Minimi sistemi e altre storie corrado costa

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Corrado Costa

I minimi sistemi e altre storie

A cura di Eugenio Gazzola


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Il castello di Atlante - 34 -


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Coordinamento editoriale Fabio Di Benedetto Redazione Leandro del Giudice Anna Bartoli Progetto grafico BosioAssociati, Savigliano (CN) In copertina Corrado Costa, Cristo restituisce il caos al mondo, 1989 (per gentile concessione di Amedea Donelli - Cavriago, foto di Roberto Tizzi e Milena Giacomazzi) ISBN 978-88-8103-803-9 Š 2014 Edizioni Diabasis Diaroads srl - vicolo del Vescovado, 12 - 43121 Parma Italia telefono 0039.0521.207547 - e-mail: info@diabasis.it www.diabasis.it


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Corrado Costa

I minimi sistemi e altre storie A cura di Eugenio Gazzola


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Corrado Costa

I minimi sistemi e altre storie A cura di Eugenio Gazzola

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Gemina persona. Il poeta e l’avvocato Costa di Eugenio Gazzola

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I MINIMI SISTEMI E ALTRE STORIE

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I minimi sistemi

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1. Tre pesci

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2. Sei cose

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3. Due stelle

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4. Fuoco vuoto

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[Commento al testo e indicazioni di scena dell’autore]

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Poche storie

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Tal sedicente Nord

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Fuori uno

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Fuori due

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Fuori tre

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È lo stesso, anche se non è lo stesso

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L’incognita borghese

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Patate

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Estranei [Profughi]

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Zona infetta

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Lumaca

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La venditrice di ricordi

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[senza titolo]


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Alla memoria di Alessandro Scansani (1946 - 2011)


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Gemina persona. Il poeta e l’avvocato Costa

La celebre nota biografica di Corrado Costa, redatta da sé medesimo nel 1989 e sovente citata come un capo d’opera tipicamente suo, un esempio di agilità e ironia, iniziava così: «Corrado Costa sono due fratelli. Portano entrambi lo stesso nome. Hanno la stessa data di nascita, [...]». Ebbene, l’altro Corrado Costa, il fratello dei due che il mondo letterario conosce di meno, faceva l’avvocato e in quel ruolo fu il sostegno del poeta e il suo primo termine di confronto. Il termine che, nel dualismo richiamato dalla nota, era lì a rappresentare la vita pratica, quella socialmente certificata dal lavoro, la particolare regolarità esistenziale capace di armonizzare le dissonanze dell’altra vita, quella intellettuale, accidentata e variabile, del poeta. Il poeta era avvocato e non poteva smettere di esserlo, ma all’avvocato non fu mai consentito sbarazzarsi del poeta – e del peso che questi dovette rappresentare sul piano economico e, forse, anche sul piano sociale: dopotutto il Costa era pur membro riverito del foro di Parma ed esponente dell’antica professione liberale in città; uomo di legge, uomo del diritto. Per Corrado Costa, come si vede fin dall’origine, la questione fu tutta in quell’essere due in uno: gemina persona. L’altro; il contrario o l’uguale; il doppio e il due; la ripetizione o la differenza, sono l’elemento centrale e costituente della poetica di Costa, ne sono l’autentica anima comica e teatrale, svelata in varie apparenze tra cui quella del «fratello» è solo la più evidente. Vi troviamo anche, tra i tanti, il passante «distinto con il vestito grigio» della poesia più ricordata della prima raccolta – Pseudobaudelaire del ‘64 – che si specchia nell’analogo di un altro passante del tutto identico al primo. La ripetizione labirintica de L’equivalente, prosa del ‘69 senza inizio né fine. La corrosiva «storia non scritta» (1973) del maestro che «discolpisce» statue già fatte; mentre più blando ci appare l’«uomo invisibile» del cinema in alcune poesie dell’83. E infine il Retro, la divertente perfomance sul rovescio registrata negli anni Settanta. L’elenco potrebbe continuare con i doppi sensi e i doppi personaggi che circolano nei copioni teatrali, e in particolare in quei testi che, pensati appunto per essere recitati o messi in scena, rivelano affinità antropologica, oltre che tecnica, tra una scena giudiziaria di pertinenza dell’avvocato Costa,


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e una commedia teatrale scritta dal poeta. Costa uomo del diritto conosceva le implicazioni culturali e infine letterarie del rito processuale: l’origine religiosa della sovranità, i re detentori e amministratori della legge anche oltre il loro tempo e il corpo fisico (una dualità fondante il nostro sistema di normative); il rito processuale celebrato mediante parole e atti formali delle parti dinnanzi a un giudice: rito che prese forma agli albori del diritto nella proiezione secolare della liturgia religiosa e che nell’attualità della scena svela finalmente il dualismo che lo sottende: l’imputato è innocente e colpevole nel medesimo tempo: il giudice è uomo e dio. In tal senso possiamo sostenere che proprio nelle pagine per il teatro si legge meglio come la nuda scena dell’inchiesta di polizia o del dibattito nell’aula del Tribunale siano il modo primo – quello di base, diciamo così – di dare corpo alla disposizione recitante del testo che il poeta Costa implicitamente, naturalmente, attuava in ogni episodio della sua scrittura. Non di rado, la lingua attuativa dell’opera celebrata era appunto la lingua della pratica giudiziaria. Quindi una delle sfumature di quell’antilingua battezzata con successo da Italo Calvino in un celebre articolo del 1965 su «il Giorno»: lingua burocratica nata negli uffici dello Stato (Calvino portava per l’appunto l’esempio del verbale di un brigadiere), le cui pratiche inducono nei cittadini timorosi e impreparati un sovrappiù di paura e di senso di inadeguatezza. Di essa fu l’innegabile vena surreale, insieme a un’intrinseca comicità che sprigiona dal leggere gli esiti di quella lingua, a deviare l’interesse del poeta Costa. Ma è anche la sua carica di figurazione e visionarietà, a farla buona per il teatro e per il riso. Ci riferiamo a testi editi e quindi noti, seppure in modo limitato, come per esempio la Santa Giovanna demonomaniaca del 1973 o il copione delle Decomposizioni esemplari (La notte in cui Giordano Bruno apparve a Shakespeare) del 1988. Ma soprattutto ci riferiamo ai testi ancora inediti raccolti in questo libro: il primo è intitolato I minimi sistemi ed è un copione teatrale ispirato all’opera di Galilei terminato nel 1989-90. I successivi formano un gruppo che ha per titolo Poche storie e riunisce tre prove di racconto – potremmo anche dire tre «macchie d’inchiostro», alla Dossi – scritte senza continuità tra la metà e la fine del decennio: Tal sedicente Nord; È lo stesso, anche se non è lo stesso; L’incognita borghese. Il motivo che li rimette insieme risale agli ultimi mesi di vita del poeta. Nel 1991 Corrado Costa consegnò i manoscritti ad Alessandro Scansani, direttore della casa editrice Diabasis di Reggio Emilia, affinché valutasse la possibilità di pubblicarli. Pochi mesi dopo, nel febbraio del 1992, il poeta moriva improvvisamente per un attacco di cuore. Di conseguenza l’urgenza divenne un’altra: quella di mettere ordine nell’opera poetica di Costa fornendo una gerarchia critica alla sua produzione in versi e in prosa, e una successione


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cronologica certa al suo lavoro. Fu così che Diabasis pubblicò tre anni dopo, nel 1995, Cose che sono parole che restano, la prima antologia critica di Costa, con le cure di Aldo Tagliaferri e la collaborazione della biblioteca “Panizzi” di Reggio Emilia, che oggi conserva il fondo del poeta. Nel mentre, rimanevano nel cassetto quei testi degli anni Ottanta consegnati a Scansani i racconti di Poche storie e il copione galileiano. I quali furono ripresi molto tardi, per ragioni varie, e solo dopo che Diabasis ebbe pubblicato due libri che ricostruivano la stagione delle frange più radicali della neoavanguardia, in particolare del suo côté emiliano (ci riferiamo a Parole sui muri. L’estate delle avanguardie a Fiumalbo, 2003 e «Al miglior mugnaio». Adriano Spatola e i poeti del Mulino di Bazzano, 2008); e infine dopo la riedizione critica della rivista «Malebolge», nel 2011, che ebbe Costa tra i fondatori e redattori. Avendo deciso di trarre un solo libro dai racconti e dal copione, secondo l’idea manifestata dall’autore vent’anni prima, Scansani consegnò le carte a chi scrive (autore dei libri ricordati sopra) pochi mesi prima di lasciarci a sua volta, l’11 aprile del 2011. Ecco perché questo lavoro è dedicato a lui, editore originale e davvero libero, dagli orizzonti lunghi e con impensabili provviste di fiducia nel mondo e negli uomini. Torniamo ai nostri testi per dare alcune note di ciascuno. I minimi sistemi risale al 1989-90 (ma una prima stesura parziale è precedente) ed è una scrittura teatrale ispirata – nel titolo e nella dialogica – al Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo di Galileo Galilei. Vi discutono tre illustri personaggi, seguiti e corretti nel loro argomentare da una serva saccente, resa edotta di pubblicazioni dal lavoro di spolveratura degli scaffali, donna perfettamente a giorno degli atti che furono imputati agli scrittori del tempo. A parte lei, i personaggi hanno origine storica e rivestirono un ruolo attivo soprattutto nella fase istruttoria del procedimento intentato dal Sant’Uffizio allo scienziato pisano, nel 1632, in quanto membri di una apposita commissione istituita dal cardinale Roberto Barberini per conto del papa. Essi sono: il gesuita ungherese Melchior Inchofer, autore di un trattato contro il sistema copernicano; il cardinale campano Agostino Oreggi, protetto del cardinal Bellarmino e futuro teologo personale di Urbano viii; il padre teatino Zaccaria Pasqualigo, veronese, che fu filosofo del diritto e teologo oltre che autore di alcune importanti disputationes aristoteliche. I tre saggi, insieme alla serva che li incalza a ogni tentennamento, analizzano quel che è stato stampato e quel che dice la Legge; discutono di politica, soprattutto, e nel contempo, inconsapevolmente, scivolano nel sentimento di oppressione che il clima di sospetto instaura tra loro. Il potere dell’Inquisizione e dei tribunali, di cui essi sono tuttavia una parte, non li risparmia e li pone lentamente, ma senza via di scampo, tra gli imputati. Col passare dei cinque quadri di scena (tan-


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ti quanti le udienze del processo a Galilei), da consulenti del Sant’Uffizio divengono vittime del meccanismo inquisitorio che hanno concorso ad alimentare: dibattono intorno a supposti enigmi, confrontano i testi e gli autori, ma nel medesimo tempo si sospettano vicendevolmente e, così facendo, si annullano. Più il loro sospetto cresce e più ascoltiamo la loro lingua farsi confusa, perdere coerenza, sicurezza. La scrittura dei minimi sistemi espone un parlato lineare senza trappole; i dialoghi hanno un andamento spiralideo sempre più serrato: i tre commissari hanno timore delle parole che stanno per dire, del loro significato e della possibilità di essere diversamente – pericolosamente – interpretate. Parlando e parlando, anziché avvicinarsi alla verità se ne allontanano, e ognuno finirà indiziato dall’altro. Soprattutto, in balìa di quella serva che a memoria recita i passi incriminati di Copernico e Campanella. La commedia fu portata in scena dal regista Auro Franzoni nel 1990, al teatro della Cavallerizza di Reggio Emilia, con una decina di repliche. Gli altri testi sono racconti scritti nello stile del thriller o dell’indagine psicologica, con vari riferimenti alla cronaca del tempo (compresi gli ammazzamenti di mafia e il terrorismo) e una sottile e persistente presa in giro della ricca borghesia emiliana e del mondo politico e culturale. Vi incontriamo alcune pagine nella forma antilinguistica dei verbali ministeriali. La loro presenza introduce però un aspetto notevole della scrittura in prosa di Costa, vale a dire la ricerca di un dialogo per eccellenza, senza accezione diversa dalla sua funzione; un dialogo che sia di grado zero – per così dire, minimo – che non miri ad altro che a sciogliere uno scambio di parole: voci contrapposte intorno alla ricerca di un senso per quel che accade, quel che è saputo e detto e ancora macina in noi, ancora muove. In un racconto del 1988 dall’ambivalente titolo di È lo stesso, anche se non è lo stesso, compaiono resoconti investigativi o interi brani redatti come se fossero tali; e la trascrizione di una intercettazione telefonica e di un interrogatorio di polizia. Le carte di una istruttoria, nella loro cruda banalità, incrociano una progressione narrativa fatta di dettagli, di sguardi ravvicinati e parziali e in questo coerenti con la modalità espressiva di una certa tesi sulle «onde magnetoidrodinamiche» redatta dal giovane protagonista del racconto. Sullo sfondo ci sono le indagini antiterrorismo della polizia, viaggi in Europa dei protagonisti, un convegno internazionale di astrofisica a Parma. Degli altri due racconti, il primo è Tal sedicente Nord (anche la categoria del “sedicente” è ampiamente utilizzata nella lingua delle indagini di polizia), e segue il passo del thriller. Ma è una parodia: la vicenda è ambientata in una città del meridione che non ha nome ma che però potrebbe essere Reggio Calabria dato che tra i suoi personaggi compaiono i Bronzi di Riace. Le due celebri statue greche, datate v secolo, furono ritrovate nel 1972 da un


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sommozzatore dilettante nel mare Jonio e lungamente restaurate nei laboratori di Firenze, prima di essere esposte al pubblico dando luogo a un impressionante fenomeno: decine di migliaia di persone sfilarono davanti a esse per vederle da vicino, prima a Firenze e poi nella casa ionia, Reggio, in un museo approntato per loro. Intorno ai bronzi ruotano alcune figure: un paio di mafiosi; un professore misterioso; un giovane spaesato proveniente dal Nord che si sente in pericolo; un’amante occasionale che la sa lunga. Un intreccio che non fornisce alcuna soluzione e che procede invece svelando con ironia gli stereotipi fumettistici dell’indagine all’italiana, chiudendosi all’ultima riga con un’immagine del miglior Costa: «Il sogno di un ginepro è il gin». Il terzo racconto si intitola L’incognita borghese, in luogo di un iniziale e poi abbandonato Il vizio della pittura nella città di Parma, che però rifletteva con maggiore fedeltà il contenuto. Perché sono appunto l’arte e la città emiliana i reali protagonisti del racconto: Parma, dove conviene in viaggio turistico una famiglia olandese di Delft, la città dipinta da Vermeer con il celebre quadrato di muro giallo che colpì a morte Bergotte, il personaggio di Proust. Le pagine si snodano tra quadri viventi, impressioni e ricordi subitanei che l’autore incolla tra un quadro e l’altro: i luoghi sono reali, le persone anche (e tra essi il pittore parmigiano Riccardo Lumaca, per altro autore di alcune opere ispirate al Vermeer che Costa conosceva bene); vi regna una linearità borghese di fragrante tranquillità nella quale si dipana la storia di una famiglia espatriata in tempo di guerra. Sono racconti inediti anche per Costa, in un certo senso: redatti in prima battuta alla metà degli anni Ottanta, sono una prova per l’uscita definitiva dalla scrittura dell’avanguardia senza abbandonare il criterio del realismo, concedendosi anzi al piacere di raccontare il proprio tempo e adottando la particolare confusione degli stili che lo svolgimento della cronaca richiede. Altro elemento comune dei tre racconti è la presenza dirimente dell’arte visiva: vi sono opere d’arte in ogni pagina, opere classiche e moderne: dai bronzi greci che abbiamo visto all’arazzo di Bayeux; apparizioni balenanti di Perugino, Raffaello, Parmigianino, Michelangelo. E frasi come questa: Sulla porta d’ingresso, Anna Magdalena Bach sembrava un Picasso rosa che tendesse verso l’infinito un mazzolino di fiori dipinti da Matisse. Pieno di bianco e di colori.

Vasti paesaggi di opere d’arte risalgono a noi dal passato e scorrono accanto a fenomeni della cronaca di oggi, secondo il carattere pieno dello stile postmoderno. L’interesse di Costa per i meccanismi giudiziari, per ritualità e linguaggio di cui abbiamo detto in precedenza, rientra nell’interesse più generale dello scrittore per le manifestazioni dell’umano. Nel procedimento penale in


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particolare, Costa legge la possibilità, che è data solo all’uomo inquirente, di sottoporre a sezionamento un tratto dell’esistenza di alcune persone, così come farebbe un entomologo con una colonia di insetti. In evidenza c’è un individuo ripreso in condizioni straordinarie che l’autore aziona segretamente per osservarlo nelle sue tribolazioni. Come all’interno di un immaginario templum justitiae, il personaggio attraversa piani diversi di realtà: da una realtà apparente, la sola che egli crede vera essendogli data come effetto sensibile della sua esistenza; a una realtà immaginata, quella che si è disegnata da sé in base ai suoi desideri, fino alle innumerevoli realtà dimostrate proposte da altri – un giudice, un testimone, un avvocato, ma anche un poeta – nella loro aspirazione alla verità. La partitura della Santa Giovanna demonomaniaca di Costa, pubblicata nel 1973 dall’editore romano Magma, è un esempio compiuto di quanto abbiamo esposto fin qui. Essa rappresentò un passo in avanti nel campo della scrittura per il teatro, in quanto contrapponeva ai resoconti del processo la vicenda personale della protagonista, narrata da lei medesima ai compagni di gioco della sua adolescenza interrotta: gli animali e le fate, gli elfi, le creature che popolano i boschi e i torrenti del suo paese nei Vosgi. La narrazione contiene già la premonizione di tutta la sua vita, l’origine e la fine viste come in un sogno: la vita pagana di una fanciulla assorbita in un vortice panteistico e maniacale contro cui la legge religiosa e secolare non potranno nulla. Ella confessa in anticipo la ribellione, la fuga e la guerra. Sa che il Cielo ha preparato per lei un avvenire tremendo e che presto dovrà lasciare i suoi giochi per adempiervi. Ma Costa non rinuncia allo sberleffo e corrode il mito col dubbio della megalomania. La giovane, isolata come una eretica spergiura perché visionaria, è solamente una ragazza folle che asseconda le sue manie: andrà incontro alla morte come a una nuova battaglia voluta per lei da Dio, ancora una volta. E sarà convinta di continuare a vivere quaggiù anche oltre la morte. Non ha paura, Giovanna, e dichiara la propria estraneità al mondo terreno e, di conseguenza, anche al Tribunale che la sta giudicando. La sua colpa principale diventa così l’isolamento, quella sacra separatezza che la fa intoccabile, ma da cui la legge intende trarla per poterla accusare: solamente nel mondo dei fatti concreti sarà possibile condannarla. Questo realizzano i giudici di Giovanna: riscrivere la sua storia e collocarla nel mondo di tutti: sottrarla alla sua esperienza di visioni. In mezzo a noi e in mezzo a loro, Giovanna in carne e ossa potrà essere bruciata. Così si rivolge lei ai giudici religiosi del Tribunale: Se non sono in grazia di Dio, ch’Egli mi ci metta; se lo sono, che Egli mi ci conservi! Sarei la creatura più infelice della terra se sapessi di non esserlo. Se fossi in peccato mortale, la voce non verrebbe, io penso. Ed io vorrei che tutti quanti la udissero come l’odo io. Fu all’età di tredici anni, press’a poco, che la voce per la prima volta venne a me [...].


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L’autore dispiega le due vite di Giovanna su due sentieri separati anche in campo grafico: sulle pagine di destra, il racconto personale; sulle pagine di sinistra la realtà effettuale degli atti processuali (non sappiamo fino a che punto in questa Giovanna di Costa abbia agito anche la Santa Giovanna dei macelli di Brecht, che ebbe la sua prima in Italia proprio in quei pressi, nella stagione 1970-71 al Piccolo Teatro di Milano, traduttore Fortini e regista Strehler). Quel che più interessa al Costa poeta e avvocato sono però i meccanismi di difesa e conservazione dell’autorità e di trasmissione certa del potere; di come la manifestazione del potere, aderendo sempre più agli uomini che lo incarnano e sempre meno all’idea che lo fonda, volti in decadenza e disgregazione. I grandi personaggi in odor di eresia rimessi in vita dal poeta – ora è Giovanna, e poi saranno Galilei e infine Bruno – sono strumento per la scrittura di un’antropologia del potere temporale sulla soglia della Modernità. L’unicità di Corrado Costa avvocato e poeta, nell’ambito della letteratura italiana del secondo dopoguerra, risiede appunto nella maestria antica con cui il capo-comico espone all’immaginario pubblico della piazza un tale complicato incrocio di concetti giuridici e religiosi, di segnature letterarie e immagini della tradizione popolare con la lingua modesta del corpo e della fola; ricorrendo al paradosso, alla presa in giro, al rovesciamento speculare e terribile della verità storica nello scherzo di natura, poiché il poeta ha licenze visionarie al pari di Giovanna o di Bruno o di Galilei. La posizione di Costa nel quadro del secondo Novecento letterario sarà da rileggere soprattutto alla luce di tali esperienze. Eugenio Gazzola


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Nota editoriale I testi sono dati così come da dattiloscritto del 1991, comprensivo delle correzioni e delle modifiche aggiunte a mano successivamente. Il curatore ha indicato tra parentesi quadre il titolo originale di un capitolo, in seguito sostituito, o l’assenza stessa di titolo. Anche la mancanza parziale di testo è segnalata da parentesi quadre. Le stesure manoscritte e dattiloscritte dei testi sono conservate nel Fondo Costa presso la biblioteca “Panizzi” di Reggio Emilia. Le immagini compaiono per iniziativa della Redazione e gentile concessione di Rosanna Chiessi e Amedea Donelli.


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I MINIMI SISTEMI E ALTRE STORIE


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I minimi sistemi

La commissione teologica straordinaria fu riunita a metà agosto del 1632, sotto il diretto controllo del Papa, attraverso il cardinale Francesco Barberini. I lavori ella commissione furono coperti dal massimo riserbo. La commissione si riunì cinque volte e alla metà di settembre aveva concluso il suo compito. Il segreto più assoluto ha coperto gli atti di quelle riunioni. P. Redondi, Galileo eretico, Torino 1983 Allora mi sono posta il compito di immaginare ciò che può essere accaduto. M. Yourcenar


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Per Amedea, 1985-90 Pennarello su cartone, ø 28 cm Collezione privata, Cavriago (RE)


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Personaggi: Monsignor Agostino Oreggi O. D. Padre Zaccaria Pasqualigo O. Theat. Padre Melchior Inchofer S. J. Una serva

1. Tre pesci Serva – Vi ricordo che oggi è il giorno delle pulizie. Ci sono le pulizie da fare. Posso ricordarvi che oggi è il giorno delle pulizie? Org. – So, so che ci sono le pulizie da fare. Serva – Anche stamattina, la libreria del Sole, ne hanno mandato un pacco. Org. – Tutti autori italiani? Serva – Italiani e ultramontani. Org. – Sapete cosa vi dico? A Roma siamo tutti preoccupati per il mare, inondazione editoriale. La carta stampata è la vera peste. Troppa gente che scrive. Scrivono tutti. Delle volte, quando non vi vedo, penso che siate nascosta da qualche parte a scrivere. Mi piacerebbe sapere cosa scrivete. Cosa state scrivendo? Serva – Padre, confesso, non so scrivere… Org. – Bene, bene. Ma siete l’ultima. Papi, cardinali, principi, bottegai, staffieri, serve, scrivono, scrivono tutti. Gemono i torchi e stampano. Quanti libri ci hanno mandato? Serva – Un pacco. Org. – Una marea. Italiani. Ultramontani. E intanto… con l’aggiornamento? L’elenco dei libri extra Indicem è enorme. Quanti libri ci hanno mandato? Serva – Stamattina un pacco. Ieri, due pacchi. Org. – Dobbiamo metterci le mani. Ma come facciamo? L’aggiornamento dell’’Indice arriva sempre in ritardo. Adesso non li leggono più neanche loro.


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E dovremmo leggerli noi? Sapete cosa vi dico? Quando vedo una biblioteca mi viene il rigetto. Serva – Come a Parma nel 1580. Hanno fatto manifesti di aggiornamento dei libri all’Indice non aggiornato. Org. – Poi si saranno stancati anche loro. Così adesso si va a braccio. Condannano in blocco i libri provenienti da luoghi eretici o in sospetto di eresia. E quelli mettono falsi luoghi di stampa o località inventate. Serva – O condannano solo il nome dell’autore. Org. – E quelli cambiano nome. Erasmo? Serva – Prima si tollerava qualche opera. Adesso è segnata l’opera omnia. Org. – Questo va bene per i moderni. Così ci tolgono la briga di stare a leggerli. «De questi eresiarchi non si admette niente, etiam se di religione non trattano, etiam previa corretione qualunque». Risparmiamo temo e denaro. Ma per gli antichi? Quelli che abbiamo già? Loro fanno gli aggiornamenti e noi dobbiamo pulire le biblioteche. Parlano di «dotta ignoranza». Dovevano parlare di ignorante ignoranza. Benedetti oggi e per sempre i poveri di spirito. Serva – I poveri in spirito. Org. – Di, di, di spirito. A proposito, Nicolò da Cusa? Serva – Hanno segnato l’opera omnia. Org. – Non era segnato solo l’Opus de concordantia catholica? Serva – L’opera omnia. Org. – E voi tiratela via. Pulite. Dionigi l’Areopagita, il discepolo di Paolo? Serva – Tutto il Corpus Dyonisianum. Org. – E voi tiratelo via. Pulite. Tirate via tutto, che non ci mandino un francescano, sant’uomo, bestia, ignorante a consultare i cataloghi e gli scaffali. Per colpa di un tascabile quello ci frega tre stanze di biblioteca e i codici miniati. Serva – Le facciamo oggi, le pulizie? Org. – Oggi sono in Commissione. Serva – Cose gravi? Org. – Cose gravi? Tre pesci. Hanno convocato una commissione per una volgare storia di tre pesci. Teologi, persone versate in scienze diverse, gravi, di sana mente, convocati per una storia di tre pesci. Serva – Indigesti? Org. – Di più. Serva – Che puzzano? Org. – Di più. Serva – Orrendi leviatani? Org. – Di più. Serva – Volete dire? Org. – Astronomici.


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Serva – Pesce astronomico? Org. – In un libro d’astronomia che pesce volete trovare? Quello che pesce è? Serva – Un padre di Sant’Andrea della Valle. Org. – Sarà bene dire ai padri teatini che non è giornata da introdurli. Opprimono gravissime cure, incontri importanti, gente che parla di nascosto, molto rumore e bisbigli, cose sotto mano. Dite che stiamo aspettando un giovane teologo, molto ritenuto. Padre… padre… Serva – Padre Zaccaria Pasqualigo… Org. – Di Santa Maria della Valle. Pasq. – Reverendissimo padre. Padre Pasqualigo sono io. Serva – Dice che Pasqualigo è lui. Org. – Ah! Se è Pasqualigo… resti pure anche lui. Mi dicono che è giovane e squisito, laborioso, ornato di dottrina, vi interesserà conoscerlo. Pasq. – Ma sono io. Org. – Se siete voi sedete, sedete pure anche voi. Lo conosceremo. Sapete cosa fa? Cosa fa adesso? Pasq. – Insegno teologia al Collegio Sant’Andrea. Org. – Molto acuto nelle controversie, mi dicono. Si stendono le qualificazioni sul suo opuscolo, le… le… Serva – Disputationes Metaphysicae, Theologia, che stanno dando alle stampe. Org. – Dicono bene. Dicono bene. Ma parliamo di noi. E di fisica, Padre? Vi siete interessato dell’accelerazione della quale si serve la natura nel moto dei suoi grevi? Paq. – No. Org. – Niente? Pasq. – Niente. Org. – Bene. Bene. E delle proporzioni fra gli eccessi dei quadrati delle linee che si eccedono egualmente? Pasq. – No. Org. – Molto bene. E non vi siete mai preoccupato d’applicare alle conclusioni naturali le dimostrazioni matematiche, come si vede nei prospettivi? Pasq. – No. Org. – Né i meccanici? Pasq. – No. Org. – Né i musici? Pasq. – No. Org. – Negli astronomi? Pasq. – No. Prg. – Benissimo. Pasq. – Padre, se si tratta di questo, credo che dobbiamo abbandonare la nostra incombenza.


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Org. – State, state seduto. Avete visto? Nostro Signore ci ha inviato un teatino di Sant’Andrea e non uno di quelli spantosi, magari pitagorici, magari democratici… No, non alzatevi, prostriamoci invece ai santi piedi di Sua Beatitudine, che ha mirato di buon occhio i suoi servi e ha prestato orecchio alla loro voce. Intret in cospectu tuo oratio suae. Serva – Cantico dei figli di Qorah di Eman l’indigeno, capo-cantore della tribù di Giuda. «Hai allontanato da me gli amici e il prossimo. Miei conoscenti sono le tenebre». Pasq. – Salmo ottantasettesimo. Org. – Più che un salmo non vi sembra un canto corale che saremo in molti a cantare? Voglio dire dell’abbandono di amici e conoscenti. Voglio dire fa caldo. Avevate frequenza della libreria del Sole nove anni fa, quando fu eletto Urbano? No? Eravate al Collegio. Siete giovane. Era uscito fuori il Saggiatore, era uscito fuori l’Adone del Cavalier Marino. Serva – Ora è stato segnato. Org. – E il celebre Hoggidì di Padre Secondo Lancellotti. Serva – Che è stato segnato. Org. – Eh! «L’Hoggidì, ovvero il mondo non peggiore ne più calamitoso del passato». Se la prendeva con la credenza dell’età dell’oro. Chiamava “hoggidì” gli uomini del credere inviscerato che il mondo, prima di noi, sia stato migliore che è hoggidì e camminando indietro, sempre migliore sempre migliore, siamo giunti al segno d’immaginare quella età dell’oro come si immaginava tornasse ad accedere, per mirabile congiuntura, l’anno dell’elezione di Urbano. Serva – 1623. Org. – Letterati, novatori, filosofi novatori. L’Olivetano! Nel suo bel convento, quando tutti, tutti dicevano torna l’età dell’oro, lo splendore, le Accademie, i Desiosi, gli Umoristi, i Lincei. Diceva che anche se Adamo non fosse stato cacciato e il Serafino non si fosse messo sulla porta con la spada fiammeggiante, ebbene nel Paradiso terrestre, viaggi per mare e per terra, abitazioni, stanze, palazzi nel Paradiso terrestre, si sarebbero calzati, vestiti, differentemente dalle bestie, avendo Adamo ingegno atto a quelle bellissime invenzioni, delle quali ci dobbiamo – adesso – occupare, perché bellissime non sono, non sono oro. Sono buio e tenebre. E nel buio e le tenebre ce le prendiamo anche coi vecchi, col piede nella fossa… Serva – Padre Melchior Inchofer. Org. – Abbandoniamo i ricordi. Lo conoscete? L’uomo di mano che mandano i Gesuiti. Fatelo venire. Inc. – Non vi incomodate. Pasq. – Si parlava di libri. Inc. – So che si parla di libri e vedo che ne avete una copia. Org. – Mi è stata data.


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Inc. – Dal Nicolò Riccardi? Org. – Il Maestro del Santo Palazzo ne ha avuto una copia? Inc. – So che ne cercava, così si è saputo dal cardinale Magalotti, che ne cercava forse per interesse di monsignor Giovanni Ciampoli. Org. – Ve lo ha detto il Cardinale? Inc. – Non eravate tutti e due, lunedì mattina, alla festa dei Cavalieri di Santo Stefano in San Giovanni dei Fiorentini? Non v’ha detto il Padre Maestro che era venuto a posta per il Cardinale? Non per piccole cose spostava la sua solenne struttura e anco in una foresta, se l’efantissimo si muove, lo si vede. Gli ha chiesto gli restituisse tutte le copie dei Massimi Sistemi che aveva portato da Firenze e – le mie scuse se rido – che glieli avrebbe ritornati al più lungo dopo dieci giorni. Pasq. – Se non volevi leggerli tutti insieme per sentire la stessa cosa, voleva forse controllare che qualcuno non fosse in maschera. Org. – Parlate di me? Pasq. – Non appositamente. Succede che autori proibiti e dannati vadano in maschera sotto nomi anonimi, che qualche copia licenziata abbia un quinterno in più con cose che non sono mai state scritte. Inc. – O che fatti mai accaduti siano testimoniati per veri, come se si volesse mascherare con maschera teatina l’aureola di santità che circonfonde il volto di Sant’Ignazio. Pasq. – Dai teatini gli è stato detto che se ne andasse pure a fare la sua regola – gli è stato detto al cavalier Loyola. Serva – È riportato nel libro stampato a Vicenza il 1618 De Baptista Cajetani Thianei Ignatio Loyola consuetudine… epistola di Giovanni Cataldo. Org. – Pace. Pace. Il Santo Padre, parole sue, ha decretato questa commissione, teologi, altre persone versate in diverse scienze, gravi, di sana mente, per pesare minuzia. Minuzia, ha detto nostro Santo Signore, e parleremo di minuzia. Tre pesci! Una storia di pesci. Una volgare storia di pesci. Ci hanno convocato in commissione… per una storia di pesci! Pasq. – Indigesti? Org. – Direi di no. Pasq. – Puzzolenti? Org. – Non ancora. Pasq. – Orrendi leviatani? Org. – Meno, meno. Pasq. – Volete dire? Org. – Astronomici. Pasq. – Pesce astronomico? Org. – In un libro d’astronomia che pesci volete trovare. Potremmo avere a mano la soluzione più facile.


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Inc. – Infatti. Org. – Cosa volete dire con infatti? Inc. – Infatti sono nel frontespizio. Pasq. – E se sono sul frontespizio allora… Inc. – Si condanna il frontespizio e non si perde tempo con il libro? Padre? Org. – Cosa state a sfogliare – chiudetelo. Non si apre. Mi piace questa storia di pesci. Inc. – Il cardinale Magalotti l’ha trovata ridicola. Org. – A chi l’ha detto? Inc. – A Padre Mostro. Pasq. – Scusate, cosa vuol dire che si condanna il frontespizio? Org. – Vero. Si condanna niente. Si censura. Tolgono il frontespizio e vanno a dire all’incisore di favorirne un altro. Poca spesa per tutti. Le cose restano in silenzio. Inc. – Io faccio come il Magalotti, mi viene da ridere. Gli ha detto: «Mi vergogno per la Sua reputazione, Maestro». Perché Magalotti non ha capito, gira per l’Italia con otto copie del libro, le consegna e non le guarda. Org. – E se le avesse guardate? Inc. – Se le avesse guardate avrebbe almeno visto che c’è l’imprimatur di Riccardi, che l’ha dato lui, e si sarebbe domandato chi l’ha concesso. Org. – Chi? Inc. – Allargava le orecchie come fa l’elefante quando sente pericolo, sua Signoria Reverendissima Riccardi. Gli dispiaceva infinitamente – ha detto il Cardinale – non poter fare che egli rimanesse servito perché di otto che ne aveva portati, non era sua proprietà ripeterli e riaverli dalle persone alle quali erano stati consegnati. Noti. Una proprio a Sua Signoria il Maestro. Noti. Una al cardinale Barberini. Francesco Barberini, il nipote. Lo zio non conta. Una al Nicolini. Francesco Nicolini. Quello che ha abbandonato l’abito e adesso è ambasciatore del Bambino in Toscana. Serva – Succeduto in Roma al Guicciardini. Inc. – Così peggiorano i tempi. Una al Ciampoli, per chi gliela consegnasse. Una a fra Tommaso Campanella. Una a padre Seristori del Sant’Uffizio. Non prendete nota. Una a Leone Santi. Anche di questo non importa. Otto. Scrivete tutti e due. Prendete nota che una copia manca. Pasq. – No. Sono otto. Volete controllare? Inc. – Volete dire al Santo Padre che non è stata consegnata alcuna copia? Org. – Certissimamente no! Inc. – Infatti. Org. – Cosa volete dire con infatti? Inc. – Infatti voglio dire che il Santo Padre conserva l’originale. Org. – Ah! Padre Mostro Riccardi, quel mostro corpo e di scienza, Maestro del Sacro Palazzo …


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Pasq. – Tirando via il frontespizio… Org. – Appunto. Pasq. – Tiriamo via lui da questa storia! Il Maestro del Sacro Palazzo. Org. – Cosa potremmo dire per elevare a sospetto i tre pesci? Pasq. – Padre! Tre pesci potrebbe essere uno stratagemma per alludere ai sacri misteri. Inc. – E allora provatelo. Pasq. – Ci sono tre delfini nell’impresa, che l’uno tiene in bocca la coda dell’altro. Il delfino è la figura del Cristo. Inc. – Perché? A due Pasq. Org. Pasq. Org. Pasq. Org. Pasq. Org. Pasq. Org. Pasq. Org. Pasq.

– Perché Cristo mantiene e guida la Chiesa… – Sui flutti – Nelle procelle – Come fa il delfino davanti alla nave – E per estensione d’idea salva il fedele in pericolo – Sulla superficie dell’abisso – Sul tumulto – Lo sostiene – Nei tormenti – Nello smarrimento – Negli affronti che il mare, il male fa correre alla sua anima – L’aiuta – A pervenire alla riva della felicità eterna. Amen.

Org. – Come sono bravi i nostri padri teatini! Inc. – I pesci sono tre. Org. – Assolutamente simili. Inc. – E uniti di tale sorte che la bocca dell’uno si riempie della coda dell’altro. A due Pasq. – Perché l’apparenza del pesce, d’ordinario riservata al Figlio si applica all’immagine del Padre Org. – E del Santo Spirito. Trinacria emblematica Pasq. – Emblema della Santa Trinità Org. – Impresa Pasq. – Allusione che diventa verità teologica dell’eternale generazione del divin Figlio Org. – Che non è stato creato ma generato Pasq. – E che è cosostanziale al Padre. Ognuno si riempie la bocca della sostanza dell’altro e ne fa un solo essere Org. – Tre pesci collocati in tal maniera che esprimono movimento


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Pasq. – Rotatorio Org. – Circolare Pasq. – Perpetuo Org. – Che anima il cosmo, attorno alla Terra! Attorno alla Terra immobile! Pasq. – Simbolo dell’attività creatrice, continua delle Tre Persone, che traduce per noi il verbo divino per cui. Serva – Tutto per Lui è stato fatto e senza Lui niente non è stato fatto di ciò che esiste. Vangelo secondo Giovanni. Org. – Benissimo. Come sono bravi i nostri padri teatini! Dunque un irriguardoso paragone fra le leggi matematiche del libro e le leggi divine imperscrutabili, come se ci dicessero che l’onnipotenza s’inchina alla geometria! Inc. – C’è di più. Il pesce è sempre stato servito alla tavola del Nostro Salvatore. Org. – Licenza di pittori. Inc. – Licenza di Giovanni, allora? Serva – Giovanni 21, 9. Scrive l’evangelista che i discepoli pescavano al lago Tiberiade. Quando tornarono videro gesù, dei carboni ardenti sulla sabbia, un pesce posto sui carboni ardenti e dei pani. E Gesù disse loro: «Venite e mangiate». Prese il pane e glielo diede e fece lo stesso col pesce. Sette discepoli favoriti. Org. – Pesce simbolico. Inc. – nella significazione eucaristica! Org. – Basta così! Inc. – Concludete allora! Le ragioni del libro sono la parodia degli accidenti eucaristici? Sono bravi i nostri padri teatini. Org. – Basta così. I limiti del libro sono astronomici. Ci hanno convocato in commissione per una storia da chiudere in silenzio, col minore strepito. Inc. – Indigesta. Org. – Di più. Inc. – Che manda cattivo odore? Org. – Di più. Inc. – Volete dire? Org. – Astrologica. Pesce astrologico su libro astronomico, al servizio dell’astrologia. I pesci compongono un oroscopo in cifra e gli oroscopi sono proibiti com’è vero che è proibita l’astrologia giudiziale. Massimamete oggidì che il Santo Padre è voltato contro l’astrologia. Pasq. – Giusto rigore. Inc. – Perché mai?


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Org. – Perché non fanno altro che presagire la prossima morte del Santo Padre con oroscopi falsi attribuiti… Pasq. – A chi? Org. – A matematici, filosofi nuovi, metafisici platonici. Pasq. – Il Papa sa che sono calunnie? Org. – Uno l’ha fatto processare. Tre anni fa. L’abate… l’abate… Serva – L’abate di Santa Pressede. Don Antonio Morandi. Inc. – Per paura che ci prendesse o perché non ci aveva preso? Org. – I segni oscuri pare che ci siano. Ci sono. Pasq. – Comete? Org. – Prima sono state le comete. Poi il Capricorno. Sembra che bruchi all’Equinozio erba malsana in casa di Saturno. Influssi di malattia. Pasq. – Peste? Org. – E svedesi, luterani ancora in armi verso Roma, per la biblioteca di Cristina. Pasq. – Papa Maffeo ha avuto paura? Org. – Di tutti. Pasq. – Continua ad avere paura? Org. – Paura di chi si vede davanti. Pasq. – Il Borgia? Org. – Paura di chi si vede incombente. Pasq. – Il Riceliò? Org. – Non passa giorno che qualsiasi gli va a dire che un qualsiasi filosofo gli ha tratto l’oroscopo o glielo sta per trarre. Inc. – Negativo? Org. – Segni di morte. Inc. – Continuano a darlo per morto, sottovoce. Org. – Congiunzioni d’ira e influssi negativi malefici. Pasq. – C’è il rischio che la Commissione resti senza patrono. Inc. – Dipende da chi sale in cattedra. Pasq. – Non vi pare che conclamare l’insegna del frontespizio come oroscopo sia un percorso proibito? Org. – Dimenticate i pesci, se pesci sono, potrebbe essere in cifra l’oroscopo di un altro. Pasq. – Di chi? Org. – Di Cristo. Se, in cifra e figurativamente si potesse trarre l’oroscopo del Figlio, vorrebbe dire sottoporre il Figlio alla potenza geometrica delle stelle. La cosa è già costata più di un frontespizio. Pasq. – Si potrebbe costruirlo? Org. – L’Infante di Betlemme sarebbe nato sotto i Pesci, che oggi reggono per metà il mese di febbraio e di marzo. Pasq. – Segno protettore dei piedi.


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Org. – Quando il Salvatore ha posto i piedi sulla terra. Al momento della venuta, alla Santa Nascita, il punto che chiamiamo gamma, dove l’eclittica taglia l’Equatore, si trovava allora nella costellazione dei Pesci, dopo aver percorso la costellazione dell’Ariete. Il movimento di processione degli equinozi e lo spostamento dell’asse terrestre al Polo, anche se la Terra non si muove si sono succeduti leggeri spostamenti, sussulti, terremoti e slittamenti, i segni dello zodiaco non concordano oggi con le costellazioni che hanno preso il loro nome. Inc. – È provato? Org. – È provato dai Vangeli! I Re Magi vennero dalla Caldea. A casaccio? No. Avevano calcolato il punto gamma al punto equinoziale della Primavera, congiuntamente all’apparizione della Stella e conoscevano già la venuta del Salvatore. Sapevano quando e cercavano dove. Inc. – Ma come facevano a conoscere in che momento l’ordine celeste rompeva il computo degli anni allo zero e rovesciava i due percorsi della storia del mondo, il tempo antico che calcoliamo a rovescio verso le origini della storia e il tempo nuovo così come lo calcoliamo adesso che va verso la fine della storia del mondo? Serva – Perché si era ripetuta nello specchio del cielo, esattamente, la collocazione degli astri del primo piano, quando arrivò la Stella. Inc. – Allora quando brillò il primo giorno, Ariete? Serva – Occupava il mezzo del cielo. A due Org. – al posto occupato dai Pesci all’avvento di Cristo Inc. – Cancro? Serva – Sorgeva all’orizzonte Inc. – Luna? Serva – Era nel Cancro Inc. – Sole? Serva – Nel Leone Inc. – Mercurio? Serva – Nella Vergine Inc. – Venere? Serva – Nelle Bilance Inc. – Marte? Serva – Nello Scorpione Inc. – Giove? Serva – Nel Sagittario Inc. – Saturno? Serva – Nel Capricorno Org. – Tutto ciò contraddice la teologia recente del domenicano. Serva – Campanella. Inc. – Dove? Serva – Negli Astrologicorum libri, nel terzo scaffale della biblioteca.


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Campanella dice che Dio mandò suo Figlio «nella pienezza dei tempi». Fra Tommaso Campanella calcola che la pienezza ebbe inizio sotto il Trigono del Sole e di Giove e perciò coltiva pietà, purezza, castità e tutte le virtù e celebra il giorno del Sole, che è tipo del Messia. Org. – Reverendi signori, siamo a Roma. Siamo a Roma. Qui hanno altro da pensare che alla luna, alla stella e alle congiunzioni. Qui si sta a come stanno le cose. Tutti dicono “Segreto, Segreto” ma tutti chiacchierano del Segreto e sanno cosa c’è dietro al segreto. Inc. – Di cosa chiacchierano? Org. – Dei tre pesci. Pasq. – E cosa dicono? Org. – Dicono che sono i tre Barberini. Pasq. – Voraci? Org. – Ingordi. A due Pasq. Org. Pasq. Org.

– Divoratori – Insaziabili – Disposti a divorarsi tra loro – A bocca aperta.

Pasq. – Sua Santità, il Cardinal Nepote, il Cardinal zio? Org. – Lo vedo il Magalotti a ridere. Inc. – Per i tre Barberini? Org. – No. Quando ha detto al Padre Mostro che l’impresa del frontespizio riguardava Giovan Battista Landini. Inc. – E questo chi è? Org. – Il tipografo. Giovan Battista Landini detto il tipografo dei tre pesci, che l’anno scorso ha finito di stampare il libro in Fiorenza. Pasq. – Il suo marchio? Org. – Ah, padri, padri… Pasq. – Padre Mostro finse contento? Inc. – Contento lui. Pasq. – Penserà che venga colpito lo stampatore? Inc. – Per far ridere tutta Roma. Altro che mettere in silenzio. Org. – Abbiamo un precedente che non ha fatto ridere nessuno. Quando hanno censurato Copernico, nel… nel… Serva – 1615. Org. – Ecco, nel ‘15, non fu censurato Copernico, ma fu dannata un’opera… Serva – La Lettera di Maestro Paolo Antonio Foscarini, carmelitano, sopra l’opinione dei Pittagorico e del Copernico sulla mobilità della terra e stabilità del sole e il nuovo Pittagorico sistema del mondo nel quarto scaffale in alto della biblioteca.


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Org. – Ecco. Lo stampatore fu gettato in prigione dal Carafa, con compiacimento della Congregazione. Inc. – Chi era? Serva – Lazzaro Scoriggio. Org. – che non aveva l’imprimatur. Inc. – Se è per questo, neanche Giambattista Landini ha l’imprimatur, che è qui, è stato dato a Roma per un libro stampato a Firenze. E chi l’ha dato è a Roma alla Corte. E allora si dica basta con la storia dei pesci. Altre cose ci sono se ce ne dobbiamo occupare, padre, sempre che vogliate aprire il libro. Pasq. – Padre, sarà opportuno che la Commissione… Org. – Su ciò che è o non è opportuno, stabiliremo. Stabiliremo. 2. Sei cose Serva – È pronta la cioccolata. Org. – Mondi nuovi, bevande nuove. Non golosità, farmacopea. In attesa che la peste si fermi a Milano, a Roma si affumicano libri, plichi, corrispondenze. Noi affumichiamoci lo stomaco. Non è peccato di gola, è preoccupazione sanitaria. Reverendissimi in terra la peste colpisce i corpi e nell’aria la peste colpisce gli spiriti. Beviamo bevanda nera pesante, vaporosa e che sia calda. Annusate il libro? Inc. – Il libro, Padre, non è stato affumicato. Si dice che si temesse tanto per la sua salute da non farlo viaggiare, in tempo di quarantena. Licenziato a Roma è stato stampato a Firenze. Per non farlo viaggiare. E i revisori come si sono mossi? Org. – A Firenze, padre Giacinto Stefani, Revisore a Firenze. Pasq. – Da Roma avevano chiesto Padre Nente. Org. – E a Firenze volevano lo Stefani. Inc. – Era uguale. Vincesse o non vincesse, era uguale. Una vittoria del Granduca. Org. – Cosa volete dire? Inc. – Voglio dire che Stefani era uguale a Nente. Pasq. – Non ha revisionato? Inc. – Qualche volta ha chiesto che si mettesse universo al posto di mondo o viceversa. Nente. Proprio Nente. Pasq. – Padre Stefani di che ordine è? Inc. – Domenicano. Pasq. – E a Roma chi ha revisionato? Inc. – Padre Raffaello Venturi. Pasq. – Domenicano?


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Inc. – Domenicano. Revisore e Roma. Pasq. – Ma chi dei due ha visto l’originale? Inc. – Non si sa. E così adesso chi dice che non è stato stampato giusto l’originale. Pasq. – E l’originale dov’è? Inc. – L’originale (segna in alto col dito) non se ne trova nessuno. Pasq. – Sono due? Inc. – Uno fu stampato a Firenze e l’altro fu fatto leggere a Roma. Pasq. – A chi? Inc. – A chi cerca di fermare le copie a Firenze e di recuperarle a Roma. Pasq. – Padre Mostro, il Riccardi? Maestro del Sacro Palazzo? Inc. – Che gli ha dato l’imprimatur e adesso sta cercando il libro per poterlo leggere. Pasq. – Domenicano? Inc. – Domenicano. Pasq. – Ma allora tutti questi Dominicanes da che parte stanno? Con Tolomeo o con Copernico? Org. – Sull’intransigenza di Padre Mostro non si discute. Statene certo. Padre Mostro ha detto che i corpi celesti sono mossi dagli angeli. Gli angeli, senza difficoltà o intrico veruno, muovono i corpi celesti così come vanno e tanto deve bastare. Inc. – Il moto celeste non viene da sua forma e virtù? Org. – Viene dagli angeli. Inc. – Lo dice la Bibbia? Org. – Lo dice Aristotele. Fece tanti angeli quante sfere pose. Otto. Serva – Nel De Coelo. Ma dopo si corresse, Cinquantacinque, nella Metaphisica. Dice che gli angeli sono come nocchieri sulle navi, perché ogni cosa che si muove da un motore separato è mossa. Come la pietra dalla mano e il corpo dall’anima. Org. – Ricevono ordini da Dio. Serva – Dice, infatti, il comando: «Io ho comandato a tutte le stelle» (Isaia - 45, 12). Org. – Le stelle si muovono con ordine e le regole del moto sono osservate da esseri razionali. Il Sole e la Luna sono dotati di ragione e di libero arbitrio, a tal punto che senza dubbio fra loro ci sono progressi e regressi. Caratteri mobili della divina scrittura che scrive il codice celeste con lettere animate. Pasq. – Immutabili? Org. – No. Segni mobili, che cambiano secondo i segni dei tempi. Pasq. – Come? Org. – Solstizi e equinozi prima erano stabili. Pasq. – E adesso? Org. – Anticipati di 28 gradi. L’eccentricità è mutata.


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Pasq. – Come? Org. – Il sole e la luna sono calati di più di centomila miglia. La restrizione del moto e del circolo obliquo di 24 minuti. Gli apogei e asterismi celesti, immobili da Abramo fino a noi, stanno traslando… E nel sedile di Cassiopea è apparsa una nuova stella, un’altra sol volta apparsa al mondo, che fu annuncio del Messia. Inc. – E l’uomo soffre. Org. – Non solo, non solo, padre, ma la stessa creazione soffre e geme sempre di più, come ha detto… Serva – Paolo. Inc. – Avete detto “creazione”. Ditelo in latino. Org. – Costitutio. Inc. – In greco. Org. – Catabolè. Inc. – Gettare giù. Avete chiara l’idea? Geme perché è stata buttata giù. Pasq. – Dove? Inc. – Nella vanità, come dice Paolo, la creazione è stata assoggettata alla vanità. Cosmo significa ornamento. Gioielli alle orecchie, collane al collo di una bella donna che si pettina con avorio e si specchia nella sua vanità. Org. – Per i nuovi poeti la donna è diventata un universo cosmetico, ogni elemento una cosmesi. Pasq. – Gli occhi? Org. – Soli. A due Pasq. – E soli? Org. – Lacrimano Pasq. – I capelli? Org. – Fiumi Pasq. – E i fiumi? Org. – Asciugano le lacrime Pasq. – Il pettine? Org. – Nave Pasq. – Le mammelle? Org. – Scogli Pasq. – Il pube? Org. – Monte di Venere. Pasq. – I nuovi poeti distruggono il disegno dell’uomo. Inc. – Sapete com’è il disegno dell’uomo? Vi risulta come è stato disegnato Adamo? Pasq. – Come un disegno sovrapposto. Reverendissimo Padre. Inc. – A cosa? Pasq. – Al cielo.


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Inc. – Parlate dell’uomo celeste? Pasq. – Parlo dell’uomo prima che fossero perdute le sei cose. Serva – Sono le cose citate dalla Bereshik Rabbà. Rabbi Judan dell’amorà palestinese (quarta generazione), a norme di Rabbi Avin dell’amorà palestinese, enumera le sei cose portate via al primo uomo: lo splendore poi l’immortalità. La statura… Org. – Com’era la statura? Serva – Si dice che arrivasse da un capo all’altro del mondo. Org. – A somiglianza dell’universo? Serva – Specchio dell’universo. Splendente come il sole, di larghezza pari all’altezza. Org. – La pelle? Serva – Il cielo. A due Org. – La carne? Serva – La terra Org. – Le ossa? Serva – Le montagne Org. – Le vene? Serva – I fiumi Org. – Il sangue? Serva – L’acqua dei mari Org – Il midollo delle ossa? Serva – I minerali. La sua testa era il più alto dei cieli, i suoi denti le stelle, le sue orecchie le finestre del cielo, le sue narici la brezza del paradiso cui dà accesso la bocca. Org. – Gli ha tolto lo splendore, l’immortalità, la statura… Serva – I frutti della terra, quello dell’albero e… Org. – E… Serva – Le luci della Creazione. Inc. – Gli sono state tolte, non solo le stesse che noi vediamo? Org. – Ci sono stati dei cambiamenti… Serva – Secondo una tradizione non sono le stesse che noi vediamo ora, ma altre che sono state tolte per evitare cattivo uso da parte dei malvagi. Inc. – I malvagi, Padre, possono far cattivo uso delle stelle. Aprite leggermente le braccia, allargate leggermente le gambe, sollevate appena le braccia verso l’alto. Secondo Manlio, Manlio che ha scritto l’Astronomicon. Serva – Nel primo scaffale abbiamo l’edizione di Leida del Seicento del codice trovato nel 1416 da Poggio Bracciolini nel monastero di San Gallo. Inc. – Ecco. Pensavo che l’immagine dell’uomo, tenuta a lontananza come da uno specchio, riassumesse l’ordine dei segni:


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Ariete, che domina la testa. Toro, domina il collo. Gemelli, le braccia appartengono a Gemelli. Cancro, gli appartiene il petto. Leone, gli sono state assegnate le spalle. Vergine, i fianchi. Bilancia, pone il suo segno sulle natiche. Scorpione, presiede gli organi genitali. Sagittario, domina le cosce. Capricorno, ama i ginocchi. Acquario è il protettore delle gambe. Pesci, i piedi e pensavo che il volto riassumesse l’ordine dei pianeti: L’occhio del Sole a destra. L’occhio della luna a sinistra. L’orecchio di Giove a destra. L’orecchio di Mercurio a sinistra. Marte la narice, congiunto a Venere nella narice sinistra. La bocca è di Saturno e pensavo che tutto questo può essere soggetto alla vanità e che la creatura luna, la creatura sole e le creature stelle introdotte nel corpo, non per loro volontà, gemessero per noi, si affaticassero per noi, spendessero le loro influenze sul corpo astrale di cui siamo fatti a somiglianza, con la speranza della redenzione. Pensavo che le costellazioni e i pianeti, esseri animali, contendessero fra loro i flussi, s’innamorassero come Marte con Venere o giungessero ad odiarsi come Giove con Saturno seminando sulla terra a volte collera, malinconia, incubo e a volte eccitazione, frenesia, entusiasmo, decidessero invasioni, guerre o fossero favorevoli a un semplice salasso… Cosa dicevo? Dicevo che questo appartiene alla vanità, ma che mi sembra impossibile che venga toccato dalla corruzione. L’oro, l’argento, il rame e gli altri splendidi metalli degli astri incorruttibili, peretti nei loro movimenti, che non possono essere quelli dei nostri piedi, o magari di una pietra o di un sasso. I semplici, Padre, cosa fanno i semplici? Pasq. – Arano la terra infangati. Inc. – A testa bassa. Org. – Scavano fossi, tracciano solchi, inginocchiati e ingobbiti. Inc. – A testa bassa. Org. – Ricamane al barlume delle lampade con le mani che tremano. Inc. – A testa bassa. Pasq. – S’avventano in battaglia ad occhi chiusi. Inc. – A testa bassa. Cosa gli diciamo noi? quando alzano la testa, storditi dal sudore, con gli occhi pieni di speranza… Gli diciamo che in cielo


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rotolano macigni? Che l’azzurro è scalfito da pietre? Che montagne scoscese si rovesciano nello spazio su se stesse, che altra terra corrosa, piena di vermi, sta nella Luna? Che gelide pianure si arrotolano, percosse dalla grandine e il cosmo, ornamento di Dio, a furia di cannocchiali, è un ammasso di ghiaia e vanagloria che frana nel silenzio? Se si umiliano gli astri, padri, si umilia l’uomo. Per questo chiedo ai domenicani da che parte stanno. Org. – Stiamo dalla parte degli angeli. Pasq. – Il Padre pensa che dovete decidere da che parte di matematici state. Da che parte del libro state. Org. – Conoscete la legge del numero intero e la sottoposizione al numero interno del movimento e dunque del tempo? Il percorso degli spazi che stanno fra loro come numeri impari ab unitate 1, 3, 5, 7… Pasq. – No. Org. – Allora potete ben decidere. Più libero arbitrio di così. Pasq. – Padre, i massimi sistemi sono due. Org. – Tre. Pasq. – Tre? Inc. – Tre. Org. – Dopo che con le lenti intubate dei loro cannocchiali hanno visto che Venere si rivolge attorno al Sole e non attorno alla Terra. Pasq. – Capricci di una Dea. Org. – Per loro è il moto di un pianeta. Pasq. – Allora? Org. – Allora, posto che la Terra sia un pianeta, per similitudine si rivolgerebbe anch’essa attorno al Sole. Questo è il secondo sistema del canonico Copernico, dove per similitudine tutto è uguale, la Luna è come la Terra, i pianeti perdono l’anima. Rocciosi e corrugati. Pasq. – Ma la Terra è immobile. Org. – Se la Terra è immobile, terzo sistema, quello di… Serva – Ticone. Lo chiamano Tycho Braque. Si chiama Tyge. Abbiamo nel primo scaffale il De mundi aetherei recentionibus phoenomeni pubblicato a Uraniborg - 1588. Era astronomo del re danese. Faceva oroscopi molto precisi. Org. – Nel sistema di Ticone il Sole si rivolge, come sempre, attorno alla Terra che sta ferma. Gli altri pianeti, solo loro, girano attorno al Sole. Cielo e terra rimangono distinti, anche se non ci sono più le sfere. La corruzione resta sulla Terra e i Cieli non ne vengono aggrediti. Pasq. – Come potrebbe vivere l’uomo in un universo disanimato, privato delle influenze celesti, cancellate le passioni che discendono dagli influssi? A due Org. – Venere Serva – Amore Org. – Marte


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Inc. – Collera Org. – Sconvolto anche l’ordine dei mestieri! Pasq. – Giove Inc. – La caccia e la filosofia Pasq. – Luna Org. – I mulini e l’asino che gira la ruota Pasq. – Mercurio Inc. – Le bancarelle Pasq. – Tutto consegnato alla corruzione, perfino l’ordine dei mercati, dei negozi, dei tribunali e delle camere. Org. – Cosa si è detto a proposito del secondo sistema? Di non incuderlo. Serva – Il De Revolutionibus di Copernico, nel ‘16, non è stato incluso nell’Index librorum proibitorum. È stato sospeso donec corrigatur. Il titolo del libro i, capitolo ii Dimostrazione del triplice moto della terra doveva essere corretto a penna Sull’ipotesi del triplice moto della terra e sua dimostrazione. Org. – Gli hanno detto: «Signori, parlate per ipotesi». E che si parli per ipotesi allora. Gli va detto: «Non si dice: il sole è immoto», si dice: «Se il sole fosse immoto», si può, si potrebbe dedurre. E che deducano pure. L’ipotesi rimane ipotesi, anche se si adducono prove. Si sospende il libro, donec corrigatur. Inc. – Loro scrutano il cielo e adducono altre prove, e cosa diciamo noi? Se? Diremo Se? Il nostro Santo Padre ha nominato una commissione per sentirsi dire a questa pagina un se, a questa due se un se mai, se anche fosse, due forse, tre forse a queste righe, o magari però potrebbe, non potrebbe, ma, ma, oppure, ovvero, conciosafforsenonsia o consiossacosanonsia? Quando… Pasq. – Quando? Inc. – Si scrive e si conclama a Roma: «Queste novità antiche di nuovi mondi, nuove stelle, nuovi sistemi, nuove nazioni sono principio di secol nuovo»? A due Pasq. – Si vantano di esser novatori! Inc. – Platonici Pasq. – Virtuosi Inc. – La repubblica dei viruosi sotto il segno della Lince! Avete mai trovato, Padre, che Platone si sia occupato del cosmo nei suoi libri? Org. – No. a voi, Padre, risulta? Pasq. – No. Inc. – Dunque i nostri cattivi maestri, che contro Aristotele oppongono Platone, si ritengono essi stessi Platone ognuno il nuovo Platone Astronomico.


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Collana «Il castello di Atlante»

Bernard Marie Koltès, Voci sorde Elena Pirazzoli, A partire da ciò che resta (a cura di) Gianni Menon, Dibattito su Rossellini Eugenio Gazzola, «Al miglior mugnaio» Anna Rastelli, La costanza della ragione (a cura di) Nicola S. Barbieri e Annamaria Contini, La fantasia del reale Giovanni Ronchini, Le questioni del canone e del realismo Alberto Bertagna, La città tragica Bruno Pischedda, Mettere giudizio William Spaggiari, Viaggi, passioni e avventure nella vita breve di Giovanni Spaggiari Jean Pierre Jossua, La letteratura e l'inquietudine dell'assoluto Ennery Taramelli, Mondi infiniti di Luigi Ghirri (in ristampa) Miran Košuta, Slovenica William Spaggiari, 1782. Studi di italianistica (a cura di) Maria Costanza Ferrero De Luca, Ezra Pound e il canto dei sette laghi Federico García Lorca, Il retablillo di Don Cristóbal Giulio Iacoli, Atlante alle derive Elena Niccoli, In difesa di Giobbe e Salomon Ernestina Pellegrini, La riserva ebraica Andrea Pasquino, Casa Maillard Andrea Pasquino, Raymond Queneau


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Ultimi dialoghi minimi di Corrado Costa consegnati a Diabasis dall'autore e raccolti in questo libro stampato nel carattere Simoncini Garamond a cura di PDE Spa presso lo stabilimento di LegoDigit Srl - Lavis (TN) per conto di Diabasis nel marzo dell’anno duemila quattordici


IL CASTELLO DI ATLANTE

Il volume riunisce testi inediti di Corrado Costa scritti alla fine degli anni Ottanta: tre racconti e un testo tetatrale, in cui le due personalità dell’autore – l’avvocato e il poeta che si contendono eternamente la scena dietro alla medesima maschera – si incontrano nelle retrovie del processo a Galileo, con prelati teologi a un tempo inquisitori e inquisiti (I minimi sistemi); e tra le pieghe di una indagine giudiziaria condotta tra personaggi grotteschi: artisti, amanti irregolari, perdigiorno, possidenti rentiér, criminali, sullo sfondo della tranquilla provincia parmense (Poche storie).

Corrado Costa (Parma, 1929 - Reggio Emilia, 1991) ha esordito su «Il Verri» e ha partecipato alla costituzione del Gruppo 63; autore in versi e in prosa ha pubblicato, tra l’altro: Pseudobaudelaire (1964); Le nostre posizioni (1972); Santa Giovanna demonomaniaca (1973); Il fiume (1987); Decomposizioni esemplari (La notte in cui Giordano Bruno apparve a Shakespeare) (1988). Nel catalogo Diabasis è presente con l’antologia Cose che sono parole che restano (1995, a cura di Aldo Tagliaferri). È stato collaboratore di molte riviste letterarie, tra le quali, «Malebolge», «Quindici», «Tam Tam», «Alfabeta». Eugenio Gazzola ha raccontato alcune vicende cardinali dell’avanguardia italiana in due libri editi da Diabasis: Al miglior mugnaio. Adriano Spatola e i poeti del Mulino di Bazzano (2008), Parole sui muri. L’estate delle avanguardie a Fiumalbo (2003), e con la raccolta di «Malebolge» L’altra rivista delle avanguardie (2011). Recentemente ha pubblicato La Madonna Sistina di Raffaello, Vita e destino di un quadro. Di Corrado Costa ha curato la nuova antologia: The complete films. Poesia prosa performance.

ISBN 978-88-8103-8039

l 15,00


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