Risorgimento conteso - Memorie e usi pubblici nell'Italia contemporanea

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Baioni

MONTEFALCONE STUDIUM STUDI e RICERCHE

Massimo Baioni (1963) insegna Storia contemporanea all’Università di Siena, nella Facoltà di Lettere e Filosofia

Massimo Baioni

di Arezzo. Tra i suoi libri: Il fascismo e Alfredo Oriani,

Risorgimento conteso

1988; La “religione della Patria”,1994; Risorgimento in

Memorie e usi pubblici nell’Italia contemporanea

Il Risorgimento è stato per 150 anni al centro di un fitto e controverso "racconto pubblico", che ha avuto profonde implicazioni nella vita storiografica, politica e civile del Paese. Nei passaggi nodali della storia nazionale, il richiamo al

camicia nera, 2006. È membro del Comitato direttivo

momento fondativo dell'unità è comparso come termine

della rivista «Memoria e Ricerca»

ineludibile di confronto e di scontro tra le diverse culture politiche. In questo libro, il rapporto tra le memorie del Ri-

Risorgimento conteso

In vista del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, un libro che esplora la controversa integrazione del Risorgimento nella memoria pubblica del Paese, attraverso l’analisi dei momenti e degli strumenti che ne hanno fatto il mito fondativo dell’identità nazionale.

sorgimento e i processi di costruzione dell'identità nazionale è seguito nelle forme che ha assunto e nei contrasti che ha generato nelle diverse stagioni dell'Italia unita: l'età liberale, il ventennio fascista, i decenni della democrazia repubblicana. Incrociando fonti e strumenti di pedagogia patriottica di varia natura (monumenti, musei, celebrazioni, autobiografie) e intrecciando i miti del Risorgimento con quelli della Grande Guerra e della Resistenza, l'autore fa del conflitto di memorie intorno alla storia nazionale un osservatorio cruciale per esplorare alcuni caratteri di lungo

€ 24,00

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D IA B A S I S

periodo dell'Italia contemporanea.

DIABASIS

16-12-2009 15:02:37


MONTEFALCONE STUDIUM


Il libro fruisce di un contributo del Dipartimento di Studi storico-sociali e filosofici dell’Università di Siena e di parte della «quota servizi» per la ricerca dell’Università di Siena. Si ringrazia il professor Mariano Bianca, direttore del Dipartimento.

In copertina Battaglia di Milazzo, litografia

Progetto grafico e copertina BosioAssociati, Savigliano (CN)

ISBN 978 88 8103 671 4 © 2009 Edizioni Diabasis via Emilia S. Stefano 54 42100 Reggio Emilia Italia telefono 0039.0522.432727 fax 0039.0522.434047 info@diabasis.it www.diabasis.it


Massimo Baioni

Risorgimento conteso Memorie e usi pubblici nell’Italia contemporanea

DIABASIS



Massimo Baioni

Risorgimento conteso Memorie e usi pubblici nell’Italia contemporanea

7 11

Premessa Introduzione PARTE PRIMA. LE STAGIONI DEL MITO

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Capitolo primo L’Italia unita allo specchio del Risorgimento. Memorie in conflitto in età liberale Capitolo secondo I rituali del fascismo e la controversa eredità del Risorgimento Capitolo terzo Miti di fondazione. Il Risorgimento democratico e la Repubblica PARTE SECONDA. MEMORIE, LUOGHI E STRUMENTI DELLA RAPPRESENTAZIONE

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Capitolo quarto La politica monumentale a Roma Capitolo quinto «Il fascino irresistibile dei ricordi». Memorie di una famiglia garibaldina


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Capitolo sesto Il 1859 nella memoria. Milano e le feste del cinquantenario

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Capitolo settimo Il tempio conteso. Il Museo Nazionale del Risorgimento di Torino nell’Italia repubblicana (1946-1962)

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Capitolo ottavo La ÂŤbugia risorgimentaleÂť. Revisionismo in mostra

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Indice dei nomi


Premessa

I saggi raccolti in questo libro hanno come filo conduttore lo studio del ruolo che al Risorgimento è stato assegnato dopo il 1861 nell’ambito delle politiche della memoria, della legittimazione politica, dei processi di nazionalizzazione degli italiani: al centro dell’analisi sono perciò alcuni momenti, strumenti e linguaggi con cui il Risorgimento è stato raccontato e trasmesso alla memoria pubblica della nazione. I lavori, che sono apparsi nel corso dell’ultimo decennio in riviste e volumi collettivi, sono preceduti da un’introduzione, nella quale ho cercato di fare il punto sulle acquisizioni principali connesse al legame tra le memorie del Risorgimento e la questione dell’identità nazionale. Compare inoltre un lungo contributo inedito sulla storia del Museo Nazionale del Risorgimento di Torino nei primi quindici anni della repubblica italiana. La speranza è che gli interventi, qui rivisti e aggiornati rispetto alle versioni originarie, possano offrire un contributo alla riflessione su questioni largamente dibattute in ambito storiografico negli ultimi 15-20 anni, evidenziando l’intreccio tra gli apporti della ricerca storica e quelli inerenti al piano più esteso della memoria pubblica nazionale. Ciascun saggio ha una vita autonoma: ma al tempo stesso si inserisce come tassello di un mosaico più ampio, agevolando una lettura che possa incoraggiare un dialogo tra le singole parti. Nella prima sezione del libro, Le stagioni del mito, sono inclusi saggi che delineano i tratti principali dei miti risorgimentali e del loro rapporto con la vita politica e culturale della nazione nelle fasi classiche della vicenda italiana all’indomani del 1861: l’epoca liberale, il ventennio fascista, l’Italia repubblicana. La seconda sezione, Memorie, luoghi e strumenti della rappresentazione, propone casi esemplificativi di alcune grandi realtà urbane – Roma, Milano, Torino – e si sofferma su momenti, aspetti e canali specifici della rappresentazione del Risorgimento lungo l’intero arco secolare dello stato italiano. Oltre a un’incursione sul versante della memoria autobiografica (con riferimento a un interessante testo familiare di contenuto garibaldino), è largamente presente qui l’attenzione ai processi di costruzione e trasmissione della memoria pubblica risorgimentale: la politica monumentale nella Roma capitale, le feste del cinquantenario del 1859 a Milano, la riorganizzazione del Museo Nazio-


nale del Risorgimento di Torino nel dopoguerra, dopo l’impronta sabaudofascista del 1938; fino a una riflessione più vicina al nostro presente, dedicata ad alcuni meccanismi di messa in scena della storia e di suo uso mediatico (la mostra sul Risorgimento al Meeting dell’Amicizia di Rimini nel 2000). L’introduzione recupera alcune parti discusse in Identità nazionale e miti del Risorgimento nell’Italia liberale. Problemi e direzioni di ricerca, in «Storia e problemi contemporanei», XI (1998), n. 22, pp. 17-40. Il saggio sul Museo del Risorgimento di Torino è inedito. Gli altri contributi, in buona parte ampliati e rimaneggiati, sono apparsi in origine con i titoli e le collocazioni seguenti: 1. L’Italia allo specchio del Risorgimento. Conflitti di memorie 1870-1914, in Gli Italiani in guerra. Conflitti, identità, memorie dal Risorgimento ai nostri giorni, direzione scientifica di M. Isnenghi, vol. II, Le «Tre Italie»: dalla presa di Roma alla Settimana Rossa (1870-1914), a cura di M. Isnenghi e S. Levis Sullam, Utet, Torino 2009, pp. 558-566. 2.

I rituali del fascismo: la controversa eredità del Risorgimento, in Rituali civili. Storie nazionali e memorie pubbliche nell’Europa contemporanea, a cura di M. Ridolfi, Gangemi, Roma 2006, pp. 178-187.

3.

Miti di fondazione. Il Risorgimento democratico e la Repubblica, in Almanacco della Repubblica. Storia d’Italia attraverso le tradizioni, le istituzioni e le simbologie repubblicane, a cura di M. Ridolfi, Bruno Mondadori, Milano 2003, pp. 185-196.

4. La politica monumentale nella Roma postunitaria, in «Passato e Presente», XVII (1999), n. 48, pp. 133-145. 5. “Il fascino irresistibile dei ricordi”. Augusto e Alceste Trionfi tra storia e memoria garibaldine, saggio introduttivo ad Augusto e Alceste Trionfi, Diletta Patria. Quaderni di una famiglia garibaldina, Polistampa, Firenze 2008, pp. 7-40. 6. Il 1859 nella memoria. Le feste del cinquantenario a Milano, in Filippo Mazzonis. Studi testimonianze e ricordi, a cura di F. Bonini, M.R. Di Simone, U. Gentiloni Silveri, Edizioni Scientifiche Abruzzesi, Pescara 2008, pp. 55-71. 7. Inedito. 8. Revisionismo in mostra, in «Storia e problemi contemporanei», XV (2002), n. 29, pp. 67-73. Si ringraziano le case editrici, i curatori dei volumi e i direttori delle riviste che hanno concesso l’autorizzazione alla pubblicazione dei testi.


Capitolo ottavo

La «bugia risorgimentale». Revisionismo in mostra

Per qualche settimana, nell’estate 2000, il Risorgimento è tornato al centro di un’improvvisa ondata di attenzioni nelle pagine dei principali quotidiani italiani. Persino la ricorrenza del 20 settembre, da tempo ormai estranea alla sensibilità pubblica e relegata a «luogo della memoria»1, ha fugacemente beneficiato di questa riscoperta. L’occasione è stata fornita dalla mostra curata dall’Associazione culturale Internazionale Identità Europea, allestita all’interno del Meeting dell’amicizia di Rimini con un titolo eloquente: Il risorgimento italiano. Un tempo da riscrivere. Ne è seguito un dibattito acceso, che spinge a qualche riflessione sulle modalità attraverso le quali sono passate la costruzione e la diffusione mediatica della mostra riminese. La questione incrocia evidentemente un tema di interesse più ampio, che negli ultimi tempi si è fatto largo nel dibattito pubblico: mi riferisco, come è facile intuire, alla tendenza diffusa a rivedere con occhio particolarmente severo, inclinante fino alla moda del mero rovesciamento interpretativo, alcuni passaggi fondamentali della storia d’Italia, dal Risorgimento al Fascismo alla Resistenza2. Ma in chiave ancora più generale emerge con forza la relazione tra le forme della comunicazione storica e il campo sterminato dell’uso pubblico della storia, che di quella comunicazione è ormai diventato il versante più appariscente; un uso pubblico, peraltro, che troppo spesso tracima in uso tout court politico della storia, come hanno testimoniato le diatribe sui manuali scolastici. La manifestazione riminese mi pare un esempio particolarmente calzante del corto circuito che si attiva nel momento in cui l’evento in sé – la mostra –, dopo essere stato evocato come origine della discussione, viene rapidamente e consapevolmente lasciato sullo sfondo, in modo che lo spazio resti interamente occupato e assorbito dalla querelle sull’uso pubblico della storia. Il senso dell’intera operazione potrebbe essere sintetizzato nel modo seguente: si allestisce in tempi brevi una mostra di dimensioni abbastanza modeste, che non deve essere costata uno sforzo di ricerca documentaria partico233


Capitolo ottavo

larmente gravoso, e la si colloca in un contesto di indubbio richiamo, fortemente connotato come il Meeting dell’amicizia. A quel punto l’eco dei mass media è sufficiente a garantire ai messaggi impliciti o espliciti della mostra una ricaduta considerevole; una ricaduta – ha scritto Roberto Balzani, forse sottovalutando il fenomeno – peraltro limitata nel tempo e piegata alle esigenze del «fast food mediatico», poiché «nulla di quello che è rimbalzato sui giornali o sui telegiornali ha, infatti, la pretesa di durare un minuto più del momento in cui l’affaire svetta, al punto culminante della sua parabola, nel cielo dell’informazione»3. Mediocre sotto il profilo storiografico, l’operazione è stata gestita con indubbia abilità, con il linguaggio suadente delle immagini, delle provocazioni giornalistiche e con un’attenta conoscenza delle tecniche di persuasione, che certo non fanno difetto agli ambienti raccolti attorno a Comunione e Liberazione. Di fronte a casi simili, come notava Nicola Gallerano, prima di «denunciare o esorcizzare tali pratiche» è forse più interessante e proficuo «analizzare come concretamente vengono attivate, quali stereotipi o meccanismi irriflessi e al tempo stesso sintomatici vengono messi in gioco»4. Il significato della mostra sul Risorgimento, che il giornale l’«Avvenire» ha giudicato «documentatissima e sorprendente»5, può essere riassunto attraverso le parole di uno dei suoi promotori, Francesco Maria Agnoli, magistrato, storico per passione e, avverte l’«Avvenire», storico «del genere più provocatorio, cioè revisionista cattolico»6. Presentando l’iniziativa, egli precisa che non è intenzione degli organizzatori negare la legittimità dell’aspirazione all’unificazione politica dell’Italia con Roma capitale, né omettere il riconoscimento che il Risorgimento sia stato segnato da episodi di coraggio e di valore, con uomini mossi da ideali disinteressati. Questi aspetti sono ritenuti fin troppo noti, anche perché la storiografia ufficiale (quale? verrebbe intanto da chiedersi) li avrebbe esaltati fino ad avvolgerli di un’aura mitica, adatta come icona per gli altari laici ma poco credibile sul piano della ricostruzione storica. Perciò, sostengono i curatori della mostra, per conoscere veramente il Risorgimento occorre guardarlo a tutto tondo, svelandone le facce nascoste7. 234


La «bugia risorgimentale»

L’obiettivo, di per sé, non ha ovviamente nulla di scandaloso. Anzi, rientra tra i compiti di ogni serio revisionismo: quello cioè che, sollecitando continue interrogazioni sul passato, contribuisce all’allargamento delle conoscenze e si pone come «un formidabile antidoto contro la distruzione delle coscienze e contro il proliferare dei luoghi comuni ideologici»8. È persino superfluo osservare, per inciso, che a questo tipo di revisionismo storiografico appartengono e continuano a dare alimento, anche sul tema specifico del Risorgimento e dei problemi dell’Italia unita, studiosi cattolici di grande levatura9. Si finge dunque di sapere (o, chissà, forse lo si ignora veramente, perché leggere e aggiornarsi costano fatica) che in realtà questi presunti lati oscuri e nascosti sono da parecchi anni al centro di una prolifica stagione di ricerche: basterebbe ricordare, tra i tanti esempi possibili, gli studi che, indagando a fondo le vicende degli stati preunitari, le hanno definitivamente affrancate dalla lettura teleologica che ne soffocava l’autonomo svolgimento e le relegava al ruolo di semplici antefatti necessari dell’unità nazionale10. Uno studioso autorevole come Franco Cardini, commentando severamente le risposte polemiche che la mostra ha suscitato negli ambienti culturali e politici dell’area laica riminese e nazionale, ne ha invece apprezzato il «pacato “disincanto” rispetto a una visione oleografica che ha fatto il suo tempo e che nessuno pensa ormai, fra gli storici seri, a difendere e a rivendicare»11. A sua volta, pur prendendo le distanze da alcune derive strumentali della mostra, Ernesto Galli della Loggia ha rilanciato la polemica, bollando di ideologismo le reazioni di vari commentatori, giornalisti e storici (da Indro Montanelli a Eugenio Scalfari, da Alessandro Galante Garrone a Massimo Salvadori)12. Nella sua argomentazione, Galli della Loggia ha imputato loro il fatto di non essere mai entrati nel merito del problema: essi si sarebbero rifiutati di confrontarsi con le tesi e con le fonti utilizzate dagli interlocutori, stigmatizzandone le posizioni senza citare libri, fatti precisi, provvedimenti, decisioni. Il suggerimento di metodo, esposto in questi termini, è ineccepibile; ma andrebbe esteso ai numerosi interventi giornalistici del folto schieramento revisionista, che in materia di storia (dal Risorgimento al Fascismo, dalla Resistenza alle violenze del dopoguerra, solo per citare alcune 235


Capitolo ottavo

grandi questioni) prescinde, per amor di polemica, dai principali risultati della ricerca, che in non pochi casi smentiscono l’evocazione di un panorama storiografico venato di silenzi e di rimozioni. Tornando alla nostra questione, come si diceva, non c’è dubbio sul fatto che la storiografia italiana più avvertita abbia da tempo abbandonato la visione oleografica del Risorgimento. Tuttavia, a differenza di quanto ritiene Cardini, appare più che fondato il sospetto che gli artefici della mostra riminese non se ne siano accorti: oppure, cosa più probabile, che non ne abbiano comunque voluto tenere conto. Anzi, per limitarsi ancora a un esempio, viene persino da pensare che i molti studi che negli ultimi anni hanno affrontato il tema dei miti risorgimentali, facendone oggetti di ricerca sulla pedagogia politica e sulla costruzione dell’identità nazionale, possano essere scambiati per l’ennesima riproposizione delle vecchie immagini agiografiche del Risorgimento. Si produrrebbe così un curioso paradosso: proprio quei lavori che hanno contribuito a evidenziare anche gli aspetti artificiali nella costruzione dei miti risorgimentali nei primi decenni di vita dell’Italia unita – evitando accuratamente però di farne un argomento di bassa polemica politica – rischierebbero di essere recepiti e additati a conferma di quegli stessi miti e dunque di una storiografia attardata sulle vecchie e stantie posizioni celebrative. Se proviamo a confrontare i propositi della mostra con la sua concreta articolazione e con i messaggi che essa ha inteso veicolare, l’atteggiamento di «critica pacata [e] obiettiva» notato da Cardini pare clamorosamente smentito (è da notare che lo stesso Cardini, in un articolo successivo nell’«Espresso», sembra contraddirsi non poco, definendo la mostra modesta e abbastanza banale)13. Prendiamo ad esempio le dichiarazione di uno dei suoi organizzatori. Il magistrato-storico Agnoli, nella sua intervista all’«Avvenire», espone le proprie posizioni come se si trovasse in un’aula di tribunale, l’ambiente in cui evidentemente si trova più a suo agio. La serie impressionante di accuse mosse allo svolgimento del processo unitario non sembra in effetti conciliarsi con la critica «pacata e obiettiva» di cui sopra. Il Risorgimento è ridotto nei termini di un grande business, all’interno del quale si muovono personaggi intenti nel solo scopo di accaparrarsi privilegi e monopoli di appalti pubblici. Una sorta di grande impresa a delinquere, che 236


Lunga mappa tra riti e miti e specchi deformanti dell’uso pubblico e politico del nostro Risorgimento alle soglie del suo Centocinquantesimo perché la storiografia richiami al rispetto dovuto ai fatti della storia oltre la saggistica breve ed elusiva a tesi questo libro viene stampato nel carattere Simoncini Garamond su carta Arcoprint delle cartiere Fedrigoni dalla tipografia Sograte di Città di Castello per conto di Diabasis nel dicembre dell’anno duemila nove


Dalla biblioteca Diabasis di cultura civile

Paola Bonora e Pier Luigi Cervellati (a cura di), Per una nuova urbanità. Dopo l’alluvione immobiliarista Gianni Boselli (a cura di), Il Paese diviso. Dal regionalismo di Luigi Sturzo agli anni della Lega Gianni Boselli (a cura di), «Libro bianco su Bologna». Giuseppe Dossetti e le elezioni amministrative del 1956, con saggi di Luigi Pedrazzi, Paolo Pombeni, Luigi Giorgi Thomas Casadei e Lucia Re (a cura di), Differenza razziale, discriminazione e razzismo nelle società multiculturali. I. Società multiculturale e questioni razziali II. Discriminazione razziale e controllo sociale Thomas Casadei (a cura di), Lessico delle discriminazioni tra società, diritto e istituzioni Adriano Fabris e Kenneth Seeskin (a cura di), Violenza: la politica e il sacro Marco Folin (a cura di), «Popolo se m’ascolti…» Per le vittime dell’eccidio del Padule di Fucecchio 23 agosto 1944 con scritti di Adriano Prosperi e Bruno Schacherl Luigi Giorgi (a cura di), Le «Cronache sociali» di Giuseppe Dossetti [antologia], con un saggio di Paolo Pombeni Giulia Guazzaloca (a cura di), Governare la televisione? Politica e tv in Europa negli anni Cinquanta-Sessanta, prefazione di Paolo Pombeni Alberto Melloni (a cura di), Ottosettembre 1943. Le storie e le storiografie Federico Mioni (a cura di), Il teatro della politica. Tocqueville tra democrazia e rivoluzione Mario Nordio e Vittorio Possenti (a cura di), Governance globale e diritti dell’uomo Mario Nordio e Giorgio Vercellin (a cura di), Islam e diritti umani: un (falso?) problema


Franco Riva (a cura di), Ripensare la solidarietà Franco Sbarberi (a cura di), La forza dei bisogni e le ragioni della libertà. Il comunismo nella riflessione liberale e democratica del Novecento Le «Cronache sociali» di Giuseppe Dossetti 1947-1951. La giovane sinistra cattolica e la rifondazione della Democrazia Cristiana. Edizione anastatica Boaventura de Sousa Santos e altri, Atlantico periferico. Il postcolonialismo portoghese, a cura di Roberto Vecchi, Margarida Calafate Ribeiro e Vincenzo Russo Guido Calogero, Le regole della democrazia e le ragioni del socialismo, a cura di Thomas Casadei, postfazione di Norberto Bobbio Guido Calogero, La scuola dell’uomo, a cura di Paolo Bagnoli, con una testimonianza di Aldo Visalberghi Hans Kelsen, Scritti autobiografici, a cura di Mario G. Losano Mario G. Losano, Peronismo e giustizialismo: dal Sudamerica all’Italia, e ritorno, a cura di Marzia Rosti Ferruccio Andolfi, Lavoro e libertà. Marx, Marcuse, Arendt Giuseppe Armani, Un’idea di progresso. Da Beccaria a Galante Garrone Luigi Cavazzoli, Stefano Siliberti, La sete di pace. Clero e fedeli della diocesi di Mantova nella seconda guerra mondiale Maria Bacchi, Costanza Bertolotti, Sara Cazzoli, Tania Righi, Maria Zuccati, Mi sono messa di nome Yurika. Donne, Resistenza e politica a Mantova 1943-1945 Paolo Bagnoli, L’idea dell’Italia (1815-1861) Luigi Covatta, Diario della Repubblica Alessandro Galante Garrone, Piccoli discorsi sulla libertà Alessandro Galante Garrone, Franco Venturi, Vivere eguali. Dialoghi inediti intorno a Filippo Buonarroti, con un saggio e a cura di Manuela Albertone


Hans Küng, La mia battaglia per la libertà Mario G. Losano, Il movimento Sem Terra del Brasile. Funzione sociale della proprietà e latifondi occupati Eduardo Lourenço, Il labirinto della saudade. Portogallo come destino Federico Mioni, Thomas Jefferson e la scommessa dell’autogoverno. Virtù, popolo e “ward system” nel pensiero di Thomas Jefferson Ruggero Orfei, Il gioco dell’oca. Rapporto sul movimento cattolico Paolo Prodi, Lessico per un’Italia civile Massimo Quaini, L’ombra del paesaggio. Orizzonti di un’utopia conviviale Bruno Rossi, Mario Tommasini, Eretico per amore Paolo Veziano, Sanremo. Una nuova comunità ebraica nell’Italia fascista 1937-1945, con un’introduzione di Alberto Cavaglion Danilo Zolo, Terrorismo umanitario


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