Immaginata, ricordata, inventata: Parma nei racconti di ventidue scrittori Prospettive diverse sulla città nella raccolta edita da Diabasis su idea di Davide Barilli, Domenico Cacopardo e Guido Conti di LUCIA DE IOANNA
“Non sapersi orientare in una città non vuol dire molto. Ma smarrirsi in essa, come ci si smarrisce in una foresta, è una cosa tutta da imparare”, avverte il filosofo Walter Benjamin dal risvolto di copertina di Parma. I narratori raccontano la loro città: ed è una avventura avvincente, poetica, onirica, misteriosa, in alcuni casi molto divertente e in altri dolcemente malinconica o graffiante quella che permette di smarrirsi nelle molteplici città immaginate, ricordate, inventate dai ventidue scrittori - molti parmigiani di nascita altri di adozione – i cui racconti compongono il bel volume edito da Diabasis, presentato nella sala Dante della Biblioteca Palatina. La raccolta di racconti nasce grazie a un’idea di Davide Barilli, Domenico Cacopardo e Guido Conti, a loro volta autori dell’antologia, i quali, osserva in apertura l’assessore alla cultura Michele Guerra, “hanno saputo mettere insieme una squadra di autori di altissimo livello.” “Una Parma trasfigurata attraverso l’immaginario, la memoria, il ricordo o a partire da spunti anche provocatori”, osserva Barilli, “non una città raccontata attraverso un megafono promozionale: ogni autore è stato lasciato libero di raccontare la sua Parma a partire da una strada, un quartiere, una partita di calcio, un ricordo d’infanzia. Il risultato è una sorta di mappa della città diversa, che esce dal déjà-vu”. Prospettive diverse sulla città, osserva Mauro Massa di Diabasis, “per una operazione culturale importante che riunisce autori capaci di lasciare il segno sulla città”. E di raccontarne le diverse anime, nota il critico letterario Camillo Bacchini: “Quella musicale, sportiva, pittorica, poetica, narratrice. E anche un’anima recente, quella di Novita Amadei che racconta la vicenda di una famiglia straniera, senza tacere pregiudizi, equivoci e stereotipi”. Anima di un luogo o luogo dell’anima, come quello che riemerge nel racconto di Davide Barilli che ritrova, lungo il torrente, il cunicolo teatro di fantasie infantili, aperto come una ferita, “luogo nascosto, indefinibile nel suo essere chiuso da un sipario insuperabile, trappola e prigione”, porta di accesso alla memoria per una sorta di affascinante viaggio nel tempo e nello spazio. Gioca a compiere uno stravolgimento, osserva Bacchini, il racconto di Domenico Cacopardo che inizia come la fiaba più classica - C’era una volta un re... - per poi virare in una cronaca documentata della regolazione delle acque del re dei fiumi, il Po: del resto, riflette l’autore nel racconto, intrecciando lo scorrere di una biografia al corso del fiume, quale vicenda può meglio rappresentare il suo rapporto con la città di Parma che lo ha adottato, fino a diventare casa? Acqua è la materia furiosa, scura, minacciosa protagonista del racconto di Roberto Camurri: l’anima nera della città esonda dalle pagine dello scrittore in una vicenda ambientata il giorno dell’alluvione: “Nel racconto volevo fare emergere anche la parte in ombra della città perché spesso ci scordiamo delle sfumature”, osserva l’autore. Cadenzato con l’inesorabile esattezza della tragedia greca, il racconto di Luca Farinotti rappresenta l’anima calcistica della città, trasmettendo sulla pagina le stesse vibrazioni di uno stadio raccolto nell’attesa sospesa del gol catartico, liberatorio, necessario come un rito di rinascita: quello che deve essere segnato da Crespo, sotto lo sguardo di divinità ciniche e volubili, in occasione della sua ultima partita.
L’anima della città che per prima si rivela all’orecchio, denunciata non appena pronunciata, è invece al centro del racconto di Mario Ferraguti, La erre di Buffalo Bill, che gioca col linguaggio arrivando a scoprire “una città di lupi, magone e circhi, che ha visto cose strane e meravigliose.” Si apre con la visione surreale di un capodoglio spiaggiato in piazza Garibaldi il racconto fantascientifico di Alberto Garlini: grazie a un casco impalpabile come i sogni, i pensieri diventano veri ed è possibile intercettare immagini di un passato raccontato da altri o imbattersi in “un capodoglio uscito da chissà quale immaginazione altrui.” “Racconto veramente toccante di una Parma fatta di persone e luoghi in intima corrispondenza con l’animo della poetessa”, osserva Bacchini, quello di Maria Pia Quintavalla che offre la parte iniziale di un lavoro in corso, prosa poetica su le fanciulle in fiore degli anni Settanta che sedute in cerchio sanno immaginare e inventare “una parola liberata e corale.” “Una prosa per palati fini è quella che ci regala Antonio Riccardi”, osserva Bacchini, “intorno a un carteggio da cui emerge un corteggiamento d’altri tempi” mentre “L’uomo dei gelati” di Beppe Sebaste si immerge nei fondali della memoria facendo affiorare sulla pagina la nascita di una sensibilità e di una capacità di immaginare dentro una atmosfera di “luminosa povertà” che costringeva a inventare “miti, musica, passioni, ribellioni stile e modi delle nostre enunciazioni”. L’anima sociale di Parma è rivelata da Paolo Cioni “nella dimensione microscopica di una amicizia, nei sottintesi, nel non detto, nella tensione di una scrittura che restituisce la tensione dei dialoghi”. Guido Conti, continua Bacchini, “ con il vigore narrativo che lo contraddistingue, in un racconto umoristico riesce a graffiare l’anima più vanitosa della città.” Un umorismo fine, che nasce dalla riproduzione mimetica di modi e toni della conversazione tra due vecchie, percorre La telefonata di Jacopo Masini, intessuta di espressioni dialettali e gergali. Molto acuto e divertente anche Un anno bellissimissimo, quello di Parma capitale della cultura, scritto da Gene Gnocchi con inserti metanarrativi riferiti al volume che contiene il racconto: “Davvero un libro da leggere, scritto con la testa e col cuore da questo nugolo di bravissimi scrittori che per campare fanno altro.” Riconoscibilissimo nel suo stile, osserva Bacchini, Tito Pioli fa sentire la sua voce originale esprimendo l’anima libertaria e anticonformista della città: “Ho voluto esprimere il mondo interiore dei malati psichici, invisibile ma meraviglioso.” Il ghiaccio, un errore del gruista, un difetto della fune: sono casuali e oscure le ragioni che hanno cambiato la vita di Valerio Varesi che in pagine autobiografiche racconta come il destino ha deciso di legarlo a Parma: “Dovremmo essere consapevoli che gran parte della nostra vita è avvolta da una matassa di mistero a cui tentiamo incessantemente di dare una soluzione”. E per l’autore, l’incontro con Parma stato casuale e fatale,come quello con una donna di cui ci si innamora. Mentre Anna Maria Dadomo svela l’anima storico-museale del castello di Fontanellato esplorando i cimeli di Maria Luisa d’Austria e ritrovando un tempo sospeso “che stringeva il Castello d’intorno come un assedio”, Teresa Giulietti regala un racconto in cui la Schiava Turca del Parmigianino prende vita: “Da brava animista quale sono”, osserva l’autrice, “ho sempre immaginato che le opere d’arte avessero un anima.” Anima che si rivela nella figura di una donna col turbante finalmente libera dalla rappresentazione. Una fine sensibilità dello sguardo nel leggere l’opera d’arte si mostra anche nel racconto di Anna
Zaniboni Mattioli che tratteggia la Parma che fa da sfondo alle illustrazioni del nonno, il pittore Carlo Mattioli, per la Chartreuse di Stendhal: una Parma che “ha la magnificenza nera di un sogno di Piranesi”. Racconto a sfondo autobiografico, quello di Marco Pozzali, che “presenta, come in una galleria, personaggi sullo sfondo del quartiere Montanara”, nota Bacchini. In queste pagine, osserva l’autore, “si esprime anche un elemento picaresco e di deformazione che vuole toccare un lato diverso della città.” Un rovesciamento del punto di vista connota le pagine di Andrea Villani che raccontano della gioia di rivedere la città “dopo un lungo viaggio, dopo aver vissuto altrove o altrimenti.” Gustavo Marchesi modula un bellissimo ritratto umano e professionale di Mario Medici, direttore della biblioteca del Conservatorio di Parma e critico musicale, in un ricordo colto e affettuoso: “Quel che sentiva, scriveva, senza reticenze e senza alcun vantaggio personale: qualche volta cocciuto, forse troppo caustico, ma in genere cavalleresco e in sostanza gentiluomo.” Chiudendo il volume, sulla copertina una bella china opera di Remo Gaibazzi ritaglia una via di fuga per lo sguardo tra il Duomo e il Battistero: “Tengo molto a questo quadro in bianco e nero”, osserva Barilli, “simile ad una scacchiera sulla quale credo si possa giocare una partita importante per la città, tra passato, presente e futuro”. AA.VV. Parma. I narratori raccontano la loro città Diabasis € 18