Sul limite | Tecla Nencini

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Sul limite Museo Archeologico e Centro Civico per il borgo di Magliano in Toscana



tesi | architettura design territorio


Il presente volume è la sintesi della tesi di laurea a cui è stata attribuita la dignità di pubblicazione. “La proposta progettuale elaborata dalla candidata, incardinata ad una accesa attenzione al fatto costruttivo e tettonico, mostra una sensibilità al contesto materico e spirituale in cui si insedia costituendo un ottimo esempio di progettazione integrata”. Commissione: Proff. L. Rovero, M. Scalzo, F. Arrigoni, C. L. Germani, C. S. Lambardi, C. G. Cardinale, M. Sala Ringraziamenti Al Professore Arrigoni, uomo e maestro, che in questo percorso mi ha indirizzata con i suoi preziosi insegnamenti. Al Professore Cardinale, per aver condiviso con me il suo sapere. Ai miei genitori e alla mia famiglia, per i sacrifici, per l'amore e per il costante supporto con cui hanno sostenuto. Ad Adele, il mio porto sicuro, per la sua generosità ed il suo coraggio. Il suo amore, sostegno ed incoraggiamento mi hanno accompagnato per tutta la vita senza mai lasciarmi sola. A Iacopo, per ogni suo abbraccio prezioso. Grazie per avermi protetta, sostenuta in ogni istante. A Michele, amico sincero, per aver condivisio con me questa esperienza in tutte le sue sfumature, dall'inizio alla fine. A Emilio, Chiara e Valeria, compagni e amici che hanno riempito questo viaggio di risate e bei momenti. A tutti i compagni dell'Università, per le giornate trascorse insieme in facoltà. A Federico, Elena, Diletta, Lucrezia, Camilla, Diletta e Costanza, amici di una vita. Ad Antonio, Pietro ed Alessandro per i loro consigli e insegnamenti. in copertina Estratto dal progetto di tesi, esposizione di reperto etrusco.

progetto grafico

didacommunicationlab Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze

didapress Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze via della Mattonaia, 8 Firenze 50121 © 2023 ISBN 978-88-3338-198-5

Stampato su carta di pura cellulosa Fedrigoni Arcoset


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Sul limite Museo Archeologico e Centro Civico per il borgo di Magliano in Toscana



Presentazione Respiro la fatica della stanza a stare Dove gli uomini non sono più. (Mario Benedetti) Fondare esperienze didattiche nei piccoli borghi dell’Italia interna è divenuta, da qualche anno, prassi consueta nella Scuola di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze. Si tratta di studi e indagini che hanno avuto come loro meritorio obiettivo la documentazione e la tutela di insediamenti molto spesso soggetti a fenomeni di declino demografico e progressivo abbandono; una strategia di resistenza e di messa a valore di potenzialità disconosciute e sull’orlo di una loro definitiva dissoluzione. Tuttavia sussistono motivazioni che, superando la accidentali contingenze, investono in maniera essenziale la disciplina; tra essi vorrei menzionare il felice rapporto che in tali contesti è dato rilevare tra ricchezza volumetrico-morfologica e chiarezza delle sintassi geometrico-spaziali, tra regola ed eccezione, tra dominio del collettivo e intimità privata: una complessità che mai compromette l’intellegibilità dei princìpi sottesi al campo fenomenico e che educa alla precisione e al rigore delle scelte. Il progetto redatto da Tecla Nencini e illustrato nelle pagine che seguono è comprensibile solo se traguardato e comparato con il luogo che lo ospita: è la forma urbis di Magliano in Toscana che sostiene il disegno attraverso le misure e i modi che, nel tempo, hanno articolato l’intreccio tra il pieno e il vuoto, tra il circoscritto e l’aprico, tra l’artificiale e la natura. Res ipsa loquitur: corrispondere a questa lunga vicenda suggerendo ulteriori, necessari progressi appare essere la preoccupazione maggiore dell’autrice la cui scrittura compositiva prende sesto in serrato dialogo con l’esistente. Già Carlo Cattaneo riconosceva come tratto peculiare della città la sua inesausta capacità di rammagliatura, di rigenerazione delle parti decadute o distrutte: i riassetti e gli edifici immaginati da Nencini (Museo archeologico e Centro civico) seguono tale istinto rimodellando due porzioni incompiute del tracciato murario occidentale e annodando, secondo inedite relazioni, il dentro (ratio urbana) e il fuori (ratio rustica); un lavoro incisivo quanto discreto sul limite, sulla nozione stessa di confine, tale da salvaguardare, sotto formulazioni affatto contemporanee, una lezione antica poiché «la città italiana formò con il suo territorio un corpo inseparabile». Giova infine sottolineare come simili condotte, lontane da qualsivoglia seduzione per l’eccentrico esibito, non siano responsabili di passive riprese o comode adesioni a gerghi vigenti; le ipotesi elaborate da Nencini mostrano infatti la connaturata motilità di ogni autentico progetto, destinalmente consegnato a risolversi come cesura, decisione (de-caeděre), distanza critica dall’ereditato: se ogni proiezione-previsione è anticipazione trascendente, infuturamento, tuttavia è come se il suo innesco e il suo prender fisionomia dipendessero dallo svolgersi di una potenzialità latente nell’immanenza del presente, poiché la cosa architettonica origina e trova costrutto unicamente tra le cose. Fabrizio F.V. Arrigoni Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze

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Abstract

pagina precedente Veduta a volo d'uccello fronte ovest di Magliano in Toscana

L’architettura è raramente conciliante. È sovente frutto di conflitti profondi, di ferite, di lacerazioni. Divento alquanto diffidente quando essa pretende di apparire come attento ascolto e interpretazione di un sito. L’Architettura va giù dura, e il sito non ha nessun desiderio di essere occupato dall’architettura. I siti stanno bene così come stanno. L’Architettura tuttavia, una volta che tutto è concluso, opera il miracolo di offrirci di quel sito un’immagine inimmaginabile senza la presenza di quell’intervento, sempre che quell’intervento abbia saputo con capacità espressiva interpretare quell’azione di contrasto. (F. Venezia, 1988) Il borgo di Magliano in Toscana si presenta a noi come un blocco lapideo incastonato in un morbido colle, a disegnare la mutevole linea fra cielo e terra. La cinta muraria che lo racchiude e che fronteggia il mare Tirreno si erge solida e immobile rendendo il borgo all’apparenza impenetrabile. La possanza di queste mura non las-

cia trapelare il dramma che sta avendo luogo sul fronte opposto, la terra frana e la pietra si sgretola sotto l’incessante incedere del tempo. I progetti che seguiranno rappresentano un esercizio di sudditanza nei confronti del borgo medievale e delle sue complessità. Non solo avranno come finalità ultima quella di rendersi un mezzo attraverso il quale ridare stabilità al fronte, ormai prossimo alla frana, ma si troveranno anche a dialogare con l’emblema del borgo medievale, il suo limite. Nel caso del Museo Archeologico la precaria stabilità delle mura medievali determinano l’idea di progetto stesso, il nuovo edificio si pone come contrafforte al paese, definendone il nuovo limite. Il volume del Centro Civico ricalca i confini del lotto sul limite interno del paese. Il completamento del lotto non ha come fine quello di negare l’assenza che ha generato la possibilità di progetto, ma vuole coglierne l’eloquenza, traducendola in principio generativo della nuova architettura. Le nuove architetture saranno contenitori di storia e memoria e allo stesso

tempo, con i loro programmi funzionali, si metteranno a servizio della comunità. Entrambe le architetture intendono collegare, sormontare e riavvicinare lembi di terra ormai estranei. La complessità dei progetti non si cela solamente nella necessità di confrontarsi con la gravitas dei volumi del borgo medievale ma anche nella necessità di dialogare con le origini ancestrali del luogo, riportando alla memoria le sue vite passate. L’intrinseco desiderio che pervade l’intero sistema dei progetti è quello di ricucire insieme i brandelli di storia e di natura di questa terra, sugellando una rinnovata quiete e un duraturo equilibrio.



Tra storia e morfologia

pagina precedente Mappa storica dell'area della Maremma Toscana

Le origini di Heba Gli Etruschi furono la più importante popolazione d'Italia prima dell'espansione romana. Si insediarono nell'Italia centrale a partire dall'VIII secolo a.C. in un area compresa tra il fiume Tevere e Arno. Nel corso del VII e del VI secolo a.C. espansero notevolmente i loro confini in gran parte della penisola italica, superando le sponde del fiume Po a nord e spingendosi fino in Campania a sud. Fu questo il momento che segnò l'apice della potenza Etrusca. Nei secoli successivi la società entrò progressivamente in crisi a seguito della mancanza di unità che caratterizzò le città-stato, portandole alla resa nei confronti dei romani. Fu così che nel IV secolo a.C gli insediamenti Etruschi furono assorbiti dal dominio romano, così come la loro cultura, ponendo fine alla civiltà Etrusca. Il Borgo di Magliano in Toscana si erge nel cuore dell'etruria settentrionale in un'area compresa tra la riva destra dell'Albenga e Doganella, dove sono presenti numerose necropoli con tombe ipogee. Le necropoli erano

collegate probabilmente a piccoli insediamenti rurali sparsi sul territorio e non ad un unico centro abitato. Questi insediamenti furono attivi trala metà del VII e l’inizio del VI secolo a.C., epoca a cui risalgono le necropoli. Vennero abbandonati all’inizio del V secolo a.C. quando i coloni si raccolsero all'interno dei centri fortificati, come Doganella, in seguito alla sconfitta di Cuma nel 474 a.C. che determinò la fine dell'espansione Etrusca. Le tombe di quest'area, scavate nella pietra, sono caratterizzate da un corridoio a gradini che scende nel sottosuolo, dove è collocata la camera funeraria circondata da banchine laterali. Alcune di queste tombe avevano anche splendide pareti affrescate (come la Tomba di S.Andrea). Il territorio limitrofo al borgo di Magliano è costellato di siti archeologici che evidenziano e ci permettono di riconoscere la forte presenza storica della civiltà Etrusca in questo lembo di terra. Tutt'oggi è ancora aperto il dibattito sulle presunte origini di Magliano, alcuni sostengono sia di fondazione Etrusca, altri storici afferma-

no che l'urbe fosse romana e portasse il nome di Heba. Nel territorio di Magliano abbiamo importanti tracce rinvenute nelle necropoli e negli antichi centri di Kalousion1 ed Heba, tra cui ricordiamo il piombo di Magliano2, su cui è incisa una delle più lunghe iscrizioni in lingua Etrusca mai rinvenute. La testimonianza dell'esistenza della colonia romana di Heba ci è data da un'iscrizione posta su un cippo di travertino e datata tra la prima metà del I e gli inizi del II secolo d.C. L'ubicazione della città di Heba è stata per lungo tempo incerta, le fonti antiche non sono molto esplicite: Tolomeo ricorda la sua locazione tra Vulci e Saturnia, mentre Plinio ne cita solo il nome, mensionandola come oppidum. In assenza di monumenti emergenti, la localizzazione di Heba in prossimità del centro medievale di Magliano, lungo la strada provinInsediamento di epoca Etrusca, attualmente nella località di Doganelle. Reperto Archeologico etrusco risalente al V sec. a.C., ritrovato in una tomba ipogea, nel territorio di Magliano in Toscana nel 1883.

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ciale Sant'Andrea3, fu resa possibile dalla scoperta in questa zona di alcuni resti di strutture murarie e di elementi architettonici. Dalle immagini aeree è stata possibile la ricostruzione di un impianto ortogonale, in cui fossero riconoscibili cardo e decumano, con il foro in prossimità del loro incrocio. Tra i ritrovamenti epigrafici provenienti da questa località vi è la tabula hebana4, una tavola bronzea che contiene disposizioni per le onoranze funebri da tributare in memoria di Germanico. Non ci sono certezze per quanto riguarda la data di fondazione della colonia, l'ipotesi più accreditata è che questa sia avvenuta intorno al II Strada, della provincia di Grosseto, che collega la località di Magliano in Toscana con quella di Marsiliana. 4 Reperto risalente al 19 d.C.,ritrovato nel 1947 presso la colonia di Heba. 3

secolo a.C., in concomitanza con quella delle altre colonie della zona.

figlio del re che li guidava, e si chiamarono Tirreni."

Ipotesi sull'origine della civiltà Etrusca Il racconto di Erodoto Storie I, 94, 5-7 "Poiché la carestia non diminuiva, anzi infuria- va ancora di più, il re, divisi in due gruppi tutti i Lidi, ne sorteggiò uno per rimanere, l’altro per emigrare dal paese e a quello dei gruppi cui toccava di restare lì mise a capo lui stesso come re, all’altro che se ne andava pose a capo suo figlio, che aveva nome Tirreno. Quelli di loro che ebbero in sorte di partire dal paese scesero a Smirne [...] e oltrepassati molti popoli, giunsero al paese degli Umbri, ove costruirono città e abitano tuttora. Ma in luogo di Lidi mutarono il nome prendendolo dal

Le considerazioni di Dionisio d’Alicarnasso Antichità romane, I, 26-30 "[...] non penso neppure che i Tirreni siano co- loni dei Lidi: non presentano infatti fra loro lo stesso linguaggio, né si può dire che, pur non essendo più di lingua affine, conservino almeno qualche ricordo della madre patria. Non venerano neppure le medesime divinità dei Lidi, né osservano leggi e costumanze simili [...]. Sono forse più vicini alla verità quelli che sostengono che i Tirreni non sono emigrati da nessun luogo, ma sono invece un popolo indigeno, poiché in ogni sua manifestazione presenta molti caratteri di arcaicità; sia per linguaggio che per modo di vivere

in alto Tomba Etrusca, particolare dell'ingresso Le vie cave, Parco archeologico "città del Tufo" Sorano (GR)


non lo si ritrova affine ad alcun altro popolo."

in alto Affresco di Simone Martini Guidoriccio da Fogliano all'assedio di Montemassi, 1328-3180 Sala del Mappamondo, Palazzo Pubblico, Siena.

Il dominio Aldobrandesco e le terre murate Nel corso del VI secolo d.C. i territori più meridionali dell'odierna toscana furono inglobati nell'impero romano e a cavallo tra il VII e VIII secolo il territorio fu soggetto alle mire espansionistiche dello stato pontificio, il quale riuscì ad ottenere alcune concessioni relative ai Comitati di Sovana, Roselle e Populonia. L'espansione papale fu però osteggiata dall'Imperatore Carlo Magno, il cui interesse prevedeva la creazione di uno stato cuscinetto tra il territorio di dominio papale e quello imperiale. Questa zona ebbe, appunto, come suo primo nucleo il Comitato roseilano e poi si estese sotto i conti Al-

dobrandeschi con l’annessione alla Contea del Comitato di Populonia e poi di Sovana. I primi cenni del dominio Aldobrandesco nel territorio della Marittima sono datati intorno al 862 d.C., quando il conte Ildebrandino degli Aldobrandeschi entrò in possesso dei beni ecclesiastici di Sovana e Roselle, con il consenso dell'imperatore Ludovico II . Il primo nucleo del Feudo aldobrandesco diverrà una nuova entità politica a sud della Marca di Tuscia. L'origine del nucleo fortificato del borgo di Magliano in Toscana si identifica con la dominazione dei Conti Aldobrandeschi. Già all'anno 1096-97 si fa risalire la più antica attestazione di Magliano dove il borgo viene indicato come corte, ciò ci fa presumere che fosse già sede di un castello. A quel tempo il pericolo principale

era costituito, infatti, dalle incursioni saracene lungo la costa tirrenica, che produssero un movimento delle popolazioni autoctone verso l'entroterra maremmano, dando vita al fenomeno dell'incastellamento, nuovi centri vennero costruiti sulle alture per poter mantenere il dominio di quota. Le mura difensive coronavano i colli della maremma toscana dando vita a veri e propri borghi fortificati in cui la popolazione risideva stabilmente, gestiti secondo un'organizzazione feudale. Il castrum, sotto il dominio del dominus castri, era un organismo del tutto autosufficiente, il suo sostentamento era dovuto ad un'economia quasi esclusivamente di tipo agricolo, caratterizzata da un debole svilup-

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po del commercio e della produzione artigiana; tutte le energie lavorative erano utilizzate per il lavoro nei campi. Questa crescente ruralizzazione della vita economica e il progressivo impianto di castelli, torri e rocche ha inciso fortemente sulla morfologia del territorio della Marittima, dove mancarono i centri urbani e prevalsero le grandi coltivazioni e gli insediamenti abitati puntuali in quota. La famiglia degli Aldobrandeschi all’inizio del XII secolo era all’apice della sua fortuna e ignorava il pericolo imminente dei Comuni di Firenze, Siena e Lucca che andavano sempre più rafforzandosi. Nel giro di pochi anni fu creato un governo consolare in tutte queste città e Ildebrandino Novello si schierò contro alcune di esse, inserendosi nei giochi di alleanze dei comuni. Si ritrovò a combattere contro Siena, Pisto-

ia, Genova e Lucca (alleato con Pisa, Firenze, Prato e Volterra). Le sconfitte si susseguivano per gli Aldobrandeschi mentre Siena lentamente ma progressivamente procedeva alla conquista della Marittima, che si protrasse fino all’inizio del 1300. Gli accordi conclusi tra Siena e gli Aldobrandeschi furono molteplici e riguardano un discreto numero di castelli, tra i quali Magliano, che fu ceduto dai conti di Santa Fiora insieme a Scansano e Pereta. L'investimento senese nel progetto di conquista della Marittima fu enorme in termini di campagne militari, di costruzione di fortificazioni e ristrutturazione di centri abitati. Nel corso del XV secolo gli interventi di restauro e consolidamento delle fortificazioni esistenti costituirono la parte preponderante dell’attività

edilizia sul territorio, mentre diminuì progressivamente la costruzione di strutture ex novo. I nuovi confini della Repubblica di Siena comprendevano buona parte della Toscana centro-meridionale, un’area molto vasta con un’orografia uniforme, prevalentemente collinare, ad eccezione del Monte Amiata e del Monte Argentario; si trattava di un territorio esposto agli attacchi dei nemici, privo di grandi fiumi, gole, valichi o passaggi. Proprio per queste caratteristiche territoriali i senesi crearono e rafforzarono una scacchiera difensiva composta da castelli e torri di avvistamento opportunamente dislocate, a formare cinture concentriche intorno a Siena, vere e proprie terre murate. Le fortificazioni di Magliano, Pereta, Montiano e Mandano in questa scacchiera erano poste a

in alto Rocca aldobrandesca di Talamone Talamone (GR), Toscana Fortificazione di Magliano in Toscana particolare del camminamento sulle mura sul fronte ovest


in alto foto storica bonifica della maramma toscana (iloveprincipina.it) foto storica i butteri Maremma Toscana

difesa del porto di Talamone, essenziale per gli scambi commerciali nel Mar Tirreno. I castra feudali furono la matrice del successivo sviluppo delle terre murate, tanto che si possono distinguere per i centri maremmani, in particolare Magliano, due fasi di fortificazione: la prima aldobrandesca, la seconda senese, in genere individuabili dal riscontro sul tessuto urbano delle notizie documentarie e dalle caratteristiche tipologiche dell’architettura. Magliano in Toscana è un caso esplicativo dell'evoluzione del castrum. In epoca medievale il villaggio era protetto da una struttura fortificata detta casserum e sorgeva sulla base della curtis; nel caso di Magliano il fulcro dell’incastellamento era però la pieve. Per la costruzione delle mura difensive, coronate da merlature, si sfrut-

tava il più possibile la risorsa offerta dall’orografia del terreno, cercando le zone più alte. L'altezza veniva amplificata dalla costruzione di torri, sia all'interno che all'esterno della cinta muraria, le quali fungevano anche da elementi rompi-tratta. L’assetto viario è quello tipico delle terre murate: parallelo ai lati lunghi delle mura, collega le due porte opposte, ricavate a metà dei due lati corti. Una via, detta la camminata, che separa le mura dalle case, serviva come percorso per effettuare rifornimenti, sorveglianza e sicurezza. Un altro percorso è quello ricavato nella parte alta delle cortine, lungo lo spazio dietro il parapetto, largo circa un metro, che percorreva l’intera cinta e dal quale emergevano i merli. La cortina muraria è costruita in pietra, poichè nella zona limitrofa a Ma-

gliano la stratificazione geologica varia tra rocce calcaree e rocce clastiche e piroclastiche, con una predominanza di tufi e crete argillose, attraversate da filoni di travertino soprattutto nella direzione sud-est del paese; inoltre a Magliano esistevano delle fornaci per la produzione dei mattoni. Ad oggi, la cinta muraria di epoca senese, in rustica muratura, resiste nei due lati brevi e in quello longitudinale rivolto a Sud-Ovest. Questa è intervallata da torri rotonde, sia angolari che in tratti rettilinei. Su due terzi del lato Sud-ovest conservano un coronamento ad archetti su mensole a piramide rovesciata, che si ritrova anche alla sommità della torre meglio conservata.

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pagina precedente Giovanni Fattori Terreno paludoso particolari del carro con i buoi olio su tela Palazzo Pitti, Firenze

Il fronte Nord è difficilmente leggibile, tanto che non si riesce a capire se le mura attuali siano quelle rimaste con andamento irregolare, a basamento della serrata sequenza di case, oppure se siano da ravvisare nelle rovine più a valle. L' ipotesi a sostegno della permanenza della cinta medievale è avvalorata, in parte, dai recenti rilievi effettuati del Dipartimento di Rilievo dell'Università degli Studi di Firenze, i quali evidenziano (tramite lo studio delle discontinuità murarie) una sequenza di merlature all'interno della cortina muraria. Nelle mura si aprono tre porte, due delle quali sui lati corti: la porta di San Martino a Nord e di San Giovanni a Sud, probabilmente ancora nella loro posizione originaria, a conclusione del tracciato principale che corre lungo tutto il borgo. A Sud Ovest si apre la Porta Nuova, costruita posteriormente, sormontata da un apparato assai aggettante in mattoni ad archi ribassati con piombatoi. Da castrum a borgo A partrire dal XVI secolo d.C. la situazione mutò drasticamente, la fortificazione di Magliano in Toscana venne esclusa dal progamma di strategia difensiva del Granducato di Toscana e quindi decadde la sua

funzione primaria. In questo secolo, Cosimo I mise in atto una nuova politica di governo mirata a ripristinare gli antichi privilegi e diritti dei proprietari terrieri. Questo processo denominato 'rifeudalizzazione' vide coinvolti, insieme ad altri borghi fortificati, anche quello di Magliano in Toscana. Quando venne meno lo scopo militare, per cui era stata costruita la fortezza e verso cui erano indirizzati tutti gli investimenti, prese piede l'avanzamento dell'architettura civile all'interno della cinta muraria. I torrioni persero la loro importanza strategica e si videro adibiti ad abitazioni, mentre le mura vennero sfruttate come supporto strutturale per la costruzione di architetture civili. Ne conseguì la perdita della fascia di rispetto che correva tra le abitazioni e la cinta muraria, in epoca medievale utilizzata per le operazioni di rifornimento e di trasporto di mezzi e feriti, in caso di combattimento. Il contributo degli Asburgo-Lorena Fin dall'arrivo degli Asburgo-Lorena, la Maremma toscana era in prevalenza paludosa, una regione insalubre, in cui le malattie come la malaria avevano una forte incidenza sulla sopravvivenza della popolazione. Le condizioni di salubrità del territorio misero in ginocchio gli abitanti

della zona che con un flusso sempre maggiore abbandonarono le terre della Maremma. Furono gli Asburgo- Lorena nel XIX , in particolare Pietro Leopoldo, a porre fine a questa situazione, dando inizio alla bonifica della Maremma, dalle zone limitrofe a Cecina, fino ai confini dello stato pontificio. La bonifica prevedeva il deflusso delle acque melmose, attraverso nuovi canali di scolo, nelle aree paludose e successivamente filtrate. L'intervento di bonifica rese notevole l'incremento dell'attività agricola e lo sviluppo della zona. Il territorio fu letteralmente rinnovato e rivoluzionato, divenne ciò che conosciamo noi oggi, una terra solcata dagli aratri degli agricoltori e dagli zoccoli dei buoi. Un paesaggio ancora oggi immutato, dove i campi dorati rimangono i protagonisti induscussi del panorama, oggi, così come nelle pennellate energiche dei dipinti dei Macchiaioli.

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Il borgo

[...] buco questa tela, che era alla base di tutte le arti ed ho creato una dimensione infinita, l’idea è proprio quella lì, è una dimensione nuova corrispondente al cosmo. Il buco era appunto creare questo vuoto dentro di lì. [...] Io buco, passa l’infinito di lì, passa la luce, non c’è bisogno di dipingere. Tutti han creduto che io volessi distruggere: ma non è vero, io ho costruito, non distrutto, è lì la cosa. Che, dopo, io gli dia una strutturazione estetica, perchè il quadro sta bene così, è una ragione di gusto estetico. (L. Fontana, 1969) Le opere dell’artista Lucio Fontana mettono in discussione la bidimensionalità dello spazio pittorico. L’artista sfonda il confine dello spazio pittorico con gesti apparentemente di natura violenta ma che racchiudono nella loro durezza una ritrovata libertà. Taglia, incide e perfora. La bidimensionalità della tela è ormai perduta e la sua lacerazione, da ferita permanete, diventa fonte di vita e una nuova dimensione vi fluisce attraverso.

Il borgo si mostra a noi come un blocco lapideo impenetrabile, stagliandosi su una collina della Maremma Toscana. L’incedere del visitatore al suo interno diventa un’esperienza sensoriale, lo spazio intorno a lui si contrae e si dilata. I volumi che definiscono le possibilità spaziali del visitatore non nascondono la loro essenza, sono frutto di antichi saperi costruttivi. Il visitatore intraprende il suo viaggio all’interno del vuoto che il borgo gli offre, il corpo si confronta con il pieno del confine abitato, al suo interno il paesaggio circostante è celato. Come in Concetti spaziali di Lucio Fontana, in cui la bidimensionalità della tela si lacera per permettere ad una terza dimensione di attraversarla, così una fessura zenitale lascia scivolare un brandello di luce sulle antiche pietre che compongono il borgo, svelando allo sguardo del visitatore la terza dimensione, l’infinito. È la suggestione di una tela con le sue dimensioni, la sua trama, la sua campitura, aperta in un taglio che introduce un qualcosa che l’occhio nudo non misura.

L’infinito e il tangibile si toccano. È qui che un piccolo borgo isolato su un colle trova la sua condizione di assolutezza.

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Il limite

Il limite non è il punto in cui una cosa finisce, ma ciò da cui una cosa comincia, la sua essenza. (M. Heidegger, 1976) Fin dalle antiche civiltà l'uomo ha sentito il bisogno di definire dei limiti, questi non erano prettamente fisici ma erano il mezzo attraverso il quale si dava valore a ciò che vi era racchiuso. Nell'antica Grecia lo spazio sacro era circoscritto dal temenos, questo segno oltre a delimitare il luogo sacro divideva ciò che andava preservato e sacralizzato da ciò che era terreno. Il termine temenos deriva dal nome proprio del verbo 'tagliare', ovvero separare un nucleo in due parti distinte e autonome. La natura, nella sua assolutezza, ci pone dinnanzi a una serie di limiti, nella forma di corsi d'acqua, catene montuose e depressioni. Così come l'Architettura, essa traduce il concetto di limite inteso come demarcazione tra spazio incluso e spazio escluso, tra luoghi abitati e lande inabitate.

Il borgo fa sue queste caratteristiche: si spinge verso il luogo orograficamente dominante e si racchiude all'interno della cinta muraria. Le mura del borgo sono ciò che delimita il recinto, lo spazio chiuso che racchiude e protegge, limita difendendo e creando spazio. L'idea di borgo medievale si configura nell'immagine stessa del suo confine, architettonico e naturale ed è ciò da cui prende vita la sua essenza. Il limite cristallizza l'immagine del borgo in una dimensione atemporale, in cui finito e infinito si incontrano, e impedisce allo sguardo di comunicare con ciò che gli è negato.

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I progetti

pagina precedente Veduta dalla valle del fronte est di Magliano in Toscana

Inquadramento Da un'attenta analisi storica e morfologica emerge come il borgo di Magliano in Toscana sia lacerato da una ferita che si protrae da anni: il blocco lapideo, che in epoca aldobrandesca non lasciava penetrare i nemici al suo interno, resiste solo su un fianco del paese, quello rivolto a Sud-Ovest e che guarda il mare. La maestosità delle mura bagnate dal sole male si coniuga con ciò che è celato sul lato opposto; come una moneta antica Magliano eclissa una delle sue facce. Il fronte Nord-Est del borgo, avvolto tra le morbide colline maremmane, racconta di una maestosità svanita e di battaglie perse contro la furia della natura. L’antica cortina muraria, originariamente possente e compatta, nel corso dei secoli si è disgregata sotto i colpi delle maestranze locali. Le originarie fessure, mezzo attraverso il quale scorgere il nemico saraceno all’orizzonte, si sono rese tramite per illuminare l’interno delle abitazioni. Le tracce che le mura ci mostrano oggi raccontano guerre e storie di

vita. Il valore della cortina muraria si evoluto nei secoli insieme al borgo che racchiude, prima proteggendo, poi diventando contenitore di vita quotidiana. Le mura, seppur apparentemente immobili nel tempo, evolvono le loro funzioni, mettendosi a servizio del borgo e dei suoi abitanti. La cortina muraria nei tratti abitati è sopravvissuta ai colpi del tempo, nei restanti la forza incontrollabile della natura e l'incuria dell'uomo l'ha ridotta a stato di rovina. Il limite del borgo si disgrega insieme a esse. Mi chiedo cosa rimarrebbe di un borgo medievale se ciò che lo delimita e identifica, un giorno, perdesse la sua forza o scomparisse.

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Museo Archeologico

Principio insediativo Il borgo di Magliano in Toscana ricalca la forma del colle in cui ancora le sue fondazioni. Tre sono i punti in cui la sua cortina muraria varia drasticamente di direzione: due ai margini del fronte Ovest, in cui la maestosità dell'angolo è restituita da possenti bastioni circolari di epoca senese, uno a giunzione del fronte Nord con quello Sud. Quest'ultimo tiene insieme le due dimensioni del borgo: quella di rovina e quella di monumento. Il fronte Sud, di breve durata, è segnato dalla porta di San Giovanni e ha subito un restauro in epoca recente; quello Nord percorre longitudinalmente tutto il colle e versa in stato di abbandono. Oltrepassando l'angolo, la quota della strada varia drasticamente e il terreno perde di stabilità. E' in questa giunzione che sorge il nuovo Museo Archeologico della Civiltà Etrusca. Il nuovo edificio diventa basamento, si pone a sostegno del paese ricostruendone l'angolo. Il volume riprende le dimensioni delle abitazioni civili all'interno del borgo,

pur mantenendo un aspetto massivo: un blocco di cemento tagliato da una breccia. L'aspetto del volume ostenta il suo carattere basamentale nelle parti in cemento, ma crea, nelle porzioni in pietra, continuità materica con la cinta muraria, rispettandone il linguaggio. L'edificio si accosta al borgo, lo cinge, regolarizzando il tracciato delle sue mura. Si pone come estensione del limite, tra la civiltà e l'orizzonte.

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I percorsi Il progetto si pone, tra gli obbiettivi, quello di completare il percorso pedonale che corre attorno al paese, dal momento che attualmente si interrompe tra la porta di San Giovanni e quella di San Martino. Sul fronte Est il progetto interviene a scala urbana, tracciando un percorso carrabile e uno pedonale. Quest'ultimo, ad una quota intercetta l'ingresso storico al paese, in prossimità della porta di San Giovanni (0,00m), ad un'altra più bassa costeggia il crinale della collina, riallacciandosi al percorso esistente tramite la piazza del parcheggio. Il nuovo progetto si correda di un ulteriore percorso: un circuito pedonale che mette in relazione il carattere introspettivo del borgo, cinto dalle mura, con l'infinito dell'orizzonte. Il viale d'accesso al Museo, in prossimità della porta di San Giovanni, è segnato da una linea d'ombra che corre parallelamente alle mura, e si discosta da essa riprendendo la dimensione delle vie di Magliano. Come il cavaliere, dopo aver solcato il tracciato

cieco del borgo, ritrovava il paesaggio incorniciato dalla porta delle mura, così lo sguardo del visitatore sfocia nell'orizzonte dorato della Maremma al termine del viale d'accesso. Qui, un vuoto fra le mura storiche e l'edificio offre la possibilità di scorgere l'orizzonte nella sua interezza, salendo tramite una scala alla quota di copertura del museo (+4,00m). La Promenade Architecturale si sviluppa per tutta la lunghezza dell'edificio, protetta dall'ombra delle mura, e al suo termine prosegue all'interno del borgo. Il visitatore oltrepassa fisicamente le mura tramite un varco per ritrovarsi all'interno di una nuova piazza semi-pubblica. Da qui il circuito continua e riscende fino a tornare alla quota della porta di San Giovanni (0,00m). Il percorso sulle mura medievali, andato perduto nel corso del tempo, lascia spazio a una nuova possibilità. Il percorso perdonale che si sviluppa sulla copertura del Museo Archeologico permette di riacquistare la vista dei paesaggi della Maremma Toscana nella sua interezza.


quota +4,00 m piazza pubblica piazza semi-pubblica Edificio I terrazza panoramica Edificio II hall uffici sala riunioni servizi igenici

quota +0,00 m Edificio I viale di accesso semi-pubblico hall - biglietteria

quota -4,00 m Edificio I bookshop servizi igenici guardaroba sala espositiva temporanea sala espositiva permanente sala impianti

quota -8,00 m Edificio I servizi igenici sala espositiva permanente sala impianti servizi personale magazzino reperti

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pagina precedente sezione prospetto dalla valle

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pagina precedente sezione pianta piano -1

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L'architettura Il museo funziona tramite la scissione del volume architettonico in due blocchi, tenuti insieme da uno spazio centrale che distribuisce in pianta e in sezione. Dalla hall - biglietteria si scende nel bookshop, in cui uno spazio vetrato riconoscibile in prospetto accentua, tramite un arretramento sul fronte, la separazione dei due volumi e distribuisce alle sale museali: quella temporanea e quella permanente. Le suggestioni dell'architettura vernacolare Etrusca riecheggiano fin dall'ingresso, dove la scala calata in un pozzo di luce evoca la discesa nelle tombe a camera. Nel passaggio alla sala espositiva permanente lo spazio in sezione si dilata. L'elemento che caratterizza questa sala e sul quale si sviluppa la composizione degli spazi è l'arco, base fondamentale sulla quale poggia la storia dell'architettura, a partire dagli Etruschi. L'arco si adatta alla forma longitudinale del museo e conquista la terza

dimensione trasformandosi in volta. La luce, che nella tradizione di questa civiltà scava in profondità nel terreno, per arrivare fievole all'ingresso delle tombe, penetra dall'alto e sospende la volta, che galleggia nello spazio perdendosi, a sua volta, nell'ombra che abbraccia progressivamente le sue curve. Il contrasto tra luce e ombra è amplificato da una differenza materica che rende eterea la volta, sospendendola così come nello spazio, anche nel tempo. I muri portanti in cemento sabbiato, dorati per via degli inerti di tufo presenti nell'impasto, si distinguono dal bianco intonaco che ricopre la volta, alla quale basta la propria ombra per creare un gradiente costante. Lo sviluppo longitudinale del museo avviene su due livelli e contribuisce ampiamente a far emergere le differenze e i contrasti che caratterizzano lo spazio. Il piano superiore si materializza nel ballatoio, che ospita l'espositore per tutta la lunghezza della sala: è sospeso da un lato sul doppio volume e

ancorato dall'altro al sistema voltato. Il vuoto tra la parete sospesa e il muro perimetrale è colmato puntualmente dai reperti che hanno preso posto al suo interno, illuminati dall'alto. L'oscurità che caratterizza l'intradosso della volta è eccezionalmente interrotta da un episodio di luce: il percorso sul ballatoio si apre scavando nel muro sul paesaggio a Nord, e fa riflettere una luce morbida e diffusa sull'intonaco, permettendo al visitatore di recuperare momentaneamente il rapporto con il paesaggio. Il piano inferiore recupera la cromia del cemento sabbiato e vive lo spazio in tutta la sua estensione: le pareti perimetrali bagnate dalla luce zenitale accentuano il contrasto con l'oscurità della volta e definiscono il vuoto che accoglierà i reperti più grandi.

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pagina precedente sezione pianta piano -2

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01_solaio di copertura pavimentazione in pietra barriera impermeabilizzante massetto di pendenza isolante termico solaio in cls armato cassaforme a perdere trave alveolare in acciaio trattata - portante pioli Nelson connessi a tiranti in acciaio profili C in alluminio - struttura cartongesso isolante cartongesso intonacato 02_parete di chiusura verticale rivestimento in blocchi di tufo staffe di ancoraggio tra rivestimento e setto portante intercapedine di aria pannello per isolamento termico setto portante in calcestruzzo armato 03_parete controterra_lato strada guaina impermeabilizzante setto in calcestruzzo armato scannafosso 04_solaio controterra pavimentazione in resina massetto porta impianti isolante termico guaina impermeabilizzante getto in cls armato con rete elettrosaldata vespaio areato fondazione a platea magrone guaina impermeabilizzante setto in calcestruzzo armato pannello per isolamento termico barriera al vapore setto in calcestruzzo armato

05_solaio intermedio pavimentazione in resina lastre per sottopavimenti pannello in osb lamiera grecata travi IPE in acciaio - orditura secondaria travi HEB in acciaio - orditura primaria (collegata al tirante tramite piastra saldata) profilati L in acciaio - controvento isolante acustico controsoffitto in cartongesso 06_parete di partizione verticale pavimentazione in resina lastre per sottopavimenti pannello in osb lamiera grecata travi IPE in acciaio - orditura secondaria travi HEB in acciaio - orditura primaria (collegata al tirante tramite piastra saldata) profilati L in acciaio - controvento isolante acustico controsoffitto in cartongesso 07_parete controterra_lato paese getto di completamento in cls pannelllo per isolamento termico guaina impermeabilizzante diaframma in cls armato


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Tecniche costruttive La struttura dell'edificio si compone di setti portanti in calcestruzzo armato. Nel caso specifico della sala museale permanente, un sistema di travi alveolari in acciaio, dimensionate 300x600 mm, si ancora ai muri perimetrali in calcestruzzo armato, dimensionati rispettivamente 120 cm nella porzione controterra e 60 cm in quella rivolta verso la valle. Alle travi portanti, disposte con un interasse di 4,50 m l'una dall'altra, sono ancorati, tramite piastre e bullonature, i tiranti che sorreggono la struttura della volta e il ballatoio. I tiranti, a sezione rettangolare, insieme a una maglia di funi di controventamento e alle travi di bordo (appese all'estremità dei tiranti) creano una trama rigida su cui posizionare il telaio per il rivestimento in

cartongesso della volta. La struttura è puntualmente irrigidita anche da travi che corrono trasversalmente dal tirante al muro perimetrale, alla quota degli espositori. Anche la struttura metallica che costituisce il solaio del ballatoio si compone da una griglia fatta di travi principali, secondarie e profilati di controventamento in acciaio. Il solaio di copertura scarica il suo peso e i sovraccarichi sulle suddette travi, che a loro volta lo trasferiscono sui muri perimetrali fino in fondazione; questo è composto da un getto di calcestruzzo in cui sono annegate le travi portanti grazie all'utilizzo, durante il getto, di cassaformi a perdere. Posizionati all'interno del getto ritroviamo anche i pioli di tipo Nelson, utilizzati successivamente per l'ancoraggio della struttura in alluminio

nella porzione centrale della sala. I numerosi sopralluoghi e lo studio delle criticità dell'area, tramite le relative carte del piano regolatore regionale, hanno evidenziato un elevato rischio geomorfologico nella porzione di terreno interessata dal progetto. Il museo vuole porsi come mezzo attraverso il quale risolvere le problematiche relative alla morfologia del terreno così da prevenire eventuali frane future. Per rendere ciò possibile sono state studiate le fasi di progetto grazie alle quali l'edificio può essere posto a sostegno del borgo. La prima fase prevede l'ntervento di messa in sicurezza del crinale della collina col fine di ancorare il corpo franoso al terreno resistente. La fase successiva prevede l'intervento di messa in sicurezza del fronte


pagina precedente pianta strutturale in basso fasi costruttive

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nord del paese tramite l’utilizzo di diaframmi in calcestruzzo armato, distanziati dalle mura storiche con una fascia di rispetto di 1,50 m. Lo scavo avviene tramite idrofresa per scendere in profondità nel terreno in cui viene poi inserita la gabbia armata e gettato il calcestruzzo, creando un resistente setto dallo spessore di 1,20 m e largo max 2,50 m. I setti vengono collegati in sommità da una trave-cordolo, ancorati nel terreno tramite tiranti in acciaio e rifiniti con un getto di completamento in calcestruzzo. Lo scavo per la costruzione dell’edificio a questo punto può essere svolto in condizioni di totale sicurezza, grazie alla realizzazione dell’intervento precedente. La messa in sicurezza e consolidamento del terreno avviene anche nella porzione sottostante l’edificio, tramite pali del

diametro di 600 mm posizionati ogni 1,60 m, in modo da cucire la linea di frattura e fermare il fronte franoso. Gli interventi precedenti non hanno solo permesso la costruzione dell’edificio in condizioni di sicurezza, ma hanno anche limitato drasticamente la criticità geomorfologica che interessava l’area di progetto.

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Schema assonometrico struttura appesa trave alveolare in acciaio 300x600 mm tirante in acciaio a sezione rettangolare 100x150 mm funi di controventamento in acciaio di diametro 20 mm trave HEB in acciaio 200 mm


pagina precedente schema assononetrico strutturale in basso nodi tecnologici

nodo trave-tirante in sezione 1:50

nodo trave-tirante in pianta 1:50

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Centro civico

Principio insediativo Il progetto si confronta con l’emblema del borgo medievale, il suo limite, e tenta di dialogare con la gravitas dei suoi volumi. L’ambiguità del lotto, causata dalla persistenza di una piccola porzione di cinta muraria, in mezzo ad abitazioni che l’hanno col tempo sostituita, è infatti quella di estendere, per una profondità misurabile, lo spazio limite tra il borgo e ciò che sta fuori. L’assenza che caratterizza il lotto di progetto è essenza stessa del progetto architettonico . L’idea si concretizza nel muoversi e nel fermarsi secondo un percorso che cinge, scala, traguarda e guarda la terra su cui Magliano affonda i suoi blocchi di tufo. I percorsi Come nel Museo Archeologico, anche per il Centro Civico il sistema dei percorsi è una prerogativa fondamentale: l’occasione, che nasce dalla posizione e dalla funzione stessa che svolgerà l’edificio, è quella di diventare nuovo ingresso al paese. Partendo dal circuito che circonda il borgo, nel vuoto della Piazza adibita a parcheggio, il sistema di risalita permette di raggiungere il corso principale del paese, attraverso un taglio netto, che entra nel terreno.

Il salire scava la terra matrice del luogo: un ritmo di scale e gallerie, scandite da un blocco servizi centrale, introduce l’esperienza dell’ombra densa delle architetture medievali e degli spazi ipogei. Un’apertura rivolta verso la valle illumina l’ultima rampa, rivelando il rapporto dell’architettura cittadina al paesaggio, non più panorama ma soggetto da incorniciare. Così un percorso freddo, che trapassa l’edificio, permette di muoversi attraverso il limite del borgo, e di attraversarlo completamente; come per il museo, l’ingresso nell’architettura diventa solo una delle possibilità offerte dal sistema dei percorsi. Arrivando dal paese, una loggia, estensione del volume verticale, tesse con un doppio sguardo un rapporto tra prossimo e distante, per mezzo di una piccola apertura che oltrepassa l’edificio, e permette di mantenere il rapporto diretto con il paesaggio. L'architettura Il nuovo Centro Civico è generato dalle giaciture della preesistenza. Un vuoto si fa spazio nel sottosuolo a trovare i segni in cui si fondava la cinta muraria, mentre una cortina abitata prosegue il fronte stradale. L’esperienza motoria in quest’architettura riproduce l’istanza verticale della risalita dal parcheggio: dal livello del paese ci

si eleva per traguardare il paesaggio attraverso la geometria degli affacci e si scende, per vivere il solco di fondazione, in uno spazio voltato dove la struttura portante si ancora a terra tramite punti, amplificando la sensazione di scavo che nasconde lo spessore murario, mentre una luce radente sulle pareti perimetrali delimita lo spazio. Nel muoversi verso l’ipogeo una corte, definita dal vecchio limite, impone lo sguardo al cielo, e diviene supporto per le attività svolte nei laboratori del nuovo centro civico. Al livello più basso l’assetto dell’edificio è interrotto dagli ambienti dedicati ad esposizioni e conferenze, in particolare atti alla valorizzazione del territorio della Maremma. La scelta materica, in continuità con quella del museo, si fa guidare dalle diverse quote messe in comunicazione dall’edificio: il basamento in cemento armato, infatti, si palesa solo sotto la quota del paese.

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quota + 10,20 m uffici 09_servizi igenici dipendenti

quota + 6,60 m emeroteca magazzino terrazza panoramica

quota + 3,00 m quota paese info point servizi igenici sistema di risalita sala impianti

quota -0,60 m servizi igenici sistema di risalita sala impianti laboratorio di ricerca spazio polifunzionale magazzino

quota -6,60 m quota parcheggio servizi igenici sistema di risalita spazio dedicato al parco della maremma sala proiezioni

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pagina precedente prospetto da Via Garibaldi pianta piano di accesso al paese

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in basso sezione longitudinale

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pagina precedente sezione trasversale pianta piano -1 pianta piano-2

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01_solaio di copertura massetto di pendenza guaina impermeabilizzante isolante termico solaio in cls armato alleggerito controsoffitto per impianti 02_parete di chiusura verticale rivestimento in blocchi di tufo staffe di ancoraggio tra rivestimento e setto portante intercapedine di aria pannello per isolamento termico setto portante in calcestruzzo armato intonaco 03_solaio intermedio pavimentazione in resina solaio in cls armato alleggerito controsoffitto per impianti 04_solaio voltato massetto di pendenza guaina impermeabilizzante isolante termico riempimento in argilla espansa solaio in cls armato 05_solaio controterra pavimentazione in resina massetto porta impianti isolante termico guaina impermeabilizzante getto in cls armato con rete elettrosaldata vespaio areato fondazione a platea 06_infisso infisso in alluminio vetrocamera soglia in tufo


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L’architettura è raramente concilian-

è stato sia spunto per costruire, sia

cora che dal richiamo dell’architettu-

te. È sovente frutto di con- flitti pro-

allo stesso tempo valore naturalisti-

ra Etrusco-Romana e dalla voglia di

fondi, di ferite, di lacerazioni. Diven-

co da non intaccare. Le architetture

confrontarmi con un contesto tan-

to alquanto diffidente quando essa

che ho pensato e progettato, sotto la

to evocativo. L’approccio strutturale

pretende di apparire come attento

presente e attenta guida del prof. Ar-

suggerito dal prof. Cardinale, deter-

ascolto e interpreta- zio- ne di un si-

rigoni F., erano coscienti, prima anco-

minante per la messa in opera del-

to. L’Architettura va giù dura, e il si-

ra di nascere, di doversi calare all’in-

le costruzioni, si compone di fatto di

to non ha nessun desi- derio di es-

terno di un contesto cristallizzato.

un intervento invasivo e oneroso. La

sere occupato dall’architettura. I siti

Le condizioni drammatiche in cui le

scelta di questi mezzi, però, è total-

stanno bene così come stanno. L’Ar-

mura rivolte a Nord versano hanno

mente subordinata a quelle che sono

chitettura tuttavia, una volta che

avuto il compito di indicare, con pre-

le esigenze di un antico reperto sto-

tutto è concluso, opera il mira- co-

cisione assoluta, quale fosse il luogo

rico, destinato, forse, a scomparire.

lo di offrirci di quel sito un’immagi-

giusto per costruire. Durante l’ulti-

ne inimmaginabile senza la pre- sen-

mo sopralluogo effettuato, ho potu-

za di quell’intervento, sempre che

to constatare come la situazione del

quell’intervento abbia sa- puto con

terreno, sul quale insiste il fianco del

capacità espressiva interpretare

paese, sia in continuo e irrefrenabile

quell’azione di contrasto.

peggioramento.

(F. Venezia, 1988)

La frana, che ha portato a una quota ben più bassa dell’originale por-

La frase, ripresa dagli scritti di Vene-

zioni di mura in rovina, trascina con

zia, ritorna e accompagna le rifles-

se anche le abitazioni, e ciò che resta

sioni sul percorso progettuale.

della cinta. L’intervento architettoni-

Il paesaggio tra le colline che offre il

co, dunque, nasce da una vera e pro-

fronte Nord di Magliano in Toscana

pria necessità strutturale, prima an-

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Indice

Presentazione Fabrizio F.V. Arrigoni

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Abstact

7

Tra storia e morfologia

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Il Borgo

17

Il Limite

19

I progetti

21

Museo Archeologico

25

Centro Civico

47

Bibliografia

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Finito di stampare per conto di didapress Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze Luglio 2023



Un morbido colle coronato da un blocco lapideo a disegnare la mutevole linea fra terra e cielo. Il Borgo di Magliano in Toscana si erge solido e immobile verso il mare, evitando di rivelare le sue fragilità protette dai colli, pietra che si sgretola. I due progetti sviluppati in questa tesi di laurea si confrontano con l’emblema del borgo medievale, il suo limite, e tentano di dialogare con la gravitas dei suoi volumi. Nel primo caso il completamento non nega l’assenza che ha generato la possibilità di progetto, ma ne vuole cogliere l’eloquenza, traducendola in principio generativo della nuova architettura. Nell’altro è la precaria stabilità delle mura medievali a determinare l’idea del progetto stesso, che si pone come contrafforte al paese e ne definisce un nuovo limite. Tecla Nencini, Firenze, 1993, architetto. Si forma presso la Scuola di Architettura dell’Università di Firenze laureandosi nel 2021 con il professore Fabrizio F. V. Arrigoni discutendo la tesi presentata in questa pubblicazione. Nello stesso anno consegue l’abilitazione alla professione e inizia la sua esperienza, prima in Italia e poi in Germania.

ISBN 978-88-3338-198-5


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