Paesaggio. Ambiente, spazio, luogo, memoria

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Ferrari Pezzi Carlo Ferrari è ordinario di Botanica Ambientale e Applicata nell’Università di Bologna. La sua attività di ricerca scientifica è dedicata prevalentemente all’analisi della biodiversità vegetale, dalle popolazioni ai sistemi della vegetazione, con particolare riferimento a condizioni di stress ecologico, all’ecologia e alla diversità genetica di popolazioni di specie in condizioni di rarità. All’attività scientifica unisce l’informazione su temi di conservazione biologica e ambientale: Bologna nel verde, Bologna 2002; Biodiversità: dal genoma al paesaggio, Bologna 2010; con Lucio Gambi ha curato Un Po di Terra, Reggio Emilia 2000.

PAESAGGIO. Ambiente, spazio, luogo, memoria

Il paesaggio, lo scenario ambientale creato dai processi della natura e dalle opere degli uomini, ci si rivela sempre come l’immagine dello “spirito del luogo”, la forma e l’ordine entro cui dobbiamo operare. Milioni di anni di vento, di pioggia, di maree, milioni di viventi, uomo compreso, – ognuno al suo livello di scala – hanno creato un progetto che possiamo vedere nella diversità dei sistemi ambientali, nella ricchezza dei viventi, nelle tracce della storia umana. Il paesaggio è oggi il protagonista di uno dei settori più avanzati della ricerca scientifica ambientale, l’Ecologia del Paesaggio, che pone al centro dei suoi interessi l’analisi dell’eterogeneità ambientale e l’interazione tra opportunità ambientali e uso che ne fa l’uomo. Dai risultati ne derivano applicazioni importanti nella gestione ambientale sostenibile e nella conservazione della natura.

PAESAGGIO AMBIENTE, SPAZIO, LUOGO, MEMORIA Carlo Ferrari Giovanna Pezzi

Giovanna Pezzi, naturalista e dottore di ricerca in Scienze Ambientali, Tutela e Gestione delle Risorse Naturali, è ricercatrice di Botanica Ambientale e Applicata presso l’Università degli Studi di Bologna. La sua attività riguarda lo studio della diversità, ecologia e dinamica della vegetazione e del paesaggio attraverso l’utilizzo di dati multisorgente organizzati in banche dati georeferenziate, e analizzati con metodi propri dell’Ecologia della Vegetazione e del Paesaggio. Ha collaborato a opere di informazione scientifica, su temi botanici e di etica ambientale (Le Piante dell’Uomo. Erbe, arbusti e alberi coltivati, Bologna 2002; Ambiente, società e salute. La tutela dell’uomo e dell’ambiente negli aspetti sociali e bioetici, Bologna 2003).

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Coordinamento editoriale Giuliana Manfredi Cura redazionale Sara Vighi Progetto grafico e copertina BosioAssociati, Savigliano (CN) Impaginazione e copertina Emanuela Nosari In copertina Paesaggio della pianura padana, fotografia di Maurizio Netto (in alto), Primavera sui Piani di Artavaggio, fotografia di Carlo Ferrari (in basso) ISBN 978-88-8103-739-1

Š 2012 Diaroads c/o Diabasis - via Emilia S. Stefano, 54 I-42121 Reggio Emilia Italia mail commerciale@diabasis.it - www.diabasis.it


Carlo Ferrari Giovanna Pezzi

Paesaggio Ambiente, spazio, luogo, memoria

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Ad Alessandro Scansani ricordando che Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre ma nell’avere nuovi occhi. Marcel Proust À la recherche du temps perdu


Carlo Ferrari Giovanna Pezzi

Paesaggio Ambiente, spazio, luogo, memoria

Presentazione

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Istruzioni per l’uso

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Prologo

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1. Paesaggio: le idee dell’ecologia

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1.1 Dalla veduta al paesaggio 1.2 L’ambiente come sistema di sistemi 1.3 Uno spazio per la biodiversità 1.3.1 La biodiversità 1.3.2 La distribuzione della biodiversità 1.3.3 Biodiversità e stabilità 1.3.4 Uno spazio in pericolo 1.4 Lo studio del paesaggio: quale dettaglio?

2. Tutti i colori del verde 2.1 La vegetazione come paradigma ambientale 2.2 Lo scenario naturale dei paesaggi italiani 2.2.1 I querceti sempreverdi 2.2.2 I querceti caducifogli 2.2.3 I faggeti 2.2.4 La vegetazione sempreverde montana 2.2.5 Il limite altitudinale degli alberi e la vegetazione alpina 2.2.6 La vegetazione degli habitat “azonali” 2.3 Dall’analisi alla gestione: la Direttiva Habitat in Italia

3. Identità e trasformazione 3.1 Tra natura e cultura 3.2 L’origine del paesaggio 3.3 I paesaggi: una realtà dinamica 3.3.1 Dentro la vegetazione 3.3.2 I disturbi come cause di trasformazione 3.4 L’uomo autore del paesaggio 3.5 Cambiamenti attuali del paesaggio 3.5.1 Deforestazione 3.5.2 Modificazione degli habitat seminaturali 3.5.3 Urbanizzazione 3.5.4 Infrastrutture viarie 3.6 Paesaggio e servizi ecosistemici 3.7 Paesaggi percepiti

4. Dall’immagine alla rappresentazione 4.1 Le immagini 4.1.1 Vedere i dettagli: la “risoluzione”

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4.1.2 Le fotografie aeree 4.1.3 Le immagini da satellite 4.2 Analizzare le immagini 4.2.1 Il processo digitale delle immagini 4.2.2 “Interpretare” le immagini 4.3 Le rappresentazioni cartografiche della vegetazione 4.3.1 Le carte dell’uso del suolo 4.3.2 Le carte fisionomiche 4.3.3 Le carte forestali 4.3.4 Le carte fitosociologiche 4.3.5 Le carte dinamiche 4.3.6 Altre carte della vegetazione 4.3.7 Cosa ci possono dire le mappe: possibilità e limiti 4.4 Le mappe storiche 4.5 La gestione delle carte: i GIS

5. Un mosaico 5.1 Patches: le “tessere” del mosaico 5.1.1 Le caratteristiche delle patches 5.1.2 Patches «source e sink» 5.1.3 Matrice 5.2 Margini: l’importanza delle periferie 5.2.1 Ecotoni ed ecoclini 5.2.2 L’effetto margine 5.3 Il problema della connessione 5.3.1 Metapopolazioni 5.3.2 La connettività 5.3.3 Corridoi 5.3.4 I collegamenti 5.4 Pattern, diversità ed eterogeneità 5.5 Livelli di scala 5.6 Frammentazione e perdita di habitat 5.6.1 Cambiamenti nel pattern del paesaggio 5.6.2 Effetti sulle specie e sulle comunità 5.6.3 Effetti sui processi ecosistemici 5.7 Ripristinare le connessioni

6. Omnia in mensura, et numero… 6.1 Descrivere e quantificare 6.1.1 Forma e funzioni delle patches 6.1.2 Distribuzione, frammentazione, connettività 6.1.3 Diversità e qualità di un paesaggio 6.1.4 Alcune considerazioni 6.2 Statistica spaziale 6.3 Modelli di paesaggio

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Epilogo

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Bibliografia

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Sigle

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Glossario

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Indice analitico

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Referenze iconografiche

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Ringraziamenti

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Presentazione

Quando si parla di paesaggio risulta spesso difficile cogliere il significato profondo che possiede questo termine. Il suo peso deriva da una storia lunga più di 3000 anni. Dalle mappe dei Camuni che manifestano una indubbia capacità nel riconoscere e rappresentare il paesaggio, il concetto supera la fase, pur importante, estetico-percettiva e si sviluppa attraverso un percorso in cui si riempie di significati e di complessità. Sottolineando l’aspetto geografico, il paesaggio nel mondo romano veniva definito regio, differenziandolo già allora da una visione di tipo panoramico. Il Rinascimento, in Francia, introduce la parola paysage e in ambito artistico esplodono le scuole che del paesaggio fanno un elemento chiave di evoluzione artistica, consolidando in Italia e in tutta Europa la concezione prospettica (XV secolo). Ma gli elementi del paesaggio assumono un contesto più scientifico con Leonardo, il quale sviluppa un senso non solo strutturale dell’insieme delle componenti del paesaggio, ma anche funzionale, acquisendo progressivamente la coscienza del concetto di vegetazione. Ed è questa functional line che caratterizza la storia dell’Ecologia del Paesaggio, in cui il concetto di ecosistema, a partire dall’inizio del secolo scorso, si aggancia e si integra alla lettura delle prime foto aeree dove gli elementi dimensione e scala emergono nella loro importanza più pregnante e innovativa. Il paesaggio diventa quindi quel complesso di elementi e forme del terreno, copertura vegetale, biocenosi, aspetti evidenti di tipo antropico che vanno considerati in modo integrato e funzionale, in cui la vegetazione ha un ruolo strutturale importante. Il libro di Carlo Ferrari e Giovanna Pezzi ripercorre e sviluppa i criteri dell’Ecologia del Paesaggio nell’ottica della moderna ecologia della vegetazione. Il libro ripropone in modo preciso, e per certi aspetti originale, la storia e l’evoluzione del concetto di paesaggio. Nel primo capitolo, infatti, si dà spazio all’importanza del paesaggio nell’ecologia, la quale ha ritrovato una dimensione nuova “scoprendo” gli aspetti di tipo spaziale e scalare che sono in grado di rivoluzionare alcuni temi dell’ecologia generale. Il secondo capitolo mette in luce la vegetazione come paradigma ambientale, toccandone anche aspetti importanti legati alla sua gestione in relazione alla Direttiva Habitat. Non poteva mancare, ovviamente, il rapporto con l’uomo e quindi la considerazione del disturbo non solo come elemento di trasformazione, ma anche come variabile strutturante il paesaggio e le sue funzioni. Nasce il concetto di paesaggio come “erogatore” di beni e servizi, cioè di quel patrimonio indispensabile alla vita di qualunque essere vivente. Nel capitolo successivo – quarto – si sviluppano storia e metodologia, si approfondiscono i temi legati all’analisi di immagine e agli aspetti di costruzione delle carte tematiche di tipo vegetazionale e d’uso del suolo, nonché la loro elaborazione attaverso i moderni strumenti informatici (GIS). Il quinto capitolo descrive invece gli elementi del paesaggio partendo dal concetto di mosaico per toccare tutti gli aspetti dinamici e innovativi dell’Ecologia del Paesaggio: dalle dinamiche


source sink al problema della connettività dei sistemi ambientali, fino agli effetti della frammentazione sulle biocenosi e sui processi ecosistemici toccando, nell’ultimo paragrafo, la necessità di ripristinare la continuità ecologica. L’ultimo capitolo, il sesto, pone giustamente l’accento sulla necessità di descrivere e quantificare correttamente elementi, forme e funzioni anche attraverso metodi “ostici” come la statistica spaziale, ma indispensabile, a volte, per valutare ed esplorare questi nuovi e importanti obiettivi che l’Ecologia del Paesaggio ci propone. In un contesto in cui il rapporto uomo-natura si manifesta in gran parte alla scala di paesaggio, il libro si propone come testo importante per coloro che hanno necessità di approfondire il tema dei complessi sistemi adattativi, soprattutto in un momento così critico dovuto ai cambiamenti globali. Ci sembra che il contributo importante sia proprio quello di mettere in evidenza come l’insieme dei processi che avvengono alle diverse scale spazio-temporali vengano assorbiti nel concetto di paesaggio, permettendo di capire molto bene come ciò si verifica. Il testo si propone quindi come importante lettura per tutti coloro che non occupandosi direttamente di componenti ambientali, di fatto operano quotidianamente con esse, quali i pianificatori, i progettisti del paesaggio, i tecnici delle Amministrazioni e tutti coloro che entrano nei processi di trasformazione del paesaggio, che potranno quindi avere un valido strumento per le loro valutazioni e scelte progettuali e gestionali. Riccardo Santolini Presidente della Società Italiana di Ecologia del Paesaggio (SIEP-IALE)


Istruzioni per l’uso

I testi e le immagini di questo libro vogliono presentare le idee, i metodi e alcuni risultati significativi dell’analisi ambientale fondata sull’Ecologia del Paesaggio. La parola paesaggio ha una lunga storia ed è esposta a significati talmente ampi, variegati e molteplici, da rendere arduo qualsiasi tentativo di definizione esauriente. Il significato più noto si lega in particolar modo alle opere pittoriche, al realismo di certe vedute, “frammenti visibili” della realtà. Nel presente volume il paesaggio è “un’idea” al servizio della descrizione della diversità ambientale e delle relazioni che si stabiliscono tra i suoi protagonisti. Il paesaggio è presentato nella sua valenza di livello di analisi proprio delle scienze ecologiche. Attraverso il paesaggio viene data una struttura descrivibile e traducibile in numeri, in misure confrontabili, all’idea vaga di ambiente. Il paesaggio, per un ecologo, è l’ambiente spazialmente referenziato. Avvicinarsi a questa idea, ai parametri che ne derivano, significa avvicinarsi alle idee e ai metodi che sono alla base delle strategie più avanzate di gestione e conservazione ambientale. Sono le idee e i metodi che mettono al centro dell’interesse la valutazione dell’idoneità delle situazioni ambientali per la conservazione della ricchezza e varietà della vita. In poche parole, le idee e i metodi che ci consentiranno, se lo vorremo, di conservare i processi della vita sul pianeta Terra. È un libro per principianti, come lo siamo tutti (gli autori per primi) quando ci dedichiamo all’analisi dell’ambiente e dei suoi processi. Bene ha scritto Oscar Wilde: «Il vero mistero del mondo non è l’invisibile, ma il visibile». Gli autori sperano che il libro sia di qualche utilità per quanti sono interessati all’analisi e alla progettazione ambientale e, non ultimi, agli studenti universitari che, per vari motivi, devono trovare informazioni sui metodi di analisi e gestione del territorio in una prospettiva di conservazione e di sviluppo sostenibile. Carlo Ferrari e Giovanna Pezzi



Prologo

Il paesaggio come paradigma ecologico Il paesaggio, «la cosa più abbondante che ci sia sulla Terra», secondo José Saramago, da idea e rappresentazione legata alle arti visive, dove è senz’altro più corretto riferirsi al termine “veduta”, è diventato, in anni relativamente recenti, un livello di analisi ambientale. Già alla fine del XVIII secolo, Alexander von Humboldt definì il paesaggio «der Totalcharakter einer Erdgegend», la totalità dei caratteri del territorio, ma si deve attendere la seconda metà del XX secolo per un’elaborazione scientifica del concetto di paesaggio come sistema ambientale eterogeneo, dove sistemi diversi interagiscono. Così, nel 1975, il paesaggio è, per l’ecologo vegetale Whittaker, «il contesto geografico delle comunità biologiche», e per Forman e Godron (1986) «un’area territoriale eterogenea, composta da un gruppo di ecosistemi interagenti, che si ripete in forma simile in zone contigue». Questa definizione può essere considerata l’atto di nascita dell’Ecologia del Paesaggio, autentica ultima frontiera delle scienze ecologiche. La definizione di paesaggio relativamente ad ambiti di scala in cui le unità descrittive sono gli ecosistemi è stata la prima chiaramente formulata, ma ha in sé una limitazione, che si tende oggi a superare per estendere l’approccio paesaggistico allo studio più generale dell’eterogeneità ambientale. L’Ecologia del Paesaggio è, infatti, un approccio scientifico che riguarda le cause e gli effetti dell’eterogeneità ambientale piuttosto che un particolare ambito di dimensioni. Il grado di eterogeneità ambientale dipende dalla scala. Se, infatti, il paesaggio viene inteso, in senso generale, come un mosaico di elementi dispersi in una matrice, si è “naturalisticamente” più attenti alle diverse scale di percezione (e d’uso) dell’ambiente da parte di organismi diversi: infatti, una brughiera di mirtilli è un ambiente omogeneo per gli uomini, ma non lo è per le farfalle. Una farfalla vede la brughiera come un mosaico di piante erbacee a fiore immerse in una matrice di arbusti. La ricerca di metodi appropriati ai problemi che vogliamo esaminare è – da sempre – un problema cruciale della conoscenza. Possiamo quindi concludere che l’ecologia usa oggi il concetto di paesaggio in due modi. Il primo riguarda il paesaggio come un territorio a scala umana (Forman e Godron 1986). I paesaggi sono sistemi di sistemi ambientali che esistono alla scala di chilometri, e comprendono elementi riconoscibili, riconducibili a tipi di ecosistemi (foreste, praterie, campi coltivati, siepi) e insediamenti umani e/o altri elementi antropogeni. Il secondo uso del paesaggio è un’astrazione che descrive l’eterogeneità spaziale dell’ambiente a ogni scala (Allen e Hoekstra 1992). In questo modo il paesaggio è un criterio ecologico per un approccio spaziale allo studio di qualsiasi sistema ecologico, dalla zolla di un prato a un’intera valle e anche agli ambienti acquatici, sia marini che d’acqua dolce (Kolasa e Pickett 1991).


Oltre Cartesio In generale, l’Ecologia del Paesaggio ha introdotto nelle scienze ecologiche una novità: ha posto al centro dell’attenzione l’eterogeneità dell’ambiente piuttosto che la sua omogeneità. È stata una svolta storica, se si pensa che l’ecologia si è sviluppata assumendo l’omogeneità, anche soltanto apparente, come parametro per la scelta degli oggetti di studio: ad esempio, il lago, il prato, la costa sabbiosa, o le singole popolazioni di piante e di animali. L’eterogeneità era un diavoletto, una sgradita sorpresa, per altro sempre in agguato. L’Ecologia del Paesaggio intende invece studiare l’eterogeneità spaziale dei sistemi ecologici: essa è lo studio della diversità ambientale e dei suoi effetti. L’Ecologia del Paesaggio è una specializzazione relativamente nuova nell’ambito dell’ecologia e, come tutta l’ecologia, è fortemente transdisciplinare. Questo significa che l’approccio metodologico è fondato sull’idea che questa realtà ecologica è un sistema di sistemi. I sistemi hanno “mattoni” costitutivi che derivano dai sistemi che li formano, ma hanno anche caratteri propri che derivano dall’interazione tra i sistemi costitutivi. Von Bertalanffy (1968) ha fatto notare che l’attenzione a ciò che è proprio del sistema considerato porta a rifiutare l’approccio riduzionista (il terzo assioma del Discours de la Méthode di René Descartes) nello studio dell’ambiente. In ecologia il riduzionismo è stato messo in difficoltà dall’esistenza di una molteplicità di variabili che interagiscono e che singolarmente (come fattori) non possono essere analizzate in modo esauriente, proprio perché interagiscono. L’analisi multivariata, resa possibile dal contemporaneo grande sviluppo dell’informatica, consente di analizzare la complessità delle interazioni come tale ed è uno dei supporti metodologici più efficaci dell’approccio olistico. Questa crescente attenzione al tutto, che inverte il cammino metodologico di Cartesio, salvandone però il cuore – l’esigenza di misurare e correlare –, è un’avventura scientifica fortemente connotata dalle possibilità tecniche del nostro tempo: il poter vedere dall’alto (con aerei e satelliti) e il poter elaborare velocemente grandi quantità di dati (con i computer).


Capitolo 1: Paesaggio: le idee dell’ecologia

1.1 Dalla veduta al paesaggio La condition humaine è una famosa immagine del pittore surrealista belga René Magritte: un quadro, davanti a una finestra, è sovrapposto alla scena esterna, sì che tra l’immagine del quadro e la scena che si vede dalla finestra non c’è distinzione né soluzione di continuità. Questa situazione ci fornisce uno straniamento percettivo perché ciò che sembra essere un’apertura che dà all’esterno si rivela invece come la sua raffigurazione. Ciò che sembra al di fuori è invece nella nostra stanza, nella nostra mente. Magritte ci ricorda che ogni conoscenza è una rappresentazione, un disegno della realtà: tali sono le immagini e le parole. L’immagine che consideriamo nelle pagine seguenti, sostanziandola in una parola, è paesaggio. La parola ha una lunga storia, con valenze e suggestioni diverse. Ne faremo un disegno utile al suo uso come immagine valida per le scienze ecologiche. Nelle lingue neolatine la parola ha una derivazione chiara da pagense, aggettivo che indica l’appartenenza a un paese, a un luogo di vita degli uomini. Da questo è derivato il francese paysage e l’italiano paesaggio. La parola landscape deriva dall’olandese landschap, formata da land e dal suffisso -schap, corrispondente all’inglese -ship e al tedesco -schaft, entrambi di antica origine medievale. Il suffisso indica un insieme di più parti che coesistono, in questo caso sul terreno. La parola fu usata la prima volta nel 1568, come un termine derivato dall’arte pittorica olandese del XVI secolo, e acquistò subito il significato, legato alla pittura, di visione di una scena ambientale. La stessa storia riguarda paesaggio e paysage. In quel secolo si iniziò a definire “paesaggistico” un particolare stile pittorico, che mette al suo centro la rappresentazione visiva delle parti che occupano lo spazio visibile. Paesaggio, ancor oggi, è inteso per lo più come sinonimo di veduta, che più correttamente dovrebbe indicare quella parte di paesaggio che una persona può cogliere con una singola osservazione. Goethe (Fig. 1.1), durante il suo celebre primo Viaggio in Italia, per comprendere subito i caratteri generali del luogo dove si trovava saliva su campanili o torri, per avere dalle loro sommità una veduta la più ampia possibile. Così fece anche il 17 ottobre 1786, a Cento, nella pianura tra Bologna e Ferrara, salendo sul campanile della basilica di San Biagio, e annotando poi nel suo diario parole che i centesi hanno scolpito nel marmo, alla base dello stesso campanile: «Secondo la mia abitudine, salii prima di tutto sul campanile. Un mare di cime di pioppi; in mezzo ad essi, e a breve distanza, tante piccole fattorie, ognuna circondata dal suo podere. Terra eccellente e clima mite». La veduta Fig. 1.1 Johann Wolfgang von gli aveva fornito un’immagine significativa del “mosaico agrario” del Goethe (1749-1832). paesaggio e delle qualità naturali che lo permettevano.


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Fig. 1.2

La pesca miracolosa, di Konrad Witz, datata 1444, è la prima rappresentazione nella pittura europea di una porzione (veduta) di un paesaggio reale: una sponda del Lago di Ginevra, che occupa un posto essenziale nella scena biblica.

Una veduta è un campione del paesaggio, importantissimo per gli uomini, che vi traggono elaborazioni mentali relative alla bellezza, all’armonia, cioè elaborazioni aventi un valore che si può genericamente definire estetico. In questo senso il paesaggio è stato, e continua a essere, una sorgente di espressioni artistiche per poeti, pittori e musicisti (Fig. 1.2). I pittori hanno però spesso superato la semplice elaborazione vedutistica, creando paesaggi dove assemblavano elementi visuali individuati singolarmente come “unità” costitutive dei campioni di paesaggio: gruppi di alberi, campi coltivati, rocce, castelli. Nel suo Trattato sulla pittura Leonardo da Vinci ritiene opportuna per la ricerca artistica una dettagliata conoscenza di quelle che chiama «le membra de’ paesi, cioè sassi, piante e simili». Si deve soprattutto agli artisti europei del XV e XVI secolo la creazione di paesaggi ideali (che sono diventati idee di paesaggio) attraverso l’individuazione dei rapporti spaziali tra gli elementi visuali tali da caratterizzare diverse porzioni della Terra. Lo studio moderno del paesaggio deve molto a questi antichi studiosi della percezione e della sua elaborazione nella pittura. Il loro livello di analisi del paesaggio era quello della scala umana. Possiamo dire che nella moderna scienza del paesaggio questa scala è ovviamente quella predominante. Ma la teoria scientifica ha aperto una prospettiva più ampia e la possibilità di analisi dei sistemi ambientali secondo diverse scale di spazio e di tempo, al servizio di una visione integrata e gerarchica dell’ambiente e dei suoi processi. È questa l’avventura intellettuale che viene presentata in queste pagine.

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Cap. 1 Paesaggio: le idee dell’ecologia

1.2 L’ambiente come sistema di sistemi «Interrogate il genio del luogo»: nell’Inghilterra del Settecento, il poeta Alexander Pope dava questo consiglio a quanti volevano vivere e costruire in un luogo determinato. Se vuoi veramente capire dove ti trovi, devi sforzarti di conoscere quello che dà al luogo la sua individualità, quello che lo “personifica”, come apparenza visibile di cause nascoste. Ciò che appare è stato creato da millenni di pioggia, di vento, dalle opere di vite grandi e piccole, di piante, di animali e di uomini. Il quadro ambientale è il prodotto di storie diverse e delle loro interazioni (Gambi 1972). Si può veramente dire che l’individualità di ogni zona della terra è determinata dal sistema di relazioni dinamiche tra i caratteri propri della natura, le loro opere e l’opera degli uomini. Questa individualità è il paesaggio. Fig. 1.3 Friedrich Heinrich Alexander Come detto, Alexander von Humboldt (Fig. 1.3), uno dei fondaFreiherr von Humboldt (1769-1859) per tori della moderna biogeografia, definì il paesaggio come «der Toprimo dedicò la sua attenzione al vatalcharakter einer Erdgegend», la totalità dei caratteri del territorio. lore indicatore della diversità specifica nell’analisi della diversità ambientale. Questa visione ha guidato anche gli studiosi che hanno inaugurato la moderna Ecologia del Paesaggio. La creazione del termine risale al 1939 (Troll 1950) e si deve a Carl Troll (Fig. 1.4), che rimase affascinato dall’idea di ecosistema, elaborata da Tansley (1935), e dalle osservazioni di fotografie aeree con uno stereoscopio attraverso le quali egli si rese conto della possibilità di descrivere e confrontare tipi di paesaggio con una visione totale delle loro caratteristiche. Dovevano tuttavia passare alcuni decenni prima che i sogni di Troll potessero realizzarsi. Era infatti necessario che si affinassero le scienze descrittive delle unità ambientali per rendere operativo l’uso del concetto di ecosistema. Un notevole contributo fu fornito dagli scienziati della vegetazione della scuola “fitosociologica” (Braun-Blanquet 1964, Westhoff e van der Maarel 1980) che diedero grande sviluppo alla rappresentazione cartografica delle unità di vegetazione, organizzate in un sistema gerarchico i cui livelli corrispondono a diversi livelli di dettaglio descrittivo della composizione specifica e dell’ecologia corrispondente. Furono così poste Fig. 1.4 Carl Troll (1899-1975), consile basi per un notevole sviluppo della possibilità di rappresentare derato il precursore dell’analisi scienticartograficamente la diversità ambientale dei sistemi terrestri, dove fica del paesaggio. le piante hanno un ruolo strutturale critico. L’accumulo delle conoscenze descrittive portò a maturazione una elaborazione scientifica moderna del concetto di paesaggio. Whittaker (1975) lo ha definito come «il contesto geografico delle comunità biologiche», ma la definizione oggi più citata è quella di Forman e Godron (1986), per i quali il paesaggio è «un’area territoriale eterogenea, composta da un gruppo di ecosistemi interagenti, che si ripete in forma simile in zone contigue» («heterogeneous land area composed of a clusters of interacting ecosystems that is repetead in similar form throughout»). Queste idee sono state riprese dalla definizione della Convenzione Europea del Paesaggio (CEP, Council of Europe 2000): «Parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni». 15


Paesaggio. Ambiente, spazio, luogo, memoria

I paesaggi hanno ampiezze varie, da molti fino a pochi chilometri di diametro. In questa definizione è fondamentale la considerazione del paesaggio come sistema di ecosistemi. Odum (1989) considera il paesaggio come il livello di organizzazione dei sistemi ambientali interposto tra l’ecosistema e il bioma. Paesaggi naturali simili per struttura formano un bioma. Come è regola generale per ogni livello di organizzazione, le caratteristiche del livello “paesaggio” sono soltanto in parte quelle del livello precedente (quello degli ecosistemi) perché compaiono nuovi caratteri dovuti all’interazione tra le parti che formano il nuovo livello. Caratteri propri del sistema “paesaggio” sono, tra gli altri, la diversità ambientale, la connettività e la contiguità dei sistemi che lo formano. Se, storicamente, la definizione di paesaggio è nata in ambiti di scala in cui le unità descrittive sono gli ecosistemi, l’approccio paesaggistico è oggi al servizio dello studio più generale dell’eterogeneità ambientale (Allen e Hoekstra 1992), dalla zolla di un prato a un’intera valle e anche agli ambienti acquatici, sia marini che d’acqua dolce (Kolasa e Pickett 1991). Rientra in questo approccio la definizione di paesaggio data da Turner (2005): un’area spazialmente eterogenea per almeno un fattore d’interesse. In questo modo è stata posta al centro dell’ecologia la diversità ambientale e le interazioni tra i processi ecologici che operano a differenti livelli di scala spaziale e temporale. Ogni paesaggio è un sistema eterogeneo formato da patches, una parola che in italiano può rendersi con “macchie” o “tessere”. Ogni patch ha una forma, una dimensione e contatti e connessioni con altre patches. Il tipo di macchia la cui estensione relativa è superiore all’estensione della somma di tutte le altre patches è la matrice del paesaggio considerato. Il paesaggio come paradigma della conoscenza ambientale ci fornisce informazioni sulla struttura dei sistemi di cui si compone la trama della vita in un certo luogo, sulle loro relazioni spaziali, stabilitesi nel tempo e da cui dipenderà il loro futuro. Tra i sistemi esiste quella che il fisico Julius Robert Oppenheimer definì complementarietà, cioè un ordine per il quale le parti si inseriscono nell’insieme e l’insieme ha bisogno delle parti. In sintesi: ogni cosa è importante per tutte le altre. Già nel 1926 Smuts elaborò questa idea e la chiamò olismo. L’intero cosmo, in generale, è un insieme “gerarchicamente organizzato” di sistemi, che nascono dalle relazioni di sistemi. Gli atomi formano le molecole, queste formano i minerali e le cellule dei viventi, i minerali formano le rocce e le cellule formano i tessuti. I tessuti formano gli organismi e questi le popolazioni, le comunità, i paesaggi. Quelli che abbiamo citato sono sistemi che si organizzano in altri sistemi attraverso relazioni tra loro. I diversi livelli di sistema (che sono altrettanti “livelli di scala”) hanno “mattoni” costitutivi che derivano dal livello inferiore ma hanno caratteri propri che derivano dall’interazione tra i sistemi costitutivi. Ogni sistema è un insieme di relazioni. In più, esistono sistemi a diversi livelli di scala. Esistono infatti diverse scale di percezione e uso dell’ambiente: un prato è un ambiente omogeneo per gli uomini, ma non lo è per una farfalla. Una farfalla vede il prato come un mosaico di piante con fiori, immerse in una matrice di piante senza fiori. Nello stesso prato il movimento di un filo d’erba è insignificante per noi o per un cervo, ma è un movimento parossistico per un afide, il cui paesaggio è dato da pochi fili d’erba. Sulla base di queste idee, ogni paesaggio, a qualunque livello di scala, può essere descritto nei suoi caratteri quantitativi: la diversità, l’eterogeneità, la dominanza di un tipo di macchia, la dispersione spaziale (pattern) dei sistemi che lo formano, utilizzando gli stessi procedimenti di calcolo che in ecologia vengono usati per lo studio di questi caratteri negli ecosistemi. Viene così soddisfatta l’esigenza propria di ogni scienza descrittiva e sperimentale: omnia in mensura et numero et pondere. 16


Cap. 1 Paesaggio: le idee dell’ecologia

Come ha osservato von Bertalanffy (1968), questa attenzione preliminare al tutto inverte il cammino metodologico di Cartesio, perché porta a rifiutare il terzo assioma contenuto nel Discours de la Méthode, la “bibbia del riduzionismo”, quelle mirabilis scientiae fundamenta, che siamo soliti ricordare come metodo cartesiano. L’assioma stabilisce: «Parti con i più semplici (i più piccoli) mattoni costitutivi della realtà, che sono i più facili da discernere, allo scopo di salire gradualmente, passo dopo passo, alla comprensione dei più complessi». Questo approccio riduzionista è stato messo in difficoltà, nelle scienze ecologiche e sociali, dall’esistenza di una molteplicità di variabili che interagiscono e che singolarmente (come fattori) non possono essere analizzate in modo esauriente, proprio perché interagiscono. Queste interazioni sono il cuore di ogni sistema e l’ordine gerarchico che ne deriva non può essere analizzato lavorando cartesianamente dal piccolo al grande. L’Ecologia del Paesaggio è quindi un’avventura scientifica fortemente connotata dalle possibilità tecniche del nostro tempo: il poter vedere dall’alto (con aerei e satelliti) e il poter elaborare velocemente grandi quantità di dati attraverso procedure computerizzate di analisi multivariata, rese possibili dal contemporaneo grande sviluppo dell’informatica. Questo consente di analizzare la complessità delle interazioni come tale ed è uno dei supporti metodologici più efficaci dell’approccio olistico. Ogni sistema da studiare è una scatola nera, una realtà percepibile soltanto dall’esterno, della quale possono essere misurate l’entrata e l’uscita di energia e di informazione. Si può costruire su questa base una gerarchia di scatole nere. Si può, infine, rendere trasparente la scatola nera elaborando un modello di struttura e di funzionamento interno, se sono disponibili dati sufficienti. Ne deriva anche che il paesaggio è il livello di analisi ambientale che più necessita di una integrazione tra discipline scientifiche diverse. Questa integrazione non viene però raggiunta attraverso la somma delle competenze disciplinari: l’originalità dell’Ecologia del Paesaggio consiste nel partire sempre dalla descrizione dell’eterogeneità ambientale, dalle macchie, dalle matrici, dall’analisi dei contatti: in poche parole, dall’analisi delle interazioni tra sistemi, alla stessa scala o a scale diverse. Su queste basi poggia una grande speranza che è anch’essa del nostro tempo: quella di trovare le chiavi di molti problemi di conservazione e gestione ambientale.

1.3 Uno spazio per la biodiversità 1.3.1 La biodiversità Il paesaggio fornisce lo spazio geografico alla biodiversità. Il termine diversità si riferisce, in un qualsiasi insieme di elementi, alla varietà dei tipi (o classi) cui gli elementi possono essere attribuiti, mediante classificazione, e ai loro rapporti quantitativi. L’applicazione del concetto ai sistemi ambientali porta ad aggiungere l’aggettivo biologica o, in modo più sintetico, a usare il termine biodiversità. Esistono varie definizioni per questo termine. La Convenzione sulla Diversità Biologica (Convention on Biological Diversity, CBD) del 1992 la definisce all’art. 2 come «la variabilità degli organismi viventi (terrestri, marini, acquatici) e dei complessi ecologici di cui fanno parte e include la diversità nelle specie, tra le specie e degli ecosistemi». La biodiversità è, in pratica, la manifestazione visibile della biosfera, e nasce da relazioni, a ogni livello di organizzazione, dei sistemi viventi, dal genoma all’ambiente. La biodiversità, per adottare un approccio derivato dalle scienze economiche, è un bene meritorio, il cui valore supera quello che possiamo direttamente percepire. 17


Paesaggio. Ambiente, spazio, luogo, memoria

Fig. 1.5

I tre livelli della biodiversità: diversità genetica, tassonomica e ambientale.

La diversità genetica (intraspecifica), la diversità tassonomica e la diversità ambientale sono i tre principali livelli di scala, tra loro interdipendenti, in cui si realizza la biodiversità (Figg. 1.5, 1.6). La diversità genetica è il livello di scala dove si origina e si modifica la diversità biologica. Si esprime come la variazione dei genotipi nell’ambito di una stessa specie. Mutazioni, selezioni naturali e deriva genetica creano una continua variabilità genetica, espressa da clini, razze geografiche, razze ecologiche (ecotipi) che nel tempo, per ricombinazioni geniche e per effetto dell’isolamento, possono generare nuove specie. Cline descrive la variazione lungo un gradiente ecologico (in genere geografico) di uno o più caratteri (biochimici o morfologici). Le razze geografiche si realizzano quando una specie ha popolazioni separate da barriere (naturali) che non consentono lo scambio genetico; differiscono per uno o più caratteri, sono pienamente interfertili, ma l’isolamento geografico mantiene genomi diversi. La persistenza nel tempo delle barriere può portare alla formazione di nuove specie. Gli ecotipi si formano nell’ambito di una specie a grande ampiezza ecologica e si differenziano sia attraverso caratteri morfologici che biochimici. La diversità tassonomica, originata dalla diversità genetica, descrive la varietà (numero e frequenza) dei taxa (specie, genere, famiglia, ordine) in una data area. La sola ricchezza 18


Cap. 1 Paesaggio: le idee dell’ecologia

Fig. 1.6

La biodiversità come risultato di interazioni complesse: caratteri, parametri e loro relazioni.

specifica (ovvero il numero delle specie presenti) è spesso utilizzata come valutazione della diversità in quanto è spesso difficile misurare la frequenza delle specie. La diversità specifica può essere misurata a differenti livelli di scala (Whittaker 1972). L’α-diversità è la diversità di una comunità o di un suo campione. La γ-diversità è la diversità regionale totale (flore/faune locali). Seguendo questa idea si può pensare a differenti livelli spaziali di differenziazione della biodiversità: β-diversità è il grado di cambiamento della diversità tra habitat; Δ-diversità è il grado di cambiamento della diversità specifica tra flore/ faune locali. Conoscere e misurare la biodiversità costituisce il punto di partenza per ogni decisione pratica nella sua conservazione. L’uso della sola categoria tassonomica specie, senza ulteriori specificazioni, pone, tuttavia, alcuni problemi che riguardano il contributo che le differenti specie danno alla diversità totale: la presenza di specie rare/comuni e di specie introdotte, la variabilità delle specie, l’affinità tassonomica delle specie, il ruolo della diversità funzionale delle differenti specie. La diversità ambientale è il prodotto visibile, in un determinato territorio, della sua diversità tassonomica, dei rapporti strutturali e funzionali che si stabiliscono tra le popolazioni delle specie vegetali e animali, e della loro distribuzione spaziale, determinata dalla qualità e dall’ampiezza delle loro nicchie ecologiche. Come i caratteri del paesaggio, la sua diversità ambientale, influenzino i processi genetici nelle popolazioni è una recente frontiera della ricerca scientifica, la cosiddetta Landscape Genetics (Manel et al. 2003). Quando si parla di diversità della vita si è soliti pensare alla diversità genetica, delle specie e degli ecosistemi. La diversità della vita, tuttavia, comprende anche la diversità delle culture, delle società e dei linguaggi che si sono sviluppati nella storia dell’uomo. Questa è la diversità bioculturale che è intimamente legata alla biodiversità e rappresenta un altro aspet19


Epilogo

Gestione, pianificazione e conservazione sono i tre tipi di approccio fondamentali per un uso del paesaggio come sistema ambientale complesso, risultato della storia della natura e dell’uomo. Per gestione s’intende un consumo dei beni e delle risorse che tenga conto della loro effettiva disponibilità, dei cicli naturali in cui sono coinvolte e dei limiti invalicabili a un loro prelievo. Esempio di gestione sostenibile è la selvicoltura naturalistica, volta a prelevare dal bosco quantità di legname anche discrete ma non tali da alterare né la struttura né la composizione del bosco stesso, nel rispetto degli equilibri che ne garantiscono la sopravvivenza. Analogamente si può ragionare nei confronti di altre risorse come la selvaggina, il cui prelievo può essere guidato dalla conoscenza delle leggi che regolano la dinamica delle popolazioni di un ecosistema. Anche per risorse più complesse, come l’acqua, l’uso può esser definito da criteri che tengano conto delle realtà territoriali, delle reali disponibilità e delle esigenze delle diverse componenti naturali e antropiche presenti sul territorio. La gestione consta di interventi a carattere sia preventivo che correttivo. Questi, peraltro, possono implicare un compromesso con le necessità produttive: ecocompatibili o a finalità ecologica esclusiva (eco-dedicati). La gestione è strettamente correlata alla pianificazione. La pianificazione nasce dalla conoscenza delle realtà naturali presenti, del loro valore e dei limiti al loro sfruttamento e, soprattutto, dalla comprensione dell’interconnessione di tutte le componenti ambientali e dei diversi ecosistemi. Ragionando su queste basi si può definire e cartografare l’esistente e deciderne l’uso con lo scopo di garantire l’esistenza di tutte le componenti presenti, concentrando gli interventi là dove siano sostenibili o dove realmente servano. La pianificazione dell’uso del territorio si è ormai affermata come un caposaldo della conservazione e dello sviluppo del territorio stesso nel rispetto delle sue realtà ambientali. La conservazione riguarda la diversità ambientale e la diversità biologica che la caratterizza. Richiede interventi di pianificazione e di gestione ad hoc. In particolare, occorre puntare primariamente a conservare la variabilità degli ecosistemi e le loro interconnessioni. Gli interventi devono basarsi su una sintesi delle conoscenze disponibili sulla diversità ambientale e sulla diversità biologica di un territorio. È importante ricordare che la diversità ambientale è, in larga parte, una creazione della diversità biologica locale, sulla base delle opportunità che l’ambiente fisico le offre. In questa creazione i vegetali hanno un ruolo critico, come unico canale – grazie alla fotosintesi – capace di immettere sulla Terra energia e materia a disposizione dei viventi. La diversità ambientale creata dai vegetali è riconoscibile, in primo luogo, come diversità della vegetazione. Questa diversità è il risultato di processi naturali o, più spesso, di differenti impatti umani, sulla distribuzione spaziale delle popolazioni di specie vegetali presenti in un determinato territorio (la “Flora” del territorio), che si aggregano in “comunità vegetali”, descrivibili


Paesaggio. Ambiente, spazio, luogo, memoria

come “tipi di vegetazione”. Ogni tipo di vegetazione si può considerare corrispondente a un tipo di habitat per i viventi del paesaggio considerato. L’analisi della diversità della vegetazione coincide quindi con l’analisi della diversità degli habitat di un paesaggio. Per questo, ogni progetto di conservazione su vasta scala, deve basarsi sulla conoscenza e sulla rappresentazione cartografica della diversità della vegetazione. Nel passato la conservazione ha visto la creazione di Parchi e Riserve che hanno avuto un ruolo chiave non solo nel preservare ambienti a elevata naturalità o di alto valore biologico, ma anche nell’educare i fruitori alla conoscenza e al rispetto della natura. Una politica conservazionista deve però, oggi, andare oltre questi soli strumenti e puntare su una protezione diffusa dell’intero territorio che tenga conto delle reti ecologiche e delle interconnessioni esistenti fra gli ecosistemi e fra le popolazioni e comunità che li caratterizzano. Il controllo degli obiettivi che si vogliono ottenere attraverso la gestione, la pianificazione e la conservazione può essere effettuato attraverso il monitoraggio. Questo consiste nel controllo sistematico di alcuni parametri ambientali e nella valutazione delle macro e microvariazioni subite dai sistemi ambientali. L’acquisizione costante di dati attraverso il monitoraggio può permettere una migliore comprensione del funzionamento degli ecosistemi, nonché valutare in tempo reale la presenza di vari fattori di disturbo. Il monitoraggio aiuta, inoltre, a comprendere l’effetto degli interventi umani misurandone la portata sulle diverse componenti ambientali coinvolte. Tutti gli approcci e gli strumenti sopra ricordati sono necessari per gestire i processi della vita, «quell’attività straordinaria, che nessuna causa sembra attenuare» e quel «cambiamento necessario» su cui già meditava, sul finire del Settecento, Jean Baptiste de Lamarck. Il paesaggio, come immagine spaziale dei processi naturali e antropici generati dalle opportunità ambientali di un territorio, è lo scenario di questi fenomeni, su cui abbiamo appena iniziato un tentativo di conoscenza.


Glossario

Analisi multivariata [multivariate analysis]. Metodo che analizza simultaneamente molte variabili e le relazioni tra le variabili. Attrition. Processo legato alla frammentazione che determina una riduzione sia del numero che delle superfici delle patches. Barriera. Elemento del paesaggio di origine naturale o antropica che impedisce totalmente o in maniera differenziata il flusso di energia, nutrienti, specie. Biodiversità. Diversità biologica, ovvero “varietà della vita” (numerosità e abbondanza degli elementi). Viene, tradizionalmente, suddivisa in livelli di organizzazione e uno dei sistemi più seguiti riconosce tre livelli: genetico, tassonomico (la specie è il taxon più usato), ecosistemico. La diversità specifica può essere misurata a differenti livelli di scala: α-diversità è la diversità di una comunità o di un suo campione; γ-diversità è la diversità regionale totale (flore/faune locali). Seguendo questa idea si può pensare a differenti livelli spaziali di differenziazione della biodiversità: β-diversità è il grado di cambiamento della diversità tra habitat; Δ-diversità è il grado di cambiamento della diversità specifica tra flore/faune locali. Biogeografia delle isole [island biogeography]. Teoria generale che, nella formulazione originale, lega il numero delle specie su isole oceaniche al bilanciamento tra colonizzazione ed estinzione, alle dimensioni dell’isola e alla distanza dalla terraferma. Il concetto di isola è applicato oggi in modo estensivo a qualsiasi sistema ambientale spazialmente e funzionalmente isolato da sistemi dello stesso tipo. Buffer zone (area cuscinetto, area tampone). Porzione di territorio adiacente ad aree core o ad altri elementi del paesaggio che ha la funzione di mitigare (“tamponare”) gli effetti della matrice circostante. Cambiamento (del paesaggio). Alterazione della struttura e delle funzioni del paesaggio nel tempo. Capitale naturale. Insieme dei processi ecologici e di biodiversità presenti in una determinata area e disponibili per l’uomo. Carta della vegetazione. Documento geografico di base che, a una data scala e per un dato territorio, riproduce le estensioni di tipi di vegetazione definiti per mezzo di qualità proprie della copertura vegetale e dei quali si indicano la denominazione, i contenuti e il metodo utilizzato per individuarli. Cenocline. Vedi Ecocline. Collegamento a scala di paesaggio [landscape linkage]. Collegamento che aumenta la connettività a scala vasta. Complessità. Insieme delle relazioni non lineari tra strutture e fenomeni, nelle popolazioni e comunità biologiche o all’interno di ecosistemi o di mosaici ambientali. Composizione (del paesaggio). Varietà e abbondanza degli elementi del paesaggio. Configurazione [configuration]. Collocazione e giustapposizione degli elementi del paesaggio. Connettività. La connettività è una misura del grado, con il quale il paesaggio o i suoi elementi facilitano/ impediscono il movimento e le relazioni funzionali degli individui fra le patches, il tasso di movimento fra le popolazioni locali di una metapopolazione e i processi ecologici. La connettività può essere intesa da un punto di vista strutturale (connectedness: connessione) o funzionale (connectivity: connettività). Consumo del suolo. Incremento di superfici antropogene (urbano e infrastrutture, in primis) nel paesaggio che determinano una perdita caratteristiche ambientali e paesaggistiche del suolo. Contrasto dei margini [edge contrast]. Differenza strutturale ed ecologica tra ambienti a contatto.


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Convenzione Europea del Paesaggio [European Landscape Convention]. Documento del Consiglio d’Europa sottoscritto a Firenze il 20 ottobre 2000 e ratificato in Italia nel 2006. Definisce in maniera unica e condivisa il paesaggio come «una determinata parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni; concerne sia i paesaggi che possono essere considerati eccezionali, sia i paesaggi della vita quotidiana sia i paesaggi degradati e riconosce il paesaggio quale componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità». La Convenzione, inoltre, definisce le politiche, gli obiettivi di qualità paesaggistica, le azioni di conservazione e di mantenimento e la gestione relativi al paesaggio. Core area (area nucleo). 1. Porzione centrale di una patch non influenzata dai processi ai margini. 2. Area naturale di grandi dimensioni, di alto valore qualitativo e funzionale ai fini del mantenimento della vitalità delle popolazioni. Corridoio [corridor]. Elemento del paesaggio che si forma dove una risorsa è distribuita lungo una stretta fascia che si differenzia dal contesto in cui è collocato. Dataset. Insieme organizzato di dati riguardante uno stesso fenomeno, con i necessari riferimenti spaziali (es. sistema di coordinate, estensione) in relazione ai suoi scopi. DEM [Digital Elevation Model]. Vedi Modello Digitale del Terreno. Desertificazione. La desertificazione consiste nella «riduzione o distruzione del potenziale biologico del terreno che può condurre a condizioni desertiche» (Convenzione di Nairobi, 1977) o secondo la definizione prodotta in sede alla Conferenza di Rio (1992) «nel degrado delle terre nelle aree aride, semi-aride e sub-umide secche, attribuibile a varie cause, fra le quali variazioni climatiche e attività umane». Direttiva Habitat. Direttiva 92/43/CEE, il cui scopo è di «contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali e seminaturali (es. agricoltura tradizionale), nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli stati membri…». La Direttiva identifica una serie di habitat (allegato I) e specie (allegato II) di importanza comunitaria e tra questi definisce quelli “prioritari”. Lo strumento fondamentale identificato dalla Direttiva è quello della designazione di siti (ZSC: Zone Speciali di Conservazione) che assieme a quelli istituiti con la Direttiva Uccelli (ZPS: Zone di Protezione Speciale) formano la Rete Natura 2000. La Direttiva prevede, inoltre, la stretta protezione delle specie incluse nell’allegato IV vietandone l’uccisione, la cattura e la detenzione, mentre quelle dell’allegato V possono invece essere soggette a prelievo in base a regole individuate dai singoli Stati. Direttiva Uccelli. Direttiva 79/409/CEE relativa alla “Conservazione degli uccelli selvatici”. L’allegato I della Direttiva individua un elenco di Uccelli d’interesse comunitario, la cui conservazione richiede misure urgenti di conservazione, fra le quali la designazione di Zone di Protezione Speciale (ZPS). Dissezione [dissection]. Frammentazione di un sistema ambientale attraverso l’apertura di fasce di discontinuità come quelle prodotte dalla costruzione di strade e autostrade. Disturbo [disturbance]. Evento di durata limitata, che cambia in modo significativo gli ecosistemi, le comunità, la struttura delle popolazioni, la disponibilità delle risorse, il substrato, l’ambiente fisico. Diversità biologica. Vedi Biodiversità. DTM [Digital Terrain Model]. Vedi Modello Digitale del Terreno. Ecocline. Zona di transizione tra sistemi adiacenti. La diversità specifica è più alta di quella dei sistemi adiacenti e vi concorrono sia specie proprie che dei sistemi adiacenti. Sinonimo di cenocline. Ecosistema. Unità che include tutti gli organismi che vivono insieme (comunità biotica) in una data area, interagenti con l’ambiente fisico, in modo tale che un flusso di energia porta a una ben definita struttura biotica e a una ciclizzazione dei materiali tra viventi e non viventi all’interno del sistema. È l’unità funzionale di base dell’ecologia; include gli organismi e l’ambiente abiotico, le cui proprietà si influenzano reciprocamente. Ecotone. Zona di stress, tensione ambientale, interposta tra due sistemi ambientali con elevate differenze ecologiche. L’ecotone è povero in specie, prevalentemente esclusive, in quanto il contrasto ambientale genera un ambiente povero di risorse. Effetto margine [edge effect]. Effetto sulla diversità biologica descrivibile alla periferia di sistemi ambientali. Dipende dai caratteri ambientali del margine (ecocline, ecotone).

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Glossario

Elemento geografico. Oggetto del mondo reale rappresentato su una mappa. In un GIS, può essere rappresentato da dati vettoriali (punti, linee e poligoni) o da celle nel formato di dati raster. Per poter essere visualizzati in un GIS, gli elementi geografici devono possedere le informazioni di geometria e di posizionamento spaziale. Equiripartizione [evennes]. Distribuzione delle abbondanze relative dei tipi di patches/uso del suolo/vegetazione. Estensione [extent]. 1. In ecologia, la dimensione dell’area di studio considerata. 2. Dominio spaziale indagato. Focal point. Habitat con una diversità specifica molto più elevata di quella degli habitat circostanti, per effetto di un’alta concentrazione di risorse. Frammentazione [fragmentation]. Processo durante il quale un habitat, ampio ed esteso, si trasforma in un numero di patches più piccole, che hanno complessivamente una superficie inferiore a quella originale, separate le une dalle altre da una matrice di habitat differente da quella originale. Funzione. 1. In ecologia, flusso di minerali, nutrienti, acqua, energia, specie. 2. Interazioni fra gli elementi del paesaggio. Geographic Information System (GIS). Vedi Sistema Informativo Geografico. Geostatistica. Branca della statistica che fornisce un insieme di tecniche probabilistiche con l’obiettivo di ricercare un modello che riesca a descrivere la dipendenza tra i valori osservati ed usare tale modello per stimare i valori di una variabile spaziale in siti non campionati, con un errore che esprime l’incertezza di tale stima. GIS. Vedi Sistema informativo geografico. Global Position System (GPS). Sistema formato da una costellazione di satelliti, che orbitano attorno alla terra, da un ricevitore e un software dedicato che permette di determinare la posizione al suolo e l’altimetria di un punto con una precisione variabile (da un cm, o meno, ad alcuni m) in funzione del tipo di ricevitore in uso e della tecnica di utilizzo applicata. La posizione a terra viene calcolata mediante una trilaterazione che si ottiene misurando la distanza che separa il ricevitore da 3 o 4 satelliti in orbita. Il sistema è utilizzato nella navigazione, nella cartografia, nei GIS e nel rilevamento e in tutte le altre applicazioni in cui sono necessarie localizzazioni precise. GPS. Vedi Global Position System. Grana [grain]. In ecologia, la risoluzione spaziale di uno studio. Greenways (percorsi verdi). I percorsi verdi sono nati negli Stati Uniti nel 1987, per «fornire alla popolazione un facile accesso agli spazi aperti vicino alle abitazioni e per collegare tra loro gli spazi rurali con gli spazi urbani». Configurandosi come risorsa multifunzionale, questi percorsi hanno finalità educative, ambientali, culturali. Habitat. Habitat è un termine largamente utilizzato con varie accezioni e significati. Una definizione comune è: «ambiente o insieme di fattori ambientali in cui si sviluppa una specie o una comunità». La Direttiva Habitat definisce gli habitat come «zone terrestri o acquatiche che si distinguono grazie alle loro caratteristiche geografiche, abiotiche e biotiche, interamente naturali o seminaturali». Home range. Area geografica frequentata da un individuo nelle sue normali attività di alimentazione, accoppiamento e cure parentali. Hot spot. Area geografica dove all’elevata ricchezza in endemismi e/o specie rare si accompagnano fenomeni che ne minacciano la conservazione. Impermeabilizzazione del suolo [soil sealing]. Fenomeno causato principalmente dall’urbanizzazione e dalla costruzione di infrastrutture che rendono il suolo impermeabile, in modo irreversibile o difficilmente irreversibile, e incapace di svolgere gran parte delle funzioni che gli sono proprie. Il maggiore impatto lo si ha sul flusso delle acque. L’impermeabilizzazione del suolo, infatti, provoca un aumento della velocità di scorrimento delle acque con conseguente incremento dell’erosione, estremizzazione degli scambi termici e annullamento dell’effetto filtro e tampone del suolo nei confronti degli inquinanti. IPA (Important Plant Areas). Aree fondamentali per la conservazione della biodiversità vegetale, in termini di piante vascolari, briofite, alghe, funghi, licheni e comunità vegetali. In ambito internazionale

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rappresentano uno strumento essenziale per la Strategia Globale per la Conservazione delle Piante della Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD). Isola ecologica. Area fortemente delimitata da un punto di vista ecologico rispetto al contesto dominante. Link o linkage (area di collegamento ecologico). Configurazione spaziale di habitat (non necessariamente lineari o continui) che facilita il movimento delle specie, lo scambio genetico all’interno delle popolazioni e/o la continuità dei processi ecologici nel paesaggio. Matrice [matrix]. 1. Patch o l’insieme di patches che determinano il carattere prevalente del mosaico, per estensione, connessione e funzione svolte. È il sistema che maggiormente condiziona i processi del paesaggio. 2. Elemento/i del paesaggio che circonda/no un habitat. Metapopolazione [metapopulation]. Insieme di popolazioni temporanee connesse dalla dispersione degli individui. Modello digitale del terreno (DTM). Rappresentazione di valori continui di quota di una superficie topografica attraverso una matrice di valori z georeferenziati. È utilizzato per rappresentare la forma del rilievo. Natura 2000. Rete coordinata e coerente di siti designati dagli stati membri dell’Unione Europea in base alla Direttiva Habitat (ZSC: Zone Speciali di Conservazione o SACs: Special Areas of Conservation) e alla direttiva Uccelli (ZPS: Zone di Protezione Speciale o SPAs: Special Protection Areas) mirati alla conservazione di habitat e specie, minacciati o rari (elencati negli allegati I e II della Direttiva Habitat). Le ZSC, nella fase propositiva, vengono indicate con il termine di Siti di Importanza Comunitaria proposti (pSIC). Nicchia [niche]. Ruolo funzionale di una specie in un sistema ambientale. Patch. 1. Entità discreta con condizioni ambientali relativamente omogenee che forma il mosaico ambientale e che differisce dalle aree circostanti. 2. In un GIS, gruppo di celle contigue appartenenti allo stesso tipo di habitat. Perforazione [perforation]. Processo che porta alla frammentazione di un sistema ambientale (es. creazione di radure in una foresta). Popolazione. Gruppo di individui della stessa specie, in un determinato spazio e in un determinato tempo. Porosità. Misura della densità delle patches in una matrice. Raster. Modello di dati spaziali che definisce lo spazio con una matrice di celle uguali ordinate in righe e colonne. Ogni cella contiene un valore di attributo e le coordinate della posizione. Recupero [recovery]. Vedi Resilienza. Remote sensing. Vedi Telerilevamento. Resilienza. Velocità con cui un sistema ritorna allo stato iniziale dopo una perturbazione. Resistenza. Capacità di un sistema di non subire gli effetti della perturbazione. Rete ecologica [ecological network]. Rete fisica che mette in connessione, mediante corridoi ecologici e stepping stones, sistemi ambientali (aree core), contenitori di specie e/o habitat di elevato valore conservazionistico o in pericolo. Altri elementi importanti della rete sono ad esempio le buffer zones (aree tampone/cuscinetto). Nel tempo si sono sviluppati altri tipi di reti ecologiche (v. cap. 5) che hanno spostato l’accento su altri obiettivi. Ridondanza. Caratteristica dei sistemi complessi, quando più specie svolgono la stessa funzione. Riserve della Biosfera. Le Riserva della Biosfera sono aree (terrestri, costiere e marine) in cui l’obiettivo di preservare la biodiversità si coniuga con l’utilizzo sostenibile delle risorse naturali a beneficio delle comunità locali e ciò comprende attività di ricerca, controllo, educazione e formazione. Le Riserve della Biosfera sono formate da aree core circondate da due strati concentrici di aree tampone: 1. buffer zone dove l’utilizzo del territorio è ristretto ad attività compatibili alla protezione dell’area core e 2. l’area di transizione (transition area o sustainable-use area o zone of cooperation). Scala. 1. In cartografia: rapporto tra la lunghezza sulla mappa e nel mondo reale; unità minima di mappatura; dimensione del pixel (dati raster). 2. Dimensione spaziale o temporale che produce la maggiore informazione relativamente a un fenomeno da indagare; 3. Dimensione spaziale o temporale percepita dagli organismi. Componenti della scala sono grana ed estensione (vedi).

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Glossario

Servizi ecosistemici [ecosystem services]. Benefici multipli forniti dagli ecosistemi al genere umano. I servizi ecosistemici sono stati raggruppati in quattro grandi categorie: 1. supporto alla vita; 2. approvvigionamento 3. regolazione; 4. culturali. SIC. Sito di Interesse Comunitario. Vedi Natura 2000. Sink (pozzo). Nella dinamica delle specie, area in cui la mortalità eccede il tasso riproduttivo locale e che necessita di una colonizzazione regolare da parte di nuovi individui. Sistema informativo geografico (GIS). Complesso di hardware, procedure software, e personale tecnico in grado di acquisire, memorizzare, estrarre, trasformare e visualizzare dati spaziali dal mondo reale. Source (sorgente). Area in cui il tasso di riproduzione eccede il tasso di mortalità locale; gli individui sono potenzialmente disponibili per colonizzare altre patches di habitat idoneo. Specie aliene. Le specie aliene (alloctone, esotiche, introdotte, non-indigene) sono specie (animali, piante, funghi e microrganismi) che hanno un’origine differente rispetto all’ambiente nel quale l’uomo le introduce volontariamente (a scopo commerciale o ornamentale) o involontariamente (tramite i viaggi, attraverso navi, container, aerei ecc.). Specie endemica. Specie distribuita in un ambito geografico ristretto e in un habitat specifico. Le popolazioni locali possono avere dimensioni variabili. Specie invasive. Specie aliene che si adattano e divengono parte integrante del nuovo territorio riproducendosi, diffondendosi rapidamente su vasti ambiti territoriali ed entrando in competizione con le specie autoctone. Gli impatti principali attribuibili alle specie invasive riguardano la competizione (per il cibo o per l’habitat) e l’ibridazione con specie autoctone e i cambiamenti strutturali inducono sui sistemi ambientali. Alle specie invasive sono riferibili anche danni per la salute umana, in quanto portatrici di sostanze allergeniche, e danni di tipo economico. Sprawl urbano [urban sprawl]. Sprawl è un termine di derivazione americana utilizzato per indicare la rapida espansione delle città, avvenuta a partire dalla prima parte del XX secolo. Lo sprawl indica anche tutti quei processi che i centri urbani inducono sulla campagna circostante, quali la trasformazione dell’ambiente rurale e naturale in urbano o industriale. Stepping stone (pietra da attraversamento, guado, tappa di passaggio). Nella formulazione originale nell’ambito della teoria biogeografica delle isole, prendevano questa denominazione piccole isole interposte la sorgente di risorse biotiche e l’isola dove le specie possono arrivare, crescere e riprodursi. Nel paesaggio, gli stepping stones sono frammenti di habitat che possono fungere da aree di sosta e rifugio per alcune specie nel passaggio fra aree ecologicamente isolate e immerse in una matrice paesaggistica meno favorevole/ostile alle specie. Stress. In ecologia, condizione ambientale persistente che limita la produzione di biomassa. Struttura (del paesaggio). Insieme delle relazioni spaziali tra gli elementi presenti nel paesaggio, o, in altri termini, distribuzione dell’energia, materia e specie in relazione alla dimensione, forma, numero, configurazioni e tipologie di tali elementi. Telerilevamento [remote sensing]. Scienza che permette di ottenere dati qualitativi e/o quantitativi riguardanti un oggetto/area/fenomeno attraverso l’analisi dell’informazione acquisita senza contatto diretto con lo stesso oggetto/area/fenomeno indagato. Trappola ecologica [ecological trap]. Insieme di condizioni ambientali attrattive per una specie (ricchezza di cibo o di siti riproduttivi), ma in cui l’impatto antropico o un’elevata predazione vanificano gli sforzi riproduttivi. Vettore. Rappresentazione di un elemento geografico mediante punti, linee, poligoni, basato su valori di coordinate. ZPS. Zona di Protezione Speciale. Vedi Natura 2000. ZSC. Zona Speciale di Conservazione. Vedi Natura 2000. α-diversità. Vedi Biodiversità. β-diversità. Vedi Biodiversità. γ-diversità. Vedi Biodiversità. Δ-diversità. Vedi Biodiversità.

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Preziosa ricognizione dell’ambiente naturale osservato e misurato dall’uomo secondo scienza al servizio di un’Ecologia del Paesaggio questo volume viene stampato nel carattere Garamond dalla tipografia Nero Colore di Correggio per conto di Diaroads nel mese di agosto dell’anno duemiladodici


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