Il Palazzo Bourbon del Monte di Piancastagnaio | Luca Pammolli

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Il Palazzo Bourbon del Monte di Piancastagnaio Storia, Disegno e Progetto


La collana Ricerche di architettura, restauro, paesaggio, design, città e territorio, ha l’obiettivo di diffondere i risultati della ricerca in architettura, restauro, paesaggio, design, città e territorio, condotta a livello nazionale e internazionale. Ogni volume è soggetto ad una procedura di accettazione e valutazione qualitativa basata sul giudizio tra pari affidata al Comitato Scientifico Editoriale del Dipartimento di Architettura ed al Consiglio editoriale della Firenze University Press. Tutte le pubblicazioni sono inoltre open access sul Web, favorendone non solo la diffusione ma anche una valutazione aperta a tutta la comunità scientifica internazionale. Il Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze e la Firenze University Press promuovono e sostengono questa collana per offrire il loro contributo alla ricerca internazionale sul progetto sia sul piano teorico-critico che operativo.

The Research on architecture, restoration, landscape, design, the city and the territory series of scientific publications has the purpose of divulging the results of national and international research carried out on architecture, restoration, landscape, design, the city and the territory. The volumes are subject to a qualitative process of acceptance and evaluation based on peer review, which is entrusted to the Scientific Publications Committee of the Department of Architecture (DIDA) and to the Editorial Board of Firenze University Press. Furthermore, all publications are available on an open-access basis on the Internet, which not only favors their diffusion, but also fosters an effective evaluation from the entire international scientific community. The Department of Architecture of the University of Florence and the Firenze University Press promote and support this series in order to offer a useful contribution to international research on architectural design, both at the theoretico-critical and operative levels.


ricerche | architettura design territorio


Coordinatore | Scientific coordinator Saverio Mecca | Università degli Studi di Firenze, Italy Comitato scientifico | Editorial board Elisabetta Benelli | Università degli Studi di Firenze, Italy; Marta Berni | Università degli Studi di Firenze, Italy; Stefano Bertocci | Università degli Studi di Firenze, Italy; Antonio Borri | Università di Perugia, Italy; Molly Bourne | Syracuse University, USA; Andrea Campioli | Politecnico di Milano, Italy; Miquel Casals Casanova | Universitat Politécnica de Catalunya, Spain; Marguerite Crawford | University of California at Berkeley, USA; Rosa De Marco | ENSA Paris-La-Villette, France; Fabrizio Gai | Istituto Universitario di Architettura di Venezia, Italy; Javier Gallego Roja | Universidad de Granada, Spain; Giulio Giovannoni | Università degli Studi di Firenze, Italy; Robert Levy| Ben-Gurion University of the Negev, Israel; Fabio Lucchesi | Università degli Studi di Firenze, Italy; Pietro Matracchi | Università degli Studi di Firenze, Italy; Saverio Mecca | Università degli Studi di Firenze, Italy; Camilla Mileto | Universidad Politecnica de Valencia, Spain | Bernhard Mueller | Leibniz Institut Ecological and Regional Development, Dresden, Germany; Libby Porter | Monash University in Melbourne, Australia; Rosa Povedano Ferré | Universitat de Barcelona, Spain; Pablo Rodriguez-Navarro | Universidad Politecnica de Valencia, Spain; Luisa Rovero | Università degli Studi di Firenze, Italy; José-Carlos Salcedo Hernàndez | Universidad de Extremadura, Spain; Marco Tanganelli | Università degli Studi di Firenze, Italy; Maria Chiara Torricelli | Università degli Studi di Firenze, Italy; Ulisse Tramonti | Università degli Studi di Firenze, Italy; Andrea Vallicelli | Università di Pescara, Italy; Corinna Vasič | Università degli Studi di Firenze, Italy; Joan Lluis Zamora i Mestre | Universitat Politécnica de Catalunya, Spain; Mariella Zoppi | Università degli Studi di Firenze, Italy


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Il Palazzo Bourbon del Monte di Piancastagnaio Storia, Disegno e Progetto


Il presente lavoro è il risultato dell’accordo di collaborazione scientifica tra l’Amministrazione del Comune di Piancastagnaio (SI) e la Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio dell’Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di Architettura DIDA, finalizzata alla conoscenza storica del Palazzo Bourbon del Monte, nonché all’elaborazione di rilievi diretti ed indiretti, alla redazione delle attività d’indagine conoscitive e alla definizione delle linee guida per il restauro architettonico del complesso storico-artistico. I contenuti del presente volume rappresentano una sintesi dell’attività di ricerca coordinata in qualità di Responsabile Scientifico dal Direttore della Scuola di Specializzazione Professore Ordinario e Architetto Maurizio De Vita. La pubblicazione è stata oggetto di una procedura di accettazione e valutazione qualitativa basata sul giudizio tra pari affidata dal Comitato Scientifico del Dipartimento DIDA con il sistema di blind review. Tutte le pubblicazioni del Dipartimento di Architettura DIDA sono open access sul web, favorendo una valutazione effettiva aperta a tutta la comunità scientifica internazionale. Un sincero ringraziamento ai proprietari degli Archivi Privati, ai Funzionari degli Archivi di Stato e delle Soprintendenze sia Archivistiche che Archeologiche, Belle Arti e Paesaggio. Un ringraziamento anche all’Amministrazione di Piancastagnaio e al Professore Maurizio De Vita che mi ha seguito e guidato con disponibilità durante questo percorso. Le immagini, dove non indicato diversamente, sono dell’autore.

in copertina Portali est e sud del Palazzo Bourbon del Monte di Piancastagnaio. Rilievo indiretto e disegno dell’autore, anno 2018.

progetto grafico

didacommunicationlab Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze Susanna Cerri Federica Giulivo

didapress Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze via della Mattonaia, 8 Firenze 50121 © 2019 ISBN 978-88-3338-059-9

Stampato su carta di pura cellulosa Fedrigoni Arcoset


indice

Prefazione Maurizio De Vita

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Gli studi storici Piancastagnaio e la famiglia marchionale Da nucleo medievale a marchesato La famiglia marchionale Giovanni Battista Bourbon del Monte Albero genealogico dei marchesi di Piancastagnaio

11 13 13 15 17 19

Il Palazzo Bourbon del Monte Santa Maria La composizione architettonica La costruzione del palazzo e i primi anni del Seicento Il Settecento e l’Ottocento: l’utilizzo e l’alienazione Il Novecento: il degrado e la dichiarazione di inagibilità Appendice documentaria

23 23 25 29 31 35

Proposta di Attribuzione Valentino Martelli Francesco Maria Bourbon del Monte Jacopo Barozzi da Vignola Giacomo Della Porta Conclusioni

55 57 61 65 70 76

Linee guida per la valorizzazione Lo stato dei luoghi e le indagini per la conoscenza Le indagini geologiche Le indagini ingegneristiche Elenco degli interventi realizzati

81 83 83 85 86

Gli studi attuali: dal rilievo al progetto Il rilievo integrato: tecniche, risultati e obiettivi Le indagini architettoniche: metodi, criteri e strumenti Principi, tecniche e sostenibilità del progetto di restauro Indirizzi progettuali e opere di somma urgenza

89 90 91 91 96

Elaborati grafici Inquadramento territoriale Il rilievo integrato Individuazione del degrado e dei dissesti Progetto per la nuova destinazione

99 100 102 122 130

Bibliografia 139



Il Palazzo Bourbon del Monte di Piancastagnaio Storia, Disegno e Progetto

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prefazione Maurizio de Vita

Università degli Studi di Firenze

Palazzo Bourbon del Monte a Piancastagnaio: un presidio nobiliare monumentale di territori vasti e di principi architettonici della classicità Non è sempre facile collegare fra loro le molteplici ragioni e relazioni che sono alla base della nascita di un edificio di interesse storico-artistico, anche se questo ha le caratteristiche del complesso monumentale fortemente riconoscibile nel paesaggio urbano e nel territorio di intorno per dati dimensionali, per imponenza e forza stilistica, per condivisa consapevolezza della sua importante collocazione nella Storia. Il Palazzo Bourbon del Monte in Piancastagnaio incarna in pieno la complessità delle relazioni e delle motivazioni che ne hanno determinato la nascita e la permanenza nel territorio amiatino che in questo straordinario monumento può leggere non solo la sua consacrazione a territorio di eccellenza dal punto di vista storico e paesaggistico ma anche il suo essere stato determinante luogo strategico tanto per la formazione e difesa di relazioni politiche di grandissimo interesse nella Toscana del XVI secolo quanto per essere stati messi in opera, proprio qui, principi e formule architettoniche di primissimo piano di quel secolo, consacrate quali riferimenti indiscussi della classicità a livello mondiale. Cercando le ragioni della genesi di questo palazzo si incontrano alleanze politiche e famigliari che hanno determinato vicende epocali dei rapporti fra Papato e Granducato e dell’esercizio del potere nel tardo Rinascimento ma anche composizioni e stilemi architettonici che rimandano a quella scuola michelangiolesca che poi pervade il Lazio, la Toscana, l’Emilia, l’Umbria e tanta parte dell’Italia quale ricerca colta e raffinatissima su masse, proporzioni, gerarchie dimensionali e formali che rappresenta uno dei momenti più alti del valore compositivo dell’architettura dell’era moderna. Il ‘progetto della conoscenza’ del Palazzo rimette in gioco notizie edite ed inedite sulla sua genesi e sulle ragioni della sua presenza nel territorio amiatino incrociando la ricerca sulle fonti indirette (bibliografiche ed archivistiche) con i caratteri costruttivi dell’edificio e le sue analogie con fabbriche coeve, con le relazioni del manufatto con la morfologia del sito in cui sorge, con la storia e la materia generate dalle sue trasformazioni. Ancora: la ricerca indaga i dati dimensionali del palazzo Bourbon del Monte e le relazioni fra le misure, la natura specifica dei materiali e di ogni sua parte, di questi lo stato di conservazione, le forme di degrado ed i dissesti che purtroppo appaiono evidenti.

pagina a fronte Fig. 1 Elmo dell’armatura del primo marchese di Piancastagnaio Giovanni Battista Bourbon del Monte. Materiali: acciaio, legno, oro, ottone e tessile. Fonte: THE MET, Metropolitan Museum of Art di New York.


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L’assoluta correttezza di metodo che tale processo conoscitivo evidenzia e qui viene riportato apre, come ogni ricerca scientifica può e deve fare, ad ipotesi fondate quanto suggestive tanto relativamente alla effettiva paternità del progetto originario quanto alle potenzialità della fabbrica in vista di una sua reimmissione nella quotidianità, di una sua ‘valorizzazione’ che sia vera e potente azione culturale di riconoscimento della storia dei luoghi, racconto meticoloso del loro passato ed impegno tecnico e scientifico per il loro futuro. Appare dunque non solo legittimo ma direi anche necessario riconsiderare l’orizzonte di riferimento della cultura architettonica che determinò la presenza del Palazzo Bourbon del Monte in Piancastagnaio rileggendo le opere di Jacopo Barozzi da Vignola, di Giacomo della Porta, della scuola michelangiolesca già richiamata. È altrettanto legittimo, come questa ricerca e questo volume indicano e spiegano, cercare negli spazi e negli ambienti del palazzo una vita collettiva da coniugare al futuro per creare quella consapevolezza culturale che si nutre e dovrà nutrirsi della storia del territorio attraverso i modi e le tecniche della conservazione.


titolo saggio • nome cognome

Gli studi storici


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piancastagnaio

Da nucleo medievale a marchesato Il massiccio montuoso del Monte Amiata (1732 metri s.l.m.) si trova nella zona sud della Toscana, fra la Val d’Orcia e la Maremma, tra le province di Siena e Grosseto. La montagna è di origine vulcanica e nelle immediate vicinanze si trovano le note stazioni termali di Bagno Vignoni, San Casciano dei Bagni, Saturnia e Bagni di San Filippo. Essa oltre a rappresentare un importante bacino idrografico (sono infatti presenti le sorgenti dei fiumi Fiora, Paglia e Albegna) è ricoperta da boschi ed abitata da molte specie animali, questa disponibilità di risorse ne fece un’attrattiva fin dai tempi degli Etruschi. Proprio nel territorio di Piancastagnaio sono stati documentati i ritrovamenti di reperti archeologici che fanno supporre la trascorsa presenza di un centro abitato etrusco nella zona (figg. 2, 3). A mezza costa del Monte Amiata a circa 800 metri s.l.m. nel versante orientale della montagna si trovano i Comuni di Piancastagnaio, Abbadia San Salvatore e Vivo d’Orcia (SI), mentre nel versante opposto sorgono i Comuni di Santa Fiora, Arcidosso e Castel del Piano (GR). Piancastagnaio è situato sul versante sud-est dove enormi massi di trachite (il peperino locale) originati dalle colate laviche formano due scogliere che incontrandosi danno origine a una ‘V’, nel cui vertice orientato a sud sorge la Pieve di Santa Maria de Cuntaria. Proprio nel lembo di terra compreso tra i due Comuni di Abbadia San Salvatore e Santa Fiora, rispettivamente a 5 km a est e 10 Km a ovest, si trova il pianoro dove sorgono maestosi castagni dai quali il centro abitato prende il nome1. Della presenza di Piano, così chiamato nelle scritture ed ancora oggi dai suoi abitanti, si ha notizia già a partire dall’anno 890 d.C. grazie a un ‘istrumento pubblico’ per l’affitto di case e terre del paese che venne registrato in Chiusi il 27 Agosto dello stesso anno e oggi custodito nell’archivio diplomatico con il nome di ‘Villa di Piano’. Per la prima volta nel 1212 si trova la denominazione di ‘Pian Castagnajo’ per indicare il luogo di un trasferimento immobiliare nell’atto rogato dal notaio Leonardo di Giovanni nel claustro di Badia San Salvatore e uno dell’8 Giugno 1233 riporta la stessa denominazione per identificare un “Castagneto fuori le Porte di Pian Castagnajo”2. La comunità fu contesa fin dal 1108 tra la casata degli Aldobrandeschi di Sovana e l’abati del vicino monastero di Badia, a testimonianza di ciò vi è un documento che riporta: “la contessa ed i suoi figli promisero all’abate stesso di non contendergli, il padronato delle chiese di S. Martino nella Villa di 1 2

Repetti E. 1841, Dizionario geografico, fisico e storico della Toscana, Firenze, pp. 164-174. Ivi, p. 165.

pagina a fronte Fig. 1 Fotografia aerea del centro storico di Piancastagnaio da nord-est. Dipartimento di Scienze della Terra Università di Firenze, anno 2012.


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Fig. 2 Estratto del Telegramma di Stato dal quale si evince il ritrovamento di reperti di civiltà etrusca, pagina 1 di 2. Fonte: Archivio SABAP, Amministrativo (inedito).

Piano”. Alla disputa per il centro abitato che si protrasse per tutto il ‘200 si aggiunse anche la famiglia Visconti di Campiglia d’Orcia. Questa causa arrivò presso la Curia di Roma al Pontefice Bonifazio VIII e suo nipote conte palatino in Toscana, i quali con ‘istrumento pubblico’ stesero nel 1314 le condizioni a favore della Contea aldobrandesca a sfavore delle altre due parti. In seguito grazie alla sentenza del 4 Ottobre 1381 si pose ufficialmente fine alla contesa ormai da tempo giunta nelle sedi giurisdizionali3. In realtà i cittadini di Piancastagnaio già dal 1360 si erano messi sotto l’accomandigia della Repubblica di Siena, come risulta dalle capitolazioni e dallo Statuto comunale sigillate nel 1415, un anno dopo che il castello fu tolto al conte Bertolo Orsini grazie all’aiuto della Repubblica di Siena stessa4. Il Comune di ‘Pian Castagnajo’ e i suoi abitanti rimasero costantemente sudditi di Siena fino alla caduta della Repubblica di Montalcino per mano del duca di Firenze Cosimo de’ Medici. Da quel momento tutti i territori sotto il dominio senese compreso Piancastagnaio entrarono a far parte del Granducato di Toscana con atto pubblico del 20 Agosto 15595. L’antico Stato di Siena era diviso in feudi, tra i quali quelli che all’atto della conquista di Siena da parte del duca di Firenze avevano una relativa autonomia e indipendenza dalla stessa Repubblica senese come: Vescovado dei Vescovi di Siena, Castellottieri della famiglia Ottieri, la Contea di Pitigliano degli Orsini e la Contea di S. Fiora antico feudo degli Aldobrandeschi passato per eredità agli Sforza. Cosimo I de’ Medici lasciò i privilegi a queste antiche nobiltà poste ai confini del territorio permettendo loro una certa libertà, ma inglobandoli nell’orbita politica del Granducato. Proprio in questo contesto nel 1601 Piancastagnaio venne concesso in feudo dal granduca Ferdinando I de’ Medici al generale Giovanni Battista (1541-1614) chiamato

Ivi, pp. 165-169. Si veda, a proposito della storia del centro abitato di Piancastagnaio, Dani A. Ascheri M. (a cura di) 1996. Il Comune medievale di Piancastagnaio e i suoi Statuti, il Leccio, Monteriggioni; Sani G. 2004, Il Seicento pianese, Ceccarelli, Grotte di Castro e Id. 2005, Il Settecento Pianese, Effigi, Arcidosso. 5 E. Repetti, op. cit., p. 169. 3 4


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Fig. 3 Estratto del Telegramma di Stato dal quale si evince il ritrovamento di reperti di civiltà etrusca, pagina 2 di 2. Fonte: Archivio SABAP, Amministrativo (inedito).

il Battistone6, sesto marchese reggente della famiglia dei Bourbon del Monte di Santa Maria. L’investitura comunale fu riconosciuta l’anno successivo (1602), quando il generale Giovanni Battista divenne a tutti gli effetti primo marchese di Piancastagnaio (fig. 5)7. In quegli anni per volere dello stesso marchese iniziò nel centro storico di Piano la costruzione di un imponente palazzo destinato a se stesso e ai discendenti primogeniti appartenenti al ramo fiorentino della famiglia. La struttura portante del manufatto fu realizzata in muratura di peperino (trachite) proveniente dalle Cave del Crocifisso presenti nello stesso territorio, di origine vulcanica di colore grigio scuro con macchie di colore diversificato grazie alla presenza di quarziti, cristalli di pirosseno, mica, elementi di piombo e di feldspato verdastro, di uniforme durezza, idonea a essere lavorata e impiegata in campo architettonico8. Gli orizzontamenti sono costituiti da sistemi a volte realizzati in mattoni di laterizio cotto, mentre quelli di minore importanza e dimensione sono affidati all’orditura primaria e secondaria in travi in legno di castagno locale. La famiglia marchionale I Bourbon del Monte sono stati un’importante famiglia nobiliare italiana: i documenti ne riportano l’esistenza fin dal Medioevo a partire dal 801 d.C., quando ad Arimberto Bourbon del Monte, mentre accompagnava Carlo Magno in Italia, venne concesso il titolo di marchese di Toscana e il vicariato imperiale di Arezzo e Città di Castello. Nel corso dei secoli la famiglia si suddivise in vari rami tra cui Santa Maria, Sorbello, Ancona e Città di Castello9. I Santa Maria furono legati tramite matrimonio con Si veda, a proposito dell’Investitura a marchesato la copia presente presso, BCS, A III 4, A III 11 ed altra presso ASFi, Diplomatico della Branca della famiglia dei Del Monte. 7 ASPi, Libro delle Memorie 1600-1606, n. 9, cc. 44-52. 8 E. Repetti, op. cit., pp. 173-175. 9 Si veda, a proposito della storia e la genealogia della famiglia fin dalle sue origini, ASFi, Fondo Bourbon del Monte, Sommario cronologico-genealogico di documenti che riguardano ciascun nome dei Marchesi del Monte Santa Maria o processo di prove 6

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Fig. 4 Carta del Catasto leopoldino della Comunità di Piancastagnaio finita nella restituzione il 16 Dicembre 1825, ASSi, Catasto Storico.

Fig. 5 Carta dei confini territoriali del marchesato di Piancastagnaio stilata nell’anno 1601, firmata dal primo marchese e dai sovrani delle vicine contee e comunità di Santa Fiora, San Casciano dei Bagni, Abbadia San Salvatore e Castell’Azzara, riproduzione del 1775. ASFi, miscellanea di Piante, n. antica 248 (inedito).


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alcune delle famiglie più importanti della nobiltà italiana, quali i Vitelli, i Baldeschi e i Bardi ed avevano il dominio di molte terre del centro Italia comprese in un area tra Pisa, Firenze, Ancona, Perugia, Orvieto e Roma10. Ultima erede della linea di sangue dei Santa Maria di Firenze fu Stefania del Monte sposata con il principe Boncompagni Ludovisi deceduta nel 198411. A oggi parte del fondo archivistico riguardante il marchesato dei Del Monte di Piancastagnaio si trova presso l’Archivio Privato della famiglia Boncompagni Ludovisi a Umbertide (PG) e nella Tenuta di Capezzana a Prato (FI). Quest’ultima divenuta proprietà dei Del Monte a seguito del matrimonio nel 1734 tra Maria Maddalena di Domenico Cantucci, proprietaria della Tenuta, e Giovanni Battista Andrea sesto marchese di Piano. In seguito, la Tenuta di Capezzana fu acquistata nei primi anni del Novecento da Camillo Contini, poi Contini Bonacossi12. Giovanni Battista Bourbon del Monte Nasce da Bartolomeo del Monte e Pantasilea Vitelli il 24 Aprile 1541 e venne all’età di tredici anni avviato alla carriera militare. Così ne descrive le gesta Eugenio Gamurrini nel 1668: Cominciò da giovenetto ad applicarsi alle armi così inuitto e con spiriti così generosi, che per il suo gran valore e lunga esperienza di guerra, divenne così famoso, e chiaro nell’arte militare, che meritatamente fu ne’ suoi tempi tenuto, e stimato uno de’ più principali Capitani non solo d’Italia, ma di tutta l’Europa; […] ed ingrandì la sua Casa con segnalati onori e ricchezze opulenti via più d’ogni altro personaggio del suo sangue […].

Molte sono le pagine scritte su questo illustre condottiero13; continua il Gamurrini da giovenetto praticò la guerra sotto la condotta del sig. Chiappino Vitelli suo zio, in Corsica; e nella guerra di Siena servì il medesimo d’Alfiere in una compagnia di cavalli; […] nella guerra fra Parma e Ferrara andò con la medesima compagnia di cavalli d’ordine del granduca Cosimo, dove nella fazione, che si fece a Rivalta fu il primo ad attaccare l’inimico, ed acquistò molta gloria, e riputazione. Si portò poi in Spagna con il Gran Duca Francesco quando era Principe. […] Ebbe da Papa Pio V la carica di Capitano della guardia di lance di Sua Santità in Roma; e dal medesimo Papa Pio gli furono dati 400 archibugieri a cavallo per andare contro il Turco, quando sbarcò a Lanciano. Fu in quell’occasione Governatore di Fermo col Comando della giustificanti la discendenza retta e tutte le linee… di detta famiglia, Firenze, Parte I, n. 64 cc. 1-173 e per approfondimenti, Gamurrini E. 1668, Istoria genealogica delle famiglie nobili toscane, et umbre, Vol. I, Stamperia di Francesco Onofri in Fiorenza; si veda inoltre, per dettagli e riscontri a proposito della famiglia, Sansovino F. 1670, I Signori Marchesi del Monte, in Id., Origine e Fatti delle Famiglie Illustri d’Italia, Licenza de Superiori presso Combi in Venetia, pp. 403- 411. 10 Si veda, a proposito di studi sui vari rami e branche della famiglia, ASFi, Fondo Bourbon del Monte, Sbozzi di memorie genealogiche della famiglia, di Firenze, Città di castello, Roma, Petrella, Sorbello, Lippiano e Ancona; studi Araldici e genealogia Bourbon del Monte, sec. XVII-XVIII, n. 12. 11 Si veda, per la copia fotostatica dell’Inventario dell’Archivio redatto da Roberto Bongi nel 1921 in Firenze sul precedente redatto da Gaetano Paoletti nel 1808, ASPe, Archivio Arimberto Bourbon del Monte 1355-1917. 12 AP Contini Bonacossi, Fondo della famiglia Bourbon del Monte marchesi di Piancastagnaio, “Carte appartenenti ad Andrea Bourbon del Monte 1752-XIX sec”. Si veda inoltre, a proposito della storia dei Santa Maria del ramo di Firenze oltre a quanto già riportato alle note esplicative 9 e 10, ASFi, Fondo Bourbon del Monte, Sommario… aggiunta con copie di documenti, Parte III, cc 1-1020 n. 66 e Sommario cronologico-genealogico …processo di prove e d’autorità, Parte I, n. 67. 13 Si veda, per riscontri e date in riferimento a quanto riportato dal Gamurrini, ASFi, Fondo Famiglia Bourbon del Monte, “Lettere, Diplomi, Investiture e Patenti” inviate e consessi dal re di Spagna, dai doge di Venezia, dai pontefici e dai granduchi di Firenze, nn. 66, 64. Altri sono gli autori che hanno dedicato pagine al gen. Marchese Giovanni Battista, tra i quali, Bosi, Angelucci e Crispolti.

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Fanteria, e Cavalleria. Fu in oltre venturiero alle guerre in Francia. Nel principio, che cominciarono le guerre in Fiandra che fu l’anno 1557 ebbe spedizione dal Re di Spagna di 200 lance, con la qual compagnia in Fiandra fece bellissime, ed importantissime fazioni […]14.

Fig. 6 Disegno ad acquarello di A. Ruggieri. Archivio BNCF, pal. c.b. 4.80.

A partire dal 1585 fino alla sua morte egli svolse il ruolo di Generale delle Fanterie presso la Repubblica di Venezia, durante questo periodo dallo stesso doge ebbe l’incarico di ‘sorvegliare i Castelli delle sue terre’, tra gli altri progetti ebbe modo di seguire quello di Palmanova, dove in suo onore uno dei nove bastioni della fortezza venne nominato ‘Baluardo del Monte’, il quale ancora oggi ne porta il nome. Giovanni Battista morì nel 1614 e il suo funerale venne celebrato e descritto al tempo come di seguito colmo di gloria nel 1614 abbondonò questa vita, il secondo giorno di Ottobre, nel quale successe in dett’anno l’eclisse del piccolo Sole. Il suo cadavero da Padova ove morì fu trasportato al Monte S. Maria ne’ sepolcri de’ suoi antenati; dove da Francesco suo fratello generale del Gran Duca gli fu fatto celebrare un superbissimo, e regio funerale, quale in vero si conveniva a così glorioso campione, si come fece in Padova la famosa, e nobilissima Accademia de’ Delj, di cui egli era Principe, e Padre15.

E. Gamurrini 1668, op. cit., pp.180-183 e sempre in riferimento al marchese di Piancastagnaio, F. Sansovino, op. cit. pp. 409410. 15 E. Gamurrini 1668, op. cit., p. 183 14


piancastagnaio

Albero genealogico dei Marchesi di Piancastagnaio16 1° Marchese di Piancastagnaio, investitura del 1601. Giovanni Battista detto ‘Battistone’ 1541-1614, 6° Marchese Reggente del Monte Santa Maria dal 1607, Capitano di cavalleria spagnola, Governatore di Fermo, Capitano delle guardie papali, comandante di cavalleria francese nel 1568, componente del Consiglio segreto di Milano nel 1584, Capitano Generale di fanteria veneziana. Figlio di Bartolomeo 1529-1588 e Pantasilea Vitelli. 2° Marchese di Piancastagnaio, investitura del 1609. Bartolomeo 1593-1650 = Fulvia Salviati figlia di Francesco Salviati Signore di Grotta Marozza e Renata Pico dei Principi della Mirandola. Capitano di cavalleggeri toscani nel 1615, Governatore di Livorno nel 1621, Ambasciatore toscano a Vienna nel 1617 e 1637. Figlio di Francesco del Monte Santa Maria di Firenze, fratello del ‘Battistone’, deceduto nell’anno 1622 in Piancastagnaio, Marchese di Monte Santa Maria, comandante di fanteria francese nel 1579, comandante di cavalleggeri nel 1583, Generale di fanteria toscana nel 1604, ambasciatore toscano a Roma. Figli: Giovanni Battista 1614-infante; Renata; Caterina (= Marchese Francesco Coppoli); Pentesilea; Giovanni Battista 1621-1685 Marchese di Santa Maria e 3° di Piancastagnaio; Minerva (= Conte Lotario Ottieri, Patrizio di Siena). 3° Marchese di Piancastagnaio, investitura ed in carica dal 1646. Giovanni Battista 1621-1685 = Marietta Corsini (I moglie dal 1639), figlia del Marchese Filippo Corsini e Giovanna dei Marchesi del Monte Santa Maria (II Moglie dal 1645). Le date riportate sono riferite alle investiture granducali per successione in linea di sangue del marchesato di Piancastagnaio (SI), ASFi, Fondo Bourbon del Monte, n. 66, pp. 773, 774, 799, 841 e per approfondimenti riguardo i marchesi del Monte Santa Maria, n. 67. Si veda, per integrazioni e completamento delle fonti documentarie citate, SGI (a cura di), Libro d’Oro della Nobiltà Mediterranea, <http://www.genmarenostrum.com/pagine-lettere/letterab/bourbon/BOURBON-firenze.htm> (ultimo accesso 07/2018).

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Figg. 7, 8 Disegno ad acquarello del Palazzo dei marchesi di Piancastagnaio al XVII secolo estratto dalla raccolta “Vedute e Castelli del senese” di A. Ruggieri e dettaglio dello stesso disegno sul portale del prospetto sud: Arme della famiglia de’ Medici, granduchi di Toscana. Archivio BNCF, ms. pal. c.b. 4.80.

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Figli: (I moglie) Giovanni Battista Andrea 1641-1705 Marchese di Monte Santa Maria e 4° di Piancastagnaio; (II moglie) Maria Anna detta ‘Marietta’ (= Mario Bardi Conte di Vernio). 4° Marchese di Piancastagnaio, investitura del 1686 in carica dal 1685. Giovanni Battista Andrea 1641-1705 = Virginia (I moglie 1657) figlia del Marchese Carlo Rinuccini, Patrizio di Firenze; Teresa (II moglie 1669) figlia di Giacomo Tornaquinci, Patrizio di Firenze. Figli: (I moglie) Fulvia e Lucrezia monache nel monastero di Santa Maria di Monticelli a Firenze; Bartolomeo 1662-1699 Marchese di Monte Santa Maria; Giovanna (= Cavaliere Averardo Serristori, Patrizio di Firenze); Marchese Camillo 1673-1710, capitano di milizia nella Campagna di Massa; (II moglie) Giovanni Battista Francesco 1671-1738 Marchese di Monte Santa Maria e 5° di Piancastagnaio. 5° Marchese di Piancastagnaio, investitura del 1706, in carica dal 1705. Giovanni Battista Francesco 1671-1738 = Maria Caterina Nicolini, figlia del Marchese Filippo Nicolini, Patrizio di Firenze. Figli: Teresa 1705-?, monaca nell’Ordine di San Giovanni Gualberto Santo Spirito a Firenze; Giovanni Battista Andrea 1706-1767, 24° Marchese Reggente del Monte Santa Maria e 6° di Piancastagnaio, Senatore di Firenze, Gentiluomo di camera e Ciambellano del Granduca di Toscana, Nobile di Firenze; Filippo 1708-1780, Capitano nell’esercito austriaco nel 1733, Colonnello di corazze toscane e comandante di cavalleria nel 1741, Cavaliere dell’Ordine di Santo Stefano dal 1747, Governatore della Lunigiana nel 1751, Governatore di Livorno nel 1757, Consigliere di Stato e Tenente Generale dal 1767, 25° Marchese Reggente di Monte Santa Maria dal 1767, Nobile di Firenze; Virginia 1712-

Figg. 9-11 Fotografia del lato anteriore dell’ armatura del primo marchese di Piancastagnaio Giovanni Battista Bourbon del Monte e i due lati (destro e sinistro) della spada. Materiali: acciaio, legno, oro, ottone e tessile. Fonte: THE MET, Metropolitan Museum of Art di New York.

?, monaca nel monastero di Maria Maddalena de’ Pazzi a Firenze; Bartolomeo 1713-1783, Marchese di Monte Santa Maria e Nobile di Firenze, Cavaliere dell’Ordine di Malta, Colonnello nell’esercito toscano; Lucrezia ?-1730 (= Balì Ugo della Staffa, Patrizio di Firenze); Camillo 1727-?, Marchese di Monte Santa Maria e Nobile di Firenze, prete, Cavaliere dell’Ordine di Santo Stefano. 6° Marchese di Piancastagnaio, investitura del 1739, in carica dal 1738. Giovanni Battista Andrea 1706-1767 = Maddalena, figlia di Gaspare Cantucci. Figli: Giovanni Battista Francesco 1735-1764 Marchese di Monte Santa Maria e 7° di Piancastagnaio, Ciambellano imperiale e Nobile di Firenze; Giovanni Battista Amerigo 1738-1739, Marchese di Santa Maria; Giovanni Battista Domenico 1739-1803, 31° Marchese Reggente del Monte Santa Maria, Nobile di Firenze; Giovanni Battista Giuseppe 1743-?, Marchese e Co-Reggente del Marchesato di Monte Santa Maria; Maria Caterina, Patrizio di Firenze (= Conte Gianfrancesco Aldobrandini, Patrizio di Firenze).


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7° Marchese di Piancastagnaio, investitura ed in carica dal 1767 fino alla soppressione dei feudi 1770. Giovanni Battista Francesco 1735-1764 = Maria Maddalena Pannocchieschi de Conti d’Elci. Figli: Marchese Giovanni Battista Andrea 1770-1838, Marchese di Monte Santa Maria, Ciambellano del Granduca di Toscana, Cavaliere e Commendatore dell’Ordine di Santo Stefano (=1798 Rosa Batacchi, =1818 Elena Gucci Tolomei, =1826 Elisabbetta Baldelli); Maria Luigia, 1773-?, Nobile di Firenze; Maria Teresa 1776-?, Nobile di Firenze; Giovanni Battista 1780-?, Marchese di Monte Santa Maria e Nobile di Firenze; Maria Raffaella 1783-?, Nobile di Firenze (= Cavaliere Orazio Cesare Ricasoli, Patrizio di Firenze); Anna Maria ?-1811, Nobile di Firenze (= Cavaliere e Priore Giampiero Rucellai, Patrizio di Firenze).

Figg. 12,13 Fotografie del Palazzo Bourbon del Monte, vista del prospetto est (scatto dalla strada di ingresso al centro abitato) e prospetto sud (da via F. Guerrini). Archivio SABAP, produzione fotografica del 1989.

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La composizione architettonica Il Palazzo Bourbon di Piancastagnaio è collocato nella parte sud del paese a cavallo di un tratto di mura del XII secolo. L’organismo architettonico è composto in elevazione da due piani principali (terra e secondo) con interposto un ammezzato destinato originariamente a camere per ospiti e foresteria (piano primo)1 più un ulteriore piano terzo analogo all’intermedio per soffitte, dispense e cucine, il tutto concluso da un soprastante corpo centrale in sopraelevazione. Questi piani sono collegati internamente da un elegante scalone monumentale in peperino che gira intorno a un impluvio, quest’ultimo adibito al recupero dell’acqua piovana e progettato come pozzo di luce. Il complesso architettonico insiste su un dislivello del terreno di dieci metri che obbliga una diversa articolazione delle facciate rispetto ai modelli rinascimentali; l’idea di decentrare i due assi di collegamento dei quattro portali verso l’angolo sud-est ha permesso di ottenere ambienti spaziosi. Di conseguenza i prospetti risultano non simmetrici ma permettono di lasciare spazio per l’ampio scalone interno e creare ambienti di forma regolare ben collegati ‘degni di ospitare grandi principi’. La particolare maturità compositiva emerge nella capacità progettuale di sfruttare il dislivello altimetrico per creare ingressi indipendenti dalle vie perimetrali che da sud accompagnano il palazzo fino a nord; proprio lungo lo stesso percorso si trovano infatti i quattro portali che danno accesso a tre dei quattro livelli dell’edificio: il piano terra, il primo e il secondo piano. Il prospetto situato a nord posto nella parte alta del terreno è definito geometricamente da un rettangolo avente altezza pari a un terzo della sua base, costituendo con il piano nobile ed il piano terzo ammezzato un ‘modulo’ che si raddoppia nella facciata rivolta a sud la cui altezza è pari ai due terzi della sua lunghezza. Malgrado l’attuale degrado nei quattro prospetti vi si può leggere ancora una scansione di finestre con edicola, fasce marca-piano, marca-davanzale, tutti composti dall’alternarsi di elementi modanati in trachite. Questi, sobri ed eleganti, fuoriescono per diversi centimetri in aggetto dall’intonaco originariamente grigio chiaro. Ancora più ricercate risultano le mensole della copertura e gli apparati ornamentali interni del piano nobile e terra, tra cui i tre tipi di peducci delle volte a crociera interne delle sale che si sviluppano in doppio volume. Inoltre i quattro portali di ingresso presentano una composizione e dimensione tra loro diversa ad eccezione per quelli che danno accesso allo stesso 1

ASFi, Magistrato Supremo, Inventario redatto nel 1739 per l’Ill.mo Giovan Battista Francesco, n. 4417.

pagina a fronte Fig. 1 Arme scolpito in pietra della famiglia dei Bourbon del Monte posto sul portale nord del Palazzo, materiale: trachite o peperino locale. Archivio SABAP, produzione fotografica del 1989.


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Figg. 2, 3 Fotografia del Leone alato simbolo della Serenissima Repubblica di Venezia per la quale il primo marchese prestò servizio in qualità di Generale delle Fanterie, posto sul portale est di accesso al Palazzo di Piancastagnaio e Dettaglio dell’ornamento scolpito sulle mensole del cornicione del Palazzo Bourbon del Monte. Materiale: trachite o peperino locale. Archivio SABAP, produzione fotografica del 1989.

piano terra. La pianta è pressoché quadrata (31,8 x 34,3 metri) con un’appendice interrotta nell’angolo sud-ovest. L’interno del piano nobile è caratterizzato da un vasto salone di rappresentanza (9,5 x 20,5 metri) che occupa anche parte del livello soffitte, mentre il sottostante piano terra al quale si accede dai portali rivolti a sud ed est con l’ambiente della corte interna occupa sempre in doppio volume parte del piano intermedio (piano primo ammezzato)2. Vi è inoltre una particolarità che emerge e incuriosisce, ossia l’incompletezza che il prospetto ovest presenta verso lo spigolo con il prospetto sud, dove una porzione di muratura larga quasi nove metri che si eleva da terra per tutta l’altezza del manufatto è in asse con il volume poco distante adibito a scuderie. Queste erano originariamente composte da due piani, il primo adibito a fienile e il livello terreno a stalla, architettonicamente costituito da tre navate scandite da solide colonne in blocchi unici di trachite atte al sostegno di quattro arcate che racchiudevano delle volte a crociera in mattoni di laterizio cotto3. La struttura del piano terra era sicuramente adatta a sostenere ulteriori piani oltre il primo che avrebbero costituito quindi il punto di collegamento diretto con il palazzo mediante il prolungamento dell’appendice in corrispondenza delle ammorsature murarie ancora oggi visibili e che avrebbe permesso al marchese reggente senza uscire all’esterno di percorrere tale ala di congiungimento, accedere alle scuderie e da lì scendere nei vasti giardini. La costruzione del Palazzo e i primi anni del Seicento Giovanni Battista nelle vesti di primo marchese iniziò la costruzione dell’imponente palazzo situato al confine sud della cinta muraria medievale del piccolo centro abitato, con l’intento di manifestare la Cfr. infra. Le misure e le descrizioni riportate derivano dal rilievo integrato illustrato nelle tavole grafiche all’ultimo capitolo. Si veda, a proposito delle Scuderie andate perdute la descrizione fatta dall’arch. R. Gizdulich, Archivio SABAP, Amministrativo, carta senza protocollo riporta la data 12.08.1950. 2 3


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potenza della sua casata nobiliare, affermare l’appartenenza del territorio al granducato de’ Medici e celebrare il suo onorato servizio al doge di Venezia. Di questo ne sono testimonianza lo stemma scolpito appartenente alla famiglia ducale fiorentina, visibile nel disegno di A. Ruggieri del XVII secolo4 e quello raffigurante il Leone di San Marco simbolo della Repubblica veneziana tutt’ora visibile sopra il portale di ingresso est al piano terra. La posizione dominante dell’edificio ubicato a mezza costa del versante sud del Monte Amiata permetteva un’ampia e profonda visuale che si estende sulle vaste terre di quello che era lo Stato Pontificio. Riguardo al periodo di costruzione si ritiene necessario fare delle precisazioni al fine di scandire le fasi che hanno portato alla realizzazione di questo monumento architettonico. Appare non chiaro infatti perché l’intervallo temporale della realizzazione compresa tra il 1601-1611 nell’ Elenco degli Edifizi Monumentali in Italia5 non coincida con lo scritto di Luigi Donati (1868)6 che indica l’inizio al 1604 o con quello di Repetti che afferma “due anni dopo l’investitura”, ossia 16037. Nella descrizione del palazzo di Piancastagnaio lo scritto del Donati data l’inizio e completamento in base a quanto riportato sulle lastre in pietra poste sui quattro portali di accesso, due delle quali sono andate distrutte a causa di opere abusive avvenute nella seconda metà del Novecento: L’iscrizione sulla porta settentrionale è concepita nei medesimi termini della prima, se non che conta la data dell’anno 1611 epoca nella quale dovè avere avuto termine la costruzione del Palazzo. Le due iscrizioni del lato orientale cioè e di quello di mezzogiorno, sono compagne tanto nelle parole quanto nella data Ioan. Borbonius de Monte Cap. Gen. Peditum Seren. Rep. Venete Primis Plani Marchio a Fundamentis erexit A.D. 1604. È questa la data quando ebbe incominciamento la fabbrica8. 4 A proposito della presenza dell’Arme de’ Medici, si veda il disegno di A. Ruggieri (figg. 7,8 cap. Piancastagnaio, in questo stesso volume), quel che ne rimane è attualmente posto sulla porta di accesso al Castello aldobrandesco di Piancastagnaio. 5 MPI (a cura di) 1902, Elenco degli Edifizi Monumentali in Italia, Tipografia Ludovico Cecchini, Roma, p. 301. 6 Si veda, a proposito della data di inizio indicata, Donati L. 1868, Il Monte Amiata illustrato, parte quarta Vol. I, Piancastagnaio, pp. 135-156, AP Ricci Barbini in Piancastagnaio. 7 Si veda, Repetti E. 1841, op. cit. p. 169. 8 Si veda, a proposito della citazione riportata, L. Donati, op. cit., p. 139bis, delle epigrafe riportanti la data 1604 ne abbiamo riscontro anche dagli incarti dell’Archivio SABAP, Amministrativo 1890-1990, Palazzo Bourbon del Monte (catastali: foglio 5

Figg. 4-6 Dettaglio dell’ornamenti dei tre tipi di peducci posti alla base delle volte a crociera nelle sale principali del piano nobile. Materiale: trachite o peperino locale. Archivio SABAP, produzione fotografica del 1989.

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Fig. 7 Scalone monumentale interno di collegamento tra i vari piani del Palazzo dei Del Monte di Piancastagnaio, scatto fotografico dalla ultima rampa di accesso al piano nobile salendo dal piano terra. Archivio SABAP, produzione fotografica del 1989.

pagina a fronte Figg. 8-10 Scatto fotografico dal basso verso l’alto dello scalone interno realizzato interamente in trachite; fotografia del tipico portale interno di collegamento tra gli ambienti del piano nobile e arco ornamentale del passaggio di collegamento tra la sala d’ingresso del Palazzo da Piazza Belvedere al corridoio di accesso con lo scalone interno (piano nobile). Archivio SABAP, produzione fotografica anno 1989.

Dalla consultazione diretta dei riassunti testamentari delle volontà del primo marchese del 1608 e 1610 redatti da ser Fabrizio Selvi notaio in Piancastagnaio (figg. 26-30)9 si delinea con certa accuratezza lo stato di avanzamento dei lavori grazie alla descrizione che viene fatta in riferimento al piano nobile: nella parte di Camere, Camini di sua casa, et nella parte grande che egli ha fabbricato, et che si fabbricherano sia posta l’inscrizione di suo nome a memoria de posteri, et il med(esim)o sia fatto da chi fabbricarà la stalla, e sue stanze conforme al modello, […]. Sarà finita la casa del testatore che dichiara, e vuole suo particella 400). 9 A proposito del notaio Fabrizio Selvi si tiene a precisare che è lo stesso ‘cronista’ a cui fanno riferimento gli scritti per la data di costruzione del palazzo e l’attribuzione a Valentino Martelli, in base alle informazioni contenute in Le Memorie di Fabrizio Selvi del 1600 che ad oggi non risultano reperibili e sulle quali vi sono discordanze su quanto riportavano. Infatti è G. Barzellotti nel 1910 in, Il Monte Amiata e il suo profeta, Fratelli Treves, Milano, p. 31 a sostenere che gli scritti di F. Selvi indicavano Valentino Martelli come architetto della fabbrica del palazzo, invece tutti gli altri scritti riportano che lo stesso Martelli seguì per conto del marchese nel 1604 alla ‘trasposizione della Immagine della Madonna di San Pietro’, senza nessun riferimento diretto al cantiere del palazzo.


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primogenito sia obbligato finire la fabbrica da esso sig. Testatore incominciata a Piano Castag(najo) e nelle parti principali di suo palazzo, e in tutte le parti, e camini deve far porre Iscrizione di suo nome come primo marchese a memoria de posteri10.

Da qui si evince che al momento della stesura testamentaria l’opera mancava di lavorazioni al piano nobile, al soprastante e nelle stalle; lo si capisce dall’affermazione “che egli ha fabbricato” ma non tanto da potervi installare la targa, “deve far porre Iscrizione”. È per questo che si ritiene di poter affermare che la data riportata nell’incisione posta sopra il portale nord (1611) indica effettivamente il compimento di detti lavori. A sostegno di ciò vi è lo scritto di E. Gamurrini (1668) e precisamente circa i rapporti intercorsi tra la casata dei Del Monte con quella de’ Medici: comprò molti altri beni allodiali avendovi fabbricato di pianta un palazzo veramente regio con giardino, e copiose fontane, dove l’anno 1612, alloggiò alla grande il Gran Duca Cosimo II, con l’Arci Duchessa Madama di Lorena sua madre, e con tutti gli altri Principi di quella Serenissima Casa, dove stettero fermi un giorno, e mezo con tutta la Corte11.

Quanto riportato descrive che nel 1612 la costruzione del palazzo non era solo terminata ma esso risultava già adornato di ‘giardino e copiose fontane’ ed in grado di ospitare il granduca con tutta la serenissima casata toscana. A questo punto si pone il dubbio circa la data di inizio del palazzo che gli scritti indicano essere il 1604 a favore di quanto invece riportato nell’elenco del Ministero della Pubblica Istruzione sopra menzionato (1601). Pare naturale che l’apposizione di lastre incise poste su parti del medesimo complesso architettonico con stessa epigrafe e diversa data assumano tutte lo stesso significato, ossia il compimento o l’inizio dei vari stati di avanzamento. Inoltre se i lavori fossero iniziati a partire dal 1604 la targa che riporta l’anno 1605 posta sul prospetto ovest che dà accesso al piano primo ammezzato indicherebbe che in un solo anno (1604-1605) si sarebbe riusciti a demolire l’esistente cassero medievale, preparare il situ ed edificare dalle fondamenta il piano interrato, terra in doppio volume e primo, lasciando forti dubbi sulla fattibilità di tali opere nel suddetto arco temporale. Vista la portata dei lavori risulta invece plausibile, per di più in un cantiere dell’epoca, affermare che in tre anni (1601-1604) si sia eseguito Si veda, a proposito delle volontà testamentarie del primo marchese, ASSi, Fabrizio Selvi, op. cit., n.93, c.74v e per approfondimenti in Id. n. 93, cc. 63-86 e n. 99, cc. 96-98. Si ritiene utile precisare che non è stato possibile leggere i testamenti originali, ma solo i manoscritti dei riassunti raccolti nella Gabella redatta per mano dello stesso Selvi, in quanto risultano mancanti gli atti nn. 84-101, ASSi, notarile Selva Fabrizio istrumenti originali 1585-1620, f. 276. 11 E. Gamurrini, op. cit., p. 183. 10

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Figg. 11-14 Scatti fotografici delle scuderie ormai perdute del palazzo Bourbon del Monte, probabile autore: Arch. R. Gizdulich (inediti). In ordine di lettura: prospetto sull’attuale via F. Guerrini, vista interna generale, dettaglio di un basamento delle colonne in trachite, dettaglio della colonna a sostegno delle volte a crociera (inediti).

il progetto e realizzato quanto necessario per la conclusione del piano interrato e terra e in un anno (1604-1605) la realizzazione del solo piano primo ammezzato. Gli indizi che le date nelle epigrafi indicano il compimento delle varie parti del complesso monumentale sono oltre a quanto già citato da E. Gamurrini, ossia che nel 1612 il Palazzo era “veramente regio, con giardini e copiose fontane”, quanto emerge dal testamento del primo marchese sopra menzionato che riporta in altra parte: “accomodare tutte le fonti, le peschiere, le statue e alcuni edifizi fatte da esso sig. testatore di Piano”12. Questo risulta in accordo con il Donati che scrive: “Nella base della statua di Pan si leggeva la data della costruzione di questi luoghi allora deliziosi, nelle lettere e numeri appresso = A.D. 1622”13 dove emerge quindi che la data indica il completamento dei giardini dato che erano già esistenti. Si può dedurre ancora che la costruzione dei giardini iniziò con il primo marchese e continuò con il fratello seniore Francesco del Monte che ne completò l’opera, deceduto in Piancastagnaio proprio nel 162214, del quale impegno ne abbiamo l’iscrizione

pagina a fronte Figg. 15-17 Tre disegni dei giardini belvedere del palazzo Bourbon del Monte di Piancastagnaio, in ordine: basamento in trachite di una fontana, fonte del “Libero Genio” e resti in rovina di uno dei viali dei giardini. Estratti dal manoscritto di Don L. Donati, 1868. AP Ricci-Barbini.

vi è ai piedi di un nicchio con sopravi l’arme di S. Ecc.llenza, et a terra una Vasca di pietra, […], e questa riceve l’acqua da una statua grande giacente con barba appoggiata al nicchio, e con la mano destra tiene tre monti sopra la coscia, e l’altra si appoggia, et tiene un vaso in fondo di dove esce l’acqua: nella facciata innanzi della Vasca vi è il seguente ricordo = Franciscus Ex Marchio: Montis MDCXXII15.

In conclusione sulla base di quanto riportato e argomentato, le date nelle incisioni corrisponderebbero tutte al completamento di determinate parti senza assumere significati diversi o equivoci, offrendo una ragionevole scansione del percorso temporale nonché gli stati di avanzamento dei lavori della

Selvi F. 1608, ASSi, Gabella dei riassunti testamentari, Istrumenti n. 93, c.76. L. Donati, op. cit., p. 151 e Barzellotti G. 1910, op. cit., p. 31. Si veda per approfondimenti, a proposito dei giardini la descrizione fatta nel 1622 da Ovidio Paffi in qualità di commissario di Piancastagnaio, ASPi, Libro delle Memorie 1620-1660, n. 11, cc. 36-43. 14 ASFi, Fondo Bourbon del Monte, cit., n. 67, p. 377. 15 Si veda, a proposito dell’iscrizione riportata, Prezzolini C. 1989, Descrizione del Belvedere di Piano, «Amiata Storia e Territorio», anno II, n. 5, p. 43-46 e id. Descrizione del Palazzo e del Belvedere di Piancastagnaio, «Amiata Storia e Territorio», anno II, n. 6, pp. 7-12. Si veda, a proposito del fatto che “Francesco curò la realizzazione dei Giardini di Piancastagnaio”, Bertocci S. Lucchesi L. 1984, Villa il Giardino: una dimora signorile nella campagna di San Salvi, Salimbeni, Firenze, p. 31. 12

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fabbrica. Alla luce di questa analisi i tempi per la realizzazione dell’opera in Piancastagnaio possono essere così sintetizzati: prima fase compresa tra il 1601 e 1604 utile per la redazione della ‘bella copia’ del progetto, la preparazione del situ, la realizzazione del piano interrato e del piano terra; la seconda fase compresa tra il 1604 e 1605 per il solo piano primo ammezzato; la terza fase compresa tra il 1605 e 1611 per il piano nobile, piano secondo ammezzato e soffitte ed infine il completamento delle scuderie e i giardini belvedere terminati nel 1622 (fig. 4 cap. Proposta di attribuzione, in questo volume). Il Settecento e l’Ottocento: l’utilizzo e l’alienazione Con la morte del primo marchese e di suo fratello seniore Francesco si conclude il periodo di ‘grande edificazione’ delle dimore dei Santa Maria, tra le quali oltre a Piancastagnaio vi sono quella a Sovana e di Monte Santa Maria Tiberina. I loro successori per primogenitura non adottarono le dovute cure per il mantenimento del nostro palazzo e dei giardini-belvedere con la conseguente perdita del loro originario splendore. Questo probabilmente dovuto anche al fatto che a causa dei loro incarichi presso la corte de’ Medici i discendenti risiedevano stabilmente a Firenze; infatti il secondo marchese Bartolomeo acquistò l’oggi Villa Arrivabene nel quartiere di San Salvi16. Il degrado dei giardini è documentato già dal 1676 da B. Gherardini nel suo Viaggio di ricognizione per conto del Granduca di Toscana Cosimo III, nel quale vengono descritti “in completo stato di abbandono”17. In seguito, nel 1795, essi vengono definiti ‘completamente rovinati e ridotti a serpaio’ da G. Santi18. Ad oggi dei giardini non rimane che qualche precario manufatto edilizio in proprietà private e pezzi scultorei in peperino ricollocati all’interno del paese per il decoro urbano19. Il palazzo fu utilizzato come dimora ufficiale dai primi due marchesi di Piancastagnaio. Quando il marchese reggente si allontanava dal marchesato per svolgere gli incarichi marchionali e diplomatici comunicava tramite l’invio di lettere chiuse con sigillo con il vicario incaricato, il quale risiedeva nel 16 Si veda, Bertocci S. Lucchesi L. 1984, Villa il Giardino: una dimora signorile nella campagna di San Salvi, Salimbeni, Firenze. 17 Gherardini B., Visita fatta nell’anno 1676 alle Città Terre e Castella dello Stato della Città di Siena, ASSi, ms. D83, cc. 244-277, inoltre nello stesso manoscritto si evincono gli acquisti del primo marchese a titolo di baronie del castello di Potentino a Seggiano (a cui erano afferiti otto poderi) e la Tenuta di Castel Vecchio a Contignano in Pienza (a cui erano afferiti dodici poderi ed un mulino), Idem, c. 205. 18 Santi G. 1795, Primo Viaggio al Monte Amiata, Multigrafica Editrice, Roma. 19 Si veda, a tal proposito le schede dei resti dei giardini, Archivio SABAP, Catalogo-Disegni-Fotografico, Palazzo Bourbon del Monte.

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Figg. 18-21 Alcuni reperti esistenti dei giardini del palazzo dei marchesi Bourbon del Monte, rispettivamente: i resti di una nicchia tipica a protezione di una scultura a grandezza uomo; “Il mugnello” piccolo manufatto attraversato da uno dei torrenti di acqua; basamento di fontana in blocco unico di trachite a forma ellittica (diametro maggiore ca. 4 metri) e la fonte del “Libero Genio” oggi denominata “Fonte Natali”. Archivio SABAP, produzione fotografica del 1989.

palazzo e assumeva compiti amministrativi e giuridici. I documenti originali della corrispondenza settecentesca fra il vicario di Piancastagnaio ed il sesto marchese Giovanni Battista Andrea (1706-1767) sono custoditi presso l’archivio privato della famiglia Contini Bonaccossi20. In seguito alle riforme dei Lorena che sancirono nel Congresso di Vienna l’abolizione dei feudi i Bourbon del Monte mantennero il titolo nobiliare, ma non furono più a capo del marchesato. In questo contesto si spezzò così anche il vincolo di discendenza ereditaria e descritto dettagliatamente nel primo testamento del marchese Giovanni Battista del 160821. Il palazzo ed altre proprietà nelle terre di Siena vennero ereditati dai due discendenti della famiglia, Francesco e Maddalena Bourbon del Monte (nipoti del settimo marchese di Piano)22 con testamento olografo depositato presso la cancelleria di Radicofani23 nel 1831. Da questi fu poi venduto a Monsignor Antonio Pellegrini e fratelli con atto notarile rogato nell’anno 187124 e iniziò un periodo di progressivo degrado e sfruttamento che si concluse all’incirca un secolo dopo con la dichiarazione di inagibilità totale (novembre 1989). La famiglia Pellegrini adibì i suoi ambienti e le molte stanze alla lavorazione e allo stoccaggio del grano, prodotto derivato dai loro ampi possedimenti terrieri. L’impiego dell’edificio come mera fabbrica sottopose la struttura alle permanenti sollecitazioni delle macchine in lavorazione e a ingenti carichi dovuti allo stoccaggio di grano e cereali25. AP Contini-Bonacossi, Fondo della famiglia Bourbon del Monte Marchesi di Piancastagnaio, 1752-XIX sec. ASSi, notaio Selvi F. 1608, Gabella dei riassunti degli atti testamentari 1600, Istrumento n.93 cc.63-86. 22 A tal proposito si veda l’albero genealogico posto al capitolo precedente, dove gli ultimi discendenti ereditari del palazzo sono Maria Maddalena 1827-? e Giovanni Battista Francesco 1831-Parigi, figli di Giovanni Battista Andrea 1770-1838. 23 Si riporta quanto emerge presso, ASSi, Catasto Storico Impianto, sezione B articolo stima carta 123. “Il 23.07.1838 passa a carta campione 235 a Bourbon del Monte marchese Francesco - Gian Battista e marchese Maria Maddalena del marchese Andrea (tutti i beni descritti alla carta 123). Dipendente dalla cancelleria di Radicofani tale passaggio per la morte, a Firenze nel 1838, testamento olografo 1831-8 Dicembre, notaio Francesca Brocchi”. 24 Ivi, alla data 18 Ottobre 1871 vi è registrato il “Passaggio a Pellegrini Maria Antonietta, carta 2336 (Pellegrini Sig. Antonio), Domenico, Giuseppe, Alessandro (Francesco, Filippo), Luisa di detto Filippo e Santelli Francesco del fu Giovanni coniugi. Voltura 142 da Bourbon del Monte per compera”. Nelle carte di registro catastali è riportata l’effettiva consistenza dei beni oggetto di trasferimento, dove si evince che il complesso misurato in braccia quadre era composto da “casa, piazza, scuderia, orto e stalla”. 25 Archivio SABAP, Amministrativo, all’interno degli incarti vi è al prot. n.1148 del 2 ottobre 1920 la lettera trasmessa dall’arch. Enrico Priori, redatta il 28 settembre 1920, al Capo Sezione del Genio Civile che in seguito a sopralluogo notifica: “Ho 20 21


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Il Novecento: il degrado e la dichiarazione di inagibilità Nei primi anni del Novecento il palazzo diventò oggetto d’interesse da parte del Ministero della Cultura e della Soprintendenza ai Monumenti e Gallerie di Siena. Dal 1902 il complesso monumentale venne inserito nell’Elenco degli Edifizi Monumentali in Italia e vincolato con notifica di importante interesse artistico il 25 Settembre 1909 per effetti della Legge del 1909 per la tutela artistica. A partire dallo stesso anno, su richiesta del Ministero della Cultura, il Soprintendente in carica effettuò vari sopralluoghi per determinarne l’effettivo stato di conservazione e in uno di questi lo descrive come segue: […] è un bellissimo esempio di architettura seicentesca e deve essere conservato con ogni cura. Rappresenta uno dei monumenti più fortunati dell’Amiata, purtroppo però, lo scalone si presenta in pietoso stato di abbandono ed anche i saloni non stanno meglio, con pesanti sovraccarichi vengono destinati a magazzini di grano. Esternamente in buono stato presenta delle lievi lesioni26.

Di risposta il Ministero della Pubblica Istruzione invitò la Soprintendenza a intervenire in modo che i proprietari effettuassero i lavori di manutenzione per il restauro delle facciate, dello scalone in peperino, dei pavimenti interni al piano nobile, oltre a consolidare le lesioni presenti nelle volte anche ai piani sottostanti27. In aggiunta chiese che venissero eseguiti ulteriori sopralluoghi per vigilare sull’effettiva esecuzione dei lavori che purtroppo non furono mai realizzati e negli anni successivi il sindaco denunciò la mancanza di volontà del proprietario a svolgere gli interventi per la tutela del bene artistico28. Il palazzo venne ereditato da Caterina Bandi Verdiani (1946) quando ormai già versava in uno stato di quasi completo abbandono anche a causa della riforma agricola che compromise gli affari della stessa famiglia29. Il 12 Agosto 1950 in seguito al sopralluogo commissionato dalla Soprintendenza l’architetto Riccardo Gizdulich riportò che: […] Il Palazzo Bourbon del Monte è un opera architettonica di primo ordine (come di certo lei saprà) solo che è in condizioni assai precarie di manutenzione […]. Non addossato al Palazzo c’è la famosa scuderia, di notevole valore architettonico. L’interno è diviso in tre navatelle da due file di colonne di ordine Toscano (complete di basamento). Sorreggono degli archi trasversali e longitudinali che comprendono volte a crociera. Le colonne sono lesionate e le mangiatoie sono profondamente manomesse. L’interno è un delizioso pezzo di architettura con organico e aderente all’esterno, la Soprintendenza non può permetterne la mancanza30 (figg. 31-36). provveduto al sopralluogo sull’edificio del sig. Pellegrini Filippo (palazzo Bourbon del Monte) ed constatato quanto appresso: In generale l’edificio tanto esternamente che internamente, […], trovasi in stato di scadente manutenzione. Nel salone principale si notano delle lesioni diffuse nella volta e nelle pareti che non hanno subita alcuna riparazione, mentre sarebbe necessario provvedere. Le volte del sottosuolo rispetto alla piazza Belvedere sono maggiormente lesionate: come pure le piattabande di porte e finestre. Osservarsi inoltre che i solai sono stati aggravati da un forte sopraccarico in dipendenza delle grandi quantità di cereali che attualmente vi si trovano, in special modo il salone centrale sopra detto il quale sopporta il sopracarico di circa quintali 400 di frumento. […]”. 26 Ivi, prot. n. 1294 del 5 novembre 1920. 27 Ivi, prot. n. 331 del 26 febbraio 1921. 28 Ivi, prot. n. 776 del 31 giugno 1923. 29 ASSi, Catasto Storico Impianto, “dal 03.06.1946 Verdiani Bondi Caterina proprietaria con usufruttuario Gino, partita 4349 (partita segue), voltura del 20.08.1952 per donazione F.5 P.lla 400”. 30 Archivio SABAP, Amministrativo, carta senza protocollo riporta la data 12.08.1950. La relazione manoscritta si compone di nove facciate, quattro delle quali sono dedicate al Palazzo e ai Beni in Piancastagnaio, dove viene marcata la mancanza di volontà da parte dell’attuale proprietario ad effettuare gli interventi: “è in condizioni ormai precarie di manutenzione per colpa del proprietario che è pieno di quattrini” la lettera viene così conclusa “Anzi, a parere mio, bisognerebbe studiare il modo di

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in alto e a destra Figg. 22-24 Fotografie di dipinti murari ritrovati nei documenti del catalogo del Palazzo di Piancastagnaio ed esposti in occasione della “Mostra Medici a Murlo”, presumibilmente realizzati con tecnica a secco presentano motivi floreali e geometrici. Da verificare la loro posizione e conservazione nei paramenti murari, al piano terra? Archivio SABAP, Amministrativo (inediti).

Purtroppo nel 1951 iniziarono i lavori non autorizzati al fine di trasformare le pregiate scuderie in cinematografo che portarono alla perdita totale degli interni salvaguardando soltanto il volume esterno31. Visto lo stato di degrado del palazzo e la non volontà dei proprietari di effettuare i lavori necessari di restauro, più volte la Soprintendenza invitò loro a vendere l’immobile al Comune in modo da destinarlo a propria sede. Nel 1953 la stessa Soprintendenza venne a conoscenza dell’intenzione della proprietaria di frazionare l’intero immobile in varie unità abitative al fine di procedere con il trasferimento a privati cittadini. Questo portò a un richiamo diretto nei suoi confronti per esortare nuovamente la cessione al Comune, tale comunicazione venne inviata per conoscenza ai referenti degli Organi periferici dello Stato, per conto del Soprintendente ai Monumenti, il quale dichiarava che se non fosse rispettata detta indicazione si sarebbe avviato presso il Ministero della Pubblica Istruzione il procedimento per la valutazione del diritto di prelazione32. Nonostante ciò iniziarono le prime opere di suddivisione degli interni e la Soprintendenza, avvisata dal ‘popolo pianese’ e dal Corpo dell’Arma dei Carabinieri, avviò la pratica per il diritto di prelazione,

costringere il proprietario a restauralo e a non adibirlo ad usi che potranno comprometterne la staticità del complesso”. 31 Ivi, prot. gen. n. 1073 del 12.07.1951, la Prefettura di Siena comunica di essersi rivolta per accertamenti all’Arma dei Carabinieri sui lavori iniziati per il frazionamento del palazzo in unità abitative e per la trasformazione delle ex-scuderie in cinematografo: “i lavori sono pressoché terminati e la preesistente struttura all’interno della scuderia è stata demolita”. 32 Ivi, prot. gen. 28 del 10 gennaio 1953, la medesima lettera del Soprintendente venne inviata alla proprietaria, al Sindaco e al Prefetto.


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la quale arrivò fino all’ordine del Consiglio dei Ministri che trasferì tale facoltà al Comune esortandolo all’acquisto. Il Comunale avviò la trattativa con la sig.ra Verdiani, la quale però nel frattempo avendo trovato i diciassette acquirenti per le già frazionate ventuno unità abitative il 20 Gennaio 1953 procedette alla vendita per mezzo di un unico atto rogato dal notaio Cinelli di Chiusi33. Tutte le principali opere di suddivisione integrate dalle necessarie installazioni tecnologiche per l’abitabilità degli alloggi vennero realizzate in un intervallo temporale compreso tra il 1950 e il 1954 e furono la causa della manomissione e della perdita di alcuni elementi architettonici e decorativi. Nel 1953 l’Arma dei Carabinieri denunciò l’inizio dei lavori e malgrado la Soprintendenza di concerto con l’Avvocatura distrettuale dello Stato, con il Prefetto di Siena e d’ordine del Ministero dell’Istruzione avesse presentato tale denuncia alla Procura della Repubblica di Siena e Montepulciano, i lavori furono eseguiti ugualmente senza legittima autorizzazione risultando di fatto abusivi34. L’anno successivo gli stessi Uffici in accordo con il Ministero della Pubblica Istruzione giudicarono responsabile di detti lavori il Comune: D’altra parte si finirebbe per infierire, sui singoli, circa una responsabilità che risale unicamente al Comune di Piancastagnaio che diffidato dalla Soprintendenza a non consentire alcun lavoro, e a farlo interrompere nel caso che si tentasse di farlo, non ha tenuto alcun conto di tale ingiunzione e ha lasciato che a proprio arbitrio, e secondo le rispettive esigenze, ogni comproprietario manomettesse finestre, porte, etc…35.

Infatti i singoli proprietari avevano il dovere di inviare la richiesta per i lavori alla Commissione Edilizia e non alla Soprintendenza, azione che doveva essere compiuta in vece loro dal Comune. Nel 1958 lo stesso Ministero definì vandalici i lavori eseguiti per la modifica del palazzo a condominio e continuò anche negli anni successivi a seguire lo stato del monumento, notificando ripetutamente che non si sarebbero dovuti assolutamente eseguire ulteriori lavori o modifiche (figg. 37-42). Il cattivo uso arrecò ingenti danni alla struttura tanto che nel 1988 a causa del pessimo stato di manutenzione, la Protezione Civile emanò l’ordinanza di sgombero e la conseguente inagibilità. L’immobile fu acquistato così dal Comune di Piancastagnaio che ancora oggi ne risulta proprietario fatta eccezione per due unità immobiliari di proprietà privata. Dai primi rilievi effettuati per conto del Comune in seguito allo sgombero emersero numerose opere di modifica delle strutture, tra le quali i molti solai d’interpiano anche nelle sale di rappresentanza che si sviluppavano originariamente in doppio volume, infinite pareti divisorie, servizi igienici, impianti termici, oltre la chiusura ed apertura di passaggi nella struttura portante che hanno inevitabilmente alterato l’equilibrio statico del manufatto. ASSi, Catasto Storico Impianto. Variazione catastale registrata nel 1953 per il frazionamento in piccole parti a se medesima (Caterina Verdiani) per conto di Gino Bondi Verdiani, partita 4392 (scarico), divide Belvedere P.lle 426-427 in: parte di casa P.2° 3,5 vani; parte di casa P.2° 1,5 vani; P.2° 1,5 vani; P.2° 3 vani 383IV; P.2° 3 vani 383V ; P.3° 1,5 vani 383VI ; P.2° 2 vani 383VII ; P.3° 3 vani 383VIII ; P.3° 2 vani 383IX ; P.2° 1 vani 383X ; P.3° 2 vani 383XI ; P.3° 2 vani 383XII ; P.3° 1 vani 383XIII ; P.1° 5 vani 383XIV ; P.1° 2 vani 383XV ; P.1° 1 vani 383XVI ; P.1° 1 vani 383XVI ; P.T. 3 vani 383XVII ; P. Sem. 2 vani 383; P.T. 4 vani 383; P. Soffitta 1 vani 383. (Rogante notaio Cinelli in Chiusi il 05.10.1953, Voltura 45/1953). 34 Una copia della denuncia datata 19 Luglio 1954 è depositata presso l’Archivio Amministrativo SABAP di Siena, Grosseto e Arezzo. 35 Archivio SABAP, Amministrativo, lettera del 14.05.1955 prot. gen. 991 e prot. 518, risposta alla lettera 07.05.1955 prot. 4787. 33

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Appendice documentaria


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Fig. 25 Prima faccia del decreto comunale del 1602 per l’Investitura del marchesato a Giovanni Battista del Monte ed ai suoi eredi. ASPi, Libro delle Memorie 1600-1606, f. 9 cc. 4452 (inedito).


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Fig. 26 Coperta della Gabella dei riassunti testamentari redatti per conto del primo marchese dal notaio Ser Fabrizio Selvi o della Selva 1600-1622, ASSi (inedito).

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Fig. 27 Pagine estratte dalla Gabella dai riassunti del testamento del 1608, n.93 c. 69, redatto per volontĂ del primo marchese Giovanni Battista del Monte, ASSi Gabella (inedito).


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Fig. 28 Pagine estratte dalla Gabella dai riassunti del testamento del 1608, n.93 c. 74v, redatto per volontĂ del primo marchese Giovanni Battista del Monte, ASSi Gabella (inedito).

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Fig. 29 Pagine estratte dalla Gabella dai riassunti del testamento del 1608, n.93 c. 76v, redatto per volontĂ del primo marchese Giovanni Battista del Monte, ASSi Gabella (inedito).


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Fig. 30 Pagine estratte dalla Gabella dai riassunti del testamento del 1610, n.99 c. 96, redatto per volontĂ del primo marchese Giovanni Battista del Monte, ASSi Gabella (inedito).

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Fig. 31 Notifica di vincolo del “Cassero di Piancastagnaio e del Palazzo già dei Marchesi Bourbon del Monte” del 25 settembre 1909 al sig. Filippo Pellegrini. Archivio SABAP, Amministrativo (inedito).


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Fig. 32 Relazione del Soprintendente di Siena inviata al commissario comunale chiamato a fornire riscontro ‘se le lesioni si sono aggravate a seguito della scossa di terremoto del 1919’ (2 ottobre 1920). Archivio SABAP, Amministrativo (inedito).

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Fig. 33 Lettera del Soprintendente al Sindaco di Piancastagnaio per far valere il diritto di prelazione a favore del Comune se il proprietario non rispettasse i termini assegnati per il restauro del Palazzo (20 ottobre 1920). Archivio SABAP, Amministrativo (inedito).


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Fig. 34 Lettera del Capo Sezione del Genio Civile che rassicura sul “pericolo per la pubblica incolumità” ma comunica la necessità di pronto restauro visto il valore artistico che questo edificio rappresenta (10 ottobre 1920). Archivio SABAP, Amministrativo (inedito).

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Fig. 35 Lettera del Soprintendente al Sottosegretario di Stato per informare sullo stato dei luoghi del Palazzo ed ove indica che “l’architetto che lo disegnò è da cercare tra quelli che operavano a Roma alla fine del XVI secolo” (11 dicembre 1920). Archivio SABAP, Amministrativo (inedito).


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Fig. 36 Lettera dell’Arch. R. Gizdulich redatta su incarico del Soprintendente dove riporta la descrizione delle Scuderie e invita a negare la richiesta del proprietario per la trasformazione a cinematografo ‘essendo un divino esempio di architettura da non poter perdere’ (Firenze, 18 agosto 1950). Archivio SABAP, Amministrativo (inedito).

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Fig. 37 Avviso del 18 maggio 1951 inviato dal Soprintendente al Comune ed alla Prefettura al fine di verificare se eventualmente si fosse dato avvio ai lavori abusivi di trasformazione delle Scuderie a cinematografo. Archivio SABAP, Amministrativo (inedito).


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Fig. 38 Notifica del Prefetto del 5 luglio 1951 dove si attesta l’inizio di lavori abusivi sulle ex-Scuderie già da marzo 1951. Archivio SABAP, Amministrativo (inedito).

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Fig. 39 Lettera del 19 febbraio 1953 inviata da “Un gruppo di Cittadini Pianesi� al Soprintendente per segnalare i lavori abusivi che si stanno realizzando nel Palazzo. Archivio SABAP, Amministrativo (inedito).


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Fig. 40 Lettera del 5 marzo 1954 dove il Prefetto esorta l’Amministrazione comunale ed il Comando dei Carabinieri di avviare i provvedimenti verso i responsabili delle opere di manomissione poste sulla originaria architettura del Palazzo Bourbon del Monte. Archivio SABAP, Amministrativo (inedito).

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Fig. 41 Lettera di denuncia del Soprintendente alla Procura del luglio 1954 dove sono riportati i responsabili degli abusi commessi, tra i quali vi sono persone che non risultavano neanche proprietari di unitĂ abitative. Archivio SABAP, Amministrativo (inedito).


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Fig. 42 Lettera del 14 maggio 1955 dalla quale si evince che non si è proceduto con i provvedimenti di legge in quanto ‘si finirebbe per infierire, sui singoli, circa una responsabilità che risale unicamente al Comune di Piancastagnaio’ che ha permesso di eseguire i lavori e ogni manomissione a finestre, porte ecc. Archivio SABAP, Amministrativo (inedito).

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proposta di attribuzione

pagina a fronte Fig. 1 Sigillo o timbro della famiglia Bourbon del Monte Santa Maria. Archivio di Stato di Firenze, Filza 67.

Alla fine dell’Ottocento Luigi Donati riportando le memorie di Fabrizio Selvi ad oggi non rintracciabili, ma delle quali si hanno a disposizione le parziali trascrizioni, in merito al palazzo scrive: […] si vuole che architetto di questa grandiosa fabbrica sia un certo sig. Valentino Martinelli nobile perugino, il quale nell’anno 1604 aveva, come abbiamo veduto, assistito per ordine del marchese, al traslocamento della Immagine della Madonna di S. Pietro dal muro della loggia, alla tribuna dell’Altare Maggiore1.

Innanzitutto si tiene a precisare che l’architetto menzionato è Valentino Martinelli, ma in realtà non vi è nessuna figura con questo nome rintracciabile a Perugia attorno al periodo di riferimento. Vi è invece Valentino Martelli (1550-1630) architetto stimato della Perugia papale a cavallo tra il Cinquecento e il Seicento, al quale presumibilmente si riferisce il testatore del primo marchese. In virtù di ciò è stata eseguita un’ampia ricognizione delle sue opere attraverso le fonti storiografiche che verranno di seguito riportate, ma nella quale non è emerso nessun riferimento al nostro palazzo pur non essendo un’opera che risulti seconda tra quelle che gli vengono attribuite. Sembra lecito porre un dubbio sulla paternità progettuale del palazzo al Martelli a causa della mancanza di documenti e fonti storiche dirette che li collegano; è il Donati che nel suo scritto ottocentesco attribuisce l’opera allo stesso architetto. La realizzazione del palazzo gentilizio dei Del Monte e l’acquisizione del feudo di Piancastagnaio nell’area di confine tra il Granducato di Toscana e lo Stato Pontificio, rispettivamente governati da Ferdinando I de’ Medici e Ippolito Aldobrandini, papa Clemente VIII, è in linea con la strategia avviata anni prima dai Del Monte nello stesso territorio, come vedremo meglio in seguito. Questa affermazione di ‘potere istituzionale’ non destabilizzò i rapporti da poco distesi fra le due casate, precedentemente in competizione per il governo di Firenze, grazie alla mediazione politica messa a punto da un’altra figura chiave per la finalità della presente ricerca, ossia quella del cardinale Francesco Maria Bourbon del Monte, cugino del primo marchese di Piancastagnaio, amico fraterno del granduca Ferdinando I, diplomatico e ambasciatore per i Medici a Roma e personalità molto influente all’interno della Curia2. Sia la figura di Martelli che di Francesco Maria saranno approfondite nel presente capitolo, in quanto entrambi possono aver avuto un ruolo nella realizzazione del palazzo.

1 Donati L. 1868, op. cit., p. 135, AP Ricci Barbini in Piancastagnaio; si veda, per un estratto della stessa citazione, Sani G. 2006, L’ottocento pianese, Effigi, Arcidosso, pp. 119, 131. 2 Si veda, Wazbinski Z. 1994, Il Cardinale Francesco Maria del Monte, Leo S. Olschki, Firenze, e precisamente in riferimento alla mediazione tra Stato Pontificio e Granducato di Toscana, Il sodalizio del Monte-Montalto-Aldobrandini, pp.137-140.

Figg. 2,3 Ritratto del cardinale Francesco Maria Bourbon del Monte, autore anonimo, e del primo marchese di Piancastagnaio, Giovanni Battista Bourbon del Monte, autore: Giacomo Franco. Fonte: Wazbinski Z. 1994, Il Cardinale Francesco Maria Bourbon del Monte, Firenze.


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Fig. 4 Ricostruzione delle fasi di realizzazione del Palazzo del Marchese Bourbon del Monte e delle originarie destinazioni d’uso. Elaborazione grafica redatta dall’autore sulla base dei testamenti del primo marchese, ASSi, Gabella 1600-1622, nn. 93, 99. Integrate dalle notizie emerse dall’ Inventario del 1739, ASFi, Magistrato Supremo, n. 4417. Base fotografica dell’Università degli Studi di Firenze, anno 2012.

Terza fase 1605-1611 Piano nobile (camere, salone/galleria e cappella); Piano soffitte (camere, credenza, dispensa, cucine).

Ex Scuderie

Seconda fase 1604 - 1605 Guardaroba, saletta, camere fattori, foresteria e dispensa.

Prima fase 1601-1604 Piano terra con ingressi carrozze, tinaia, caciaia, farinaio depositi, magazzini, cantina e piano interrato.

Considerando come detto che ad oggi non si hanno a disposizione notizie certe circa la paternità del progetto, uno degli obiettivi del presente studio è quello di approfondire il contesto storico ed indagare gli elementi stilistici che caratterizzano l’opera al fine di riscontrare delle analogie con altre opere del periodo per cercare di individuarne la provenienza e l’autore. Si ritiene opportuno iniziare la ricerca ‘fra gli architetti che alla fine del XVI secolo operavano a Roma’, come indicato dal Soprintendente architetto Gino Chierici3 nella relazione del 1920 e in base a quanto emerso dallo scritto di Cecilia Mori Bourbon del Monte di Petrella, il quale riporta che Giovanni Battista per la fabbrica di Piancastagnaio: […] si avvalse della supervisione degli architetti e delle maestranze che lavoravano a Roma per il cugino cardinale Del Monte, prefetto della Congregazione della Fabbrica di San Pietro4. 3 Si veda, a proposito del Soprintendente menzionato, Chierici Gino, Archivio di personalità, Censimento dei fondi toscani tra ‘800 e ‘900, SIUSA e per approfondimenti, Carpani E. (a cura di) 2014, Gino Chierici tra Medioevo e Liberty. Progetti, studi e restauri nei disegni della donazione Chierici, Edizioni Cantagalli, Siena. Infine, per una ricognizione dei Soprintendenti reggenti, MiBAC (a cura di) 2011, Dizionario biografico dei Soprintendenti Architetti (1904-1974), Bononia University Press, Bologna. Infine, vale la pena precisare che le lettere olografe contenute nell’Archivio SABAP Amministrativo comprese nell’intervallo cronologico di riferimento risultano essere senza nominativo e firmate in calce “Il Soprintendente”, ma è l’architetto qui menzionato ad essere Direttore e Soprintendente ai Monumenti per le provincie di Siena e Grosseto dal 5 settembre 1919 fino al 1924. 4 Mori Bourbon di Petrella C. 2017, Storia di un Feudo Imperiale. I marchesi del Monte tra Toscana e Umbria, Volumnia Editrice, Perugia, p. 91.


proposta di attribuzione

Per questo e per quanto emerso dalla ricerca effettuata sono state prese in considerazione essenzialmente due figure: Jacopo Barozzi da Vignola, conosciuto semplicemente come il Vignola, e Giacomo Della Porta5, architetti che si sono susseguiti per la fabbrica di San Pietro6 ed ai quali proseguì a seguito di concorso il nipote di Domenico Fontana, Carlo Maderno7. Per completezza è doveroso citare anche gli altri architetti che hanno avuto rapporti con il cardinale del Monte: Domenico e Giovanni Fontana8. È importante sottolineare però che i contatti di questi ultimi architetti con il mons. Del Monte risultano rilevanti solo dopo la morte di Giacomo Della Porta, fino a quel momento chiaramente preferito agli altri. Si va a delineare così la cerchia di architetti tra i quali potremmo trovare con maggiore probabilità dei riscontri per la realizzazione del ‘modello’ del palazzo di Piancastagnaio del marchese del Monte. Valentino Martelli Non si può prescindere dall’indagare ulteriormente questo architetto per quanto già esposto. Così cita Lione Pascoli: Nato in Perugia, il padre lo portò a Roma fin da subito dove iniziò a studiare la geometria, l’anatomia, la scultura e l’architettura, delle quali Michelangelo era intellettissimo e quindi, volea, che tutti i suoi scolari conoscessero queste arti. Morì Michelangelo, morì il padre; e vedendosi Valentino senza padre e senza maestro, dacché maestro egli pure con ragione già si potea dire, lasciò Roma per vedere altre Città e fece opere grandissime, quando poi venne chiamato dai perugini per operare nella sua stessa Città9.

Dal 1576 iniziano a essere documentate molte delle opere del Martelli considerato da lì in poi uno dei migliori architetti dell’epoca nell’ambito dell’architettura religiosa, soprattutto in area umbra. Da quell’anno fino alla sua morte avvenuta nel 1630, Martelli fu membro stabile e una delle figure più influenti dell’Antica Accademia del Disegno di Perugia tra i cui componenti veniva eletto il ‘Pubblico Architetto della Città di Perugia’ da parte del Supremo Magistrato dei Decemviri, carica che il Martelli ricoprì nel 1578 e nel 158010. Grazie alla sua formazione giovanile presso Michelangelo Martelli era anche riconosciuto nell’arte della scultura e della pittura, infatti fu aggregato del ‘Collegio dei Pittori’ della città di Perugia per Porta S. Pietro nel 1572. Basta ricordare in questo senso la realizzazione del Griffi (1576), Arme della stessa città posto sulla Porta Borgogna, la statua in bronzo del pontefice Sisto Si veda, a proposito dei rapporti fra il cardinale del Monte e il Della Porta, Wazbinski Z. 1994, op. cit., pp. 92-95, 254-257, 523. Adorni B. 2008, Interventi sui Palazzi Vaticani e Attività nel cantiere di San Pietro alla morte di Michelangelo, in Id. Jacopo Barozzi da Vignola, Skira, Milano, pp. 153-158. 7 Vale la pena riportare, a proposito dei rapporti tra il cardinale del Monte e il Maderno, al quale preferiva chiaramente il Della Porta ancora in vita al momento dell’inizio del nostro palazzo, Wazbinski Z. 1994, cit., pp. 105-106, 254-257, 281-284, 291, 306, 573. 8 Wazbinski Z. 1994, op. cit., pp. 151, 254-255, 306. 9 Pascoli L. 1732, Valentino Martelli Scultore ed Architetto Civile, in Id. Vita de pittori, Scultori ed Architetti perugini, Antonio de’ Rossi, Roma, pp. 153-155. 10 Si veda, a proposito degli incarichi svolti da questo architetto, Mariotti A. 1788, Lettere pittoriche perugine o sia ragguaglio di alcune memorie istoriche riguardanti le arti del disegno in Perugia, Stampe Baduliane, Perugia, pp. 259-264. 5 6

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Fig. 5 Jacopo Barozzi da Vignola, Palazzo Farnese a Caprarola, volo aereo. Fonte fotografica: caprarola.info, autore ignoto (ultimo accesso 09/2018).

V (1591) doppia rispetto al naturale e l’altare in stucco dell’oratorio del S.S.mo Crocifisso di Santa Maria Nuova (1593)11. Altre opere attribuite all’architetto Martelli a Perugia sono la facciata della chiesa della Maestà alle Volte (1590), il tetto e il campanile della cattedrale di San Lorenzo (1606), il ridisegno di Via Pinella e la facciata del palazzo del cardinal Pinelli12, la chiesa della Compagnia della Morte (1597)13 e infine la Biblioteca Augusta14. Fuori dalla sua città natale, precisamente a Todi, troviamo: il progetto non realizzato per il santuario del S.S.mo Crocifisso (1592)15 e il disegno della pianta della sacrestia e delle finestre della cupola per il bramantesco tempio di Santa Maria della Consolazione (1508-1607)16. In zona Ivi, p. 262. Si veda inoltre, a proposito delle opere menzionate, Siepi S. 1836, Descrizione tipologico istorica della Città di Perugia, Volume I, Tipografia Garbinesi Santucci, Perugia, pp. 274, 432. 12 Si veda, a proposito delle opere, Siepi S. 1836, cit., pp. 128, 143, 174, 389, 390, 432. 13 Si veda, a proposito di riscontri sulle opere e per l’attribuzione che viene suggerita per la Chiesa della Morte, Orsini B. 1784, Guida alle Foresteria per l’Augustea Città di Perugia, presso Il Costantini, Perugia, pp. 92, 116, 185, 254, 263. 14 Si veda, a tal proposito, Cecchini G. 1978, La biblioteca augusta del Comune di Perugia, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma, pp. 23-24, 207-208 e 490-491. 15 Si veda, Villani M. 2009, L’architettura delle cupole a Roma 1580-1670, Gangemi, Roma, pp. 78-80 che a proposito del Martelli “evidenzia i legami con i grandi templi a pianta centrale della tradizione quattro-cinquecentesca; l’organismo – circolare all’esterno, quadrato con gli angoli smussati all’interno – culmina nella grande cupola estradossata. Un rigoroso sistema di proporzionamento ordina l’articolazione delle parti: […]. Sebbene lodato da ‘Jacomino Della Porta, architetto di San Pietro in Vaticano, dal Cavaliero Fontana e messer Giovanni suo fratello, et altri valenti uomini’ il progetto del Martelli verrà abbandonato pochi mesi dopo”. 16 “Tra il 1584 ed il 1587 l’architetto perugino Valentino Martelli fu chiamato più volte a Todi per visitare la fabbrica e disegnare le finestre della cupola e la pianta della sagrestia. […]. Nel 1586, intanto, venne affidato a Francesco Casella l’incarico di posare in opera la cupola, sotto la direzione di Valentino Martelli”, Battistoni L. 2007, Il tempio di Santa Maria della Consolazione in 11


proposta di attribuzione

umbra a Montefalco la chiesa di Santa Chiara (1615) e a Bevagna la realizzazione del modello della chiesa di Santa Maria delle Grazie (1583) . 17

Come si evince dalle sue opere e dalla loro analisi appare evidente che nonostante esse siano tutte pensate e realizzate in un arco temporale compreso tra il 1580 ed il 1615, vi è un costante riferimento all’architettura di fine Quattrocento inizio Cinquecento, quindi non in linea con lo stile della seconda metà del XVI secolo in cui si può inserire il palazzo di Piancastagnaio, quantomeno per i suoi caratteri compositivi e stilistici che abbiamo iniziato a vedere e che saranno approfonditi in seguito18. In aggiunta esso rappresenterebbe per il Martelli l’unico esempio di architettura civile realizzata, che in tal senso ha operato sempre con rinnovi o addizioni sull’esistente, oltre al fatto che dello stesso architetto non abbiamo riscontri di opere o progetti per giardini a coronamento di palazzi o ville come in Todi 1508-1607, Tipografia Tuderte, Todi, p. 21. 17 Si veda, per le opere attribuite a Valentino Martelli, Nessi S. 2004, Il Tempio della Consolazione di Montefalco, «Periodico dell’Accademia di Montefalco», n. 18, Montefalco, pp. 26-29; Magliani S., Architettura e Urbanistica dopo la guerra del Sale, in Rossi R. 1993, Storia illustrata delle Città dell’Umbria: Perugia, Volume I, Elio Sellino Editore, Milano, pp. 468-472; per una veloce ricognizione: <http://www.keytoumbria.com/Perugia/Martelli_Valentino.html> (ultimo accesso 08/ 2018). 18 Val la pena riportare che anche C. Prezzolini ad un certo punto pone in dubbio l’effettiva paternità progettuale del palazzo al Martelli con la seguente riflessione, “Fa riflettere la profonda diversità del modo di porsi del Martelli, nel giro di pochi anni, nei confronti dei progetti: per il tempio di Todi propone un progetto che si riferisce a episodi architettonici dell’inizio del ‘500, cioè ‘vecchi’ di quasi un secolo e superati dalla cultura architettonica del tempo; per il palazzo Bourbon propone un progetto che si inserisce nella cultura architettonica contemporanea e che si presenta molto complesso ed articolato per le soluzioni date ai problemi posti dall’inserimento ambientale del palazzo. Queste considerazioni ci possono far pensare al Martelli come a un architetto versatile, oppure potrebbero far pensare che il progetto di Piancastagnaio non è del Martelli”, Prezzolini C. 1981, Il Palazzo del Marchese a Piancastagnaio, La Commerciale, Acquapendente, pp. 18-19.

Fig. 6 Palazzo Bourbon del Monte di Piancastagnaio, volo aereo. Fonte fotografica: Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di Scienze della Terra, anno 2012.

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Fig. 7 Jacopo Barozzi da Vignola e Giacomo Della Porta, Palazzo Comunale di Velletri, vista dalla piazza del centro abitato di Frascati. Fonte fotografica: Wikipedia, autore ignoto, (ultimo accesso 09/2018).

Piancastagnaio. La distanza espressiva a cui si è fatto riferimento sembra aumentare se poniamo il confronto tra la composizione proposta nei portali di accesso al Palazzo dei Del Monte e quelli disegnati e realizzati dal Martelli, tra cui quello di Palazzo Pasini, Porta San Costanzo e l’Arco di Sisto V nella città di Perugia19. Come già menzionato, in seguito all’analisi visiva dei caratteri stilistici del palazzo di Piano il Soprintendente Gino Chierici afferma che “non si conosce ancora l’architetto che lo disegnò, ma non sarà difficile trovarlo fra quelli che sulla fine del sec. XVI operavano a Roma”20. È proprio sulla base di questa affermazione, sul carattere delle opere menzionate del Martelli e per la mancanza di riscontri diretti che si pone in dubbio che egli sia effettivamente l’ideatore del progetto. Risulta comunque documentata la sua presenza in Piancastagnaio durante la realizzazione del palazzo gentilizio e quindi è verosimile che egli fu coinvolto nella fase dell’esecuzione materiale della fabbrica, ma questo non contrasta con l’idea che il ‘modello’ progettuale possa appartenere ad un altro architetto. In quegli anni era infatti abitudine diffusa che negli scritti locali venisse riportato il nome del direttore dei lavori o

Si veda, a proposito del disegno di porta San Costanzo, Sartore A. M. 2012, Nuovi documenti su Galeazzo Alessi e Valentino Martelli, in «Bollettino per i beni culturali dell’Umbria», Anno 5, n. 9, Beta Gamma Editrice, Viterbo, pp. 195-200. 20 Infra. Archivio SABP, Amministrativo, lettera del 11 dicembre 1920 prot. n.1420, inviata dal Soprintendente di Siena in risposta al telegramma del 10 Dicembre 1920 inviato dal Sottosegretario di Stato per le Antichità. 19


proposta di attribuzione

Fig. 8 Palazzo Bourbon del Monte di Piancastagnaio, prospetto est. Fonte fotografica: Collezione privata, anno 1910.

dell’esecutore materiale piuttosto che il progettista, il quale era solito anche spedire il progetto al committente tramite persone di fiducia21. Un esempio di questo è la presenza del Martelli nel ruolo di direttore dei lavori nella Chiesa del Gesù a Perugia in seguito alla morte di Ignazio Danti, che secondo documenti d’archivio si occupò del disegno della basilica assieme a Galeazzo Alessi, disegno per il quale in un secondo momento l’architetto Jacopo Barozzi ebbe “poi l’ordine, che fosse perfezionato”22. Francesco Maria Bourbon del Monte Nacque a Venezia nel 1549 e cominciò la sua educazione presso la corte del granduca di Urbino, a 14 anni fu nominato abate commendatario dell’Abbazia di Santa Croce in Monte Fibali, continuò la sua formazione presso l’Università di Padova dove strinse rapporti con molte figure illustri tra le quali Torquato Tasso, Pietro Bembo e Galileo Galilei e dove nel 1570 ottenne il diploma di dottorato presso l’Accademia di Marco Mantova Bonavides, titolo che favorì il suo inserimento presso la Curia romana23. Conforti C. 2001, Architetti, committenti, cantieri, in Conforti C. Tuttle R.J., Storia dell’architettura italiana. Il secondo Cinquecento, Electa, Milano, pp.16-19 e Dameri D. Lodovisi A. Trenti G. 2002, Il Conte, l’Architetto e il Palazzo. Il Palazzo di Hercole il vecchio, secolo XVI. Fondazione di Vignola centro di documentazione, Silvestri, Castelvetro di Modena. 22 Riccio F. 2002, Vignola a Perugia, Assisi e al lago Trasimeno: la committenza e la concorrenza, in AA.VV. Le fabbriche di Jacopo Barozzi da Vignola, Electa, Milano, p. 42. 23 Wazbinski Z. 1994, op. cit., t. I, capp. 1-2. 21

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Fig. 9 M. Greuter. “Villa Tuscolana” e “Il Barco” (incisione della veduta del 1620). Fonte: Borsoi M. 2012, Lo Stato tuscolano degli Altemps e dei Borghese a Frascati, Gangemi, Roma.

La sua posizione presso la Curia venne consolidata nel 1576 grazie al matrimonio tra Giacomo Boncompagni marchese di Vignola (MO) e nipote di Ugo Boncompagni, papa Gregorio XIII, con Costanza Sforza di Santa Fiora, nipote del cardinale Alessandro Sforza del quale Francesco Maria del Monte era parente e collaboratore-uditore in Roma24. Si andava delineando così la creazione di un principato vicino a Roma e confinante con lo Stato Pontificio importante “per la stessa politica del partito mediceo che avrebbe potuto contare sull’appoggio del nuovo alleato nelle lotte per la successione durante gli interregni. Così nacque un principato non solo simile a quello dei Farnese, ma — proprio per la sua peculiarità — migliore di quello dei Farnese”25. In quest’ottica proprio il cardinale Sforza fece costruire a Castell’Azzara nel territorio situato al confine sud con Piancastagnaio la villa Sforzesca edificata nel 1576 “dove operarono dapprima Tiberio Calcagni e poi Giovanni e Domenico Fontana, Carlo e Pompeo Maderno”26. Nello stesso periodo nel confinante Comune di Sovana venne realizzato un altro palazzo “con la sua altisonante architettura tardorinascimentale” per volere di un vescovo appartenente Ivi, p. 46-47. Wazbinski Z. 1994, op. cit., p. 47. Vale la pena riportare che la posizione dei domini feudali della famiglia Farnese, tra i quali Ducato di Castro e il feudo di Caprarola, erano posti al confine tra dello Stato Pontificio con il Granducato di Toscana. 26 Benocci C. 2003, Strategie residenziali degli Sforza Cesarini nel Seicento a Roma, in Bevilacqua M., Madonna M.L. (a cura di), Il sistema delle residenze nobiliari: Stato Pontificio e Granducato di Toscana, De Luca Editori d’Arte, Roma, pp.137-148. 24 25


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Fig. 10 Jacopo Barozzi da Vignola, Villa Lante a Bagnaia costruita per volontà del cardinale Francesco Gambara. Fonte fotografica: MuseiOnline (ultimo accesso 9/2018).

alla famiglia dei Bourbon del ramo di Santa Maria nella piazza principale del piccolo paese27. Queste informazioni indicano la radicata presenza dei Santa Maria nel territorio di cui fa parte Piancastagnaio già prima dell’investitura feudale e inseriscono la costruzione del nostro palazzo nel quadro politico appena descritto e al quale si è fatto cenno nell’introduzione al presente capitolo. Nel 1588 Francesco Maria del Monte divenne cardinale al posto di Ferdinando I de’ Medici che abbandonò la carriera ecclesiastica per divenire granduca di Toscana (1576)28. Fin da subito il cardinale iniziò la sua attività intellettuale all’interno della Curia, di fatto gestiva le committenze di maggior rilievo per pittori, architetti e scultori, dapprima in qualità di ‘protettore dell’Accademia di San Luca’ e poi come ‘membro della Congregazione della Fabbrica di San Pietro’29. Riuscì a creare presso la sua residenza a Palazzo Madama un atelier di artisti tra cui Caravaggio, suo prediletto, costituendo tra la fine del Cinquecento e gli inizi del Seicento una vera e propria ‘collezione delmontiana’ di cui vi sono Mazzolai A. 1997, Guida alla Maremma. Percorsi tra arte e natura, Le Lettere, Firenze. Per completezza si riporta che in quegli anni i componenti della famiglia che intrapresero la carriera ecclesiastica furono il cardinale Francesco Maria e Pietro Giacomo (1540-1575) arcivescovo di Pisa, rispettivamente cugino e fratello del Battistone; si veda inoltre, Bertocci S. Lucchesi L. 1984, op. cit., p. 27. 28 Wazbinski Z. 1994, op. cit., t. I, cap. 4. 29 Ivi, t. I, cap. 7, 9. 27

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Fig. 11 Jacopo Barozzi da Vignola, Palazzo Farnese a Caprarola, prospetto frontale. Fonte fotografica: Wikipedia, diritti LivioAndronico 2013, (ultimo accesso 09/2018).

testimonianza due inventari redatti nel 1627 e 162830, un anno prima della morte avvenuta nel 1629. Il biografo del cardinale del Monte Wazbinski asserisce che Lo splendido Palazzo dei Marchesi di Piancastagnaio costruito per Giovanni Battista Del Monte e la sua interessantissima collezione di sculture antiche e pitture — queste collezioni sono passate alla fine del Seicento a Firenze ed inventariate nel 1739 — sarebbero inconcepibili senza i consigli del cardinale del Monte (figg. 2-4)31.

Questo è confermato dalla presenza di opere di medesimi artisti sia nella collezione di Giovanni Battista che del cugino Francesco Maria32. Testimonianza della collezione del primo marchese di Piano è l’inventario stilato nel 1739 redatto per conto del quinto marchese di Piancastagnaio dove emergono molte opere di famosi artisti, tra le quali quelli di Cristofano Allori, Andrea Del Sarto, Giovanni Bellini, Michelangelo Merisi (Caravaggio), Annibale Carracci, Ludovico Cigoli, Lorenzo Lippi, Nicolas Poussin, Pietro Paolo Rubens, Guido Reni, Soderini, Jacopo Tintoretto e Giorgio Vasari33. Ivi, t. II, cap. 5-6. Ivi, t. I, p. 326 e a proposito della Collezione tomo II, cap VI. 32 A tal proposito si riporta che mons. Francesco Maria Del Monte viene nominato nel fedecommesso del primo marchese quale curatore del suo ereditiere e dei suoi beni in Piancastagnaio, ASSi, Selvi F. Gabella dei riassunti testamentari, n. 93, cc. 81-83. 33 ASFi, Inventario Solenne dell’Eredi del Già Illustrissimo Sig. March., Magistrato Supremo, n. 4417. 30 31


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Fig. 12 Jacopo e Giacinto Barozzi da Vignola (eseguito sul loro progetto), Palazzo Farnese a Piacenza. Fonte fotografica: PiacenzaOnline (ultimo accesso 09/2018).

Jacopo Barozzi da Vignola Sulla base della composizione architettonica del nostro palazzo con i suoi giardini-belvedere e sull’area di indagine indicata dal Soprintendente citato precedentemente, chi scrive ha ritenuto per un esaustiva trattazione dei caratteri architettonici comprendere nell’analisi stilistica Jacopo Barozzi da Vignola, che anche se non in vita al momento della costruzione del Palazzo Bourbon del Monte è tra quegli architetti che hanno maggiormente contribuito alla definizione del ‘tipo edilizio’ del secondo Cinquecento e attivo presso la Curia romana fino alla morte. Il percorso di analisi inizia dalla composizione architettonica fino a focalizzarsi ai dettagli linguistici confrontando quelli presenti nel palazzo di Piano e quelli teorizzati e realizzati da Jacopo Barozzi da Vignola (1507-1573). Nel trattato Regola dellì Cinque Ordini d’Architettura grazie alla conoscenza approfondita dell’architettura costruita classica, oltre che della trattatistica di Vitruvio, Leon Battista Alberti e Sebastiano Serlio, il Vignola elabora un sistema di semplici relazioni dimensionali in grado di tenere unite le parti e i singoli elementi della composizione architettonica in un’ armonia propria e riconoscibile: dato il valore adimensionale detto modulo e l’ordine (tuscanico, dorico, ionico e corinzio) si definiscono le altezze dei singoli elementi, come ad esempio il capitello, e delle parti maggiori quali il piedistallo, la colonna e la trabeazione.

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Fig. 13 Palazzo Bourbon del Monte di Piancastagnaio, prospetto nord su piazza Belvedere (in scorcio prospetto ovest e in secondo piano il copro edilizio dell’appendice incompiuta). Fonte fotografica: Collezione privata, anno ca. 1910.

Fig. 14 Jacopo Barozzi da Vignola, Villa Giulia a Roma voluta dal Papa Giulio III (progetto generale attribuito, al quale hanno partecipato probabilmente per alcune parti Giorgio Vasari e Bartolomeo Ammannati con il contributo di Michelangelo Buonarroti), prospetto frontale. Fonte fotografica: Wikipedia, diritti Sergio D’Afflitto (ultimo accesso 09/2018).


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Fig. 15 Palazzo Bourbon del Monte di Piancastagnaio, prospetto sud via F. Guerrini. Fonte fotografica: Collezione privata, anno ca. 1910.

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Fig. 16 Jacopo Barozzi da Vignola (realizzato su di un suo progetto e terminato sotto la direzione di Carlo Maderno), Palazzo Borghese a Roma voluto da mons. Tommaso del Giglio, prospetto verso piazza Borghese. Fonte fotografica: Roma Ieri e Oggi, anno 1875, (ultimo accesso 09/2018).

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Questo metodo si applica con non più di sette numeri interi: 7, 8, 9 e 10 per la snellezza delle colonne e 4:12:3 per i rapporti tra le altezze delle parti che rimangono fissi; infatti il piedistallo è alto un terzo della colonna e la trabeazione è alta un quarto mentre l’altezza della colonna varia a seconda dell’ordine34. Lo stesso autore nella premessa stabilisce una deroga quando dichiara che “la Regola” è un pun-

Fig. 17 Jacopo Barozzi da Vignola, progetto per la facciata di Palazzo Radini Tedeschi a Piacenza, Collezione privata. Foto tratta da: Adorni B. 2008, Jacopo Barozzi da Vignola, Skira, Milano.

to di arrivo e può essere declinato secondo le “belle regole della Prospettiva”35. A tal proposito occorre subito precisare ai fini dell’indagine che la composizione dei prospetti del palazzo in Piancastagnaio è regolata da rapporti proporzionali che si estendono anche agli interni, ma che non rispettano quelle costanti tra le altezze sopra menzionate. Al contrario emerge il rapporto di fuori scala che il palazzo dei Del Monte instaura con l’impianto medievale del centro abitato di Piancastagnaio che richiama un immediato parallelismo con il palazzo-fortezza del non lontano centro abitato di Caprarola, feudo della nobile famiglia Farnese. In quest’ultimo il Barozzi interviene su un’opera iniziata da Antonio da Sangallo il Giovane dove per volontà del cardinale Alessandro Farnese realizza un imponente e sublime edificio residenziale che domina totalmente il contesto urbano e territoriale circostante (fig. 5-6). Questo rapporto tra edificio e contesto si trova anche in altre opere del Barozzi poste in grandi città, tra cui vi è l’incompiuto palazzo Farnese a Piacenza che, progettato prevalentemente su impianto simmetrico, sarebbe stato adornato di ampi giardini all’interno di una generosa e ampia corte36. Le fabbriche vignolesche integrate e abbellite da vasti e ornati giardini imposti su impianto geometrico costituiscono un organico modello d’insieme caratteristico della sua opera, tra cui si riporta anche per i riferimenti già menzionati villa Giulia a Roma37. I giardini ormai perduti, ma ben documentati e descritti dalla storiografia sul nostro palazzo — composti da viali con statue, scherzi d’acqua, fontane e peschiere — mostravano chiari riferimenti compositivi utilizzati nella seconda metà del Cinquecento, come ad esempio l’uso della “catena d’acqua”; rilevante è la menzione agli “stretti riferimenti” riscontrata fra i nostri giardini e quelli di Bomarzo38. Il progressivo cambio di scala ottico permette di porre l’attenzione sugli aspetti che abbiamo già ini-

Fig. 18 Jacopo Barozzi da Vignola, progetto del piano terra di Palazzo Radini Tedeschi a Piacenza, Collezione privata. Foto tratta da: Adorni B. 2008, Jacopo Barozzi da Vignola, Skira, Milano.

ziato a vedere al capitolo precedente. La fabbrica in Piancastagnaio è definita volumetricamente da un corpo edilizio che si sviluppa su base quadrata e termina con corpo centrale in sopraelevazione39, che possiamo rivedere assieme al tema dei giardini in villa Tuscolana Vecchia a Frascati40 e nei corpi

34 Si veda, per una trattazione esaustiva, Dotto E. 2011, La regola e lo sguardo. La critica di Giuseppe Damiani Almeyda al libro dei cinque ordini di architettura di Vignola, in «Rivista di temi di Critica e Letteratura artistica», n. 4, Università degli Studi di Palermo. 35 Danti E. 1583, Le due regole della prospettiva pratica di M. Iacomo Barozzi da Vignola, per Francesco Zannetti, Roma. 36 Tuttle R.J. 2001, Jacopo Barozzi da Vignola a Roma e nello Stato Pontificio, in Conforti C. Tuttle R.J., op. cit., pp.108-129. 37 ibidem 38 Si veda, a proposito degli “stretti riferimenti”, Bertocci S., Lucchesi L. 2001, Villa Arrivabene, Edizioni della Meridiana, p. 25. 39 Infra. 40 Borsoi M. (a cura di) 2012, I Borghese nel territorio Tuscolano, in Id. Lo “Stato tuscolano” degli Altemps e dei Borghese a Frascati, Gangemi Editore, Roma. Si veda inoltre, Adorni B. 2008, Villa Tuscolana Vecchia a Frascati, in Id., Jacopo Barozzi da Vignola, Skira, Milano op. cit., p.196-197.


proposta di attribuzione

volumetrici delle palazzine di villa Gambara a Bagnaia41 (figg. 9,10). Un altro carattere dell’architettura del Vignola presente nel nostro palazzo è il rapporto che l’edificio instaura con l’ambiente circostante. Il dialogo tra volume edificato e luce si traduce in alternarsi di pieni e vuoti delle finestre che permettono agli ambienti interni di fruire di un’ampia e diffusa illuminazione naturale. In particolare l’avvicendamento gerarchico fra piani principali con finestre rettangolari di ugual misura e piani ammezzati illuminati da finestre quadrate corrispondenti tra loro per dimensione, sono riscontrabili in Palazzo Borghese42 a Roma, Palazzo Farnese a Caprarola43 e Piacenza44 (figg. 11-16). Risulta significativo inoltre soffermarsi sul generale senso di austerità che il palazzo di Piano presenta sia verso l’esterno sia negli interni, caratteristica del rigore manifesto sobrio ed elegante riconoscibile in tutte le opere del Vignola e che trova conferma proprio con quanto egli riporta nel primo capoverso dell’introduzione alla Regola e come ben lo descrive John Ruskin nelle Pietre di Venezia, dove riporta

Fig. 19 Jacopo Barozzi da Vignola (disegno attribuito), Palazzo Contrari Boncompagni a Vignola, pianta piano primo. Foto tratta da: Adorni B. 2008, Jacopo Barozzi da Vignola, Skira, Milano.

che Vignola: Ce lo proclama apertamente: “Non potete sentire la mia opera se non studiate Vitruvio. Io non mi darò mai lieto colore, piacevole scultura, nulla che possa rendervi felici; perché io sono un uomo colto. Nell’opera mia potrete dilettarvi soltanto della sua educazione orgogliosa, del suo rigido formalismo, della sua rifinitura perfetta, della sua fredda tranquillità. Io non lavoro per il volgo, lavoro solo per gli uomini di accademia e di corte”45.

A favore dell’ipotesi che Vignola possa aver fornito un disegno seppur approssimativo del nostro palazzo, vi è la possibilità che egli sia entrato in contatto a Roma durante i vari incarichi, ad esempio per la “sistemazione degli Orti farnesiani sul Palatino verosimilmente a partire dal 1565”46, con il primo marchese Giovanni Battista quando “Pio V lo fece in Roma Capitano delle Lance, e Governatore di Fermo coll’assoluto comando dell’armata” per tre anni dal 156647. Allo stesso tempo è importante sottolineare, come si è visto, che la famiglia Bourbon del Monte era già presente durante la seconda metà del Cinquecento nel territorio di cui fa parte Piancastagnaio, come anche è dato sapere che lo stesso Vignola dopo la morte di Sangallo il Giovane (1484-1546), fu incaricato dal cardinale Marcello Cervini, futuro papa Marcello II (1555) di continuare la costruzione del suo palazzo a Vivo d’Orcia, proprio sul Monte Amiata nello stesso versante di Piancastagnaio, per il quale dopo un suo ‘disegno approssimativo e solamente per fissare l’idea’ il figlio Giacinto ne fece le ‘belle copie’ oggi custodite alla

Si veda, a proposito della Villa voluta dal cardinale Gambara, Notoli M. 2011, L’eco di Vignola nelle fontane del Lazio e nella cultura mondiale del paesaggio, in Affani A.M. Portoghesi P. (a cura di) 2011, Studi su Iacopo Barozzi da Vignola: atti del convegno internazionale, Gamgemi, Roma, pp. 277-292. 42 Si veda, a proposito di palazzo Borghese a Roma, Frommel C.L., Palazzo Borghese, capolavoro di Vignola, in Portoghesi P. Affani A.M. (a cura di) 2011, cit., pp. 191-214. 43 Si veda, Adorni B. 2008, Palazzo Farnese a Caprarola, in Id. op. cit., pp. 82-111. 44 Si veda, Adorni B. 2008, Palazzo Farnese a Piacenza, in Id. op. cit., pp. 114-139. 45 Si veda, a proposito della citazione l’introduzione di P. Portoghesi, in B. Adorni 2008, op. cit., p. 8. 46 Bottari S. 1964, voce Barozzi Iacopo detto il Vignola, in Dizionario Biografico Treccani, vol. VI, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma, <http://www.treccani.it/enciclopedia/barozzi-iacopo-detto-il-vignola_%28Dizionario-Biografico%29/> (ultimo accesso 09/2018). 47 Angelucci A. 1816, Stanze dell’Abate C. Anastasio Angelucci, co’ caratteri di Didot, Pisa, p. 93. 41

Fig. 20 Jacopo Barozzi da Vignola, pianta per il Palazzo Comunale di Grotte di Castro. ASPa, Mappe e Disegni, vol. 49 n. 5. Foto tratta da: Adorni B. 2008, Jacopo Barozzi da Vignola, Skira, Milano.

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Kunstbibliothek di Berlino48. Quanto esposto non toglie i forti dubbi generati dallo sfasamento tempo-

Fig. 21 Jacopo Barozzi da Vignola, Villa Giulia a Roma, particolare del coronamento delle finestre al piano nobile. Foto tratta da: Adorni B. 2008, Jacopo Barozzi da Vignola, Skira, Milano.

rale tra la scomparsa di Vignola e l’inizio della edificazione del nostro palazzo, ma aiuta a ricostruire

Fig. 22 Palazzo Bourbon del Monte, particolare della finestra del piano nobile. Archivio LL.PP. Comune di Piancastagnaio, autore: Paganini S., Facciotto C., anno 2007.

sto autore: palazzo Farnese a Piacenza e palazzo Borghese a Roma sono infatti stati terminati rispetti-

Fig. 23 Jacopo Barozzi da Vignola, Villa Giulia a Roma, particolare della finestra centrale dell’emiciclo. Foto tratta da: Adorni B. 2008, Jacopo Barozzi da Vignola, Skira, Milano.

re prime per via dell’intensa attività lavorativa; era solito infatti delegare a persone di fiducia la realiz-

Fig. 24 Palazzo Bourbon del Monte, particolare di uno dei portali interni a piano nobile. Foto: SABAP, Catalogo e Fototeca, anno 1990.

il clima culturale in cui si iniziò a porre le basi per la futura acquisizione del feudo dei Del Monte e la realizzazione del loro palazzo gentilizio. Si vuole comunque marcare che la costruzione del palazzo in Piancastagnaio conclusa nel 1611 non rappresenterebbe l’unico esempio di opera postuma di quevamente nel 1609 e 1613. Questo a sostegno che la realizzazione di un progetto sia possibile anche a distanza di tempo dalla scomparsa di un architetto che per mano di altri ebbe modo di essere concluso. In quest’ottica la presenza di Vignola presso i cantieri di costruzione è riscontrabile solo per le sue opezazione dei suoi progetti, come ad esempio al figlio Giacinto, al quale affidava la copia dei disegni e le relazioni con i direttori dei lavori49. Ad esempio per il palazzo della famiglia Boncompagni a Vignola, il Barozzi non seguì la realizzazione affidata al mastro muratore Bartolomeo Tristano da Ferrara e dove per la realizzazione della celebre scala elicoidale autoportante dovette raggiungere il Barozzi per farsi completare il disegno50. Questo palazzo presenta una generale simmetria nell’intavolato progettuale, ovvero in pianta e nei prospetti principali mentre i prospetti secondari risultano asimmetrici. Questo decentramento dato dallo spostamento dei portali di accesso è una caratteristica che troviamo anche nel palazzo di Piancastagnaio, dove però tale elemento caratterizza anche i prospetti principali; questa peculiarità come vedremo successivamente è riscontrabile nell’architettura di Giacomo Della Porta. Un altro aspetto è la distribuzione planimetrica degli interni regolata da una ratio che propone un parallelismo fra il nostro edificio con quello dei Boncompagni a Vignola51, di Grotte di Castro52 e Radi-

Vale la pena riportare che alla morte del Sangallo l’incarico a Vignola avvenne dopo qualche tempo per via degli “anni critici per la Val d’Orcia percorsa dalle truppe spagnole”. Si veda, Adorni B. 2008, Villa per Marcello Cervini, in Id., op. cit., pp. 47-52. 49 Schlime H. 2011, L’architettura di Vignola fra progetto e costruzione: divisione del lavoro e processi di decisione nell’edilizia del Cinquecento, in Affani A.M. Portoghesi P. (a cura di), op. cit., pp. 380-396; si veda inoltre, Adorni B. 2008, Il Palazzo Farnese a Piacenza e Palazzo Radini Tedeschi a Piacenza, in Id., op. cit., pp. 114-139 e 140-143; infine, Dameri D., Lodovisi A., Trenti G. 2002, op. cit., pp. 39-52. 50 Dameri D., Lodovisi A., Trenti G., op. cit., pp. 46, 47. 51 Si veda, Adorni B. 2008, Palazzo Contrari Boncompagni a Vignola, in Id., op. cit., pp. 201-202. 52 Si veda, Adorni B. 2008, Grotte di Castro Palazzo comunale, in Id., op. cit., pp. 188-189. 48


proposta di attribuzione

Fig. 25 Jacopo Barozzi da Vignola, Porta Faulle a Viterbo (attribuita ad un suo disegno). Fonte fotografica: Viterbo-ArteCittà, (ultimo accesso 09/2018). Fig. 26 Palazzo Bourbon del Monte a Piancastagnaio, portale nord di ingresso al piano nobile. Archivio LL.PP. Comune di Piancastagnaio, autori: Paganini S., Facciotto C., anno 2007.

ni Tedeschi a Piacenza53, dove emerge una disposizione degli spazi attorno ad un ambiente centrale, il quale dispone di affaccio dal prospetto esterno, mentre la scala collocata in posizione laterale permette l’accesso diretto alla sala principale o corte interna (figg. 17-20). Un ulteriore cambio di scala permette di porre l’attenzione ai dettagli linguistici dei portali di ingresso del palazzo di Piancastagnaio, dove le bugne richiamano la disposizione a ventaglio sull’archivolto e dove è possibile la divisione in parti della colonna e trabeazione, rispettivamente in 12 e 3 parti, verificabile per il portale nord e che richiama un parallelismo con la vignoliana Porta Faul a Viterbo54. Focalizzando l’attenzione sul tema plastico della doppia voluta che troviamo a coronamento sempre sul portale a nord, si può notare come queste si stringano e innalzano un piedistallo sul quale è posto l’arme nobiliare della famiglia marchionale, questo tema appare come eco di quello che Vignola utilizza per il coronamento delle finestre al piano principale in Villa Giulia55, nella corte del palazzetto di Piazza Navona n.45 e nel Portico dei Banchi a Bologna (figg. 21-26). Si veda, Adorni B. 2008, Palazzo Radini Tedeschi a Piacenza, in Id., op. cit., pp. 140-143. Si veda, per approfondimenti, Adorni B. 2008, Opere a Viterbo, in Id., op. cit., pp.186-187 e Natoli M., L’eco di Vignola nelle fontane del Lazio e nella cultura mondiale del paesaggio, in Affani A.M. Portoghesi P. (a cura di) 2011, op. cit., p. 277-292. 55 Si veda, Adorni B. 2008, Villa Giulia, in Id. op. cit., pp. 54-65. 53 54

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In conclusione da quanto emerso fin qui possiamo riconoscere delle analogie fra il palazzo dei Del Monte di Piancastagnaio e l’opera di Jacopo Barozzi da Vignola per la sua impostazione a scala urbana, infatti il complesso monumentale completo di vasti giardini ed annesse scuderie risulta chiaramente riferirsi all’architettura della seconda metà del Cinquecento. Al contrario osservando nel dettaglio l’intavolato architettonico proporzionale e decorativo, la mancanza di una esatta corrispondenza alla disciplina illustrata nella Regola conferma i dubbi posti dallo sfasamento temporale fra la morte dell’artista e l’edificazione del nostro palazzo56. Sotto questo aspetto occorre infatti tenere in considerazione che la ricorrenza dei caratteri linguistici e compositivi del Vignola ripetendosi diventano delle vere e proprie griffe57 che permettono di distinguere queste opere da imitazioni o contaminazioni. Nel caso di questa opera a Piancastagnaio si ritiene comunque che i riferimenti presentati non sembrano pura-

Fig. 27 Palazzo Bourbon del Monte di Piancastagnaio, dettaglio delle fasce modanate dell’ultimo piano nell’appendice incompiuta. Autore: Pammolli L., anno 2017.

mente casuali e possono essere utili per individuare un’area dove condurre ulteriori indagini per la paternità progettuale. Spesso negli incarichi di Vignola si rintraccia la figura dell’architetto Pirro Ligorio (1513-1583)58, incaricato dopo la morte di Michelangelo (1564) per la continuazione della Fabbrica di San Pietro assieme al Vignola, quest’ultimo prima nelle vesti di suo vice e dal 1566 come direttore dei lavori dopo che Ligorio propose la modifica al progetto michelangiolesco, per il quale Pio V lo allontanò59. Anche se al momento non si hanno riscontri circa possibili contatti tra Ligorio e il cardinale Del Monte, occorre tenere in debita considerazione questa non secondaria figura sulla base di quanto già citato e riportato in merito agli ‘stretti riferimenti’ tra i Giardini perduti di Piancastagnaio e di Bomarzo, dove proprio il Ligorio è intervenuto attivamente. Giacomo Della Porta Nacque a Porlezza (Como) nel 1532 e si formò a Roma come allievo di Michelangelo e indirettamente anche del Vignola in quanto alla morte di quest’ultimo subentrò per la continuazione di alcune sue fabbriche60. Egli è indicato come probabile architetto del nostro palazzo dal biografo del cardinale del Monte Zyngmunt Wazbinski, il quale definisce ‘vecchia’ l’attribuzione del palazzo a Valentino Martelli in virtù dei rapporti privati tra l’architetto e la famiglia dei Del Monte. Egli oltre a essere designato per il compimento del progetto buonarrotiano della fabbrica di San Pietro venne chiamato su consiglio dello stesso cardinale dal granduca Ferdinando I per realizzare il modello per la Cappella dei Principi. Questo è quanto emerso: Si veda, a proposito delle attribuzioni di opere, Picorreta M. 2002, I Palazzi di Vignola in Umbria: attribuzioni tra cronache e documenti, in AA.VV. 2002, op. cit., pp. 53-57. 57 L’espressione è ripresa dall’introduzione di P. Portoghesi, in Adorni B. 2008, op. cit., p. 7. 58 Si veda, a proposito degli impegni del Ligorio in riferimento a Vignola, Portoghesi P. Affani A.M. (a cura di) 2011, op. cit., pp.146, 155, 213, 252; si veda anche, Adorni B. 2008, op. cit., pp. 6, 154, 157, 180. 59 Adorni B. 2008, op. cit., pp. 157-158. 60 Si veda, a proposito “Della Porta si dimostrò allievo di Vignola”, Frommel C.L., in Affani A.M. Portoghesi P. (a cura di) 2011, op. cit. p. 213 e Bedon A. 1989, Della Porta Giacomo, in Dizionario Biografico Treccani, vol. 37, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma. 56


proposta di attribuzione

Era stato probabilmente il cardinale Del Monte a suggerire la scelta di questo architetto al comitato fiorentino. Tra quelli che lo avevano favorito c’era Don Giovanni de’ Medici, uomo che mantenne sia prima del 1598 che dopo questa data dei buoni rapporti con il capo del partito mediceo a Roma, il Del Monte. La scelta del Cardinale Del Monte si giustifica con diverse ragioni; egli voleva innanzitutto favorire l’architetto della basilica di San Pietro, divenuto famoso quale realizzatore della grande idea architettonica del Buonarroti (la Cupola, la Cappella Gregoriana e quella Clementina); Del Monte coglieva l’occasione per rinforzare i suoi rapporti con la Congregazione per la Fabbrica di San Pietro. Non escluderei infine i rapporti privati dell’architetto e la famiglia Del Monte; questi probabilmente fornì un progetto per il palazzo di Piancastagnaio (1601-1602)61.

A sostegno di questa tesi il biografo riporta che Occorre sottolineare che il modello del Della Porta prima di essere spedito a Firenze fu depositato in Palazzo Madama — lettera del Niccolini a Ferdinando I del 6 gennaio 160162;

proprio in palazzo Madama il cardinale Del Monte risiedeva stabilmente come alter ego del granduca di Toscana dal 1589. Per questo si ritiene utile approfondire ulteriormente il ruolo assunto dal cardina-

Fig. 28 Palazzo Bourbon del Monte, dettaglio della targa con le epigrafe del primo Marchese inquadrata da due volute simmetriche, posta sopra il portale di ingresso nord. Archivio LL.PP. Piancastagnaio, autori: Paganini S., Facciotto C., anno 2007.

le Francesco Maria nel periodo di edificazione del palazzo di Piano, in quanto risulta che è il momento nel quale egli ‘uscì dallo stretto ruolo politico per la famiglia de’ Medici per divenirne consigliere artistico’. Questo processo probabilmente iniziò dal 1595 quando divenne protettore dell’Accademia di San Luca e quando presso Palazzo Madama “si occupava degli artisti provenienti da Firenze (e dalla Toscana) alloggiandoli sia nella Villa Medici sia nelle sue case” e dove vi realizzò un atelier di artisti che egli provvedeva a “raccomandare ai committenti romani e stranieri”63. Questo è importante in quanto testimonia come il cardinale nel ruolo di ambasciatore toscano a Roma sia stato un mecenate influente sulle decisioni della Curia sostanzialmente fin dall’epoca di Clemente VIII, quando pare essere già stato attivo seppur in via informale presso la Congregazione della Fabbrica di San Pietro, per la quale vi è testimonianza dai primi anni del Seicento fino alla sua nomina di Prefetto nel 160664. Il quadro appena descritto configura la reale possibilità del legame tra Giacomo Della Porta ed il cugino del cardinale per il palazzo di Piancastagnaio, anche in considerazione del fatto che essendo una edificazione eretta all’interno della giurisdizione del Granduca di Toscana questo artista poteva risultare favorito rispetto ad altri appartenenti alla ‘fazione romana’. Infatti, è emblematica la posizione del Della Porta per la basilica di San Pietro e precisamente rispetto al progetto di Michelangelo con il quale si pone in continuità. Lo stesso non si può affermare dell’architetto Maderno il quale apportò modifiche al progetto dell’artista fiorentino — “appoggiato forse dal papa Borghese” — al quale il cardinale del Monte si contrappose, schierandosi naturalmente in difesa del progetto buonarrotiano65. I caratteri ricorrenti delle architetture civili di Giacomo Della Porta mostrano chiare analogie con quelli presenti nel nostro palazzo e tra i quali troviamo, in comune anche con il Vignola, il fuori scala Wazbinski Z. 1994, La Cappella dei Principi, in id., op. cit., pp. 92-95. Ivi, p. 93. 63 Ivi, pp.108-109. 64 Wazbinski Z. 1994, cit., pp. 92-95. 65 Si veda, per approfondimenti a tal proposito, Wazbinski Z. 1994, cit., pp. 283-284. 61 62

Fig. 29 Giacomo Della Porta, Palazzo Serlupi Crescenzi, dettaglio della voluta nella finestra del piano nobile. Fonte fotografica: RomaArtLover (ultimo accesso 09/2018).

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Fig. 30 Giacomo Della Porta, Facciata della Sapienza a Roma, particolare della finestra. Fonte fotografica: diritti MPI, estratta da Arslan W. 1927, Forme architettoniche civili di Giacomo Della Porta, «Bollettino d’Arte», n. 6, Arti Grafiche A. Rizzoli & C., Milano.

a destra Fig. 31 Giacomo Della Porta, Palazzo Copizucchi (con aggiunte posteriori). Autore: Moscioni, estratta da Arslan W. 1927, Forme architettoniche civili di Giacomo Della Porta, «Bollettino d’Arte», n. 6, Arti Grafiche A. Rizzoli & C., Milano.

rispetto all’edificato circostante presente nel palazzo dei Priori a Velletri edificato nel 1571, per il quale venne incaricato proprio in seguito alla morte del Barozzi66. Sia quest’ultimo sia il palazzo dei Del Monte a Piancastagnaio insistono su un dislivello altimetrico del terreno, ben si nota inoltre il forte rapporto di contrasto con l’abitato e come la loro ubicazione permetta ai due prospetti principali gli affacci sulla piazza del centro abitato e su un’ampia veduta panoramica (figg. 7-8). Gli elementi tipologici della conformazione del tipo edilizio del palazzo di Piancastagnaio rispecchiano quelli che caratterizzano gli edifici delle facoltose committenze della seconda metà del XVI secolo a Roma che si distinguono nettamente da quelli della prima metà del secolo, e che vengono descritti dalla citazione che segue: scompaiono le facciate con gli ordini e i rivestimenti lapidei, […] così come tendono a sparire le facciate graffite, a rilievo o dipinte. Il palazzo che si afferma a Roma, soprattutto con i progetti di Giacomo Della Porta, ma anche di Nanni di Baccio Bigio (?-1568), di Bartolomeo Ammannati (1511-92), di Martino Longhi il Vecchio (c. 1534-c. 1591) o di Francesco Capriani da Volterra (1530?-94), fino all’opacissima prova di Domenico Fontana (1534-1607) nel palazzo Laterano (1568 sgg.), è caratterizzato da un impianto quadrangolare, tendenzialmente in isola, da una spiccata tendenza alla semplificazione e dall’indifferenza alla Zani S. 2011, Gli interventi di Iacopo Barozzi da Vignola a Velletri, in Portoghesi P. Affani A.M. (a cura di) 2011, op. cit. pp. 270, 380, 384 e Adorni B. 2008, op. cit., pp. 397-420.

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proposta di attribuzione

Fig. 32 Giacomo Della Porta, Palazzo Marescotti a Roma, particolare. Foto: diritti MPI, tratta da Arslan W. 1927, Forme architettoniche civili di Giacomo Della Porta, «Bollettino d’Arte», n. 6, Arti Grafiche A. Rizzoli & C., Milano.

simmetria speculare di facciata e di impianto. I piani sono delimitati da cornici di travertino, marcapiani o marca davanzali, che imprimono un’accentuata orizzontalità delle facciate, ribadita dal robusto cornicione in pietra a coronamento. I muri sono di mattoni: sottili con giunti stilati e superfici arrotondate quando sono faccia vista; altrimenti scialbati con latte di calce oppure rivestiti di intonaco che spesso imita il travertino. La pietra, travertino o marmo, è riservata agli elementi subordinati, come cornici, porte e finestre, queste ultime generalmente con timpani o centine ai piani nobili, architravate ai piani superiori, a cartella nei mezzanini e sottotetti; al piano terra le finestre sono inginocchiate e agganciano con le loro mensole le cornici delle bocche di lupo delle cantine, anch’esse riquadrate in pietra e rilegate unitariamente da una fascia di travertino lungo il piano di spiccato. In questo modo tutta la parete muraria è serrata, in basso e in alto, da elementi lapidei che, analogamente alla base del capitello per la colonna, ne segnalano la funzione portante. La disciplina proporzionale dell’ordine è stilizzata nei cantonali bugnati, con i conci pulvinati, lavorati a gradina al piano terra, sintesi abbreviata dell’opera rustica, con gli spigoli risentiti e il rilievo progressivamente attenuato. La verticalità dei cantonali è interrotta dalle fasce marcapiano che li spezzano. […] Si può concludere che il palazzo romano, che si tipizza al volgere del XVI secolo, fonde caratteri dalla locale tradizione quattrocentesca con innovazioni linguistiche di importazione toscana rinascimentale. Giacomo Della Porta è l’architetto che più di ogni altro esplora le potenzialità della nuova tipologia residenziale e che nel palazzo in via della Pigna del cardinale Marc’Antonio Maffei, costruito tra il 1575 e il 1583 e rimasto incompiuto, ne configura l’emblematica ricapitolazione67.

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Conforti C., Tuttle R.J. 2001, Storia dell’architettura italiana. Il secondo Cinquecento, Electa, Milano, 34-35.

in alto Fig. 33 Giacomo Della Porta, Palazzo Serlupi a Roma, cornicione e mostra della finestra del mezzanino. Foto: diritti MPI, tratta da Arslan W. 1927, Forme architettoniche civili di Giacomo Della Porta, «Bollettino d’Arte», n. 6, Arti Grafiche A. Rizzoli & C., Milano

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Osservando il nostro palazzo ritroviamo tutti i tratti generali della descrizione riportata, come ad esempio la mancanza di simmetria e il linguaggio utilizzato nell’impaginato dei prospetti che ci riconducono a quegli architetti menzionati ad inizio capitolo, principalmente a Giacomo Della Porta. Individuare e definire le particolari forme stilistiche di questi architetti, in base anche a quanto espresso dai prospetti del nostro palazzo, può indirizzare lo studio verso l’architetto che probabilmente fu l’autore del disegno progettuale. Nel citato Palazzo Maffei Marescotti (1580) i due tratti presenti nelle finestre ai piani principali, ossia la voluta a giorno adiacente alla mensola e l’edicola delle finestre, entrambe al piano nobile, richiamano quelli presenti nel nostro palazzo e a un’altra opera del Della Porta, ossia palazzo Serlupi a Roma68. Occorre precisare che il palazzo Maffei Marescotti rispetto al nostro non riporta la fila di finestre dell’ultimo piano collegate tra loro dalla fascia modanata del marca davanzale e le stesse fasce risultano molto sviluppate in altezza. Altri elementi generalmente diffusi nelle opere dellaportiane che richiamano i tratti del nostro palazzo si ritrovano in palazzo Capizucchi

Fig. 34 Giacomo Della Porta, particolare della Chiesa di San Nicola in Carcere, da notare la voluta plastica in alto a sinistra. Fonte fotografica: Wikipedia, autore Jensens, 2008. Fig. 35 Palazzo Bourbon del Monte di Piancastagnaio, particolare del portale est. Archivio LL.PP. Comune di Piancastagnaio, autori: Paganini S., Facciotto C., anno 2007.

(1580), palazzo Fani (1598), palazzo Spinola (1600) e la facciata della Sapienza (figg. 37-33). Il tema delle volute è diffuso e ricorrente nel linguaggio stilistico di Giacomo Della Porta e si riporta il suo uso per l’inquadramento del corpo superiore nella facciata del Gesù a Roma (1585), inserite durante la modifica del progetto di Vignola69, e nella chiesa di Santa Maria ai Monti a Roma. Inoltre anche se con diversa forma artistica rispetto a quella cui si è appena fatto cenno, si riporta l’uso del tema plastico per l’inquadramento del fregio nella facciata della chiesa di San Nicola in Carcere, analogo a quello dei portali sud ed est del palazzo di Piancastagnaio (fig. 34-37). Si ritiene utile evidenziare che i motivi ornamentali presenti in alcuni palazzi dellaportiani, come ad esempio l’impiego della doppia mostra nelle finestre degli ammezzati, non riscontrabile nel palazzo di Piancastagnaio, offrono un riferimento alla definizione dell’architettura di Giacomo Della Porta che “non mancò di influire sulla genesi del barocco”70 e su quel “sentimento nuovo cui appare già in pieno Barocco. Certo in molte fabbriche architettoniche del Della Porta le derivazioni dal Vignola, dall’Ammannati e anche, in molti particolari, da Michelangelo risultano evidenti; e la sua appare un’arte di transizione talvolta piattamente tradizionale, talvolta mossa alla ricerca audace di espressioni nuove, senza però che a questa risponda un’affermazione decisa”71. Su questo aspetto decorativo non occorre soffermarsi troppo anche se risulta presente nel palazzo di Piancastagnaio, in quanto si ritiene che questo tratto sia un elemento secondario che non stabilisce una misura tale da discriminarne l’attribuzione a questo autore, infatti l’attenzione all’aspetto decorativo non è esteso a tutta la sua opera “talvolta piattamente tradizionale, talvolta mossa alla ricerca audace di espressioni nuove”. A tal proposito per chiarire le lievi Arslan W. 1927, Forme architettoniche e civili di Giacomo Della Porta, «Bollettino d’Arte», n. 6, Arti Grafiche A. Rizzoli & C., Milano, pp. 508-528. 69 Cfr. Adorni B. 2008, La chiesa del Gesù a Roma, in Id. op. cit., pp. 174-186. 70 Arslan W. 1927, cit., p. 508. 71 Giovannoni G. 1931, Della Porta Giacomo, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma. 68


proposta di attribuzione

Figg. 36, 37 Portali nord ed ovest del Palazzo Bourbon del Monte di Piancastagnaio, rilievo indiretto e disegno dell’autore, anno 2018.

discrepanze che eventualmente si possono riscontrare nei motivi stilistici tra un’opera e l’altra, si ritiene di dover prendere in considerazione le figure chiamate alla realizzazione dell’opera, infatti i “profili professionali che spesso detengono un potere assai più determinante del puro progettista” si configurano con “l’occhio del committente, del quale materializzano le volontà e le intenzioni. Così che in definitiva l’unico, autentico fattore determinante per la continuità dell’opera e per la sua visione complessiva risulta, assai più che l’architetto, il committente, che invera la metafora di Filarete secondo cui egli è il vero padre dell’architettura, essendone l’architetto la madre”72. Per completezza di trattazione considerando che si è fatto riferimento ad uno stile tipico della seconda metà del Cinquecento e inizio Seicento, si riporta che è stato preso in considerazione nel processo di attribuzione anche l’opera civile di Maderno, ma l’unico esempio che permette un parallelismo 72

Conforti C. 2001, op. cit., pp. 15-16.

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con Piancastagnaio è palazzo Mattei di Giove73 (1598-1618), dove tra l’altro è evidente nell’impaginato dei prospetti “il riferimento soprattutto a Giacomo Della Porta che aveva tolto i mezzanini dal piano nobile per confinarli all’ultimo piano”74 (1589-1613). Inoltre in contrapposizione con il nostro, negli interni di questa opera è evidente la costante attenzione all’aspetto decorativo come nella facciata della chiesa di Santa Susanna (1603), contemporanea al nostro palazzo e considerata prima opera barocca75, dove si riconosce l’ormai trovata ‘licenza decorativa’ che appare nell’opere di Carlo Maderno “sostanzialmente sempre definito artista barocco”76. Altro elemento non secondario che pone una netta separazione sulla progettualità in contrasto con il nostro palazzo e che si ritrova in palazzo Mattei di Giove è “la tendenza a leggere l’organismo per parti autonome e quasi indifferenti alla legge complessiva”. È importante sottolineare che quest’ultimo elemento invece è presente in Giacomo Della Porta che racchiude nel progetto una visione organica, tratto che troviamo chiaramente espresso nel palazzo di Piancastagnaio. Conclusioni Come riportato nel presente capitolo le opere che presentano maggiori analogie con il palazzo di Piano sembrano essere quelle appartenenti all’architettura di Vignola e Giacomo Della Porta. In attesa di documenti d’archivio che definiscano la paternità progettuale del monumento più ‘alto’ della fortuna e della fama dei marchesi del Monte Santa Maria, le fonti biografiche menzionate ed i riferimenti stilistici presentati sono in pieno accordo con l’attribuzione di Zygmunt Wazbinski a Giacomo Della Porta. Tenendo presente che in quel periodo la committenza dettava all’architetto il gusto che avrebbe voluto espresso nella sua opera, secondo chi scrive ciò avrebbe portato l’artista a riferirsi in modo deciso a quella sensazione di austerità e sobrietà che ricorda nell’aspetto il palazzo ‘tanto caro’ concluso dal primo marchese e iniziato dal padre Bartolomeo a Monte Santa Maria Tiberina. Allievo di Michelangelo e indirettamente di Vignola, Della Porta può certamente rappresentare grazie all’esperienza consolidata, quella figura in grado di generare una visione organica in un contesto difficile come quello imposto dal dislivello altimetrico sul quale sorge il palazzo di Piancastagnaio e al contempo padroneggiare un insieme di proporzioni che coinvolge l’intera composizione architettonica. Nel citato inventario redatto nel 1739 dei beni censiti per volontà di Giovanni Battista Francesco

Si veda, a proposito di questa opera, Varagnoli C. 1998-99, Eredità cinquecentesca e apertura al nuovo nella costruzione di palazzo Mattei di Giove a Roma, in «Annuali di architettura», n. 10-11, pp. 322-334. 74 “Nell’organizzazione dei livelli, il riferimento è soprattutto a Giacomo Della Porta, che aveva tolto i mezzanini dal piano nobile per confinarli all’ultimo piano – si veda soprattutto il caso di palazzo Serlupi Crescenzi – facendo emergere gerarchicamente il piano nobile. Dalle larghe stesure murarie dell’edificio risalta pertanto quella decorazione di sole finestre registrata da una guida settecentesca come carattere saliente del palazzo. Se Maderno semplifica il disegno delle aperture, abbandonando rispetto al Della Porta le soluzioni timpanate, introduce forti chiaroscuri con l’aumento degli aggetti e la ribattitura di tutte le membrature; fanno eccezione i portali, decisamente sottomessi alla logica compositiva dei prospetti”. Varagnoli C. 1998-99, op. cit., p. 325. 75 Papini R., Serra L. 1930, Arte Barocca, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma. 76 Loi M.C. 2006, Maderno Carlo, in Dizionario Biografico Treccani, vol. 67, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma. 73


proposta di attribuzione

Bourbon del Monte appartenenti al ramo fiorentino discendente dal Battistone, precisamente nella sezione dello ‘scrittoio’, si trova il riferimento a “tre fogli di architettura di Vignola” (figg. 38,39)77. Questo denota quantomeno la stima che la casata dei Del Monte riconosceva a questo illustre architetto, al punto di custodire incisioni che verosimilmente corrispondono a parti del suo trattato. D’altra parte, tutte le analisi e gli indizi presentati fino a questo momento denotano la permanenza di alcuni tratti tipici dell’architettura di Jacopo Barozzi da Vignola (m. 7 luglio 1573), del quale Giacomo Della Porta (m. 3 settembre 1602) ne prende l’eredità divenendo l’artista di riferimento per l’evoluzione tipologica in cui inserire anche il nostro palazzo e a cui si può riferire il primo marchese nel suo testamento quando menziona la continuazione ‘conforme al modello’. Continuazione che Valentino Martelli poté assumere come direttore dei lavori già dal 1602-1603, rivestendo così il ruolo di esecutore materiale dell’opera, che come visto ricoprì anche per altri progetti degli stessi artisti sopra menzionati.

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ASFi, Inventario redatto nel 1739 per l’Ill.mo Giovan Battista Francesco, Magistrato Supremo, n. 4417.

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Fig. 38 Coperta frontale dell’ Inventario solenne dove viene riportata la data 17 agosto 1739, redatto per conto del marchese Giovanni Battista Francesco, quinto marchese di Piancastagnaio. ASFi, Magistrato Supremo, n. 4417.


proposta di attribuzione

Fig. 39 Pagina interna dell’Inventario redatto nel 1739 per conto del marchese Giovanni Battista Francesco, quinto marchese di Piancastagnaio, dove al tredicesimo rigo si trova la citazione a ‘tre fogli di architettura di Vignola’. ASFi, Magistrato Supremo, n. 4417.

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titolo saggio • nome cognome

Linee guida per la valorizzazione

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lo stato dei luoghi e le indagini per la conoscenza

Il primo studio sul palazzo di Piancastagnaio è quello pubblicato nel 19811 a carattere prevalentemente storico, al quale ne susseguirono altri in seguito all’ordine di evacuazione imposto dalla Protezione Civile nel 1988. A partire da questa data il Comune, nel frattempo diventato progressivamente proprietario del palazzo, rilascia diversi incarichi al fine di approfondire la conoscenza per lo stato di conservazione. Tra questi si riportano quelli ingegneristici condotti dal gruppo di lavoro dei proff. Chiarugi e Blasi dell’Università di Firenze (1989) che hanno condotto agli attuali incatenamenti della compagine muraria e alla realizzazione del plinto in cemento armato nel piano interrato. Oltre a questo è doveroso citare il rilievo geometrico del palazzo effettuato dal prof. Paolo Rocchi dell’Università di Roma in occasione della stesura del ‘piano di recupero del centro storico di Piancastagnaio’ (approvato nel 1994) e la ricerca svolta grazie alla Convenzione tra il Comune di Piancastagnaio e il Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Firenze, a cura di G. Bartoli (prima fase 2003-2008, seconda fase 20092012)2. Contemporaneo a quest’ultimo si riporta l’incarico per lo svolgimento delle indagini geologiche tramite scavi esplorativi alla Società SGG del geol. Baldi (2008). Infine il Comune ha concesso due ulteriori incarichi, il primo allo studio Copernico di Montalcino per effettuare la scansione laser dei prospetti esterni del palazzo, mentre il secondo allo studio Extrò di Abbadia S. Salvatore per il calcolo della sovrastruttura metallica perimetrale a protezione del manufatto (entrambi nel 2012-2013). Le indagini geologiche Attualmente il Palazzo Bourbon del Monte si trova in uno stato di degrado avanzato, in termini generali i risultati prodotti dagli studi specialistici saranno riportati a partire da quelli di fondazione per arrivare fino alle strutture murarie dell’edificio, come vedremo diretta conseguenza dei primi. Precisamente, alla relazione Montini (1990) seguì quella svolta dalla Società SGG (2008) dove viene riportato che “la zona a valle di Piancastagnaio si presenta caratterizzata da vari movimenti franosi generalmente di modesta importanza, ma l’area ove si trova il palazzo Bourbon e le zone adiacenti si presentano stabili e prive di movimenti gravitativi”3. Occorre precisare che solo il nostro palazzo circondato da altri edifi1 Facciotto C. Mambrini A. Prezzolini C. Rossetti P. 1981, Il Palazzo del Marchese di Piancastagnaio, Acquapendente, La Commerciale. 2 Bartoli G. (a cura di) 2009, Analisi ed interpretazione del dissesto statico di Palazzo Bourbon del Monte a Piancastagnaio, «Bollettino degli Ingegneri», n.12. 3 Baldi A.M. 2008, Consolidamento del Palazzo Bourbon del Monte, relazione geologica e geotecnica, Archivio LLPP Comune di Piancastagnaio, p. 36.

pagina a fronte Fig. 1 Palazzo Bourbon del Monte, dettaglio della parete sud adiacente il cantonale sudest, dalla quale è evidente lo stato avanzato di degrado e l’intervento di messa in sicurezza. Fotografia anno 2006, C. Facciotto e S. Paganini.


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ci mostra un importante dissesto e quindi appare inverosimile che una ‘struttura tettonica attiva’ come quella descritta possa essere la causa dei danni solo ad un edificio, non coinvolgendo quelli adiacenti. Fu presa in considerazione quindi la diversa conformazione dei terreni sul quale il palazzo poggia a monte e a valle, la parte settentrionale su rocce trachitiche mentre l’area opposta insiste su ‘depositi terrigeni’ di varia natura, questo non sembra però essere la causa innescante del dissesto, infatti è solo dalla metà del secolo scorso che si sono manifestate le prime problematiche strutturali. Dai risultati dei saggi esplorativi effettuati a livello fondale fino ad una profondità di 30 metri, si è potuto rilevare la quasi mancanza di fondazioni al di sotto della muratura portante dei prospetti a valle, quindi il dissesto viene ricondotto prevalentemente a un cedimento fondale concentrato nell’angolo sud-est. A tal proposito, dall’ultimo studio geologico è emerso come le modifiche eseguite per gli interventi di ridistribuzione degli spazi interni abbiano aumentato il carico a livello fondale e variato parti strutturali originali. Fra le varie modifiche apportate viene ipotizzato un taglio nella muratura del piano interrato che di fatto non da sostegno per scaricare i carichi superiori direttamente sul terreno in modo ortogonale, ma si appoggia su archi e volte che essendo tipologie spingenti configurano le due murature soprastanti “in falso”4 […] Infatti con l’esecuzione della scavo 4 in coincidenza di un muro presente al piano terra, sotto un cordolo recente in c.a. sì individuarono dei blocchi di trachite aventi una disposizione tale da far pensare a una vecchia fondazione5.

Oltre a ciò un’altra causa scatenante che viene identificata dagli studi è il cedimento nel terreno di fondazione posto a circa metà del lato est del palazzo che potrebbe aver determinato il dissesto delle soprastanti strutture: tale ipotesi può trovare conforto nel sondaggio 1, dove nel corso della perforazione sono stati individuati dei vuoti dello spessore variabile tra 30 cm e circa 1 metro. Un vuoto simile collocato in prossimità del lato est, potrebbe aver prodotto un crollo, che propagandosi fino al piano delle fondazioni può aver determinato l’inizio dei fenomeni fessurativi sulle murature6.

Altra modifica avvenuta probabilmente sempre a causa dei nuovi utilizzi a cui il manufatto fu sottoposto, è quella che emerge al sistema di scarico delle acque meteoriche descritto nella relazione Baldi: Nel corso dei vari interventi eseguiti nel Palazzo Bourbon, è stato anche modificato parte del sistema di scarico della acque meteoriche, con una canalizzazione che partiva dal fondo del vano scale e che si doveva raccordare con le fognature esterne. In realtà l’umidità rilevata anche in passato sul fondo del vano scale e le modeste dimensioni della tubazione, fanno pensare a un sistema di smaltimento insufficiente e con probabili perdite. Infatti, a partire da tali interventi il piano seminterrato è stato soggetto alla presenza di notevole umidità e per certi periodi anche alla saturazione del terreno stesso7. Si veda, a tal proposito, Relazione ENSER s.r.l. 2016, Analisi dello stato di fatto e definizione delle strategie di intervento per il consolidamento di Palazzo Bourbon del Monte, Archivio LLPP Comune di Piancastagnaio, pp. 37-38. 5 Baldi A.M. 2008, op. cit., pp. 37-38. 6 Ibidem. 7 “In presenza d’acqua il terreno di fondazione saturato avrà subito sicuramente una significativa riduzione delle caratteristiche fisico-meccaniche creando di conseguenza un più rapido raggiungimento del carico limite sulla fondazione e perciò una 4


lo stato dei luoghi e le indagini per la conoscenza

Le indagini ingegneristiche Le considerazioni dei principali studi geologici sono in accordo con la linea di ricerca curata dal prof. Bartoli (2003-2008) che a seguito di una ‘serie di analisi numeriche’ fornisce un’interpretazione sull’origine del danno ‘mediante la tecnica degli elementi finiti’. Tali indagini si sono concentrate in particolar modo nelle zone maggiormente coinvolte dal degrado, ovvero sul fronte est del palazzo, “individuando in particolare lo stato tensionale sulle murature indotto dai carichi verticali, considerando l’interazione terreno-struttura”8. All’inizio del 2007 in occasione della Convenzione tra il Dipartimento di Ingegneria ed il Comune di Piancastagnaio sono stati installati strumenti di monitoraggio, fessurimetri e clinometri in grado di rilevare le variazioni di ampiezza di alcune lesioni e l’inclinazione di alcune strutture causate ad esempio da eventi sismici. Il prospetto est mostra un quadro fessurativo caratterizzato da lesioni inclinate a circa 45° che ‘risultano passanti’ e che si estendono dal piano di campagna fino alla sommità della facciata. Si attribuisce al cedimento fondale della stessa ‘l’innesco’ del sistema di lesioni sul paramento murario sud ed interne all’edificio. Il risultato della modellazione svolta nello studio sopra citato peraltro mostra che la sola variabilità delle caratteristiche meccaniche del terreno non è sufficiente a giustificare l’insorgere di un tale quadro fessurativo in un edificio che ha oltre 400 anni di vita […]. Sembra quindi di poter attribuire il dissesto del palazzo ad un cedimento localizzato, mentre il successivo degrado è stato favorito sia dal fatto che il palazzo si trova a cavallo di due zone di terreno con caratteristiche meccaniche sensibilmente diverse, sia dall’intrinseca presenza di elementi strutturali spingenti9.

L’analisi si è poi focalizzata sullo studio delle ‘serie sismiche’ avvenute nel corso della storia, al fine di verificare eventuali cause concomitanti che potrebbero aver determinato l’insorgere del cedimento fondale e i conseguenti moti di rotazione delle pareti sud ed est: Gli unici fenomeni rilevanti sono rappresentati da un sisma nel 1919, con area epicentrale Piancastagnaio e successivamente da un terremoto nel 1940, con area epicentrale a Radicofani.

In quegli anni l’edificio “era adibito dalla famiglia Pellegrini a deposito di derrate agricole e quindi l’utilizzo non residenziale del palazzo potrebbe non avere facilitato l’individuazione di eventuali lesioni verificatesi in seguito alla notevole scossa tellurica”10. Le relazioni del Soprintendente per i Monumenti, del Capo Sezione del Genio Civile e del Commissario del Comune di Piancastagnaio consultate durante la ricerca d’archivio, riportano che al 1920 il palazzo destava preoccupazione a causa delle lesioni già presenti nelle volte e nelle pareti laterali, aggravate in seguito all’evento sismico a cui si aggiunge il sopraccarico di cereali e le “pessime condizioni di manutenzione”11. Nella seconda fase della convenzione sopra citata (2009-2012) sono state condotte indagini di tipo maggiore probabilità dell’ingenerarsi dei cedimenti”. Ibidem. 8 Bartoli G. (a cura di) 2009, op. cit., p. 11. 9 Ivi, p. 17. 10 Ibidem. 11 Si veda, a proposito delle lesioni già presenti sul palazzo, Archivio SABAP, Amministrativo, prot. n. 1139 del 2 ottobre 1920, prot. n. 1200 del 10 ottobre 1920, prot. n. 1294 del 5 novembre 1920, prot. n. 1420 del 11 dicembre 1920.

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geoelettrico ed elettromagnetiche che hanno rilevato la presenza di acqua nel sottosuolo “non evidenziando nessuna anomalia particolare (per quanto in ogni caso difficilmente rilevabile) a cavallo delpagina a fronte Cronologia degli studi effettuati

la mezzeria della parete sud-est del palazzo, dove sembra si sia concentrato il cedimento differenziale causa del dissesto”12. In ultima analisi occorre segnalare che tali riferimenti e rilievi concordano con le analisi riportate nella relazione commissionata dal Comune di Piancastagnaio allo Studio Enser, nella quale viene evidenziato un progressivo ampliamento del quadro di dissesto rispetto a quello precedentemente rilevato13: confrontando i vari quadri fessurativi è possibile osservare la formazione e/o l’ampliamento di alcune lesioni, specialmente in corrispondenza della parte centrale della facciata sud dell’edificio14.

Sempre nella relazione citata sono individuati tre cedimenti fondali al piano interrato ampliati rispetto al rilievo precedente (1990), dove il più grave risultava undici centimetri: il Palazzo tende ad essere soggetto ad un cedimento via via crescente spostandosi dal substrato trachitico al substrato argilloso15.

Elenco degli interventi realizzati Nel 1992 venne presentato presso gli Uffici del Genio Civile della Regione Toscana il progetto esecutivo relativo ad un primo stralcio delle opere. Il progetto a firma dell’ing. Alessandro Bertoli, prevedeva la realizzazione di: • Intervento di messa in sicurezza dello stabile tramite un sistema di tiranti atti a contrastare i fenomeni di ribaltamento delle pareti sud ed est, precedentemente descritti ed individuati dal prof. Chiarugi, (intervento completato); • Intervento in fondazione di consolidamento in corrispondenza dell’angolo di sud-est del fabbricato, nella zona posta tra le due strutture ad arco a livello degli scantinati nel punto di criticità fondale (intervento eseguito solo in parte). • Gli interventi previsti dal II stralcio “Interventi di stabilizzazione del terreno, con drenaggio” progettati nel 1994 non ebbero alcun seguito.

Si veda, a proposito della presenza di acqua, Bartoli G. Betti M. 2012, Osservazioni circa interventi di urgenza sul Palazzo Bourbon del Monte a Piancastagnaio, in id. Indagini diagnostiche nel Palazzo Bourbon del Monte in Piancastagnaio (SI), Archivio LL.PP. Comune di Piancastagnaio, pp. 1-2. 13 Si veda, a proposito del disseto, Relazione Enser 2016, op. cit., pp. 29-31. 14 Ibidem. 15 Ivi, p. 36. 12


lo stato dei luoghi e le indagini per la conoscenza

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anno

studio

1981

Il Palazzo del Marchese a Piancastagnaio

C. Facciotto, S. Mambrini, C. Prezzolini, P. Rossetti.

1988

Situazione statica del Palazzo Bourbon del Monte

prof. ing. A. Chiarugi e Dott. arch. C. Blasi.

1989

Situazione statica attuale delle lesioni – Palazzo Bourbon del Monte

Rilievo fotografico Impermea Srl.

1989

Verifica della situazione statica del Palazzo Bourbon del Monte

prof. ing. A. Chiarugi.

1989

Piano di recupero del Palazzo Bourbon del Monte: Relazione Generale e Norme di intervento

arch. G. Rossi.

1990

Intervento di massima urgenza per opere di presidio e salvaguardia del Palazzo Bourbon del Monte e della estremità sud dell’abitato di Piancastagnaio

ing. P. Montini (per conto del Dipartimento della Protezione Civile).

1991

Concessione di affidamento della progettazione, della esecuzione, della eventuale gestione, nonché del reperimento dei mezzi finanziari occorrenti per l’attuazione del recupero di alcune emergenze architettoniche del centro storico di Piancastagnaio e la loro rivalutazione come centro multifunzionale – Palazzo Bourbon del Monte

prof. arch. P. Rocchi.

1992

Intervento di massima urgenza per opere di presidio e salvaguardia del Palazzo Bourbon del Monte e della estremità sud dell’abitato di Piancastagnaio - Primo stralcio

dott.ri ing. A. Bertoli e ing. L. Bonuso.

1992

Intervento di massima urgenza per opere di presidio e salvaguardia del Palazzo Bourbon del Monte e della estremità sud dell’abitato di Piancastagnaio – Sondaggi geognostici

dott. F. Cerizzi.

1994

Indagini geognostiche di campagna

Amministrazione comunale di Piancastagnaio (SI), Geotecnica Pisana.

1994

Intervento di consolidamento a valle del palazzo Bourbon del Monte – Secondo stralcio

SUD C.E.S.I. di Roma, Tekhne Ingegneria Civile – consulenza geotecnica, dott. Geol. G. Paolini – consulenza geologica.

2001

Concessione per l’affidamento della progettazione di massima ed esecutiva e per l’esecuzione delle opere di stabilizzazione idrogeologica ed il consolidamento delle pendici relative ai movimenti franosi che interessano la zona compresa tra la località “Garagi” e “Pietreto” (lato est); la zona compresa tra “Fonte Natali”, “Fosso della Madonna delle Grazie” e “Casa Frasanti” (lato sud-sud ovest); la zona compresa fra “Pietralunga” e “Capannacce” e fra i torrenti “Senna viva” e “Senna morta” (lato ovest). Intervento di massima urgenza per le opere di presidio e salvaguardia del palazzo Bourbon del Monte e della estremità sud dell’abitato di Piancastagnaio

Ministero della Protezione Civile Regione Toscana, Consorzio Piancastagnaio 2001 – Carta geologica e Sezioni geologiche.

2003 2008

Monitoraggio ed indagini diagnostiche nel Palazzo Bourbon del Monte in Piancastagnaio (SI)

Prima fase di ricerca della convenzione tra il Comune di Piancastagnaio e il Dipartimento di Ingegneria Civile ed Ambientale dell’Università di Firenze, prof. ing. G. Bartoli e dott. ing. M. Betti.

2008

Consolidamento del Palazzo Bourbon del Monte di Piancastagnaio, relazione Geologica e Geotecnica

dott. geol. Antonio Maria Baldi, SGG Studio di Geologia e Geofisica s.r.l.

2009 2012

Indagini diagnostiche nel Palazzo Bourbon del Monte in Piancastagnaio (SI)

Seconda fase di ricerca della convenzione tra il Comune di Piancastagnaio e il Dipartimento di Ingegneria Civile ed Ambientale dell’Università di Firenze, prof. ing. G. Bartoli e dott. ing. M. Betti.

2016

Analisi dello stato di fatto e definizione delle strategie di intervento per il consolidamento di Palazzo Bourbon del Monte

Relazione Società ENSER s.r.l.

2016

Palazzo Bourbon Del Monte, ricerche, rilievi e indagini diagnostiche per la conoscenza e proposte di restauro e valorizzazione del complesso monumentale

Prima fase dell’accordo di collaborazione tra l’Amministrazione comunale di Piancastagnaio e la Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio dell’Università degli Studi di Firenze, prof. arch. M. De Vita e dott. arch. L. Pammolli.

2018

Palazzo Bourbon del Monte in Piancastagnaio (SI), analisi storica degli interventi subiti, rilievi materici e costruttivi con indagini diagnostiche dirette e indirette e linee di intervento sul complesso monumentale

Estensione dell’accordo di collaborazione tra l’Amministrazione comunale di Piancastagnaio e la Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio dell’Università degli Studi di Firenze, prof. arch. M. De Vita e dott. arch. L. Pammolli.


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gli studi attuali: dal rilievo al progetto

Il presente lavoro nasce dalla convenzione fra il Comune di Piancastagnaio e la Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio dell’Università degli Studi di Firenze, si sviluppa in due fasi distinte ciascuna di durata annuale (2016-2017 e 2018-2019), al termine delle quali si concluderà il percorso per la conoscenza del fabbricato ai sensi delle vigenti normative per il restauro del Patrimonio Culturale e che sta alla base dell’urgente intervento per il recupero e la valorizzazione, visto il precario stato del manufatto e l’interesse artistico che questa opera rappresenta1. La prima fase si è concentrata sulla ricerca storica di fonti edite ed inedite utilizzata come costante riferimento per confronti e riscontri con le informazioni ottenute durante tutte le fasi del percorso di studio, comprese le indagini diagnostiche conoscitive ed il progetto di valorizzazione. I risultati fin qui ottenuti sono quelli riportati nel presente libro e comprendono anche la documentazione fotografica e il rilevo geometrico indiretto, questo redatto attraverso i dati contenuti nel database della scansione 3D ha permesso il disegno dei nuovi elaborati di piante, prospetti e sezioni. Si è infine passati all’individuazione e classificazione della mappatura dei degradi dei materiali ai sensi delle vigenti normative ed alla redazione delle linee guida nonché all’ipotesi per la nuova destinazione d’uso del palazzo. Durante la seconda fase della convenzione sopra menzionata, ed oggi in corso, sarà sviluppata l’attività di indagine diagnostica con strumentazioni di tipo avanzato come l’uso del geoelettrico 3D, georadar, termografia strutturale e indagini dirette non invasive tramite saggi e ispezioni stratigrafiche. È utile precisare che oltre ad essere necessarie dal punto di vista normativo questo tipo di indagini, alcune delle quali redatte per la prima volta, saranno approfondite al fine di stabilire interventi puntuali, efficaci ed economici utili alle indicazioni dei criteri e delle strategie del progetto di restauro per l’indicazione delle tecniche di intervento da condursi alle successive fasi di progetto: fattibilità tecnica ed economica, definitivo ed esecutivo. Le restituzioni grafiche riportate al capitolo successivo stanno alla base del percorso propedeutico per la stesura delle relative proposte di restauro, sono infatti i risultati individuati dal progetto della conoscenza che terminerà con la seconda fase della presente ricerca che permettono di indirizzare, gestire e progettare interventi corretti e compatibili sul patrimonio artistico. Questi, oltre a fornire elementi utili per la maggiore precisione dimensionale e materica, porteranno all’ottenimento dei rispettivi nulla Si veda, per maggiore dettaglio e approfondimento lo studio seguito in qualità di direttore scientifico dal prof. arch. Maurizio De Vita che ho utilizzato come traccia per l’organizzazione del materiale prodotto e riferimento esplicativo per “un’esperienza di ricerca applicata”, svolta nell’ambito della Convenzione tra il Comune di Arezzo ed il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze, De Vita M. 2012, Il Restauro Lapideo: le mura della fortezza di Arezzo, Edifir Edizioni, Firenze. 1

pagina a fronte Fig. 1 Basilica di Siponto a Manfredonia, Progetto e istallazione di E. Tresoldi. Foto: R. Conte, anno 2017.


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osta presso gli Enti competenti in modo da ottimizzare le spese per il recupero architettonico grazie ad interventi una tantum per il restauro e la valorizzazione dell’opera. Il rilievo integrato: tecniche, risultati e obiettivi.

Le attività inerenti il rilievo geometrico svolte fino ad oggi comprendono le tecniche operative del metodo indiretto tramite l’ausilio di strumentazioni di tipo avanzato, queste hanno permesso di attingere a un numero elevato di informazioni che sono andate ad integrare analiticamente quelle restituzioni grafiche di base elaborate con il rilievo svolto con tecniche di tipo diretto molti anni fa. In questo lavoro attraverso la gestione, l’elaborazione e l’estrazione dei dati contenuti nel database dello scanner 3D è stato possibile tradurre lo stesso dato in informazioni metriche qualitative e quantitative che hanno colmato con precisione i limiti intrinseci dei metodi di rilevamento tradizionale. Lo svolgimento del processo analitico appena descritto ha dato la possibilità di redigere i nuovi elaborati grafici di piante, prospetti e sezioni dell’edificio, grazie all’interpolazione di misure dove sono state riscontrate incertezze o incongruenze dei vari elaborati ed ottenere le nuove dimensioni e la conseguente restituzione digitale bidimensionale per il progetto di restauro. Questo rilievo così integrato ha permesso la redazione di documenti che costituiranno la base fondamentale per la definizione degli elaborati relativi alla mappatura delle varie manifestazioni di alterazione e degrado che andranno a far parte del progetto definitivo ed esecutivo, nonché permettono attraverso la catalogazione fotografica e la localizzazione sugli stessi disegni una immediata lettura del quadro attuale in cui versa il manufatto. Questa definizione delle forme di alterazione, dei degradi e dei dissesti dei quattro paramenti murari, sovrapposta alla base del rilievo geometrico effettuato, definisce la lettura in perimetri chiusi di porzioni e aree significative per l’immediata lettura della classificazione individuata e riportata nella legenda dei degradi. Questa è stata indentificata secondo la normativa vigente NORMAL 1-88 / UNI 111822, ma occorre precisare che per completare la classificazione in modo esaustivo è stato necessario attingere dal lessico utilizzato allo stesso scopo dal restauro archeologico3, in modo da completare le definizioni delle manifestazioni causate dall’azione antropica, dalle incurie e dal cattivo uso avvenuto nel corso del tempo e che hanno portato alla perdita di alcuni elementi architettonici e decorativi. Infine per correttezza è necessario precisare che non si sono potuti calcolare i fotopiani per via della impossibilità dettata dalla presenza dei ponteggi perimetrali esterni installati nel 2012, in quanto questi hanno impedito il rilievo fotogrammetrico delle quattro superfici perimetrali. Ogni lato del manufatto è rappresentato quindi con 8 tavole grafiche anziché 12, di cui 4 per il rilievo geometrico, 4 per la mappatura dei degradi e in sostituzione dei fotopiani mancanti si sono prodotti 2 elaborati in cui si riporta in forma di catalogo la casistica individuata ad occhio Si veda, la norma italiana per i Beni Culturali, UNI11182-2006, Materiali lapidei naturali ed artificiali, descrizione delle forma di alterazione, termini e definizioni, ente di Unificazione Nazionale Italiano, Milano. Vale la pena precisare che tale norma indica la scelta e la definizione dei termini utili per indicare le differenti forme di alterazione e degradazione visibili ad occhio nudo. 3 Si veda, Marino L. 2013, Il rischio nelle aree archeologiche, Alinea Editrice, Firenze. 2


gli studi attuali: dal rilievo al progetto

nudo di dettagli fissati da scatti fotografici completati da descrizioni del materiale interessato, della localizzazione e del fenomeno presente. Ogni tavola che costituisce il progetto, dal degrado allo stato comparativo a quello per l’ipotesi della nuova funzione, è riportata con scala metrica e completa delle indicazioni quali il piano di sezione, le miniature fotografiche e le relative legende. Esse sono state elaborate in formato digitale CAD e cartaceo, quest’ultime sono riportate al capitolo seguente e consentono una lettura immediata ed organica dello stato attuale del Bene. Le indagini architettoniche: metodi, criteri e strumenti.

Nella rinnovata convenzione fra l’Amministrazione comunale e la Scuola di Specializzazione si da prevalentemente spazio alla conoscenza approfondita del manufatto attraverso la determinazione delle alterazioni superficiali e profonde, tramite i metodi della diagnostica strumentale avanzata grazie a tecniche di tipo indiretto e dove queste non applicabili con indagini debolmente invasive. Questo tipo di indagini sono condotte con metodi e criteri che verranno riportati con riferimento alle immagini e ai dettagli nella relazione finale, in modo da restituire una diagnosi completa al fine di stabilire gli interventi di progetto per il recupero e consolidamento del Bene. Le indagini sull’edificio sono curate dal prof. M. Seracini attraverso l’uso di strumentazioni quali la tomografia 3D, il georadar, la termografia e dove queste non fossero applicabili si procederà con ispezioni dirette debolmente invasive quali endoscopie e saggi stratigrafici. È utile precisare che le analisi eseguite mediante geoelettrico, seppur già condotte circa dieci anni fa, saranno relative alla fondazione in quanto sono necessarie per via delle mutate caratteristiche del terreno a seguito dell’intervento per l’installazione dei ponteggi e copertura a protezione dalle infiltrazioni meteoriche. Questo permetterà così di aggiornare i dati sulla presenza di acque in sottosuolo ed in fondazione, in modo da determinare tramite confronto l’evolversi del quadro diagnostico già definito in passato e descritto al capitolo precedente. La termografia ed il georadar sono tecniche in grado di indagare le strutture in elevazione per la ricerca delle informazioni fondamentali su fessure e fratture passanti per tutto lo spessore degli elementi strutturali verticali, orizzontali e voltati, sono inoltre utili per definire non solo le tecniche costruttive originarie ma anche i parametri caratteristici dei materiali; al fine di far emergere le informazioni nascoste dietro l’intonaco e/o i controsoffitti, in modo da evitare danni irreparabili a zone di pregio e localizzare quelle di sacrificio per gli interventi di rinforzo, oltre che per quelli relativi all’approvvigionamento energetico e idrico, di prevenzione incendi e di abbattimento delle barriere architettoniche secondo le vigenti normative di settore. Principi, tecniche e sostenibilità del progetto di restauro

Come già espresso il processo della conoscenza propedeutico strumento di base per il progetto di restauro architettonico è fondamentale sia per l’acquisizione delle autorizzazioni degli Enti competenti, sia per delineare un progetto realizzabile per stralci funzionali in linea con le disponibilità economiche

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con priorità alle opere di somma urgenza e con attenzione alle fragilità di un’opera artistica storicizzata come quella in esame. Al fine di evitare gli effetti negativi e permanenti generati da un intervento sbagliato o poco attento, occorre redigere un progetto critico secondo i ‘principi guida’ del restauro architettonico: minimo intervento, reversibilità, compatibilità fisico-chimica, distinguibilità, autenticità e attualità espressiva4. Nell’idea restaurativa qui proposta si focalizza in primo luogo l’attenzione al principio di minimo intervento. Le addizioni e le sottrazioni rilevabili tramite il sistema di riferimento convenzionale con i colori ‘giallo e rosso’, rispettivamente le porzioni in ‘demolito e costruito’ sono riportate di seguito nell’elaborato grafico della ‘rappresentazione comparativa’ o tecnicamente ‘tavola allo stato sovrapposto’. Realizzata sulla base del rilievo integrato essa offre una lettura immediata del programma di interventi previsti per la ‘reintegrazione delle lacune’ e ‘rimozione delle aggiunte’, di quelle opere realizzate nel corso del Novecento prive di valore espressivo e considerate ‘vandaliche’ dalla Soprintendenza, seppur segno del percorso a cui il bene è stato oggetto nel corso del tempo. Queste prime opere sono anche pensate in riferimento alle problematiche dettate dalla nuova funzione prevista per il monumento, risulterebbe infatti inutilizzabile un bene compartimentato da tramezzi realizzati in modo spontaneo secondo le esigenze del momento, come quelle del primo dopoguerra, ma di fatto prive di una visione organica di valore storico-artistico e incompatibili con qualsiasi tipo di recupero. L’obiettivo progettuale non vuole essere quello di eliminare ogni traccia delle opere che hanno segnato il monumento nel corso del tempo, cancellando gli eventi che sono ormai parte dell’edifico e ripristinando ex novo quanto più possibile all’originale lo stato del bene, ma anzi in antitesi; orientare l’intervento per ricomporre la configurazione ‘scomposta’ dell’oggetto secondo quanto emerso dalle descrizioni autentiche dell’inventario settecentesco dei marchesi di Piano. Quest’ultime, ormai note grazie alla ricerca storica permettono ‘la buona ricostruzione del testo’ secondo i criteri di distinguibilità e autenticità dell’opera, accordando, da un lato l’esigenza di ordine filologico che vuole la riconoscibilità della successione delle fasi storiche, in base alle parti aggiunte o rimosse rispetto alle originali, e dall’altro la comprensione di base delle valenze dell’opera per la più accurata progettazione architettonica ai fini del restauro. Le notizie storiche circa le funzioni originarie dei vari ambienti del palazzo sono state integrate con le informazioni deduttive ricavate dall’analisi delle conoscenze di tipo grafico-formale, riconoscibili dalla restituzione del rilievo realizzato fino ai dettagli, sotto gli aspetti metrici-stilistici e che hanno contribuito all’ideazione delle soluzioni progettuali secondo i criteri per il minimo intervento5. Questa proposta di progetto è in linea con quanto stabilito dall’art. 9 della Carta di Venezia del 1964, ove si precisa che lo scopo del restauro architettonico:

Si veda, a proposito dei principi del progetto di restauro, Palmerio G. 1996, I principi guida del progetto di Restauro, in Carbonara G. (a cura di), Trattato di Restauro architettonico, Vol. I, UTET, Torino, pp. 507-525 5 Ivi, pp. 508-509. 4


gli studi attuali: dal rilievo al progetto

[…] è di conservare e di rivelare i valori formali e storici del monumento e si fonda sul rispetto della sostanza antica e delle documentazioni autentiche. Il restauro deve fermarsi dove ha inizio l’ipotesi: sul piano della ricostruzione congetturale qualsiasi lavoro di completamento, riconosciuto indispensabile per ragioni estetiche e tecniche, deve distinguersi dalla progettazione architettonica e dovrà recare il segno della nostra epoca6.

Sulla base di ciò si fa riferimento nel caso nostro anche a quelle mancanze derivate dall’ ‘azione antropica’ e la possibilità di ripristinare ad esempio le targhe perdute con le epigrafe del primo marchese sulla base delle documentazioni, tenendo come guida il rispetto dei criteri di distinguibilità, attualità espressiva e reversibilità. Tali criteri seguiti per la riparazione dei danni, per i ripristini di elementi formali, ma anche per il mutamento della destinazione d’uso e dell’eventuale necessaria addizione volumetrica per l’adattamento del bene alle esigenze contemporanee, dovranno manifestarsi nel rispetto dell’autenticità dell’opera artistica e quindi in un “dialogo tra antica e nuova architettura”7. Si ritiene che un progetto di restauro risulta equilibrato quando tali concetti si accordano tra loro in un’armonia generale che evita stridenti diversità a favore di tensioni linguistiche e critiche dialettiche di ultima generazione. A tal proposito si vuole riportare l’idea di recupero secondo la linea qui proposta in extrema ratio relativamente ai giardini ormai perduti dei Del Monte a Piancastagnaio, ben documentati da dettagliate descrizioni autentiche, che possono rappresentare un’occasione di ricerca al fine di ripristinare la storia e la memoria con un simbolo allegorico dello splendore antico. Tale restauro potrebbe forse essere perseguito per anastilosi, ma in tema di ripristino qui si vuole proporre il riferimento progettuale realizzato nella Basilica di Siponto a Manfredonia; secondo tale linea di intervento in ragione dei dettami sopra esposti l’ampia scala del parco-giardino di Piancastagnaio potrebbe offrire l’occasione sperimentale che in ambito di valorizzazione turistica del sistema Amiata dialogherebbe con il parco-giardino di D. Spoerri a Seggiano. Ritornando alle evidenti criticità dello stato attuale del bene è necessario prevedere in primo luogo il progetto di consolidamento a seguito di una diagnosi delle strutture, al fine di arrestare il processo degenerativo che conduce allo stato di ‘rudere’ o all’irreversibile crollo e perdita di patrimonio. Le opere di somma urgenza per le quali comunque occorre fare riferimento ai principi menzionati, prevedono risarciture e integrazioni strutturali che coinvolgeranno prevalentemente la parte di cedimento fondale nell’area sud-est. La struttura di fondazione (vedere quanto emerso dalle indagini geologiche e ingegneristiche), le volte in mattoni di laterizio cotto e le pareti verticali in pietra di trachite, saranno Si veda, a tal proposito l’introduzione all’opera e gli esempi di capolavori, “Architetture nel tempo rappresenta la consapevolezza della durata, della permanenza, dell’autenticità dei luoghi attraverso i secoli e nella continua, loro, contemporaneità affidata alla conservazione che trasmette al futuro, al dialogo fra antica e nuova architettura, al progetto di restauro. Non solo quindi manufatti eccellenti ma anche architetture della quotidianità, manufatti della necessità oltre che della volontà simbolica e magniloquente, che comunque il tempo lo hanno attraversato per acquisire il diritto di essere memoria e futuro, per poter esibire una cittadinanza egualmente riconosciuta alle frontiere del tempo passato e di quello presente, materiale per la storia che attraverso la ricerca e l’indagine sul campo diventa storia anche esso”. De Vita M. 2015, Architetture nel tempo. Dialoghi della materia, nel restauro, Firenze University Press, Firenze. 7 Si veda, per riferimenti esemplari a proposito di progetti di restauro sul tema “del dialogo fra antico e nuovo”, De Vita M. 2015, Architetture nel tempo. Dialoghi della materia, nel restauro. Firenze University Press, Firenze. 6

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il palazzo bourbon del monte di piancastagnaio • luca pammolli

rafforzate e migliorate secondo interventi stabiliti a seguito dei risultati ottenuti dalle indagini diagnostiche di tipo avanzato ad oggi in corso. In particolare saranno determinate le porzioni specifiche nelle quali si presenti l’effettiva necessità di interventi di tipo puntuale e locale o di rafforzamento statico di parti più estese di murature, volte e solai. L’esecuzione di provvedimenti localizzati statici e antisismici tra i quali iniezioni di malta compatibili dal punto di vista fisico-chimico, ricuciture armate tramite ‘scuci e cuci’, il consolidamento di volte all’estradosso (in acciaio o fascia in carbonio) e l’impiego di ‘betoncino armato’ sono tecniche preferibili rispetto ad estese demolizioni e ricostruzioni, all’inserimento di cerchiature metalliche sulle aperture e ai consolidamenti di volte tramite ‘cappe’ in cemento armato, in modo da non compromettere l’integrità del materiale secondo i criteri di autenticità, reversibilità e minimo intervento8. Per conservare l’originario aspetto del nostro edificio sarà necessario prestare attenzione a non indurre l’inganno estetico sulla base del fatto che “il criterio essenziale da eseguirsi debba essere, oltre quello di limitare tali interventi nuovi al minimo possibile, anche quello di dare ad essi nuda semplicità e rispondenza del carattere costruttivo; e che solo possa mettersi in stile similare la continuazione delle linee esistenti nel caso in cui si tratti di espressioni geometriche prive di individualità decorativa” (Carta italiana del Restauro 1931). D’altra parte dove gli interventi previsti risultino ‘a vista’, è necessario rendere distinguibile la lettura della successione delle fasi storiche in linea con quanto espresso nella Carta italiana del restauro del 1972, ove riporta nell’allegato Istruzioni per la condotta dei restauri architettonici che “La sostituzione e le eventuali integrazioni di paramenti murari, ove necessario e nei limiti più stretti, dovranno essere sempre distinguibili dagli elementi originari, differenziando i materiali o le superfici di nuovo impiego”9. Oltre i concetti esposti sopra per un restauro in linea con i principi fondamentali si deve perseguire l’attuazione di tecniche per il miglioramento o risparmio energetico che la nuova destinazione d’uso del manufatto richiederà per la gestione annuale dell’immobile, sia sotto l’aspetto economico sia sotto l’impatto in termini di emissioni atmosferiche. Questo in modo che l’intervento risulti compatibile non solo dal punto di vista tecnologico nei confronti delle fragilità di un edificio storicizzato, ma anche sostenibile dal punto di vista ambientale e quindi in linea con i criteri del “progetto di restauro di ultima generazione”10. È utile osservare e analizzare gli elementi dell’architettura storica e le discipline del progetto di restauro in quanto contengono di per sé un carattere di sostenibilità: basti pensare alla quantità di suolo sottratto alla ‘cementificazione’ di Paesaggio grazie al susseguirsi degli usi a cui i

8 Si veda, per approfondimenti in merito, Palmerio G. 1996, Il progetto di consolidamento, in Carbonara G. 2003, Il trattato di restauro architettonico, in Carbonara G. (a cura di), Trattato di Restauro architettonico, Vol. I, UTET, Torino, pp. 648-684. 9 Si veda, per approfondimenti ai concetti a cui si è fatto riferimento, Lamberini D. 2004, Teoria e storia del restauro architettonico, Edizioni Polistampa, Firenze. 10 Si veda, M. De Vita (a cura di) 2012, Città storica e sostenibilità, Firenze University Press, Firenze e De Vita M., Neri. V. 2009, Restauro e sostenibilità, «Il progetto sostenibile», n. 22-23, pp. 66-71.


gli studi attuali: dal rilievo al progetto

monumenti storici sono stati adibiti nel corso del tempo e all’attività del processo progettuale che proietta e orienta al futuro le scelte per la trasmissione del Patrimonio11. Infatti “Lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri” (WCED 1987)12. Gli aspetti appena proposti sotto il profilo della sostenibilità trovano riscontri e conferme anche in campo tecnico, sia questo teorico che pratico. Infatti, per definire il ‘ciclo di vita’ di un bene occorre valutare la quantità di energia necessaria per la completa realizzazione dell’opera tra cui l’impiego di macchine e attrezzature utili per l’estrazione, il trasporto e la posa in opera di prodotti e materiali che in futuro dovranno anche essere oggetto di ulteriori lavorazioni per il loro smaltimento se non riciclabili13. Questo processo produce degli effetti impattanti rilasciati sull’ambiente che vengono misurati ed espressi in termini di quantità di ‘energia grigia’ impiegata. Se ad esempio applichiamo questo concetto ai materiali che compongono un’opera antica o storicizzata, come quella oggetto di questo studio, emerge come l’impatto dei suoi prodotti sull’ambiente in termini di emissioni può essere considerato pressoché nullo per via dei bassi valori di energia grigia incorporata nei materiali come la malta, l’intonaco, i mattoni in laterizio, la pietra di peperino e il legno di castagno in quanto recuperabili, quindi riciclabili e di facile reperibilità nella zona di Piancastagnaio14. Inoltre, la valutazione della sostenibilità di un possibile intervento di riqualificazione energetica a cui può e deve essere soggetto il nostro monumento è positiva anche sotto l’aspetto tecnico-pratico, in quanto le caratteristiche di resistenza termica degli stessi materiali che compongono le strutture opache – pareti, volte e solai – che definiscono il volume riscaldato verso l’esterno hanno una enorme capacità di ‘inerzia termica’ ossia di possibilità di accumulo di energia. Le caratteristiche specifiche dei materiali in tal senso dovranno essere rilevate ante operam tramite le indagini diagnostiche architettoniche già menzionate, grazie alle quali verranno orientate e finalizzate le scelte progettuali della ‘sfera’ della sostenibilità, nella quale rientrano anche le tematiche per la gestione delle risorse naturali come il recupero delle acque meteoriche, l’impiego di materiali biocompatibili, il controllo della ventilazione naturale e lo sfruttamento del solare15.

Ivi. United Nations 1987, Report of the World Commission of Environment and Development – Our Common Future, WCED Brundtland, <http://www.un-documents.net/our-common-future.pdf> (ultimo accesso 09/2018). 13 Si veda, per una più estesa trattazione sull’argomento, Cagari C., Hamas C.,Torricelli M.C. 2013, L’impegno dell’industria delle costruzioni per promuovere la sostenibilità dei prodotti: un approccio comune europeo per le prestazioni ambientali di prodotto, «TECHNE - Journal of Technology for Architecture and Environment», n.5, p. 101-109, <http://dx.doi.org/10.13128/ Techne-12808> (ultimo accesso 09/2018). 14 Si veda, a proposito dei valori di energia incorporata dei materiali citati per un ipotetico odierno impiego, Hammond G. Jones C. 2006, Inventory of Carbon & Energy (ICE), Version 1.5 Beta, Department of Mechanical Engineering, University of Bath, UK. 15 AA.VV. 2007, Progettazione, in Fuchs H. e Zeumer S. (a cura di) Atlante della sostenibilità, UTET, pp. 33-197; si veda inoltre, Grosso M. 2008, Il raffrescamento passivo degli edifici in zone a clima temperato, Maggioli, cap. VI, VIII, XII; ed infine, Dall’Ò G. Gamberale M. Silvestrini G. (a cura di) 2014, Manuale della certificazione energetica degli edifici, Edizioni Ambiente, Vignate (MI). 11 12

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Indirizzi progettuali e opere di somma urgenza

Caratteri topografici e geografici: Altitudine: Zona climatica: Abitanti:

terreni di formazione trachitica e argillosa 772 metri s.l.m. E 4168 al 31/03/2018

Il progetto di restauro architettonico del palazzo di Piancastagnaio proposto e illustrato nelle tavole raccolte al capitolo successivo prevede la destinazione d’uso a Municipio, con aree culturali e centro servizi per i cittadini. I risultati emersi dalla ricerca storica descritti alla sezione precedente mostrano come il palazzo sia stato utilizzato fin dagli inizi come residenza signorile ove si svolgevano le funzioni di potere governativo feudale e che successivamente, dalla fine del Seicento inizio Settecento fino alla sua alienazione, vi risiedeva il Vicario con incarichi di tipo amministrativo per il governo del territorio marchionale16; per questi motivi si ritiene compatibile la destinazione proposta anche in virtù dell’attuale ridotta sede del Comune di Piancastagnaio, tra l’altro proprietario del Bene. In dettaglio, il ri-uso prevede al piano nobile i le attività pubbliche (polizia municipale, servizi al cittadino, anagrafe, protocollo, sala conferenza e esposizione museale), al piano terra e primo gli spazi culturali (magistrato delle contrade, l’archivio storico e biblioteca), al piano secondo gli uffici tecnici, amministrativi e al piano sopraelevato la sala per riunioni di Consiglio. I diversi accessi che il palazzo offre sui quattro prospetti permetteranno alle diverse destinazioni interne di essere raggruppate in base alla loro compatibilità logistica e tematica all’interno di ogni piano. Questo renderà possibile l’indipendenza e la connessione tra le varie zone dell’edificio in modo che i servizi e le attività possano essere logisticamente interdipendenti tra loro senza che gli accessi al pubblico siano necessariamente fruibili contemporaneamente. Si tiene a precisare che grazie a questa disposizione degli accessi il palazzo può rappresentare una risorsa per il collegamento, la fruizione e l’accessibilità per l’adattamento all’autonomia delle persone disabili, non soltanto per l’utilizzo dell’edificio, ma se osservato l’aspetto urbano, lo stesso edificio può di per sé essere utilizzato come superamento delle barriere architettoniche, in quanto la posizione degli accessi del palazzo permette il collegamento e quindi la percorribilità verticale tra le vie adiacenti al piano terreno con quelle poste più in alto e viceversa. Precisamente, le tre vie del centro storico perimetrali il manufatto, che ad oggi risultano conservare gli storici basolari in pietra, risultano da ostacolo architettonico per la percorribilità dei disabili, ma grazie alla nuova funzionalità l’edificio stesso può adattarsi all’esigenza urbana mediante l’installazione dell’ascensore interno e permettere dalla attuale piazza Belvedere di uscire ai due livelli circostanti di via Garibaldi e via Guerrini, dove tra l’alto troviamo la possibilità di parcheggio e sosta. Si vuole ribadire che tutte le addizioni anche volumetriche e le modificazioni devono essere condotte secondo i criteri e i principi del restauro architettonico, incluso quello di ultima generazione con ASFi, Magistrato Supremo, Inventario redatto nel 1739 per l’Ill.mo Giovan Battista Francesco, n. 4417 e AP Contini-Bonacossi, Fondo della famiglia Bourbon del Monte Marchesi di Piancastagnaio, 1752-XIX sec.

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linguaggio e tecniche contemporanee; ad esempio le aggiunte necessarie per gli adempimenti previsti dalle vigenti norme di settore per la sostenibilità ambientale, per la prevenzione incendi, per la sicurezza e per l’abbattimento delle barriere architettoniche dovranno essere necessariamente oggetto di approfondimento ai successivi livelli di progetto. Infine, il concetto per la valutazione della sostenibilità di un intervento su un edificio esistente si basa anche sul rapporto costi/benefici, più rapidamente risultano ammortizzati i costi di realizzazione e più esso può ritenersi positivo. Quindi è fondamentale valutare i costi di gestione annuali di un’opera come quella in questione, con tremila metri quadri di superficie utile calcolati in base al progetto per la nuova destinazione funzionale. La struttura deve essere in grado di minimizzare le dispersioni termiche al fine di ridurre la richiesta di apporti energetici e quindi contenere i costi di gestione. Nel caso specifico queste richieste possono essere facilmente soddisfatte se si esce dal contesto edificio e s’inserisce il manufatto nel sistema infrastrutturale comunale. Infatti la vicina centrale geotermica può facilmente soddisfare tali richieste energetiche tramite fonti a basso costo come il teleriscaldamento, di cui il centro abitato avrà presto disponibilità. In aggiunta l’inerzia termica intrinseca delle strutture ‘opache’ verticali e orizzontali, visto il generoso spessore delle stesse, potrà essere sfruttata per ottimizzare lo sfasamento temporale per il rilascio di calore accumulato dai materiali nelle ore diurne durante le ore notturne. Le opere di consolidamento e messa in sicurezza della struttura del palazzo non possono prescindere da un pronto ripristino delle volumetrie originarie attraverso l’eliminazione delle superfetazioni in modo da ridurre il “già elevato stato tensionale a livello fondale” ed al contempo iniziare il processo di valorizzazione. Non secondario risulta essere il controllo del livello di acqua nel terreno al di sotto del manufatto, quindi sarà necessaria la realizzazione di un sistema di drenaggio e di allontanamento della acque “preliminarmente ad ogni opera di consolidamento statico della struttura, in modo da lasciare il manufatto stesso in condizioni di minor rigidezza durante tutto il periodo di riassetto idraulico del sottosuolo conseguente alle operazioni di drenaggio”17. In sostanza, è necessario realizzare delle ‘gallerie’ in grado di convogliare a valle le acque in eccesso presenti a livello di fondazione. A seguito di queste opere di somma urgenza occorre prevedere gli interventi di consolidamento a livello fondale con l’inserimento di micropali collegati a un cordolo perimetrale e platea, solidarizzati alla muratura di fondazione portante verticale18. Il consolidamento statico dell’edificio e il conseguente recupero per la valorizzazione dovrà necessariamente prevedere ulteriori interventi oltre quelli menzionati e progettati, adottatati sulla base dei risultati disponibili derivati dalle indagini geologiche ed ingegneristiche, integrate con quelle architettoniche conoscitive appena sopra descritte. Si vada, Bartoli G. Betti M. 2012, op. cit., Relazione finale, p. 4. Si veda, Baldi A.M. 2008, Risultati delle indagini svolte, pp. 20-23 ed inoltre si veda, per approfondimenti in merito, relazione Enser 2016, op. cit. pp. 47-55, a proposito di alcuni interventi previsti (cerchiature, cappe di cemento armato e demolizioni), si ritiene necessario ridurre al minimo gli interventi invasivi in linea con i principi per la tutela dei Monumenti, Lamberini D. 2004, Da Boito a Giovannoni: la scuola italiana e il restauro come scienza e inoltre La carte del Restauro e Convenzioni internazionali, in Id. Teoria e storia del restauro architettonico, Edizioni Polistampa, Firenze, pp. 36-113 e 177-263.

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INQUADRAMENTO

F.1 Ortofoto sulla Toscana, anno 2016. Estratto da Bing e mosaicato da chi scrive. F.2 Ortofoto sui comuni del Monte Amiata, anno 2016. Estratto da Google Maps e mosaicato da chi scrive.

F.3 Ortofoto sul centro abitato di Piancastagnaio, anno 2006. Estratto da Google Maps e mosaicato da chi scrive.

F.4 Ortofoto sul centro storico di Piancastagnaio, anno 2016. Estratto da volo EIRA Regione Toscana. F.5 Ortofoto sul Palazzo Bourbon del Monte. Estratto da volo Centri Regione Toscana 1980.


elaborati grafici

F.6 Vista di Piancastagnaio da est sud-est, anno 2012. Università Degli Studi di Firenze – Dipartimento di Scienza della Terra. F.7 Vista di Piancastagnaio da sudest, anno 2012. Università Degli Studi di Firenze – Dipartimento di Scienza della Terra.

F.10 Foto aerea del Palazzo da nord, anno 2012. Università Degli Studi di Firenze – Dipartimento di Scienza della Terra. F.11 Foto aerea del Palazzo da sudest, anno 2012. Università Degli Studi di Firenze – Dipartimento di Scienza della Terra.

F.8 Foto aerea del Palazzo da sud, anno 2012. Università Degli Studi di Firenze – Dipartimento di Scienza della Terra. F.9 Foto aerea del Palazzo da est, anno 2012. Università Degli Studi di Firenze – Dipartimento di Scienza della Terra.

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METODI DI RILIEVO INTEGRATO

F. 12 Dettaglio del materiale di cui sono composte le murature portanti verticali: pietra di peperino locale sbozzata o trachite. F. 13 Dettaglio sul materiale si cui sono composte le strutture voltate degli ambienti principali: mattoni di laterizio cotto. F. 14 Dettaglio sul materiale di cui sono composte le strutture orizzontali quali solai interni e falde di copertura: legno di castagno (orditura principale e secondaria) e mezzane in laterizio cotto.

F. 15, 16 Immagine della Scansione laser per il rilievo integrato. Acquisizione del dato della nuvola di punti densa ed elaborazione finalizzata a rendere leggibile la totalità dei dati contenuti nel database; attraverso la gestione è stato possibile impostare i piani sezione che permettono di estrapolare sezioni in qualsiasi punto dell’oggetto e calcolare i nuovi disegni di piante, prospetti e sezioni.

F. 17, 18 Visualizzazione di due piani di sezione tipo (prospetto est e pianta piano nobile), dopo la gestione del laser-scanner 3D, dai quali si sono prodotti i disegni geometrici a fil di ferro in ambiente vettoriale CAD, misurabile e scalabile alla necessità.


elaborati grafici

• F.1 Restituzione grafica della nuvola di punti di una fascia del prospetto est. F.2 Passaggio che scende dagli interni del piano terra al piano seminterrato. F.3 Presenza di acqua da risalita nel piano seminterrato, localizzata nell’angolo sud-ovest del fabbricato.

PIANTA PIANO INTERRATO

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•

F.1 Corridoio che conduce al piano interrato: volta a botte in laterizio e struttura verticale in pietra locale. F.2 Disimpegno al piano terra adiacente lo scalone monumentale.

• F.3 Prima rampa di salita dello scalone interno, completamente realizzata in trachite. F.4 Ambiente di collegamento recentemente utilizzato come cantina: volta a botte in laterizio e muratura in pietra locale. F.5 Dettaglio di uno dei caminetti posti al piano terra. F.6 Ambiente posto nell’angolo sud ovest del fabbricato, le finestre e il passaggio sono tamponati a seguito del degrado. F.7 Corridoio principale percorribile dal portale di ingresso est, il pavimento in basolari di peperino. F.8 Abside che conclude la lunghezza del corridoio principale. F.9 Ambienti ricavati dai nuovi solai nel cortile interno al Palazzo, originariamente in doppio volume. F.10 Volta a botte con sei unghie a crociera sorrette da peducci in ornati in peperino. F.11 Ambiente con pareti controterra, pavimento in peperino e passaggio secondario tamponato.


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PIANTA PIANO TERRA (INGRESSO)

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• F.1 Prima rampa di salita (vista da sopra) delle scale di arrivo al disimpegno del piano terra. F.2 Corridoio principale di distribuzione tra i vari ambienti.

• F.3 Finestra originaria e passaggio realizzato senza autorizzazione e in avanzato stato di degrado. F.4 Particolare della lesione nella muratura portante e della volta. F.5 Veduta del solaio realizzato negli anni ‘50 del 1900 per utilizzare il doppio volume della corte posta al piano terreno, a cui si entrava dal portale sud. F.6 Atrio di accesso dal portale ovest, adiacente il corpo scala principale e vista di altra apertura abusiva realizzata per uso residenziale. F.7 Locale derivato dalla divisione dell’ambiente originariamente in doppio volume; sono tutt’ora presenti gli originali ornamenti in trachite. F.8 Portafinestra, basamento e solaio presumibilmente aggiunti durante gli anni ‘50 del 1900 per consentire l’ingresso indipendente da via G. Garibaldi. F.9 Finestra e un originario passaggio (a destra) con cornice in trachite, tamponato per le distributive delle abitazioni private.

• F.10 Ambiente adibito a residenza e portafiniestra di accesso ad uno dei due terrazzi sul terrapieno posti sul prospetto est.


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PIANTA PIANO PRIMO (AMMEZZATO)

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F.1 Atrio d’ingresso da Piazza Belvedere antistante il salone nobiliare. F.2 Atrio d’ingresso ripreso verso l’accesso da Piazza Belvedere (portale nord al centro). F.3 Arco ornamentale nel passaggio dall’atrio al corridoio di accesso allo scalone interno.

• F.4 Salone di rappresentanza con affaccio finestrato sul prospetto sud, originariamente utilizzato per ricevimenti ufficiali. F.5 Salone di rappresentanza vista verso l’accesso dall’atrio d’ingresso. F.6 Uno dei vani adibiti abusivamente ad uso residenziale. F.7 Portale di passaggio e finestrature rivolte ad est, ambiente originariamente adibito a camera.

• F.8 Uno dei vani adibiti abusivamente ad uso residenziale, originariamente adibito a camera. F.9 Portale di passaggio interno e parte di un caminetto, oltre finestra tamponata rivolta a sud. F.10 Corridoio voltato a crociera adiacente lo scalone monumentale. F.11 Rampa della scala monumentale che sale al piano terzo, voltato a crociera.


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PIANTA PIANO SECONDO (NOBILE)

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• F.1 Corridoio di accesso al piano terzo adiacente l’apertura del corpo scala. F.2 Scale di accesso verso i locali della parte sud-ovest del fabbricato. F.3 Ambiente adibito a residenza con affaccio a sud in avanzato stato di degrado.

• F.4 Suddivisione particellare delle abitazioni con tramezzature in laterizio. F.5 Ambiente con affaccio a sud, controsoffitto con cartongesso.

• F.6 Ampio corridoio di accesso ai locali con affacci sui fronti est e nord. F.7 Passaggio originale composto da elementi di pietra locale (trachite). F.8 Ambiente con finestre del prospetto est e porta originale con stipiti e architrave in pietra locale (trachite).

• F.9 Ambiente adibito a zona giorno per residenza e finestra rivolta sul prospetto est. F.10 Vano destinato ad abitazione con aperture finestrata sul prospetto sud in evidente stato di degrado.


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PIANTA PIANO TERZO (AMMEZZATO)

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• F.1 Impluvio della copertura dello scalone interno, utilizzato per la raccolta dell’acqua piovana e illuminazione naturale. F.2 Abbandono e degrado del vano sottotetto adiacente la scala di accesso.

• F.3 Copertura in latero-cemento e controsoffitto in cartongesso. F.4 Camino con elementi in pietra locale (trachite).

• F.5 Soppalco in acciaio e laterizio nel quale si trovano la zona notte dell’attico residenziale. F.6 Veduta generale dell’abitazione verso la porta d’ingresso.

• F.7 Cucina. F.8 Fronte esterno rivolto ad ovest.


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PIANTA PIANO QUARTO (SOPRAELEVAZIONE)

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• F.1 Prospetto sud.

• F.2 Prospetto delle ex scuderie. F.3 Prospetto ovest. F.4 Prospetto ovest.

• F.5 Prospetto nord. F.6 Prospetto est.


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PLANIVOLUMETRICO

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PROSPETTO NORD

•

F.1 Prospetto Nord, anno 2019 F.2 Prospetto Nord anno 1992, autore: indeciso42

a destra Prospetto nord - rapporto aureo


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PROSPETTO EST

• F.1 Prospetto est dislivello altimetrico F.2 Portale ingresso est, anno 2017

a sinistra Prospetto est - rapporto aureo

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PROSPETTO OVEST

F.1 Appendice incompiuta, foto anno 2017. F.2 Portale d’ingresso al piano primo, foto anno 2017.

a destra Prospetto ovest - rapporto aureo


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PROSPETTO SUD

•

F.1 Portale d’ingresso al piano terra, foto anno 2017. F.2 Particolare angolo sud-est, foto anno 2017.

a sinistra Prospetto sud- rapporto aureo

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SEZIONE NORD-SUD “AA”

pianta piano interrato

pianta piano terra

pianta piano primo

pianta piano secondo

pianta piano terzo

pianta piano quarto


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SEZIONE EST-OVEST “AA�

pianta piano interrato

pianta piano secondo

pianta piano terra

pianta piano terzo

pianta piano primo

pianta piano quarto

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SEZIONE NORD-SUD “BB”

pianta piano interrato

pianta piano terra

pianta piano primo

pianta piano secondo

pianta piano terzo

pianta piano quarto


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SEZIONE EST-OVEST “BB�

pianta piano interrato

pianta piano secondo

pianta piano terra

pianta piano terzo

pianta piano primo

pianta piano quarto

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INDIVIDUAZIONE DEL DEGRADO E DEI DISSESTI

ALTERAZIONE CROMATICA Materiale interessato: Intonaco di calce bastarda su muratura in pietra di trachite.

ABRASIONE – ALTERAZIONE E LACUNE Materiale interessato: intonaco di calce e sabbia.

Localizzazione: Si presenta in modo diffuso sulla parete

Localizzazione: Si presenta in modo diffuso sugli elementi.

Descrizione fenomeno: Alterazione che si manifesta attraverso la variazione di uno o più parametri che definiscono il coloro: tinta: (hue), chiarezza (value), saturazione (chroma). Si tratta di un fenomeno che non varia la resistenza del materiale ma è solo un cambiamento che influenza la percezione visiva.

Descrizione fenomeno: Perdita di materiale superficiale, dello smalto o del velo decorativo a causa dell’usura, ossia dalla consumazione dello strato primario o dei successivi; difetto che può comprometterne la funzionalità del materiale.

AZIONE ATROPICA VANDALICA Materiale interessato: Pietra in peperino locale o trachite.

CAVILLATURA Materiale interessato: Intonaco di calce e sabbia.

Localizzazione: Targa con epigrafe o iscrizione.

Localizzazione: Si presenta in modo diffuso.

Descrizione del fenomeno: Opere edìli realizzate in abuso rispetto ai titoli autorizzativi e dalle leggi per la tutela per i Beni Culturali. Causano la perdita di elementi architettonici e decorativi del Bene storico-artistico per via del cattivo uso a cui è stato sottoposto.

Descrizione del fenomeno: Manifestazione degenerativa delle superfici intonacate e cromatiche che si manifesta sotto forma di lesioni capillari o cavillature superficiali singole o ramificate, generalmente a rete chiusa (carta geografica), diffuse capillarmente in presenza di cretti o screpolature a ragnatela dell’intonaco sottostante.

COLONIZZAZIONE BIOLOGICA Materiale interessato: Intonaco di calce e sabbia e/o elementi modanati in pietra locale.

CROSTA Materiale interessato: elementi modanati in pietra.

Localizzazione: Si presenta in modo diffuso sulla parete. Descrizione fenomeno: Attacco riscontrabile macroscopicamente da parte di micro e/o macro organismi di colore e forma variabili.

DISGREGAZIONE DELLA PIETRA

Localizzazione: si presenta in modo puntuale. Descrizione fenomeno: Strato superficiale di alterazione del materiale lapideo o dei prodotti utilizzati per eventuali trattamenti. Di spessore variabile, è dura, fragile e distinguibile dalle parti sottostanti per le caratteristiche morfologiche e, spesso, per il colore. Può distaccarsi arche spontaneamente del substrato che, in genere, si presenta disgregato e/o pulverulento.

Materiale interessato: Elementi in pietra di trachite (peperino locale).

DEGRADO ANTROPICO Materiale interessato: Peperino locale, legno e intonaco.

Localizzazione: Si presente in modo diffuso sugli elementi in pietra.

Localizzazione: Si presente in modo localizzato.

Descrizione fenomeno: Perdita di materiale superficiale, dello smalto o dei rilievi decorativi causati dall’usura, ossia dalla consuetudine dello stato primario e dei successivi o da altri agenti abrasivi; difetto che può compromettere la corretta funzionalità del materiale.

Descrizione fenomeno: Opere murarie in costruzione o demolizione realizzate in difformità dai titoli autorizzativi propedeutici, realizzate per esigenze dettate da impropria destinazione d’uso.

EROSINE PROFONDA Materiale interessato: Materiale lapideo naturale, pietra in trachite.

ELEMENTI IMPROPRI Materiale interessato: Intonaco di calce e sabbia e/o pietra trachitica

Localizzazione: Si presenta in modo esteso sugli elementi.

Localizzazione: Si presenta in modo puntuale.

Descrizione fenomeno: Asportazione di materiale dalla superficie dovuta ad azioni meccaniche di particelle solide trasportate dal vento.

Descrizione fenomeno: Oggetti diversi dai materiali originali, ma aderenti ad essi come perni, chiodi e staffe di ferro, materiali e residui di altri restauri, alloggiamento dell’impiantistica ecc.


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FRATTURAZIONE STUTTURALE Materiale interessato: Paramento murario in pietra di trachite. Localizzazione: Si presenta in modo lineare sulla struttura. Descrizione fenomeno: Degenerazione che si manifesta con la formazione di soluzioni di continuità nel materiale e che può implicare lo spostamento reciproco delle parti. La conformazione delle fessure può essere lineare (ovverosia formata da un solo ramo) o reticolare (con più rami).

MACCHIE DI MATERIALI ESTRANEI Materiale interessato: Intonaco di calce e sabbia e/o elementi modanati in pietra locale. Localizzazione: Si presenta in modo diffuso sugli elementi. Descrizione fenomeno: Variazione cromatica della superficie correlata sia alla presenza di determinati componenti naturali del materiale, sia dalla presenza di materiali estranei (acqua, prodotti di ossidazione di materiali metallici, sostanze organiche, vernici, microrganismi ecc.).

MANCANZA DI MODANATURE Materiale interessato: Modanature in pietra di trachite

MANCANZA INTONACO Materiale interessato: Intonaco di calce e sabbia.

Localizzazione: Si presenta in modo localizzato.

Localizzazione: Si presenta in modo esteso sulla parete.

Descrizione fenomeno: Caduta e perdita di parti. Il Termine generico mancanza si usa quando tale forma di degradazione non è descrivibile con altre voci del lessico. Nel caso particolare degli elementi in pietra si chiama lacuna.

Descrizione fenomeno: Caduta e perdita di parti. Il Termine generico mancanza si usa quando tale forma di degradazione non è descrivibile con altre voci del lessico. Nel caso particolare degli intonaci si chiama lacuna.

MACCHIE DA OSSIDAZIONE Materiale interessato: Intonaco di calce e sabbia.

MACCHIE ORGANICHE Materiale interessato: Peperino locale (trachite) ed intonaco.

Localizzazione: Si presenta in modo diffuso.

Localizzazione: Si presenta in modo localizzato.

Descrizione fenomeno: Alterazione che si manifesta con pigmentazione accidentale e localizzata della superficie; è correlata alla presenza di materiale estraneo del substrato, nel presente caso è determinato da elemento improprio sul paramento murario.

Descrizione fenomeno: Alterazione che si manifesta con pigmentazione accidentale e localizzata della superficie; è correlata alla presenza di materiale estraneo del substrato, nel presente caso è determinato da sostanze organiche.

PATINA BIOLOGICA E MACCHIA Materiale interessato: Intonaco di calce e sabbia su muratura di pietra in trachite.

PERDITA DI PATRIMONIO Materiale interessato: Elementi architettonici in trachite (peperino).

Localizzazione: Si presenta in modo diffuso sulla parete.

Localizzazione: Si presenta in modo localizzato sulla parte.

Descrizione fenomeno: Strato sottile, morbido ed omogeneo, aderente alla superficie e di natura biologica, di colore variabile, per lo più verde. La patina biologica è costituita prevalentemente da microrganismi cui aderiscono polvere, ecc. Le conseguenze fisico/chimiche portano alla disgregazione e distacco del supporto d’intonaco.

Descrizione fenomeno: Caduta o perdita di parti strutturali degli apparati architettonici e decorativi. In termini generici si usa quando tale forma di degenerazione non è descrivile con altre voci del lessico. Nel presente caso di individua la perdita della composizione ad edicola della finestra.

RAPPEZZO INCONGRUO Materiale interessato: Intonaco di calce e sabbia.

VEGETAZIONE INFESTATE SUPERIORE Materiale interessato: Cortina in trachite e laterizio.

Localizzazione: Si presenta in modo esteso e/o puntuale sulla parete.

Localizzazione: Si presenta in modo localizzato.

Descrizione fenomeno: Lavorazione edìle o ripristino eseguito con materiale eterogeneo o non compatibile che risulta incoerente con il materiale preesistente o limitrofo.

Descrizione fenomeno: Insediamenti parietali di licheni, muschi e piante.

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il palazzo bourbon del monte di piancastagnaio • luca pammolli

PROSPETTO NORD

LEGENDA DEI DEGRADI Alterazione cromatica

Macchie da ossidazione

Colonizzazione biologica

Rappezzo incongruo

Cavillatura

Macchie da ruggine

Patina biologica e macchia

Deposito superficiale

Effluorescenza salina

Fessurazione incompleta

Croste

Distacco e mancanza puntuale

Elementi impropri

Mancanza intonaco


elaborati grafici

PROSPETTO EST

LEGENDA DEI DEGRADI Alterazione cromatica

Azione antropica

Disgregazione pietra

Mancanza modanature

Patina biologica e macchia

Degrado antropico

Elementi impropri

Mancanza intonaco

Colonizzazione biologica

Macchie organiche

Macchie di materiali Estranei

Rappezzo incongruo

Fratturazione superficiale

Erosione profonda

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il palazzo bourbon del monte di piancastagnaio • luca pammolli

PROSPETTO OVEST

LEGENDA DEI DEGRADI Alterazione cromatica

Rappezzo incongruo

Presenta vegetazione

Degrado antropico

Patina biologica

Macchie di ruggine

Macchie da materiali estranei

Deposito superficiale

Colonizzazione biologica

Fessurazione incompleta

Elementi impropri

Mancanza intonaco

Distacco e mancanza Macchie organiche


elaborati grafici

PROSPETTO SUD

LEGENDA DEI DEGRADI Alterazione cromatica

Azione antropica vandalica

Disgregazione pietra

Mancanza modanature

Patina biologica e macchia

Degrado antropico

Elementi impropri

Mancanza intonaco

Abrasione e lacune

Macchie organiche

Erosione profonda

Perdita di patrimonio

Fratturazione strutturale

Vegetazione infestante

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il palazzo bourbon del monte di piancastagnaio • luca pammolli

PROGETTO PER LA NUOVA DESTINAZIONE

'Rappresentazione comparativa' o 'stato sovrapposto' di piante e alzati elaborati sulla base del rilievo integrato. Gli interventi previsti sono necessari per la rimozione delle aggiunte, i ripristini delle lacune e le addizioni utili per la nuova funzione con attenzione all’eliminazione delle barriere architettoniche. Questo, secondo la proposta progettuale per la valorizzazione del complesso monumentale in linea con i principi del restauro architettonico.

demolito costruito

pianta piano interrato

pianta primo piano (interrato)

pianta piano terra (ingresso)

pianta piano secondo (piano nobile)


elaborati grafici

pianta piano terzo (soffitte)

pianta piano quarto (sopraelevazione)

sezione nord-sud AA

sezione est-ovest BB

sezione est-ovest AA

sezione nord-sud BB

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il palazzo bourbon del monte di piancastagnaio • luca pammolli

studio dei flussi

analisi compositiva

PIANTA PIANO TERRA (INGRESSO)

Magistrato delle contrade

65,72 mq

Archivio storico comunale

169,82 mq

Locale di servizio

18,82 mq

Aree interne di circolazione 276,04 mq TOT. superficie calpestabile 529,08 mq studio distributivo


elaborati grafici

studio dei flussi

analisi compositiva

PIANTA PIANO TERRA (INGRESSO)

Biblioteca e sala di lettura

403,09 mq

Consultorio A.S.L.

57,25 mq

Area interne di circolazione

178,24 mq

Locali di servizio

31,22 mq

TOT. superficie calpestabile

669,08 mq studio distributivo

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il palazzo bourbon del monte di piancastagnaio • luca pammolli

studio dei flussi

analisi compositiva

PIANTA PIANO SECONDO (NOBILE)

Anagrafe 95,92 mq Area per allestimenti

144,00 mq

Sala conferenza

202,26 mq

Ufficio protocollo

107,92 mq

Locale di servizio

32,54 mq

Polizia municipale

46,26 mq

Aree interne di circolazione 230,78 mq TOT. superficie calpestabile 859,68 mq studio distributivo


elaborati grafici

studio dei flussi

analisi compositiva

PIANTA PIANO TERZO (SOFFITTE)

Uffici tecnici e amministrativi 457,64 mq Locali di servizio

37,59 mq

Aree interne di circolazione

165,89 mq

TOT. superficie calpestabile

661,12 mq studio distributivo

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il palazzo bourbon del monte di piancastagnaio • luca pammolli

studio dei flussi

analisi compositiva

PIANTA PIANO QUARTO (SOPRAELEVAZIONE)

Uffici per la giunta comunale 169,61 mq Locale di servizio

6,24 mq

Aree interne di circolazione 50,51 mq TOT. superficie calpestabile studio distributivo

226,36 mq


elaborati grafici

Bibliografia

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il palazzo bourbon del monte di piancastagnaio • luca pammolli


bibliografia

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Finito di stampare da Officine Grafiche Francesco Giannini & Figli s.p.a. | Napoli per conto di didapress Dipartimento di Architettura UniversitĂ degli Studi di Firenze Marzo 2019



Il Palazzo dei Bourbon del Monte venne costruito agli inizi del Seicento per volontà del marchese Giovanni Battista appartenente alla nobile famiglia toscana dei Bourbon del Monte di Santa Maria, dopo che ad egli fu concesso in feudo il territorio di Piancastagnaio dal granduca di Toscana Ferdinando I° dei Medici. Il Palazzo rappresenta uno splendido esempio di architettura che purtroppo ad oggi risulta in stato di degrado avanzato ed inutilizzato. I risultati ottenuti e presentati sono il frutto degli studi condotti grazie alla convenzione tra il Comune di Piancastagnaio e la Scuola di Specializzazione in Beni architettonici e del Paesaggio dell’Università di Firenze − Dipartimento di Architettura (DIDA) − e offrono una sintesi di tutte le attività condotte circa la ricerca storica di fonti edite ed inedite dal Cinquecento al Novecento, il rilievo geometrico integrato con laser scanner 3D per la definizione del sistema di misure del corpo edilizio, le indagini per la mappatura delle forme di alterazione e degrado dei paramenti murari e l’ipotesi per la nuova destinazione d’uso. Sulla base dell’analisi storica e dei rilievi viene definito il quadro dei caratteri architettonici e distributivi dell’opera, la cronologia delle fasi di realizzazione all’interno del contesto di rapporti politico-culturali, oltre la nuova paternità del disegno progettuale indagando le figure di Valentino Martelli, Francesco Maria Bourbon del Monte, Jacopo Barozzi da Vingola e Giacomo Della Porta. Parallelamente si sono condotte le indagini diagnostiche al fine di individuare le ipotesi relative al consolidamento e restauro del Palazzo nonché le linee guida per la valorizzazione del complesso monumentale. Luca Pammolli Architetto Specializzato in Beni Architettonici e del Paesaggio, borsista presso il Dipartimento di Architettura di Firenze per la “Ricerca relativa allo stato dei luoghi, progetto di diagnostica, ipotesi relative al consolidamento e restauro del Palazzo Bourbon del Monte in Piancastagnaio” e nel 2016 per “Ricerche, rilievi, indagini diagnostiche per proposte di restauro del palazzo Bourbon del Monte” argomento d’esame finale con cui ottiene il Diploma di Specialista (2017). Laureato presso l’Università degli Studi di Firenze con il progetto Abitare sociale: nuovo complesso residenziale nell’area del Pino a Calenzano, pubblicato in Abitare Sociale, la cultura del progetto in Italia dal dopoguerra ad oggi (Edifir 2013) e in Sinergie. Architettura & Città (Edifir 2012). Ha progettato e diretto vari interventi per restauri architettonici, nuova edificazione e ristrutturazioni edilizie su beni di proprietà pubblica e privata come autore, consulente e collaboratore.

ISBN 978-88-3338-059-9

ISBN 978-88-3338-059-9

€ 22,00 9 788833 380599


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