DIABASIS
ROSARIO FORLENZA
Gli anni di Carlo Azeglio Ciampi 1999-2006
ROSARIO FORLENZA LA REPUBBLICA DEL PRESIDENTE Gli anni di Carlo Azeglio Ciampi 1999-2006
Tra il 1999 e il 2006 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi tentò di costruire un mito di fondazione nazionale che potesse generare coesione tra i cittadini, rinsaldare il sentimento di appartenenza alla collettività, sostenere le istituzioni repubblicane. Il patriottismo del Presidente si manifestò in una fitta sequenza di discorsi, gesti, viaggi, rituali e pratiche che avrebbero modificato la semantica e l’immagine storica e spaziale della Repubblica e offerto alla politica e alla società un nuovo linguaggio per parlare e pensarsi come comunità politica. La Repubblica del Presidente valuta caratteri, potenzialità e limiti del progetto di Ciampi e indaga la narrazione patriottica e l’uso pubblico della storia innescati dal Quirinale nel tentativo di re-interpretare e sistemare la polisemia del passato in una memoria condivisa. E mette in scena la ineliminabile valenza simbolica e antropologica della politica.
LA REPUBBLICA DEL PRESIDENTE
BIBLIOTECA DEL TEMPO PRESENTE STORIE/GEOGRAFIE
ROSARIO FORLENZA LA REPUBBLICA DEL PRESIDENTE
€ 16,00
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Rosario Forlenza è Postdoctoral Research Associate al James Madison Program in American Ideals and Institutions, dipartimento di Politics, Princeton University. Ha studiato e lavorato alle Università di Roma “La Sapienza”, Viterbo e Cambridge. Studioso di storia sociale e politica del ventesimo secolo, di antropologia e simbologia politica, di culture politiche e memoria, di democrazia e totalitarismo, di cinema e propaganda, ha pubblicato articoli e saggi in riviste scientifiche italiane e internazionali. È autore di Le elezioni amministrative della Prima repubblica. Politica e propaganda locale nell’Italia del secondo dopoguerra, 1946-1956 (Roma, 2008). Per Diabasis ha curato, con Ilario Belloni, Questioni civiche. Forme, simboli e confini della cittadinanza (Reggio Emilia, 2010).
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Progetto grafico e copertina BosioAssociati, Savigliano (CN)
In copertina Carlo Azeglio Ciampi Archivio Storico Presidenza della Repubblica ASPRI aut. n. 1/2011
ISBN 978-88-8103-747-6
Š 2011 Edizioni Diabasis via Emilia S. Stefano 54 I-42121 Reggio Emilia Italia telefono 0039.0522.432727 fax 0039.0522.434047 www.diabasis.it
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BIBLIOTECA DEL TEMPO PRESENTE. STORIE/GEOGRAFIE
Direzione Maurizio Ridolfi
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Progetto grafico e copertina BosioAssociati, Savigliano (CN) ISBN 978-88-8103-747-6
Š 2011 Edizioni Diabasis via Emilia S. Stefano 54 I-42121 Reggio Emilia Italia telefono 0039.0522.432727 fax 0039.0522.434047 www.diabasis.it
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Questo libro non è, come potrebbe apparire, una avventura individuale. Anzi, in qualche maniera è una impresa collettiva, nutrita dall’incoraggiamento, dal sostegno e dall’affetto dei molti che ho il piacere di ringraziare. Maurizio Ridolfi è stato la guida indispensabile per far sì che idee vaghe e appunti sparsi e disordinati divenissero un progetto completo e quindi un libro. I preziosi suggerimenti di Harald Wydra hanno arricchito il lavoro in maniera sostanziale. Di numerose indicazioni, acute suggestioni e illuminanti chiavi interpretative sono molto debitore a Maurizio Viroli, Bjørn Thomassen, Mario Alcaro, Toni Alcaro e Amelia Paparazzo. Qui a Princeton mi sono avvalso della generosità del James Madison Program, della disponibilità del director Robert P. George e dell’executive director Bradford Wilson e dell’amicizia dei colleghi fellows Mark Bauerlein e Alan Cecil Petigny. Un ringraziamento particolare va ai miei familiari, che come sempre mi sono stati vicini con grande sensibilità, comprensione e affetto. Infine, dedico questo lavoro alla piccola Lucia, la mia prima nipote, cui do con immensa gioia il benvenuto. Princeton, febbraio 2011
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La Repubblica del Presidente
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Prefazione, Maurizio Ridolfi Introduzione Sette anni al Colle
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Breve cronaca Ciampi, la storia, l’immagine della Repubblica Capitolo primo Il viaggio nel tempo
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Storia e memoria Il lavoro della memoria: dal Risorgimento alla Repubblica La Resistenza e l’8 settembre Continuità e discontinuità: Cefalonia e i ragazzi di Salò Capitolo secondo La patria s’è desta
43 45 56 60
«Amo menzionare la parola patria» La patria come progetto culturale L’Italia e l’Europa Simboli, colori, suoni, luoghi e date Capitolo terzo Il 2 giugno
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La festa perduta La festa ritrovata Tradizione e innovazione La festa e la città
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Capitolo quarto Messaggi di fine anno 92 95 98
Discorsi dal Colle I giovani e le generazioni: svegliarsi all’alba Lezioni repubblicane Capitolo quinto Il viaggio in Italia
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Dal Quirinale alla periferia Linguaggi repubblicani e appartenenza locale Unità della patria, libertà dei cittadini Conclusioni La Repubblica del Presidente tra storia e patria
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Patria, patriottismo, nazione Storia, memoria, epos
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Bibliografia
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Indice dei nomi
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Prefazione Maurizio Ridolfi
Volendo sviluppare un progetto editoriale che permetta, allo stesso tempo, di “fare” e raccontare la “storia del tempo presente”, questo libro di un giovane studioso come Rosario Forlenza ne evidenzia bene le sfide e i terreni di riflessione. Interrogandoci sulle eredità ancora vive del recente passato – vicende, protagonisti, spazi – vogliamo indagare su come e in che misura esso influenzi la vita pubblica, le sue dinamiche e le loro percezioni. La figura di Carlo Azeglio Ciampi nel settennato della sua Presidenza della Repubblica offre svariati motivi di interesse. Interagiscono il temperamento individuale, l’etica del servizio pubblico e la condivisione di una storia comune, quella degli Italiani tutti. Viene evocata una fitta sequenza di storia e memorie, tra passato e presente. Dal Risorgimento alla Repubblica, passando per la Resistenza e la Costituzione, vediamo scorrere le immagini e i linguaggi di quell’“andata e ritorno” che rende così difficile comprendere il discorso pubblico nella lunga transizione italiana. Sono domande che risultano ancor più ansiose mentre si vanno celebrando i 150 anni dello Stato nazionale. Su un versante, non è inutile ricordare che Ciampi, declinando un suo peculiare percorso di “servitore dello Stato”, ha di seguito assunto ruoli di grande responsabilità ai vertici istituzionali: dalla Banca d’Italia a Palazzo Chigi, fino al Quirinale. Se in ognuno di questi luoghi egli ha affermato un proprio stile, come Presidente Ciampi ha voluto ravvivare nel discorso pubblico uno svilito, se non disperso, sentimento patriottico: ovvero ciò che unisce coloro i quali guardano alla Repubblica come un bene comune, da conservare e da difendere. Perché intanto occuparci dei Presidenti della Repubblica? Al vertice delle istituzioni, nella Repubblica parlamentare italiana il Presidente è chiamato a svolgere una funzione di garanzia, diver-
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sa quindi dall’esercizio del potere esecutivo, propria di repubbliche semi o apertamente presidenziali, come quelle francese e statunitense. In Italia, come altrove, la figura dei Presidenti mette in correlazione temi rilevanti per una storia anche culturale della politica: la rappresentazione dello Stato, il racconto della storia nazionale, il discorso pubblico nell’età delle comunicazioni di massa, il nesso tra opinione pubblica e immaginario popolare. Per non dire di questioni di più recente attualità che, anche in Italia, alludono al ruolo del Presidente: la personalizzazione della politica, le politiche populistiche, la crisi di legittimazione del potere nelle democrazie occidentali. Fin dalla nascita dell’Italia democratica e nella legittimazione della forma di governo repubblicana era emersa l’importanza del Presidente nell’equilibrio dei poteri prefigurato dalla Costituente, e quindi sanzionato dalla Costituzione. Lo “stile” del Presidente rinvia anche a inclinazioni soggettive, e quindi alla dimensione simbolico-rituale della sua funzione. Insieme alla nomina del Presidente del Consiglio e allo scioglimento anticipato delle Camere, per il Presidente la Costituzione contempla attribuzioni il cui esercizio ha influenzato la costruzione di un immaginario nazionale, ovvero di un riconoscibile patriottismo repubblicano. Basti pensare alla facoltà data al Presidente (anche come Capo delle Forze Armate e della Magistratura) di rappresentare ufficialmente lo Stato nel protocollo e nelle cerimonie del calendario civile, conferire le onorificenze repubblicane, inviare messaggi alle Camere e comunque esercitare il cosiddetto “potere di esternazione”. Nel corso dell’Italia repubblicana il ruolo del Presidente è andato mutando, sia rispetto al formale dettato costituzionale che alle evoluzioni della cosiddetta “costituzione materiale”. Negli ultimi due decenni, già con Francesco Cossiga e con Oscar Luigi Scalfaro il Presidente era stato indotto dalle circostanze – e dalla passione politica – a “prender parte” alla vita pubblica ben oltre il piano istituzionale. Fu però con l’elezione, nel maggio del 1999, del toscano Carlo Azeglio Ciampi alla Presidenza della Repubblica, che prese forma un progetto di possibile pedagogia civile, attraverso la rifondazione del patriottismo repubblicano.
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In questo senso, al di là di come la si voglia valutare, la presidenza Ciampi rappresentò una svolta per il sistema politico e istituzionale italiano. Egli fu il primo Presidente eletto nell’epoca di una democrazia bipolare e maggioritaria nel cui ambito, però, volle assumere un ruolo bipartisan. Investendo soprattutto sulle risorse culturali e simbolico-rituali della sua carica, Ciampi affermò un proprio stile politico, sobrio ed eloquente allo stesso tempo, volto ad accreditare la dignità istituzionale della Presidenza della Repubblica e il rinnovato ruolo del Presidente come simbolo dell’unità morale e spirituale del paese. Egli si prefisse l’arduo scopo di promuovere il senso di appartenenza nazionale attraverso il recupero della “lunga” memoria storica, e di farlo nel quadro di un insistito ancoraggio sia alla storia nazionale che alla civiltà europea. Un patriottismo repubblicano, quello di Ciampi, su cui Forlenza indaga con metodologia accorta e interdisciplinare, con un solido approccio storico, interrogandosi su come egli abbia voluto – saputo e potuto – trovare un rinnovato equilibrio tra ricercata autorevolezza delle Istituzioni, riaccredito dei simboli nazionali e contemporanea declinazione in senso plurale del concetto di patria (insieme comunale e regionale, nazionale ed europea). Forlenza guarda con simpatia a Ciampi ma senza venir meno al suo dovere di ricercatore storico capace di svolgere un’indagine critica, che riparte dalle fonti per proporre valutazioni e possibili interpretazioni sull’immagine della Repubblica negli anni del suo settennato. Si guarda alla storia nazionale e alle storie municipali del Paese, reimmesse da Ciampi nel discorso pubblico con eguale dignità, anche attraverso un viaggio lungo la penisola che voleva riavvicinare le Istituzioni ai cittadini. Il Risorgimento è così ritornato nel racconto pubblico della storia e delle storie italiane, ma non come orpello celebrativo. L’imperativo è parso quello di ritrovare quel senso di dignità e di amore per le libertà (individuali ancor prima che collettive) che gli anni risorgimentali produssero in modo diffuso, facendo assumere al moto nazionale una forte valenza etica e morale. Ben venga quindi la necessaria decostruzione del mito risorgimentale – così come di ogni altra mitologia politica – ma altra è l’omologazione dell’idea di nazione a quella del nazionalismo fascista, con lo sradicamento di essa da ogni idea
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Prefazione
di libertà arrivando perfino a proporre l’oblio del troppo lontano Risorgimento! Ecco allora, interrogandosi sulla natura e sui linguaggi del patriottismo repubblicano, l’attenzione che Forlenza riserva alle “lezioni repubblicane” di Ciampi e ai loro diversi linguaggi: i luoghi dove l’Italia unita si fece durante il Risorgimento e risorse nel corso della Resistenza, le feste civili, i simboli repubblicani, i colori e i suoni che animano gli scenari patriottici. La riflessione andrà allargata, guardando anche ai Presidenti che precedettero Ciampi e quindi fino alla Presidenza di Giorgio Napolitano, anch’egli impegnato a interpretare il proprio mandato costituzionale alla luce delle sfide della crisi di legittimazione, politica e morale, propria delle democrazie occidentali. Sempre più si dovrà guardare alla storia della Repubblica e dell’Italia repubblicana attraverso le figure e il ruolo dei Presidenti. Università di Viterbo, 3 febbraio 2011
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Introduzione Sette anni al Colle
Breve cronaca Carlo Azeglio Ciampi divenne Presidente della Repubblica il 13 maggio del 1999. Fino ad allora – e a parte il precedente di Luigi Einaudi, maturato in una fase eccezionale della storia d’Italia – gli inquilini del Quirinale erano stati sempre scelti tra i membri del Parlamento. Il settantanovenne Ciampi, in realtà, era economista e tecnico, non politico di professione, né tantomeno uomo di partito. Aveva lavorato in Banca d’Italia per 47 anni e aveva mantenuto la carica di governatore dell’istituto di via Nazionale, a Roma, dal 1979 al 1993. Tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta – oltre a fronteggiare numerose crisi, come il cosiddetto mercoledì nero dei mercati (19 luglio 1985) e la svalutazione della lira uscita dal Sistema monetario internazionale (1992) – aveva ricoperto incarichi in organismi internazionali a carattere economico, come il Fondo monetario internazionale. Tra il 1993 e il 1994 aveva guidato un governo tecnico sottoposto ai duri vincoli posti dal trattato di Maastricht, alle prese con profondi problemi economici e monetari, e con gli spasmi del sistema politico investito dalla dissoluzione o dalla trasformazione dei partiti di massa storici e dalla nascita di nuove formazioni1. Dal 1996 al 1999, i presidenti del Consiglio Romano Prodi e Massimo D’Alema gli avevano affidato la guida del dicastero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione economica. La candidatura di Ciampi alla presidenza della Repubblica fu sostenuta da un ampio accordo tra le principali forze politiche di centro-destra (Polo delle libertà e del buon governo e poi Casa delle libertà) e del centro-sinistra (Ulivo): Alleanza nazionale e Forza Italia, Democratici di sinistra e Partito popolare italiano. Non ci furono problemi di sorta, dunque, al momento della votazione in Parlamento. Ciampi venne eletto al primo scrutinio – modalità abbastanza inusuale nella storia della Repubblica – con 707 voti su 1010.
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Introduzione
Si astennero i deputati e i senatori di Rifondazione comunista – a motivo delle politiche economiche condotte dal Ciampi banchiere, presidente del Consiglio e ministro – e della Lega nord – che aveva adombrato i legami di Ciampi con la massoneria, una ipotesi o un’accusa avanzata più volte e da diverse parti anche in seguito2. L’elezione confortata da numeri così ampi, comunque, segnalava il prestigio e il credito personale e il diffuso e generale rispetto per il tecnico prestato alla politica. Voci importanti e influenti tra gli osservatori e gli opinionisti riconobbero come Ciampi fosse l’uomo giusto per il paese e come la candidatura e l’elezione testimoniassero una «considerazione serena e alta dell’interesse nazionale»3. La classe politica italiana, in realtà, aveva raggiunto un accordo – alla fine di un vorticoso gioco di veleni contrapposti, di tranelli reciproci, di veti incrociati, di durissimi negoziati – affinché la presidenza della Repubblica svolgesse funzioni di garanzia, di tutela delle regole e dei valori della democrazia, piuttosto che di governo o di parte in causa. Il clima politico, insomma, era dominato dal desiderio di civilizzare il confronto – che appariva dilaniato da contrasti violenti e apparentemente insanabili – e da una diffusa voglia di normalità, di armistizio e di governo istituzionale. L’elezione di Ciampi rifletteva la volontà politica di affidare il Quirinale a una personalità che operasse come una sorta di defibrillatore istituzionale. La democrazia maggioritaria o semi-maggioritaria – per quanto ancora incompiuta – sembrava avanzare di qualche timido passo4. La più alta carica istituzionale prevista dall’ordinamento italiano divenne il centro di gravità di un sistema privo di coordinate precise, fatto di coalizione sfibrate e lacerate, di forze politiche in cerca di nuova legittimazione, di riconoscimento reciproco e di credibilità tra i cittadini. Nel 2003 – in una prima e ovviamente parziale valutazione – Gianfranco Pasquino indicò, tra le linee di comportamento prescelte da Ciampi nell’esercizio del ruolo presidenziale, lo sforzo di mantenere l’equilibrio tra i poteri istituzionali e l’impegno a intervenire nella contesa politica soltanto come extrema ratio5. Ciampi si fece così interprete di una specie di presidenzialismo fondato sull’equidistanza dai poli e sul dialogo con i cittadini. Diede sostanza a uno stile sobrio, volto a potenziare la dignità istituzionale della presidenza della Repubblica6. La modalità di elezione al Quirinale in realtà – così profondamente segnata dall’accordo tra le
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parti – condizionò gli interventi, il comportamento, lo stile e le forme del potere del Presidente, che raramente abbandonò il registro della prudenza e della moderazione. Diversamente dai predecessori, inoltre, Ciampi non aveva nessuna discrezionalità nel designare il primo ministro – legittimato di fatto dall’elettorato – e i margini di intervento del Presidente si limitarono a una delicata moral suasion7. Così, non restava che ridurre al minimo gli interventi sulla contesa politica quotidiana e sulla dialettica interna alle coalizioni dei partiti e, invece, tendere al massimo la funzione di vigilanza, anche mediatica, sulle garanzie costituzionali e di sistema. La situazione politica interna, tuttavia, mutò a partire dal 2001. La vittoria elettorale del Polo delle libertà e la radicalizzazione del confronto tra governo e opposizione segnava l’avvento di un nuovo ciclo politico. Le tentazioni plebiscitarie di Silvio Berlusconi divennero evidenti nel dibattito e nella presentazione di disegni di legge – dal sistema elettorale alla riforma della giustizia, dalle televisioni alla devolution – gravate dal sospetto di incostituzionalità. Il lavoro presidenziale – a mezzo di messaggi, esternazioni, rinvii alle Camere, veti e trattative – parve allora più impegnato a controbilanciare l’opera del governo. Si trattava di una navigazione difficile perché il sistema di garanzie costituzionali – tarato su un impianto elettorale di natura proporzionale e privo di contrappesi che potessero riequilibrare gli eccessi di potere – sembrava inadeguato a reggere l’impeto della maggioranza8. La moral suasion, i negoziati continui e l’opera di tessitura paziente, però, non si arrestarono e di fatto furono tratti distintivi dell’intero mandato. Nonostante le polemiche e le critiche provenienti da destra – specie tra le file della Lega e in alcune frange di Forza Italia – e da sinistra – dove il gradualismo ciampiano sembrava inadeguato e insufficiente, al limite dell’inedia, contro le prevaricazioni berlusconiane9 – alla fine del settennato la possibilità della rielezione raccolse non a caso consensi ampi e trasversali10. Ciampi, la storia, l’immagine della Repubblica La figura e il ruolo del Presidente della Repubblica nella vita politica e istituzionale italiana ha suscitato da pochi anni l’attenzione degli studiosi – sebbene l’importanza del Presidente nell’e-
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quilibrio dei poteri fosse stato già sanzionato dalla Costituzione. Non mancano, in realtà, studi di natura giuridica o politologica – in genere dominati da approcci normativi, formalistici e razionalistici – né ricostruzioni di natura giornalistica e informativa dedicate a fase circoscritte oppure a una visione di insieme11. Le ricerche storiche, invece, sono solo all’esordio e la ineliminabile valenza simbolica dell’istituto presidenziale – mezzo e strumento per suscitare passioni e identificazioni collettive, plasmare le visioni del mondo e orientare le condotte degli individui – è solo in parte riconosciuta. Maurizio Ridolfi ha di recente avanzato una prima messa a punto metodologica e un invito a indagare le molteplici implicazioni della «Repubblica dei presidenti»12. La funzione presidenziale – piuttosto che esaurirsi nell’ambito costituzionale o sistemico e partitico – sprigiona riflessi e significati appartenenti a una meno scontata e cruciale dimensione simbolica, antropologica e rituale della politica13. La messa in scena dell’istituto presidenziale, la rappresentazione dell’idea di patria e di nazione, le inclinazioni soggettive, la cangiante immagine della Repubblica incarnata dai presidenti, i codici della comunicazione, i comportamenti simbolici e rituali, si offrono dunque come un terreno di ricerca storica vergine quasi per intero e meritevole di indagine. Carlo Azeglio Ciampi si propose negli anni del mandato presidenziale come l’uomo e il presidente della patria, il simbolo e il garante dell’unità spirituale e morale del Paese. Come l’originale interprete della funzione di rappresentazione e insieme di rappresentanza delineata dall’articolo 87 della Costituzione. L’unità nazionale, l’identità e l’orgoglio patriottico si tradussero in una strategia di pedagogia civile nazionale senza eguali, per qualità e forza, nella storia della Repubblica. La rivisitazione del patriottismo – negli intenti del Quirinale – doveva sostenere la comunità politica e la società italiana con forme di identificazione collettiva. Si trattava di un disegno di rilancio dell’orgoglio nazionale che nasceva dal cuore stesso delle istituzioni repubblicane. E che tentava di fare del patriottismo – attraverso le azioni e il linguaggio pubblico del Presidente – la religione civile dell’Italia del terzo millennio. La memoria degli eventi storici cruciali per l’Italia come Stato, nazione e comunità politica, fu il perno intorno cui si avvitò inestricabilmente il patriottismo del Presidente. Difesa della patria
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e memoria storica – mito nazionale e ricostruzione storica – divennero le attività centrali e caratterizzanti l’istituto presidenziale. Il protagonista delle pagine seguenti è il Ciampi storico, impegnato a definire un mito di fondazione nazionale che potesse generare coesione tra i cittadini, costruire e rinsaldare il sentimento di appartenenza e identità nazionale, sostenere le istituzioni repubblicane. Il Ciampi, in altri termini, impegnato a normalizzare e re-interpretare la polisemia del passato e a cristallizzare simbolicamente la storia in una memoria ufficiale, intesa come discorso proveniente dal centro14. Si farà ampio ricorso alle fonti a stampa e alla pubblicistica ma il materiale d’analisi principale sarà costituito dai discorsi pronunciati dal Presidente negli anni del mandato. Per evitare letture decontestualizzate – e a costo di citazioni non brevi – si riporteranno ampi brani della retorica ciampiana. Ciampi e la storia – le interpretazioni, le analisi, il rovello dell’uno e la complessità polisemica dell’altra – saranno il canovaccio che, al di là delle inevitabili variazioni, non sarà difficile rintracciare pagina dopo pagina. Le variazioni al tema saranno però articolate arbitrariamente in cinque capitoli. Riflessioni, argomenti e problematiche uguali – così come le stesse figure di protagonisti o di comprimari – popoleranno le diverse parti del libro. E non sarà raro ritrovare – in pagine diverse – le medesime fonti e le medesime parole o espressioni. Muteranno, invece, la scansione, la scala e la prospettiva dell’indagine – come se si cambiasse la profondità dell’obiettivo o si assumesse un punto di vista cangiante affinché il quadro di insieme possa acquisire in nitidezza e completezza. L’intervento dell’autore sarà a tratti limitato a brevi inserti – come una specie di montaggio cinematografico volto a cucire le inquadrature dedicate al protagonista Ciampi – oppure a inevitabili delucidazioni e chiarimenti. Altre volte, invece, la narrazione assumerà un andamento meno mosso e frastagliato e il ragionamento e la riflessione storiografica – modulate su riferimenti già in parte delineati sopra, in parte facilmente individuabili in seguito – ruberà la scena, ma solo per pochi istanti, al Presidente patriota.
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Note 1. Si trattò del primo governo dell’Italia repubblicana non guidato da un parlamentare. 2. Lancelot, Il dottor Ciampi proprio non va, in «La Padania», 6 maggio 1999. Nel 2002 Francesco Cossiga indirizzò a Ciampi una lettera aperta dai toni aspri, colma di accuse e di feroci invettive. Cossiga, tra l’altro, puntò il dito verso «organizzazione massoniche che Lei ben conosce per Sua personale cultura ed esperienza e per la Sua amicizia e frequentazione con alcuni Suoi sodali antichi “fratelli”»; F. Cossiga, L’onnipotenza di Ciampi e famiglia, in «Libero», 1° giugno 2002. 3. E. Scalfari, L’uomo giusto per il Paese, in «la Repubblica», 11 maggio 1999. L’evento venne salutato con soddisfazione e favore da chi riconobbe in Ciampi «uno di noi» e cioè «un uomo che sentì viva la passione di un italiano libero, e il conseguente dovere di lotta contro il fascismo ancora in piedi, aderendo al neonato e clandestino Partito d’Azione»; A. Galante Garrone, Uno di noi, in «La Stampa», 14 maggio 1999. 4. La legge elettorale maggioritaria – sebbene con una sensibile quota proporzionale – era stata introdotta nel 1993 e applicata per la prima volta nelle elezioni politiche del 1994. Oscar Luigi Scalfaro era diventato Presidente della Repubblica nel 1992, grazie al voto di un Parlamento eletto con la precedente legge elettorale proporzionale; vedi M. Olivetti, Ciampi al Quirinale: le prime elezioni presidenziali della democrazia maggioritaria, in «Giurisprudenza costituzionale», 5, 1999, pp. 3307-3329. Per l’elezione di Ciampi vedi G. Pasquino, L’elezione di Ciampi alla presidenza della Repubblica, in Politica in Italia. I fatti dell’anno e le interpretazioni, Edizione 1999, a cura di M. Gilbert e G. Pasquino, Istituto Cattaneo, Il Mulino, Bologna 1999, pp. 131-147; Id., The Election of the Tenth President of the Italian Republic, in «Journal of Modern Italian Studies», 4 (1999), 3, pp. 405-414. Di Ciampi come «defibrillatore» istituzionale, «dissuasore» e «deterrente», parlò – qualche tempo dopo – un informato quirinalista; M. Breda, La guerra del Quirinale. La difesa della democrazia ai tempi di Cossiga, Scalfaro e Ciampi, Garzanti, Milano 2006, pp. 46-47. 5. G. Pasquino, La presidenza Ciampi, in Politica dell’anno. I fatti dell’anno e le interpretazioni, Edizione 2003, a cura di J. Blondel e P. Segatti, Istituto Cattaneo, Il Mulino, Bologna 2003, pp. 115-134; vedi anche Id., The Government, the Opposition, and the President of the Republic under Berlusconi, in «Journal of Modern Italian Studies», 8 (2003), 4, pp. 485-499. 5. Vedi F. Ceccarelli, Finisce il «romanzo» del Quirinale, in «La Stampa», 13 maggio 2000. 7. «Io sono un fissato della moral suasion – rivelerà Ciampi, non più Presidente, a Arrigo Levi – arte praticata da tempo da tutti i banchieri centrali; è in un certo qual modo caratteristica dell’“arte del banchiere centrale”, arte che ho trovato utilissima da Presidente della Repubblica»; C.A. Ciampi, Da Livorno al Quirinale. Storia di un italiano, conversazione con A. Levi, Il Mulino, Bologna 2010, p. 177. 8. Vedi, per un commento, le osservazioni di A. Manzella, Maggioritario e nuove regole. La missione del Quirinale, in «la Repubblica», 23 gennaio 2002.
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9. Per una rassegna delle critiche più severe vedi A. Spampinato, La lezione di Ciampi, Rubettino, Soveria Mannelli 2006, pp. 143-158. Molto critico con Ciampi fu il politologo e costituzionalista Giovanni Sartori che, in diverse occasioni, ingaggerà con il Quirinale un aspro duello dialettico; tra tanti possibili esempi, vedi G. Sartori, Il presidente super partes, in «Corriere della Sera», 2 novembre 2001; Id., La posta in gioco, tv e troppo potere, in ivi, 18 febbraio 2002; Id., Io e le parole di Ciampi, in ivi, 21 febbraio 2002; S. Buzzanca, Ciampi si contraddice, chiede pluralismo ma tollera un CdA Rai di parte, in «la Repubblica», 19 febbraio 2002 (intervista a G. Sartori). 10. «[…] Forza Italia – sostenne il coordinatore del partito creato da Silvio Berlusconi Sandro Bondi commentando l’ipotesi della rielezione avanzata dall’alleato di governo Gianfranco Fini – non può avere niente in contrario a riconfermare Ciampi, che in questi anni difficili ha rappresentato un punto di equilibrio super partes, tenendo così fede al mandato plebiscitario ottenuto sei anni fa con il concorso di quasi tutto lo schieramento parlamentare [...]. Ciampi ce l’ha messa davvero tutta per traghettare il Paese fuori da una lunga e pericolosa transizione [...]. In questa legislatura Ciampi ha svolto un ruolo di equilibrio, tanto più apprezzabile se paragonato a quello di Scalfaro, il cui settennato è stato davvero sciagurato»; L. Fuccaro, «Forza Italia non può essere contraria», in «Corriere della Sera», 20 novembre 2005 (intervista a S. Bondi); più cauto – ma comunque possibilista – il senatore dei Democratici di sinistra Andrea Manzelli: R. Zuccolini, «Un Presidente egregio, se ne parlerà», in ivi, (intervista a A. Manzelli). Più tardi, Ciampi ricorderà come fu in particolare il centrodestra a esercitare «forti pressioni» a favore della rielezione. Il no fu motivato dalla necessità di non creare un precedente e di evitare lo spettro di una repubblica presidenziale che snaturasse il carattere della Costituzione; C.A. Ciampi, Da Livorno al Quirinale cit., pp. 179-180. 11. Per un lavoro giuridico-costituzionale vedi C. Fusaro, Il Presidente della Repubblica, Il Mulino, Bologna 2003; per uno studio politologico, invece, M. Tebaldi, Il Presidente della Repubblica, Il Mulino, Bologna 2005. 12. M. Ridolfi, Storia politica dell’Italia repubblicana, Bruno Mondadori, Milano 2010 (il capitolo dal titolo La Repubblica dei Presidenti. Immagini, simboli e patriottismo repubblicani, pp. 73-145). 13. Per i primi due decenni della Repubblica vedi A. Giacone, La fonction présidentielle en Italie (1946-1964), tesi di dottorato di ricerca, Institut d’Etudes Politique, Paris 2008. 14. Vedi per questo, e più in generale come indicazione metodologica, le belle e pregnanti riflessioni di J. Bodnar, Remaking America. Public Memory, Commemoration, and Patriotism in the Twentieth Century, Princeton University Press, Princeton 1992.
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Dal catalogo Diabasis
Maurizio Viroli (a cura di), Lezioni per la Repubblica. La festa è tornata in città Marco Folin (a cura di), «Popolo se m’ascolti...». Per le vittime dell’eccidio del Padule di Fucecchio 23 agosto 1944 Alberto Melloni (a cura di), Ottosettembre 1943. Le storie e le storiografie Luigi Covatta, Diario della Repubblica Paolo Bagnoli, L’idea dell’Italia (1815-1861) Luigi Covatta, La legge di Tocqueville. Come nacque e morì la riforma della prima Repubblica italiana Luigi Giorgi (a cura di), Le “Cronache sociali” di Giuseppe Dossetti 1947-1951. Antologia Paolo Prodi, Lessico per un’Italia civile Gianni Boselli (a cura di), “Libro bianco su Bologna”. Giuseppe Dossetti e le elezioni amministrative del 1956 Alessandro Galante Garrone, Franco Venturi, Vivere eguali. Dialoghi inediti intorno a Filippo Buonarroti Giovanni Bazoli, Leopoldo Elia, Pietro Giarda, Vincenzo Paglia, Un riformatore solido e geniale. In memoria di Beniamino Andreatta Leopoldo Elia. Costituzionalista e uomo politico rigoroso e innovatore, testi di G. D’Andrea, F. Marini, S. Mattarella, M. Olivetti, F. Pizzetti Gianni Boselli (a cura di), Il Paese diviso. Dal regionalismo di Luigi Sturzo agli anni della Lega
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Pubblicato a inaugurare diretta da Maurizio Ridolfi la Biblioteca del tempo presente Storie/Geografie riscoperta di un Presidente della Repubblica italiana che abbiamo amato questo libro è stampato nel carattere Simoncini Garamond su carta Arcoprint delle cartiere Fedrigoni dalla tipografia Sograte di Città di Castello per conto di Diabasis nel marzo dell’anno duemila undici