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La volta del cielo
Matteo Baraldi si occupa principalmente di cultura australiana e di letteratura per l’infanzia, con particolare riguardo al mondo coloniale dell’Ottocento britannico. Maria Chiara Gnocchi è dottore di ricerca in letterature francofone presso l’Università di Bologna e l’Université Libre de Bruxelles.
Luca Acquarelli Matteo Baraldi Maria Chiara Gnocchi Vincenzo Russo
TENEBRE BIANCHE IMMAGINARI COLONIALI FIN DE SIÈCLE
DIABASIS
TENEBRE BIANCHE
Vincenzo Russo è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere Moderne dell’Università di Bologna e docente di Letteratura e Lingua Portoghese all’Università di Milano.
Come Joseph Conrad lascia intravedere nel suo capolavoro, è proprio alla fine del XIX secolo che il Cuore di tenebra africano insinua le sue inquietanti rifrazioni sulla cultura imperiale delle nazioni europee. Il progetto che gli immaginari coloniali di Francia, Belgio, Inghilterra e Portogallo contribuiscono a stratificare nella cultura europea non è altro che il tentativo di legittimare l’Impero con l’Idea. I quattro saggi raccolti in queste Tenebre Bianche provano a decostruire i potenti dispositivi mitografici, concentrandosi sulle rappresentazioni letterarie e fotografiche, che le nazioni d’Europa piegano alla propria causa imperiale.
Acquarelli Baraldi Gnocchi Russo
Luca Acquarelli si occupa di analisi dell’immagine e di traduzione fra regimi semiotici diversi, nonché di studi sul colonialismo. Dottorando in Visual Studies all’Università di Siena con una tesi sull’iconografia del fascismo imperiale italiano.
€ 18,00
DIABASIS
Agli occhi di un’Europa già ampiamente coloniale, il cuore dell’Africa si mostra come vuoto – a blank space, scrive Conrad in Heart of Darkness – : un posto ancora da prendere, privo di riferimenti, un vuoto da riempire. Poi, in meno di una generazione, la cartina geografica si riempie di “fiumi e laghi e nomi”. È l’occasione, per le potenze imperiali del vecchio continente (quelle antiche come quelle più recenti) per dispiegare i propri mezzi (scienza, cultura) e ridurre quel vuoto in un “pieno di nomi”, in un catalogo, in un archivio. Ma, anche riuscendo a rendere il mistero del “cuore di tenebra” qualcosa di “dicibile”, la modernità occidentale non può ridurne tutta la residualità trasgressiva e resistente, una residualità pericolosa per la ragione ma quanto mai fertile per l’immaginazione e la creazione artistica. Entro i limiti temporali di quella che Hobsbawm ha chiamato l’età degli imperi (1875-1914), gli autori prendono in esame gli immaginari coloniali di alcuni paesi europei (Inghilterra, Francia, Belgio, Portogallo) così come emergono dalle molteplici rappresentazioni letterarie e fotografiche prodotte all’epoca. Lo studio si concentra su un preciso luogo generatore di immagini: il cuore di tenebra, ossia l’Africa centrale e equatoriale, con un’attenzione particolare per il bacino del fiume Congo. Alla base, una convinzione, derivata dalla lezione di Edward Said: il potere di narrare è cruciale per la cultura e per l’imperialismo, e costituisce uno dei principali legami tra l’una e l’altro. L’immaginario coloniale si forgia, non solo sulle ideologie e sull’azione politica ufficiale, sulla storiografia, sull’economia, sulla geografia, sui nuovi saperi codificati dalla modernità (l’antropologia, l’etnografia, la sociologia) ma ricade più o meno coscientemente nelle opere d’arte, nelle rappresentazioni, riarticolandone i miti, le figure, i cliché. Una modernità culturale e scientifica che determina una continua ridefinizione delle figure di colono e di colonizzato, dove l’identità del Sé europeo passa inevitabilmente attraverso la macchina di produzione delle alterità.
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La volta del cielo Progetto di Massimo Quaini ed Eugenio Turri
Direzione Massimo Quaini
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Il volume è stato realizzato grazie al contributo della Scuola Superiore di Studi Umanistici dell’Università di Bologna
In copertina Cartolina dalla serie «116 cartes postales du Congo français, 1907» Société de Géographie, BNF, Paris
Progetto grafico e copertina BosioAssociati, Savigliano (CN)
ISBN 978 88 8103 541 0
© 2008 Edizioni Diabasis via Emilia S. Stefano 54 I-42100 Reggio Emilia Italia telefono 0039.0522.432727 fax 0039.0522.434047 info@diabasis.it www.diabasis.it
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Luca Acquarelli Matteo Baraldi Maria Chiara Gnocchi Vincenzo Russo
Tenebre bianche Immaginari coloniali fin de siècle
D I A B A S I S
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Tenebre bianche Immaginari coloniali fin de siècle
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Prefazione, Roberto Vecchi
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Introduzione
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Cultura e immaginario coloniale nel Portogallo finesecolare, Vincenzo Russo
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Un gioco da ragazzi. Africa e Impero nella letteratura inglese per l’infanzia dell’Ottocento, Matteo Baraldi
125
Attraverso il continente nero su bianco. Testi d’oltremare belgi e francesi, Maria Chiara Gnocchi
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La fotografia e il colonialismo.Visioni sul Congo, Luca Acquarelli
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Bibliografia
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Indice delle immagini
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Prefazione
Orrori illuminati
Se le ricerche sono chiamate a creare oggetti nuovi che prima non c’erano, il progetto del quale qui si dà conto riproducendone gli esiti inventa di fatto un nuovo territorio che forse merita di essere ulteriormente esplorato e percorso. Esso comunque non nasce dal nulla. Si definisce all’interno della programmazione scientifica di un centro di ricerca del Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere Moderne, il Centro Studi sulle Letterature Omeoglotte dei Paesi Extra Europei (nella vulgata, il Centro Studi Postcoloniali) che, grazie al decisivo patrocinio della Scuola Superiore di Studi Umanistici sempre dell’Ateneo bolognese, riesce ad allestire una équipe di giovani ricercatori di ambito dottorale e postdottorale che, per oltre un biennio, si interroga sulla possibilità di definire una morfologia della esperienza coloniale europea intorno a quella che Hobsbawm definisce l’Età degli imperi. Una ricerca che rivela subito la sua natura positivamente bifida o interstiziale, ponendosi “tra” una Europa che ricerca la sua ultima avventura coloniale, e gli altri mondi che come fantasia o conoscenza si proiettano sullo spazio dei saperi della metropoli. Irriducibili, insomma, in un discorso monografico, limitato unicamente ai colonialismi da un lato o alle Europe, piccole o egemoniche che esse siano, dall’altro. Come tutti i libri, anche questo ne ha dentro di sé molti altri. Già muovendo dalla introduzione, ma con una vasta disseminazione in tutti i quattro robusti capitoli che scandiscono diverse storie imperiali – dagli imperialismi in un certo senso normativi inglese e francese a quelli problematicamente subalterni come la piccola patria Portogallo o anche all’interessantissimo caso del Congo belga – si afferra un fitto reticolato di rimandi che tessono per ogni contributo saggistico una specie di membrana sensibile comune. In effetti, la ricerca di gruppo nasce dalla lettura di due opere che finiscono con l’essere un vero e proprio collante concettuale dei saggi. La prima opera generatrice è indubbiamente, come si evidenzia in molteplici occasioni, a partire anche dallo stesso titolo del progetto, Heart of Darkness di Joseph Conrad, recuperato in una chiave non soltanto di narrativa dell’impero, ma come un portentoso dispositivo critico che consente di sondare aspetti profondi e interdetti della coscienza coloniale europea al varco del secolo. La seconda opera che peraltro si connette strettamente col romanzo conradiano è una monografia fondatrice che dischiude nuovi sguardi sulle vicende dell’impero, ovvero quel Culture and Imperalism di Edward W. Said che
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Roberto Vecchi
non è anch’esso solo una delle più robuste analisi dell’esperienza storica dell’imperialismo, anche in raccordo con un altro testo liminare della tradizione degli studi postcoloniali come il foucaultiano Orientalism dello stesso Said. Concentrando il suo fuoco critico su alcuni imperialismi normativi, nella fattispecie quelli di Inghilterra, Francia e USA, in realtà il critico mette a punto un eccellente strumento concettuale che consente, come invita a fare nelle premesse dell’opera, di indagare anche altri imperialismi che in modo più o meno diretto confermano l’esistenza di un modello culturale dell’impero, disseminato in diversi contesti. Ma è nel nesso più fertile dell’opera di Said – non a caso ispirato proprio a Conrad – che i saggi qui riuniti fissano i loro presupposti di indagine, ovvero che l’impero esiste anche e soprattutto in combinazione con l’idea di avere un impero, dunque il vincolo con le rappresentazioni nel campo culturale non è solo consistente ma assolutamente decisivo. L’immaginazione dell’impero dunque svolge una funzione cruciale ed è per questo che la letteratura – così come la fotografia, come molto bene si evince dalle pagine che seguono – è una componente fondante, in piena crisi mimetica, non solo la cultura imperiale ma lo stesso impero sul piano fattuale: factum e fictum insomma si alleano nella moderna versione della idea imperiale e della sua esecuzione storica. La dimensione moderna di questo processo risulta affatto palese: l’imperialismo che coincide con l’apogeo del moderno e l’affermazione della tecnica non ha alcunché di arcaico o primordiale anche nelle forme più selvagge e primarie di sfruttamento ed accumulazione. Esso esemplifica assai bene quella caratteristica di modernizzazione su larga scala del razzismo, a partire da una cesura biopolitica, introdotta progettualmente nei diversi contesti dell’impero, che Foucault individua nelle pagine conclusive di Il faut défendre la société, contribuendo così a definire una delle forme biopolitiche fondamentali della nostra contemporaneità in cui si coagulano nuovi inquietanti meccanismi di sovranità. Non sorprende allora che in alcune delle pagine illuminanti la crisi sulla sicurezza che viviamo in epoca contemporanea, una filosofa sensibile e acuta come Adriana Cavarero trovi proprio in Heart of Darkness il punto di fuga possibile che fa da appendice al suo ultimo libro, Orrorismo ovvero della violenza sull’inerme in cui, in chiave neologica, si fissa la categoria coniata sull’orrore e il terrorismo, come emblema della violenza distruttiva contro lo stesso statuto ontologico dell’umano. La traccia di questo processo che lacera il nostro tempo non è forse già tutto presente nel grido sussurrato con cui Kurtz spira (“The horror! The horror!”) che, anche nella sua ossimoricità tonica, di sussurro che prelude al vento impetuoso, rivela il volto oscuro, solo eufemizzabile, di una modernità non affatto remota ma tutta dentro lo spirito distruttivo del secolo degli estremi? Anche qui forse non è fuori luogo ricordare come un celebre capitolo di Le origini del totalitarismo di Hannah Arendt, “Razza e burocrazia”, prenda le mosse proprio dal testo conradiano che mette in scena un mondo popolato da moderni uomini, “vuoti fino nel profondo”, messi al bando dalle metropoli, ma che nello
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Prefazione
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spazio coloniale rivelano la vera portata moderna del risentimento che li colmava. In questo senso, e questo libro mi pare contribuisca in modo eccellente a confermarlo, diventa un pleonasmo parlare di barbarie coloniale in tutte le sue declinazioni non solo linguistiche qui contemplate, anglofone, francofone, lusofone. Se vogliamo davvero guardare negli occhi il mostro, possiamo cogliere come quanto potrebbe apparire come eccentrico o degenerato, in realtà si iscriva in una razionalità palmare che è alle origini dell’orrore materializzato e dissimulato nelle catastrofi immani come quella dell’Europa degli imperi. Del resto, anche solo ricordando pensieri forti nella tradizione critica postcoloniale, come ad esempio quello di Partha Chatterjee, nazionalismi e colonialismi, pur riconfigurati nella temperie romantica, attingono alla stagione dei Lumi radici e valori, tanto da fare riconoscere in processi di superamento dell’esperienza coloniale un ritorno dello spettro nazionale secondo i presupposti della matrice europea. Sono dunque anche gli orrori degli imperi orrori senz’altro illuminati, come quelli di una razionalità che non risparmia, nelle sue versioni anche a noi prossime, la violenza più brutale sia pure nelle sue forme e nei suoi alibi immunitari dell’organizzazione sociale moderna. Molto insomma si chiarisce grazie alle Tenebre bianche qui raccolte. Per il Centro che ha progettato e poi seguito l’intreccio dei percorsi di studio – che si sviluppano, come si nota subito, in un contrappunto costante tra particolarizzazione contestuale e generalizzazione dell’esperienza europea dell’impero che riflette la collegialità con cui la ricerca è stata condotta – si tratta di un’ulteriore prova di come programmi con un forte grado di interdisciplinarità, scaturiti da confronti aperti, appassionati, al di là dei ruoli, possono produrre esiti importanti e inattesi, almeno rispetto alle ipotesi di partenza. Un motivo in più per proseguire nell’impegno del Centro, impresso nella sua storia e nella sua stessa struttura, di essere un luogo di dialoghi e di saperi meticci e sempre aperti. Roberto Vecchi Coordinatore scientifico del Centro Studi sulle Letterature Omeoglotte dei Paesi Extra Europei dell’Università di Bologna
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Gli autori
Luca Acquarelli, laureato in Scienze della Comunicazione presso l’Università di Bologna con una tesi sul documento fotografico come fonte storica, si occupa di analisi dell’immagine e di traduzione fra regimi semiotici diversi, nonché di studi sul colonialismo. Sta per concludere il dottorato in Visual Studies all’Università di Siena con una tesi sull’iconografia del fascismo imperiale italiano. Collabora alla rivista scientifica «Carte Semiotiche» e scrive per alcuni periodici italiani. Matteo Baraldi si è occupato principalmente di cultura australiana e di letteratura per l’infanzia con particolare riguardo al mondo coloniale dell’Ottocento britannico. È autore di un testo divulgativo sulla storia recente dell’Australia, L’ultima terra. La cultura australiana contemporanea (Carocci, Roma 2002) e di un volume dedicato al tema dell’enfant sauvage dal titolo I bambini perduti. Il mito del ragazzo selvaggio da Kipling a Malouf (Quodlibet, Macerata 2007). Maria Chiara Gnocchi è dottore di ricerca in letterature francofone (Università di Bologna, Université Libre de Bruxelles) e collabora attualmente con l'ateneo bolognese. Le sue ricerche e le sue pubblicazioni portano sulle letterature di lingua francese, europee ed extra-europee, sulla sociologia della letteratura e sulla storia dell'editoria francese. Ha pubblicato nel 2007, a Bruxelles, un volume sulla storia della casa editrice parigina Rieder. Vincenzo Russo, laureato in Lettere Moderne e addottoratosi in Iberistica presso l’Università di Bologna, è attualmente assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere Moderne della stessa università e docente a contratto di Letteratura e Lingua Portoghese all’Università di Milano. Ha curato l’edizione italiana delle opere di vari autori portoghesi: José Luís Peixoto, Fernando Pessoa, Eduardo Lourenço, António Ramos Rosa. Per Diabasis è coresponsabile con Roberto Vecchi del progetto editoriale Estrema Europa Occidente (EEO) sui classici del pensiero portoghese.
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Passages
AA.VV., Le Americhe annunciate. I viaggiatori liguri precolombiani, a cura di Ilaria Caraci Giuseppe Caraci, Segni e colori degli spazi medievali. Italiani e catalani nella prima cartografia nautica medievale Carmen Radulet, Vasco Da Gama e la prima circumnavigazione dell'Africa. 1497-1499 Luigi Cavalli, Più neri di prima. Colonizzazione e schiavitù in Congo nel diario di viaggio di un italiano, a cura di Francesco Surdich André Thevet, Le singolarità della Francia antartica Vanni Blengino, Il vallo della Patagonia Amanda Salvioni, L’Invenzione di un Medioevo americano. L’immaginazione storica e il passato coloniale in America Latina Massimo Quaini, La mongolfiera di Humboldt AA.VV., Paesaggio: pratiche, linguaggi, mondi, cura di Angelo Turco Eugenio Turri, Viaggio a Samarcanda Gioachino Chiarini, I cieli del mito. Letteratura e cosmo da Omero a Ovidio Luisa Rossi, L’altra mappa. Esploratrici, viaggiatrici, geografe (sec. XVI-XIX) Luisa Rossi e Davide Papotti, Alla fine del viaggio Dire la guerra, fare la guerra, a cura di Jeanne Clegg e Angelo Turco Roberta Cevasco, Memoria verde
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Penetrante indagine di un gruppo di giovani studiosi sotto il segno di Conrad e Said sulle rappresentazioni culturali del colonialismo decisive e necessarie per fondare l’esistenza dell’impero sull’idea di un impero questo libro viene stampato nel carattere Simoncini Garamond su carta Arcoprint delle cartiere Fedrigoni dalla tipografia SAGI di Reggio Emilia per conto di Diabasis nell’aprile dell’anno duemila otto