fisiologia avrà fatto progressi, il poeta, lo psicologo e il fisiologo si intenderanno»328. Questa è la nostra convinzione.
Nel nostro piccolo lavoro, Prolégomènes à une esthéthique de l’architecture abbiamo fornito uno schema di cosa sarebbero l’oggetto, il metodo e il fine di questa estetica scientifica. Per questa ragione non abbiamo creduto necessario ripetere qui ciò che abbiamo già detto. 327 Si sa che la vivisezione, che è il solo metodo razionale per lo studio dell’essere vivente, fino a oggi è stata condotta soltanto sugli animali (le rane, i gatti, i cani, ecc.). Questa è certamente una delle cause principali della nostra ignoranza sull’uomo. 328 La science expérimentale, p. 366. 326
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BIBLIOGRAFIA RAGIONATA DELL’ESTETICA ARCHITETTONICA
NOTA AI LETTORI. Si ripropone, di seguito, la Bibliografia ragionata che completa il volume di Borissavliévitch nelle due edizioni del 1926 e del 1951. Non solo perché essa è, a tutti gli effetti, parte integrante del saggio, ma anche perché risulta – oggi – un’utile testimonianza per ricostruirne le fonti teoriche. Nel suo elenco, come nel saggio, il giovane studioso, evidentemente animato da ansia comunicativa più che da precisione filologica, cita spesso in forma incompleta o errata i nomi dei suoi referenti. In occasione della presente edizione, tutti i nomi sono stati emendati e riportati, per comodità del lettore, in un Indice alfabetico. Titoli ed edizioni sono invece trascritti nella forma originale.
I. ROMANZIERI-ESTETOLOGI
DELL’ARCHITETTURA
CHATEAUBRIAND, Rome, Athènes, Jérusalem, Nilson, Paris. GOETHE, Œuvres de Gœthe, trad. franc. di J.-J. Porchat, Hachette, Paris 1861. HUGO (Victor), Notre-Dame de Paris, tomi I-II, Nelson, Paris. HUGO (Victor), Paris (3), Jules Rouff et Cie, Paris. HUGO (Victor), Sur Paris, Jules Rouff et Cie, Paris. HUGO (Victor), Préface de Cromwell, Hetzel éd. STAE¨L (Mme de) Corinne ou l’Italie, tomi I-II, Flammarion, Paris. STENDHAL, Histoire, Art set Voyages, Nilsson. VEUILLOT (Louis), Parfum de Rome, I.M. Dent et fils, Paris.
II. FILOSOFI-ESTETOLOGI
DELL’ARCHITETTURA
ARISTOTELE, Poétique, trad. di Egger, Hachette et Cie, Paris. ARISTOTELE, La Métaphysique, I-II, trad. di Gaston Colle, Paris 1917. BASCH (Victor), Essai critique sur l’esthétique de Kant, éd. Alcan, Paris 1896. BASCH (Victor), Les grands courants de l’esthétique allemande contemporaine, studio nel libro intitolato La philosophie allemande au XIX siècle, Alcan, Paris 1912. BASCH (Victor), Le maître-problème de l’esthétique, articolo apparso in «Revue philosophique», nn. 7 e 8, 1921, Alcan. BERNARD (Émile), L’esthétique fondamentale et traditionnelle, d’après les maîtres de tous les temps, Paris 1918. Bibl. Des entretiens idéalistes, 13 rue Méclain. CORNELIUS (Hans), Elementargesetze der bild. Kunst, Teubner, Berlin 1921. DÉLACROIX (H.), Les sentiments esthétiques (articolo apparso in Traité de psychologie di G. Dumas, t. II, Alcan, 1924. FECHNER, Vorschule d. Aesthetik (I e II parte), 1876; 2a ed. 1897. HARTMANN (Eduard von), Philosophie der Schönen, I-II, Berlin 1887.
338
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III. ARCHITETTI-ESTETOLOGI
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342
IV. STUDIOSI-ESTETOLOGI
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INDICE DEI NOMI
Adamy, Rudolf 71, 118, 178-206, 207, 256, 339 Agostino Aurelio (sant’) 59, 60, 330, 338 Alberti, Leon Battista 116-123, 125, 129, 130, 132, 135, 229, 339 Allen, Grant 94, 334 Amyot, Jacques 138 Anderson, William James 339 André, Yves-Marie (padre) 330, 338 Androuet du Cerceau, Jacques 124 Aristotele 58, 59, 155, 156, 178, 197, 210, 220, 287, 337 Arnaud, Edouar 137, 141 Augusto 98 Aurès, Auguste 64, 138 Aviler, Augustin-Charles d' 127 Bain, Alexandre 87, 94, 274, 334 Baldi, Bernardino 113 Barat, L. 85, 87, 246 Barthélemy-Saint-Hilaire, Jules 58 Bartholomé, Paul-Albert 80 Basch, Victor 71, 80, 81, 87, 89, 158, 161, 181, 191, 194, 198, 313, 332, 334, 335, 337 Bayard, Émile 125, 132, 339 Beethoven, Ludwig von 84, 251 Behrens, Peter 71-73 Belcher, John 74, 75, 239, 303-324, 339 Bénard, Charles-Magloire 168 Bergson, Henri 333 Bernard, Claude 86, 89, 178 Bernard, Émile 337 Bernini, Lorenzo 132, 133, 313, 322 Beyle, Henri, v. Stendhal Bianchi, Leonardo 240, 242 Blondel, François 60, 125, 126, 130, 131, 133, 339 Blondel, Jacques-François 127, 128, 339 Boffrand, Germain 125, 128, 339 Boileau, Louis Auguste 63, 88, 339 Borissavliévitch, Miloutine 82, 339, 342 Borromini, Francesco 132 Bosc, Ernest 339 Bosse, Abraham 127 Bötticher, Carl 200, 255, 299 Bouchard, Abel 272 Bourgoin, Jules 339 Boutmy, Émile 61, 62, 178, 339 Bramante, Donato 125 Brandt, Paul 162, 339 Brausewetter, A. 339
Breucq, Auguste-Ernest 65, 66, 84, 327, 342 Briseux, Charles Étienne 125, 128, 131, 132, 340 Brücke, Ernst Wilhelm von 342 Brunelleschi, Filippo 116, 123, 125 Buffon, Georges-Louis Leclerc, conte di 93 Bühlmann, Josef 339 Bullant, Jean 124 Bullet, Pierre 127, 339 Buonarroti, Michelangelo, v. Michelangelo Buonarroti Burckhardt, Jacob 171 Burdeau, Auguste 74, 315 Burger, Konrad Cammaerts, Émile 303, 308 Canova, Antonio 79 Carrière, Moriz 180, 182, 184 Cartesio, v. Descartes Cassagne, Armande 342 Cassirer, Kurt Hans 129 Cesare 98 Chaignet, Antelme-Édouard 332, 363 Chapuy, Nicolas Marie Joseph 60 Chateaubriand, François-René de 337 Choisy, Auguste 101, 104, 105, 107, 110-112, 136 Cohen, Hermann 158 Colle, Gaston 337 Combarieu, Jules 244 Cordemoy, Jean-Louis de 127, 340 Cornelius, Hans 337 Corréard, Alexandre 60 Courtonne, Jean 342 Cousin, Victor 62, 91, 330 Dacier, André 338 Darwin, Charles 92 Daviler, v. Aviler d' 127, 340 Dehio, Georg 209 Délacroix, Henri 337 Delorme, Philibert 61, 66, 112, 124, 340 Descartes, René 57, 91, 94 Deutinger, Martin 68, 69 Donatello (Donato de’ Bardi) 116 Duclos, Albert 342 Dumas, Georges 337 Dumont, Léon 189 Durand, Henri 57, 342 Dürer, Albrecht 66 Durm, Josef 340
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Duval, Mathias 87 Egger, Émile 337 Egger, Victor 333 Eisler, Rudolf 181 Elisabetta I, regina 309 Elwall, George 74 Enrico IV, re di Francia 323 Epstein, Jean 243 Eraclito 302 Ermogene di Priene (o di Alabanda) 102, 228 Esquié, Pierre 341 Euclide 151, 209, 210, 220 Eudes, P. 341 Fauré, Paul 206, 207, 340 Fechner, Gustav T. 69, 70, 83, 208, 236, 258, 329, 332, 337, 342 Feugueray, H. 64, 340 Fichte, Johann Gottlieb 180 Fick, Adolf Eugen 293 Filarete, Antonio Averlino detto il 116, 340 Fould, Achille 63 Fra Giocondo, Giovanni 116 Francesco di Giorgio Martini 116 Frankl, Paul 340 Fréart de Chambray, Roland 125, 126, 129, 130, 131, 134 , 340 Freyberger, Hans 342 Garnier, Charles 64, 196, 229, 340 Ghiberti, Lorenzo 116 Gley, Eugène 97, 260 Goethe, Johann Wolfgang 120, 250, 251, 300, 337 Göller, Adolf 71, 82, 235-270, 327, 328, 340 Grimm, Hermann 292 Gross, Karl 66, 80, 328 Grou, Jean-Nicolas 338 Guadet, Julien 64, 340 Hansen, Theophile 112, 139 Hartmann, Eduard von 70, 71, 158, 219, 337 Hédon, Emmanuel 294 Hegel, Georg Wilhelm Friedrich 66, 69, 70, 84, 168-173, 174, 179, 182, 184, 189, 194, 327, 330, 337 Helmholtz, Hermann Ludwig von 87, 198, 208, 265 Hemsterhuis, Frans 261 Henry, Charles 65, 136, 342
Henszlmann, Eméric 131, 206, 340 Herbart, Johann Friedrich 82, 84, 87, 184, 258, 327, 332 Herder, Johann Gottfried von 276 Hildebrand, Adolf von 338 Hittenhofer, A. 234 Hogarth, William 83, 189, 190, 272 Hugo, Victor 297, 311, 334, 337 Ioteyko, Iosifina 85 Jacobsthal, Johann Eduard 192 Janitschek, Hubert 117, 122 Jeanneret, Charles-Edouard, v. Le Corbusier Jombert, Charles Antoine 339, 340, 341 Jombert, Claude 340 Jouffroy, Théodore 81, 83 Kahm, Philipp 340 Kant, Immanuel 66, 69, 74, 82, 93, 119, 133, 148, 155-158, 159, 166, 168, 170, 181, 251, 269, 291, 332, 333, 338 Kepler, Johannes 210 Keplero, v. Kepler Kirchmann, Julius Hermann von 69, 338 Kleiber, Max 342 Klenze, Leo von 229 Köstlin, Karl Reinhold 61, 68 Krause, Karl G.F. 68 Labrouste, Henri 63 Lacombe, Jacques 340 Lagoût, Edouard 330, 340 Lalo, Charles 158, 208, 338, 342 Lange, Friedrich Albert 331 Laugier, Marc-Antoine 126, 127, 340 Laurent, Hermann 342 Le Clerc, Sébastien 127, 340 Le Corbusier 65, 66 Le Corbusier-Saugnier, v. Le Corbusier Le Dantec, Felix 326 Leibniz, Gottfried Wilhelm von 330, 333 Lemozi, Amédée (abate) 305 Le Muet, Pierre 340 Lenoir, Albert 60 Leonardo da Vinci 116, 232, 248 Le Pautre, Antoine 340 Lessing, Gotthold Ephraim 254 Lévêque, Charles 57, 61, 62, 167, 338 Lipps, Theodor 66, 71, 72, 81, 86, 130, 160,
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162, 177, 239, 274, 284, 309, 335, 338 Lissajous, Jules Antoine 87 Listing, Johann 148, 149, 272 Lotze, Rudolph Hermann 69, 162, 272, 273, 276, 277, 334 Louvet, Albert 340 Lübcke, F. 300 Luigi XIV 125, 300 Luigi XV 125, 188, 195, 250 Mach, Ernst 335 Maertens, Hermann 198-200 Mansart, François 124, 125 Martin, Jean (o Jan) 60, 117, 118 Matthaei, Adelbert 340 Mauch, Johann Mathäus 340 Maufras, Ch.-L. 98 Meissonnier, Juste-Aurèle 132 Messel, Alfred 195 Meumann, Ernst 325 Michelangelo Buonarroti 224, 226 Moeller-Bruck, Hedda 341 Monod, François 74, 303 Mosso, Angelo 260 Napoleone Bonaparte 170, 253 Napoleone III 253 Newton, Isaac 260 Normand, Charles 340 Nuel, Jean-Pierre 189 Oettingen, Wolfgang von 60 Oppenord, Gilles-Marie 132 Orazio 81 Ostendorf, Friedrich 72, 73, 130, 252, 340 Palladio, Andrea 112, 116, 125, 126, 144, 225, 227, 314, 318, 340 Parinaud, Henri 89 Pavlov, Ivan Petrovich 331 Perrault, Claude 99-105, 107-115, 125-127, 131, 132, 134, 136, 146, 151, 212, 322, 340 Pfeifer, Hermann 212, 222, 312, 341 Piéron, Henri 262 Pinder, Wilhelm 341 Pitagora 138, 207, 210, 220, 243 Platone 57-59, 91, 94, 99, 138, 145, 159, 168, 181, 182, 203, 210, 220, 259, 269, 290, 311, 338 Plinio 112, 338
Plotino 59 Plutarco 138, 141 Poincaré, Henri 331 Porchat, Jean-Jacques 337 Prestel, Jakob 98, 112 Rembolt, Berthold 339 Reynaud, Léonce 341 Richet, Charles 87, 242 Riegl, Alois 73 Riat, Georges 341 Rochette, Désiré-Raoul 63 Rubens, Peter Paul 301 Ruskin, John 74-76, 304, 307-309, 311, 312, 318, 341 Saint-Yves d'Alveydre, Alexandre 341 Saisset, Amédée 58 Savot, Louis 131, 134, 341 Scamozzi, Vincenzo 112, 116, 126, 341 Schasler, Maximilian Friedrich Alexander 70, 338 Scheffer, Karl 200 Schelling, Friedrich Wilhelm Joseph 67, 171, 180, 198, 282, 338 Schiller, Johann Christoph Friedrich 82 Schinkel, Karl Friedrich 196, 229, 250 Schleiermacher, Friedrich Daniel Ernst 68 Schliepmann, Hans 311, 341 Schlotke, Julius 342 Schmarsow, August 71, 73, 74, 80, 177, 338 Schopenhauer, Arthur 66, 68-70, 136, 142, 158168, 172, 175, 176, 183, 192, 201, 219, 227, 238, 245-247, 255, 282-286, 289, 293, 296, 298, 299, 333, 338 Schubert von Soldern, Zdenko 341 Seeberger, Gustav 342 Semper, Gottfried 71, 73, 255, 296, 300, 341 Serlio, Sebastiano 110, 112, 116, 127, 341 Shakespeare, William 251 Sizeranne, Robert de la 341 Smith, Adam 81 Socrate 57 Solger, Karl W.F. 67, 173 Spencer, Herbert 74, 75, 94, 201, 234, 315, 334, 338 Spiers, R. Phené 339 Staël, Madame de 311, 337 Stefanowska, Micheline 85 Stendhal 65, 337 Stewart, Dugald 83