Un ringraziamento particolare a Giovanna Barantani per il prezioso contributo alla traduzione dialettale Coordinamento editoriale Leandro del Giudice Layout e impaginazione Diabasis ISBN 978-88-8103-807-7 Š Fotografie di Ivano Zinelli Š 2014 Edizioni Diabasis Diaroads srl - vicolo del Vescovado, 12 43121 Parma tel. 00 39 0521 207547 info@diabasis.it www.diabasis.it
Augusto Farinotti
La cucina di parma Prefazione di Edoardo Raspelli
Indice 9 13 17 27 28 34 35
Prefazione I giacimenti alimentari di Parma e provincia Un rito antico (l’arte del masén) Vino fra tradizione e innovazione Piatto maximus del territorio: gli anolini Nota storica. Gli anolini di don Ferdinando di Borbone Trasmettere saperi e sapori
Antipasti 38 38 40 42 43 44 45
Cipolline all’agrodolce Crostini con grasso pestato (Grostén col grass pist) Giardiniera sott’olio Crostini con trifolata di funghi Involtini d’insalata Insalata di nervetti Torta fritta
Primi 49 50 51 52 55 56 58 59 60 62 63 65 66 68 69 70 71 72 73
Agnolotti al sugo di pomodoro Anolini in brodo Biset Bomba di Riso Salese Crespelle in piedi Fagioli e cotiche Gnocchi di pane al sugo Mezze maniche ripiene Gnocchi di patate con il soffritto Lasagne alla parmigiana Chicche della nonna al sugo rosa Minestra di patate Minestrone con maltagliati Panadela Pappardelle verdi con cinghiale in salmì Pasta grattugiata Riso in brodo con uova (Riz e tridura) Risotto agli asparagi Risotto agli ovoli
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Tagliatelle ai porcini Tagliatelle al ragù Tagliolini al tartufo Tortelli con le ortiche alla parmigiana Tortelli di castagne Tortelli d’erbette alla parmigiana Tortelli di patate Tortelli di zucca gialla Zuppa di cipolle (Sùppa ed sigòlli) a mio modo Versione francese (dal ducato di Maria Luigia) Zuppa di funghi porcini
Secondi 89 90 93 94 96 97 98 100 101 102 105 106 106 109 110 112 115 116 117 118 119 120 121 122 124
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Anatra al forno Arista al lardello Arrosto farcito ai carciofi Bauletti di verza versione Augusto Bianchetto di vitello Bollito (lesso) per le salse della tradizione Le salse della tradizione Capriolo al vino rosso Cinghiale in salmì Crocchette di patate al formaggio (Caniff) Frittura di coniglio Duchessa di Parma Faraona al ginepro e melagrana Guancialetto di manzo Merluzzo salato in umido Ossibuchi con piselli Picaja Polenta farcita (Polenta consa) Pollo alla cacciatora Portafoglio (Cordon bleu parmigiano) Prosciutto al forno Rosa di Parma Stracotto di cavallo Stinco di vitello stufato Teneroni di vitello
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Tortino di verdure (Torta äd verduri o torta d’erbi) Trippa alla parmigiana Trippa del povero Vècia Vitello tonnato Zuppa al forno
Dolci 134 135 136 138 139 140 141 141 142 142 143 143 144 145 146 147 148 149 150 151 152 155 155 157
Chiacchiere di carnevale Ciambella (Busilàn) Crostata di mele (Crostäda äd pomm) Crostata di ricotta sbriciolona Latte in piedi (Lat in pé) Ossa dei morti (Os di mort) Patón’na (versione semplice) Patón’na Castagnaccio Pesche al limone (Pèrsogh al limón) Potaciäda Savòr Sbrisolona (quella mia) Scarpette di sant’Ilario Semifreddo all’amaretto Spongata Sugo d’uva Torta di patate Torta di patate del 1870 Torta di noci Torta di ricotta e cioccolato Torta di ricotta e limone Tortelli di carnevale Tortelli dolci fritti Zuppa inglese
Liquori casalinghi 160 161 162 163
Bargnolèn Nocino Sburlone Visciole sotto spirito
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Ho appreso con grande commozione dell’improvvisa scomparsa dello chef Augusto avvenuta in tragiche circostanze. I suoi insegnamenti rimarranno a futura memoria per noi che amiamo la buona cucina e per tutte le nuove generazioni di chef che seguiranno sicuramente i suoi consigli. Un augurio a Luca, il figlio di Augusto, che con tanto amore ha continuato la carriera del padre, mantenendo cosÏ viva la tradizione della famiglia Farinotti. Edoardo Raspelli
Prefazione
«Finalmente mi sono sentito piccolo; finalmente non mi sono sentito a disagio: beata EmiliaRomagna dove “il grasso è bello”; felice terra, ancora oggi depositaria del grasso come simbolo di ricchezza, di opulenza. Augusto Farinotti, che un quarto di secolo fa lasciò la sua celebre Greppia nel cuore di Parma per venire a rifugiarsi quassù, sulle colline storiche che furono dimora estiva di Maria Luigia d’Austria, dolce omone grande e grosso, è sinonimo, già nella stazza, di gioia di vivere e di gola: sentite lo chef quando parla delle sue carni bovine che finiranno alla sua magistrale griglia o quando racconta le mille virtù di quel pregevole cappone contadino che è riuscito a recuperare… Non gli è da meno (nell’entusiasmo, perché nel peso sarà un terzo) il figlio Luca che lo affianca in sala e che si occupa della eccellente cantina… La squadra è completata da moglie e figlia per un ristorante inaspettato. Già l’arrivarci è da entusiasmo e da fascino: una volta nel centro di Sala Baganza avrete ancora alcuni facili chilometri in salita che, contraddistinti dal verde dei boschi di Carrega, vi porteranno fino ai 300 metri di questa balconata elegante e dolce sulle terre di Parma. Siete in campagna, tra belle ville sparse tra gli alberi, nel comodo ampio parcheggio di questa casa fascinosa di giorno ed indimenticabile di sera. La strada che avrete fatto sarà ripagata dal silenzio, dalla pace, da quell’aria brumosa che conquisterà noi cittadini. Poi, dentro, un ambiente inaspettato, elegante, lucente, dall’architettura singolare, con tavoli ben distanti, dove si punta su bistecche e grigliate, ma dove il resto varrà da solo ad assegnare a questa Brace un voto che la classifica tra i migliori ristoranti di tutta la provincia. Già, perché alla succulenza di Chianina o Piemontese, si aggiungono piatti e piattini legati alla tradizione o marchiati da professionale fantasia: Parmigiano Reggiano di sette anni con spumante sloveno, bruschetta con pancetta, guanciale, lardo alle erbe, culatta, risotto al brût con profluvio di Parmigiano Reggiano, cappelletti in brodo di cappone, costolette di agnello Merinos, porcellino iberico alla brace… prodotti anche di lontano (perché?!), ma meravigliosi. Eccellente gelato. Conto sugli 80-90 euro.» Così il resoconto della mia visita da inaspettato cliente pagante in quel 14 dicembre del 2006; così le parole che un milione di lettori videro sul quotidiano di Torino «La Stampa» nella mia recensione uscita l’11 gennaio 2007. Gli anni passano ma il tempo non passa. I giorni se ne vanno ma tutto, talvolta, resta, per fortuna, tale e quale. Con uno dei miei tanti pseudonimi, telefonando all’ultimo momento, anni dopo, oggi, ho riprovato questa bella grande casa silente sulle dolci propaggini affacciate sulla pianura di Parma. Ho ritrovato (per fortuna) lo stesso ambiente, la stessa atmosfera, la stessa cucina: potrei ripetere anche le stesse parole se dovessi scrivere, oggi, una recensione.
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Il viso sarà forse un po’corrucciato per qualche acciacco dell’età, magari starà un po’ meno di una volta ai fornelli, ma Augusto è sempre lì, a sovrintendere il lavorìo della cucina. Un po’più di responsabilità sono, giustamente, sulle spalle di Luca che, comunque, le ossa se l’è fatte con decenni di lavoro tra tavoli e pentole e che ora passa tra i clienti con professionalità e passione. Poi, tra tante cose, papà scrive e commenta: Augusto racconta, narra le storie e i ricordi di una vita piena e variegata. In questo suo La cucina di Parma condivide ricette, suggerimenti di vini, ma soprattutto, emozioni. Leggete la quarta di copertina, gustate le sue parole di presentazione a questo volume: è il ”norcino” il mestiere del suo animo; è la norcineria l’arte che ha nel cuore. Cesare Zavattini al premio letterario da lui creato mise in palio un maiale: a chi lo criticava rispose che «Un maiale in premio per un libro,non era abbassare il libro… era… alzare il maiale». La stessa cosa fa Augusto nel ricordare i riti più antichi, quelli che ha visto bambino nella campagna e nelle aie di Parma e provincia. Poi, all’interno, l’inno della gioia e delle gola; il peana ad un Territorio, ad una Terra, a delle Tradizioni (Terra, Territorio e Tradizioni è anche uno slogan su cui concordo e che, molto copiato, depositai in Camera di Commercio tanti anni fa) che fa parte dell’immaginario collettivo. Parma e provincia è una delle patrie dell’agroalimentare italiano: se la Lombardia ha il primato dei capi suini allevati e trasformati, all’Emilia-Romagna (e a Parma in particolare) va la “palma” dell’assortimento: dalla coltivazione dei pomodori all’inscatolamento delle acciughe, dal Parmigiano Reggiano al culatello di Zibello, al crudo con il marchio europeo in comune ad altri sette prosciutti italiani, alle cipolle alle patate ai vini dei suoi colli, ai funghi di Borgotaro, Berceto, Albareto… pianura, collina, montagna. Terra, Territorio, Tradizioni: la Terra che coltiviamo e calpestiamo (e che spesso danneggiamo e distruggiamo), il Territorio (l’ambito geografico di quella data Terra), Tradizioni (gli usi i costumi di quella data Terra, di quel dato Territorio). Come per Pier Paolo Pasolini tutto questo è nei dialetti, nelle varie sfumature, nei vari accenti di un popolo unico, così (se è lecito) sono i piatti per me, gli ingredienti di quei dati piatti. Ed allora inchiniamoci alle golosità che in questo libro Augusto presenta con delle succulenti fotografie. Tra queste pagine vi sembrerà di assaggiare per davvero agnolotti al sugo di pomodoro, fagioli con le cotiche, torta fritta e bomba di riso… Edoardo Raspelli, 10 agosto 2014
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La cucina di Parma
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I giacimenti alimentari di Parma e provincia
Per parlare della cucina di un territorio è do-
spensabile per cucinare una delle ricette classiche
veroso e necessario tracciare una mappa di quel
del territorio: gli gnocchi di patate con il soffritto
che il territorio produce, in modo naturale, per
(zgranfgnón col sufrìtt), salsa a base di cipolla,
tradizione o per trasformazione; ciò renderà più
burro e triplo concentrato.
agevole la comprensione dell’utilizzo di alcuni
Desidero trasmettere al lettore la sensazione
prodotti o materie prime, nella realizzazione
che provo quando cucino questa salsa: sembra
delle ricette tipiche del territorio stesso.
di essere in estate anche se fuori nevica. Che sa-
Pianura, collina, montagna, questo è il mix di
pore! Che calore! Dentro c’è agosto, c’è l’estate
terroir che costituisce la provincia di Parma, quin-
senza la sofferenza della siccità dei pomodori
di adatto, relativamente all’altitudine, a diverse
del sud o dell’umidità delle zone lagunari. É un
tipologie di agricoltura: foraggiera, cerealicola,
prodotto unico!
coltivazione del pomodoro e, nella pianura o
La conserva, ancor prima di essere un pro-
bassa parmense, della barbabietola da zucchero.
dotto industriale, era prodotta dai contadini,
Notevole lo spazio dedicato alla coltivazione
che assemblavano il pomodoro in pani. Veniva-
delle cipolle, delle patate e della vite in collina,
no raccolti maturi, lavati sotto la pompa dell’ac-
mentre la montagna ha sviluppato importanti
qua (sambòt) o dentro al secchio (zdél), asciuga-
pascoli ma soprattutto, con la cura e la regola-
ti e passati al setaccio (zdas) e la polpa così otte-
mentazione dei boschi, permette la raccolta di
nuta veniva cotta e ricotta sino a ottenere una
frutti quali castagne, mirtilli selvatici, lamponi,
densità simile alla polenta. Veniva quindi stesa
fragoline, e prelibate varietà di funghi, tartufi
su taglieri, livellata e tagliata in panetti, asciu-
neri e bianchi. In verità vi sono tartufi bianchi
gata al sole agostano fino all’essicazione totale
anche nelle terre golenali del grande fiume Po e
e infine ripiegata in carta velina e conservata in
nei calanchi delle numerose valli, in particolare
cantina: ecco l’antica conserva.
nella Val Baganza.
Tra la fine dell’Ottocento e i primi del No-
La coltivazione del pomodoro, in pianura,
vecento, Dazzi Luigi, il bisnonno di mia moglie,
ha reso possibile lo sviluppo dell’industria della
con il figlio Giovanni, ne produceva tantissima,
trasformazione del prodotto stesso.
tanto che per la famiglia era diventata la fonte
Negli anni Cinquanta il prodotto principale di questa lavorazione era la “conserva”. In barat-
di reddito principale, venduta nei mercati settimanali dei paesi limitrofi.
tolo o in tubetto, nelle varianti di doppio o triplo
Quella conserva durava per tutto l’inverno
concentrato, ancora oggi è un prodotto indi-
e la primavera successiva, sino alla maturazione
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dei nuovi pomodori; una punta di coltello era
(prodotto da ottobre ad aprile), cancellando così
sufficiente per insaporire zuppe e minestre.
la distinzione del prodotto originato da latte de-
Oggi la produzione dei derivati del pomo-
rivato da foraggio fresco da quello derivato da
doro si è diversificata e, oltre alla conserva, ven-
foraggio secco. Sono state così stabilite le mo-
gono prodotti i pelati, la passata (un tipo di salsa
dalità di alimentazione cui l’allevatore deve atte-
cruda) e la polpa (quasi un pomodoro concassè).
nersi per ottenere un latte con i parametri neces-
Questi stabilimenti della trasformazione hanno
sari alla produzione del Parmigiano Reggiano.
reso possibile l’indotto industriale per la proget-
Da ultimo, tra il 1992 e il 1996, il formaggio
tazione e costruzione di nuove e sempre più mo-
acquisisce il marchio DOP (Denominazione d’O-
derne macchine per la lavorazione del pomo-
rigine Protetta).
doro che vengono esportate in tutto il mondo.
Il cascinaio o casaro (casär), che creava il
Molti erano gli zuccherifici presenti nel-
Parmigiano Reggiano (al formàj giäld), era uno
la provincia. Essi dovevano assorbire le grandi
stoico personaggio che non conosceva malattia
quantità di barbabietole da zucchero prodotte,
e non distingueva i giorni feriali da quelli festivi.
necessarie per la rotazione dei terreni: dall’erba,
Lavorava 365 giorni all’anno, le mucche si mun-
al frumento, al pomodoro, al mais fino alle bar-
gevano tutti i giorni e il latte andava lavorato
babietole, per poi ricominciare.
rapidamente.
L’abbondante produzione agricola ha porta-
Cominciava di buon mattino, alle quattro,
to, inevitabilmente, all’allevamento bovino, che
girando da una cascina all’altra a ritirare il latte
fornisce pregiato latte da inviare alla produzio-
della prima mungitura che portava al caseificio
ne del formaggio più importante del territorio e
(cazél).
forse d’Italia, il Parmigiano Reggiano.
Univa il latte a quello del giorno prima, che
Questo formaggio, che si produceva sin dal
aveva ritirato alle cinque del pomeriggio, e lo
XII secolo, è di rilevante importanza nella map-
versava nelle vasche per la scrematura necessa-
pa casearia italiana, tanto che nell’anno 1934 i
ria ad avere latte con la giusta concentrazione
produttori si sono costituiti in consorzio per la
di grassi. Accendeva il fuoco sotto una sorta di
tutela del prodotto.
campana di rame (caldéra) in cui aveva versato il
Nel 1984 è avvenuta un’importante mo-
latte, e cominciava così la lenta cottura del for-
difica nella definizione del prodotto e cioè la
maggio, con caglio, continuando a mescolare
distinzione tra il tipo di Parmigiano Maggengo
con un palo di legno per rompere la coagulazio-
(prodotto da maggio a settembre) e Vernengo
ne. A cottura terminata, con l’aiuto del garzone
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(sottcaldéra) e con abile mossa, raccoglieva la
si ferma alle due punte di diamante e offre cop-
cagliata con un telo dal quale fuoriusciva il siero
pe, salami, strolghini, pancette, mariole, lom-
in eccesso e la depositava nelle fascere, cilindri
bini, culacce e particolari prodotti di salumeria
che contenevano perfettamente la forma del
cotta che vanno dal prosciutto alla cicciolata,
Parmigiano Reggiano. Lasciata raffreddare il
passando per i ciccioli, i cotechini, gli zamponi
tempo necessario e liberata dalla fascia che la
e il succulento prete.
conteneva, la forma veniva immersa in vasche
La qualità della carne è data da un’alimenta-
di salamoia per un periodo di tempo affinché
zione controllata e bilanciata tra siero di latte e
il sale entrasse nel formaggio per osmosi e, ad
cereali. La stagionatura di questi prodotti avvie-
asciugatura avvenuta, veniva posta sulle scalere
ne in modo diverso dalla montagna alla bassa,
a stagionare fino al momento del consumo. Il ci-
passando per la collina. Si nota che la produzio-
clo durava minimo due anni. Una curiosità: per
ne del culatello abbisogna del clima delle zone
produrre una forma di parmigiano di circa 38
rivierasche del fiume Po, poiché la stagionatura
chili occorrono 550 litri di latte.
deve avvenire in modo graduale, alternando pe-
La rifilatura del prodotto fresco veniva ven-
riodi freddi e di grande umidità a periodi caldi
duta come tosone (o tozón), ma dei restanti 500
ma sempre ricchi di umidità e il microclima della
litri di siero caldo cosa se ne faceva? Spesso si ri-
riva destra del Po si è rivelato il più idoneo.
cavava la ricotta, ma per lo più era riciclato come
Diversa situazione per il prosciutto che ha
alimento per i suini in quanto ricco di vitamine e
necessità di freschi venticelli provenienti dal
proteine e ottimo ammorbidente degli sfarinati
mare e che quindi trova l’habitat ideale di sta-
di cereali, adatto quindi alla preparazione della
gionatura sin dalla montagna fin giù nelle valli
pappa (zóta) del maiale.
dei torrenti Parma e Baganza, sulle rive dei quali
Maiali eccezionali, dalla cui carne si produ-
si possono notare i saladór, edifici alti con di-
cono ancora eccellenti e saporiti salumi tipici,
verse finestre contrapposte che consentono il
fiore all’occhiello della gastronomia parmense.
flusso di aria nelle camere di stagionatura.
L’allevamento suinicolo si è sviluppato come
Gli altri salumi sono prodotti in tutte le altre
conseguenza di quello bovino e, come i caseifici
zone e questo porta ad avere una miriade di va-
hanno creato il miglior formaggio del mondo,
rianti, date dalle spezie usate, dalla pezzatura e
così hanno fatto i salumifici con il prosciutto di
dai modi di stagionarli.
Parma e il culatello di Zibello, prodotti tutelati nel mondo. Ma la produzione è grandiosa e non
Sono famosi il salame di Felino, la mariola della bassa e la coppa di Lugagnano.
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Come si è detto, la montagna offre, oltre all’allevamento bovino, prodotti non propriamente agricoli ma donati dalla natura, che incidono in modo pregnante sulla cucina del terri-
funghi mangerecci, per la delizia del palato, anche da conservare sott’olio. Ci sono i castagneti di Campora, che offrono gustosi e rinomati frutti.
torio. Mi riferisco ai funghi porcini di Borgotaro
Infine, sui colli calanchivi si trovano pepite
(per i quali è stato costituito un consorzio IGP),
nere di tartufo che raggiungono anche pesi con-
una prelibatezza ricercata in tutto il mondo,
siderevoli, Fragno ne è la capitale; anche nelle
utilizzati secchi per ottenere sughi di altissima
zone golenali del Grande Fiume non è raro tro-
qualità o consumati freschi, sia cotti che crudi.
vare un profumatissimo tartufo bianco.
I boschi appenninici offrono un’infinità di altri
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Dai ricordi e dall’esperienza di un grande chef un insegnamento per tutti quelli che amamo la semplicità della cucina questo libro viene stampato da FVA srl di Varese nell’ottobre dell’anno duemila 14