a cura di maria grazia eccheli debora giorgi alberto pireddu
Costruire Terra Acqua Luce Construire Terre Eau Lumière
La serie di pubblicazioni scientifiche Ricerche | architettura, design, territorio ha l’obiettivo di diffondere i risultati delle ricerche e dei progetti realizzati dal Dipartimento di Architettura DIDA dell’Università degli Studi di Firenze in ambito nazionale e internazionale. Ogni volume è soggetto ad una procedura di accettazione e valutazione qualitativa basata sul giudizio tra pari affidata al Comitato Scientifico Editoriale del Dipartimento di Architettura. Tutte le pubblicazioni sono inoltre open access sul Web, per favorire non solo la diffusione ma anche una valutazione aperta a tutta la comunità scientifica internazionale. Il Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze promuove e sostiene questa collana per offrire un contributo alla ricerca internazionale sul progetto sia sul piano teorico-critico che operativo. The Research | architecture, design, and territory series of scientific publications has the purpose of disseminating the results of national and international research and project carried out by the Department of Architecture of the University of Florence (DIDA). The volumes are subject to a qualitative process of acceptance and evaluation based on peer review, which is entrusted to the Scientific Publications Committee of the Department of Architecture. Furthermore, all publications are available on an open-access basis on the Internet, which not only favors their diffusion, but also fosters an effective evaluation from the entire international scientific community. The Department of Architecture of the University of Florence promotes and supports this series in order to offer a useful contribution to international research on architectural design, both at the theoretico-critical and operative levels.
ricerche | architettura design territorio
ricerche | architettura design territorio
Coordinatore | Scientific coordinator Saverio Mecca | Università degli Studi di Firenze, Italy Comitato scientifico | Editorial board Elisabetta Benelli | Università degli Studi di Firenze, Italy; Marta Berni | Università degli Studi di Firenze, Italy; Stefano Bertocci | Università degli Studi di Firenze, Italy; Antonio Borri | Università di Perugia, Italy; Molly Bourne | Syracuse University, USA; Andrea Campioli | Politecnico di Milano, Italy; Miquel Casals Casanova | Universitat Politécnica de Catalunya, Spain; Marguerite Crawford | University of California at Berkeley, USA; Rosa De Marco | ENSA Paris-LaVillette, France; Fabrizio Gai | Istituto Universitario di Architettura di Venezia, Italy; Javier Gallego Roja | Universidad de Granada, Spain; Giulio Giovannoni | Università degli Studi di Firenze, Italy; Robert Levy| Ben-Gurion University of the Negev, Israel; Fabio Lucchesi | Università degli Studi di Firenze, Italy; Pietro Matracchi | Università degli Studi di Firenze, Italy; Saverio Mecca | Università degli Studi di Firenze, Italy; Camilla Mileto | Universidad Politecnica de Valencia, Spain | Bernhard Mueller | Leibniz Institut Ecological and Regional Development, Dresden, Germany; Libby Porter | Monash University in Melbourne, Australia; Rosa Povedano Ferré | Universitat de Barcelona, Spain; Pablo RodriguezNavarro | Universidad Politecnica de Valencia, Spain; Luisa Rovero | Università degli Studi di Firenze, Italy; José-Carlos Salcedo Hernàndez | Universidad de Extremadura, Spain; Marco Tanganelli | Università degli Studi di Firenze, Italy; Maria Chiara Torricelli | Università degli Studi di Firenze, Italy; Ulisse Tramonti | Università degli Studi di Firenze, Italy; Andrea Vallicelli | Università di Pescara, Italy; Corinna Vasič | Università degli Studi di Firenze, Italy; Joan Lluis Zamora i Mestre | Universitat Politécnica de Catalunya, Spain; Mariella Zoppi | Università degli Studi di Firenze, Italy
a cura di maria grazia eccheli debora giorgi alberto pireddu contributi di saverio mecca maria grazia eccheli corinne cauvine-verner adelina picone eleonora cecconi alessandro cossu alberto pireddu caterina lisini letizia dipasquale debora giorgi francesco tioli graziano ghinassi veronica gambini
Costruire Terra Acqua Luce Construire Terre Eau Lumière
Il volume è l’esito di un progetto di ricerca condotto dal Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze. La pubblicazione è stata oggetto di una procedura di accettazione e valutazione qualitativa basata sul giudizio tra pari affidata dal Comitato Scientifico del Dipartimento DIDA con il sistema di blind review. Tutte le pubblicazioni del Dipartimento di Architettura DIDA sono open access sul web, favorendo una valutazione effettiva aperta a tutta la comunità scientifica internazionale. Università di Firenze - DIDA Maria Grazia Eccheli, Flaviano Maria Lorusso, Saverio Mecca, Corinne Cauvin Verner Eleonora Cecconi, Alessandro Cossu, Letizia Dipasquale, Debora Giorgi, Caterina Lisini, Alberto Pireddu, Francesco Tioli Università di Firenze - GESAAF Graziano Ghinassi Università Federico II Napoli - DIARC Adelina Picone, Iolanda Francario Association TIWIZI Matter of Act - Aniko M.E. Boehler Studenti Enrico Acquasanta, Marzia Adipietro, Mattia Anemona, Francesco Bagnoli, Chiara Baiocco, Chiara Baldi, Filippo Baldini, Filippo Bonini, Andrea Burgio, Matteo Capecci, Ettore Catani, Lucia Chirichiello, Simone Cimadamore, Stefano Ciolli, Alessio Cruciani, Marta D’Addona, Alfonso D’Antò, Albert De franco, Francesca Del Gatto, Niccolò de Ruvo, Giulia de Sando, Valentina D’Ippolito, Michele D’Ostuni, Guido Di Lullo, Erika Ferrari, Eugenio Ferro, Ilaria Fioravanti, Elena Fiori, Laura Frongia, Giulia Gaita, Gloria Gallo, Veronica Gambini, Giulio Hasanaj, Francesco Illuminati, Serena Izzo, Simona Izzo, Aida Ghaidarpour, Ardjana Gjnas, Luca Guercio, Dario Lauria, Giacomo Limberti, Emanuele Longo, Giusj Lopatriello, Olimpia Lotti, Camilla Lottini, Andrea Lumini, Irene Magni, Francesco Martelli, Gabiria Masciullo, Caterina Mennella, Salvatore Migliaccio, Elena Migliorini, Alessandra Morales, Giuseppe Mosca, Davide Neroni, Vittoria Pannullo, Erica Passavinti, Giorgio Pluchino, Camilla Ricci, Giovanni Rizzo, Lesya Romanyak, Marta Rossi, Marco Saccomani, Roberto Santacroce, Antonella Sedda, Marianella Stillavato, Letizia Tralli, Franzo Zaini Le immagini riprodotte, salva diversa indicazione contenuta nelle didascalie, sono degli autori dei saggi e degli studenti. Si ringrazia Julien Loyrion per il servizio fotografico e le fotografie b/n alle pagine 254-257. in copertina Geometrie della terra ad Asnì progetto grafico
didacommunicationlab Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze Susanna Cerri Federica Giulivo
© 2020 DIDAPRESS Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze via della Mattonaia, 14 Firenze 50121 ISBN 978-88-3338-1-053
Stampato su carta di pura cellulosa Fedrigoni X-Per
indice | sommaire
Introduzione | Introduction Saverio Mecca
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Disegnare la terra | Dessiner la terre
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Passaggio Marrakech Asni | Passage Marrakech Asni Maria Grazia Eccheli
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Alcuni archetipi su l’abitare marocchino | De quelques archétypes de l’habitat marocain Corinne Cauvin-Verner
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La tradizione costruttiva di Asni | La tradition constructive à Asni Letizia Dipasquale
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Il mantello della terra | Le manteau de la terre Eleonora Cecconi
55
La stereometrica imperfezione dell’ombra | L’imperfection stéréométrique de l’ombre Alessandro Cossu
63
Il colore della terra nei tappeti nomadi e tribali del Marocco | La couleur de la terre dans les tapis nomades et tribaux du Maroc Alberto Pireddu
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Incantesimi di sabbia. Hassan Fathy a New Baris | Enchantements de sable. Hassan Fathy à New Baris Caterina Lisini
89
Viaggio in Marocco | Voyage au Maroc 105 Volti e luoghi. Il Marocco nelle prime fotografie di José Ortiz-Echagüe e Gabriele Basilico | Visages et lieux. Le Maroc dans les premières photographies de José Ortiz-Echagüe et Gabriele Basilico 107 Alberto Pireddu Sulla via dell’Atlante | Sur la route de l’Atlas
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Asni e/o i territori dell’Architettura | Asni et/ou les territoires de l’architecture Debora Giorgi
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L’acqua, da problema a risorsa | L’eau, du problème à la ressource Graziano Ghinassi
135
Workshop 2015 | Atelier 2015
141
Ritrovare l’identità dei luoghi attraverso un’esperienza di co-design | Retrouver l’identité des lieux à travers une expérience de co-design Debora Giorgi
143
Workshop Asni Aprile 2015 | Atelier Asni Avril 2015
157
New Asni: il progetto di un nuovo insediamento tra geografia e morfologia | New Asni : le projet d’un nouveau quartier entre géographie et morphologie Adelina Picone
161
L’acqua, dalla natura all’artificio | L’eau, de la nature à l’artifice Veronica Gambini
171
Workshop Asni Settembre 2015 | Atelier Asni Septembre 2015
187
Rilievi di terra | Relevés de terre Francesco Tioli
191
Le forme del vuoto | Les formes du vide Antonella Sedda, Marianella Stillavato
207
Workshop Asni Settembre 2016 | Atelier Asni Septembre 2016 215 Terra. Luogo di progetto | Terre. Lieu de projet 219 Maria Grazia Eccheli Atmosfere di terra. Costruire con la terra cruda ad Asni | Atmosphères de terre. Construire avec la terre crue à Asni Irene Magni, Elena Migliorini
235
Congresso internazionale su l’architettura in terra nell’Africa del Nord | Le Congrès international sur l’architecture de terre en Afrique du Nord Université Cadi Ayyad, Marrakech
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Bibliografia | Bibliographie 263
i monti dell’atlante risplendono vicini, e si potrebbe scambiarli per la catena delle alpi se la loro luce non fosse più fulgida e non vedessimo tutte quelle palme tra i monti e la città Elias Canetti, Le voci di Marrakech
les montagnes de l’atlas brillent, et on pourrait les prendre pour la chaîne des alpes si leur lumière était plus brillante et si tous ces palmiers entre les montagnes et la ville n’avaient pas été là Elias Canetti, Le voci di Marrakech
Oualalou + Choi, Padiglione del Marocco, EXPO 2015, Milano Oualalou + Choi, Pavillon du Maroc, EXPO 2015, Milano
introduzione | introduction Saverio Mecca
La terra cruda è un materiale antico e nuo-
La terre crue est un matériel ancien et nou-
vo, diffuso e misconosciuto, di grandi poten-
veau, répandu et méconnu, aux énormes
zialità progettuali: dalle capacità espressi-
potentialités conceptuelles: des capacités
ve al bilancio energetico ed ambientale, al-
expressives au bilan énergétique et envi-
la integrazione con altri materiali, pietra, le-
ronnemental, à l’intégration avec d’autres
gno, laterizio, calce, fibre vegetali, alla capa-
matériels comme la pierre, le bois, la terre
cità di rispondere alle esigenze in situazioni
cuite, la chaux ou les matières végétales
climatiche e geografiche estreme.
fibreuses, à la capacité de répondre aux be-
Progettare e costruire architetture in terra si-
soins de la population dans des situations
gnifica costruire con un materiale naturale
climatiques et géographiques extrêmement
disponibile pressoché ovunque, ma richie-
difficiles.
de le competenze e le conoscenze proprie
Concevoir et construire des structures ar-
di un bravo architetto: per lo studente può si-
chitecturales en terre signifie construire
gnificare non solo conoscere una architettu-
avec un matériel naturel disponible à peu
ra e una cultura progettuale importante, ma
près partout, mais cela nécessite les compé-
accrescere sensibilmente le proprie capaci-
tences et les connaissances d’un bon archi-
tà e competenze per un progetto di archi-
tecte : les étudiants peuvent non seulement
tettura sostenibile in ogni sua dimensione.
connaître une architecture et une culture
La progettazione consapevole di nuove ar-
conceptuelles très importantes, mais aus-
chitetture in terra non solo può generare ar-
si accroître considérablement leurs capaci-
chitetture sostenibili e resilienti ma è anche
tés et leurs compétences pour un projet d’ar-
la base per la conservazione di un patrimo-
chitecture durable dans tous les aspects.
nio architettonico materiale e immateriale
La conception consciente de nouvelles
eccezionale.
structures architecturales en terre non seu-
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costruire terra acqua luce | construire terre eau lumière
In Marocco le architetture in terra sono un
lement peut produire des architectures du-
forte documento della sua cultura e storia.
rables et résilientes mais elle est aussi à la
Il processo di valorizzazione delle culture
base de la préservation d’un patrimoine ar-
architettoniche vernacolari della terra è or-
chitectural matériel et immatériel excep-
mai avviato da anni a livello internaziona-
tionnel.
le e questo seminario si inserisce con il suo
Au Maroc, les structures architecturales en
contributo in questa linea di ricerca cultura-
terre témoignent sa culture et son histoire.
le e scientifica.
Depuis des années, le processus de valorisation des cultures architecturales vernaculaires de la terre est désormais en route au niveau international. Ce séminaire s’inscrit, avec sa contribution, dans ce domaine de recherche culturelle et scientifique.
D i s eg na re la te r ra Dessiner la terre
passaggio marrakech asni | passage marrakech asni Maria Grazia Eccheli
Luce e ombra scolpiscono forme di terra rossa Tangeri è una immensa bianca scultura di rigorosi parallelepipedi che s’aggrappano a ripidi terrazzamenti degradanti verso il mare. Un’immagine che evoca i paesaggi mediterranei del Mare Nostrum: Amalfi, Maiorca, Santorini… Nel suo film Il tè nel deserto, è proprio a Tangeri che Bernardo Bertolucci vela la crisi amorosa tra Kit, la giornalista ormai priva di inventiva, e Port il musicista a corto di ispirazione. Proprio dalla BIANCA città s’inizia il viaggio verso il ROSSO deserto della ricca coppia americana: il VIAGGIO come conoscenza di sé e dell’altro… Non potevano essere che gli alti Muri delle immaginarie architetture, rosse come la terra, a divenire la scena fissa in cui si consumano i destini… I MURI di Marrakech sono limite tra SACRO (il privato) e PROFANO (il pubblico), sono muri altissimi che proiettano lunghe ombre ad incanalare il fresco. I muri sono di terra rossa, essenziali; non hanno finestre ma solo rade bucature per arieggiare la casa; e piccole sono le porte. Il portale decorato che si staglia sui ciechi muri è SOGLIA: di un palazzo, di una madrasa o
Ombre et lumière sculptent des formes en terre rouge Tanger est une immense sculpture blanche de rigoureux parallélépipèdes qui s’accrochent aux terrassements en pente abrupte vers la mer. Une image qui évoque les paysages méditerranéens du Mare Nostrum : Amalfi, Mallorca, Santorin… Dans son film Un thé au Sahara qui se déroule justement à Tanger, Bernardo Bertolucci révèle la crise amoureuse entre Kit, journaliste ayant désormais perdu sa capacité inventive, et Port, un musicien en manque d’inspiration artistique. C’est par la ville BLANCHE que le voyage du riche couple américain commence, en direction du désert ROUGE : le VOYAGE devient une métaphore de la connaissance de soi et de l’autre… Pour devenir la scène fixe dans laquelle les destins se consomment, cela ne pouvait être que les hauts Murs de l’architecture imaginaire, rouges comme la terre… Les MURS de Marrakech sont les frontières entre le SACRÉ ( le privé ) et le PROFANE ( le public ). Ce sont de très hauts murs qui créent de longues ombres à canaliser le frais. Les murs, faits d’argile, sont essentiels ; sans fenêtres, mais de simples et rares ouvertures ven-
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costruire terra acqua luce | construire terre eau lumière
di un caravanserraglio. Nei vicoli senza uscita c’è sempre un portone: dopo il buio ingresso, ti trovi in un mondo magico dove “si respira il silenzio”; dove sembrano lontani i rumori, gli odori e i colori dei souks. Ne Le voci di Marrakech di Canetti sono poche e schermate le finestre che danno sulla strada: “tutto si apre sul cortile, e questo si apre sul cielo”, “si può anche salire sul tetto e di colpo vedere gli innumerevoli tetti a terrazza della città. Si ha l’impressione di una spianata, e tutto sembra fatto di grandi gradinate. Vien da pensare che si può passeggiare sopra l’intera città. I vicoli non sono un ostacolo, non si vedono, si dimentica la loro esistenza”. In Architecture Without Architects, Bernard Rudofsky annota che “Marrakesh is the archetype of an Islamic town with its quadrangular houses organized around interior courts. There are no traffic arteries to speak of: the cool narrow alleys of broken course often lead to dead ends” e accompagna la descrizione con una foto della medina vista dall’alto: gli innumerevoli quadrati perimetrati da muri (i tetti-terrazzo) restituiscono un’immagine quasi archeologica, dove le brevi ombre dei muri si alternano a buchi neri di varie dimensioni (i cortili e
tilant la maison ; les portes, quant à elles, sont petites. Le portail décoré qui se démarque sur les murs aveugles est le SEUIL : d’un bâtiment, d’une madrassa ou d’un caravansérail. Dans les impasses, il y a toujours une porte : après l’entrée sombre, nous nous trouvons dans un monde magique où “ l’on peut respirer le silence ” ; où les bruits, les odeurs et les couleurs des souks semblent lointains. Peu de fenêtres, souvent cachées, donnant sur la rue : “ tout s’ouvre sur la cour, qui elle s’ouvre dans le ciel ” “ on peut aussi monter sur le toit et soudain voir les nombreux toits-terrasses de la ville. On a l’impression d’être dans un espace ouvert, et tout semble être fait de grands gradins. On croirait pouvoir marcher sur toute la ville. Les allées ne sont pas un obstacle, elles sont cachées, on en oublierait leur existence ”. Dans Architecture Without Architects, Bernard Rudofsky affirme que “ Marrakesh is the archetype of an Islamic town with its quadrangular houses organized around interior courts. There are no traffic arteries to speak of : the cool narrow alleys of broken course often lead to dead ends ” et il accompagne la description d’une photo de la médina vue du haut : d’innom-
passaggio marrakech asni | passage marrakech asni
i riad) mentre rari sono i profondi solchi a segnare le strade più ampie. Gli infiniti quadrati sono le STANZE DELLE DONNE, stanze secrete disposte a varie quote e perimetrate da muri che proiettano le ombre necessarie per stare anche d’estate; dove la brezza giunge, dove lo sguardo domina senza essere dominato; dove le donne potevano (anticamente) svolgere tutte le loro attività… Stanze senza tempo, dove il colore del cielo mitiga o accende il rosso, il giallo, l’arancione; dove il demone dell’architettura si inscrive in altri luoghi, in altri cieli. Anche sotto i cieli di Città del Messico, Barragan declina nei tetti delle sue case gli stessi alti muri che sembrano sorgere dalla terra, e con terre li colora; sono un palcoscenico, una messa in scena, di dechirichiana memoria, del SILENZIO. Una architettura unica e attuale dove “inaspettatamente e ad intervalli abita la solitudine delle cose perfette… la luce favorisce il riposo e l’estasi, ed il colore accompagna il mutevole stato dell’anima” (scriverà Alvaro Siza). A Marrakech, dalle STANZE DELLE DONNE scendendo labirintiche scale strette tra muri, attraverso una porta volutamente nascosta e non visibile si accede al cortile, l’im-
brables carrés délimités par des parois ( les toits-terrasses ) rendent une image presque archéologique, où les ombres courtes des murs alternent avec des trous noirs de différentes tailles ( les cours et les riads ) tandis que rares sont les rainures profondes pour marquer les rues les plus larges. Les carrés infinis sont les SALLES DES FEMMES, pièces secrètes disposées à différents niveaux et délimitées par des murs, qui créent les ombres nécessaires pour y rester même l’été ; des pièces où arrive la brise, où la vue domine sans être dominé ; où les femmes pouvaient ( à l’époque ) mener leurs diverses activités… Ce sont des salles hors du temps, où la couleur du ciel atténue ou allume le rouge, le jaune, l’orange ; où le démon de l’architecture s’inscrit dans d’autres endroits, dans d’autres cieux. Même sous le ciel du Mexique, Barragan décline, dans les toits de ses maisons, les mêmes hauts murs qui semblent se lever de la terre avec laquelle il les teinte ; ils sont la scène et une mise en scène du SILENCE, qui rappelle De Chirico. Une architecture unique et actuelle où “ de façon inattendue et à intervalles réguliers, la solitude des choses parfaites ha-
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costruire terra acqua luce | construire terre eau lumière
pluvium di luce, l’archetipo del sacro e della bellezza, l’elemento che distribuisce, illumina e arieggia le stanze della casa e i cui “quattro angoli reggono il cielo che copre lo spazio” (così lo descrive H. Fathy). Nel variare le sue dimensioni, l’impluvium detta le misure delle stanze (diwan), sempre strette e alte: sopra le porte di accesso, decorazioni forate permettono il ricambio d’aria. Il fascino dei diwan, la loro indifferenza alle funzioni, è il fascino delle stanze dei nostri antichi palazzi; delle stanze del patio della casa spagnola; dell’atrium delle case romane di Pompei. A Marrakech, di giorno, nelle rosse altissime stanze — così si presentano allo sguardo i misteriosi cortili — domina l’azzurro del cielo che, nella mutevole ombra meridiana, colora vasche d’acqua e tutto lo spazio si inebria del profumo di gelsomino. Una magia che si ripete a tutte le latitudini: di sera Borges compone l’universale poesia Un patio: Con la tarde se cansaron los dos o tres colores del patio. La gran franqueza de la luna llena ya no entusiasma su habitual firmamento. Patio, cielo encauzado. El patio es el declive por el qual se derrama el cielo en la casa.
bite… la lumière favorise le repos et l’extase, et la couleur accompagne le mutable état de l’âme ” ( comme Alvaro Siza affirmera ). A Marrakech, à partir des SALLES DES FEMMES, des escaliers labyrinthiques et étroits descendent vers le bas, à travers une porte délibérément cachée qui amène à la cour intérieure. Cette cour est l’impluvium de la lumière, l’archétype du sacré et de la beauté, l’élément qui distribue, qui éclaire et ventile les pièces de la maison et dont les “ quatre coins détiennent le ciel couvrant l’espace ” ( comme H. Fathy le décrit ). En modifiant ses dimensions, l’impluvium dicte les dimension aux salles ( diwan ), toujours étroites et hautes. Au-dessus des portes d’accès, des décorations percées permettent l’échange de l’air. L’indifférence aux fonctions, c’est ce qui fait le charme des diwan. C’est le même charme qu’on retrouve dans certaines salles des vieux bâtiments italiens, ou dans les chambres du patio des maisons espagnoles, ou encore dans l’atrium des maisons romaines de Pompéi. A Marrakech, durant le jour, c’est l’azur qui domine dans les immenses pièces ( c’est ainsi que se présentent au regard ces cours mys-
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costruire terra acqua luce | construire terre eau lumière
Serena la eternidad espera en la encrucijada de estrellas. Grato es vivir en la amistad oscura de un zaguán, de una parra y de un alijbe.
Ancora uno sguardo dalle stanze delle donne: I monti dell’Atlante risplendono vicini, e si potrebbe scambiarli per la catena delle Alpi se la loro luce non fosse più fulgida e non vedessimo tutte quelle palme tra i monti e la città.
Era il 1954 quando Elias Canetti soggiornò a Marrakech. Da allora, molti dei palmeti sono stati tagliati e molti nuovi quartieri sono stati costruiti. La strada verso ASNI: incontriamo montagne solcate da canyon d’acqua. Il colore è verde. Poi vecchi borghi, rossi come la terra che li circonda; le loro forme, come sculture, si distinguono per la luce e l’ombra. Stanze, che pur consumate dal tempo e/o dall’abbandono, conservano la seduzione di un abitare attorno a quel cortile che le illumina e riscalda e, in quell’eterno paradigma, il muro difende dalla strada e la strada unisce al borgo. Spesso l’incanto dell’Alto Atlante è violentemente interrotto da ‘nuove periferie’ di villaggi che si sono recentemente ampliati nello stesso
térieuses). Ce ciel bleu, dans la changeante ombre méridienne, colore les bassins d’eau. Tout l’espace autour s’enivre de l’odeur du jasmin. Une magie qui se répète à toutes les latitudes. Le soir, Borges compose le poème universel Un patio : Con la tarde se cansaron los dos o tres colores del patio. La gran franqueza de la luna llena ya no entusiasma su habitual firmamento. Patio, cielo encauzado. El patio es el declive por el qual se derrama el cielo en la casa. Serena la eternidad espera en la encrucijada de estrellas. Grato es vivir en la amistad oscura de un zaguán, de una parra y de un alijbe.
Un dernier coup d’œil depuis les salles des femmes : Les montagnes de l’Atlas brillent, et on pourrait les prendre pour la chaîne des Alpes si leur lumière n’était plus éclatante et si tous ces palmiers entre les montagnes et la ville n’avaient pas été là.
C’était en 1954, quand Elias Canetti habitait à Marrakech. Depuis, beaucoup de palmiers ont été coupés et beaucoup de nouveaux quartiers ont été construits.
passaggio marrakech asni | passage marrakech asni
modo in cui si erano ampliate le città italiane negli anni sessanta: nello stesso modo in cui noi abbiamo occultato la bellezza cancellando l’identità di un territorio.
Sur la route vers ASNI on rencontre des montagnes sillonnées par des canyons d’eau. La couleur est verte. Ensuite, les vieux villages, rouges comme la terre qui les entoure ; leurs formes, telles des sculptures, se distinguent par leur lumière et leur ombre. Les pièces qui, bien que patinées par le temps et/ou l’abandon, conservent la séduction de l’habitat, autour de la cour qui illumine et réchauffe. Dans ce paradigme éternel, le mur protège de la route, et la route rejoint le village. Souvent, le charme du Haut Atlas est violemment interrompu par des “ nouvelles périphéries ” : des villages qui ont été récemment élargis, de la même façon dont des villes italiennes avaient été élargies dans les années soixante, en effaçant à la fois la beauté et l’identité d’un territoire.
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alcuni archetipi su l’abitare marocchino | de quelques archétypes de l’habitat marocain Corinne Cauvin-Verner
Nella cultura islamica la città ha un ruolo centrale. È qui che si svolgono la vita intellettuale e le manifestazioni religiose. È dunque questo uno spazio ordinato secondo quei principi arcaici che accomunano tutte le antiche città del mondo arabo-mussulmano. Poiché è chiusa e completamente circondata da una cinta muraria scandita da torri merlate su cui si aprono monumentali porte, in altri tempi chiuse dal tramonto all’alba, alcuni storici ipotizzarono che la città rotonda, al pari del campo nomade beduino o della maestosa Bagdad, fosse il modello ideale dell’Islam medievale. Le vie di comunicazione obbediscono a loro volta ad una logica dettata dalla vita sociale. Dalle le porte periferiche si diramano gli assi viari principali che convergono verso il centro funzionale della città, occupato generalmente da una moschea da cui i cinque appelli alla preghiera scandiscono il ritmo della giornata. Prolungando i percorsi delle antiche vie carovaniere, questi grandi assi diventano il luogo di scambio fra i cittadini, le genti provenienti dalla campagna ed infine gli stranieri. Questi spazi, votati al commercio, ai cui bordi si addensano botteghe e laboratori artigianali vanno a comporre quello spazio chiamato souk.
La ville tient un rôle phare dans la culture islamique. C’est là que se jouent la vie intellectuelle et les manifestations religieuses. C’est donc un espace ordonné, selon des principes archaïques communs à l’ensemble des vieilles cités du monde arabo-musulman. Parce qu’elle est entièrement close et enserrée dans un rempart ponctué de tours crénelées, percé de portes monumentales que l’on fermait, autrefois, du crépuscule jusqu’à l’aube, certains historiens formulent même l’hypothèse que la ville ronde, à l’image du campement bédouin ou de la grande Bagdad, était le modèle idéal de l’Islam médiéval. Le tracé des voies de communication obéit à une logique de vie sociale. Depuis les portes périphériques, se dessinent les axes principaux qui relient au centre fonctionnel de la ville, occupé généralement par une mosquée dont les cinq appels à la prière rythment les activités de la cité. Prolongeant la voie des anciennes caravanes, ces grands axes sont des lieux d’échanges entre les habitants, les ruraux et les étrangers. Voués au négoce, ils sont bordés d’échoppes de commerce et d’artisanat formant un ensemble que l’on appelle un souk. On désigne au Maroc sous le nom de souk un marché, qu’il soit permanent ou tempo-
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costruire terra acqua luce | construire terre eau lumière
In Marocco il souk è un mercato, sia esso permanente o temporaneo, urbano o rurale. Contrariamente all’Algeria e alla Tunisia, dove queste istituzioni hanno conosciuto un forte declino, il Marocco può contare ancora su un migliaio di souk che giustificano lo spostamento, ogni settimana, di milioni di persone. Questi souk sono sempre stati molto attivi, specialmente per commercializzare i prodotti del commercio carovaniero: agricoli, d’allevamento, artigianali, visto che i marocchini tradizionalmente investono molto poco nelle loro case, costruite in semplice terra cruda, ma molto nei beni di lusso: casse in legno riccamente decorate, tappeti, tessuti, gioielli, possono essere trasportati con velocità in caso di guerra, siccità o emigrazione per lavoro. L’organizzazione è molto rigorosa. I mercati rurali, benché solo temporanei, hanno le loro strade, i loro quartieri, i loro luoghi di ristoro. Gigantesche città di tela si innalzano per qualche ora soltanto e possono riunire fino a ventimila commercianti, artigiani e contadini. I mercati urbani, ancora più strutturati, includono generalmente una moschea nel loro perimetro. Situati nel prolungamento delle antiche vie carovaniere, si compongono di botteghe di com-
raire, urbain ou rural. Contrairement à l’Algérie et à la Tunisie, où l’institution a connu un fort déclin, le Maroc compte encore environ un millier de souks qui motivent, chaque semaine, le déplacement de millions de personnes. Ces souks ont toujours été très actifs, notamment pour commercialiser les produits du commerce caravanier, de l’agriculture, de l’élevage, et de l’artisanat car les Marocains investissaient peu dans leurs maisons, construites en simple terre, mais bien davantage dans des biens somptuaires : coffres, tapis, étoffes, bijoux, susceptibles d’être emportés lors d’un déplacement hâtif, justifié par une guerre, une sécheresse ou une émigration de travail. Leur organisation est très rigoureuse. Les marchés ruraux, bien qu’éphémères, ont leurs rues, leurs quartiers et leurs lieux de restauration. Gigantesques villes de toile dressées pour quelques heures, ils peuvent rassembler jusqu’à vingt mille négociants, artisans et paysans. Les marchés urbains, encore plus structurés, incluent généralement une mosquée dans leur périmètre. Situés dans le prolongement des anciennes voies caravanières, ils se composent d’échoppes de commerce et d’artisanat parfois regroupés dans un petit marché
alcuni archetipi su l’abitare marocchino | de quelques archétypes de l’habitat marocain
mercianti e di artigiani, talvolta raggruppati in un piccolo mercato coperto e indipendente che si chiama kissaria, le cui porte vengono chiuse al calare della notte. Nei tempi passati, comprendevano anche dei foundouk sorta di alberghi in cui i mercanti, venuti da lontano potevano dormire e stoccare le loro merci. Questi foundouk esistono ancora oggi e la maggior parte di essi è stata convertita in maison d’hôtes o in piccoli centri commerciali. Dalle arterie principali dei souk, si diramano piccole strade secondarie a delimitare le parcelle a cui si accede da vicoli o impasse che si aprono sulle tradizionali abitazioni cittadine: dar, riad o palazzi. Contrariamente alle strade principali della città, in cui tutti si muovono, questi quartieri, in cui non si svolgono attività economiche, sono frequentati in modo praticamente esclusivo dagli abitanti o dai loro parenti. Questa pratica è testimoniata dai nomi stessi delle strade che circondano la parcella (derb) che ricordano l’origine tribale dei residenti. Ognuno di questi quartieri è autonomo ed è equipaggiato di tutti i servizi comunitari: la moschea la scuola coranica, la fontana pubblica l’hammam, le latrine, il forno, il mulino per
couvert indépendant qu’on appelle kissaria, et dont on ferme les portes à la tombée de la nuit. Dans les temps anciens, ils comportaient également des fondouks sortes d’auberges où les marchands venus de loin pouvaient dormir et stocker leur marchandise. Ces fondouks existent encore, mais en tout petit nombre, la plupart convertis en maisons d’hôtes ou en petits centres marchands. Depuis les artères marchandes de ces souks, des rues secondaires délimitent des parcelles, desservies par des ruelles et des impasses, où sont repliés les habitats traditionnels citadins, dar, riads ou palais. Contrairement aux voies principales de la cité où chacun circule, ces quartiers où l’activité économique est exclue ne sont fréquentés que de leurs seuls habitants et de leur parenté ou clientèle — en témoignent des noms de rues ( derb ) qui, souvent, désignent l’origine tribale ou régionale des résidents. Chacun contient les équipements communautaires nécessaires à son autonomie : mosquée, école coranique, fontaine, hammam, latrines, soukia ( petit souk de proximité ), four à pain et moulin. C’est fréquemment le hammam qui en constitue le centre. En effet, si toute cité se doit de pos-
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i cereali e infine la soukia, ossia le piccole botteghe per i beni di prima necessità. Generalmente l’hammam ne costituisce il centro, questo anche perché se ogni quartiere deve avere la sua moschea, essa deve anche disporre, in prossimità del luogo di culto, di un hammam per le abluzioni rituali. Come già la kissaria, anche il quartiere può essere chiuso al calare della notte, Ogni derb, la cui larghezza non supera i tre metri, si struttura a partire dalla casa situata in fondo all’impasse. Questa casa, più lontana e protetta di tutte, è generalmente quella di un notabile. La numerazione delle porte si fa da destra a sinistra, nello stesso senso di lettura della lingua araba, seguendo ogni ramificazione del derb. È dunque assai probabile che il numero 1 si trovi di fronte all’ultimo numero della strada, benché raramente le porte siano contigue o esattamente una di fronte all’altra. Queste porte, massicce, decorate grossolanamente con chiodi e dotate di un pesante battiporta, non esibiscono in alcun modo lo status del proprietario. Ve ne sono tuttavia alcune decorate con cornici e timpani scolpiti. Da nord a sud, da est a ovest del paese, tutte le abitazioni, siano esse urbane o rurali, riflet-
séder une mosquée, elle doit aussi disposer, à proximité du lieu de culte, d’un hammam pour les ablutions rituelles des croyants. Comme la kissaria, le quartier peut se fermer à la tombée de la nuit. Chaque derb, dont la largeur n’excède pas trois mètres, est structuré à partir de la maison située au fond de l’impasse. Cette maison, la plus reculée d’entre toutes, est généralement celle d’un notable. La numérotation des portes se fait de droite à gauche, dans le sens de la lecture arabe, en suivant chaque ramification de derb. Il est donc tout à fait probable que le numéro 1 se retrouve face au dernier numéro de la rue — quoique les portes d’entrées soient rarement face à face, ni contiguës. Ces portes, massives, grossièrement cloutées et garnies d’un lourd heurtoir, répugnent à exhiber la richesse du propriétaire. Il en est pourtant qui se parent de corniches et de tympans sculptés. Du nord au sud et d’est en ouest du pays, toutes les habitations, urbaines ou rurales, reflètent un même idéal de philosophie sociale. Attachés à préserver leur espace domestique en se dérobant aux regards des autres, à la ville comme à la campagne, les hommes prennent possession d’une parcelle en y construisant
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tono la stessa idea e filosofia sociale. Votati a preservare il loro spazio dagli sguardi indiscreti altrui, in città come in campagna, quando si prende possesso di un terreno o di una piccola parcella, la prima azione che si fa è quella di costruire un muro di cinta. Il nomade protegge il suo accampamento temporaneo con un recinto, il paesano protegge il suo villaggio con una cinta muraria fortificata, il cittadino protegge la sua casa con un muro privo di finestre. Imbiancati a calce al Nord, o in pisé e lasciati allo stato originale della terra cruda nel Sud, questi muri riflettono un ordine sociale preciso. Essi esprimono la necessità di difendersi: dagli animali, dai ladri o semplicemente dagli estranei. Chiudere significa proteggere. Ma ancor più che questo ruolo di difesa essi rivestono una funzione simbolica. Il muro in effetti divide il mondo in due spazi distinti e opposti: quello, sacro e privato, del dentro e quello, pubblico e profano, del fuori. Il muro, ancora, riflette la divisione dello spazio in funzione dei sessi — una divisione che, secondo i musulmani, garantisce l’equilibrio della vita sociale. Ed in effetti, tradizionalmente, i compiti degli uomini si svolgevano nella sfera pubblica, all’esterno, mentre la donna svolgeva le sue attività
d’abord un mur d’enceinte. Le nomade protège son campement d’une haie : le paysan protège son village d’une enceinte fortifiée ; le citadin protège sa maison d’un mur dans lequel point de fenêtres. Blanchis à la chaux dans le Nord, pisé laissé à l’état brut de terre séchée dans le Sud, ces murs reflètent un ordre social. Ils expriment la nécessité de se défendre : contre les animaux, les voleurs ou l’étranger. Enclore, c’est protéger. Mais plus que ce rôle défensif, ils ont une fonction symbolique. Le mur, en effet, scinde le monde en deux espaces distincts et opposés : celui, privé et sacré, du dedans et celui, public et profane, du dehors. Il redouble la division de l’espace en fonction des sexes — une division qui, selon les musulmans, garantit l’équilibre de la vie sociale. En effet, traditionnellement, les tâches des hommes prennent place dans la sphère publique, extérieure, alors que la femme exerce ses activités dans l’espace intérieur, privé. Les habitats sont clos et fermés sur eux-mêmes afin de protéger les épouses et les filles qui, selon les principes de la société islamique idéale, doivent rester à la maison, vivre séparées des hommes. Au Maghreb, on ne s’enquiert jamais de la santé d’une femme
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nello spazio interno, privato. Tutte le abitazioni sono chiuse e rivolte verso l’interno allo scopo di proteggere le mogli e le figlie che, secondo i canoni della società islamica ideale, devono restare a casa e vivere separate dagli uomini. Nel Maghreb nessuno si permette di chiedere al marito in maniera diretta della salute della moglie, ma ci si limita a chiedere pudicamente: “Come va la casa?”. In ogni caso, è il patio che rappresenta l’archetipo del recinto sacro, che ritroviamo come matrice dello sviluppo di molti spazi pubblici (moschee, foundouk, scuole coraniche…) così come nello schema generatore delle città. Scegliere e segnare uno spazio centrale, concetto che trae probabilmente origine nel Medio Oriente antico e che si sarebbe poi diffuso in tutto il Mediterraneo, è l’atto fondante di ogni forma di habitat. Di dimensioni molto variabili, questo spazio centrale è necessariamente di forma quadrata o rettangolare. Nella maggioranza dei casi a cielo aperto, può tuttavia anche essere chiuso e coperto lasciando un’apertura zenitale di forma ottagonale. Da esso si distribuiscono le stanze, nelle quali potremo trovare delle finestre ma sempre rivolte verso l’interno o semplicemente disposte per assicurare
auprès de son mari. On demande pudiquement : “ Comment va la maison ? ”. Dans les uns comme les autres, le patio se présente comme l’archétype de l’enclos sacré, que l’on retrouve dans la formation de beaucoup d’espaces publics ( mosquées, fondouks, zaouias…) aussi bien que dans le schéma des villes. Choisir et marquer un lieu central, qui trouve peut-être son origine dans le MoyenOrient antique d’où il se serait diffusé autour de la Méditerranée, est l’acte fondateur de toute forme d’habitat. De dimension très variable, cet espace central est nécessairement de forme carrée, ou rectangulaire. Le plus souvent à ciel ouvert, il peut aussi être fermé et percé d’un éclairage zénithal de forme octogonale. Lui seul distribue les autres pièces dans lesquelles on pourra trouver des fenêtres mais toujours tournées vers l’intérieur, ou qui servent à ventiler ou à éclairer des espaces secondaires, escaliers ou pièces de service. C’est dans le patio que se réalise la notion de façade, absente à l’extérieur hormis le tympan ouvragé d’une porte sur rue dans les logis les plus bourgeois, toujours conçue pour laisser pénétrer au mieux un âne chargé. C’est lui qui concentre les efforts décoratifs, avec des
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la ventilazione o collegare spazi secondari, come scale o locali di servizio. Nel patio si realizza così la nozione di facciata, completamente assente all’esterno. Nel patio si concentrano tutti gli sforzi decorativi, con differenze in base alle regioni e, certamente, anche alla ricchezza del proprietario. Le corti interne, completamente spoglie ed austere nelle vali dell’Alto Atlante, diventano una sorta di scrigni scolpiti nelle città. A Fès, citta di borghesi e di letterati, gli artigiani scolpiscono materiali nobili come il marmo, la ceramica ed il legno di cedro. A Marrakech, al contrario, le abitazioni colpiscono per la sobrietà dell’architettura. Lo stile è compatto, e, fino agli inizi del XX secolo, erano per lo più ad un solo piano. Le decorazioni, meno raffinate di quelle di Fès, sembrano voler esprimere il carattere più aspro dei Berberi almoravidi provenienti dal Sahara, che la fondarono nel XI secolo. Benché le tecniche decorative siano molto antiche, gli artigiani — pittori, mosaicisti, cesellatori, falegnami ed ebanisti — non sono educati a una cultura artistica generale, così uno scultore su gesso non sarà capace di scolpire un motivo su legno. Ognuno dispone del proprio
différences selon les régions et bien sur la richesse du propriétaire. Les cours intérieures, assez dépouillées et austères dans les vallées du Haut Atlas, ressemblent dans les villes à des coffres sculptés. A Fès, cité de bourgeois et de lettrés, les artisans sculptent des matériaux nobles : marbre, céramique et bois de cèdre. À Marrakech, les maisons frappent par la sobriété de leur architecture. Leur allure est massive et, jusqu’au début du XXe siècle, elles possèdent rarement d’étage. Leur décor est moins raffiné que celui des maisons bourgeoises de Fès, comme si elles exprimaient encore le caractère rustre des Berbères almoravides, venus du Sahara, qui la fondèrent au XIe siècle. Bien que les techniques de décoration soient très anciennes, les artisans — peintres, mosaïstes, ciseleurs, menuisiers — ne sont formés à aucune culture artistique générale : un sculpteur sur plâtre serait par exemple incapable de sculpter un motif sur bois. Chacun dispose donc de son propre répertoire décoratif, qui emprunte tout autant à la tradition espagnole héritée de la chrétienté hellénistique, qu’à celle de l’islam oriental.
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repertorio decorativo, che si ispira e include la tradizione spagnola, erede a sua volta sia della cristianità ellenistica che dell’islam orientale. La casa o ‘dar’ La dar è l’unità abitativa più diffusa in Medina. Si tratta di una tipologia abitativa arcaica: la parola dar, che significa ‘casa’ in arabo, designa anche il cerchio, quasi come se tutte le case portassero il ricordo del accampamento circolare dei nomadi. La dar si organizza attorno ad un piccolo patio a cielo aperto, di forma piuttosto quadrata, e privo di un vero e proprio giardino. Stretto e circondato da muri alti e spessi, impedisce che il grande calore estivo vi penetri. Questo patio distribuisce simmetricamente da due a quattro stanze principali, precedute da portici a tre arcate nelle case più ricche. I portici più antichi erano formati da aperture sormontate da architravi in legno, i più recenti presentano invece archi ogivali o a ferro di cavallo. Le stanze non comunicano fra loro e contrariamente al costume europeo, esse cambiano di destinazione d’uso a seconda delle circostanze: un salone può diventare una camera da
La maison ou dar Une dar est l’unité d’habitation la plus courante en médina. C’est un habitat archaïque : dar, qui veut dire “ maison ” en arabe, désigne aussi le cercle, comme si toute maison marocaine portait le souvenir du campement circulaire des nomades. Il s’organise autour d’un petit patio à ciel ouvert, de forme plutôt carrée et dépourvu de véritable jardin. Enserré, dominé de murs épais et incroyablement hauts, l’écrasante chaleur des mois d’été n’y pénètre pas. Ce patio distribue symétriquement deux à quatre pièces principales, précédées de portiques à trois arcades dans les maisons de notables. Les plus anciens de ces portiques sont formés de simples linteaux droits en bois. Les plus récents présentent des arcs d’ogive outrepassés ou à retombées verticales. Les pièces ne communiquent pas entre elles. Contrairement à l’habitat européen, elles changent d’usage selon les circonstances : un salon peut devenir une chambre et inversement. Si elles sont toujours longues et étroites ( pas plus de quatre mètres ), c’est en raison de la longueur des solives. Aucun arbre en effet ne saurait fournir les troncs nécessaires à une large poutraison. Parfois, une loggia ( behou ) en vis-à-
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letto e viceversa. Se sono spesso lunghe e strette (non più di quattro metri), questo si deve alla lunghezza delle travi dei solai in legno, determinata a sua volta dalla altezza dell’albero da cui vengono ricavate. Talvolta, una loggia (behou), posta di fronte alla porta dà maggiore ampiezza allo spazio interno. Delle nicchie poste all’estremità della stanza, possono creare delle sorte di alcove per un letto o delle panche. Secondo l’agiatezza del proprietario, una dar può disporre di un appartamento destinato agli ospiti, riccamente decorato, e di un hammam riscaldato grazie a un forno a legna istallato ne sottosuolo. La casa può disporre di una piccola douiria che, collegata alla dimora principale da un passaggio realizzato in forma di gincana, serviva a stoccare i raccolti dei ricchi proprietari terrieri o come alloggio per il personale domestico. I locali di servizio e le scale sono generalmente disposte in prossimità degli angoli. La maggior parte delle dar si sviluppano su un piano, eventualmente sormontato da gallerie per proteggere le facciate dal sole o dalla pioggia, oppure da una tettoia o un cornicione sporgente. Il tetto è a terrazza, raggiungibile attraverso una scala a due rampe molto strette — so-
vis de la porte élargit l’espace. Des arceaux à chaque extrémité de la pièce peuvent aussi créer des sortes d’alcôves pour un lit et des banquettes. Selon l’aisance de son propriétaire, une dar dispose d’un appartement de réception richement décoré et d’un hammam chauffé grâce à un four à bois installé en soussol. Elle est parfois augmentée d’une petite douiria qui, reliée à la demeure principale par un passage en chicane, servait à entreposer les récoltes des riches propriétaires terriens, ou à loger les domestiques. Les pièces de service et les escaliers sont toujours répartis aux angles. La plupart des dar possèdent maintenant un étage, éventuellement équipé de galeries qui protègent les façades du soleil ou de la pluie, autrement abritées par un auvent ou une corniche. Le toit est en terrasse, desservi par un escalier fait de deux rampes à angle droit. Très étroit — il n’excède pas soixante centimètres de large — ses marches sont hautes, consolidées par un chevron de bois dur. La terrasse était autrefois un haut lieu de sociabilité féminine car selon l’adage, la femme musulmane ne sortait de chez elle que deux fois : la première pour s’installer chez son mari, la deuxième pour aller au cimetière. C’est donc sur
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litmaente non superano i sessanta centimetri — con alti scalini rinforzati da un travetto di legno duro. La terrazza era un tempo un luogo deputato alla socialità delle donne, poiché, come cita l’antico adagio, la donna mussulmana esce da casa solo due volte: la prima per recarsi a casa del marito e la seconda per andare al cimitero. Era dunque sui tetti che le donne potevano intrattenere rapporti di vicinato, magari svolgendo qualche piccolo lavoretto. Il riad Un riad è un giardino chiuso diviso in quattro parcelle verdi che delimitano, al centro, una fontana o un piccolo bacino d’acqua, Secondo le città, cambia di fisionomia. A Fès, il riad è un attributo eccezionale di potere, un simbolo di grande prestigio riservato solo a pochi eletti. Spazio di piaceri, è sempre integrato ad un insieme pià vasto di abitazioni — dimora o palazzo. A Marrakech, il riad costituisce l’abitazione stessa, costruito sul modello di una dar secondo disposizioni fissate ed estremamente rigorose: protetto da alte mura di cinta, si organizza attorno ad un patio a cielo aperto. Ma questo patio, sviluppato in lunghezza, è molto
les toits qu’elle entretenait ses rapports de voisinage, tout en y effectuant de menus travaux. Le riad Un riad est un jardin clos divisé en quatre parcelles verdoyantes que délimite, au centre, une fontaine ou un bassin. Selon les villes, il change de physionomie. A Fès, le riad est un attribut exceptionnel du pouvoir, une marque de prestige réservée à quelques élus. Espace d’agrément, il est toujours intégré dans un ensemble d’habitations plus vaste — demeure ou palais. À Marrakech, il constitue une maison en soi, bâtie sur le modèle d’une dar selon des dispositions tout aussi rigoureusement fixées : protégé de hautes murailles, il s’organise autour d’un patio à ciel ouvert. Mais ce patio, étiré dans la longueur, est spacieux — dépasse deux cents mètres carré — et c’est un véritable jardin, à l’image de l’oasis, qui offre pendant la fournaise de l’été de la fraîcheur. Il se trouve dans les quartiers où le parcellaire présente une large trame, distribué par des rues vastes et pavées car c’est un habitat de notable : il faut être riche pour posséder un si grand patio en médina. C’est aujourd’hui encore à la taille du jardin que l’on mesure l’ai-
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spazioso — superando sovente i duecento metri quadrati — ed è un vero e proprio giardino, costruito ad immagine dell’oasi, che offre refrigerio durante le caldissime estati. Possiamo trovare i riad nei quartieri in cui la trama delle parcelle è piuttosto larga, distribuite su strade piuttosto grandi e pavimentate, dal momento che comunque si tratta di abitazioni di persone importanti: bisogna essere molto ricchi per poter disporre di uno spazio così grande in medina. Ancora oggi si misura l’agiatezza ed il prestigio della famiglia in base alla taglia del giardino. La maggior parte dei riad sono conformi al modello andaluso che gli Almoravidi copiarono dalla Spagna medievale. Tutto qui è ordinato, delimitato e simmetrico. Il rettangolo della corte interna distribuisce alle sue estremità due corpi di ambienti rigorosamente identici, preceduti da gallerie e spesso completati sui lati da stanze secondarie o da fontane addossate al muro. Viene suddiviso in quattro rettangoli identici, piantati con alberi da frutta, da fiori ed essenze aromatiche: limoni, aranci, melograni, fichi, banani, gelsomini, dature, menta, coriandolo, mirto e origano. Non esiste un punto in cui i piedi tocchino la terra, davanti ad ogni stanza si trova una pavimentazione.
sance et le prestige du maître des lieux. La plupart sont conformes au modèle andalou que les Almoravides copièrent de l’Espagne médiévale. Tout y est ordonné, limité, symétrique. Le rectangle de la cour intérieure distribue à ses extrémités deux corps de logis rigoureusement identiques, précédés de galeries et souvent complétés sur les côtés du patio, ou de pièces secondaires, ou de fontaines murales. Il est partagé en quatre rectangles de taille égale, plantés d’arbres fruitiers, de fleurs et d’essences aromatiques : cyprès, citronniers, orangers, grenadiers, figuiers, bananiers, jasmins, lianes de Floride, daturas, menthe, coriandre, myrte et origan. Nul part les pieds ne foulent la terre. Devant chaque pièce s’étend un terre-plein maçonné et dallé. Deux allées médianes pavées de mosaïques ou de bejmat ( briquettes de terre cuite ) délimitent les parterres et soulignent la géométrie du jardin. Qu’on y enlève les arbres, le patio conservera, intacte, sa structure quadripartite. Toutefois, dans les grands riads, les allées peuvent délimiter jusqu’à douze parcelles arborées. Le centre est nettement marqué : à l’intersection des allées, dans un bassin carré, hexagonal ou étoilé, enduit de tadelakt et tapissé de mosaïques
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Due percorsi mediani, pavimentati o a mosaico o in bejmat (piccole mattonelle in terra cotta) delimitano la pavimentazione e sottolineano l’impianto geometrico del giardino. Così anche se levassimo gli alberi, il patio conserverà la sua struttura quadripartita. Talora, nei grandi riad, questi percorsi possono arrivare a delimitare fino a dodici parcelle arboree. Il centro è sottolineato in maniera netta: all’intersezione dei due percorsi, in un bacino quadrato, esagonale o in forma di stella intonacato di tadelakt e rivestito di mosaici policromi, si erge una vasca di marmo che evoca il paradiso (in Arabo, al-janna designa sia il giardino che il paradiso). In questo tracciato geometrico del patio di un riad ritroviamo infatti l’iconografia del ‘quadrato fluviale’ cui si ispira tutta la mitologia coranica legata all’acqua: il Paradiso è costituito da quattro fiumi, orientati secondo i quattro punti cardinali. Quanto alla fontana centrale, rinvia al simbolo dell’acqua fonte di vita e di nutrimento, che dall’Arabia desertica antica, rappresenta nell’immaginario l’emblema della fecondità, elemento di purificazione e di salvezza. Lontana dai malefici attribuiti all’acqua stagnante, l’acqua in movimento della fontana si carica di benedizioni divine. I per-
polychromes, se dresse une vasque de marbre évocatrice du paradis ( en Arabe, al-janna désigne le jardin aussi bien que le paradis ). Dans ce tracé géométrique du patio d’un riad, on retrouve en fait le “ carré fluvial ” qui organise la mythologie de l’eau dans le Coran : le Paradis est fait de quatre fleuves, orientés aux quatre points cardinaux du monde. Quant à la fontaine centrale, elle renvoie au symbole de l’eau nourricière qui, depuis l’Arabie ancienne, fonctionne dans l’imaginaire comme emblème de la germination et de la fécondité, élément de purification et de prophylaxie. Loin des maléfices attribués aux eaux stagnantes, refuge des démons, l’eau mouvante de la fontaine est chargée de bénédiction divine. Des balustrades bordent les allées. Faites de treillis de roseaux assemblés par des cordelettes de palmier nain, ou de tiges de fer forgé, elles se prolongent souvent en tonnelles portant jasmins, géraniums et galants de nuits. Les plus vastes jardins disposent de kiosques ou de pavillons aux ravissants auvents de charpenterie. Comme dans les dar, on pénètre dans le riad par une entrée en chicane donnant sur un angle du patio. Toutefois les pièces y sont
Attraverso la medina di Marrakech Traverser la mèdina de Marrakech
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corsi sono bordati da piccoli recinti fatti di canne tenute insieme da piccoli cordoli di palme nane o di aste di ferro battuto, che si prolungano con spalliere di gelsomini, gerani o belle di notte. I giardini più grandi dispongono di piccoli chioschi o padiglioni con splendidi paraventi in legno. Come nelle dar, si entra nel riad da un passaggio a gincana che arriva sull’angolo del patio. Qualche volta le stanze sono spaziose e suddivise da arcate — in modo da ovviare al limite della lunghezza delle travi — e forate da behous, sorta di nicchie dal soffitto alveolato a nido d’ape, e arredate con panche. Nel XIX secolo dei behous sono stati realizzati all’esterno, lungo i muri laterali del patio, in modo da creare come dei piccoli salotti nel giardino. Un riad tradizionale comporta di solito una stanza la piano superiore dotata di un piccolo balcone, riservata a ricevere gli ospiti. Le scale di accesso alla terrazza, la cui larghezza può superare il metro, sono disposte agli angoli in modo da restare indipendenti.
plus spacieuses, fréquemment subdivisées par des arcs et creusées de behous, sortes d’alcôves au plafond alvéolé en nids d’abeille, garnis de banquettes, qui donnent de la profondeur aux pièces nécessairement étroites en raison de la courte portée des solives. Au XIXe siècle, des behous ont été aménagés à l’extérieur, le long des murs latéraux du patio, pour former comme des petits salons de jardin. Un riad traditionnel comporte au mieux une seule pièce d’étage réservée à la réception des hôtes et pourvue d’un petit balcon. Les escaliers qui accèdent aux terrasses, dont la largeur peut dépasser un mètre, sont placés dans les angles de façon à rester indépendants, et sont parfois surmontés d’une tourelle maçonnée. Le palais impérial Un palais impérial est un organisme vivant, qui se doit de répondre à de multiples fonctions, de protection, d’habitation, de réception, d’agrément, de culte religieux, de stockage et d’administration car, à la différence des demeures bourgeoises ou des palais privés, il abrite le pouvoir central — de fait, on le désigne en arabe sous le nom de Dar el Makhzen. Ses procédés de construction ne
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Il palazzo Un palazzo imperiale è un vero e proprio organismo vivente che deve rispondere a molteplici funzioni, di protezione, di abitazione, di ricevimento, di culto religioso, di stoccaggio di merci e di amministrazione, poiché a differenza delle dimore borghesi o dei palazzi privati, esso è destinato al potere centrale — di fatto, in arabo, prende il nome di Dar el Makhzen. Tuttavia la sua costruzione non si basa su tecniche particolari: come le più modeste case della medina, il palazzo imperiale viene costruito in terra cruda rivestita da un intonaco di calce. Ma alle semplici terrazze si sostituiscono dei tetti a due o quattro pendenze, rivestiti di tegole smaltate, appannaggio degli edifici di maggior prestigio. Inoltre il palazzo è un’architettura militare: lo protegge un vero e proprio carapace di muraglie bastionate combinando mura di cinta periferiche e interne affidate alla sorveglianza di un corpo di guardia apposito. Santuario inviolabile, la sua organizzazione interna riproduce il modello tipologico della casa a patio ma amplificandola in maniera così considerevole che possiamo descriverlo in termini di ‘complesso palaziale’. I caratteri distributivi possono essere estremamente variabili.
recourent à aucune technique particulière. Comme les modestes maisons des médinas, il n’est bâti qu’avec de la terre enduite au mortier de chaux. Mais aux habituelles terrasses se substituent des toitures à deux ou quatre pentes couvertes de tuiles émaillées, qui sont l’apanage des édifices de prestige. De plus, un palais est une architecture militaire : une carapace de murailles bastionnées le protège, qui combine enceintes périphériques et enceintes intérieures confiées à la surveillance constante d’un corps de garde spécifique. Sanctuaire inviolable, son organisation interne reproduit le modèle-type de la maison à patio mais en l’amplifiant si considérablement qu’on peut le décrire en termes de complexe palatial. Les formules d’agencement sont en fait extrêmement variables. Il n’y a bien souvent ni axe, ni centre. Toutefois, les réseaux de communication sont très élaborés. Intercalés entre deux remparts parallèles, des couloirs extérieurs à ciel ouvert servent au transport du matériel des soldats et aux parades militaires. Une pièce ne devant jamais servir à accéder à un autre lieu, les différents groupements de bâtiments ( dar, riads, pavillons, cours, hammam, mosquée et dépendances ) sont reliés par toutes
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Spesso non vi è né un asse né un centro. Talvolta i percorsi di comunicazione sono molto elaborati. Due mura di cinta parallele sono intercalate da corridoi esterni a cielo aperto che servono al trasporto del materiali dei soldati e alle parate militari. Una stanza non deve servire mai ad accedere ad un altro luogo, i differenti raggruppamenti di costruzioni (dar, riad, padiglioni, corti, hammam, moschea e dépendances) sono collegate da una varietà di passaggi, aperti o coperti, che arrivano a creare un vero e proprio labirinto. I passaggi destinati agli ufficiali sono sempre distinti da quelli riservati ai domestici. Innumerevoli corti, distinte dalle corti delle abitazioni, servono da snodo, tanto che alcune porte servono da nodo di comunicazione o da filtro. Il luogo da cui si accede al palazzo è generalmente il mechouar, grande corte di ricevimento provvista di stalle in cui alloggiare i cavalli e i muli delle ambasciate. Ma un palazzo dispone anche di diverse porte di accesso sulla strada. I magazzini sono numerosi e immensi. Che siano sotterranei o in elevato, vi si conservano i viveri, i beni di lusso, i materiali bellici, ma soprattutto permettono di affronatare una carestia o un assedio. Poiché il palazzo di-
sortes de voies de passage qui composent un véritable labyrinthe. Allongés ou coudés, à ciel ouvert ou couverts de toitures, les couloirs destinés aux officiels sont toujours distincts de ceux réservés aux domestiques. D’innombrables cours, distinctes des cours d’habitation, servent de plaque tournante, tandis que certaines portes démultipliées font office de nœud de communication et de poste de filtrage. Le lieu par lequel on accède au palais est généralement le mechouar, grande cour de réception pourvue d’écuries où loger chevaux et mules des ambassades. Mais un palais dispose également de plusieurs portes d’accès sur rue. Les magasins y sont nombreux et immenses. Qu’ils soient souterrains ou en surface, ils conservent les vivres autant que les objets de luxe, le matériel de guerre et d’harnachement, et préservent ainsi de la famine ou d’un siège éventuel. Comme un palais dispose d’espace en abondance, les pièces d’habitation ne présentent pas les proportions très étirées des modestes maisons citadines, généralement agrandies latéralement par des arcades, des alcôves ou des pièces de réserve. L’ensemble foisonnant des décors y est d’un raffinement extrême : parvis de mosaïques et
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spone di spazio in abbondanza, le stanze non presentano le modeste proporzioni delle case cittadine. Esse generalmente sono ingrandite con arcate, nicchie o camere accessorie. L’insieme dei decori è di una estrema raffinatezza: pavimenti in mosaico o in marmo importato dall’Italia, decorazioni in zellige policromi e in gesso scolpito, soffitti e cornici in cedro finemente cesellato, eseguiti sul posto da artigani rinomati, ingaggiati per diversi anni consecutivi. Infine ogni palazzo possiede la sua Moschea del Venerdì, provvista di un minareto e di una stanza privata per le preghiere. Le sale d’apparato e i loro annessi sono ornate da bande epigrafe cesellate in gesso o ceramica che ripetono formule religiose. Secondo una tradizione che risale al XII secolo, immensi giardini circondano il complesso, destinati anch’essi, come il mechouar, ai ricevimenti. Spazi di divertimento, ravvivati da giochi d’acqua e profumati dalla fragranza dei fiori d’arancio, essi sono generalmente chiamati `arsa, ‘frutteti’, con padiglioni di piacere (menzeh) le cui facciate si aprono su un magnifico lago attorno al quale in estate si svolgono splendide feste.
de marbre importé d’Italie, lambris de zelliges polychromes et de plâtre sculpté, plafonds et corniches de cèdre ciselé ou peint, exécutés sur place par des artisans de renom que l’ouvrage mobilise plusieurs années consécutives. Enfin, tout palais possède sa mosquée du vendredi, pourvue d’un minaret, et un oratoire privé. Les salles d’apparat et leurs annexes sont ornées de bandeaux épigraphiques ciselées dans le plâtre ou la faïence, qui répètent inlassablement des formules religieuses. Selon une tradition remontant au XIIe siècle, d’immenses jardins jouxtent le complexe pour, autant que le mechouar, satisfaire aux fonctions de réceptions. Espaces d’agrément égayés de jeux d’eaux et parfumés de fleurs d’orangers, on les désigne généralement sous le nom de `arsa, “ vergers ”, comportant des pavillons de plaisance ( menzeh ) dont les façades ouvrent sur un magnifique plan d’eau autour duquel on tient des parties de campagne, à la belle saison.
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I douar, insediamenti berberi nell’Alto Atlas Le douar, les établissements berbères du Haut Atlas
la tradizione costruttiva di asni | la tradition constructive à asni Letizia Dipasquale
Nei piccoli villaggi disseminati nella valle di Asni, tradizionalmente è la terra che si fa architettura: piccole case ed edifici fortificati nascono dalla montagna, si scolpiscono con la sua pietra e la sua terra argillosa. Le spesse murature degli edifici tradizionali di Asni e dei villaggi che la circondano sono realizzate in terra battuta (pisé) con basamenti in muratura di pietra. I douar, così sono chiamati gli insediamenti berberi nell’alto Atlas, ospitano da una dozzina a poche centinaia di abitanti, di origine berbera, nella tradizione organizzati in comunità autogestite secondo le regole definite dalla Jemma, l’assemblea comunitaria, che disciplinava i rapporti sociali ed economici, e in particolare la distribuzione delle proprietà e la rotazione delle culture. Poche ed essenziali sono le infrastrutture che offrono servizi ai douar: una moschea, una scuola coranica (Timzguida), un’aia, a volte un granaio collettivo (ighrem) una o più botteghe per le necessità di base, spesso una scuola. Il tessuto urbano tradizionale dei douar è costituito da case a patio, che si configurano come unità abitative di forma più o meno quadrangolare, costituite da un certo numero di spazi
Dans les petits villages éparpillés dans la vallée d’Asni, habituellement c’est la terre qui devient architecture : de petites maisons et d’autres bâtiments fortifiés se trouvent sur la montagne, sont modelés par sa pierre et sa terre argileuse. Les maçonneries très épaisses des bâtiments traditionnels d’Asni et des villages qui l’entourent sont réalisées en terre battue (pisé) avec des fondations en pierre. Les douars, qui sont les agglomérations berbères du Haut Atlas, accueillent d’une douzaine à quelques centaines d’habitants, d’origine berbère, traditionnellement organisés en communautés autogérées conformément aux règles définies par la Jemma, c’est-à-dire l’assemblée communautaire qui réglait les rapports sociaux et économiques, et en particulier la répartitions des propriétés, les rapport sociaux et la rotation des cultures. Les infrastructures qui offrent des services aux douars sont rares et essentielles : une mosquée, une école coranique (Timzguida), une cour, quelquefois une grange commune (ighrem), une ou plusieurs boutiques pour les besoins essentiels, souvent une école. Le tissu urbain traditionnel des douars est composé par des maisons à patio, qui se pré-
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che si distribuiscono attorno a un cortile centrale; sfruttando la possibilità di libero accostamento fra unità abitative, data la possibilità di disporre le aperture verso la corte centrale, le case si possono facilmente aggregare fra di loro formando piccoli raggruppamenti che si adattano alla morfologia del terreno. Le case a patio della valle di Asni in origine si sviluppano solo al piano terreno, ma con il tempo si ampliano su più livelli per accogliere nuovi membri della famiglia. Le stanze, che tradizionalmente ospitano un nucleo familiare, si ordinano attorno al patio regolare; lo spazio centrale all’aperto è destinato allo svolgimento delle attività collettive domestiche, inclusa la preparazione dei cibi e la trasformazione dei prodotti agricoli. Nonostante il contesto climatico, con forti piogge e alluvioni con cadenza regolare, non sia propriamente favorevole all’uso della terra, materiale la cui durabilità è fortemente influenzata dalla sua esposizione all’acqua, il sistema costruttivo a base di terra argillosa è stato tramandato per secoli, come si osserva nei pochi edifici che sono ancora soggetti a manutenzione regolare. I muri di terra battuta poggiano su un basamento in pietra, di larghezza e lun-
sentent comme des unités habitatives de forme plus ou moins quadrangulaire, formées par un certain nombre d’espaces qui sont répartis autour d’une cour centrale. En exploitant les possibilités de libre juxtaposition entre les unités habitatives et grâce à la possibilité de disposer d’ouvertures qui donnent sur la cour centrale, les maisons peuvent se regrouper facilement, formant de petits groupements qui s’adaptent à la morphologie du terrain. Initialement, les maisons à patio de la vallée d’Asni s’étaient développées seulement en rezde-chaussée, mais avec le temps elles se sont étendues sur plusieurs niveaux pour accueillir de nouveaux membres de la famille. Les chambres, qui traditionnellement accueillent un noyau familial, s’installent autour du patio régulier de façon ordonnée. L’espace central à l’extérieure est destiné au déroulement des activités domestiques collectives, y compris la préparation des aliments et la transformation des produits agricoles. Même si le contexte climatique, avec de fortes pluies et des inondations périodiques, n’est pas exactement favorable à l’utilisation de la terre, dont la durabilité est très influencée par son exposition à l’eau, le système constructif
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ghezza variabile in funzione della dimensione dell’edificio, che permette l’isolamento dal terreno e la protezione dall’umidità causata dalla risalita capillare e dalla pioggia battente. L’apparecchiatura del basamento è costituita da due paramenti di elementi in pietra, le facce esterne del muro, ed un nucleo interno di riempimento composto da elementi di dimensioni più piccole e materiale minuto. Gli elementi lapidei, in pietra appena sbozzata, sono apparecchiati in filari non regolari e allettati con malta a base di terra argillosa e ghiaia. La larghezza dei muri in terra battuta è anch’essa variabile, fra i 40 e gli 80cm. I muri si mettono in opera mediante il getto di un impasto umido di terra, ghiaia e piccoli sassi tra i fianchi di una cassaforma in legno, fissata alla muratura tramite elementi lignei. Il materiale argilloso gettato in cassaforma viene prima pestato, poi costipato, per mezzo di una pesante mazza di legno al fine di compattare l’argilla e liberarla, prima dell’essiccazione, di una parte di umidità. Muri interni di partizione e sopraelevazioni sono realizzati quasi sempre in mattoni crudi. L’impasto dei mattoni si ottiene mescolando terra argillosa, sabbia, paglia e acqua in quan-
à base de terre argileuse a été transmis depuis des siècles, comme le montrent les rares bâtiments qui sont encore susceptibles d’entretien régulier. Les murs en pisé reposent sur une fondation en pierre, d’une largeur et d’une longueur variables en fonction de la taille du bâtiment, qui permet l’isolement du terrain et la protection contre l’humidité causée par les remontées capillaires et la pluie battante. L’appareillage de la fondation est formé par deux ornements d’éléments en pierre, les faces extérieures du mur et un noyau interne rempli par des éléments et des matériaux de plus petite taille. Les éléments pierreux, en pierre très rudimentaire, sont disposés en alignements irréguliers avec du mortier à base de terre argileuse et de gravier. La largueur des murs en pisé est aussi variable, entre 40 et 80 centimètres. Les murs se réalisent par le jet d’une pâte mouillée en terre, gravier et petits cailloux entre les deux côtés d’un coffrage en bois, fixé à la maçonnerie par des éléments en bois. Le matériel argileux jeté dans le coffrage est d’abord écrasé, puis constipé, par un lourd bâton en bois afin de compacter l’argile et de la débarrasser, avant le séchage, d’une partie de l’humidité.
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tità tali da raggiungere uno stato plastico: la mescola è messa in forma in degli stampi formati da un riquadro di legno privo di fondo. I mattoni così ottenuti sono messi ad essiccare al sole, ed in seguito apparecchiati nel muro a due o tre teste. Tutti i tipi murari dispongono spesso di sistemi di rinforzo ottenuti tramite l’utilizzo di dispositivi in legno, collocati all’interno della muratura durante la fase di costruzione. Si tratta di travi a sezione circolare o irregolare di diametro massimo 10 cm, allettate lungo le pareti che costituiscono la scatola muraria. ln alcuni casi si osservano tre travi affiancate nello spessore del muri, in altri gli elementi lignei sono due, disposte una sul filo interno l’altra su quello esterno della parete e connesse tra di loro per mezzo di elementi lignei trasversali. Gli spazi di risulta tra le travi vengono colmati con malta o frammenti di mattone. Questi sistemi di cerchiatura, seppur rudimentali, contribuiscono alla distribuzione uniforme dei carichi sulle pareti, e grazie alle proprietà elastiche e tensionali delle sezioni di legno, incrementano la stabilità laterale e la resistenza nei punti di connessione fra le pareti. Solai e coperture sono realizzati con una struttura lignea a
Des murs intérieurs de répartition et des dévers sont presque toujours réalisés en briques crues. La pâte des briques s’obtient en mélangeant de la terre argileuse, de la sable, de la paille et de l’eau en quantités susceptibles d’atteindre un état plastique : ce mélange est mis en forme dans des moules formés d’un encadré en bois sans fond. Les briques ainsi obtenues sont mises au soleil à sécher, et puis disposées sur le mur à deux ou trois têtes. Souvent, tous les types de murs disposent de systèmes de renforcement obtenus par l’utilisation de dispositifs en bois, situés dans le maçonnage pendant la phase de construction. Il s’agit des poutres à section circulaire ou irrégulière d’un diamètre maximal de 10 centimètres, disposées le long des murs qui forment la boîte murale. Dans certains cas, on observe trois poutres flanquées dans l’épaisseur des murs, dans d’autres, les éléments en bois sont deux, placés l’un sur le fil intérieur l’autre sur le fil extérieur de la paroi et connectés entre eux par des éléments transversaux en bois. Les espaces finaux parmi les poutres sont comblés par le mortier ou des fragments de brique. Ces systèmes de cerclage, quoique rudimentaires, contribuent à la distribution uniforme des
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orditura semplice, sormontata da uno strato di cannicciato, che ha lo scopo di distribuire dei carichi del massetto in terra di limitare la caduta di polveri. Sopra il cannicciato veniva tradizionalmente posato uno strato di fibre di paglia, ricoperto da un massetto di terra, spesso circa 15 cm e composto da uno strato di terra allo strato secco, e un secondo allo stato umido; nella tradizione entrambi vengono opportunamente pressati con un apposito mazzapicchio. Il solaio di copertura è rivestito di due ulteriori strati: uno di rami, disposti ortogonalmente rispetto alla parete esterna, e un ultimo strato di terra, ghiaia e calce. I modelli tipologici e le tecniche costruttive impiegate nella tradizione sono stati profondamente alterati negli ultimi anni: il raffronto a distanza con i modelli occidentali ha generato soluzioni tecnologiche e tipologiche ibride realizzate senza controllo tecnico e normativo, che si distaccano dalla saggezza costruttiva che ha generato habitat con indiscutibili qualità culturali e paesaggistiche. Nella Valle di Asni l’architettura tradizionale ha ceduto il passo all’immissione prepotente di materiali costruttivi più moderni, quali calcestruzzo e blocchi prefabbricati, che tuttavia
charges sur les murs et, grâce aux propriétés élastiques et tensorielles des sections en bois, augmentent la stabilité latérale et la résistance dans les points de connexion entre les murs. Les planchers et les couvertures sont réalisés par une structure en bois, surmontée d’une couche de claie, qui vise à répartir des charges de la chape par terre et à limiter la chute des poussières. Au-dessus de la claie, traditionnellement il y avait une couche de fibres de paille, recouverte d’une chape en terre, d’environ 15 centimètres, et composée par une première couche de terre sèche et une deuxième couche de terre humide. Par tradition, toutes les deux couches sont adéquatement pressées par un approprié maillet. Le grenier de couverture est recouvert de deux couches ultérieures : l’une de rameaux, disposés à l’équerre par rapport à la paroi extérieure ; la dernière de terre, de gravier et de chaux. Ces dernières années, les modèles typologiques et les techniques constructives, employées traditionnellement, ont été fortement modifiés. La comparaison à distance avec les modèles occidentaux a apporté des solutions technologiques et typologiques hybrides, réalisées sans aucun contrôle technique et ré-
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Corte interna di una casa tradizionale Cour d’une maison traditionnelle
Il basamento in pietra su cui poggiano i muri di pisĂŠ La base de pierre qui supporte les murs en pisĂŠ
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vengono messi in opera senza un’adeguata conoscenza dei limiti e delle possibilità di applicazione della tecnica costruttiva. Così è facile osservare, disseminati nella valle, edifici in cemento armato con strutture sottodimensionate, superfetazioni temerarie, armature aggettanti, blocchi di calcestruzzo murati con malta di terra: un ampio ventaglio di commistioni, il più delle volte discutibili in termini di sicurezza e prestazioni termiche, in alcuni casi pericolose da un punto di vista strutturale. Partendo da questo quadro di riferimento, abbiamo scelto di modellare il nuovo edificato di Asni in terra cruda, materiale alla base della cultura costruttiva locale. La nostra ambiziosa esperienza progettuale mira a comprendere le logiche di una tradizione costruttiva centenaria e a inserirsi in continuità con essa, delineando allo stesso tempo una via per la sperimentazione e l’innovazione progettuale, espressiva e costruttiva, al fine di a migliorare la qualità architettonica, di benessere, di sicurezza e di sostenibilità delle nuove costruzioni. Progettare edifici in terra cruda per smentire l’idea che siano destinati a scomparire presto: nonostante le testimonianze del passato dimo-
glementaire, qui se détachent de la sagesse constructive qui a produit des habitats avec des qualités culturelles et paysagères évidentes. Dans la vallée d’Asni, l’architecture traditionnelle a cédé le pas à l’introduction autoritaire des matériaux constructifs les plus modernes, comme le béton et les blocs préfabriqués, qui pourtant sont utilisés sans une connaissance appropriée des limitations et des possibilités de mise en œuvre de la technique constructive. Ainsi, il est facile d’observer, dispersés dans la vallée, des bâtiments avec des structures sous-dimensionnées, des fioritures téméraires, des armures saillantes, des blocs de béton murés par le mortier de terre : c’est un large éventail de mélanges, le plus souvent contestables en termes de sécurité et de performance thermique, quelquefois dangereux d’un point de vue structurel. À partir de cette situation de référence, nous avons choisi de modeler la nouvelle édification d’Asni en terre crue, qui est un matériel à la base de la culture constructive locale. Notre expérience, ambitieuse et conceptuelle, vise à comprendre les logiques d’une tradition constructive centenaire et à s’inscrire dans la communauté avec elle, en définissant en
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strino che la terra è un materiale da costruzione durevole e resistente se usato in maniera appropriata, le remore di natura culturale e psicologica continuano a prevalere. In Marocco si assiste oggi allo stesso processo intrapreso in Europa occidentale partire dal secondo dopoguerra: il diffondersi rapido di materiali introdotti sul mercato dalla produzione edilizia di tipo industriale ha portato a un progressivo abbandono delle tecniche tradizionali, considerate obsolete e per molti, ingiustamente, simbolo di emarginazione a livello sociale e culturale. La conseguenza inevitabile di questo fenomeno è una graduale perdita della conoscenza sulle tecniche costruttive, affidate alla memoria di ormai pochi di anziani costruttori; al tempo stesso, l’assenza dei necessari interventi di manutenzione ha portato gran parte delle costruzioni tradizionali verso una irreversibile situazione di degrado, disperdendo così un ricco patrimonio di saperi tecnici, ambientali e socioculturali. In un momento storico in cui il concetto di sostenibilità è sempre più connesso al costruire e all’abitare contemporaneo, l’utilizzo della terra cruda, innovata sul piano applicativo e delle prestazioni, si ripresenta nel panorama dei
même temps la voie pour l’expérimentation et l’innovation conceptuelle, expressive et constructive, afin d’améliorer la qualité de l’architecture, du bien-être, de la sécurité et de la durabilité de nouvelles structures. Concevoir des constructions en terre crue est utile afin de s’opposer au fait qu’elles sont destinées à disparaitre bientôt. Même si les témoignages du passé montrent que la terre est un matériel de construction durable et solide, si elle est utilisée de manière appropriée, les obstacles culturels et psychologiques continuent à prévaloir. Au Maroc, on assiste aujourd’hui au même processus engagé en Europe occidentale après la Seconde Guerre mondiale : la diffusion rapide de matériaux, introduits sur le marché par le secteur immobilier et de la construction à caractère industriel, a conduit à un abandon progressif des techniques traditionnelles, considérées obsolètes et pour beaucoup de personnes, injustement, comme un symbole d’exclusion sociale et culturelle. La conséquence inévitable de cette situation est la perte graduelle de la connaissance de techniques constructives, confiées à la mémoire de quelques constructeurs âgées.
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materiali da costruzione con un nuovo interesse. Il consumo energetico riferito al ciclo di vita di un edificio può, infatti, essere abbattuto notevolmente se l’approvvigionamento del materiale da costruzione avviene nelle dirette vicinanze. Si aggiungono a questo aspetto la capacità di inerzia termica del materiale, tale da mantenere gli edifici freschi in estate e tiepidi d’inverno, le favorevoli proprietà termo-igrometriche della terra cruda, in particolare la sua capacità di bilanciare l’umidità interna agli ambienti, e la capacità di agire da filtro per alcuni agenti nocivi, onde elettromagnetiche comprese. Da un punto di vista socio-economico costruire con materiali locali assume un valore strategico grazie alla capacità di integrazione delle risorse locali, intese sia come competenze di saper fare e procedurali, sia come artigianato direttamente e indirettamente connesso con la costruzione. Il risultato è una sostanziale rivalutazione del lavoro manuale, visto come opportunità di sviluppo con ricadute vantaggiose proprio sulla comunità locale. Le tecniche che impiegato la terra come materiale di costruzione inoltre prevedono una messa in opera relativamente semplice, adattandosi
Parallèlement, l’absence de nécessaires interventions d’entretien a mené une grande partie de constructions vers une situation irréversible de dégradation, dispersant ainsi un riche patrimoine de connaissances techniques, environnementales et socioculturelles. À une époque où la notion de durabilité est toujours liée à la construction et à l’habitation contemporaines, l’utilisation de la terre crue, modernisée au niveau d’application et de performance, réapparaît dans le panorama de matériaux de construction avec un regain d’intérêt. La consommation énergétique, qui se rapporte au cycle de vie d’un bâtiment, peut en effet être abattue considérablement si l’approvisionnement du matériel de construction se déroule à proximité immédiate. Il faut en outre considérer la capacité d’inertie thermique du matériel, afin de garder les bâtiments frais en été et tièdes en hiver, les favorables propriétés thermo-hygrométriques de la terre crue, en particulier sa capacité d’équilibrer l’humidité à l’intérieure des milieux, et la capacité d’agir comme un filtre pour certains agents nocifs, y compris les ondes électromagnétiques. D’un point de vue socio-économique, construire avec des matériaux locaux prend
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quindi facilmente all’autocostruzione, in cui possono prendere parte anche i proprietari. Consapevoli delle ricadute positive che può assumere la riscoperta di un materiale e di una cultura costruttiva locale, ci siamo quindi avvicinati al contesto nuovo di Asni, con l’obiettivo di mettere a frutto le nostre differenziate competenze ed impegnarci per raggiungere esiti progettuali con un grado di innovazione e interesse tali da creare un impatto a breve e lungo termine sulla comunità locale.
une valeur stratégique grâce à la capacité d’intégration des ressources locaux, qui sont des compétences de savoir-faire et de procédure, et l’artisanat directement et indirectement lié à la construction. Le résultat est une revalorisation substantielle du travail manuel, considéré comme une opportunité de développement avec des retombées favorables précisément sur la communauté locale. De plus, la technique constructive prévoit une mise en œuvre relativement simple, et donc s’adapte facilement à l’auto-construction, où même les propriétaires peuvent y participer. Conscients des retombées positives que la redécouverte d’un matériel et d’une culture constructive locale peut avoir, nous nous sommes rapprochés du nouveau contexte d’Asni, en vue de mettre à profit nos compétences différenciées et de nous engager à atteindre des résultats conceptuels avec un degré d’innovation et d’intérêt susceptible de créer un impact à court et long terme sur la communauté locale.
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François Cointeraux, 1793, École d’architecture rurale Premier cahier dans lequel on apprendra soi-même à bâtir les maisons de plusieurs étages avec la terre seule. Tavola X, Tavola VI Planche Xe, Planche VIe
il mantello della terra | le manteau de la terre Eleonora Cecconi
Talvolta, tra terra e costruzione non esiste separazione, talvolta, tra la polvere calpestata dall’uomo e il colore delle mura di un abitato non esiste nessuna differenza, talvolta questa mimesi è architettura. Architettura che senza l’artificio del fuoco formata di sola terra è divenuta protezione dell’uomo. Un materiale, la terra, e che dai palazzi di nove piani dello Hadramawt nello Yemen, ai cinquantatre metri di mattoni crudi posti l’uno su l’altro della moschea di Al-mihdhar, all’oasi Himyarita di Najaran in Arabia Saudita, alla valle del Draa nell’Alto Atlante in Marocco dove i Ksur e le kasbah racchiudono patii oltre le rosse e possenti cortine in pisè, diviene metonimia del nostro pianeta. Adobe, torchis, beuge, pisé sono le unità dimensionali di questa tecnica costruttiva che richiede solo la pressione come legante alla terra. La cultura architettonica mondiale ritrova oggi questa tecnologia antica già descritta da Leon Battista Alberti in un brano del capitolo XI, del Libro III del De re edificatoria nel 1450: Le pietre che si cementano con il fango conviene siano in forma quadrata e soprattutto molto secche. A tal fine il materiale più co-
Parfois, entre la terre et la construction, il n’y a pas de séparation. Parfois, entre la poussière piétinée par l’homme et la couleur des murs d’un bâtiment, il n’y a aucune différence. Parfois, cette mimesis est l’architecture. Une architecture qui, faite seulement de terre, sans l’artifice du feu, est devenue la protection de l’homme. Un matériau, la terre, qui, des immeubles de neuf étages de Shibam au Yémen, aux cinquante mètres de briques crues placées l’une sur l’autre de la mosquée d’Al-Mihdhar, à l’oasis Himyarita de Najaran en Arabie Saoudite, à la vallée du Draa dans le haut Atlas au Maroc — où les Ksur et les Kasbah contiennent les patios au-delà des rideaux rouges et puissants en pisé — devient la métonymie de notre planète. Adobe, torchis, bauge, pisé : ce sont les unités de mesure de cette technique de construction qui ne nécessite que de la pression pour se lier à la terre. La culture architecturale mondiale retrouve aujourd’hui cette technologie ancienne déjà décrite par Leon Battista Alberti dans un passage du chapitre XI du livre III de De re edificatoria, écrit en 1450 : Le pietre che si cementano con il fango conviene siano in forma quadrata e soprattutto mol-
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modo è il mattone, sia esso cotto sia — ancora meglio — crudo e ben seccato. Un muro costruito con mattoni crudi riesce giovevolmente alla salute degli abitanti dell’edificio, resiste ottimamente agli incendi non subisce soverchio danno dai terremoti; ma non regge bene gl’impalcati, salvo che non abbia un adeguato spessore. Ecco perché Catone diceva di innalzare pilastri di pietra, al fine di sorreggere le travature. Quanto al tipo di fango da impiegarsi a tal uopo, alcuni sostengono dev’essere bituminoso, e che il migliore è quello che immerso nell’acqua si scioglie lentamente, lascia sulla mano tracce difficilmente cancellabili, e che seccandosi si rapprende notevolmente. Altri stimano più adatto il fango arenaria, perché più plasmabile. In questo tipo di lavoro si usa all’esterno un sottile rivestimento di calcina, all’interno, volendo, di gesso o anche di argilla bianca.
e ancora Quanto ai muri costruiti col solo materiale di riempimento, se ne ritrovano vari tra gli edifici dell’antichità, e sono perfettamente solidi. Il procedimento nel murare è qui lo stesso impiegato nelle costruzioni di fango che si facevano in Africa e in Spagna: si dispongono due sponde di tavole o di graticci, che hanno la funzione di involucri finché il materiale versatovi non si sia rappreso. Ci sono però delle differenze: in Spagna vi versano una mistura cementizia pressoché liquida; in Africa vi calcolano sopra, col piede e con picconi da spianare, una melma viscosa, resa plasmabile
to secche. A tal fine il materiale più comodo è il mattone, sia esso cotto sia — ancora meglio — crudo e ben seccato. Un muro costruito con mattoni crudi riesce giovevolmente alla salute degli abitanti dell’edificio, resiste ottimamente agli incendi non subisce soverchio danno dai terremoti; ma non regge bene gl’impalcati, salvo che non abbia un adeguato spessore. Ecco perché Catone diceva di innalzare pilastri di pietra, al fine di sorreggere le travature. Quanto al tipo di fango da impiegarsi a tal uopo, alcuni sostengono dev’essere bituminoso, e che il migliore è quello che immerso nell’acqua si scioglie lentamente, lascia sulla mano tracce difficilmente cancellabili, e che seccandosi si rapprende notevolmente. Altri stimano più adatto il fango arenaria, perché più plasmabile. In questo tipo di lavoro si usa all’esterno un sottile rivestimento di calcina, all’interno, volendo, di gesso o anche di argilla bianca.
et à suivre Quanto ai muri costruiti col solo materiale di riempimento, se ne ritrovano vari tra gli edifici dell’antichità, e sono perfettamente solidi. Il procedimento nel murare è qui lo stesso impiegato nelle costruzioni di fango che si facevano in Africa e in Spagna: si dispongono due sponde di tavole o di graticci, che hanno la funzione di involucri finché il materiale versatovi non si sia rappreso. Ci sono però delle differenze: in Spagna vi versano una mistura cementizia pressoché liquida; in Africa vi calcolano sopra, col piede e con picconi da spianare, una melma viscosa, resa plasmabile con irrorazioni e
il mantello della terra | le manteau de la terre
con irrorazioni e impastanti […]. Al tempo di Plinio si potevano vedere torri e posti di vedetta, costruiti con il fango sulle giogaie dei monti, che risalivano ai tempi di Annibale.
impastanti […]. Al tempo di Plinio si potevano vedere torri e posti di vedetta, costruiti con il fango sulle giogaie dei monti, che risalivano ai tempi di Annibale.
Già la cultura rinascimentale fiorentina conosceva le capacità di questo tecnè: la sua resistenza alle attività sismiche e alla compressione, a spianare, l’ottima inerzia termica; si conoscevano i modi per renderla impermeabile con gesso e argille e di migliorare la resistenza dei suoi impalcati inserendo al suo interno strutture di legno o pietra quasi fosse un antico cemento, armato non con ferro ma di quei materiali che, come la terra, l’uomo poteva reperire ovunque, la pietra e il legno. I muri realizzati con questa tecnica saranno impiegati in tutta Europa, Africa e Medio Oriente, costruzioni spesso realizzate in autocostruzione e di carattere rurale, nel Traité sur la construction des manufactures et maison de campagne del 1791, François Cointeraux prosegue l’opera di diffusione di questa tecnica spiegando in maniera chiara il suo procedimento di costruzione:
La culture de la Renaissance florentine connaissait déjà les capacités de cette technè : sa résistance aux activités sismiques et à la compression, mais aussi son excellente inertie thermique. Les façons de rendre la terre crue étanche à l’eau avec de la craie et de l’argile étaient bien connues, tout comme les modalités pour améliorer la résistance de ses platelages, en insérant, à l’intérieur, des structures en bois ou en pierre, comme une sorte de béton armé à l’ancienne. Toutefois, dans ce cas l’armature n’était pas en fer, mais réalisée avec tous ces matériaux, comme la terre, que l’homme pouvait trouver partout : la pierre et le bois. Les murs réalisés avec cette technique seront ensuite employés dans toute l’Europe, l’Afrique et le Moyen-Orient pour les bâtiments ; ces derniers étant souvent réalisés en auto-construction et avec un caractère rural. Dans le Traité sur la construction des manufactures et maison de campagne de 1791, François Cointeraux continue le travail de diffusion de
Il pisé è un processo mediante il quale le case sono costruite con la terra, senza il supporto di alcun pezzo di legno, e senza mescolare
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paglia o imbottitura. Si tratta di battere, strato per strato, tra delle assi, dallo spessore di pareti ordinarie, della terra appositamente predisposta. Ben battuto, si lega, prende consistenza e forma un impasto omogeneo che può essere portato a tutte le altezze adatte per le case.
Il successo di quest’opera porta questa ‘nuova’ tecnologia agli onori dell’arte costruttiva nella Francia del XIX secolo, per la sua resistenza ed economicità à l’épreuve du canon. Muri in pisé che relegati all’agricoltura o come la chiama Cointeraux alla Agritettura si riscatteranno solo grazie ad alcuni grandi autori dell’architettura moderna che all’inizio del novecento sperimenteranno questa tecnica in opere di carattere urbano: le maisons Murondins di Le Corbusier, lo Studio di Hamid Said a El-Marg o il progetto per la Pottery House di Frank Lloyd Wright a El Paso sono alcune di queste. Il riscatto di un materiale che per la prima volta trova la sua ragion d’essere non solo nelle sue proprietà strutturali e tecniche, ma anche, e ora soprattutto, nella sua valenza estetica. L’estetica della nuda terra che attraverso la pressione esercitata dall’uomo sovrappone, colore su colore, tono su tono, le terre del mondo, quasi come una pietra calcarea
cette technique en expliquant clairement sa méthode de construction : Le pisé est un procédé d’après lequel on construit les maisons avec de la terre, sans la soutenir par aucune pièce de bois, et sans la mélanger de paille ni de bourre. Il consiste à battre, lit par lit, entre des planches, à l’épaisseur des murs ordinaires, de la terre préparée à cet effet. Ainsi battue, elle se lie, prend de la consistance, et forme un mélange homogène qui peut être élevée à toutes les hauteurs données pour les habitations.
Le succès de cette œuvre conduira cette nouvelle technologie aux honneurs de l’art de la construction du XIXe siècle en France, grâce à sa résistance et à son rapport cout-efficacité à l’épreuve du canon. Les murs en pisé qui, relégués à l’agriculture — ou, comme Cointeraux l’appelle, à l’Agritecture — gagneront un poids renouvelé seulement grâce à quelques grands auteurs de l’architecture moderne qui, au début du XXe siècle, emploieront cette technique dans les œuvres à caractère urbain : les Maisons Murondins de Le Corbusier, l’Etude d’Hamid Said à El-Marg, ou le projet de la Pottery House de Frank Lloyd Wright à El Paso en sont des exemples. Il s’agit de la rédemption d’un ma-
il mantello della terra | le manteau de la terre
tinta degli stessi colori del terreno nel millenario processo di cementazione che avviene nel mantello terrestre su sabbie a argille. Di questa nuova estetica si fa interprete Martin Rauch che da oltre venti anni studia questa tecnologia e la applica costantemente nelle sua opera, sia essa architettonica o artistica, senza mai deviare da quello che pare essere il suo obbiettivo, in questo modo descrive i suoi obbiettivi in un’intervista per il sito della cantina vinicola che ha da poco realizzato a Novi Ligure: Together with my team we are working on one which aims to activate raw soil towards the industrial dimension, the only one able to adapt to the timings our era imposed to us. The mechanization of pisé’s elements production is […] a perfect example of prefabrication of building with soil: to reduce working timings on the construction site and allow total independence from the weather conditions.[…] I believe that this rationalisation is also able to promote social innovation and employment development as a meeting border for manufacturing and craftsmanship.
Questa aspirazione culmina in una serie di esperienze che mirano alla ricerca di un’immagine iconica di questo materiale che una volta affrancato dalle sue difficoltà costruttive
tériau qui pour la première fois trouve sa raison d’être, non seulement dans ses propriétés structurelles et techniques, mais aussi dans sa valeur esthétique. C’est l’esthétique de la terre nue qui, grâce à la pression humaine, superpose, ton sur ton, la terre du monde presque comme une pierre calcaire teinte de la même couleur du terrain dans le processus de cimentation millénaire qui se produit dans le manteau de la Terre, sur des sables et des argiles. De cette nouvelle esthétique, Martin Rauch devient un interprète. Depuis plus de vingt ans il étudie cette technologie, qu’il applique constamment dans son travail, que ce soit architectural ou artistique, sans jamais dévier de ce qui semble être son but : Together with my team we are working on one which aims to activate raw soil towards the industrial dimension, the only one able to adapt to the timings our era imposed to us. The mechanization of pisé’s elements production is […] a perfect example of prefabrication of building with soil: to reduce working timings on the construction site and allow total independence from the weather conditions.[…] I believe that this rationalisation is also able to promote social innovation and employment development as a meeting border for manufacturing and craftsmanship.
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può essere riconosciuto al pari della pietra o del cemento armato. Il possente muro di oltre 80 metri e pesante cento tonnellate, l’Earthwall, realizzato all’Hamburger Bahnhof di Berlino nel 2000 o il piano inclinato della Mediated Motion realizzato alla Kunsthaus Bregenz nel 2001, costruite da Martin Rauch in collaborazione con Olafur Eliasson, conferiscono alla terra cruda una realtà a sé stante, astratta dalla funzione e realizzata solo per la sua estetica. Opere in grado di essere costruite e demolite e tornare ad essere, una volta cessata la loro funzione, parte del tutto da cui vengono, oltre la costruzione, oltre la sua statica perché come scrisse Le Corbusier in Vers une Architecture: L’architettura è un fatto d’arte, un fenomeno che suscita emozione, al di fuori dei problemi di costruzione, al di là di essi. La Costruzione è per tener su: l’Architettura è per commuovere.
Architettura ora fatta di un ‘nuovo’ materiale: la terra cruda.
Cette aspiration se termine par une série d’expériences visant à la recherche d’une image iconique de ce matériel, qu’une fois libéré de sa difficulté de construction, peut être reconnu à l’instar de la pierre ou du béton. Le Earthwall, puissant mur de plus de 80 mètres de long, pesant une centaine de tonnes, réalisé à l’Hamburger Bahnhof de Berlin en 2000, ou le plan incliné de la Mediated Motion fait à la Kunsthaus Bregenz en 2001 et construit par Martin Rauch en collaboration avec Olafur Eliasson, confèrent à la terre crue une réalité à part, qui n’a pas de fonctionnalité mais qui est seulement pure esthétique. Il s’agit d’œuvres qui peuvent être construites et démolies, et redevenir, une fois leur fonction terminée, une partie de l’ensemble d’où elles viennent, au-delà du bâti, au-delà de leur statique. Car comme l’écrit Le Corbusier dans Vers une Architecture : L’architecture est un fait d’art, un phénomène d’émotion, en dehors des questions de construction, au-delà. La Construction, c’est pour faire tenir ; l’Architecture, c’est pour émouvoir.
L’architecture est maintenant faite d’un nouveau matériel : la terre crue.
Olafur Eliasson, The mediated motion, Vista dell’Esposizione, Kunsthaus Bregenz, 2001 © Photo Markus Tretter Olafur Eliasson, The mediated motion, Vue de l’Exposition, Kunsthaus Bregenz, 2001 © Photo Markus Tretter
Javier Marín. Testa di donna. Argilla cotta, 1966 Javier Marín. Tête de femme. Argile cuite, 1996
la stereometrica imperfezione dell’ombra| dell’ombra l’imperfection stéréométrique de l’ombre Alessandro Cossu
Novembre 2015. Passeggiando per le strade di Città del Messico, tra i colorati palazzi che si articolano intorno al Zocalo, ci si imbatte in un’atmosfera coloniale, fatta di rigide facciate neoclassiche e neogotiche che racchiudono al proprio interno orti, giardini e corti, in cui il mistero dell’essere e dell’apparire si svela soltanto solcando soglie di pietra e ombra. Attraversando il portone di uno di questi rigorosi edifici, ci si può imbattere in un discreto restauro del Palacio de Iturbide, che al suo interno custodisce la personale di Javier Marin: Tierra. È una raffigurazione di un mondo che fu, fatto con un linguaggio che evoca temi e stilemi consolidati nella tradizione, un’espressione ricca di quel manierismo tanto caro all’Europa conquistatrice, impregnato di quelle lezioni che Michelangelo ha lasciato scolpite nel marmo apuano. La riscrittura che ne apporta l’artista messicano di Uruapan, a cui è dedicata questa emozionante personale, coglie con ironia la lezione dei grandi maestri del classicismo europeo, per declinarla in una sottile, quanto entusiasmante reinterpretazione al limite del polemico, che declina il tema della grande conquista spagnola.
Novembre 2015. En marchant dans les rues de Mexico D.F., entre les bâtiments colorés construits autour du Zócalo, nous trouvons une atmosphère coloniale, en façades rigides néo-classiques et néo-gothique renfermant en leur sein les potagers, les jardins et les cours dans lesquels le mystère de l’être et de l’apparence ne se révèle qu’en dépassant les seuils en pierre et d’ombre. En traversant le portail d’un de ces bâtiments rigoureux, on peut tomber sur la restauration du Palacio de Iturbide, contenant l’exposition personnelle de Javier Marin : Tierra. Il s’agit de la représentation d’un monde lointain, fait d’un langage évoquant des thèmes et des éléments stylistiques consolidés dans la tradition, une expression riche de ce maniérisme si cher à l’Europe conquérante, imprégnée des leçons de Michel-Ange sculptées dans le marbre des Alpes Apuanes. La réécriture réalisée par l’artiste mexicain de Uruapan, auquel cette passionnante exposition personnelle est consacrée, capture ironiquement les leçons des grands maîtres du classicisme européen, pour la décliner en une subtile et excitante réinterprétation à la limite du polémique, qui aborde le thème
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Sono gigantografie di un mondo trascorso, di un mondo lacerato dalla bramosia umana di conquista, in cui memoria, tradizione e tecnica si intrecciano per estraniare il visitatore dalla realtà e ricondurlo in un tempo lontano, che qui tanto ha lasciato il segno, in cui in nome dell’oro tutto era concesso. Giganteschi uomini a cavallo, sovrastano dunque brandelli di corpi straziati. Ma come raffigurare la sofferenza, come evocare la tensione di un movimento imminente intriso di dolore? La plasticità dei corpi, che seguendo la lezione ‘alla maniera nuova’, cerca un susseguirsi di plastiche istantanee di un movimento fissato in eterno, genera torsioni ed espressioni che esplicitano l’istante che sarà. Camminando succube e rispettoso all’interno di questo percorso, tra la sofferenza della stupidità umana, ci si può rendere conto di come, ancora una volta, l’arte, sia in grado di condensare in sé gran parte della composizione architettonica, nella quale sia presente quella che, a detta dei grandi maestri, riesce a generare l’‘anima’ di uno spazio. Estraniata infatti la prima apparente regola della gestualità plastica della composizione,
de la grande conquête espagnole. Ce sont des affiches géantes d’un monde passé, d’un monde déchiré par la cupidité humaine de la conquête, dans lequel la mémoire, la tradition et l’art s’entrelacent pour aliéner le visiteur de la réalité et le ramener à une époque lointaine, qui a tant laissé sa marque ici, où, au nom de l’or, tout était permis. Des hommes gigantesques à cheval accablent ainsi des lambeaux de corps mutilés. Mais comment représenter la souffrance, comment évoquer la tension d’un mouvement imminent ancré dans la douleur ? La plasticité des corps, en suivant la leçon “ à la nouvelle façon ”, essaye une succession d’instantanés plastiques d’un mouvement fixé pour l’éternité, et génère des torsions et des expressions qui rendent explicite le moment futur. En marchant, soumis et respectueux, dans ce chemin, plongés dans la souffrance de la stupidité humaine, on peut s’apercevoir de la façon dont, encore une fois, l’art est capable de condenser une grande partie de la composition architecturale dans laquelle est présente celle qui, selon les grands maîtres, peut générer l’“ âme ” d’un espace.
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tre risultano, in maniera chiara, i principi di queste sculture. Tre sono gli elementi che riescono ad evocare questa ironica sofferenza di un mondo che fu, che si riflette nella nostra quotidianità: l’archetipizzazione di un concetto consolidato nella tradizione, la materia plasmata dalla forma, l’ombra. Qui infatti si ritrovano condensate, non solo le lezioni dei grandi maestri dell’arte classica e neoclassica del mondo occidentale, ma anche, le grandi lezioni che il movimento moderno ha saputo scrivere a cemento e penna sulla quotidianità della tradizione del tessuto edilizio con il quale si è trovato a dialogare. Incisi sulla sofferenza della rappresentazione plastica delle sculture, chiari risultano i solchi di una lavorazione rigorosamente realizzata a mano, in cui lo scorrere delle dita sulla creta si fissa alla forma dell’arte. Solchi che fanno dell’imperfezione della materia il segno della composizione, e che certo non potrebbero esistere senza, eludendo cioè dalla presenza di quel materiale, la terra. Non banale dunque la scelta del come realizzare questa sottile smitizzazione dell’aulicità neoclassica della ricerca della perfezio-
Une fois que nous avons éloigné la première règle apparente de la composition plastique de gestes, nous pouvons voir clairement les trois principes de ces sculptures. Il y a trois éléments qui parviennent à évoquer cette souffrance ironique d’un monde passé qui se reflète dans notre vie quotidienne : l’archétype d’un concept établi dans la tradition, la matière modelée par la forme, l’ombre. Car ici se trouvent condensées, non seulement les leçons des grands maîtres du monde occidental classique et néoclassique, mais aussi les grandes leçons que le mouvement moderne a été en mesure d’écrire au ciment et au stylo, sur la tradition quotidienne du tissu urbanisé avec lequel il a dialogué. Gravés sur la souffrance de la représentation plastique des sculptures, les sillons d’un travail strictement fait à la main, où le passage des doigts sur la craie est fixé à la forme de l’art, sont clairs. Ce sont les mêmes sillons qui font de l’imperfection de la matière le signe de la composition, et qui certainement ne pouvaient pas exister sans, en éludant donc la présence de ce matériau qui est la terre. Par conséquent, le choix de la façon d’atteindre cette démythologisation subtile de la
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ne, che trova nella tradizione la sua ragion d’essere. Dalle tradizionali giare delle distilleria di tequila, fino alle terrecotte della modernità della casa Luis Barragan, la terra plasmata dalla mano dell’uomo, anche qui diviene peculiarità di un territorio, identità di un paese, che da Puebla a Tequila, formano l’anima della cultura indios. Non la forma dunque, ma la materia plasmata evoca e genera quelle emozioni che anche in architettura sono figlie di una reale comprensione del materiale. Certo non casuale quella lunga digressione che all’ombra di Amedabad, Louis Kahn intraprende con la sua architettura, con la materia di cui si compone lo spazio da egli stesso immaginato: Il progetto impone di comprendere l’ordine. Quando si ha a che fare con i mattoni o si progetta qualcosa in mattoni, si deve chiedere al mattone cosa vuole o cosa sa fare. Se si chiede al mattone cosa vuole, risponderà: “vorrei un arco”. A questo punto tu dirai: “Ma gli archi sono difficili da costruire e sono costosi. Penso che per questa apertura vada altrettanto bene usare il cemento”. Ma il mattone ribatterà: “Oh lo so, so che hai ragione, ti rendi conto che stai parlando di un essere, e che un essere
poursuite néoclassique de la perfection — qui trouve dans la tradition sa raison d’être — n’est pas négligeable. Des jarres traditionnelles, de la distillerie de tequila, à la poterie moderne de la maison Luis Barragan, la terre façonnée par la main de l’homme devient la particularité d’un territoire, l’identité d’un pays qui, de Puebla à Tequila, modèle l’âme de la culture des Indiens d’Amérique. Ce n’est pas la forme alors, mais le matériau moulé qui évoque et génère des émotions qui, même dans l’architecture, sont filles d’une réelle compréhension de la matière. La longue digression, à l’ombre dAmedabad, que Louis Kahn fait avec son architecture — c’est à dire avec la matière constituant l’espace imaginé par lui-même — n’est certainement pas un hasard : Il progetto impone di comprendere l’ordine. Quando si ha a che fare con i mattoni o si progetta qualcosa in mattoni, si deve chiedere al mattone cosa vuole o cosa sa fare. Se si chiede al mattone cosa vuole, risponderà: “vorrei un arco”. A questo punto tu dirai: “Ma gli archi sono difficili da costruire e sono costosi. Penso che per questa apertura vada altrettanto bene usare il cemento”. Ma il mattone ribatterà: “Oh lo so, so che hai ragione, ti rendi conto che stai
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in mattoni è un arco?” Questo significa sapere cos’è l’ordine. È conoscere la natura della cosa e sapere quello che la cosa può fare. Abbine grande rispetto.
Con queste parole dunque Louis Kahn ci insegna a declinare la forma agli elementi che la compongono, intraprendendo una ricerca sulle reali capacità compositive che questa è in grado di esprimere, sia in qualità di elemento tecnologico-costruttivo, sia in qualità di elemento fissato nella tradizione costruttiva del luogo. A testimonianza di ciò infatti il maestro di Philadelphia ci ha lasciato in eredità un’opera nella quale sono incise le cicatrici della mano dell’uomo, nella quale la reinterpretazione di una metodologia costruttiva tradizionale è stata capace di ergersi a generatrice di spazi moderni, intrisi di carattere e elementi evocativi. Il cantiere del Parlamento di Dacca risulta infatti a più riprese intriso della consapevolezza delle capacità delle maestranze al lavoro nella grande opera. A loro dunque l’architetto si rivolge per rielaborare un metodo costruttivo che sia in grado di soddisfare le moderne necessità tecnologiche e le tradizionali metodologie di esecuzio-
parlando di un essere, e che un essere in mattoni è un arco?” Questo significa sapere cos’è l’ordine. È conoscere la natura della cosa e sapere quello che la cosa può fare. Abbine grande rispetto.
Avec ces mots, alors, Louis Kahn nous apprend à combiner la forme aux éléments qui la composent, en menant une recherche sur les capacités réelles de composition qu’elle est capable d’exprimer, à la fois comme un élément technologique et constructif, et comme un élément enraciné dans la tradition constructive du lieu. Comme preuve de ce fait, le professeur de Philadelphie nous a laissé une œuvre dans laquelle sont gravés les cicatrices de la main de l’homme ; une œuvre dans laquelle la réinterprétation d’une méthode de construction traditionnelle a pu se présenter comme un générateur d’espaces modernes, imprégnés de caractère et d’éléments évocateurs. Le chantier du Parlement de Dacca semble en effet l’expression de la prise de conscience des capacités des travailleurs dans les grands projets. L’architecte fera appel à eux, afin de développer une méthode constructive capable de répondre aux besoins technologiques modernes, en prenant en compte les méthodes
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ni delle lavorazioni, che pietra su pietra hanno saputo generare il paesaggio del Bangladesh. Così ricorsi lapidei scandiscono geometrie che evocano decorazioni ormai trascorse come quelle del mausoleo del Taj Mahal, e al contempo riescono a definire ricorsi di casseri per un cemento che non sempre ritrova da solo una perfetta orizzontalità. È proprio su questa imperfezione della materia che corre la luce per definire la stereometria della composizione, qui ove l’ombra ne enfatizza profondità prospettiche e gerarchie funzionali, ora attraverso solchi triangolari che definiscono logge di stanze protette, ora a definire tagli che identificano accessi. Così infatti Fusaro descrive nella propria ricerca il lavoro di cantiere nel neo-nato stato del Bangladesh: Nel cantiere di Dacca Kahn abbandona le strutture di cemento armato prefabbricate, da lui proprio sperimentate nelle possibilità espressive insite nel montaggio dei singoli pezzi separati […] e adotta il metodo meno evoluto di gettare in opera le strutture per andare incontro alla tradizionale struttura artigianale locale e alla sovrabbondanza di mano d’opera poco qualificata, proponendone insieme la riqualificazione. Una volta operata la scelta di gettare in opera le strutture murarie,
traditionnelles de travail qui, pierre par pierre, ont généré le paysage du Bangladesh. Ainsi, les rangées de pierres marquent des géométries évoquant des décorations désormais appartenant au passé, comme celles du mausolée du Taj Mahal, et en même temps, elles parviennent à définir des rangées de coffrages pour le béton, qui à lui seul ne trouve pas toujours une horizontalité parfaite. C’est précisément sur cette imperfection de la matière que la lumière passe, pour définir la stéréométrie de la composition ; là où l’ombre met l’accent sur la profondeur de la perspective et sur les hiérarchies fonctionnelles, à travers des rainures triangulaires définissant les loges de pièces protégées, et à travers les coupes correspondant aux accès. C’est ainsi que, dans ses recherches, Fusaro décrit les travaux de chantier dans l’état du Bangladesh qui venait de naitre : Nel cantiere di Dacca Kahn abbandona le strutture di cemento armato prefabbricate, da lui proprio sperimentate nelle possibilità espressive insite nel montaggio dei singoli pezzi separati […] e adotta il metodo meno evoluto di gettare in opera le strutture per andare incontro alla tradizionale struttura artigianale locale e alla sovrabbondanza di mano d’opera
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il loro specifico modo di crescere diviene il tema figurativo principale e di fatto il colare e il solidificarsi del greve impasto fluido del calcestruzzo nelle casseforme è leggibile come reticolo sulla superficie esterna degli edifici, come trama di pannellature determinate nelle loro misure dalla grandezza e formato della cassaforma in cui si assommano le dimensioni complessive dell’edificio, l’altezza dei piani interni come misura doppia del modulo, la funzionalità tecnica dei pannelli della cassaforma stessa in relazione alla precisione di esecuzione e alle modalità di getto. Il calcestruzzo lasciato a vista è gettato in opera e porta sulla superficie l’impronta delle doghe del legno della cassaforma. […] i giunti che separano le gettate successive attestano la crescita dell’edificio per strati sovrapposti, come gli anelli concentrici di un tronco d’albero ne definiscono lo sviluppo; queste linee deboli di giunzione fra le gettate […] sono protette e impreziosite dalla sutura di liste di marmo bianco incassate per il loro spessore […] fra l’altro è noto come gli intervalli fra le parti in cemento, scanditi dalle liste di marmo, finiscono con l’attenuare le differenti tonalità di colore assunte dal cemento perché gettato in tempi molto diversi e con origine da vari centri di produzione.
Si viene dunque a creare quella dualità biunivoca tra costruzione e composizione che da sempre sta alla base del carattere del progetto
poco qualificata, proponendone insieme la riqualificazione. Una volta operata la scelta di gettare in opera le strutture murarie, il loro specifico modo di crescere diviene il tema figurativo principale e di fatto il colare e il solidificarsi del greve impasto fluido del calcestruzzo nelle casseforme è leggibile come reticolo sulla superficie esterna degli edifici, come trama di pannellature determinate nelle loro misure dalla grandezza e formato della cassaforma in cui si assommano le dimensioni complessive dell’edificio, l’altezza dei piani interni come misura doppia del modulo, la funzionalità tecnica dei pannelli della cassaforma stessa in relazione alla precisione di esecuzione e alle modalità di getto. Il calcestruzzo lasciato a vista è gettato in opera e porta sulla superficie l’impronta delle doghe del legno della cassaforma. […] i giunti che separano le gettate successive attestano la crescita dell’edificio per strati sovrapposti, come gli anelli concentrici di un tronco d’albero ne definiscono lo sviluppo; queste linee deboli di giunzione fra le gettate […] sono protette e impreziosite dalla sutura di liste di marmo bianco incassate per il loro spessore […] fra l’altro è noto come gli intervalli fra le parti in cemento, scanditi dalle liste di marmo, finiscono con l’attenuare le differenti tonalità di colore assunte dal cemento perché gettato in tempi molto diversi e con origine da vari centri di produzione.
Ceci crée une dualité biunivoque entre construction et composition, dépuis toujours à
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di un luogo e che ne diviene generatore di paesaggio. Non casuale infatti il titolo che Nicola Braghieri scegli per il suo testo sull’autore americano:
la base du caractèr du projet d’un lieu, qui devient generateur de paysage. Il n’est pas casuel le titre que Nicola Braghieri a choisi pour son texte sur l’auteur americain :
Buone architetture, meravigliose rovine.
Buone architetture, meravigliose rovine.
In questo breve aforisma, tratto dalle lezioni di Kahn è condensata infatti tutta consapevolezza del maestro nell’impiego dei materiali per la costruzione, ove, finito il proprio compito di apparire alla funzionalità dell’uso, divengono affascinanti ed eloquenti rovine capaci di svelare la grandezza della costruzione.
Dans ce court aphorisme tiré des leçons de Kahn, est condensée toute la prise de conscience de l’utilisation des matériaux destinés à la construction ; une fois terminée leur tâche d’apparaître comme fonctionnels, ils deviennent des ruines fascinantes et éloquentes, capables de révéler l’ampleur de la construction.
Una parola, ora, su silenzio e luce. Un edificio in costruzione non è ancora soggetto a schiavitù. È così ansioso di esistere, che sotto i suoi piedi non fa in tempo a crescere l’erba, tanto è intensa la sua volontà di essere. Quando è finito e in funzione, l’edificio vuol parlare e dice: “ascoltate, voglio raccontarvi come sono stato fatto”. Non lo ascolta nessuno. Tutti sono occupati a passare da una stanza all’altra. Ma quando l’edificio è in rovina e libero da servitù, il suo spirito emerge e racconta il miracolo del costruire.
Camminando tra la tradizione costruttiva del Marocco pare di rileggere proprio quel continuo tra artificio e natura, tra forma e materia in grado di plasmare geometrie di terra che na-
Una parola, ora, su silenzio e luce. Un edificio in costruzione non è ancora soggetto a schiavitù. È così ansioso di esistere, che sotto i suoi piedi non fa in tempo a crescere l’erba, tanto è intensa la sua volontà di essere. Quando è finito e in funzione, l’edificio vuol parlare e dice: “ascoltate, voglio raccontarvi come sono stato fatto”. Non lo ascolta nessuno. Tutti sono occupati a passare da una stanza all’altra. Ma quando l’edificio è in rovina e libero da servitù, il suo spirito emerge e racconta il miracolo del costruire.
En se promenant dans la tradition constructive du Maroc, on retrouve ce lien constant entre l’artifice et la nature, entre la forme et la
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scono dalla morfologia corrosa e ne divengono artificio dell’abitare. Volumi stereometrici che generano recinti di terra erosi dall’ombra, in cui il secolare tema della casa anti-prospettica si declina al paesaggio e alle condizioni climatiche. Una tradizione del buon costruire che oggi sta lentamente lasciando il passo a pedisseque costruzioni in cemento, avulse dalla capacità del paesaggio di interagire con esse. Mai vani dunque gli sforzi di rielaborare questa tradizione nella contemporaneità, come invece dimostra il felice intervento di recupero e restauro che, solcata la soglia ti terra ed ombra, si apre tra i giardini delle ‘rovine’ di Palais El Badì, a Marrakesh. Stereometrici volumi di nuove esigenze funzionali si accostano alle possenti mura in terra battuta che ne definiscono il recinto di un ‘paradiso in terra’, come ebbe a definire questo palazzo il pittore olandese Adrien Mathan, che innalza il materiale a elemento decorativo di una contemporaneità, e lascia alla luce la percezione della propria perfetta stereotomia, mentre all’ombra l’onere di enfatizzare lo scorrere del tempo tra passato e futuro. Qui i nuovi corpi di fabbrica si stagliano dalla terra e con essa si ergono a divenire architettu-
matière capable de donner forme aux géométries terrestres, ces géométries qui découlent de la morphologie corrodée et qui deviennent habitat. Il s’agit de volumes stéréométriques qui génèrent des clôtures en terre érodées par l’ombre, où le thème séculaire de la maison anti-perspective s’adapte au paysage et aux conditions climatiques. Une tradition de bonne construction qui aujourd’hui cède lentement le pas aux bâtiments en béton, détachés de la capacité du paysage d’interagir avec eux. Les efforts visant à employer cette tradition dans le monde contemporain ne sont donc jamais vains, comme le témoigne l’heureuse intervention de récupération et de restauration qui, franchi le seuil de terre et d’ombre, s’ouvre dans les jardins des “ ruines ” du Palais El Badi, à Marrakech. Les volumes stéréométriques, expression de nouveaux besoins fonctionnels, se rapprochent des parois en terre battue. Ces dernières modèlent ainsi la clôture de ce “ paradis sur terre ”, comme le peintre hollandais Adrien Mathan a défini ce palais, qui transforme le matériau en élément décoratif contemporain, et laisse à la lumière la per-
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ra di un luogo intriso di storia, capaci di elevare ad archetipo un materiale da costruzione figlio della tradizione, capaci di divenire forma plasmata dalla materia, capaci di declinare attraverso l’ombra quella linea continua tra passato e presente. Con questo semplice ma significativo gesto questa architettura ha saputo riscrivere quel “fascino discreto della rovina”, che ci lascia immaginare un palazzo immaginifico, che spoglio delle adorne ricchezze originarie, si mostra oggi nudo di fronte al visitatore, quasi a voler lasciare l’ardore di immaginarne le possibili magnificenze che furono. Con questo semplice gesto, intriso di significati, ancora una volta la storia, Palais El Badì, è stato capace di ergersi a modello del buon costruire di un luogo nella propria tradizione, è stato capace di ergersi ad opera d’arte.
ception de sa stéréotomie parfaite, tandis qu’à l’ombre, il laisse la fonction de souligner le passage du temps, entre le passé et le futur. Ici, les nouveaux bâtiments se démarquent de la terre et, avec elle, ils émergent, pour devenir l’architecture d’un lieu chargé d’histoire, capables d’élever un matériau de construction traditionnel à un archétype, capables de devenir la forme modelée par la matière, capables de décliner, à travers l’ombre, cette ligne entre le passé et le présent. Avec ce geste simple mais significatif, cette architecture a été en mesure de réécrire le “ charme discret de la ruine ”, ce qui nous laisse évoquer un palais imaginaire qui, déshabillé des richesses d’origine, apparaît aujourd’hui nu devant le visiteur, comme pour vouloir quitter l’ardeur d’imaginer les merveilles possibles du passé. Avec ce geste simple, imprégné de sens, une fois de plus dans l’histoire, le Palais El Badì a été en mesure de se présenter comme un modèle de la bonne construction d’un lieu dans sa tradition. Il a été en mesure de devenir une œuvre d’art.
Casa k, Studio KO, 2009 Villa k, Studio KO, 2009
Regione Azilal, lana, anni ’90 Région Azilal, laine, années ’90 Courtesy Secret Berbère Paris
il colore della terra nei tappeti nomadi e tribali del marocco | la couleur de la terre dans les tapis nomades et tribaux du maroc Alberto Pireddu
Nel settembre del 2013, una grande esposizione riuniva negli spazi della Neue Sammlung di Monaco i tappeti nomadi e tribali del Marocco della collezione privata del professor Jürgen Adam, suggerendo inedite relazioni tra gli stessi e le avanguardie artistiche occidentali del XX secolo. La mostra, dal titolo Marokkanische Teppiche und die Kunst der Moderne/Moroccan carpets and modern art, era ancora una riflessione sulle radici dell’arte astratta moderna che conduceva, questa volta, in un viaggio tra le colline del Medio e dell’Alto Atlante, dove una moltitudine di donne da sempre consegnava alla lana e al telaio le proprie (infinite) variazioni su una certa bidimensionalità della rappresentazione spaziale1. Un poderoso catalogo, a cura di Florian Hufnagl e dello stesso Adam, classificava i tappeti per temi, colori e genealogie, in una edizione critica che completava i contenuti di una bibliografia non certo esaustiva sul tema: Berber: Stammesteppiche und Textilien aus
En septembre 2013, une grande exposition réunissait, dans les espaces de la Neue Sammlung de Munich, des tapis nomades et tribaux du Maroc de la collection privée du professeur Jürgen Adam, suggérant des relations inédites entre eux et les avantgardes artistiques occidentales du XXème siècle. L’exposition, intitulée Marokkanische Teppiche und die Kunstder Moderne / Moroccan carpets and modern art, était encore une réflexion sur les racines de l’art abstrait moderne qui conduisait, cette fois, à un voyage à travers les collines du Moyen et du Haut-Atlas où une multitude de femmes ont toujours donné leurs variations (infinies) à la laine et au métier à tisser sur une certaine bidimensionnalité de la représentation spatiale1. Un puissant catalogue, édité par Florian Hufnagl et Adam lui-même, classait les tapis par thèmes, couleurs et généalogies, dans une édition critique qui complétait les contenus d’une bibliographie certainement pas exhaus-
1 Tra i precedenti non si possono non ricordare: Primivitism in 20th Century of Art. Affinity of The Tribal and the Modern, del 1984 presso il MoMA di New York, a cura di William Rubin e Kirk Varnedoe e The Spiritual in Art. Abstract Painting 1890-1985, del 1985 presso il Los Angeles County Museum of Art, a cura di Maurice Tuchman.
1 Parmi les précédents, rappelons : Primivitism in 20th Century of Art. Affinity of The Tribal and the Modern, 1984 au MoMA de New York, édité par William Rubin et Kirk Varnedoe et The Spiritual in Art. Abstract Painting 1890-1985, 1985 au Los Angeles County Museum of Art, édité par Maurice Tuchman.
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dem Königreich Marokko, edito nel 1991, From the Far West: Carpets and Textiles of Morocco, catalogo della mostra al Textile Museum di Washington D.C. nel 1980, e Corpus des tapis marocains di Prosper Ricard, opera in tre volumi degli anni Venti. Il saggio introduttivo, Magiciennes de la laine, significativamente evocativo di un universo (al) femminile, è un chiaro riferimento al titolo della celebre esposizione del 1989 al Centre Pompidou di Parigi Magiciens de la Terre, probabilmente la più importante dedicata, non senza polemiche, dall’Occidente all’arte contemporanea africana. “Maghe della lana” e “Maghi della terra”, donne e uomini, in una singolare e secolare convivenza tra arte e magia, umano e divino (Adam J., 2014, p. 120). Che cosa – si domanda Adam nel suo scritto – accomuna, o meglio avvicina, i tappeti marocchini all’arte europea e americana? I territori di tale prossimità parrebbero essere quelli di una certa astrazione che rimanda a forme dense di significati: in alcuni casi segni e simboli antichissimi – arcaici e universali nella loro comune appartenenza a remote culture e civiltà (Shuster C., Carpenter E., 1996) – indagati da alcuni tra i più grandi artisti del
tive sur le sujet : Berber : Stammesteppiche und Textilien aus dem Königreich Marokko, publié en 1991, From the Far West : Carpets and Textiles of Morocco, catalogue d’exposition au Textile Museum de Washington DC en 1980, et Corpus des tapis marocains de Prosper Ricard, œuvre en trois volumes des années 1920. L’essai d’introduction, Magiciennes de la laine, significativement évocateur d’un univers (au) féminin, fait clairement référence au titre de la célèbre exposition de 1989 au Centre Pompidou à Paris Magiciens de la Terre, probablement la plus importante dédiée, non sans polémiques, par l’Occident à l’art africain contemporain. “Magiciennes de la laine” et “Magiciens de la terre”, femmes et hommes, dans une coexistence singulière et séculière entre art et magie, humain et divin (Adam J., 2014, p. 120). Qu’est-ce qui – se demande Adam dans son écrit – unit ou, plutôt, rapproche les tapis marocains de l’art européen et américain ? Les territoires d’une telle proximité semblent être ceux d’une certaine abstraction qui renvoie à des formes denses de significations : dans certains cas, des signes et des symboles
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secolo scorso e tramandati da generazioni di anonime tessitrici nelle aree rurali del Paese; in altri, forme generate da processi creativi sviluppatisi, per dirla con Gerard Richter, in direzioni impreviste e imprevedibili (Adam J., 2014, pp. 100-101). Il tentativo di dare una risposta a questo quesito, fondamentale per la storia dell’arte moderna, introduce un mondo di straordinaria bellezza e vastità: quel paesaggio marocchino in cui, tra aridità e ricchezze d’acqua, luci e ombre, vita nomadica e sedentaria, una lunga convivenza di etnie (berberi, arabi ed ebrei) e tribù ha prodotto autentici capolavori, ancora in gran parte sconosciuti se non a un ristretto gruppo di specialisti. Un mondo caro ai maestri della pittura europea, molti dei quali, da Eugène Delacroix a Henry Matisse, Raoul Dufy, Kees van Dongen, scelsero di soggiornarvi, rivoluzionando la propria arte all’incontro con la luce e i colori dei luoghi. La comprensione delle sue leggi intrinseche e dei suoi legami con l’esterno, in particolare con quell’Europa con cui per oltre sette secoli si sono inevitabilmente incrociati i suoi destini e la sua storia, è fondamentale e propedeutica secondo l’autore alla comprensione di un’arte
très anciens – archaïques et universels dans leur appartenance commune à des cultures et civilisations lointaines (Shuster C., Carpenter E., 1996) – étudiés par certains des plus grands artistes du siècle passé et transmis par des générations de tisserands anonymes dans les zones rurales du pays ; dans d’autres, des formes générées par des processus créatifs qui se sont développés, pour le dire avec Gerard Richter, dans des directions inattendues et imprévisibles (Adam J., 2014, pp. 100-101). Fondamentale pour l’histoire de l’art moderne, la tentative de répondre à cette question introduit un monde d’une beauté et d’une ampleur extraordinaires : ce paysage marocain dans lequel, entre aridité et abondance d’eau, lumières et ombres, vie nomade et sédentaire, une longue coexistence de groupes ethniques (berbères, arabes et juifs) et de tribus a produit d’authentiques chefs-d’œuvre, encore largement inconnus sinon d’un groupe restreint de spécialistes. Un monde cher aux maîtres de la peinture européenne, dont plusieurs, d’Eugène Delacroix à Henry Matisse, Raoul Dufy, Kees van Dongen, choisirent d’y séjourner, révolutionnant leur art grâce à cette rencontre avec la lumière et les couleurs des lieux. La
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in cui confluiscono valori umani, sociali, culturali e religiosi (Adam J., 2014, pp. 101-105). In una società ancora legata a forme di nomadismo, il tappeto è innanzitutto il disegno di uno spazio simbolico e flessibile, che coincide con la temporanea scelta di un luogo per vivere, prima di proseguire il cammino. Ma esso è anche un oggetto prezioso da usare e ri-usare, sia pure per frammenti nella costruzione di una tenda una volta esaurita la sua originaria funzione (Adam J., 2014, pp. 114-115). Descrivendoli con straordinaria ricchezza di dettagli, Adam tenta di indicarne i luoghi di origine (il Medio Atlante, l’Haouz de Marrakech, l’Alto e l’Anti Atlante) e le tribù di appartenenza, ma è nella loro datazione che egli trova le maggiori difficoltà, poiché il tempo non ha mai svolto un ruolo fondamentale nella vita delle donne che li hanno tessuti (Adam J., 2014, p. 115). La lana è il materiale d’elezione dei tappeti marocchini, per il suo calore e per la sua capacità di garantire la presenza del divino (Baraka): nei colori originari (il bianco e il nero, talvolta il marrone), nel colore rosso che il ricorso alle radici di una certa pianta (la robbia) consentiva di ottenere nelle zone più oc-
compréhension de ses lois intrinsèques et de ses liens avec l’extérieur, en particulier avec cette Europe avec laquelle, pour plus de sept siècles, ses destins et son histoire se sont inévitablement croisés, est fondamentale et propédeutique selon l’auteur pour la compréhension d’un art dans lequel convergent des valeurs humaines, sociales, culturelles et religieuses (Adam J., 2014, pp. 101-105). Dans une société encore liée à des formes de nomadisme, le tapis est avant tout la conception d’un espace symbolique et flexible qui coïncide avec le choix temporaire d’un lieu de vie, avant de poursuivre la transhumance. Mais c’est aussi un objet précieux à utiliser et à ré-utiliser, ne serait-ce que pour des fragments dans la construction d’une tente une fois sa fonction d’origine épuisée (Adam J., 2014, pp. 114-115). En les décrivant avec une extraordinaire richesse de détails, Adam essaie d’en indiquer les lieux d’origine (le Moyen-Atlas, le Haouz de Marrakech, le Haut et l’Anti-Atlas) et les tribus auxquelles ils appartiennent, mais c’est concernant leur datation qu’il trouve les plus grandes difficultés, car le temps n’a jamais joué un rôle fondamental dans la vie des
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cidentali dell’Atlante, nel giallo della ginestra, del melograno o della dafne, nel blu dell’indaco, comune nelle valli del Draa e di Sousse. Ciò prima che l’introduzione delle tinture sintetiche alterasse tale naturale geografia dei colori, sottraendo loro quella vibrazione che derivava dalle inevitabili variazioni cromatiche di un procedimento ancora artigianale, ma conferendogli una ineguagliabile durata (Adam J., 2014, pp. 115-117). Tra le trame e i nodi dei tappeti, una moltitudine di segni conferiva loro (o almeno così si credeva) poteri magici e apotropaici. Si pensi, ad esempio, alla figura della losanga, ascrivibile ai berberi da tempi immemori e poi utilizzata dall’Islam per la sua capacità di evocare il numero cinque, simbolo del credo, della preghiera, del pellegrinaggio e della cacciata del diavolo per tutti i musulmani. O alla mano: di Fatima per questi ultimi, di Dio per gli ebrei, di Maria, per i cristiani. Tali segni trasformavano il tessuto in un campo semantico e simbolico, rivelando la sua ‘anima’. Ad essi si affiancavano spesso forme libere e geometriche attraverso le quali le tessitrici potevano esprimere la propria creatività: punti o gruppi di punti, linee verticali o diagonali, superfici
femmes qui les ont tissés (Adam J., 2014, p. 115). La laine est la matière de choix des tapis marocains, en raison de sa chaleur et de sa capacité à garantir la présence du divin (Baraka) : aux couleurs originales (le blanc et le noir, parfois le marron), à la couleur rouge que l’utilisation des racines d’une certaine plante (la garance) a permis d’obtenir dans les régions les plus occidentales de l’Atlas, au jaune du genêt, de la grenade ou de la daphné, au bleu indigo, commun dans les vallées du Draa et de Sousse. Ceci avant que l’introduction des colorants synthétiques n’altère une telle géographie naturelle des couleurs, en leur soustrayant cette vibration qui dérivait des inévitables variations chromatiques d’un procédé encore artisanal, mais en lui donnant une inégalable durabilité (Adam J., 2014, pp. 115-117). Entre les trames et les nœuds des tapis, une multitude de signes leur conféraient (ou du moins c’est ce qu’on croyait) des pouvoirs magiques et apotropaïques. On pense, par exemple, à la figure du losange, attribuable aux Berbères depuis des temps immémoriaux et ensuite utilisée par l’Islam pour sa capacité à évoquer le chiffre cinq, symbole du credo,
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di quadrati, rettangoli, triangoli, campi di losanghe, scacchiere. Talvolta il tappeto diveniva una superfice monocromatica che traeva il proprio potere visivo dalla texture dei nodi o dall’intensità cangiante del proprio colore, denominata abrash (Adam J., 2014, pp. 117119). Così, unendo utilità e valori estetici, i tappeti, secondo una felice definizione di Gottfried Boehm (2004, p. 120), “Sono pitture da guardare e toccare; sovvertono la distinzione tra pittura visibile, scultura tattile e spazio costruito; sono anche […] i testi scritti di coloro che non sono alfabetizzati”. Al principio del Novecento, grazie alla diffusione delle idee contenute nei fondamentali volumi Über das Geistige in der Kunst (1911) di Wassily Kandinsky e Abstraktion Und Einf Hlung: Ein Beitrag Zur Stilpsychologie di Wilhelm Worringer (1906), oltre che delle teorie sulla percezione di Ernst Mach e Friedrich Schumann, alcuni artisti europei, fra cui Frantisek Kupka, Kazimir Malevich, Piet Mondrian e Paul Klee, posero le basi di una Nuova Arte astratta, orientando la propria opera nel segno di un’autonomia della rappresentazione rispetto alla Natura. Pochi anni dopo alcuni pittori americani avrebbero, più o
de la prière, du pèlerinage et de l’expulsion du diable pour tous les musulmans ; ou à la main : de Fatima pour ces derniers, de Dieu pour les Juifs, de Marie pour les chrétiens. De tels signes transformèrent le tissu en un champ sémantique et symbolique, révélant son ‘âme’. Ces motifs sont souvent associés à des formes libres et géométriques à travers lesquelles les tisseuses pouvaient exprimer leur créativité : points ou groupes de points, lignes verticales ou diagonales, surfaces de carrés, rectangles, triangles, champs de losanges, damiers. Parfois, le tapis devenait une surface monochrome qui tirait sa puissance visuelle de la texture des nœuds ou de l’intensité irisée de sa couleur, appelée abrash (Adam J., 2014, pp. 117-119). Ainsi, unissant utilité et valeurs esthétiques, les tapis, selon une heureuse définition de Gottfried Boehm (2004, p. 120), “sont des peintures à regarder et à toucher; ils subvertirent la distinction entre peinture visible, sculpture tactile et espace construit ; ce sont aussi […] les textes écrits de ceux qui sont analphabètes”. Au début du XXème siècle, grâce à la diffusion des idées contenues dans les volumes fondamentaux Überdas Geistige in der Kunst (1911)
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meno autonomamente, intrapreso una strada analoga verso il rifiuto della Natura come modello della prospettiva lineare e di una tradizione ormai decadente: Clyfford Still, Jackson Pollock, Mark Rothko, Adolpdh Gottlieb, Barnett Newman e, una generazione dopo, Ellsworth Kelly, Frank Stella, Gerhard Richter e Sean Scully, solo per non citare che i più noti. Nella loro ricerca della ‘sorgente dell’arte’, in Europa come negli Stati uniti, essi rivolsero lo sguardo verso la cosiddetta ‘arte primitiva’, forse l’unica ad avervi attinto con autenticità. Vi ritrovarono quella capacità di esprime il ‘suono interiore’, per dirla con Kandinsky, che da tempo andavano cercando (Adam J., 2014, pp. 107-113). I tappeti marocchini appartengono a quell’arte, atemporale e transculturale, capace di esprimere nella distillazione colorata delle sue forme bidimensionali emozioni e pensieri: la più intima vita dell’uomo. È come se le tessitrici marocchine avessero studiato i libri scritti da Mach, Schumann, Worringer e Kandinsky, come se esse fossero state coinvolte nei corsi tenuti alla Bauhaus da Johannes Itten, Paul Klee e Wassily Kandinsky. Certo, ciò è fuori discussione. Evidentemente, le tessitrici, dal canto loro,
de Vassily Kandinsky et Abstraktion Und Einf Hlung : Ein Beitrag Zur Stilpsychologie de Wilhelm Worringer (1906), ainsi que des théories sur la perception d’Ernst Mach et Friedrich Schumann, quelques artistes européens, dont Frantisek Kupka, Kazimir Malevich, Piet Mondrian et Paul Klee, jetèrent les bases d’un nouvel art abstrait en plaçant leur œuvre sous le signe d’une autonomie de la représentation par rapport à la Nature. Quelques années plus tard, certains peintres américains auraient, de façon plus ou moins autonome, emprunté une voie analogue vers le rejet de la Nature comme modèle, de la perspective linéaire et d’une tradition désormais décadente : Clyfford Still, Jackson Pollock, Mark Rothko, Adolpdh Gottlieb, Barnett Newman et, une génération plus tard, Ellsworth Kelly, Frank Stella, Gerhard Richter et Sean Scully, pour ne citer que les plus connus. Dans leur recherche de la ‘source de l’art’, en Europe comme aux ÉtatsUnis, ils tournèrent leur regard vers le soi-disant ‘art primitif’, peut-être le seul à y avoir puisé avec authenticité. Ils y retrouvèrent cette capacité d’exprimer le ‘son intérieur’, pour parler comme Kandinsky, qu’ils cherchaient depuis longtemps (Adam J., 2014, pp. 107-113).
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avevano da sempre familiarità con le leggi della percezione che studiosi, artisti e studenti della Bauhaus dovevano aver elaborato così faticosamente per se stessi (Adam J., 2014, p. 111).
Il viaggio nello spazio e nel tempo degli artisti delle avanguardie incontrò così, secondo la conclusione dell’autore, la lunga durata di una tradizione tessile, che sulle colline dell’Atlante univa la preistoria al presente, e ritrovò nell’astrazione di un linguaggio antico una comune volontà di conferire all’arte significati più profondi, quella componente ‘spirituale’ descritta e ricercata da Kandinsky sin dal 1911 o quel ‘potere interno’ dei dipinti che ancora rende magnetiche le opere di Mark Rothko (Adam J., 2014, p.119). Tra le pagine di questo catalogo si narra quindi di impossibili conversazioni fra i lavori al telaio delle donne appartenenti alle differenti tribù marocchine (Aït Bou Ichaouen, Aït Ouaouzguite, Aït Seghrouchen, Aït Sgougou, Ait Youssi, Beni M’Guild, Beni Ourain, Beni Zemmour) e i più importanti artisti astratti del secolo scorso: Joseph Beuys, Rupprecht Geiger, Eileen Gray, Gottfried Honegger, Johannes Itten, Wassily Kandinsky, Ellsworth
Les tapis marocains appartiennent à cet art, intemporel et transculturel, capable d’exprimer dans la distillation colorée de ses formes bidimensionnelles des émotions et des pensées : la vie la plus intime de l’homme. C’est comme si les tisseuses marocaines avaient étudié les livres écrits par Mach, Schumann, Worringer et Kandinsky, comme si elles avaient été impliquées dans les cours donnés au Bauhaus par Johannes Itten, Paul Klee et Wassily Kandinsky. Bien sûr, cela est hors de discussion. Évidemment, les tisseuses, de leur côté, étaient, depuis toujours, familiarisées avec les lois de la perception que les savants, les artistes et les étudiants du Bauhaus avaient dû travailler si laborieusement pour eux-mêmes (Adam J., 2014, p. 111).
Le voyage à travers l’espace et le temps des artistes d’avant-garde rencontra ainsi, selon la conclusion de l’auteur, la longue durée d’une tradition textile qui, sur les collines de l’Atlas, unissait la préhistoire au présent et retrouva dans l’abstraction d’un langage ancien une volonté commune de conférer à l’art des significations plus profondes, cette composante ‘spirituelle’ décrite et recherchée par Kandinsky depuis 1911 ou cette ‘puissance interne’ des peintures qui, encore, rend magnétiques les œuvres de Mark Rothko (Adam J., 2014, p.119).
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Kelly, Paul Klee, Sol LeWitt, Henry Matisse, Barnett Newman, Gerhard Richter, Mark Rothko, Frank Stella fra gli altri2. Non semplici associazioni formali, ma il tentativo, ben più complesso, di costruire un vocabolario di immagini, universale prima ancora che comune, tra tradizione e ricerca come riscoperta. Proprio per questo, la parte più interessante del volume è l’apparato iconografico che documenta i contenuti della Mostra. A seconda dei motivi che li caratterizzano, i tappeti vi appaiono raggruppati in otto sezioni (Punkt, Linie, Fläche, Punkt und Linie, Punkt und Fläche, Linie und Fläche, Punkt-Linie-Fläche, Grundfläche) che ampliano la celebre classificazione degli elementi del disegno definita da Kandinsky nel 1926 – Punto Linea Superficie, rappresentati su un piano di fondo – aggiungendovi inedite combinazioni degli stessi e introducendo una nuova categoria, la Grundfläche, nella quale il fondo stesso diventa un piano disegnato, con texture, colori, proporzioni e dimensioni ben precisi. Secondo Adam, non vi è tuttavia univocità nell’apparte-
Les pages de ce catalogue racontent ainsi d’impossibles conversations entre les œuvres produites par des femmes appartenant aux différentes tribus marocaines (Aït BouIchaouen, Aït Ouaouzguite, Aït Seghrouchen, Aït Sgougou, Ait Youssi, Beni M’Guild, Beni Ourain, Beni Zemmour) et les artistes les plus importants du siècle dernier : Joseph Beuys, Rupprecht Geiger, Eileen Gray, Gottfried Honegger, Johannes Itten, Wassily Kandinsky, Ellsworth Kelly, Paul Klee, Sol Le Witt, Henry Matisse, Barnett Newman, Gerhard Richter, Mark Rothko, Frank Stella parmi tant d’autres2. Ce ne sont pas de simples associations formelles, mais la tentative, bien plus complexe, de construire un vocabulaire d’images, universel bien avant d’être commun, entre tradition et recherche comme redécouverte. Pour cette raison, la partie la plus intéressante du volume est l’appareil iconographique qui documente le contenu de l’Exposition. Selon les motifs qui les caractérisent, les tapis apparaissent regroupés en huit sections (Punkt, Pour une comparaison visuelle entre les tapis et les œuvres d’art abstraites voir : Hufnagl F., Adam J., 2014, pp. 9-97.
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Per un confronto visivo tra i tappeti e le opere d’arte astratte cfr.: Hufnagl F., Adam J., 2014, pp. 9-97. 2
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nenza di un tappeto ad una specifica sezione, ma una totale libertà interpretativa da parte del lettore/visitatore che può immaginare per essi differenti e molteplici afferenze. Se si escludono alcuni rarissimi tappeti verdi e blu, appartenenti alla categoria Grundfläche (la sola dove sia possibile tra l’altro apprezzare il fenomeno dell’abrash) e i cosiddetti Boucherouites (composizioni colorate di materiali naturali e sintetici prevalentemente riciclati o recuperati), i colori prevalenti tra i tappeti catalogati sono il rosso e il bianco: il colore della terra e il colore naturale della lana. I tappeti rossi provengono soprattutto dalle aree rurali intorno alle città di Boujad, Oulmès, Mrirt, Marrakech e Chichaoua, dove ancora vivono le tribù dei Chiadma, OuladBousbaa, Ourdirha/Beni Amir/ Beni Zemour, Aït Sgougou, mentre i bianchi appartengono per lo più ai Beni Ouarain, distribuiti nelle regioni più settentrionali del Medio Atlante. La lana e il rosso sono i veicoli principali del Divino (Baraka) e non sorprende che proprio al rosso siano attribuite tali proprietà. Il rosso è infatti in Marocco il colore della terra, almeno nelle regioni più prossime al deserto.
Linie, Fläche, Punkt und Linie, Punkt und Fläche, Linie und Fläche, Punkt-Linie-Fläche, Grundfläche) qui élargissent la célèbre classification des éléments du dessin définie par Kandinsky en 1926 – Point Ligne Superficie, représentés sur un plan de fond – en y ajoutant des combinaisons inédites des mêmes motifs et en introduisant une nouvelle catégorie, la Grundfläche, dans laquelle le fond lui-même devient un plan conçu, avec des textures, des couleurs, des proportions et des dimensions précises. Selon Adam, il n’y a cependant pas d’unicité dans l’appartenance d’un tapis à une section spécifique, mais une totale liberté interprétative de la part du lecteur / visiteur qui peut imaginer pour eux des afférences différentes et multiples. À l’exception de quelques très rares tapis verts et bleus appartenant à la catégorie Grundfläche (la seule où il est possible, entre autres, d’apprécier le phénomène de l’abrash) et les soi-disant Boucherouites (compositions colorées de matériaux naturels et synthétiques principalement recyclés ou récupérés), les couleurs dominantes entre les tapis catalogués sont le rouge et le blanc : la couleur de la terre et la couleur naturelle de la laine.
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Le anonime tessitrici, ricorrendo a tale colore laddove vi fosse la possibilità di ottenerlo naturalmente dalla robbia, identificavano forse il sacro con la terra, ricercando in essa protezione e conforto? Nell’impossibilità di dare una risposta a tale domanda, immaginiamo che la (madre)terra appartenga a questo mondo fatato di donne in cui attraverso la tessitura si tramandano, oltre i segni e i simboli più arcaici, la fede e i suoi misteri.
Les tapis rouges proviennent principalement des zones rurales autour des villes de Boujad, Oulmès, Mrirt, Marrakech et Chichaoua où les tribus Chiadma, Oulad-Bousbaa, Ourdirha/Beni Amir/ Beni Zemour, Aït Sgougou vivent toujours, tandis que les blancs appartiennent le plus souvent à Beni Ouarain, répartis dans les régions les plus septentrionales du Moyen-Atlas. La laine et le rouge sont les principaux véhicules du Divin (Baraka) et il n’est pas surprenant que de telles propriétés soient justement attribuées au rouge. En fait, le rouge est la couleur de la terre au Maroc, du moins dans les régions les plus proches du désert. Les tisseuses anonymes, en recourant à une telle couleur là où il était possible de l’obtenir naturellement de la garance, ont-elles peutêtre identifié le sacré à la terre, en y cherchant protection et réconfort ? Face à l’impossibilité de répondre à cette question, nous imaginons que la terre (mère) appartient à ce monde féérique des femmes dans lequel, à travers le tissage, se transmettent, outre les signes et les symboles les plus archaïques, la foi et ses mystères.
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Regione Azrou, lana, anni ’80 Région Azrou, laine, années ’80 Regione Khenifra, lana, anni ’70 Région Khenifra, laine, années ’70 Regione Beni Ouarain, lana, anni ’80 Région Beni Ouarain, laine, années ’80 Regione Azrou, lana, anni ’80 Région Azrou, laine, années ’80 Courtesy Secret Berbère Paris
New Baris, progetto di insediamento e sviluppo comunitario, completato nel 1966 New Baris, projet d’implantation et de développement communautaire, achevé en 1966 Planimetria generale, fotografia di de Albek A. & Niksarli M. Plan de masse, photographie de Albek A. & Niksarli M. © Aga Khan Trust for Culture (IHF1874)
incantesimi di sabbia. hassan fathy a new baris | enchantements de sable. hassan fathy à new baris Caterina Lisini
Nelle geografie abitate d’occidente
Dans les géographies habitées de l’Occident,
una città è fatta di case e di strade; tenacemente si stende a obliterare ogni traccia di ‘terra’; questa, sia pianeta, sia humus, sta sotto, nascosta come un’arcaica vergogna […] o simbolicamente sepolta. Questa compattezza, questa sistematica occupazione dell’edificio, colpisce il viaggiatore come sintomo tipico e affascinante dell’Europa (Manganelli, 2018, p. 12).
une ville est composée de maisons et de rues ; elle s’étend avec ténacité pour oblitérer toute trace de ‘terre’ ; celle-ci, qu’elle soit planète, humus, est en dessous, cachée comme une honte archaïque […] ou symboliquement enfouie. Cette compacité, cette occupation systématique de l’édifice, frappe le voyageur comme un symptôme typique et fascinant de l’Europe (Manganelli, 2018, p. 12).
Di ritorno da uno speciale viaggio in Africa, attraverso le terre subsahariane desolate e solitarie fino all’affollata e mediterranea costa egiziana, l’occhio prensile e affabulatore di Giorgio Manganelli legge con precisione i segni di un’antica tradizione europea di radicarsi al suolo e insieme la profonda diversità della regione africana. È l’Africa
De retour d’un voyage spécial en Afrique, à travers les terres sub-sahariennes jusqu’à la côte égyptienne méditerranéenne, l’œil préhensile et conteur de Giorgio Manganelli lit avec précision les signes d’une ancienne tradition européenne d’enracinement sur le sol et ensemble la profonde diversité de la région africaine. C’est l’Afrique
una terra senza strade, percorsa da lunghe, rare piste sinuose, labili e ostinate; una rete non appoggiata ma tatuata su un continente, un modo di essere di quella pelle infinitamente rugosa, senile, impervia; itinerari da percorrere lentamente, con perizia e tenacia, riscoprendo la dimensione disagevole del viaggio, la fatica della scoperta, la tensione dell’inatteso. Città rare e lontanissime; spazi indifferenti, un pachiderma planetario abitato e percorso da insetti lievissimi e provvisori (2018, p. 15).
une terre sans routes, traversée de longues et rares pistes sinueuses, labiles et obstinées ; un réseau non soutenu mais tatoué sur un continent, une manière d’être de cette peau infiniment ridée, sénile, dure ; des itinéraires à parcourir lentement, avec habileté et ténacité, redécouvrant la dimension inconfortable du voyage, la fatigue de la découverte, la tension de l’inattendu. Villes rares et très éloignées ; espaces indifférents, un pachyderme planétaire habité et traversé d’insectes très légers et provisoires” (2018, p. 15).
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Quando, nei primi anni sessanta, Hassan Fathy viene incaricato dal governo egiziano e dall’Organizzazione dello sviluppo del Deserto di elaborare il progetto per una comunità agricola da insediare in una regione remota, a circa sessanta chilometri dall’oasi di Kharga, è un professionista ormai nella piena maturità della sua attività di architetto. Per circa venti anni, dagli anni Quaranta agli anni Sessanta, ha condotto un’incessante attività di ricerca sui tessuti storici del Cairo e delle antiche città egiziane e arabe, a fondamento della costruzione di un nuovo linguaggio architettonico, moderno ma al tempo stesso identitario, per la nuova realtà politica e culturale dell’Egitto indipendente. Ne ha maturato una personale e autentica concezione architettonica, strettamente legata agli aspetti funzionali ed estetici dell’architettura antica, che sembra agire operativamente, in ogni occasione progettuale, secondo precise scelte compositive di astrazione, selezione, trasposizione e montaggio di figure e tecniche dell’intera koiné araba, in una rifusione sintetica e originale di simboli e tradizioni dell’abitare1.
Lorsque, au début des années 1960, Hassan Fathy est chargé par le gouvernement égyptien d’élaborer le projet d’une communauté agricole dans une région reculée, à environ soixante kilomètres de l’oasis de Kharga, c’est désormais un professionnel en pleine maturité. Pendant une vingtaine d’années, des années 40 aux années 60, il a mené une incessante recherche sur les tissus historiques du Caire et des villes égyptiennes et arabes anciennes, à la base de la construction d’un nouveau langage architectonique, moderne mais en même temps identitaire, pour la nouvelle réalité de l’Égypte indépendante. Il en a développé une conception architectonique personnelle et authentique, étroitement liée aux aspects fonctionnels et esthétiques de l’architecture ancienne qui semble agir de manière opérationnelle, selon des choix compositionnels précis d’abstraction, de sélection, de transposition et de montage de figures et de techniques de l’entière koiné arabe, dans une refonte synthétique et originale de symboles et de traditions liés à la façon d’habiter1. Pourtant, bien qu’il soit plongé dans la recherche rationnelle
Sul metodo compositivo del maestro egiziano cfr. almeno: V. Bertini 2016 e 2017; Damluji S. S., Bertini V. 2018; De Maio F. 2000; Picone A. 2009.
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Sur la méthode de composition du maître égyptien, voir au moins : V. Bertini 2016 et 2017 ; Damluji S. S., Bertini V. 2018 ; De Maio F. 2000 ; Picone A. 2009.
hassan fathy a new baris | hassan fathy à new baris
Eppure, pur calato nella razionale ricerca di una pratica progettuale contemporanea, Fathy si mostra sensibile al mondo fiabesco e originario della sua “arabità perduta” (Fathy, 1978 citato in Bertini, 2016), distillando, nel processo creativo delle sue architetture, un’arcaica e mitologica modalità umana di calcare la terra d’Africa. L’ambiente naturale per un Arabo, scrive Fathy, è il deserto. Esso ha determinato le sue abitudini, la sua visione della vita e la sua cultura. Egli è debitore al deserto della sua semplicità, della sua geometria, del suo amore per la scienza, la matematica, l’astronomia, del suo modo di vivere e dei suoi rapporti familiari. […] Ma il pur vasto deserto non è grande quanto il cielo, uno spazio illimitato che contiene tutti gli esseri e innumerevoli stelle. Per questa ragione il cielo è sacro per un beduino (1998, p. 60).
L’insediamento di New Baris è disegnato in fregio all’antica strada carovaniera di comunicazione nord-sud, che congiunge tra loro le oasi della valle del Nilo, disteso su un lungo altopiano sabbioso che caratterizza in questi luoghi la profonda depressione del deserto libico. Impostato su un ideale reticolo cartesiano e conformato sulla dimensione di un villaggio per circa 250 famiglie, il disegno si sviluppa fin
d’une pratique du design contemporain, Fathy se montre sensible au monde féerique et originaire de son “arabité perdue” (Fathy, 1978 cité dans Bertini, 2016), distillant, dans le processus créatif de ses architectures, une modalité archaïque et mythologique de calquer la terre d’Afrique. L’environnement naturel pour un Arabe, écrit Fathy, est le désert. Il a déterminé ses habitudes, sa vision de la vie et sa culture. Il est redevable au désert pour sa simplicité, sa géométrie, son amour de la science, des mathématiques, de l’astronomie, pour son mode de vie et ses relations familiales. […] Mais bien que vaste, le désert n’est pas aussi grand que le ciel, un espace illimité qui contient tous les êtres et d’innombrables étoiles. Pour cette raison, le ciel est sacré pour un bédouin (1998, p. 60).
La colonie de New Baris est conçue en frise sur l’ancienne route caravanière qui relie entre elles les oasis de la vallée du Nil ; elle s’étend sur un long plateau sablonneux qui caractérise dans cet endroit la profonde dépression du désert libyen. Installé sur un réseau cartésien idéal et conforme à la taille d’un village pour environ 250 familles, le dessin se développe s’allongeant sur les plis du site, continuellement traversé par de légères déformations et variations
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dai primi schizzi planimetrici assestandosi sulle pieghe del sito, continuamente percorso da lievi deformazioni e variazioni che manifestano la lenta e paziente ricerca di una fisiologia tutta umana del progetto. Una rete di assi rettilinei, ordinata secondo i punti cardinali, incide la struttura dell’insediamento, definendone geometricamente i limiti nel vasto orizzonte: mutuati dalla tradizione occidentale della pianificazione e messi a punto nei programmi di ricerca elaborati con Costantino Doxiadis, questi disegnano la trama della circolazione carrabile, ineludibile elemento di contemporaneità. L’incrocio di due assi principali, individua in posizione quasi baricentrica, l’articolato assemblarsi degli edifici pubblici rappresentativi, cuore fisico e simbolico dell’insediamento, che taglia in due l’ordinato tessuto edilizio abitativo, la cui porzione meridionale è destinata agli alloggi degli agricoltori. Uno schema a larga scala di una regola subito disattesa: appena fuori dagli angoli retti, infatti, il disegno di ciascun isolato si scompagina e si fa più complesso rivelando contemporaneamente sia i tratti caratteristici dei tradizionali insediamenti arabi, sia labilità e imperfezioni di un peculiare modo di abitare la terra.
qui manifestent la recherche d’une physiologie toute humaine du projet. Un réseau d’axes rectilignes, ordonné selon les points cardinaux, affecte la structure de la colonie, en définissant géométriquement les limites dans le vaste horizon : empruntés à la tradition de planification occidentale et mis au point dans les programmes de recherche avec Constantinos Doxiadis, ceux-ci dessinent la trame de la circulation, élément incontournable de contemporanéité. L’intersection de deux axes principaux identifie dans une position presque barycentrique l’ensemble des bâtiments publics, le cœur physique et symbolique de la colonie, qui coupe en deux le tissu d’habitations ordonné. Un schéma à grande échelle d’une règle qui est immédiatement ignorée : à peine en dehors des angles droits le dessin de chaque bloc perturbe révélant simultanément et les caractéristiques des établissements arabes traditionnels et la labilité et les imperfections d’une manière particulière d’habiter la terre. En traversant l’Afrique désertique, écrit Manganelli, au visiteur apparaît de temps en temps la ligne dure de la route, et pour la première fois il en identifie le caractère forcé, se dédui-
hassan fathy a new baris | hassan fathy à new baris
Nell’attraversare l’Africa desertica, scrive Manganelli, al visitatore appare ogni tanto la linea dura della strada, e per la prima volta ne individua il carattere coatto, il dedursi per geometria, l’invenzione intellettuale e matematica, una scheggia del tempo progettante dell’Europa. Ma attorno e accanto sinuosamente si allontana e si accosta il rettile terragno, coloristicamente mimetico, della pista. […] La strada è mentale, la pista è fisiologica (2018, pp. 18-19).
Quasi metafora interpretativa di un metodo compositivo, ‘strada’ e ‘pista’ sembrano intrecciarsi continuativamente, in una reciproca attrazione, nel progetto di New Baris, e la pista diviene paradigma della civiltà insediativa del continente africano, riflessa nel labirinto dei percorsi che confonde la griglia ortogonale del tessuto delle abitazioni, dove la geometria ordinatrice lascia il passo al dialettale chiacchierio di antichissime tradizioni abitative. Le vie pedonali interne a ciascun isolato si moltiplicano, cambiano improvvisamente direzione, diventano labili, scomparendo inghiottite tra l’edificato, per poi riapparire in slarghi di diverse forme e dimensioni, innervando una morfologia tipica degli insediamenti delle oasi e delle città arabe. Qui Fathy costruisce abili e poetici mon-
sant par la géométrie, l’invention intellectuelle et mathématique, un éclat du temps concepteur de l’Europe. Mais autour et à côté, le reptile terrestre s’éloigne et s’approche sinueusement, coloristiquement mimétique, de la piste. […] La route est mentale, la piste est physiologique (2018, pp. 18-19).
Presque métaphore interprétative d’une méthode de composition, ‘route’ et ‘piste’ semblent s’entrelacer continuellement, dans le projet de New Baris, et la piste devient un paradigme de la civilisation coloniale du continent africain, reflétée dans le labyrinthe de chemins qui confond la grille orthogonale du tissu des maisons, où la géométrie de commande laisse place au bavardage dialectal des anciennes traditions d’habitation. Les rues piétonnes à l’intérieur de chaque bloc se multiplient, changent soudain de direction, deviennent labiles, disparaissent englouties entre les édifices, pour réapparaître dans des ouvertures de formes différentes, innervant une morphologie typique des implantations des oasis et des villes arabes. Ici, Fathy construit des montages poétiques de figures de la tradition égyptienne, tous axés sur le paysage interne du sahn (cour), avec des transpositions quasi littérales de structures de construction
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taggi di figure della tradizione egiziana, tutti incentrati sul paesaggio interno del sahn (corte), con trasposizioni quasi letterali di strutture costruttive quali il malqaf (torrino di ventilazione), il takhtabush (loggia aperta) o la masharabiya, assieme a folgoranti contaminazioni di forme, dove si avvicendano variazioni di scala, disposizione o significato degli elementi architettonici, che si spingono fino ad “adottare il maestoso layout della qa’a per l’umile stanza del contadino” (Fathy, 1972 citato in Picone, 2009, p. 173). In un processo di astrazione e semplificazione di elementi della tradizione e di successiva reinvenzione formale in un linguaggio schiettamente moderno, è proprio il principio dello ‘scarto’, dell’improvvisa quanto sottile variazione semantica, analogo all’intricato e imperscrutabile percorso della pista, a riscattare le architetture di Fathy dall’equivoco del mimetismo. Più ancora che nelle sezioni delle architetture domestiche, dove pure “il disegno dei volumi come la frammentazione delle pareti delle case per arricchire gli spazi interstiziali o l’articolazione in altezza dei servizi […] costituisce il contributo più interessante” (Petruccioli, 1998, p. 53), è nei pochi edifici costruiti del
telles que le malqaf (tourelle de ventilation), le takhtabush (loggia ouverte) ou le moucharabieh, recourant à des contaminations fulgurantes de formes où alternent des variations d’échelle, disposition ou signification des éléments architectoniques qui se poussent jusqu’à “adopter la majestueuse disposition de la qa’a pour la modeste chambre du paysan” (Fathy, 1972 cité dans Picone, 2009, p. 173). Dans un processus d’abstraction et de simplification d’éléments de la tradition et de subséquente réinvention formelle dans un langage nettement moderne, c’est précisément le principe du ‘écart’, de la soudaine et subtile variation sémantique, analogue au chemin complexe de la piste, à racheter les architectures de Fathy de l’équivoque du mimétisme. Plus encore que dans les secteurs des architectures domestiques où aussi “la conception des volumes comme la fragmentation des murs des maisons pour enrichir les espaces interstitiels ou l’articulation en hauteur des services […] constitue la contribution la plus intéressante” (Petruccioli, 1998, p. 53), c’est dans les quelques édifices construits du centre civique que l’on peut saisir le caractère le plus authentique du travail de Fathy.
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centro civico che si può cogliere il carattere più autentico del lavoro di Fathy. Trattate come un grande tessuto urbano continuo e compatto, l’insieme delle architetture del centro, comprendente moschea, mercato, hammam, museo, municipio e uffici amministrativi, si serra attorno ai minuti percorsi pubblici, articolati in un susseguirsi continuo di portici coperti a botte o con cupole sferiche, dove la rotazione tradizionale ad est dell’orientamento della moschea costituisce l’artificio planimetrico per innescare il processo compositivo, in un accumulo di slittamenti, deformazioni, ideazioni figurative. Così l’asse principale, disegnato come la trama archeologica di un antico palazzo arabo, si arricchisce di giardini, fontane, piccole piazze recintate che connotano e impreziosiscono gli spazi pubblici. Ma è nell’edificio del mercato, uno dei pochi completati e conservato pressoché integro, che il procedimento inventivo di Fathy, intriso di tradizione eppure sempre innovativo, assume fattezze emblematiche. Modellato apparentemente sulle forme del kahn tradizionale, nel suo impianto planimetrico a corte chiusa circondata da una sequenza di celle, niente è quello che sembra: l’invaso
Traité comme un grand tissu urbain compact, l’ensemble des architectures du centre, comprenant la mosquée, le marché, le hammam, le musée, la mairie et les bureaux administratifs, se resserre autour des minuscules voies publiques, articulées dans une succession d’arcades couvertes avec des voûtes à claveaux ou des dômes sphériques, où la rotation traditionnelle à l’est de l’orientation de la mosquée constitue l’artifice planimétrique pour déclencher le processus de composition, dans une accumulation de glissements, déformations, idées figuratives. De cette manière, l’axe principal, conçu comme la trame archéologique d’un ancien palais arabe, s’enrichit de jardins, de fontaines, de petites places clôturées qui embellissent les espaces publics. Mais c’est dans l’édifice du marché, l’un des rares achevés et gardé presque intact, que la procédure inventive de Fathy, imprégnée de traditions et, pourtant, toujours innovante, assume des traits emblématiques. Apparemment calqué sur les formes du kahn traditionnel, dans sa disposition planimétrique avec une cour fermée entourée d’une séquence de cellules, rien n’est ce qu’il semble : le réservoir découvert, point d’appui habituel
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scoperto, usuale fulcro dei percorsi, è trasformato nell’appartato spazio del lavoro, su cui affacciano i magazzini delle merci e i servizi, mentre il vero luogo del mercato è slittato sulla manica laterale, dove si aprono, allineate, le botteghe del pubblico, poste in asse con il bacino d’acqua che fronteggia la moschea, quasi a far proprio un segno fondativo del centro civico. L’alto muro cieco, bordato dalle bocche voltate dei malkaf, elemento simbolico del paesaggio costruito e iconico segnale a grande scala, non affianca, come è consuetudine nelle antiche costruzioni egiziane, gli spazi più rappresentativi o il cuore dell’edificio, ma diventa elemento funzionale del sistema di raffrescamento dei depositi delle merci, stagliandosi sul braccio dei magazzini. Analogamente, nel percorso pubblico del mercato, alla statica compattezza muraria dell’edificato e all’elementare iterazione di uno stesso modulo si sovrappone, nelle sequenze trasversali delle volte su più livelli, un paesaggio labirintico, spezzato da luci improvvise e mutevoli, una mobilità dello spazio interno che sembra sempre prefigurare un altrove. Scarti ed invenzioni che proprio a New Baris, sull’orlo dello sterminato piano del deserto,
des chemins, est transformé en espace de travail isolé sur lequel donnent les entrepôts de biens et de services, tandis que le vrai lieu du marché est glissée sur la manche latérale où s’ouvrent les magasins publics alignés avec le bassin d’eau qui se trouve en face de la mosquée. Le haut mur aveugle, bordé par les bouches voûtées des malkaf, élément symbolique du paysage bâti et signal iconique à grande échelle, ne côtoie pas, comme c’est la coutume dans les bâtiments égyptiens antiques, les espaces les plus représentatifs, mais devient un élément fonctionnel du système de refroidissement des entrepôts de marchandises, en se détachant sur le bras des magasins. De même, dans la voie publique du marché, à la compacité des murs des édifices et à l’itération d’un même module se superpose, dans les séquences transversales parfois sur plusieurs niveaux, un paysage labyrinthique, morcelé par des lumières brusques et changeantes, une mobilité de l’espace intérieur qui semble toujours préfigurer un ailleurs. Des écarts aux règles et des inventions qui à New Baris, au bord de la perspective éclatée du désert, également grâce au matériau de la brique de terre crue, modelée dans le sable
Mercato, dettaglio Marché, détail © Aga Khan Trust for Culture (IHF1159)
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complice anche il materiale tradizionale del mattone in terra cruda, modellato nella rossa sabbia, producono l’incantesimo di un’antichità senza tempo, di forme senza lontananza né vicinanza, assolute e suggestive. Così la piccola corte quadrata che conclude la strada coperta del mercato esprime, nella sua concezione formale, la quintessenza del rapporto enigmatico e secolare con il deserto: aperta verso il cielo, perimetrata da portici cupolati, è chiusa su tutti i lati da aperture ogivali plasmate a claustra, che velano ma non mostrano l’immagine del deserto, quell’epifania del grande orizzonte che è “tutto meno che un paesaggio, e non è neppure un paesaggio distrutto”; è piuttosto “una realtà dello spirito, a patto di non correre, di non muoversi, sempre e ovunque lo stesso, e dove ti fermi stai” (Brandi, 1990, pp.73-74 e 91). Quasi come se Fathy riassumesse, nel suo rapporto con la tradizione, le peculiarità tutte dell’abitare la terra d’Africa. Scrive Cesare Brandi nel suo congedo dal deserto: “Sentii allora che si dividevano le persone fra quelle che vivono in un paesaggio e quelle che vivono in terra, e come vivere in terra sia vivere con la terra, in una stretta prenatale” (1990, p.74).
rouge, produisent l’enchantement d’une antiquité intemporelle, de formes sans distance ni proximité, absolues et suggestives. Ainsi, la petite cour carrée qui termine la rue couverte du marché exprime, la quintessence du rapport énigmatique et séculier avec le désert : ouverte sur le ciel, entourée d’arcades en dôme, elle est fermée de tous les côtés par des ouvertures pointues moulurées en forme de claustra qui voilent mais ne montrent pas l’image du désert, cette épiphanie du grand horizon qui est “tout sauf un paysage, et ce n’est pas non plus un paysage détruit” ; c’est plutôt “une réalité de l’esprit, à condition de ne pas courir, de ne pas bouger, toujours et partout pareil, et tu restes là où tu t’arrêtes” (Brandi, 1990, pp. 73-74 et 91). C’est presque comme si Fathy résumait, toutes les particularités de la vie en terre d’Afrique. Cesare Brandi écrit dans sa sortie du désert : “Je sentis alors que les gens étaient divisés entre ceux qui vivent dans un paysage et ceux qui vivent sur terre, et comment vivre sur terre c’est vivre avec la terre, dans une étreinte prénatale” (1990, p.74).
Mercato, vista d’insieme Marché, vue d’ensemble Mercato, pianta piano terra, fotografia di de Albek A. & Niksarli M. Marché, rez-de-chaussée, photographie de Albek A. & Niksarli M. © Aga Khan Trust for Culture (IHF1185) (IHF1897)
Mercato, fianco con griglie di ventilazione Marché, côté avec les grilles de ventilation Corte del mercato Cour du marché © Aga Khan Trust for Culture (IHF1203) (IHF1163)
Mercato, griglie di ventilazione Marché, grilles de ventilation Mercato, torri di ventilazione Marché, tours de ventilation © Aga Khan Trust for Culture (IHF1171) (IHF1175)
Viaggio in Marocco Voyage au Maroc
volti e luoghi. il marocco nelle prime fotografie di josé ortiz-echagüe e gabriele basilico | visages et lieux. le maroc dans les premières photographies de josé ortiz-echagüe et gabriele basilico Alberto Pireddu
Potrebbe sorprendere che solo quattro anni separino la pubblicazione del primo volume di The North American Indian di Edward Sheriff Curtis (1907) dagli albori del progetto Menschen des 20. Jahrhunderts di August Sander, che lo stesso autore collocò intorno al 1911. Ben più ampia appare, infatti, la distanza tra le due opere: ineguagliabili documentari di un mondo destinato a scomparire, quello dei nativi americani, e di una società, la Germania della prima metà del secolo, colta nelle sue più radicali e drammatiche trasformazioni. E ciò non solo per la natura dei temi trattati, ma anche per l’evoluzione dello stile da un certo “pittorialismo antropologico”, per dirla con Mary Warner Marien (2002), alla “fotografia esatta”, l’espressione coniata da Raoul Hausmann (1931), con la quale Sander amava identificare il proprio lavoro. In quello stesso, cruciale, passaggio alla seconda decade del Novecento, un altro fotografo, José Ortiz-Echagüe, definì gli interessi di una ricerca pluridecennale che lo portò a ritrarre personaggi, paesaggi e architetture della Spagna, raccogliendoli in quattro grandi volumi: Tipos y Trajes (1931), España, Pueblos
Cela pourrait surprendre que seuls quatre ans séparent la publication du premier volume de The North American Indian (Les Indiens d’Amérique du Nord) d’Edward Sheriff Curtis (1907) des origines du projet Menschen des 20. Jahrhunderts (Les Gens du XXème siècle) d’August Sander, que le même auteur a situé autour de 1911. En effet, l’intervalle entre les deux œuvres paraît bien plus ample : des documentaires uniques sur un monde voué à la disparition, celui des Amérindiens, et sur une société, l’Allemagne de la première moitié du siècle, saisie dans ses plus radicales et dramatiques transformations. Et ce non seulement pour la nature des thèmes traités, mais aussi pour l’évolution du style d’un certain “ pictorialisme anthropologique ”, pour parler comme Mary Warner Marien (2002), vers une “ photographie exacte ”, l’expression inventée par Raoul Hausmann (1931), avec laquelle Sander aimait identifier son propre travail. Dans ce même passage, crucial, à la seconde décennie du XXème siècle, un autre photographe, José Ortiz-Echagüe, avait défini les préoccupations d’une recherche pluridécennale qui le porta à peindre personnages et
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y Paisajes (1939), España Mística (1943) e España, Castillos y Alcázares (1956). I luoghi di tale fondamentale distillazione furono i cieli, le montagne e le città di quella parte del Marocco che, in seguito al Trattato di Fès (1912), passò sotto il Protettorato spagnolo fino al 1956: il Rif. Ingegnere militare, aviatore e amante della fotografia sin dall’adolescenza, Ortiz-Echagüe giunse in Marocco nel settembre del 1909, soggiornandovi per periodi di circa tre-quattro mesi fino al 1915, e le sue peculiari conoscenze tecniche ne fecero un pioniere della fotografia aerea per fini bellici, prima dalla navicella di un aerostato e poi dalla più sicura postazione di un aeroplano. Tra i tanti scatti che egli certamente dovette realizzare, solamente due – Vista aérea del 1909 e Desde el aire del 1914 – si conservano ancora nel suo archivio: essi mostrano, rispettivamente, la contrapposizione tra le forme sinuose del letto di un fiume e il tracciato rettilineo di una ferrovia e una catena di monti come lontano fondale delle dinamiche forme di un’ala (Ortiz-Echagüe, 2013). Filippo Tommaso Marinetti e le Avanguardie avrebbero successivamente attribuito alle
architectures de l’Espagne, en les réunissant dans quatre grands volumes : Tipos y Trajes (1931), España, Pueblos y Paisajes (1939), España Mística (1943) et España, Castillos y Alcázares (1956). Les lieux d’une telle distillation fondamentale furent les ciels, les montagnes et les villes de cette partie du Maroc qui, suite au Traité de Fès (1912), passa sous le Protectorat espagnol jusqu’en 1956 : le Rif. Ingénieur militaire, aviateur et amateur de photographie depuis l’adolescence, OrtizEchagüe vint au Maroc en septembre 1909, y séjourna à des périodes d’environ trois à quatre mois jusqu’en 1915. Ses connaissances techniques particulières en firent un pionnier de la photographie aérienne à usage militaire, au début depuis la nacelle d’un ballon dirigeable et ensuite d’une position plus sûre à bord d’un avion. Parmi les nombreuses prises qu’il a certainement dû réaliser, seules deux – Vista aérea de 1909 et Desde el aire de 1914 – sont encore conservées dans ses archives : elles montrent, respectivement, le contraste entre les formes sinueuses du lit d’un fleuve et le tracé rectiligne d’une voie ferrée et une chaîne de monts comme une lointaine toile de fond
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nuove prospettive dall’alto significati estetici ben più complessi rispetto alla loro funzione strettamente militare, indirizzando finalmente lo sguardo verso le città e inaugurando una rivoluzione capace di rompere “i fili a piombo della comprensione antica” (Marinetti, 1912, cit. in Ortiz-Echagüe, 2013), di cui la veduta dall’alto del Quartiere ebraico di Tetuán, contenuta nel libro Aircraft di Le Corbusier (1935), rappresenta, forse, uno dei più iconici esempi. Ma all’astrazione che la fotografia a volo d’uccello, inevitabilmente, reca con sé, OrtizEchagüe accompagnò sin da subito una più reale attenzione per la vita delle persone, in composizioni di figure monumentali su uno sfondo neutro (spesso ritoccato nel passaggio al positivo) o in immagini nelle quali si rivela fondamentale, invece, il rapporto tra i personaggi e i luoghi di appartenenza: primi piani di uomini, donne e bambini del Rif, o i cavalieri consegnati al mito da Eugène Delacroix, ritratti durante le proprie esercitazioni. Completarono la serie dei tipi popolari, in un crescendo di sperimentazioni tecniche e stilistiche che definivano i contorni di una ricerca sistematica sul Nord Africa, le fotografie tra le
des formes dynamiques d’une aile (OrtizEchagüe, 2013). Filippo Tommaso Marinetti et les Avantgardes auraient successivement attribué aux nouvelles perspectives d’en haut des significations esthétiques plus complexes par rapport à leur fonction strictement militaire, orientant finalement le regard vers les villes et inaugurant une révolution capable de rompre “ les fils de plomb de l’ancienne compréhension ” (Marinetti, 1912, cité en Ortiz-Echagüe, 2013). Une révolution dont la vue du haut du Quartier juif de Tétouan, contenue dans le livre Aircraft de Le Corbusier (1935), est peutêtre un des exemples les plus représentatifs. Mais à l’abstraction que la photographie à vol d’oiseau entraîne inévitablement, OrtizEchagüe accorda immédiatement une attention plus réelle à la vie des gens. Dans des compositions de figures monumentales sur un fond neutre (souvent retouché dans le passage au positif) ou dans des images dans lesquelles, en revanche, le rapport entre les personnages et les lieux d’appartenance s’avère fondamental : gros plans d’hommes, femmes et enfants du Rif, ou les chevaliers livrés au mythe par Eugène Delacroix, exécutés lors de leurs
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strade delle città (le medine di Fès e Tetuán in particolare), in cui i personaggi erano avvolti come da un alone di mistero, e quelle documentanti scene quotidiane della guerra che lo vedeva tra i protagonisti, tradotte, però, in immagini dotate di un carattere universale e, pertanto, difficilmente riconducibili al conflitto in corso sui territori del Marocco (OrtizEchagüe, 2013). Il ritorno in Spagna, nel 1915, coincise con l’avvio del grande progetto di un ritratto dei tipi popolari spagnoli, più ampio e sistematico di quello realizzato nel Rif, che occupò sino alla metà degli anni Trenta. L’opera, dal duplice registro artistico/documentale, vide la luce in Germania nel 1929, sotto il titolo Spaniche Köpfe, per poi essere tradotta in castigliano come Tipos y trajes de España nel 1931: un poderoso volume che si continuò ampliando fino alla dodicesima edizione del 1971 ed accompagnò la crescita di Ortiz-Echagüe come fotografo, verso i canoni del “pittorialismo antropologico”. Sin da subito apparve chiaro quanto la serie di fotografie marocchine fosse strettamente connessa con quella più propriamente spagnola, al punto che, nelle edizioni degli anni Quaranta e Cinquanta, al Marocco
propres exercices. Cette série de types populaires a été complétée, dans plusieurs expériences techniques et stylistiques définissant les contours d’une recherche systématique sur l’Afrique du Nord, par des photographies entre les rues des villes (les médinas de Fès et Tétouan en particulier), dans lesquelles les personnages étaient enveloppés par une sorte d’aura de mystère et par celles documentant des scènes quotidiennes de la guerre qui le voyait parmi les protagonistes, traduites cependant en images dotées d’un caractère universel et donc difficilement rattachables au conflit en cours sur les territoires du Maroc (OrtizEchagüe, 2013). Le retour en Espagne, en 1915, a coïncidé avec le lancement du grand projet d’un portrait des types populaires espagnols, plus étendu et systématique que celui réalisé dans le Rif, qu’il habita jusqu’au milieu des années 1930. L’œuvre, fruit du double registre artistico-documentaire, est née en Allemagne en 1929, sous le titre Spaniche Köpfe, pour être ensuite traduite en castillan sous le titre Tipos y trajes de España en 1931: un volume dense qui a continué à se développer jusqu’à la douzième édition de 1971 et a accompagné la
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fu riservata una parte autonoma intitolata África española. E ciò per ragioni più storiche che politiche, da ricercare quindi non tanto nelle recenti vicende del Protettorato, quanto nella secolare presenza di arabi ed ebrei nella penisola iberica, nel loro ritorno in Africa dopo la Reconquista e nelle conseguenze che tutto ciò ebbe sulle rispettive culture (OrtizEchagüe, 2013). La “urgente” necessità di “documentare qualcosa che scompare: i costumi”, portò OrtizEchagüe (cit. in Pozo Municio, 2014, p. 51) a “percorrere con attenzione la metà della Spagna, praticamente sconosciuta”, tra il 1916 e il 1936, scoprendone l’architettura e decidendo di dedicare la seconda parte del viaggio, l’altra metà della Spagna, ai suoi castelli (Pozo Municio, 2016). Di questo inedito interesse per l’architettura, in luogo dell’antropologia, fu certamente testimone la grande esposizione monografica tenutasi al Metropolitan Museum of Arts di New York (MMA) nel 1960: un evento fondamentale ai fini della diffusione del lavoro del fotografo della provincia di Guadalajara tra il grande pubblico dei non addetti ai lavori. Spectacular Spain – questo il titolo scelto
croissance de Ortiz-Echagüe en tant que photographe, vers les canons du “ pictorialisme anthropologique ”. Tout de suite, il apparut que la série de photographies marocaines était étroitement liée à celle, à proprement parler, espagnole, au point que, dans les éditions des années 1940 et 1950, une section autonome intitulée África española a été réservée au Maroc. Et ce pour des raisons plus historiques que politiques, à rechercher donc non tant dans les événements récents du Protectorat, mais dans la présence séculaire des Arabes et des Juifs dans la Péninsule ibérique, dans leur retour en Afrique après la Reconquista et dans les conséquences que tout cela a eu sur leurs cultures respectives (Ortiz-Echagüe, 2013). La nécessité “ urgente ” de “ documenter quelque chose qui disparaît : les coutumes ” a conduit Ortiz-Echagüe (cité en Pozo Municio, 2014, p. 51) à “ marcher avec attention sur la moitié de l’Espagne pratiquement inconnue ”, entre 1916 et 1936, découvrant son architecture et décidant de dédier la deuxième partie du voyage, l’autre moitié de l’Espagne, à ses châteaux (Pozo Municio, 2016). La grande exposition monographique organisée au Metropolitan Museum of Arts de
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da Mr. A. Hyatt Mayor, Curator of Prints del Metropolitan Museum, accompagnato sulla locandina dall’iconica fotografia dei Penitentes de Cuenca – raccoglieva ottantaquattro scatti, di cui quaranta di carattere architettonico e paesaggistico: “i castelli in rovina e i paesi fossili del quasi lunare paesaggio di Spagna” (A. Hyatt Mayor cit. in Pozo Municio, 2014, p. 55). Furono probabilmente le immagini di questa sezione a catturare l’attenzione di Bernard Rudofsky, che nel 1964 organizzò al Museum of Modern Art la fortunata mostra Architecture Without Architects. A Short Introduction to Non-Pedigreed Architecture, includendo tra le 156 immagini del catalogo ben ventidue fotografie di architetture spagnole, di cui otto dello stesso Ortiz-Echagüe (Pozo Municio, 2016). Dal Metropolitan al MoMA i suoi papel fresson, così si definivano le stampe, per la particolare tecnica adoperata, rivelarono al mondo i “simboli invisibili dell’invisibile spirito di Spagna” (A. Hyatt Mayor cit. in Pozo Municio, 2014, p. 54) e i funzionali, austeri, volumi dei suoi castelli, mirabili composizioni di forme cubiche e cilindriche, per citare lo stesso Rudofsky (1964), capaci di offrire più di
New York (MMA) en 1960 fut certainement attestée par cet intérêt inédit pour l’architecture, à la place de l’anthropologie : un événement fondamental pour la diffusion du travail du photographe de la province de Guadalajara parmi le grand public de non-initiés. Spectacular Spain – tel est le titre choisi par M. A. Hyatt Mayor, Curator of Prints du Metropolitan Museum, accompagné sur l’affiche de la photo emblématique des Penitentes de Cuenca – il a recueilli quatre-vingt-quatre plans, dont quarante de caractère architectural et paysager : “ les châteaux en ruines et les pays fossiles du paysage quasi lunaire d’Espagne ” (A. Hyatt Mayor cité en Pozo Municio, 2014, p. 55). C’étaient probablement les images de cette section qui avaient retenu l’attention de Bernard Rudofsky, qui organisa en 1964 au Musée d’Art Moderne l’exposition réussie Architecture Without Architects. A Short Introduction to Non-Pedigreed Architecture, incluant parmi les 156 images du catalogue vingt-deux photographies d’architecture espagnole, dont huit par Ortiz-Echagüe lui-même (Pozo Municio, 2016). Du Métropolitain au MoMA, ses papel fresson – c’est ainsi que se
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uno spunto ai padri fondatori dell’architettura moderna. Per evidenti ragioni di uniformità tematica, a New York sparirono definitivamente le fotografie del Marocco ancora presenti nella sezione Varios della mostra tenutasi a Louisville (Kentucky) dal 7 al 10 di ottobre del 1959, che di quella al Metropolitan costituisce un imprescindibile antecedente (Pozo Municio, 2016). Ma il Marocco, e in generale il Nord Africa, rimasero sempre al centro dei suoi interessi, al punto che nel 1956, conclusa con la pubblicazione di España, Castillos y Alcázares la tetralogia dei libri sulla Spagna, egli iniziò a pensare di completare la serie delle sue fotografie giovanili, con l’intenzione di dare alle stampe un quinto volume dedicato al Marocco. A tal fine, tra il 1964 e il 1966, compì tre viaggi nel paese africano, che ritrasse alla luce della sua consolidata esperienza sull’architettura e in condizioni sociali e culturali ormai mutate (Ortiz-Echagüe, 2013). Così, se nei lontani scatti della guerra del Rif aveva prevalso il ritratto, negli anni Sessanta le viste urbane e i paesaggi divennero i suoi temi d’elezione: Rabat, Fès, Alt ben Haddou, Moulay Idriss, la città santa alta sulle rovine
définissaient les estampes pour leur technique particulière – révélaient au monde les “ symboles invisibles de l’esprit invisible de l’Espagne ” (A. Hyatt Mayor cit. in Pozo Municio, 2014, p. 54) et les volumes fonctionnels et austères de ses châteaux, des compositions admirables de formes cubiques et cylindriques, pour citer Rudofsky lui-même (1964), capables d’offrir plus d’une inspiration aux pères fondateurs de l’architecture moderne. Pour des raisons évidentes d’uniformité thématique, les photographies du Maroc encore présentes dans la section Varios de l’exposition qui s’est tenue à Louisville (Kentucky) du 7 au 10 octobre 1959 ont définitivement disparu à New York, ce qui constitue un antécédent indispensable à celui du Metropolitan (Pozo Municio, 2016). Mais le Maroc et l’Afrique du Nord en général sont restés au centre de son intérêt, au point qu’en 1956, conclue avec la publication de España, Castillos y Alcázares, la tétralogie des livres sur l’Espagne, il commença à réfléchir à l’achèvement de la série de ses photographies de jeunesse, pour donner aux estampes un cinquième volume consacré au Maroc. À cette fin, entre 1964 et 1966, il effectua trois voyages dans ce pays africain,
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di Volubilis, furono i luoghi di alcuni dei suoi scatti più celebri. Il progetto di un libro sul Marocco, atemporale documentazione di tipi e architetture, non giunse mai a compimento e solo in anni recenti, Javier Ortiz-Echagüe, ha potuto riunire, nelle sale del Museu Nacional d’Art de Catalunya di Barcellona, settantadue opere appartenenti a quel remoto periodo africano: il relativo catalogo Norte de África. OrtizEchagüe finalmente corona il sogno di una pubblicazione su un mondo forse non ancora del tutto scomparso, ma certamente sempre più evanescente tra le pieghe della contemporaneità. Un analogo destino attese il libro sul Marocco che Gabriele Basilico immaginò di realizzare, al suo rientro a Milano, con le fotografie scattate nell’estate del 1971. Di quel progetto si sono conservati, oltre ai negativi, due copie di provini, alcune stampe e un manoscritto Ordine e contenuto degli argomenti, che definisce il ritmo delle immagini scelte, in un ideale passaggio dalle zone di montagna, con i caratteristici villaggi d’argilla, al deserto, attraverso le città e i sobborghi. In particolare: Tangeri, con i suoi suk, Mogador e il suo porto, Marrakech
qu’il décrivit à la lumière de son expérience consolidée en matière d’architecture et dans des conditions sociales et culturelles désormais évoluées (Ortiz-Echagüe, 2013). Ainsi, si dans les plans lointains de la guerre du Rif, le portrait l’avait emporté, dans les années 1960, les vues urbaines et les paysages devinrent ses thèmes de prédilection : Rabat, Fès, Alt ben Haddou, Moulay Idriss, la ville sainte haute située sur les ruines de Volubilis, furent les lieux de certaines de ses captures les plus célèbres. Le projet d’un livre sur le Maroc, une documentation intemporelle sur les types et les architectures, ne s’est jamais accompli et c’est seulement ces dernières années que Javier Ortiz-Echagüe a pu réunir soixante-douze œuvres appartenant à cette période africaine lointaine dans les salles du Museu Nacional d’Art de Catalunya à Barcelone : le catalogue relatif Norte de África. Ortiz-Echagüe couronne enfin le rêve d’une publication sur un monde peut-être pas encore complètement disparu, mais certainement de plus en plus évanescent dans les replis de la contemporanéité. Un destin analogue attendait le livre sur le Maroc que Gabriele Basilico avait imaginé de réaliser, à son retour à Milan, avec les photo-
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con le sue architetture e l’immensa, teatrale, piazza Jamaa el Fna. Anche in questo caso il libro è una opera postuma, edita nel 2016, recuperando dall’archivio il materiale e i ricordi di una avventura. Basilico giunse in Marocco insieme alla compagna, Giovanna Calvenzi, e ad alcuni amici, dopo aver attraversato in auto la Francia e la Spagna, in un viaggio verso il Sud, lungo le pendici dell’Atlas, sulla costa e attraverso il deserto. Tetuán, Chefchaouen, Fès, Meknès, Volubilis, Rabat, Casablanca, Marrakech, Essaouira, Ouarzazate, M’Hamid, Agadir, Tiznit, e, infine Guelmin, le tappe del loro itinerario. “Un viaggio a strati, a velocità diverse” (Basilico, 2016, p. 8), il terzo dopo Glasgow e la Persia, durante il quale “la sua lotta quotidiana era con la luce impietosa, una luce forte, che disegnava ombre chiuse e nette che lo costringevano a una gestione grafica dello spazio” (Basilico, 2016, p. 67). José Ortiz-Echagüe e Gabriele Basilico scoprirono il Marocco giovanissimi: ventitré anni il primo, ventisei il secondo. La rapidità delle trasformazioni che il secolo scorso ha recato con sé rende, comunque, impossibile ogni confronto: troppo distanti le
graphies prises durant l’été 1971. De ce projet ont été conservés, outre les négatifs, deux exemplaires de spécimens, quelques estampes et un manuscrit Ordine e contenuto degli argomenti (Ordre et contenu des sujets), qui définit le rythme des images choisies, dans une transition idéale des zones montagneuses avec des villages en argile typiques, au désert, en passant par les villes et les faubourgs. En particulier : Tanger, avec ses souks, Mogador et son port, Marrakech avec son architecture, son immense, et théâtrale, place Jamaa el Fna. Dans ce cas aussi, le livre est un ouvrage posthume, publié en 2016, récupérant des archives le matériel et les souvenirs d’une aventure. Basilico est arrivé au Maroc avec sa partenaire, Giovanna Calvenzi, et quelques amis, après avoir traversé en voiture la France et l’Espagne, dans un voyage vers le Sud, le long des pentes de l’Atlas, sur la côte et à travers le désert. Tétouan, Chefchaouen, Fès, Meknès, Volubilis, Rabat, Casablanca, Marrakech, Essaouira, Ouarzazate, M’Hamid, Agadir, Tiznit et, enfin, Guelmim, les étapes de leur itinéraire. “ Un voyage en couches, à différentes vitesses ” (Basilico, 2016, p. 8), le troisième après Glasgow et la Perse, durant lequel
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esperienze di un soldato inviato nel Rif, quasi senza sapere il perché1, per citare un polemico José Ortega y Gasset, da quelle di un gruppo di amici in vacanza, alle prime esperienze con le quotidiane difficoltà di un paese ‘esotico’. Abissale anche la differenza nella tecnica impiegata, dai papel fresson del fotografo spagnolo sopra ricordati, alla “attrezzatura leggera” dell’italiano, “due Nikon F, pellicole in bianco e nero e alcune a colori” (Basilico, 2016, p. 65). Eppure il Marocco fu per entrambi un luogo di feconde sperimentazioni. Ortiz-Echagüe riuscì a liberarsi di un certo romanticismo ottocentesco per intraprendere la strada del “pittorialismo antropologico”, fotografando la vita delle persone e scoprendo l’architettura solo al suo ritorno in Africa negli anni Sessanta. Basilico mostrò sin da subito un interesse per le architetture e i paesaggi, le “forme squadrate degli ksours in argilla” (Basilico, 2016, p. 59)
1 “Fuimos sin saber por qué fuimos” affermò Ortega y Gasset in Vieja y nueva política, riferendosi alle guerre coloniali del 1898. La frase, citata in Ortiz-Echagüe, 2013, p. 16, può riferirsi, in senso lato, anche al conflitto nel Rif che vide impegnato José Ortiz-Echagüe.
“ sa lutte quotidienne était avec la lumière impitoyable, une lumière forte qui dessinait des ombres fermées et claires qui le contraignirent à une gestion graphique de l’espace ” (Basilico, 2016, p. 67). José Ortiz-Echagüe et Gabriele Basilico découvrirent le Maroc à un très jeune âge : vingttrois ans le premier, vient-six le second. La rapidité des transformations générées par le siècle dernier rend, toutefois, impossible toute comparaison : les expériences d’un jeune soldat envoyé au Rif, presque sans savoir le pourquoi1, pour citer un José Ortega y Gasset polémique, sont trop lointaines de celles d’un groupe d’amis en vacances, aux premières expériences des difficultés quotidiennes d’un pays ‘exotique’. Abyssale est aussi la différence dans la technique employée, du papel fresson du photographe espagnol évoqué ci-dessus au “ matériel léger ” de l’Italien, “ deux Nikon F, des pellicules en noir et blanc et quelquesunes en couleurs ” (Basilico, 2016, p. 65).
1 “Fuimos sin saber por qué fuimos” avait affirmé Ortega y Gasset in Vieja y nueva política, en se référant aux guerres coloniales de 1898. La phrase citée en Ortiz-Echagüe, 2013, p. 16, peut se référer, au sens large, aussi au conflit du Rif auquel s’est mêlé José Ortiz-Echagüe.
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e le case delle medine, ma senza tralasciare, per questo, “i bambini gioiosi del mondo intorno a loro, i mercanti, le donne in abiti tradizionali, come ombre furtive, le chiacchiere degli uomini, le festività” (Basilico, 2016, p. 67). E ciò in una inesausta esplorazione stilistica, che ritrovava nel “reportage antropico” – non antropologico o etnografico, ci ricorda Michele Smargiassi – un (possibile) linguaggio comune, fondamentale per comprendere le opere della sua maturità, poiché in fondo, dietro una apparente incertezza si celava un più complesso spirito di ricerca, poi trasferito su altri piani: il rapporto dell’uomo con lo spazio e con il mondo (Basilico, 2016, pp. 5-10).
Pourtant, le Maroc fut pour les deux un lieu d’expérimentations fructueuses. OrtizEchagüe a réussi à se débarrasser d’un certain romantisme propre au XIXème siècle et à s’engager sur la voie du “ pictorialisme anthropologique ”, photographiant la vie des gens et découvrant l’architecture seulement à son retour en Afrique dans les années 1960. Basilico s’intéressa immédiatement à l’architecture et aux paysages, aux “ formes carrées des ksours en argile ” (Basilico, 2016, p. 59) et aux maisons des médinas, mais sans pour autant négliger “ les enfants joyeux du monde qui les entoure, les marchands, les femmes en habits traditionnels, comme des ombres furtives, les discussions des hommes, les fêtes ” (Basilico, 2016, p. 67). Et ce dans une exploration stylistique inépuisable, qu’il a trouvée dans le “ reportage anthropique ” – non anthropologique ou ethnographique, nous rappelle Michele Smargiassi – un langage commun (possible), fondamental pour comprendre les travaux de sa maturité, parce que, au fond, derrière une incertitude apparente se cachait un esprit de recherche plus complexe, transféré ensuite à d’autres niveaux : la relation de l’homme avec l’espace et le monde (Basilico, 2016, pp. 5-10).
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Gabriele Basilico, Marocco 1971 Gabriele Basilico, Maroc 1971 pp. 121, 122-123 Gabriele Basilico, 1971_Alto Atlante 1971_ Haut Atlas pp. 124-125, 126-127 Gabriele Basilico, 1971_Marrakech 1971_Marrakech Š Gabriele Basilico, Courtesy Archivio Gabriele Basilico
Sulla via dell’Atlante Sur la route de l’Atlas
Ai piedi dei monti dell’Atlante, Asni Au pied des montagnes de l’Atlas, Asni
asni e/o i territori dell’architettura | asni et/ou les territoires de l’architecture Debora Giorgi
Il comune rurale di Asni è situato nella prefettura omonima (cercle). A 40 Km da Marrakech, nella regione Marrakech-Tensif-El Haouz che si trova nella provincia di El Haouz. Il comune si estende ai piedi delle montagne dell’Alto Atlante al confine orientale del Parco Nazionale del Toubkal. Con una popolazione di circa 20.000 abitanti (2010), Asni è constituito da 53 piccoli villaggi o frazioni — che tradizionalmente prendono il nome di douar — composti da piccoli raggruppaminti da 50 a 400 famiglie che costituiscono l’unità amministrativa di base. La popolazione della prefettura di Asni è in crescita ed è molto giovane con il 38,67% della popolazione con una età inferiore ai 14 anni, ma purtroppo Asni è anche caratterizzata da un tasso di analfabetismo molto elevato che tocca il 67%. Situato tra la piana d’El Haouz e le montagne dell’Alto Atlante, il territorio di Asni si estende nella zona di mezza montagna con altitudini comprese tra i 1070 i 3700 metri, è caratterizzato da un clima semi-arido con forti variazioni stagionali (temperature comprese tra i 4 e 47 °C) e con una pluviometria piuttosto bassa compresa tra i 350 e i 400 mm annui.
La municipalité rurale d’Asni est située dans la préfecture, qui porte le même nom ( cercle ), à 40 km de Marrakech, dans la région de Marrakech-Tensif-El Haouz qui se trouve dans la province d’El Haouz, au pied des montagnes de l’Atlas et la limite à l’ouest du Parc national de Toubkal. Avec une population d’environ 19 624 habitants ( 2010 ), la ville d’Asni est organisée en 53 petits villages ou hameaux ( traditionnellement appelés douar ) qui correspondent à de petits groupes de 50 à 400 familles et par extension à l’unité administrative de base. Sa population est en croissance et est caractérisée par une population très jeune ( la préfecture d’Asni est le plus jeune de la province avec 38,67% de la population âgée de moins de 14 ans ). Malheureusement, Asni est également caractérisée par un taux élevé d’analphabétisme qui atteint 67%. Situé entre la plaine d’El Hauz et les montagnes du Haut Atlas, le territoire d’Asni s’étend dans la zone de moyenne montagne avec des altitudes comprises entre 1070 et 3700 mètres et se distingue par un climat semi-aride avec une forte variation saisonnière ( de 4 à 47 °C ) avec une pluviométrie assez faible ( entre 350 et 400 mm ).
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Benché dal punto di vista geografico questo territorio si presenti particolarmente ricco e diversificato e non manchi di importanti risorse naturali, in termini di sviluppo economico e sociale la regione presenta delle condizioni di vita piuttosto difficili per le popolazione locali. Come molti comuni rurali del Marocco, Asni ha visto, nel corso degli ultimi anni, un abbandono progressivo degli habitat urbani e territoriali tradizionali. Le nuove strutture sono realizzate senza alcuna linea direttrice e senza piani di sviluppo strutturati. Le nuove costruzioni, spesso realizzati in auto-costruzione, non hanno un carattere specifico e sembrano completamente avulse dal luogo e dal territorio. Esse sono spesso mal costruite e sicuramente non rispondono in alcun modo alle esigenze climatiche locali. L’assenza di piani di sviluppo ha inoltre creato enormi problemi sul piano ambientale, in particolare per quanto riguarda la gestione delle risorse idriche, comprendendo in questo la quasi totale assenza di una rete di distribuzione e gestione delle acque usate e dei rifiuti. Le società avanzate si sono progressivamente
Bien que le territoire d’Asni soit, du point de vue géographique, particulièrement riche et diversifié, et qui ne manque pas de ressources importantes, en termes de développement économique et social, la région a des conditions de vie très difficiles pour les populations locales. L’économie de la province est principalement basée sur l’agriculture, le secteur minier et en partie sur l’artisanat et le tourisme. Comme beaucoup de communes rurales du Maroc, Asni a vu, au cours des dernières années, un abandon progressif des expansions urbaines et territoriales traditionnelles. Les nouvelles structures sont faites sans lignes directrices ou des plans de développement structurés. Les nouveaux bâtiments, souvent en auto-construction, n’ont pas de caractère spécifique en correspondance avec les lieux et le territoire. Ils sont souvent mal construits et certainement ne répondent pas aux exigences climatiques du lieu. L’absence de plans de développement a également suscité de sérieux problèmes pour l’environnement. En particulier, ces carences sont constatées par rapport à la gestion des ressources en eau, y compris l’ab-
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liberate dalla dipendenza ambientale ed hanno condotto ad una cultura costruttiva indifferente ai luoghi ed alle loro qualità specifiche. Creando i nuovi spazi in maniera cieca e indifferenziata, hanno finito per creare danni irreparabili che, oggi, minacciano l’equilibrio ecologico dell’intero pianeta. L’habitat tradizionale creato dalle popolazioni dell’Alto Atlante, al contrario, si basava sull’utilizzazione attenta e scrupolosa delle risorse, su una coesione sociale e una mutua responsabilità fra gli abitanti così da poter fare fronte ad un ambiente fragile e complesso come quello di montagna. L’organizzazione spaziale è il risultato di questo legame indissolubile tra l’ambiente antropico costruito, l’ambiente sociale e quello fisico naturale. L’habitat in forma dispersa si organizza in piccole agglomerazioni (douar) completamente integrate al paesaggio e, soprattutto, concepite come unità autonome, nate anticamente attorno a dei legami familiari. La struttura territoriale e la struttura sociale sono inestricabilmente legate e nell’organizzazione del territorio e delle sue architetture si perpetua un patrimonio culturale ancestrale
sence presque totale des réseaux de stockage et de gestion des eaux usées et des déchets. Les sociétés avancées se sont progressivement libérées de la dépendance de l’environnement et ont mené à une culture indifférente aux lieux et à leurs qualités, mais, en créant son propre espace de manière aveugle et indifférenciée, elles ont provoqué des dommages irréparables qui, aujourd’hui, menacent l’équilibre écologique de toute la planète. L’habitat traditionnel créé par les populations de l’Atlas, par contre, se base sur l’utilisation attentive et scrupuleuse des ressources rares et précieuses, sur une cohésion sociale et une responsabilité mutuelle entre les habitants de manière à faire front à un environnement fragile et complexe. L’organisation spatiale est le résultat d’un lien indissoluble entre le milieu anthropique construit et le milieu physique. L’habitat dispersé est organisé par de petites agglomérations (douar) complètement intégrées au paysage et surtout conçues comme des unités autonomes, anciennement nées autour des liens familiaux. La structure territoriale et la structure sociale sont inextricablement liées en perpétuant un patrimoine culturel ancestral et
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codificando un sistema di regole sociali, di tecniche e soluzioni appropriate o buone pratiche. L’introduzione cieca, in nome di un progresso che spesso non ha provocato che nuove povertà, di tecnologie e di modi di vivere estranei, la sostituzione dei materiali con il cemento, i tentativi di modernizzare il sistema di gestione idrica ed agricola, l’espansione dei villaggi senza considerare le pressioni che nuovi abitanti esercitano sui territori, rischiano di mettere in serio pericolo il fragile equilibrio ecologico. Comprendere le specificità dei luoghi, le qualità ambientali, sociali e culturali che li caratterizzano, diviene fondamentale per poter pensare qualsiasi ipotesi di intervento sul territorio, preservandone l’identità in un’ottica di sostenibilità ambientale, sociale e culturale oltre che economica. Assumere le conoscenze tradizionali, e con esse, i saperi locali legati all’ambiente e all’architettura, come elemento di partenza della progettazione, considerare i segni — a volte usurati dal tempo — le tracce e le trasformazioni del territorio, non significa avere un’attitudine feticista nei loro confronti. Non si tratta di fissarli e di conferire loro una dignità fuori luogo,
en codifiant un système de règles sociales, de techniques et de solutions appropriées dans un rapport constant entre l’homme, la société et l’environnement. L’introduction aveugle, au nom d’un progrès qui souvent n’a provoqué que de nouvelles pauvretés, des technologies et des façons de vivre absolument étrangères, le remplacement des matériaux locaux par le ciment, les tentatives — souvent mal réussis — de moderniser le système de gestion hydraulique et agricole, l’expansion des habitats sans considérer l’augmentation de la pression anthropique, risquent fort de détruire irrémédiablement le fragile équilibre écologique si difficilement acquis. Comprendre les spécificités des lieux, les qualités environementales, sociales et culturelles qui les caractérisent, devient fondamentale pour émettre une quelconque hypothèse d’intervention sur le territoire, en préservant l’identité des lieux et des populations dans une démarche de durabilité environnementale, sociale et culturelle autrement que économique. Suivre la connaissance traditionnelle et, avec elle, le savoir-faire local comme élément moteur dans la conception, la considération des
asni e/o i territori dell’architettura | asni et/ou les territoires de l’architecture
ma di utilizzarli come degli elementi, degli stimoli, delle potenzialità, così da determinare e definire il quadro progettuale nell’ottica di un nuovo ciclo di sviluppo che possa riflettere l’identità degli abitanti e l’anima dei luoghi.
signes — parfois usés par le temps —, des traces et des mutations du territoire, ne doit pas entraîner une attitude fétichiste à leur égard. Il ne s’agit pas de les figer et de leur conférer une dignité inopportune, mais de les utiliser comme des éléments, des impulsions, des potentialités afin de déterminer et de définir le cadre de la conception, dans l’optique d’un nouveau cycle de développement qui puisse refléter l’identité des habitants et l’esprit des lieux.
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Fenomeni di erosione superficiale e profonda, con grave danneggiamento delle opere sistematorie Phénomènes d’érosion superficielle et profonde, avec graves dommages aux ouvrages d’aménagement
l’acqua, da problema a risorsa | l’eau, du problème à la ressource Graziano Ghinassi
Mentre si percorre la strada principale che attraversa Asni e ci si sofferma ad osservare il paesaggio, è inevitabile percepire la scarsa attenzione verso il territorio. I segni più evidenti sono quelli lasciati dall’erosione idrica sia sui versanti, sia in maniera più accentuata negli alvei che drenano i deflussi superficiali (Swanson et al., 1987). Tutto ciò testimonia il manifestarsi di eventi piovosi anche intensi, di cui però non è possibile conoscere alcun valore stante l’assenza di stazioni meteorologiche sul luogo o nelle immediate vicinanze. Altri dettagli, come i depositi di terra alluvionale sulla strada, la presenza di sistemazioni temporanee per lo smaltimento di eccessi idrici in prossimità delle abitazioni in terra cruda, la coltivazione rigogliosa di specie annuali e perenni nei piccoli campi, indicano un rapporto irrisolto con l’acqua che è al tempo stesso risorsa e problema. È sufficiente qualche intervista per scoprire che la maggior parte dell’acqua utilizzata per le attività produttive di Asni è derivata dai pozzi scavati nell’alveo del fiume che lo attraversa e che proviene dalle montagne dell’Alto Atlante. Tramite piccole pompe, gli stessi pozzi alimentano modeste riserve di acqua posizionate in quota che servono per gli
En parcourant la rue principale qui traverse Asni, quand on s’arrête pour admirer le paysage, il est inévitable de ressentir une attention insuffisante au territoire. Les signes évidents sont ceux laissés par l’érosion hydrique su les versants et, de manière encore plus marquée, dans les lits des rivières qui drainent les écoulements superficiels (Swanson et al., 1987). Tout cela témoigne du déclenchement de pluies fortes dont on ne peut connaitre aucune valeur à cause de l’absence de stations météorologiques sur place ou à proximité immédiate. D’autres détails, comme les dépôts de terrains alluviaux sur la rue, la présence d’arrangements provisoires pour l’élimination d’excès hydriques, proches des logements en terre crue, la culture florissante d’espèces annuelles et pérennes dans de petits champs, montrent un rapport irrésolu avec l’eau qui est en même temps une ressource et un problème pour le pays. Quelques interviews sont suffisantes pour découvrir que la plus grande partie de l’eau utilisée pour les activités de production d’Asni est apportée par les puits creusés dans le lit de la rivière qui le traverse et qui provient des montagnes du Haut Atlas. Par de petites pompes, les puits eux-mêmes ali-
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usi domestici della popolazione. Alcuni alvei particolarmente erosi riescono a intercettare falde sottosuperficiali di modesta portata, che vengono sfruttate in maniera parziale tramite rudimentali opere di presa. Le aree limitrofe, a forte declività, sono interessate da evidenti fenomeni di trasporto che interessa materiale anche grossolano, a parziale dimostrazione dello scarso interesse delle autorità locali verso la registrazione e lo studio sistematico degli elementi climatici. Ricerche in rete su piovosità e temperature hanno portato soltanto ad informazioni che non hanno alcun valore statistico e che, per qualsiasi uso, devono essere prese con la massima cautela (Majone, 2007). Ciononostante, è importante procedere in un percorso che preveda diverse tipologie di intervento, a partire dalle sistemazioni su versante e in alveo per il controllo dell’erosione, fino all’utilizzo dei deflussi di piena tramite opere di presa e derivazione per integrare la risorsa disponibile. Per il più importante nucleo abitativo di Asni si è considerata un’espansione urbanistica lungo l’asse viario principale, che si frappone tra la parte più bassa di tre piccoli bacini montani e il corso d’acqua maggiore. Quest’area ben rappresenta le criticità am-
mentent de petites réservoirs d’eau, positionnées en hauteur, nécessaires pour les usages domestiques. Certains lits, particulièrement érodés, arrivent à intercepter de nappes d’eau souterraines de portée limitée, qui sont partiellement exploitées par de rudimentaires captages. Les zones limitrophes, à forte pente, se caractérisent par des phénomènes évidents de transport, aussi de matériel grossier, démontrant partiellement que les autorités locales sont peu intéressées par l’étude systématique des aspects climatiques. Des recherches sur la pluviosité et sur la température, effectuées sur Internet, ont conduit à des informations qui n’ont pas de valeur statistique et qui doivent être prises avec prudence (Majone, 2007). Cependant, il est important d’avancer sur une voie qui prévoit de différents types d’intervention : à partir des logements sur un versant ou dans le lit d’une rivière pour le contrôle de l’érosion, jusqu’à l’utilisation des écoulements de la crue d’un fleuve par des captages et des projets de dérivation pour intégrer la ressource disponible. Pour ce qui concerne la zone d’habitation la plus importante d’Asni, on observe son expansion urbaine le long de l’axe routier majeur qui se situe entre la partie la plus basse
l’acqua, da problema a risorsa | l’eau, du problème à la ressource
bientali di Asni e si presta a diventare una struttura pilota per gli interventi di stabilizzazione e recupero delle risorse naturali, acqua e suolo in particolare. Il controllo dei deflussi superficiali consiste in interventi per la difesa dall’erosione idrica in alveo e nei versanti di ciascuno del tre bacini, l’utilizzo dei deflussi di piena tramite opere di derivazione e stoccaggio, l’applicazione a livello abitativo delle tecniche di Rainwater harvesting (Pacey e Cullis, 1986). Il primo approccio al problema è avvenuto in assenza di informazioni attendibili per lo sviluppo delle procedure di calcolo, per cui si è dovuto procedere sulla base di stime, misure approssimative e buon senso per ciascun tipo di intervento. Sul contenimento dell’erosione e per la stabilizzazione dei versanti, si è proceduto nella prima fase alla valutazione delle portate di massima piena per il dimensionamento delle opere in alveo (Ferro, 2006). Data la scarsità di informazioni disponibili, si è deciso di utilizzare i dati ricavati da cartografia e immagini satellitari disponibili in rete per stimare le caratteristiche morfometriche e vegetazionali dei tre bacini. Questo ha consentito di estrapolare i valori dei parametri necessari alla stima del volume annuo deriva-
de trois petits bassins versants de montagne et le cours d’eau le plus grand. Cette zone est très représentative des points critiques de l’environnement d’Asni et très apte à devenir un structure pilote pour les interventions de stabilisation et de récupération des ressources naturelles, en particulier l’eau et le sol. Le contrôle des écoulements superficiels consiste en des interventions pour la protection contre l’érosion hydrique dans les lit des rivières et sur les versants de chacun des trois bassins versants, en l’utilisation des écoulements de la crue d’un fleuve par des projets de dérivation et de stockage de l’eau et en l’application des techniques de récupération d’eau de pluie dans les logements (Pacey e Cullis, 1986). La première approche du problème s’est effectuée en l’absence d’informations crédibles relatives au développement des procédures de calcul. Pour cette raison, il a fallu procéder par estimations, mesures approximatives et bon sens pour chaque type d’intervention. Dans un premier temps, en ce qui concerne la limitation de l’érosion et la stabilisation des versants, ont été évalués les débits maximaux de la crue d’un fleuve pour dimensionner les projets dans son lit (Ferro, 2006). Compte tenu de la rareté
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bile per usi civili e, da qui, stimare il volume dei serbatoi di stoccaggio. Per la seconda fase, dedicata agli interventi sistematori, l’orientamento è verso le tecniche di ingegneria naturalistica per valorizzare al massimo, se possibile, la funzione idrogeologica, naturalistica, estetico-paesaggistica ed economica di questo tipo di opere (Sanna, 2008). In realtà occorre valutare attentamente se i problemi di gestione del territorio siano effettivamente risolvibili tutti in questo modo o se non sia invece necessario ricorrere, del tutto o in parte, alle tecniche di ingegneria classica, nei confronti delle quali gli interventi di ingegneria naturalistica presentano il limite di una minore scelta tra i materiali, di minore precisione dei parametri progettuali (Principato, 2011) a causa di procedure costruttive non ancora standardizzate se non del tutto sconosciute in ambienti come quello di Asni, di tempi più lunghi per giungere alla piena funzionalità, di maggiore influenza dei fattori ambientali, di manutenzione regolare e protratta nel tempo, cosa che presuppone il reperimento di personale per la formazione di tecnici locali. L’introduzione di tecniche di raccolta di acque piovane può avvenire anche a scala di unità abitativa, privata
des informations disponibles, il est convenu d’utiliser les données tirées de la cartographie et des images par satellite disponibles sur le réseau pour évaluer les caractéristiques morphométriques et végétatives des trois bassins versants. Cela a permis d’extrapoler les valeurs des paramètres nécessaires à l’estimation du volume annuel dérivable à usage civil et, de là, d’estimer le volume des citernes de stockage. Dans la deuxième phase, consacrée aux interventions organisatrices, on s’est orienté vers les techniques d’ingénierie naturelle pour valoriser au mieux la fonction hydrogéologique, naturelle, esthétique, paysagère et économique de ce type de projet (Sanna, 2008). En réalité, il faut déterminer si tous les problèmes de gestion du territoire peuvent effectivement être résolus de cette façon ou s’il est nécessaire d’employer, totalement ou partiellement, des techniques d’ingénierie traditionnelle, à l’égard desquelles les interventions d’ingénierie naturelle présentent : une choix limitée de matériels ; une moindre précision en termes de paramètres de conception (Principato, 2011) à cause de procédures constructives pas encore standardisées, voire même inconnues, dans un environnement comme celui d’Asni ;
l’acqua, da problema a risorsa | l’eau, du problème à la ressource
o pubblica, tramite l’applicazione dei principi di Rainwater harvesting. Con i dati e le elaborazioni utilizzate per il calcolo dei deflussi a scala di bacino si è cercato di dimensionare, in prima approssimazione, i serbatoi di stoccaggio. Allo scopo è importante la conoscenza delle caratteristiche delle coperture, essendo rilevanti ai fini della trasformazione degli afflussi in deflussi poiché sia i tetti, sia le corti, si comportano come normali bacini imbriferi (Farreny et al., 2011).
un peu plus de temps pour aboutir à la pleine fonctionnalité ; une plus grande influence des facteurs environnementaux ; un entretien régulier et prolongé dans le temps, qui implique le recrutement de personnel pour la formation de techniciens locaux. L’introduction de techniques de collecte des eaux de pluie peut avoir lieu même au niveau des unités d’habitation, privées ou publiques. Avec les données et les élaborations utilisées pour le calcul des écoulements à l’échelle des bassins versants, on a cherché à dimensionner les citernes de stockage en première approximation. À cet égard, il est important de connaître les caractéristiques des couvertures, qui sont essentielles dans la transformation des afflux en écoulements puisque les toits et les cours se comportent comme des bassins versants normaux (Farreny et al., 2011).
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Workshop 2015 Atelier 2015
Veduta sul paesaggio di Asni Vue sur le paysage d’Asni
ritrovare l’identità dei luoghi attraverso un’esperienza di co-design | retrouver l’identité des lieux à travers une expérience de co-design Debora Giorgi
Strade intasate di traffico, costruzioni sempre in costruzione, marciapiedi con buche e ferri che fuoriescono, edifici ultramoderni e anonimi, bidonville nascoste, macerie, rumori, verde eroso da istallazioni plastiche di dubbio gusto estetico, si alternano a vetrine di lusso con costosi prodotti che il 90% della popolazione locale non può permettersi. Questa la dimensione urbana, ma anche dei villaggi che sembrano ripetersi uguali, connotati da architetture che niente hanno a che vedere con il luogo: il villaggio diviene una strada di passaggio, con qualche bottega malmessa, e lunghe teorie di portici e costruzioni giustapposte senza alcun criterio. Poi una costruzione faraonica ed altrettanto avulsa dal contesto: la sede di qualche amministrazione locale. Un racconto comune a tante città della sponda sud del Mediterraneo, così come a tante periferie della sponda nord. Luoghi non più ‘luoghi’ proliferano erodendo territori e paesaggi naturali e antropici bellissimi, ricchi di memorie storiche e culturali. Il ‘livellamento’ conseguente all’omologazione degli stili architettonici e dei materiali costruttivi, tende a produrre luoghi in cui riconoscersi è difficile perché non presentano alcuna particolarità, paesaggi
Des routes encombrées par la circulation, des constructions toujours en construction, des trottoirs avec des trous et des fers qui en sortent, des bâtiments ultramodernes et anonymes, des bidonvilles cachées, des décombres, des bruits, et des espaces verts érodés par des installations plastiques d’un goût esthétique douteux alternent avec des vitrines de luxe où il y a des produits coûteux que 90% de la population locale ne peut pas acheter. Telle est la dimension urbaine mais aussi celle des villages qui semblent se répéter identiques, marqués par des architectures qui n’ont rien à voir avec le lieu : le village devient une route de passage avec des boutiques en mauvais état et un soupçon de portiques et de constructions juxtaposées sans aucun discernement. Puis il y a une construction pharaonique et aussi isolée du contexte : le siège de certaines administrations locales. Cette description, aussi commune à plusieurs villes de la rive sud de la Méditerranée, pourrait bien s’adapter à beaucoup de banlieues de la rive nord. Des endroits qui ne sont plus “ endroits ” prolifèrent et érodent sauvagement les territoires. La laideur assiège des paysages naturels et anthropiques très beaux, riches en
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simili a molti altri che, non avendo una propria identità ben definita, faticano ad alimentare quella degli abitanti e a suscitare in loro sentimenti di appartenenza. Questo è anche lo scenario che incontriamo quando arriviamo ad Asni, e che si ripete lungo tutta la strada che da Marrakech porta al cuore dell’Atlante e al Toubkal. Ma per fortuna si incontrano anche altre cose. In Marocco a partire dagli anni ’90, si è assistito alla crescita quasi esponenziale del numero di associazioni, ONG, membri e attivisti, che si occupano di tematiche che vanno dalla protezione ambientale, ai servizi sanitari, alla alfabetizzazione, alla formazione professionale, ai problemi di genere, alle economie sociali e solidari fino al micro-credito. Anche nel più piccolo villaggio troviamo associazioni di donne e uomini a testimoniare che il senso di appartenenza, nonostante tutto, è ancora molto forte. Il fenomeno dell’associazionismo nasce sicuramente come risposta a bisogni insoddisfatti, (mancanza di servizi sanitari di prossimità, gravi sacche di analfabetismo e crescenti aree di disagio sociale e marginalità, emergenze ambientali e scarsità crescente di risorse energetiche e naturali co-
souvenirs historiques et culturels. Le “ nivellement ”, résultant de l’homologation des styles architecturaux et des matériaux constructifs, vise à fournir des endroits où il est difficile de se reconnaître parce qu’ils ne présentent aucune particularité et des paysages semblables à tant d’autres qui, n’ayant pas une identité bien définie, luttent pour alimenter l’identité des habitants et faire naître chez eux des sentiments d’appartenance. C’est aussi le scénario qu’on voit quand on arrive à Asni et qui se répète sur le chemin de Marrakech jusqu’au cœur de l’Atlas et au Toubkal. Heureusement on rencontre aussi quelque chose d’autre. Au Maroc, depuis les années ’90 du XXème siècle, on a assisté à une croissance quasi exponentielle du nombre des associations, des ONG, des membres et des activistes qui s’occupent de questions allant de la protection environnementale aux services médicaux, à l’alphabétisation, à la formation professionnelle, aux problèmes spécifiques liés au genre, aux économies sociales et solidaires jusqu’au microcrédit. Même dans le village le plus petit, on trouve des associations de femmes et d’hommes qui témoignent que, malgré tout, le sentiment d’appartenance
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me l’acqua ed il suolo). Tali bisogni non trovano risposta né dal mercato né dalle istituzioni. Questa latitanza — se non vero e proprio vuoto politico ed istituzionale — ha aperto la strada a forme di autorganizzazione della società civile che ha trovato sperimentate, ma anche nuove, forme di aggregazione per cercare di migliorare la qualità della vita delle popolazioni e cercare soluzioni più soddisfacenti e rispondenti ai propri valori ed esigenze. Il progetto dei workshop ad Asni nasce dall’incontro di alcuni docenti e ricercatori del Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze con alcune di queste associazioni, in particolare l’associazione Tiwizi e l’associazione svizzero-marocchina Matter of Act. L’associazione Tiwizi, è nata per beneficiare le popolazioni locali con attiviità di educazione e sensibilizzazione, con attività di sviluppo socio-economico rivolte soprattutto alle donne, e per la conservazione e valorizzazione del paesaggio e del patrimonio naturale e culturale. L’associazione svizzera Matter of Act lavora da alcuni anni in questa regione realizzando campagne e attività di sensibilizzazione e formazione delle popolazioni locali alle problematiche ambientali.
est encore très fort. Le phénomène de l’associationnisme naît en réponse à des besoins insatisfaits ( manque de services médicaux de proximité ; sérieuses poches d’analphabétisme ; zones croissantes de malaise social et de marginalité ; situations d’urgence environnementale ; pénurie croissante de ressources énergétiques et naturelles comme l’eau et le sol ). Ces besoins ne sont couverts ni par le marché ni par les institutions. Cet effacement — voire un véritable vide politique et institutionnel — a ouvert la voie à des formes d’auto-organisation de la société civile qui a trouvé des formes d’agrégation expérimentées, mais aussi nouvelles, pour chercher à améliorer la qualité de la vie des populations et trouver les solutions les plus satisfaisantes et conformes à leurs valeurs et à leurs exigences. Le projet des ateliers à Asni naît de la rencontre de certains professeures et chercheurs du Département d’Architecture de l’Université de Florence avec quelques unes de ces associations, en particulier l’association Tiwizi et l’association suisse-marocaine Matter of Act. L’association Tiwizi, a été créée pour le bénéfice des populations locales avec des activités d’éducation et de sensibilisation, et des pro-
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A partire dal 2005, il Dipartimento di Architettura lavora in Marocco realizzando progetti di cooperazione e workshop a cui hanno partecipato, negli anni, decine di studenti, docenti e professionisti italiani e marocchini. Ad Asni, come progettisti, ci siamo trovati in una situazione particolarmente favorevole poiché potevamo lavorare in un territorio nella sua complessità e soprattutto con degli interlocutori ideali, motivati e consapevoli. La metodologia adottata è da sempre quella del co-design o della progettazione partecipata, ovvero di un approccio di progettazione che coinvolga attivamente tutti coloro che hanno a che fare con il progetto (utenti finali, stakeholder, team, cliente). Il livello di partecipazione può essere più o meno forte anche in base ai contesti in cui si opera (tipologie di persone, obiettivi, logistica, budget, risorse, tempi, etc.), in ogni caso l’obiettivo è di arrivare ad un progetto/prodotto finale che risponda alle esigenze ed ai desideri degli utenti. In un contesto in cui, nel confrontarsi con la modernità e la globalità, i riferimenti identitari si stanno lentamente sgretolando e sono sempre più rarefatti, questo approccio consente di costruire un processo di appropriazione
jets de développement socio-économiques, en particulier pour les femmes, et pour la préservation et la protection du paysage et du patrimoine naturel et culturel. L’association suisse Matter of Acts est engagée, depuis des années, dans cette région pour la protection de l’environnement par des actions de sensibilisation et de formation des populations locales à ce sujet. Depuis 2005, le Département d’Architecture travaille au Maroc organisant séminaires et workshops auxquels, au fil des années ont participé des dizaines d’étudiants, professeures et professionnels italiens et marocains. À Asni, en qualité de concepteurs, on s’est retrouvé dans une situation particulièrement favorable puisqu’on pouvait travailler sur un territoire dans sa complexité et surtout avec des interlocuteurs parfaits, motivés et conscients. La méthodologie adoptée est toujours la méthodologie de la conception participative, c’est-à-dire une approche de conception qui concerne activement tous les acteurs ( utilisateurs finaux, acteurs concernés, équipe, client ). Le niveau de participation peut être plus ou moins haut, compte tenu aussi des contextes où on opère (types de personnes, objectifs, logistique, bud-
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del progetto da parte della comunità assicurandone la sostenibilità e, possibilmente, la replicabilità. Il processo si è strutturato su più fasi. Nella fase iniziale, prima di cominciare a coinvolgere gli attori sociali, si è svolta una valutazione preventiva con l’Associazione Tiwizi e con Matter of Act, rispetto agli obiettivi da perseguire e ai fattori che potevano favorire o limitare il percorso da intraprendere. Da questa valutazione sono emersi diversi elementi, e problematiche da affrontare: da quelle ambientali a quelle socio-economiche. Tra questi sono stati selezionati i problemi che avremmo potuto affrontare nei limiti delle nostre capacità e possibilità, considerando che in questa fase non ci sono progetti o finanziamenti che possano supportare il nostro intervento. Successivamente le idee emerse sono state discusse con i rappresentanti istituzionali (in particolare il presidente della Daira e del Comune) e con altri stakeholder, soprattutto con una associazione di dipendenti delle varie istituzioni locali che hanno acquistato un terreno appena fuori Asni a scopo di investimento. Il coinvolgimento della comunità si è avuto grazie alla mediazione dell’associazione locale.
get, ressources, durée, etc. ), en tout cas l’objectif est d’arriver à un projet final qui répond aux besoins et aux désirs des utilisateurs. Dans un contexte où, en rapport avec la modernité et la globalité, les références identitaires sont en train de s’écrouler lentement et sont de plus en plus raréfiées, cette approche permet de construire un processus d’appropriation du projet par la communauté, en assurant la durabilité et, éventuellement, la reproductibilité. Le processus a comporté plusieurs phases. Dans la phase initiale, avant de commencer à impliquer les acteurs sociaux, s’est tenue une évaluation préalable avec l’association Tiwizi et avec Matter of Act, concernant les objectifs à poursuivre et les facteurs qui pouvaient favoriser ou limiter le chemin à suivre. De cette évaluation, sont apparus plusieurs éléments et questions à indaguer : des aspects environnementaux aux aspects socio-économiques. Parmi ceux-ci, ont été sélectionnés ceux qu’on aurait pu aborder dans les limites de nos capacités et possibilités, sachant que dans cette phase il n’y avait pas de projets ou de financement qui pouvaient appuyer notre intervention. Ensuite, les idées apparues ont été discutées avec
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Si è poi svolta poi una ulteriore indagine volta ad individuare stakeholder esterni in modo da verificare la loro disponibilità a partecipare al progetto ed una mappatura dei progetti e attività simili o collegati al tema individuato. Il bisogno di ridare identità ai luoghi e di ritrovare un carattere alle architetture è emerso forte fin dai primi colloqui con i membri delle associazioni, insieme alla necessità di studiare degli interventi di protezione ambientale (dall’erosione del suolo, al risparmio idrico, allo smaltimento dei rifiuti) di semplice attuazione e replicabili. Se da una parte la popolazione abbandona le vecchie case in terra cruda perché non più funzionali alle esigenze della contemporaneità, risulta evidente che la scelta di vivere in piccole palazzine anonime e mal costruite sia piuttosto frutto della mancanza di alternative e della assenza di una cultura della architettura moderna. Così le vecchie costruzioni in pietra e terra cruda vengono sostituite da anonime case in cemento e già questo sembra soddisfare un certo bisogno di modernità e con esso garantire una, supposta, maggiore stabilità e durata. In realtà le particolari condizioni clima-
les représentants institutionnels ( en particulier le président de la Daira et de la Municipalité ) et avec d’autres acteurs concernés, surtout avec une association d’employés de nombreuses institutions locaux qui ont acheté un terrain juste à côté d’Asni à des fins d’investissement. La participation de la communauté a été accomplie avec la médiation de l’association locale Tiwizi. Puis, on a effectué une autre enquête visant à identifier des acteurs concernés externes de manière à vérifier leur disponibilité à participer au projet, et une cartographie des projets et des activités semblables ou liés au sujet identifié. La nécessité de redonner une identité aux lieux et un caractère distinctif aux architectures est apparue forte dès les premiers entretiens avec les membres des associations, ainsi que la nécessité d’étudier des opérations de protection environnementale ( de l’érosion du sol, à l’économie d’eau, à l’élimination des déchets ) faciles à mettre en œuvre et reproductibles. S’il est vrai qu’une partie de la population abandonne les vieilles maisons en terre crue puisqu’elles ne sont plus destinées aux exigences contemporaines, il est manifeste que le choix de vivre dans des petits im-
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tiche (clima molto freddo d’inverno e molto caldo in estate) e ambientali rendono questi materiali completamente inadeguati oltre che estremamente costosi. Le costruzioni in cemento, ottimo conduttore termico, esposte al sole, assorbono il calore e lo trasmettono rapidamente a tutto l’edificio, rendendo necessario un impianto di climatizzazione. Al contrario le pareti in terra cruda, grazie alla bassissima conducibilità termica del materiale, consentono un ritardo nella trasmissione del calore di diverse ore (fino a 10-12 h) e di mantenere una temperatura interna praticamente costante. Queste caratteristiche sono potenziate dagli spessori delle murature e dalla continuità del materiale nella costruzione. Si consideri inoltre che in Marocco al di là degli impianti di climatizzazione (che non tutti possono permettersi) non esiste la pratica di dotare gli edifici di impianti di riscaldamento, quindi d’inverno, le costruzioni in cemento diventano praticamente invivibili. Nonostante tutti questi problemi il cemento continua a rappresentare per molti una sorta di promozione sociale dal momento che gli edifici pubblici o le abitazioni dei notabili sono in cemento. Per invertire la tendenza
meubles anonymes et mal construits est plutôt le résultat de l’absence d’autres solutions et du manque de la culture relative à l’architecture moderne. Ainsi, les vieilles constructions en pierre et terre crue sont remplacées par des maisons anonymes en béton et déjà cela semble répondre à un certain besoin de modernité et, avec celui-ci, assurer une stabilité et une durée supposées meilleures. Á vrai dire, les conditions climatiques ( climat très froid en hiver et très chaud en été ) et environnementales particulières rendent ces matériaux tout à fait insuffisants, autant que très coûteux. Exposées au soleil, les constructions en béton, qui est un très bon conducteur de chaleur, absorbent la chaleur et la transmettent rapidement à tout l’immeuble, rendant nécessaire l’installation de climatisation. Au contraire, les murs en terre crue, grâce à la très faible conductibilité thermique du matériel, permettent un retard de plusieurs heures ( jusqu’à 10-12 heures ) dans la transmission de chaleur et assurent le maintien d’une température intérieure pratiquement constante. Ces caractéristiques ont été renforcées par les épaisseurs des murs et par la continuité du matériel dans
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occorre innanzitutto portare la tecnologia dei materiali locali ad un livello di qualità, migliorando le caratteristiche dei materiali (in particolare impermeabilizzazione e resistenza) senza aumentare i costi e migliorare le costruzioni tradizionali anche come immagine architettonica. I workshop che stiamo conducendo ad Asni fanno parte di un progetto ampio che dall’architettura e dalla salvaguardia del paesaggio vuole arrivare a studiare programmi di educazione ambientale con le popolazioni e a supportare le associazioni locali nella comunicazione e nella strutturazione di un sistema di accoglienza sul modello dell’albergo diffuso. L’obiettivo è di approfondire la relazione tra progetto, patrimonio e innovazione considerando la cultura, la costruzione e l’architettura tradizionale locale come le basi per un progetto partecipativo sostenibile a livello ambientale, sociale ed energetico. La cooperazione con le associazioni è volta a sviluppare delle proposte di progetto per l’urbanizzazione e la gestione sostenibile del territorio. Così nel 2015 si sono svolti due workshop residenziali ad Asni a cui hanno partecipato una cinquantina di studenti ed una deci-
la construction. De plus, il faut noter que au Maroc, au-delà des installations de climatisation ( que tout le monde ne peut pas se permettre ), il n’y a pas l’habitude d’équiper les bâtiments avec des installations de chauffage et donc, en hiver, les constructions en béton deviennent pratiquement invivables. Malgré tous ces problèmes, le béton continue à représenter une sorte de promotion sociale pour bien des gens puisque les bâtiments publics ou les logements des notables sont en béton. Pour inverser la tendance, il faut tout d’abord amener la technologie des matériaux locaux à un haut niveau de qualité, améliorant les caractéristiques des matériaux ( en particulier l’imperméabilisation et la résistance ) sans augmenter les coûts et améliorer les constructions traditionnelles aussi comme image architecturale. Les ateliers qu’on est en train de réaliser à Asni font partie d’un projet plus vaste qui de l’architecture et de la préservation du paysage veut arriver jusqu’à étudier des programmes d’éducation environnementale avec les populations et à soutenir les associations locales dans la communication et dans la structuration d’un système d’accueil, à l’instar d’un “ albergo diffuso ”.
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na di professori e ricercatori universitari afferenti a diverse discipline: dalla tecnologia de materiali e dei sistemi costruttivi, alla composizione architettonica alla progettazione urbana e del paesaggio, all’idraulica, al design sociale. Durante questi workshop gli studenti hanno potuto sperimentare una metodologia di lavoro basata su un approccio partecipativo con le comunità locali grazie alla mediazione dell’associazione Tiwizi. I siti e i progetti su cui hanno lavorato gli studenti sono stati concertati con le istituzioni e le associazioni locali. Il sito in cui si è svolto il primo workshop, in Aprile 2015, è un lotto di terreno destinato ad habitat sociale in cui, al momento del nostro intervento, erano state già realizzate le opere di urbanizzazione primaria e la lottizzazione. Il lavoro degli studenti quindi si è basato sullo studio di diverse tipologie edilizie (come da master plan), utilizzando la terra cruda come materiale di costruzione e soprattutto proponendo delle tipologie che fossero in sintonia con la cultura abitativa locale. Il secondo workshop, ad ottobre 2015, si è svolto su un’area a circa 2 chilometri dal centro di Asni. Il terreno è stato acquistato da un’asso-
L’objectif est d’approfondir la relation entre conception architecturale, héritage et innovation, en considérant la culture, la construction et l’architecture traditionnelle locale dans une démarche de projet participatif pour une durabilité environnementale, sociale et énergétique. La coopération vise à développer des suggestions et des projets possibles pour l’urbanisation et la gestion éco-durable du territoire de la commune d’Asni. Dans ce cadre, en 2015 se sont déroulés deux Ateliers résidentiels à Asni auxquels ont participé 50 étudiants, accompagnés par une dizaine de professeurs et tuteurs afférents à disciplines diverses, suivant une approche pluridisciplinaire : de la technologie à la composition architecturale, à la conception urbaine et paysagère, à l’hydraulique, au design social. Pendant ces ateliers, les étudiants ont pu expérimenter une méthode de travail basée sur une approche participative avec les communautés locales grâce à la médiation de l’Association Tiwizi. Les sites, où les projets des étudiants ont été développés, ont été concertés par les institutions et les associations locales. Le premier site est un lot de terraine destiné à l’habitat social où les ouvrages d’urbanisation
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ciazione di proprietari a scopo di investimento con il progetto di realizzare diverse tipologie residenziali, un hotel, delle strutture sportive e una scuola. Gli studenti hanno risposto con tre master plan che tenessero conto della morfologia del terreno e del paesaggio circostante, declinando l’abitare dentro ampi spazi verdi e coltivabili, riproponendo in qualche modo la visione del giardino tipica della cultura arabo-mediterranea. Il progetto si è spinto ancora una volta fino allo studio delle tipologie edilizie dal residence alla villa fino all’abitazione più popolare, sempre utilizzando i materiali locali. Tema comune delle proposte è quello di portare avanti il carattere dei materiali e della cultura abitativa del luogo e parallelamente sperimentare innovazioni sia sul piano del costruire che dell’organizzazione dello spazio, per poter raggiungere dei risultati di qualità architettonica, ma anche di benessere, sicurezza e sostenibilità Il terzo workshop si svolgerà nel settembre 2016 e sarà incentrato sulla riabilitazione dell’habitat del douar di Asni, sulla riqualificazione energetica e sulla riorganizzazione degli spazi verdi nell’area intorno alla sede dell’as-
primaire ont été déjà réalisées. Le deuxième site est une zone située à 2 kilomètres de l’habitat d’Asni. Le terrain a été acheté par une association de propriétaires pour l’urbaniser en prévoyant la construction de différentes typologies d’habitation, un hôtel, des structures sportives et une école. Les projets portent sur les thèmes typiques de cet environnement et de ses caractéristiques porteuses ( les savoirs traditionnels, la culture locale, le climat, le sol, les ressources en eau ) afin d’identifier la structure urbaine appropriée et le système d’espaces ouverts, de définir les types résidentiels de la résidence à la villa, au logement social et de vérifier les aspects constructifs, structurels et de gestion de cycles environnementaux ( énergie, eau, déchets ). Le thème commun des propositions des étudiants est celui de la terre, des matériaux locaux, comme base pour développer des expérimentations et des innovations dans le bâti et dans la gestion de l’espace et du territoire, pour donner des résultats de qualité architecturale, bien-être, sécurité et durabilité. Le troisième atelier se déroulera en septembre 2016 et sera centré sur la réhabilitation de l’habitat traditionnel du douar d’Asni, la requali-
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sociazione Tiwizi. Tema di particolare interesse e sollecitato dalle autorità locali, sarà l’occasione per lo studio di tecniche di recupero delle abitazioni esistenti. Particolare attenzione sarà dedicata alla ricucitura del tessuto urbano ed all’organizzazione spaziale in base ai sistemi di adduzione idrica e di recupero e smaltimento delle acque reflue. Il recupero di alcune abitazioni tradizionali si inserisce nell’ottica di organizzazione di un albergo diffuso gestito dall’Associazione Tiwizi.
fication énergétique des nouvelles constructions et l’aménagement des espaces verts autour du siège de l’association. Il s’agit d’un thème sollicité par les autorités locales, de manière à étudier des techniques de récupération pour les logements existants qui pourront se reproduire dans d’autres douars et communes ruraux. Pour les constructions nouvelles, il sera question d’étudier des systèmes d’isolation thermique et de revêtement. Une attention particulière sera accordée au renouement du tissu urbain et à l’organisation spatiale sur la base des systèmes d’adduction d’eau, de récupération et d’élimination d’eaux usées. La récupération de certains logements traditionnels s’inscrit dans la perspective d’organisation d’un “ albergo diffuso ” géré par l’Association Tiwizi.
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Gli studenti della Scuola di Architettura di Firenze nei territori a Sud di Asni Les étudiants de l’École d’architecture de Florence traversent les territoires au sud d’Asni
Habitat tradizionale e nuove espansioni Habitat traditionnel et nouvelles constructions
Tutors Maria Grazia Eccheli, Flaviano Maria Lorusso, Saverio Mecca, Adelina Picone, Eleonora Cecconi, Alessandro Cossu, Letizia Dipasquale, Iolanda Francario, Debora Giorgi, Caterina Lisini Francesco Tioli, Graziano Ghinassi Studenti Enrico Acquasanta, Marzia Adipietro, Mattia Anemona, Francesco Bagnoli, Chiara Baiocco, Matteo Capecci, Alessio Cruciani, Marta D’Addona, Alfonso D’Antò, Francesca Del Gatto, Giulia de Sando, Valentina D’Ippolito, Michele D’Ostuni, Laura Frongia, Giulia Gaita, Veronica Gambini, Giulio Hasanaj, Serena Izzo, Dario Lauria, Giacomo Limberti, Giusj Lopatriello, Olimpia Lotti, Andrea Lumini, Francesco Martelli, Caterina Mennella, Salvatore Migliaccio, Alessandra Morales, Giuseppe Mosca, Giovanni Rizzo, Marco Saccomani, Roberto Santacroce
Workshop Asni Aprile2015 Atelier Asni Avril 2015 Programma | Programme: case economiche ville mercato in fregio alla strada principale logements sociaux villas commerces le long de la rue principale
Hassan Fathy_un isolato di New Baris (courtesy Aga Khan Trust for Culture) Hassan Fathy_un îlot urbain de New Baris ( avec la permission de Aga Khan Trust for Culture )
new asni: il progetto di un nuovo insediamento tra geografia e morfologia | new asni : le projet d’un nouveau quartier entre géographie et morphologie Adelina Picone
La mediterraneità in architettura è spesso rinvenibile in quella speciale modalità che le forme costruite hanno di relazionarsi alla forma di natura, mettendola in luce e palesandone i caratteri, sia quando, contrapponendosi ad essa, ne misurano le estensioni, sia quando cercano possibili integrazioni. Il progetto di questa piccola città è in realtà una ricerca, che utilizza lo strumento progettuale per conoscere le relazioni che si instaurano nella valle dell’Asni tra le forme naturali e quelle insediative. Nella regione di Marrakech-Tensif-El Haouz il Parco Nazionale del Toubkal nell’anti-Atlante offre nella regione di Asni una vallata rigogliosa di verde che costeggia il letto di un fiume, dominata dalla geografia degli altopiani. La valle alterna zona boschive a campi agricoli, ed è attraversata da una strada principale che collega 18 villaggi, edificati tutti sulle alture, che vanno a configurare una sorta di atipica conurbazione, di cui l’insediamento di Asni costituisce il luogo centrale, per dotazione di infrastrutture — il grande souk, i presidi sanitari, le scuole — e per posizione geografica. La struttura urbana dei villaggi è fondata sulla estrema compattezza del costruito, l’edificato si configura come suolo geometrizza-
L’esprit méditerranéen dans l’architecture découle souvent de cette manière spéciale que les formes bâties ont de se comparer aux formes de la nature. Cette dernière est ainsi éclairée et ses caractéristiques mises en valeur, à la fois lors d’une opposition ( ce qui permet d’en mesurer les extensions ), ou bien de la recherche des intégrations possibles. Le projet de ce village est en effet une étude de recherche, qui se sert de l’outil de la conception architecturale pour comprendre les relations établies, dans la vallée de l’Asni, entre les formes naturelles et les formes de peuplement humain. Dans la région de Marrakech-Tensif-El Haouz, le Parc national du Toubkal, dans l’anti-Atlas, offre une vallée luxuriante de végétation, qui longe le lit d’une rivière, et dominée par la géographie des plateaux. La vallée alterne zones boisées et champs agricoles, et est traversée par une route principale reliant 18 villages, tous construits sur les hauteurs, allant configurer une sorte de conurbation atypique, dont Asni est le lieu central en termes à la fois d’équipements et d’infrastructures — le grand souk, les centres de santé, les écoles — et de positionnement géographique. La structure urbaine des villages est basée sur l’extrême compacité
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to, e l’utilizzo della terra cruda comporta l’assoluta identità tra materia del suolo e materiale delle forme costruite. Le forme naturali guidano le forme degli insediamenti: sequenze di podii terrazzati che seguono le giaciture delle isoipse, identificabili come insiemi di case solo grazie alla presenza delle corti, “privati pezzi di cielo” intorno a cui si dispongono le stanze dell’abitare. Le corti delle case costituiscono le unità elementari, le matrici degli insediamenti, il cui tessuto urbano è fondato sull’aggregazione concatenata delle case lungo i crinali. Le coperture consentono l’affaccio sulla valle e la fruizione del panorama, al tempo stesso terrazze e sistema alternativo di percorrenza per l’intero villaggio. Questa condizione di equilibrio ed armonica integrazione tra natura e costruzione, seppur realizzata con tecniche e materiali estremamente poveri, costituisce la lezione più importante che questo luogo possa consegnare, disattesa e tradita puntualmente dagli insediamenti abitativi di recente costruzione, che, importando modelli e tecniche della ‘modernità’, perdono l’occasione di radicarsi nella preziosa identità della propria terra. Il progetto della piccola città, portato avanti con alcuni allievi dei Corsi di Laurea Magi-
des bâtiments. Le bâti est mis en place comme un terrain géométrisé, et l’utilisation de la terre crue entraîne l’identité absolue entre la matière du sol et celle des formes bâties. Ce sont les formes naturelles qui guident la façon de construire ; nous avons ainsi des séquences de terrasses qui suivent l’avancement des courbes de niveau, identifiables comme des ensembles de maisons seulement grâce à la présence des cours, “ des morceaux privés de ciel ” autour desquelles les pièces d’habitation se disposent. Les cours des maisons sont les unités de base, les matrices du peuplement. Le tissu urbain est fondé sur l’agrégation des maisons disposées le long des crêtes. Les couvertures, à la fois terrasses et système alternatif pour parcourir le village, favorisent la vue surplombant la vallée et la jouissance du paysage. Cet état d’équilibre et d’harmonie entre la nature et la construction, bien que produit avec des techniques et des matériaux extrêmement pauvres, est la leçon la plus importante que ce lieu peut nous offrir, malgré que cela soit souvent rejeté et trahi par les récentes constructions. En effet, l’occasion de s’enraciner dans l’identité précieuse de ces terres est régulièrement perdue à cause de l’importation de mo-
new asni | new asni
strale di Architettura dell’Università di Firenze e del DIARC dell’Università Federico II di Napoli, intende invece seguire quell’insegnamento e provare a costruire una città contemporanea che, proprio grazie alla sua modernità, sappia raccontare quel legame speciale che l’abitare instaura con le forme della terra in questi luoghi. La scellerata lottizzazione in corso di realizzazione ha fornito il programma funzionale e le quantità, in termini di numero e tipo di alloggi e di dotazioni infrastrutturali, indicazioni che, insieme alla scelta dell’area di intervento, sono state pedissequamente seguite. Il masterplan, a partire dal programma funzionale e dalle densità abitative date, prova a trasformare quella lottizzazione in una città capace di rispettare le modalità insediative, le tradizioni costruttive, di reinterpretarne le tecniche ed i materiali, non rinunciando alle legittime istanze di modernità e di progresso. La chiameremo New Asni questa nuova piccola città, che nasce radicandosi nel suolo, palesandone orografia e caratteri del paesaggio. New Asni, oltre alla cospicua dotazione di nuovi alloggi distinti tra case economiche e ‘ville’, dovrà configurare una nuova centralità per tutti i villaggi della valle, grazie alla co-
dèles et techniques de construction de la “ modernité ”, qui n’ont aucun rapport avec la tradition. Au contraire, le présent projet, réalisé avec des étudiants des cours Master en Architecture de l’Université de Florence et du DIARC de l’Université Federico II de Naples, vise à suivre cet enseignement et à essayer de construire une petite ville contemporaine qui, en raison de sa modernité, soit capable de raconter ce lien spécial que l’habitat établi avec les formes de la terre. Le mauvais développement immobilier en cours de réalisation a fourni le programme fonctionnel et les quantités ( en termes de nombre et type de logement, et de dotation de l’infrastructure ) : ceux-ci représentent des précieux indicateurs qui ont été strictement suivis. A partir du programme fonctionnel et de la densité de logements actuelle, le Plan Directeur essaye de transformer ce lotissement en un village capable de respecter les modalités du peuplement, les traditions constructives, et de réinterpréter les techniques et les matériaux, tout en veillant au respect des exigences légitimes de la modernité et du progrès. Nous l’appellerons New Asni, cette nouvelle petite ville qui nait enracinée dans le sol, permettant ainsi d’en montrer son orographie
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struzione di una Moschea, di un Polo sportivo e scolastico, di un Presidio Sanitario, di un Hammam e di un nuovo Souk. La strada di fondovalle, di collegamento trai villaggi, costituisce già una sorta di luogo centrale, e per un lungo tratto si trova proprio a costeggiare l’area di progetto. L’asse portante della nuova città si disporrà quindi al margine di quella strada, articolandosi secondo le giaciture dell’orografia, e si costruirà in forma di un lungo doppio muro, vago ricordo delle mura di Marrakech, che acquista spessore e contiene un percorso a più livelli. Funzionalmente è una lunga strada souk che connette gli edifici pubblici, ed attraverso la quale si accede ai due isolati residenziali delle case economiche e si dipanano le strade che conducono agli insediamenti alti delle ville. In un sol punto il muro si rompe, in corrispondenza dell’incrocio che porta all’attuale insediamento di Asni, lì dove l’edificio della Moschea accoglierà i fedeli di tutta la valle e il minareto ne segnalerà la presenza alla grande scala. Il percorso del Souk trova origine e fine in due grandi corti pubbliche: la corte che dà accesso all’Hammam, i cui volumi si inerpicano su per la collina a cercare i displuvi delle acque e
et le caractère du paysage. En plus de l’allocation de nouveaux logements ( où figurent des logements sociaux mais aussi des villas ), New Asni a vocation à devenir le nouveau centre citoyen pour tous les villages de la vallée, grâce à la construction d’une mosquée, d’un pôle sportif et scolaire, d’un centre de santé, d’un hammam et d’un nouveau souk. Reliant les villages, la route du fond de la vallée constitue déjà une sorte de place centrale, et pour un long tronçon, elle se situe en effet aux bords de la zone prise en compte dans le projet. L’épine dorsale du nouveau village sera alors sur le flanc de cette route. Le village s’articulera selon les caractéristiques du territoire et du relief, et sera construit sous la forme d’une longue double paroi, vague souvenir des murs de Marrakech, qui acquiert profondeur et qui contient un chemin d’accès à plusieurs niveaux. Fonctionnellement, il s’agit une longue route reliant les bâtiments publics, et à travers laquelle il est possible d’accéder aux deux blocs de logements sociaux. Egalement, à partir de cette route, différentes voies se démêlent et conduisent aux aires élevées des villas. Une pause murale est prévue à l’intersection menant au hameau actuel d’Asni, là où la construction de la mosquée accueil-
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convogliarli in una cisterna a monte; e la grande corte del caravanserraglio, intorno ed alla testa della quale si dispongono l’Albergo — Riad e le ulteriori corti di accesso al centro sportivo ed alle scuole. Le case si insedieranno sulle alture, articolandosi in tre sistemi diversi, di cui due di abitazioni economiche, costruite a ridosso del lungo percorso del souk, da cui trovano anche accesso alle diverse quote, ed una che, conquistando le isoipse più alte, andrà a costituire il sistema delle ‘ville’. I due isolati residenziali di case economiche seguono logiche progettuali molto diverse tra loro, in funzione della collocazione all’interno dell’impianto urbano e della relazione con la condizione orografica. Mentre il primo, posto tra la Moschea e le Scuole, è costituito da un tessuto compatto di case a corte a più livelli, che, aggregandosi, danno luogo ad una sequenza di spazi aperti comuni, secondo la logica progettuale degli isolati di New Bariz di H. Fathy, il secondo, in una condizione orografica più complessa, sperimenta possibili variazioni tipologiche e di aggregazione aprendosi alla natura circostante. Il sistema delle ville, occupando l’intera porzione di territorio tra le due isoipse più alte
lera les fidèles de la vallée, et dont le minaret signalera sa présence à plus grande échelle. Le chemin du souk débute et termine dans deux grandes voies publiques : la voie qui donne accès au hammam, dont les volumes grimpent la colline pour chercher les lignes de partage des eaux pour ensuite les canaliser dans un réservoir en amont ; et la grande voie du caravansérail, autour et à la tête de laquelle sont disposés l’Hôtel — Riad et les autres voies d’accès au centre sportif et aux écoles. Les maisons seront disposées sur les hauteurs et articulées en trois systèmes différents, dont deux seront destinés aux logements sociaux, adossés le long du chemin du souk où se trouve l’accès aux différents niveaux ; et un qui, en atteignant les isohypses les plus élevées, constituera le système des villas. Les deux groupes de logements sociaux suivent des logiques de conception différentes, en fonction de l’emplacement au sein de la population urbaine et de la relation avec l’orographie. Alors que le premier, entre la mosquée et les écoles, est constitué par un tissu compact de maisons avec des cours intérieures à plusieurs niveaux, qui donnent lieu à une séquence d’espaces communs selon la logique de conception de blocs d’habitation de
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dell’area di progetto, ripercorre le modalità costruttive ed insediative delle case tradizionali, dando luogo ad un ‘cretto’ tagliato dai percorsi pedonali e scavato dalle corti delle case. Le case compongono gli spazi interni e quelli esterni intorno a più corti, considerando l’unità di stanza come unità di volume, e controllando l’articolazione volumetrica rispetto al sole ed al vento. L’impiego, tecnologicamente consapevole, della terra cruda per le murature, della pietra locale per le parti basamentali e per alcuni volumi e del legno per gli orizzontamenti, oltre che risultare appropriato e sostenibile, tende a ricostituire quella primigenia condizione di radicamento alla terra, identità tra materia del suolo e materiale dell’architettura, condizione di mediterranea appartenenza.
New Bariz de H. Fathy ; le second expérimente les variations typologiques et d’agrégation possibles, en s’ouvrant à la nature environnante. Le système des villas, occupant toute la partie du territoire entre les deux isohypses les plus élevées de l’aire d’intervention, retrace les modalités de construction des maisons traditionnelles, entraînant une fissure coupée par des sentiers pédestres et excavée des cours des maisons. Les maisons constituent les espaces intérieurs et extérieurs autour de plusieurs patios, compte tenu des unités de pièce en unités de volume, et en contrôlant l’articulation volumétrique par rapport au soleil et au vent. L’utilisation technologiquement avertie de la terre crue pour les murs, de la pierre locale pour les soubassements et certains volumes, et du bois pour les structures horizontales, non-seulement appropriée et durable, tend également à rétablir cet enracinement d’origine avec la terre, identité entre la matière du terrain et le matériel de l’architecture, et véritable condition d’appartenance méditerranéenne.
Sistemazioni per il controllo dell’erosione del terreno Dispositions pour le contrôle de l’érosion des sols
l’acqua, dalla natura all’artificio | l’eau, de la nature à l’artifice Veronica Gambini
Il territorio di Asni è piuttosto fragile perché le risorse naturali, acqua e suolo, pur presenti in abbondanza, non sono generalmente utilizzate in maniera razionale e sostenibile. Allo stato attuale, la maggior parte dell’acqua utilizzata per le attività produttive è derivata da pozzi scavati nell’alveo del fiume che attraversa la valle principale di Asni, proveniente dalle montagne dell’Alto Atlante. Non è stato possibile conoscere alcun dato rilevato da stazioni termopluvometriche, in quanto probabilmente non ve ne sono nella zona di interesse. In assenza di informazioni attendibili per lo sviluppo delle procedure di calcolo, si è dovuto procedere sulla base di stime, misure approssimative e buon senso per ciascun tipo di intervento. Si è ritenuto di procedere comunque in un percorso che prevedesse l’utilizzo diretto della risorsa caduta nei tre piccoli bacini, tributari del corso d’acqua principale, su cui insiste il villaggio più importante dell’area, inclusa la parte che è in fase di progetto. Ricerche in rete hanno portato soltanto ad informazioni sulle piogge che non hanno alcun valore statistico e che, per qualsiasi uso, devono essere prese con la massima cautela.
Le territoire d’Asni est plutôt fragile parce que ses ressources naturelles, l’eau et le sol, même si elles sont abondamment présentes, ne sont généralement pas utilisées rationnellement et de façon durable. À l’heure actuelle, la plus grand partie de l’eau utilisée pour les activités de production provient des puits creusés dans le lit du fleuve qui traverse la vallée principale d’Asni et qui est originaire des montagnes du Haut Atlas. Il a été impossible de collecter des données relevées par des stations thermo-pluviométriques, puisque sans doute il n’y en a pas dans la zone d’intérêt. En l’absence d’informations crédibles relatives au développement des procédures de calcul, il a fallu procéder par estimations, mesures approximatives et bon sens pour chaque type d’intervention. Il a été décidé d’avancer néanmoins sur une voie qui prévoyait l’utilisation directe de la ressource présente dans les trois petits bassins versants, tributaires du cours d’eau principal, sur laquelle insiste le village le plus important de la région, y compris la part qui est en cours d’élaboration. Des recherches sur Internet n’ont conduit qu’à des informations sur les pluies qui n’ont aucune valeur statistique et qui, pour
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Con le premesse fatte, si osserva il massimo fabbisogno idrico nel periodo estivo (temperature elevate) corrispondente alla minima disponibilità di acqua di pioggia, per cui il bilancio idrico a scala locale risulta pesantemente deficitario. Affrontare questa condizione con interventi di medio-lungo termine comporta lo sfruttamento delle risorse disponibili rappresentate dalle precipitazioni che si verificano nell’area stessa. Ciò può avvenire secondo due modalità: la prima consiste nella raccolta diretta dell’acqua piovana proveniente da coperture e corti, secondo le tecniche di rainwater harvesting, la seconda attraverso l’utilizzo dei deflussi di piena in uscita dai bacini (floodwater harvesting). L’acqua raccolta, qualunque sia la tecnica utilizzata, sarà stoccata in serbatoi opportunamente dimensionati per essere utilizzata all’occorrenza. A scala di unità abitativa, privata o pubblica, l’applicazione delle tecniche di rainwater harvesting per il dimensionamento dei serbatoi di stoccaggio ha richiesto, oltre ai dati di pioggia utilizzati nelle altre elaborazioni, la conoscenza delle caratteristiche delle coperture rilevanti ai fini della trasformazione degli afflussi in deflussi, trattandosi in pratica di normali bacini imbriferi. Nella zona si osservano evidenti fenomeni erosivi dovuti alle precipitazioni piovose. Per questo motivo sono necessari interventi per la difesa dall’erosione idrica in alveo e nei versanti di ciascuno dei tre bacini, per salvaguardare l’ambiente e per evitare inondazioni che potrebbero verificarsi in corrispondenza di eventi estremi, con possibili danni all’abitato. Sul
toute utilisation, doivent être rassemblées avec le plus grand soin. Sur ces bases, on observe le besoin maximal en eau en période estivale ( températures élevées ), qui équivaut à la minimale disponibilité en eau de pluie, raison pour laquelle le bilan hydrique à l’échelle locale est fortement déficitaire. Faire face à cette situation avec des interventions à moyen et à long terme implique l’exploitation des ressources disponibles constituées par les précipitations qui se produisent dans la même zone. Cela peut arriver en deux modes : le premier concerne la collecte de l’eau de pluie qui provient des couvertures et des courts, selon les techniques de récupération d’eau de pluie ; le deuxième concerne la collecte de l’eau de pluie par l’utilisation des écoulements de la crue d’un fleuve sortant des bassins versants ( récupération d’eau d’inondation ). L’eau recueillie, quelle que soit la technique utilisée, sera stockée dans des citernes adéquatement dimensionnées pour être utilisée au besoin. Au niveau des unités d’habitation, privées ou publiques, l’application des techniques de récupération d’eau de pluie pour dimensionner les citernes de stockage a demandé, outre les données de pluie utilisées dans les autres élaborations, la connaissance des caractéristiques des couvertures qui sont essentielles dans la transformation des afflux en écoulements, s’agissant en pratique de bassins versants normaux. Dans la région, il y a des phénomènes d’érosion évidents dus aux précipitations pluvieuses. Pour cette raison, il est nécessaire d’in-
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contenimento dell’erosione in alveo, si è proceduto utilizzando dati ricavati da cartografia e immagini satellitari disponibili in rete per ciò che riguarda la stima delle caratteristiche morfometriche e vegetazionali dei piccoli bacini. Questo ha consentito di estrapolare i valori dei parametri utili alla valutazione delle portate di massima piena e, di conseguenza, al dimensionamento delle opere in alveo. A partire dagli stessi dati si è stimato il volume annuo derivabile per usi civili e, da qui, il volume dei serbatoi di stoccaggio. L’intervento prevede l’impiego di tecniche di ingegneria naturalistica per la realizzazione di una sistemazione a gradinata, ottenuta con briglie di consolidamento che consentono il rallentamento del flusso dell’acqua e quindi il deposito del materiale trasportato, indispensabile per il raggiungimento della pendenza di compensazione.
tervenir pour la protection contre l’érosion hydrique dans les lit des rivières et sur les versants de chacun des trois bassins versants, pour la protection de l’environnement et pour éviter les inondations qui se produisent dans des situations extrêmes avec des dommages potentiels aux habitations. En ce qui concerne la limitation de l’érosion dans le lit d’une rivière, il est convenu d’utiliser les données tirées de la cartographie et des images par satellite disponibles sur le réseau pour évaluer les caractéristiques morphométriques et végétatives des petits bassins versants. Cela a permis d’extrapoler les valeurs des paramètres nécessaires à l’estimation des débits maximaux de la crue d’un fleuve et, par conséquent, au dimensionnement des projets dans son lit. À partir des mêmes données, on estime le volume annuel dérivable à usage civil et, de là, le volume des citernes de stockage. L’intervention prévoit l’utilisation des techniques d’ingénierie naturelle pour la réalisation d’une installation à gradins, obtenue par une bride de consolidation qui permet le ralentissement de l’écoulement de l’eau et donc le dépôt du matériel transporté, indispensable pour la réalisation de la pente de compensation.
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Stanze di terra Chambres en terre Francesco Bagnoli, Matteo Capecci, Giulia De Sando, Valentina D’Ippolito, Michele D’ostuni, Francesco Martelli
Iterazioni nascoste Itérations cachées Mattia Anemona, Chiara Baiocco, Alessio Cruciani, Marta D’Addona, Laura Frongia, Giulio Hasanaj, Giacomo Limberti, Andrea Lumini, Roberto Santacroce
Costruire la terra Bâtir la terre Francesca Del Gatto, Olimpia Lotti
Tutors Maria Grazia Eccheli, Saverio Mecca Eleonora Cecconi, Alessandro Cossu, Debora Giorgi, Caterina Lisini Francesco Tioli Studenti Filippo Bonini, Ettore Catani, Lucia Chirichiello, Simone Cimadamore, Stefano Ciolli, Niccolò de Ruvo, Eugenio Ferro, Ilaria Fioravanti, Elena Fiori, Simona Izzo, Aida Ghaidarpour, Ardjana Gjnas, Luca Guercio, Emanuele Longo, Gabiria Masciullo, Erica Passavinti, Giorgio Pluchino, Lesya Romanyak, Antonella Sedda, Marianella Stillavato, Letizia Tralli
Workshop Asni Settembre 2015 Atelier Asni Septembre 2015 Programma | Programme: Masterplan area di Amassine: residenze turistiche 3680 mq hotel ristoranti e piscine 3200 mq bungalow 1024 mq + 1792 mq ville 1280 mq +3200 mq aree sportive 320 mq aree di gioco verdi 256 mq asilo 530 mq Masterplan zone Amassine : residences touristique 3680 mq maison d’hotels restourant 3200 mq bungallow 1024 mq + 1792 mq villas 1280 mq +3200 mq sports 320 mq aire de jeux 256 mq asile 530 mq
Sovrapposizione del modello scansionato all’immagine aerea, Asni Superposition du modèle en trois dimensions sur l’image aérienne de Asni
rilievi di terra | relevés de terre Francesco Tioli
Il titolo può apparire provocatorio, ma contiene le parole chiave che raccontano le operazioni di rilevamento svolte nelle due missioni effettuate ad Asni in aprile ed ottobre 2015. Con tali parole si può peraltro giocare allargandone il significato ai temi delle misurazioni: rilievi di terra (terreno), per l’area situata appena fuori dal centro abitato della cittadina (aprile 2015) e terra in rilievo, per la tecnica costruttiva tradizionale in terra cruda in riferimento all’edificato del villaggio berbero, edificato peraltro contaminato da materiali e tecnologie ‘moderne’ (ottobre 2015). I rilievi sono stati eseguiti con strumentazione Z+F imager 5006H, un laser scanner a variazione di fase, capace di misurare fino ad un milione di punti al secondo ad una distanza massima di circa 80 m. Le caratteristiche principali di impostazione della singola scansione sono il campo di ripresa (field of view) e la risoluzione o densità di acquisizione. Il laser scanner utilizzato permette di acquisire dati secondo angoli di presa di 310° in verticale e 360° in orizzontale; la densità di acquisizione può essere impostata secondo griglie predefinite che vanno da densità blande (passo di 50 mm. a 10 m. di distanza dallo strumento) a densità mol-
Le titre contient les mots-clés qui racontent les opérations de relevé menées dans les deux missions réalisées à Asni, en avril et octobre 2015. Nous pouvons également élargir le sens de ces mots aux thèmes de mesurage : on parle de “ relevé de terrain ”, pour identifier la zone juste en dehors du centre ville ( avril 2015 ) et de “ terre en relief ”, pour identifier la technique de construction traditionnelle se servant de la terre crue, en référence au bâti du village berbère, contaminé d’ailleurs par des matériaux et des technologies “ modernes ” ( octobre 2015 ). Les relevés ont été effectués avec l’équipement Z+F Imager 5006H, un scanner laser à différence de phase, capable de mesurer jusqu’à un million de points par seconde à une distance maximale d’environ 80 m. Les caractéristiques principales du réglage de chaque balayage sont le champ de vision ( field of view ) et la résolution ou la densité de la capture. Ce scanner laser permet d’acquérir des données à des angles de prise de 310° en vertical et de 360° en horizontal ; la densité d’acquisition peut être réglée en fonction de grilles prédéfinies allant de densité légère ( pas de 50 mm, à 10 m de distance de l’appareil ) à très haute
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to elevate (passo di 1,6 mm. a 10 m. di distanza dallo strumento): nel caso in oggetto sono state utilizzate griglie con densità pari a 6 mm a 10 m. Il risultato di ogni singola scansione è un modello a nuvola di punti misurati sulla scena che lo strumento è in grado di ‘vedere’ e quindi di acquisire. Ogni scansione è regolata da un sistema di riferimento cartesiano con origine nel centro dello strumento, asse z verticale e orientamento x-y casuale; ciò implica che occorre riunire, nella prima fase di editing del rilievo, tutte le scansioni in un unico modello; è la fase di registrazione (o allineamento), fase piuttosto onerosa in termini di tempo e dalla cui qualità dipende l’esito finale del rilievo. Indipendentemente dal software che si utilizza, per allineare due scansioni occorre selezionare sulle stesse almeno tre punti omologhi, che possono essere individuati come punti naturali (riconosciuti sulla morfologia della scansione) o materializzati sulla scena con la preventiva apposizione di target bianconeri (o sferici). Questa fase di allineamento viene perfezionata e raffinata attraverso il confronto geometrico tra le diverse scansioni, che presentano, se ben eseguite e posizionate in fase di acquisizione dei dati, zone di sovrapposizione
densité ( pas de 1,6 mm à 10 m de distance de l’appareil ) : dans ce cas, nous avons utilisé des grilles avec une densité égale à 6 mm, à 10 m de distance. Le résultat de chaque balayage est un modèle de nuage de points mesurés sur les lieux que le scanner est capable de “ voir ” et donc d’acquérir. Chaque balayage est régulé par un système de référence cartésien ayant son origine au centre de l’instrument, l’axe vertical z et l’orientation x-y aléatoire ; cela implique de regrouper, dans la première phase d’édition du relevé, tous les balayages dans un modèle unique. De la phase d’enregistrement ( ou d’alignement ) — une phase d’ailleurs plutôt onéreuse en termes de temps — dépend la qualité du résultat final du relevé. Quel que soit le logiciel utilisé, pour aligner deux balayages, il est nécessaire de sélectionner au moins trois points homologues, qui peuvent être identifiés comme des points naturels ( reconnus sur la morphologie du balayage ) ou matérialisés sur les lieux avec l’apposition d’objectifs noirs et blancs ( ou sphériques ). Cette phase d’alignement est améliorée et affinée grâce à la comparaison géométrique des différents balayages, qui ont, lorsqu’ils ont été bien exécutés et posi-
rilievi di terra | relevés de terre
più o meno estese. Alla fine della fase di registrazione si ottiene un modello digitale unico che costituisce la rappresentazione tridimensionale più fedele possibile della realtà misurata. La fase successiva compete all’estrazione dei dati utili e necessari a descrivere e comunicare l’oggetto del rilievo secondo i codici canonici del linguaggio della rappresentazione: si procede cioè all’ estrazione di dati bi e tridimensionali, quali planimetrie, sezioni, prospetti, viste assonometriche o prospettiche, modelli triangolati. Anche questa fase, l’editing grafico, può richiedere molto tempo in ragione della scala e del dettaglio degli elaborati da produrre; è peraltro la fase in cui a fronte di tanto automatismo si recuperano le competenze proprie degli architetti; è la fase cioè di discretizzazione del modello in cui convergono le competenze di sintesi grafica del rilevatore. Avviene in questa fase il passaggio tra modello di rappresentazione quantitativo, massivo, a quello sintetico, in cui la mole di dati viene analizzata e ridotta, resa più chiara e fruibile a tutti gli operatori che utilizzeranno il rilievo; si pensi ai progettisti che dovranno conoscere lunghezze, superfici, dislivelli e posizio-
tionnés pendant l’acquisition des données, des zones de chevauchement plus ou moins étendues. A l’issue de la phase d’enregistrement, on obtient un modèle numérique unique qui est la représentation tridimensionnelle la plus fidèle de la réalité mesurée. La phase suivante concerne l’extraction des données nécessaires pour décrire et communiquer l’objet du relevé selon les canons du langage de la représentation : on procède à l’extraction de données bidimensionnelles et tridimensionnelles, telles que les plans, les sections, les élévations, les vues axonométriques ou en perspective, les modèles triangulés. Cette phase de l’édition graphique peut également prendre un certain temps en raison de l’ampleur et des détails à produire ; elle est, en outre, la phase dans laquelle les compétences des architectes sont à nouveau valorisées, face à beaucoup d’automatisme. C’est la phase de discrétisation du modèle dans lequel les compétences de synthèse graphique convergent. Survient à ce stade le passage entre le modèle quantitatif de représentation et le modèle synthétique, dans lequel la quantité de données est analysée et réduite, rendue plus claire et accessible à tous les opérateurs qui vont utiliser
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Vista prospettica del modello: in evidenza curve di livello e sezioni ambientali Vue en perspective du modèle en trois dimensions : en Êvidence contours et sections environne-mentales
rilievi di terra | relevés de terre
ne delle emergenze architettoniche e ambientali (nello specifico, elettrodotto e canalizzazioni naturali per il deflusso delle acque meteoriche). Sintesi necessaria quindi, che deve sacrificare la quantità, ma non la precisione della restituzione, base imprescindibile per la corretta comprensione metrica dell’esistente e per un altrettanto corretta ed adeguata operazione di modifica. Rilevare quindi, levare e levare, elevare… continua il gioco con le parole, in fondo si potrebbe parlare delle esperienze sin qui condotte, anche di rilievi terra-terra, quasi un ossimoro testimone della consapevolezza (Galileiana) che si tratta del primo livello (il piano terra se non seminterrato)della conoscenza dei luoghi e delle architetture misurate, conoscenza che ovviamente non si esaurisce con la dimensione metrica ma che deve proseguire indagando gli aspetti tecnologici, geografici ambientali e se vogliamo anche antropologici. E non voglio con questo prendere le distanze dalle misure, che ancora mi piace levare.
le relevé ; il suffit de penser aux concepteurs qui devront apprendre les longueurs, les surfaces, les dénivellations et la position des urgences architecturales et environnementales ( en particulier, la ligne d’alimentation et les canaux naturels pour l’écoulement des eaux de pluie ). La synthèse s’avère alors nécessaire, une synthèse qui doit sacrifier la quantité mais pas la précision, car elle est indispensable à la bonne compréhension de la métrique existante et à l’exécution d’une opération tout aussi correcte et adéquate de modification. Après tout, nous pourrions parler des expériences menées jusqu’à présent, conscients ( à la manière galiléenne ) qu’il s’agit du premier niveau ( le rez-de-chaussée, ou bien le soussol ) de la connaissance des lieux et des architectures mesurées ; une connaissance qui, évidemment, ne s’arrête pas à la dimension métrique, mais qui doit continuer d’enquêter sur les aspects liés à la technologie, à l’environnement et aussi à l’anthropologie. Et avec cela, je ne veux pas prendre les distances des mesures, desquelles je demeure toujours très proche.
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Le geometrie dell’anima Géométries de l’âme Lesya Romanyak, Emanuele Longo, Giorgio Pulchino, Simone Cimadamore, Eugenio Ferro, Letizia Tralli, Luca Guercio
Il masterplan del sito incontra il programma funzionale e le tematiche della casa bifamiliare, dell’edilizia sociale e del servizio pubblico, e declina le caratteristiche tipologiche e morfologiche del luogo in forme e architetture della contemporaneità. Il progetto lascia ampie aree libere per giardini, piscine e bacini d’acqua, che trasformano il sito in un luogo di luci e ombre, espressione della cultura berbera e araba.
Le masterplan du site réponde au programme fonctionnel et les thèmes de la Villa, de l’habitat social et de la fonction publique, en déclinant les caractères typologiques et morphologiques du lieu en formes et architectures de la contémporaneité. Le projet laisse des grandes espaces de terre pour les jardins, les fonataines et les bacins d’eau, qui trasforment le site en leiu de lumières et ombres, dépuis toujours expréssion de la culture berbère et arabe.
Il paesaggio come teatro Le paysage comme un théâtre Elena Fiori, Simona Izzo, Ettore Catani, Ardjana Gjnas, Lucia Chirichiello, Erica Passavinti, Niccolò De Ruvo
L’orografia del sito e la presistenza, elemento pubblico per eccellenza, la scuola coranica impone sul luogo una geometria e una misura figlie della tradizione. Il progetto descrive un rapporto tra l’artificio umano e la natura, tra la funzione e il terreno. Il progetto diviene una connessione tra le esigenze dell’uomo e il paesaggio.
L’orographie du paysage et la préexistence de l’élément public par exellence, identifié par la école coranique, imposent sur le lieu des géometries et des mesures filles de la tradition. Le projet décrit le rapport entre artifice et nature e tout en associant la mesure du terrain et dea sillons naturaux aux nécessités fonctionnelles. La composition prend en examen les exigences et tente un dialogue avec le paysage.
Artificio e natura Artifice et nature Antonella Sedda, Marianella Stillavato
Partirete da Marrakech e, dirigendovi a sud, punterete le montagne. Abbandonerete l’oasi almoravide e, percorrendo strade poco trafficate, dopo mezz’ora di viaggio, sarete ai piedi dell’Alto Atlante. Risalendo lentamente per strade tortuose attraverserete uno ad uno i douar che compongono il comune di Asni. Organizzato in 53 piccoli villaggi — comprendenti fino a 400 famiglie — Asni si distribuisce su un territorio dall’orografia movimentata. Sono questi terreni molto antichi che, sottoposti nell’arco del tempo a fratture e sollevamenti, hanno prodotto vette altissime che raggiungono i 4000 m.
Vous partirez de Marrakech, en direction du sud, pour en suite pointer les montagnes. Vous aller abandonner l’oasis almoravide et, le long de petites routes peu fréquentées, après un voyage d’une demi-heure vous serez au pied du Haut Atlas. En remontant lentement à travers les routes sinueuses, vous traverserez, l’un après l’autre, les douar qui composent la ville de Asni. Organisée dans 53 petits villages — comprenant jusqu’à 400 familles — Asni est distribuée sur un territoire à l’orographie accidentée. Ce sont des terres très anciennes, soumises au fil du temps à des fractures et des bouleversements, qui ont produit de très hauts sommets atteignant 4000 m.
Residence Residence Elena Fiori, Simona Izzo
Residence Residence Lucia Chirichiello, Erica Passavinti, Niccolò De Ruvo
Villa Villa Filippo Bonini, Ilaria Fioravanti, Stefano Ciolli
Dal workshop alla tesi di laurea (relatore Maria Grazia Eccheli, correlatore Eleonora Cecconi) Du workshop au mémoire de fin d’études ( rélateur Maria Grazia Eccheli, tuteur Eleonora Cecconi)
le forme del vuoto | les formes du vide Antonella Sedda, Marianella Stillavato
Il solido vuoto Furono i Berberi che nel settimo secolo, forzati dalle invasioni arabe, si rifugiarono sull’Alto Atlante e ne presero possesso. L’area di progetto di Amassine è un parallelogramma delimitato da elementi naturali e non. Un’unica strada, piuttosto tortuosa, supera il dislivello tra la strada principale a valle e il lotto in questione portandoci direttamente ai piedi della montagna che sovrasta il paesaggio e ospita l’isolata scuola coranica. Questa, con il suo minareto e gli orti terrazzati al suo fianco, rappresenta l’unico elemento antropico di pregio e, di conseguenza, il primo riferimento scelto come delineatore del masterplan. L’orografia a del terreno si presenta movimentata: le curve di livello scandiscono orizzontalmente la terra creando un leggero pendio che unisce la scuola coranica, posta a Sud-Est, con la strada a valle parallela grosso modo alle curve stesse. Gli elementi di rottura che tagliano ortogonalmente le curve sono i muri di contenimento degli orti, i due piloni dell’approvvigionamento elettrico — inspiegabilmente invadenti — e gli impluvi che ospitano e accompagnano, a seconda della stagione, l’acqua. Il filo conduttore è la terra rossa che, macchiata da scarna e bassa
Le solide vide C’est les Berbères qui, au VIIe siècle, forcés par les invasions arabes, se sont réfugiés sur le Haut Atlas en en prenant possession. La zone d’intervention de Amassine est un parallélogramme délimité par des éléments naturels et non. Une seule route, plutôt tortueuse, dépasse le dénivellement entre la route principale de la vallée et le lot en question, pour nous amener directement au pied de la montagne qui domine le paysage et qui abrite l’école coranique isolée. Celle-ci, avec son minaret et les jardins en terrasses de son coté, est le seul élément anthropique ayant une valeur remarquable et, par conséquent, représente la première référence choisie comme délinéateur du plan directeur. L’orographie apparait bosselée : les courbes de niveau marquent horizontalement le terrain créant une pente douce qui unit l’école coranique, située dans le sud-est, avec une route de la vallée approximativement parallèle aux mêmes courbes. Les éléments de rupture qui coupent orthogonalement les courbes sont les murs de soutènement des jardins, les deux pylônes d’approvisionnement électrique — inexplicablement intrusifs — et les impluvium qui abritent et
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costruire terra acqua luce | construire terre eau lumière
vegetazione, come un velo avvolge ed esalta il lotto. La citazione dei pochi elementi antropici presenti suggerisce la pianificazione dei terrazzamenti. Essi si organizzano su moduli di misura consona al dislocamento delle funzioni pubbliche, interamente contenute in una spina che si estende per tutta la lunghezza del sistema insediativo. Con l’aiuto di un modulo quadrato — di 108 metri — delineamo i limiti degli edifici e posizioniamo le strade che gerarchicamente condurranno: a sud, alle abitazioni a canone sociale, alle abitazioni di rango più alto, alle case per vacanze; a nord, alla piscina, palestra, asilo e hammam. Unico fra tutti gli edifici, accessibile per mezzo di una strada indipendente, è l’hotel, che riceverà i suoi ospiti direttamente dal basso. Elemento di continuità tra preesistenze e nuova edificazione è il muro che, delimitando gli orti terrazzati, emerge dal fianco della montagna. La sua estensione è il punto di partenza per un disegno che organizza, orienta e dimensiona le geometrie alla base del progetto. Fine dell’intervento di risistemazione è rendere solide e stabili le curve di livello. Se attualmente il lotto si presenta solcato da corsi d’acqua, il progetto prevede di saldarli alle loro direttrici, renden-
accompagnent, selon la saison, l’eau. Le seul conducteur est la terra-rossa, souillée par une végétation clairsemée et basse, qui enveloppe et améliore le lot. Les rares éléments anthropiques suggèrent la planification des terrasses. Elles sont organisées sur des modules de mesure appropriée à la mise en place des établissements publics, étant ces derniers pleinement contenus dans un tronçon qui se prolonge le long du système d’habitat. Avec l’aide d’un module carré — 108 mètres — nous définissons les limites des bâtiments et plaçons les routes qui mènent hiérarchiquement : vers le sud, aux logements sociaux, aux maisons de rang supérieur, aux maisons de vacances ; vers le nord, à la piscine, à la salle de gym, à la crèche et à l’hammam. L’hôtel, unique parmi tous les bâtiments et accessible au moyen d’une route indépendante, accueillera ses invités directement par le bas. Un élément de continuité entre les immeubles préexistants et nouveaux est le mur, qui délimite les jardins en terrasse et qui ressort du flanc de la montagne. Son extension est le point de départ d’une conception qui organise, dirige et dimensionne la géométrie du projet. Le but de l’intervention de réaménagement
le forme del vuoto | les formes du vide
doli stabili e non più stagionalmente mutabili. Questi tagliano ortogonalmente i terrazzamenti individuando tre aree che intersecheranno le geometrie (rappresentate dai quadrati di 108 metri). La figura allungata del lotto permette di associare ad ognuna delle tre aree un certo grado di accessibilità a seconda della distanza che intercorre tra loro e il centro abitato, oltre che, chiaramente, alla propria funzione. Secondo questa logica gli impianti sportivi e l’asilo si posizionano rispettivamente nella prima e seconda fascia, centrali all’insediamento, nell’ultima invece troviamo l’albergo e l’hammam. Questi ruotano congiuntamente al quadrato esterno, seguendo la piega effettuata dalle curve di livello e dal secondo corso d’acqua. Da fondo valle la percezione dell’impianto sarà quella del terreno che si modella, estrudendosi in un muro contenitore di tutte le funzioni.
est de rendre les courbes de niveau solides et stables. Si actuellement le lot semble traversé par des cours d’eau, le projet prévoit de les relier à leurs lignes directrices, ce qui les rend plus stables et non modifiables de façon saisonnière. Ces cours d’eau coupent les terrasses orthogonalement, et identifient trois zones qui croisent les géométries ( représentées par le carré de 108 mètres ). Ce lot à la forme allongée permet d’associer, à chacune des trois zones, un certain degré d’accessibilité en fonction de la distance entre elles et la ville. Selon cette logique, les installations sportives et la crèche sont placées respectivement dans la première et dans la deuxième bande, occupant une position centrale ; alors que dans la dernière bande, nous trouvons l’hôtel et le hammam. Ceux-ci tournent conjointement au carré extérieur, le long du pli créé par les courbes de niveau et par le deuxième cours d’eau. Depuis le fond de la vallée, la perception sera celle du terrain modelé s’extrudant dans un mur de contention de toutes les fonctions.
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Tutors Maria Grazia Eccheli, Saverio Mecca Debora Giorgi, Alberto Pireddu Studenti Chiara Baldi, Federico Baldini, Chiara Bertossi, Andrea Burgio, Ilaria Cottu, Albert De franco, Guido Di Lullo, Erika Ferrari, Gloria Gallo, Francesco Illuminati, Camilla Lottini, Irene Magni, Elena Migliorini, Davide Neroni, Vittoria Pannullo, Camilla Ricci, Marta Rossi, Francesco Zaini
Workshop Asni Settembre 2016 Atelier Asni Septembre 2016 Programma | Programme: Case d’abitazione con stanze per turisti (albergo diffuso) Bâtiments d’habitations avec chambres pour touristes (hôtel diffus)
terra. luogo di progetto | terre. lieu de projet Maria Grazia Eccheli
Il piccolo villaggio – un quadrilatero adagiato su un forte pendio e rinserrato da muri silenti che si inerpicano su coltivati terrazzamenti – è, ai suoi inizi, delimitato da strade che paiono sfuggire da una via principale che annovera, ai suoi lati, una moschea e, nascosto, un piccolo hammam. All’interno di questa ‘fortificazione’, frammenti di muri sopravvissuti tra cumuli di terra disegnano il rito dell’antico abitare intorno a CORTI: macchie di inchiostro tra forme rosse; vuoti e pieni modellati dalla luce. Muri costruiti con la tecnica del PISÉ che, ridotti a lacerti e a frammenti di terra cruda, sono divenuti ormai piante ‘archeologiche’: stanze di terra, stanze di tadelakt, interrotte dai frequenti crolli della terra con cui sono costruite. È l’identica terra della solare vegetazione dei luoghi: una terra che l’ombra oscura e che il sole colora di rosso. Il muro abitato – mentre verso est è in gran parte collassato – presenta rade aperture verso ovest, così da tenere all’esterno il caldo e il mondo: ha bucature poste poco sopra il livello della strada, da cui entrano ed escono capre e galline… costeggiando un sentiero che si inerpica verso sud. Il muro è in fregio a una strada strettissima, impervia e costellata di pietre informi e solchi esagera-
Le petit village – un quadrilatère posé sur une forte pente et enserré de murs silencieux qui grimpent sur des terrassements cultivés – est, à ses débuts, délimité par des routes qui semblent s’échapper d’une rue principale qui comprend, sur ses côtés, une mosquée et, caché, un petit hammam. À l’intérieur de cette ‘fortification’, des fragments de murs survivant entre des tas de terre dessinent le rituel de la vie antique autour de COURS : taches d’encre entre des formes rouges ; vides et pleins modelés par la lumière. Des murs construits avec la technique du PISÉ qui, réduits à des débris et à des fragments de terre crue, sont maintenant devenus des plantes ‘archéologiques’ : chambres en terre, chambres en tadelakt, interrompues par les effondrements fréquents de la terre avec laquelle elles sont construites. C’est la terre identique de la végétation solaire des lieux : une terre que l’ombre assombrit et que le soleil colore de rouge. Le mur habité – tandis qu’à l’est, il s’est largement effondré – présente des ouvertures clairsemées à l’ouest, de manière à garder la chaleur et le monde à l’extérieur : il comporte des trous placés juste au-dessus du niveau de la rue, d’où les chèvres et les poules entrent et sortent… côtoyant un chemin qui
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ti, scavati malamente per far scorrere l’acqua piovana (forse una fogna a cielo aperto?)… Devi essere attento a dove metti i piedi…, eppure donne vestite d’ombra, bimbi con maglie coloratissime, capre e pecore lo percorrono con un passo velocissimo come se i loro piedi conoscessero tutte le imperfezioni di quel percorso. Al suo finire, il sentiero si trasforma in una lunghissima scala che conduce alla sede dell’Associazione: un solitario edificio di recente costruzione, con un enorme terrazzo sospeso tra campi di olivi e colture di zafferano. I pistilli di quei fiori azzurri sono strappati dalle donne e dalle bambine del luogo e le loro mani sono violacee e il colore incancellabile… In questo luogo poverissimo, il tema del RI_ COSTRUIRE CON LA TERRA vorrebbe
monte vers le sud. Le mur est en frise sur une route très étroite, imperméable et parsemée de pierres informes et de sillons exagérés, mal creusés pour laisser couler l’eau de pluie (peutêtre un égout à ciel ouvert ?)… On doit être attentif à là où on met les pieds…, pourtant des femmes habillées d’ombre, des gamins avec des maillots très colorés, des chèvres et des moutons le parcourent d’un pas très rapide comme si leurs pieds connaissaient toutes les imperfections de ce chemin. À l’extrémité, le chemin se transforme en un assez long escalier, qui mène au siège de l’Association : un édifice solitaire nouvellement construit, avec une immense terrasse suspendue entre les champs d’oliviers et les cultures de safran . Les pistils de ces fleurs bleues sont extraits par les femmes et
terra. luogo di progetto | terre. lieu de projet
recuperarne l’identità, declinando le antiche forme che disegnano geometriche corti che incanalano il vento e dirigono le ombre a fermare il sole quando è troppo caldo. Vuol dire assumere la ricchezza di quegli spazi indifferenti alle loro funzioni. Vuol dire trasformare un abitare ‘povero’, in un abitare contemporaneo, intriso di atmosfere e salubrità. Forse anche di speranza.
les fillettes vivant dans ces lieux, leurs mains sont violettes et la couleur indélébile… Dans cet endroit extrêmement pauvre, le thème du RE_CONSTRUIRE AVEC (DE) LA TERRE voudrait en récupérer l’identité, déclinant les formes anciennes qui dessinent des cours géométriques capables de canaliser le vent et de diriger les ombres pour arrêter le soleil lorsqu’il fait trop chaud. Cela signifie assumer la richesse de ces espaces indifférents à leurs fonctions. Cela signifie transformer une maison ‘pauvre’ en une habitation contemporaine, imprégnée d’atmosphères et de salubrité. Peut-être aussi d’espoir.
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Casbah Casbah Federico Baldini, Andrea Burgio, Ilaria Cottu, Guido Di Lullo, Erika Ferrari, Camilla Lottini, Vittoria Pannullo, Marta Rossi
Giardini sospesi Jardins suspendus Chiara Baldi, Chiara Bertossi, Albert De Franco, Gloria Gallo, Francesco Illuminati, Davide Neroni, Camilla Ricci, Francesco Zaini
Dal workshop alla tesi di laurea (relatore Maria Grazia Eccheli, correlatore Alessandro Cossu) Du workshop au mémoire de fin d’études ( rélateur Maria Grazia Eccheli, tuteur Alessandro Cossu )
atmosfere di terra. costruire con la terra cruda ad asni | atmosphères de terre. construire avec la terre crue à asni Irene Magni, Elena Migliorini
Costruire con la terra cruda in Marocco significa usare materiali del luogo reperibili in situ, affidandosi a conoscenze proprie della tradizione dei popoli magrebini. Vuol dire far rivivere una tecnica architettonica consolidata nelle forme vernacolari, studiabile e adattabile alle necessità che la modernità ci chiede di osservare. In Marocco la terra si fa architettura. Per poter leggere la struttura della città araba e definire l’archetipo marocchino è necessario soffermarsi sul valore sociale degli spazi che la compongono ed analizzarla secondo le principali forme urbane. Nella città araba predomina il rapporto tra pieni e vuoti. Gli spazi aperti delle corti rappresentano l’eccezione nella caotica maglia di edifici e ne definiscono la misura. La strada dà vita al quartiere, occasione di vita sociale, regno degli uomini. Su di essa si apre il suk, il mercato della medina, dove le nicchie delle botteghe scandiscono l’ordine. Allo stesso tempo, i minareti delle moschee, con il loro slancio verticale in contrasto con l’orizzontalità della città araba, individuano la dimensione spaziale del quartiere musulmano.
Construire en terre crue au Maroc, c’est utiliser des matériaux locaux disponibles in situ, en se fiant à des connaissances typiques de la tradition des peuples maghrébins. Cela signifie faire revivre une technique architectonique consolidée dans des formes vernaculaires qui peuvent être étudiées et adaptées aux besoins que la modernité nous demande d’observer. Au Maroc, la terre se fait architecture. Pour être capable de lire la structure de la ville arabe et définir l’archétype marocain, il faut s’attarder sur la valeur sociale des espaces qui la composent et l’analyser selon les principales formes urbaines. Dans la ville arabe, le rapport entre pleins et vides prédomine. Les espaces ouverts des cours représentent l’exception dans le maillage chaotique des édifices et en définissent la taille. La rue donne vie au quartier, une occasion de vie sociale, un règne des hommes. On y ouvre le souk, le marché de la médina, où les niches des boutiques marquent l’ordre. En même temps, les minarets des mosquées, avec leur élan vertical en contraste avec l’horizontalité de la ville arabe, identifient la dimension spatiale du quartier musulman.
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costruire terra acqua luce | construire terre eau lumière
Il riad, la dār e il palazzo rappresentano infine le tre categorie sociali traslate nella tipologia edilizia. La corte definisce la matrice della città. I ciechi muri esterni diventano l’atto fondativo del limite tra spazio interno sacro ed esterno profano. Modulo base l’iwan, stanza a carattere polivalente. È con la presa di coscienza di questi elementi chiave che nasce il progetto nel villaggio di Asnì, a 40 km da Marrakech. Nella valle, un fiume rappresenta la principale risorsa idrica dei villaggi. Sullo sfondo, l’Atlante separa il deserto. Protagonista è la terra, dal colore rosso vivo e di consistenza argillosa. Viene qui riproposto uno studio della morfologia del terreno che identifica il progetto. Il giardino è circondato da un recinto, a volte sotteso a volte esplicito, frammenti che chiudono uno spazio che prende misura e direzione in base alla orografia del suolo. Ai margini si trovano gli episodi dell’abitare, volumi scavati della tipologia della casa a patio. A nord della moschea, un complesso di case a patio dove il vuoto della corte definisce la misura per lo spazio abitativo e per la scansione dei terrazzamenti dei giardini per la coltivazio-
Enfin, le riad, la dār et le palais représentent enfin les trois catégories sociales traduites dans la typologie du bâtiment. La cour définit la matrice de la ville. Les murs extérieurs aveugles deviennent l’acte fondateur de la frontière entre espace intérieur sacré et espace extérieur profane. Module de base I’iwan, chambre à caractère polyvalent. C’est avec la prise de conscience de ces éléments clés que le projet est né dans le village d’Asnì, à 40 km de Marrakech. Dans la vallée, une rivière représente la principale ressource hydrique des villages. Au fond, l’Atlas sépare le désert. La terre est protagoniste, avec sa couleur rouge vif et sa consistance argileuse. Une étude de la morphologie du sol qui identifie le projet est ici proposée. Le jardin est entouré d’une clôture, parfois sous-tendue parfois explicite, de fragments qui ferment un espace qui prend mesure et direction en fonction de l’orographie du sol. Aux bords, se trouvent les habitations, des volumes excavés de la typologie de la maison à patio. Au nord de la mosquée, un complexe de maisons à patio où le vide de la cour définit la mesure de l’espace habité et du balayage des
costruire con la terra cruda ad asni | construire avec la terre crue à asni
ne dello zafferano. Interposte tra le case, delle nicchie ospitano le botteghe del suk. Cuore del progetto l’hammam, unico elemento geometrico puro. Nella parte alta del villaggio si inserisce un edificio a carattere polifunzionale, i cui muri sostengono il crinale franoso della montagna. Elemento principale la vasca d’acqua, simbolo di vita, in continuo movimento grazie ad un sistema di cascate. La geometrizzazione dello spazio del giardino islamico è così riproposta nei terrazzamenti dei giardini e nell’asse che individua il percorso d’acqua. È dunque qui la terra a dare forma ai progetti. I progetti nascono dalla terra e in essa si perdono, non emergono dal paesaggio ma piuttosto ci si adagiano senza violentarlo. Si è così cercato di rispondere ad esigenze funzionali e strutturali facendo rivivere la tradizione vernacolare, traslando in chiave contemporanea una tecnica costruttiva tradizionale.
terrassements des jardins pour la culture du safran. Interposées entre les maisons, des niches abritent les boutiques du souk. Cœur du projet le hammam, l’unique élément géométrique pur. Dans la partie supérieure du village, il y a un bâtiment multifonctionnel, dont les murs soutiennent le glissement de terrain de la montagne. L’élément principal est le réservoir d’eau, symbole de vie, en mouvement permanent grâce à un système de cascades. La géométrisation de l’espace du jardin islamique est ainsi reproduite dans les terrassements des jardins et dans l’axe qui identifie le parcours de l’eau. La terre est donc là pour donner forme aux projets. Les projets naissent de la terre et s’y perdent, ils n’émergent pas du paysage mais plutôt s’y déploient sans le violer. De cette manière, nous avons essayé de répondre à des besoins fonctionnels et structurels en reprenant la tradition vernaculaire, en traduisant une technique de construction traditionnelle au sein d’une approche contemporaine.
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Congresso internazionale su l’architettura in terra nell’Africa del Nord Le Congrès international sur l’architecture de terre en Afrique du Nord Université Cadi Ayyad, Marrakech Workshop tenu par Oussama Moukmir — Argilex bioconstruction
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Finito di stampare da Officine Grafiche Francesco Giannini & Figli s.p.a. | Napoli per conto di didapress Dipartimento di Architettura UniversitĂ degli Studi di Firenze 2020
Questo progetto nasce dal lavoro svolto dal Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze insieme all’Università Federico II di Napoli, all’associazione TIWIZI e all’associazione svizzera Matter of Act. Una cooperazione volta a sviluppare alcune proposte per l’urbanizzazione e la gestione sostenibile del territorio di Asni in Marocco. Tra il 2015 e il 2016 si sono svolti tre workshop residenziali a cui hanno partecipato una sessantina di studenti e una decina tra professori e ricercatori universitari afferenti a diverse discipline: dalla tecnologia dei materiali e dei sistemi costruttivi, alla composizione architettonica, alla progettazione urbana e del paesaggio, all’idraulica, al design sociale. Gli studenti hanno potuto sperimentare un metodo di lavoro basato su un approccio partecipativo con le comunità locali, grazie alla mediazione dell’associazione TIWIZI e delle istituzioni. L’obiettivo è stato quello di approfondire la relazione tra progetto, patrimonio e innovazione, considerando la cultura, la costruzione e l’architettura tradizionale locale come le basi per un progetto sostenibile a livello ambientale, sociale ed energetico.
€ 25,00