L'ingegnere sopra e sotto il mare | Marino - Barone - Pignatelli

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luigi marino paola barone olivia pignatelli

L’ingegnere sopra e sotto il mare La fabbrica dei trabocchi, macchine per la pesca costiera


La serie di pubblicazioni scientifiche Ricerche | architettura, design, territorio ha l’obiettivo di diffondere i risultati delle ricerche e dei progetti realizzati dal Dipartimento di Architettura DIDA dell’Università degli Studi di Firenze in ambito nazionale e internazionale. Ogni volume è soggetto ad una procedura di accettazione e valutazione qualitativa basata sul giudizio tra pari affidata al Comitato Scientifico Editoriale del Dipartimento di Architettura. Tutte le pubblicazioni sono inoltre open access sul Web, per favorire non solo la diffusione ma anche una valutazione aperta a tutta la comunità scientifica internazionale. Il Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze promuove e sostiene questa collana per offrire un contributo alla ricerca internazionale sul progetto sia sul piano teorico-critico che operativo. The Research | architecture, design, and territory series of scientific publications has the purpose of disseminating the results of national and international research and project carried out by the Department of Architecture of the University of Florence (DIDA). The volumes are subject to a qualitative process of acceptance and evaluation based on peer review, which is entrusted to the Scientific Publications Committee of the Department of Architecture (DIDA). Furthermore, all publications are available on an open-access basis on the Internet, which not only favors their diffusion, but also fosters an effective evaluation from the entire international scientific community. The Department of Architecture of the University of Florence promotes and supports this series in order to offer a useful contribution to international research on architectural design, both at the theoretico-critical and operative levels.


ricerche | architettura design territorio


ricerche | architettura design territorio

Coordinatore | Scientific coordinator Saverio Mecca | Università degli Studi di Firenze, Italy Comitato scientifico | Editorial board Elisabetta Benelli | Università degli Studi di Firenze, Italy; Marta Berni | Università degli Studi di Firenze, Italy; Stefano Bertocci | Università degli Studi di Firenze, Italy; Antonio Borri | Università di Perugia, Italy; Molly Bourne | Syracuse University, USA; Andrea Campioli | Politecnico di Milano, Italy; Miquel Casals Casanova | Universitat Politécnica de Catalunya, Spain; Marguerite Crawford | University of California at Berkeley, USA; Rosa De Marco | ENSA Paris-LaVillette, France; Fabrizio Gai | Istituto Universitario di Architettura di Venezia, Italy; Javier Gallego Roja | Universidad de Granada, Spain; Giulio Giovannoni | Università degli Studi di Firenze, Italy; Robert Levy| Ben-Gurion University of the Negev, Israel; Fabio Lucchesi | Università degli Studi di Firenze, Italy; Pietro Matracchi | Università degli Studi di Firenze, Italy; Saverio Mecca | Università degli Studi di Firenze, Italy; Camilla Mileto | Universidad Politecnica de Valencia, Spain | Bernhard Mueller | Leibniz Institut Ecological and Regional Development, Dresden, Germany; Libby Porter | Monash University in Melbourne, Australia; Rosa Povedano Ferré | Universitat de Barcelona, Spain; Pablo RodriguezNavarro | Universidad Politecnica de Valencia, Spain; Luisa Rovero | Università degli Studi di Firenze, Italy; José-Carlos Salcedo Hernàndez | Universidad de Extremadura, Spain; Marco Tanganelli | Università degli Studi di Firenze, Italy; Maria Chiara Torricelli | Università degli Studi di Firenze, Italy; Ulisse Tramonti | Università degli Studi di Firenze, Italy; Andrea Vallicelli | Università di Pescara, Italy; Corinna Vasič | Università degli Studi di Firenze, Italy; Joan Lluis Zamora i Mestre | Universitat Politécnica de Catalunya, Spain; Mariella Zoppi | Università degli Studi di Firenze, Italy


luigi marino paola barone olivia pignatelli

L’ingegnere sopra e sotto il mare La fabbrica dei trabocchi, macchine per la pesca costiera


Il volume è l’esito di un progetto di ricerca condotto dal Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze. La pubblicazione è stata oggetto di una procedura di accettazione e valutazione qualitativa basata sul giudizio tra pari affidata dal Comitato Scientifico del Dipartimento DIDA con il sistema di blind review. Tutte le pubblicazioni del Dipartimento di Architettura DIDA sono open access sul web, favorendo una valutazione effettiva aperta a tutta la comunità scientifica internazionale.

con il contributo di

Lions Club Termoli Host

in copertina Un trabocco arroccato sulla scogliera garganica

progetto grafico

didacommunicationlab Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze Susanna Cerri Ambra Quercioli

didapress Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze via della Mattonaia, 8 Firenze 50121 © 2018 ISBN 9788833380315

Stampato su carta di pura cellulosa Fedrigoni Arcoset


indice Abstract Luigi Marino

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L’ingegnere sopra e sotto il mare

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La fabbrica dei trabocchi, macchine per la pesca costiera

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La catena operatoria

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Architetture di utilità

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I trabocchi

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La storia

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Localizzazioni dei trabocchi e morfologia costiera

43

Materiali, elementi strutturali e tecniche costruttive

59

I componenti e loro funzione

63

Caratteristiche architettoniche e strutturali

65

Fasi costruttive, strategie di intervento ed elementi nodali

65

Passerella

67

Piattaforma

75

Argano

83

La cabina

88

Pali di irrigidimento, il loro contributo alla stabilità

90

Antenne, pali delle antenne, pali dei tiranti, codittoni, antennine e antenna centrale

97

Sequenze di montaggio

103

La rete

107

Gli “oggetti” del trabocco

117

Aspetti statici e cinematici

118

Le possibili instabilità e dissesti delle strutture

124

I componenti di maggior fragilità

127

Fenomeni di degrado dei materiali

130

Indagini xilotomiche su campioni di due trabocchi

134

La protezione la valorizzazione

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Bibliografia

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‌sopra un gruppo di un trabocco, una stra tutta composta di simili ad un ragno c


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scogli si protendeva na macchina da pesca, tavole e di travi, olossale… Gabriele D’Annunzio, 1894


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abstract Luigi Marino

Trabocco di Punta Aderci a Vasto (F. Martella)

Quello che il figlio desidera dimenticare, è lo stesso di cui il nipote cerca di ricordarsi J-P.Babelon, A.Chastel, 1994

È convinzione ormai sufficientemente diffusa (sebbene ancora non del tutto praticata) che nessun intervento di restauro possa prescindere dalla conoscenza quanto più completa possibile dei materiali di cui è composta l’opera. Gli accertamenti preventivi, le rilevazioni di dettaglio e una efficace opera di gestione delle informazioni cui mancanza costituiscono ineliminabili basi conoscitive su cui articolare ogni futura azione. Lo spoglio della letteratura disponibile e, soprattutto, la pratica di cantiere possono fornire indicazioni preziose sia sulle procedure costruttive che possiamo considerare “anomali” o “eccezionali” sia quelle che presentano caratteri di maggiore estensione e applicazione. In tutti i casi, il rischio maggiore è quello di non riconoscere sul terreno materiali e procedure costruttive e di entrare in una logica di “già visto” che è destinato a nuocere in maniera, talvolta irreversibile, sulla loro futura sopravvivenza. Un aspetto particolare della ricerca riguarda lo studio sulle procedure tradizionali di costruzione e di manutenzione che hanno consentito a edifici, talvolta anche molto antichi, di sopravvivere anche a situazioni ambientali e condizioni di esercizio difficili. La perdita progressiva di procedure costruttive tradizionali e l’abbandono di materiali locali sta causando, da una parte, la sistematica (e sembra inarrestabile) perdita di un patrimonio immobiliare non indifferente e, dall’altra, la scomparsa di sapienze e abilità manuali di grande valore. La continuità degli interventi di manutenzione costituisce la più efficace possibilità di sopravvivenza di manufatti antichi, soprattutto se delicati e naturalmente vulnerabili. L’interruzione per lungo tempo di procedure tradizionali e ben collaudate da un periodo sufficientemente lungo di applicazione, non solo crea danni alle strutture ma causa anche la perdita della cultura della manutenzione sistematica e ripetuta nel tempo. Le conseguenze si renderanno evidenti quando, intervenendo a distanza di tempo, saranno eseguiti lavori inadeguati (che in ogni caso tradiscono gli originali), quando addirittura non nocivi.


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abstract • luigi marino

Nella storia del costruito avviene di frequente che alcuni fenomeni possano svilupparsi in maniera più o meno omogenea per periodi lunghi e tali da stabilizzarne gli sviluppi successivi. In tal modo è molto probabile che diventino, almeno in linea di massima, prevedibili e rassicuranti. Più frequentemente, però, si possono avere avvenimenti che creano le condizioni per cambiamenti accelerati e/o improvvisi. Questi, a loro volta, con reazioni a catena, causeranno deviazioni di direzione di uno sviluppo che fino a quel momento poteva sembrare quasi immutabile. Uno degli esempi di queste dinamiche è fornito dalla storia dei trabocchi, macchine di legno per la pesca costiera. Questo studio documenta un fenomeno importante perché ha segnato l’economia delle popolazioni rivierasche e ne analizza alcuni aspetti costruttivi (tipologie, scelta di materiali, criteri di assemblaggio dei componenti, apparecchi, procedure di manutenzione e adattamento a nuove funzioni…) solitamente meno esplorati. Il volume raccoglie alcuni risultati di un vasta indagine condotta presso l’Università degli studi di Firenze (Dipartimento di Architettura) basata su specifiche campagne di rilievo di dettaglio e documentazioni ricavate “sul campo” anche grazie alla disponibilità di alcuni proprietari-costruttori-manutentori di trabocchi. La construction des «trabocchi», machines de pêche côtière Il existe la conviction suffisamment répandue aujourd’hui – mais pas totalement mise en pratique – selon laquelle aucune intervention de restauration ne peut faire abstraction de la connaissance la plus complète des matériaux qui composent un ouvrage. Les vérifications préventives, les relevés de détail et un travail efficace de gestion des informations sont les bases de connaissances incontournables sur lesquelles sera axée toute action future. Le suivi de la littérature disponible, et surtout la pratique de chantier, fournissent des indications précieuses sur les procédés de construction pouvant être considérés comme « anormaux » ou « exceptionnels », ainsi que sur les procédés caractérisés par une plus grande possibilité d’extension et d’application. Dans tous les cas, le risque majeur est de ne pas reconnaître les matériaux et les procédés de construction sur le terrain, et d’entrer dans une logique de « déjà vu » destinée à porter atteinte, parfois de manière irréversible, à la future survie de ceux-ci. Un aspect particulier de la recherche a trait à l’étude des procédés traditionnels de construction et d’entretien qui ont permis à des édifices parfois très anciens de survivre à des situations environnementales et à des conditions d’exploitation difficiles. La perte progressive de procédés de construction traditionnels et l’abandon des matériaux locaux causent d’une part, la perte systématique (qui semble inexorable) d’un patrimoine im-


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mobilier considérable, et d’autre part, la disparition de savoirs et de savoir-faire manuels de grande valeur. La continuité dans les interventions d’entretien constitue la chance de survie la plus efficace pour les ouvrages anciens, surtout s’ils sont fragiles et naturellement vulnérables. Lorsqu’on interrompt de manière prolongée des procédés traditionnels et éprouvés après un temps suffisamment long de mise en application, il s’ensuit des dommages aux structures ainsi que la perte de la culture de l’entretien systématique et répété dans le temps. Les conséquences se rendront évidentes lors d’interventions après un certain temps, lorsque seront réalisés des travaux inadéquats (qui dans tous les cas trahissent les originaux), voire néfastes. Dans l’histoire du bâti, certains phénomènes se produisent souvent de manière plus ou moins homogène, et ce sur des périodes longues, de manière à en stabiliser le développement ultérieur. Ainsi, de manière générale, il se peut qu’ils deviennent prévisibles, rassurants même. Toutefois, plus souvent encore, un évènement peut créer les conditions pour des changements accélérés et/ou subites. Ces derniers, à leur tour, soumis à des réactions en chaîne, vont causer des déviations dans un développement qui, jusqu’alors, paraissait immuable. L’un des exemples de ces dynamiques est donné par l’histoire des « trabocchi », des machines en bois pour la pêche côtière. Cette étude documente un phénomène important qui a marqué l’économie des populations de la côte et en analyse certains aspects constructifs moins explorés (typologies, choix des matériaux, modalités d’assemblage des composants, appareils, procédures d’entretien, adaptation à de nouveaux usages, etc.). Ce volume rassemble les résultats d’une vaste recherche conduite par l’Université de Florence (Département d’architecture). Ce travail d’envergure est fondé sur des campagnes de relevé détaillé et sur une documentation importante, issue des observations in situ, avec l’appui de quelques propriétaires-constructeurs des «trabocchi», chargés aussi de leur entretien. The construction of «trabocchi», coastal fishing machines Nowadays, the belief that no restoration work can be performed without having totally exhaustive knowledge of the materials of which the building is composed is sufficiently widespread (though not yet fully practised). Preventive inspections, detailed surveys and efficient management of missing information, are essential fact-finding bases on which to base all future action. Examination of the literature available, and, especially, building site practice can provide precious information both about the building procedures we can consider “abnormal” or “exceptional” and those with greater scope and application. In all cases, the greatest risk is that of not recognising materials and building procedures on the land and treating

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abstract • luigi marino

them as though we have “seen it all before”, which is destined to harm their future survival, sometimes permanently so. A particular aspect of the research concerns the study about the traditional building and maintenance procedures that have enabled buildings - sometimes very old ones - to survive even in difficult environmental situations and under difficult operating conditions. The gradual loss of traditional building procedures and the abandonment of local materials is causing, on the one hand, a systematic (and seemingly uncontrollable) serious loss of architectural heritage, and on the other, the demise of high-value manual skills and abilities. Continual maintenance operations are what make ancient buildings most likely to survive, especially if they are fragile and naturally vulnerable. Taking long breaks from traditional procedures that have been tried and tested over a sufficiently long application period not only creates structural damage but also causes the culture of systematic, time-repeated maintenance to be lost. The repercussions of this will become evident when, on performing maintenance after a long period of time, the works carried out will be poor (and in any case unfaithful to the originals), if not harmful. Frequently, in the history of buildings, certain phenomena can develop in a more or less uniform way over long periods, thus stabilising subsequent developments. As such, at least as a general rule, they are very likely to become foreseeable and encouraging. However, more frequently, events may occur that create conditions for accelerated and/or sudden changes. In turn, as a chain reaction, these will cause deviations in the direction of development that may have seemed unchangeable up until that very moment. One example of these dynamics can be found in the history of “trabocchi”, traditional wooden machines on stilts for coastal fishing, found in parts of Italy. This study documents an important phenomenon that shaped the economy of coastal populations, and analyses some generally less-explored aspects of construction (types, choice of materials, component assembly criteria, equipment, maintenance procedures and adaptation to new functions, etc.). This volume gathers some results from a large study conducted at the University of Florence (Department of Architecture), based on specific detailed survey campaigns and documents obtained “on the field”, including thanks to the collaboration of some “trabocco” owners, builders and maintenance workers.


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l’ingegnere sopra e sotto il mare Luigi Marino, Paola Barone, Olivia Pignatelli

Trabocco I trabocchi sono “macchine” costruite per rispondere a bisogni immediati che sono restati praticamente inalterati nel tempo sia per quanto riguarda i componenti strutturali sia le logiche di funzionamento

La fabbrica dei trabocchi, macchine per la pesca costiera Nello studio sull’architettura è frequente che si ricerchino autori e “modelli” a cui far riferimento allo scopo di inserire ogni edificio in una casella tipologica precisa. E soprattutto, rassicurante. Le dipendenze da elementi ritenuti capostipiti e complessi processi di derivazione contribuiscono a definire reti di informazioni intorno alle quali si potranno articolare nuovi elementi di conoscenza. Questo metodo sembra basarsi soprattutto sull’analisi di fonti documentarie d’archivio, sullo spoglio della bibliografia disponibile e, solo in maniera molto subordinata, su campagne di rilievo e indagini dirette sui manufatti. Campagne di rilievo delle dimensioni, dei materiali e delle soluzioni costruttive, di accertamento sullo stato di conservazione, pur se dichiarate come irrinunciabili, nella pratica vengono frequentemente rinviate a tempi più favorevoli o non di rado eluse. Il sempre più frequente ricorso a elaborazioni computerizzate se per un verso rappresenta un potente strumento di lavoro per un altro riduce le occasioni di reale conoscenza del manufatto1 e delle sue singolarità. Questa situazione peggiora in maniera sensibile quando ci si trova di fronte a manufatti che non hanno autori noti o riconoscibili, quando non sembrano seguire le regole dell’architettura che conosciamo, sono scarsamente citati nelle bibliografie disponibili e non hanno il supporto illuminante di documenti d’archivio. Si tratta nella maggior parte dei casi di manifestazioni di quelle “storie locali” che, solitamente sottovalutate, non dovrebbero più essere considerate come derivazioni più o meno importanti della Storia ma, al contrario, devono essere considerate come i suoi elementi formativi e fondativi. La scarsità di fonti scritte può stimolare altre classi documentarie come, per esempio, quelle basate sulle testimonianze orali: un processo di formazione che, pur condizionato dalla sua natura soggettiva, risulta indispensabile nell’analisi di manufatti più recenti e che, di fatto, risultano spesso essere i meno studiati2. “E arrivi a conoscerlo a furia di disegnarlo e ridisegnarlo, e non lasciando che sia il computer a ‘generarlo’ per te” S. Turkle, La vita sullo schermo, a cura di B. Parrella, Milano 1997 [Life on the Screen: Identity in the Age of the Internet, New York 1995]. 2 “Le informazioni orali e audiovisive sono fondamentali per quelle vaste aree dell’esperienza e dell’attività che non han1


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Trabocchi sul molo di Cesenatico e sulla scogliera di Termoli

pagine 18|19 Il trabocco Le Morge a Torino di Sangro

Nelle storie locali i metodi quantitativi derivati dalle metodologie utilizzate in sociologia (dagli anni ’50 del secolo scorso e rinnovati a partire dagli anni ’70) si privilegiano gli avvenimenti e gli oggetti a scapito delle elaborazioni teoriche. Lo studio dei “reperti” materiali, delle tracce lasciate dagli utensili, le analisi sull’uso di materiali (locali, soprattutto, o di importazione) e sulle evidenze di tecnologie costruttive, gli accertamenti sulle tracce di processi di naturale erosione e di procedure di manutenzione possono definire nuove e più affidabili “collezioni” di informazioni sul terreno (archivi del suolo) capaci di integrare le informazioni scritte (archivi di carta) più limitate e rischiose. Un aspetto che meriterebbe maggiore attenzione è costituito da quello che si può definire “rituale del costruire”. In particolare non tanto le idee che lo provocano quanto l’addestramento al lavoro e ai comportamenti in cantiere3. Le conoscenze di base e le abilità tecniche (compresa la pratica di una attività fisica talvolta molto impegnativa) sono entrambe in continua evoluzione: subiscono gli effetti dei risultati via via ottenuti e sono stimolate a immaginare ed elaborare la capacità di costruire in maniera seriale ma anche la capacità di riparare e di improvvisare. L’artigiano costruisce con correttezza ed efficacia seguendo le poche ma sicure regole di cui dispone e che sono basate sul principio del “buon magistero”, con operazioni ripetutamente collaudate sul campo. È evidente come la tecnica e la tecnologia giochino un no lasciato traccia scritta, per le quali non esiste il tradizionale documento/fonte o esiste in misura del tutto limitata ed insufficiente” (G. Contini, Verba manent. L’uso delle fonti orali per la storia contemporanea, Roma, 1993, p. 35). 3 “Il rituale richiede abilità tecnica: va eseguito bene”. R. Sennet, L’uomo artigiano, Milano 2008 [The Craftsman, Yale University Press 2008].


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ruolo fondamentale perché possono essere il mezzo che può risolvere i problemi della sopravvivenza prima, e dello sviluppo dopo4. La catena operatoria Il concetto di catena operatoria (chaîne opératoire, work chain)5 parte dalla constatazione delle relazioni esistenti in una serie di sequenze ordinate di operazioni tecniche orientate verso un risultato che non sarebbe possibile raggiungere se venissero a mancare alcuni anelli (fasi) della catena. Non di rado i risultati sarebbero compromessi anche in mancanza di un solo passaggio. Inizialmente definito in ambiti etnologici si è sviluppato fino ad essere presente in vari settori di ricerca. Già Mauss (19476) aveva suggerito di studiare “i differenti momenti della produzione, dalla materia prima all’oggetto finito”; pochi anni più tardi Maget (1953) insisterà sulla necessità di indagare sulle attività ai diversi stadi, svolgendole come nelle sequenze cinematografiche “nella sua azione normale, salvo incidenti, ininterrotta”, fino all’individuazione di un “gesto elementare” o un “atomo di azione”. L’applicazione di questo concetto all’analisi tecnologica sarà realizzata da A. Leroi-Gourhan7 e, successivamente, ul4 L. White (The Evolution of the Culture, New York 1959) ha proposto una formula che permette di calcolare lo stato di avanzamento tecnologico di una società: E (energia) x T (efficacia degli utensili) = C (cultura). 5 L’espressione originaria chaîne opératoire (R. Cresswel, Techniques et culture, les bases d’un programme de travaille, in “Techniques et culture”, 1, 1976; P. Lemonnier, La description des chaînes opératoires: contribution à l’analyse des systemes techniques, in “Techniques et culture”, 1, 1976) non differisce sostanzialmente dal concetto di structure (B. Gille, 1986) e di filière (M. Sigaut) e viene tradotta in italiano in vario modo. Noi preferiamo catena operatoria perché ci sembra più aderente agli aspetti operativi. 6 M. Mauss, Manuel d’ethnographie, Paris 1947. 7 A. Leroi-Gourhan, Le geste et la parole, 1, Techniques et language, Paris 1964; A. L.-G., Le geste et la parole, 2, La mémoire et les rytmes, Paris 1965.

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Trabocco arroccato sulla scogliera a Peschici

pagina a fronte Nuovi trabocchi sono stati costruiti in metallo (Fano) adattando il tradizionale modello in legno

teriormente sviluppata fino alle più recenti riflessioni8. Criteri di indagine basati sulla definizione di singole fasi elementari e riconoscibili si rivelano molto utili anche nel caso di analisi svolte sull’architettura9 e ancor più quando si tratti di manufatti la cui esecuzione e/o manutenzione siano legate a procedure e consuetudini che, pur rimaste invariate per lungo tempo, rischiano realisticamente di perdersi10. Di queste, talvolta, non si conserva nemmeno il ricordo a causa del progressivo degrado ma anche per colpa di interventi di H. Balfet (ed.), Observer l’action technique des châines opératoires, pour quoi faire?, Paris 1991; S. De Beaune, Pour une archéologie du geste, Paris 2000. Il concetto di cultura materiale si è evoluto ma risente ancora delle differenze di interpretazione che ne danno gli inglesi (oggetti come “campione” di cultura) e i francesi (più interessati al gesto tecnico che accompagna la costruzione e la manipolazione - technologie culturelle). L’oggetto-testimone consente di “svelare le caratteristiche di una cultura a partire dalle sue produzioni materiali” J. Jamin, Les objets ethnographiques sont-ils des choses perdues?, in J. Jainard, R. Kaehr (edd.), Temps perdu, temps retrouvé. Voir les choses du passé au présent, Neuchâtel 1985, pag. 61. 9 Per l’assenza e il condizionamento di varianti: Y. Delaporte, Le concept de variante dans l’analyse des châines opératoires, in H. Balfet (1991), pp. 27-30. Sia pure con accezioni diverse, criteri basati sulla struttura organizzativa vengono adottati anche per analisi delle problematiche di un cantiere moderno: S. Mecca e B. Naticchia, Costruire per sequenze. Efficienza e affidabilità nel cantiere edile, Firenze 1995. 10 L. Marino, Conoscenza e conservazione del patrimonio architettonico locale, in L. Marino (ed.), Monumenti del Molise. Rilievi e indagini sulle strutture, Firenze 1996, pp. 11-16. 8


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restauro, di volta in volta inteso in maniera diversa e strumentale in relazione ai risultati che si vogliono ottenere. Pare evidente come non sia possibile sostenere la definizione di criteri di acquisizione dei dati e di interpretazione che possono avere portata e validità generale, viste le differenziazioni locali possibili. Si possono considerare, però, alcuni degli elementi che entrano con più frequenza nella formazione e nella costruzione della catena11 e alcuni elementi che concorrono a definire materiali e procedure tecnologiche, criteri di progettazione e di posa in opera, in maniera generalizzata oppure condizionata dalla singolarità delle esigenze che nel tempo si possono presentare. Importanti sono i criteri di manutenzione ordinaria, regolarmente ripetuta, e quelli di adeguamento sporadico a nuove esigenze ma anche di adozione di soluzioni tecnologiche e nuovi materiali. A tal proposito va osservato come siano ben noti i rischi legati all’adozione non controllata di materiali e procedure “innovative” che, ritenuti (non sempre a ragione) senza alcun limite e in ogni occasione affidabili, sono destinati a provocare, frequentemente, perdite irreparabili di quei materiali tradizionali e di quelle procedure costruttive che, in altre condizioni e se adeguatamente protetti, avrebbero potuto continuare a svolgere bene la loro funzione. Riteniamo si possa affermare che l’intervento su un manufatto come il trabocco rientri a pie11

H. Balfet, 1991: 11-20.

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no titolo tra le attività del restauro. Bisognerebbe porre più attenzione ai ruoli che svolgono gli addetti al restauro e, in particolare, quelli che per età e per esperienza possono essere considerati tra gli ultimi depositari di conoscenze, testimoni destinati, alla loro uscita dal mondo del lavoro, a non essere sostituiti. Non di rado si tratta di figli d’arte12, testimoni di tradizioni familiari che corrono il rischio di interrompersi perché le generazioni più recenti hanno fatto scelte diverse oppure, se hanno deciso di seguire le orme paterne, hanno comunque optato per l’impiego di nuovi materiali e nuove tecnologie. È noto quanta importanza si tenda a dare, negli interventi di restauro, all’arte tradizionale del “buon costruire” e quanta urgenza si metta nel raccoglierne e documentare le tracce superstiti. Sempre più rare. I segreti professionali e le furbizie del mestiere possono essere diventati patrimonio comune con impieghi su più vasta scala eppure, non di rado, si vedono spesso cantieri nei quali gli operai (la situazione sembra peggiorare nel caso di pro12 È disponibile su Youtube (https://www.youtube.com/watch?v=1gLeDmHo9Hw) il documentario di Gaetano de Crecchio Il vecchio e il mare con una intervista a don Masino Verì (detto Scirocco) che in maniera straordinaria racconta la sua vita sul trabocco e l’importanza della lunga esperienza. A un certo punto dice di avere duecentosessantatre anni di esperienza che sono la somma delle esperienze del nonno, quelle del padre e le sue (allora ottantacinquenne).


gettisti e direttori dei lavori13) si sono riciclati dall’edilizia corrente. Per molti aspetti la costruzione/riparazione di un trabocco può essere assimilata a un cantiere antico nel quale il progetto si definisce nei dettagli a cantiere aperto, mentre i lavori avanzano; gli operai sanno perfettamente cosa fare perché seguono regole non scritte ma ben consolidate nella pratica e il direttore dei lavori è il più bravo degli operai. La giustificazione più frequente a la riduzione di impegno è che trattandosi di interventi “minori” e di scarso pregio artistico si possano evitare indagini diagnostiche esaurienti e interventi di maggior rispetto. In fondo sono le stesse motivazioni che stanno alla base di molti interventi di riparazione dopo i terremoti che hanno colpito negli ultimi anni le regioni del Medio Adriatico. Architetture di utilità In particolare vogliamo porre l’accento su quei manufatti che sono stati costruiti per risolvere esigenze immediate e che sono rimasti praticamente immutati nel tempo sia per quanto riguarda i componenti strutturali che per le logiche di funzionamento. L’evenienza di “inci13 A proposito della maestria tecnica “è stato calcolato che per produrre un maestro carpentiere o un musicista professionista occorrono circa diecimila ore di pratica” R. Sennet, 2008: 28.


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I trabocchi tradizionalmente sono costruiti con elementi di legno seguendo poche ma ben collaudate regole compositive e costruttive Fondamentale risulta una saggia procedura di manutenzione ordinaria eseguita da manutentori di buona esperienza

pagina a fronte I trabocchi hanno suggerito “ricostruzioni” fantasiose utilizzate come arredi per parchi giochi, rotonde stradali e piccoli oggetti d’arredo

denti tecnici”14 in corso d’opera e i possibili correttivi proposti, scelti tra un campionario di soluzioni conosciute e adottate su vasta scala (routine) oppure frutto di personali intuizioni (istinto), possono aver contribuito a modificare alcune procedure tradizionali indicando nuove soluzioni che, altrimenti, sarebbe stato più difficile proporre. Queste, in tempi più o meno brevi, sono sottoposte a collaudo tecnico (osservazioni nel tempo dei risultati ottenuti) e al giudizio di altri operatori e, nel caso di risultati ritenuti positivi, potranno essere adottate su scala più ampia e in altri cantieri15. La variazione delle esigenze che avevano provocato la nascita dei manufatti e condizionato il primo sviluppo ha portato come prima conseguenza alla riduzione degli interventi di manutenzione e di periodico adeguamento. Il venir meno di queste attenzioni, a sua volta, rappresenta l’inizio di una nuova catena di piccole e quasi invisibili trasformazioni che, in molti casi coincide con la progressiva perdita totale del manufatto. Va osservato come sempre più frequentemente si attivi una classe di deperimento pesante, anche se solitamente sottovalutata, costituita da interventi giustificati da programmi di “valorizzazione turistica” che contrabbandati come la sola possibile soluzione di tutela, di fatto non sono altro che una privata forma di speculazione che, in ultima analisi, non giova nemmeno al turismo. Tre possibili casi di incidenti sono presenti. La catena operatoria si arresta e deve riavviarsi da capo; una operazione o una sequenza si inceppano permettendo però una prosecuzione condizionata delle operazioni successive; si produce una biforcazione della catena che si orienta, in tal modo, verso finalità diverse (catena di rimpiazzo). La catena di riparazione può basarsi su conoscenze acquisite e la certezza di operazioni tradizionali oppure, sia pur più raramente, può ripartire da personali esperienze o intuizioni. 15 Può essere interessante ricordare quanto aveva detto Francesco di Giorgio Martini: “sono riluttante a dimostrarle [le mie invenzioni] a tutti poiché una volta che un’idea sia fatta conoscere non rimane nulla di segreto. Ma pure questo sarebbe un male minore se non seguisse uno maggiore. Il peggio è che gli zotici si adornano con la fatica di altri e usurpano la gloria di una invenzione che non è la loro…”. 14


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I trabocchi Il trabocco è uno strumento da pesca caratteristico della media costa adriatica; un caso singolare di architettura costruita per risolvere problemi di necessità e rimasta praticamente immutata nel tempo salvo i piccoli adattamenti e le locali migliorie che la tecnologia ha potuto consentire16. Su queste straordinarie macchine esiste una ricchissima documentazione (soprattutto fotografica) di carattere turistico e divulgativo (soprattutto online). Molto limitati, invece, sono gli studi che si occupano, complessivamente e nel dettaglio, di aspetti storici e tecnici, come se tutto quanto riguarda i trabocchi fosse già conosciuto e non meritevole di approfondimenti. Tra le opere che conosciamo è d’obbligo citare il volume di P. Cupido, Trabocchi, Traboccanti e Briganti, Ortona 2003, per quanto riguarda gli aspetti storici delle vicende dei trabocchi, e quello curato da M.C. Forlani, Cultura materiale e progetto sostenibile. Guida al “mantenimento” dei trabocchi della costa teatina, Monfalcone 2014. Questo volume, in particolare, raccoglie un vasto corpus di indagini e studi che spaziano dagli aspetti costruttivi e tecnologici alle proposte per un piano di manutenzione. Nel 1999 avevamo pubblicato un quaderno (P. Barone, L, Marino, O. Pignatelli, I trabocchi: macchine da pesca della costa adriatica, Verona 1999) che raccoglieva i primi risultati di una ricerca svolta presso la Facoltà di Architettura (oggi Dipartimento di Architettura) dell’Università di Firenze. Inoltre: G. De Nittis, M. Fasanella, Il Trabucco, Vieste 1992; P. Misino, N. Trasi, Resistenti leggerezze. Capanni da pesca sulla costa abruzzese, Pescara 1995; R. Mombelli, Trabocchi-Anonyme Holzarchitektur in Italien, in “Detail”, 1, 2000, pagg. 28-32; E. A. Orlando, La costa dei Trabocchi, Pescara 2001; M.C. Forlani, I trabocchi, archetipi costruttivi della leggerezza, in “Il progetto sostenibile”, 8, 2005, pagg. 20-29; V. Farinelli, M.C. Nicolai, La via verde della Costa dei Trabocchi, Ortona 2011; A. Mancini, Il trabocco. La strana macchina da pesca, Pescara 2012; L. Marino, P. Barone, Les “trabocchi”, machines de pêche sur la côte adriatique italienne, in RIPAM 5 - 5e Rencontres internationales du patrimoine architectural méditerranéen (Marseille, 16-18 oct. 2013), pagg. 48-51. C. Cambi, P. di Paolo, F. Farinelli,

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L’interesse per i trabocchi è dimostrata anche dalla ricca casistica di modelli che li riproducono in scala ridotta

G. D’Annunzio17 nel periodo in cui soggiornava nel suo rifugio costiero aveva descritto La grande macchina pescatoria composta di tronchi intrecciati, di assi e di gomene biancheggiava simile allo scheletro colossale di un anfibio antidiluviano … pareva vivere di una vita propria avere un’aria e un’effigie di corpo animato. Il legno esposto per anni ed anni al sole, alla pioggia, alla raffica mostrava la sua fibra … si sfaldava si consumava, si faceva candido come una tibia o lucido come l’argento o grigiastro come la selce … acquistava un’impronta distinta come quella d’una persona su cui la vecchiaia e la sofferenza avessero compiuto la loro opera crudele.

Dal punto di vista strutturale e della storia del costruito uno degli elementi che maggiormente caratterizza i trabocchi è il fatto che si tratta di manufatti originali che possono costituire una sorta di “fossile guida” per la comprensione di fenomeni che riguardano la storia della tecnologia senz’altro ma anche importanti aspetti antropologici relativi alle popolazioni rivierasche18. Storicamente sono vicini a noi eppure, per molti aspetti, sembrano sottovalutati e destinati ad essere abbandonati con una velocità impressionante senza essere nemmeno capiti e documentati. Gli esempi sopravvissuti “in originale” soM. Catini, A. Sonsini, La costa dei trabocchi, Pescara 2017; L. Fozzati, N. Martinelli, O. Pignatelli, Abitare il mare. Insediamenti su acqua nell’Italia del XX e XXI secolo, in M. C. Morozzo e F. Tiboni (edd.), Atti del 2° Convegno Nazionale “Cultura navale e marittima” (Genova 22-23 sett. 2016), Genova 2017. 17 G. D’Annunzio, Il Trionfo della morte, 1894. Pochi anni più tardi nell’Alcione (1903) tornerà sul tema dei trabocchi della Boccadarno: “son le reti pensili. Talune pendono come bilance dalle antenne cui sostengono i ponti alti e protesi ove l’uom veglia a volgere la fune…”. 18 Merita ricordare una frase a margine di un messaggio di D’Annunzio a E. Stefanini per rassicurarlo di una raccomandazione al ministro: “auguro alla vostra bilancia muggini di ceto libbre e un buon tabacco alla vostra pipa e candida pace al vostro casotto”. E. Vittoria, Una utopia concreta per impedire la colonizzazione delle coste italiane, in I° Convegno nazionale di studi globali sulle coste italiane, Latina 1974. Per un utile confronto a distanza di oltre quaranta anni si veda utilmente M.M. Lepore, A. Sonsini, Attrezzature temporanee sull’acqua. Riflessioni per uno sviluppo sostenibile, Atti del Convegno nazionale (Pescara ott-nov. 2006), Firenze 2009.



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I quadri sul molo di ponente a Fano (Volpe, 2014)

pagina a fronte Barchino con rete per la pesca delle anguille (1910, Archivio Bozzo Camogli) Modello di barca con rete su un banco del mercato di Comacchio Bilancioni per la pesca lagunare a Comacchio

no numerosi ma con sempre maggiore frequenza vengono trasformati per adeguarli alle necessità moderne e condizionati da una normativa che non sempre appare attenta e rispettosa alle esigenze di tutela che i trabocchi richiedono. Bisogna ammettere che già troppi esempi di trabocchi hanno subìto interventi devastanti (utilizzo di materiali incongrui, variazione della logica strutturale, adeguamenti a funzioni che esigono ampliamenti e rinforzi esagerati…) tanto da diventare manufatti fondamentalmente diversi anche se la forma generale ricorda quella degli edifici originali19. Il trabocco20 assume differenti denominazioni secondo l’influsso dialettale delle varie Alcuni tentativi di copia hanno sortito buffi manufatti usati per riempire una rotonda stradale o per essere collocati in campi gioco; una “ricostruzione” approssimativa è stata destinata a rappresentare il Molise all’Expo di Milano. Esiste anche una ampia casistica di modellini in scala ridotta che non possono certamente rientrare tra le simulazioni suggerite dalla cosiddetta archeologia sperimentale che tenta di ricostruire oggi, sperimentalmente, situazioni talvolta molto antiche per sperimentare forme di conoscenza su manufatti non documentati (M.-F. Devos-Firmin e G. Firmin, Une ferme gauloise à l’Archéodrome de Beaune, in Archéologie aujourd’hui, Actes du Colloque Intern. Experimentation en Archéologie: bilan et perspectives, Beaune 6-9 avril 1988, Paris 1991; P. Pétrequin ed., Construire une maison 3000 ans avant J.-C., le lac du Challain au Néolitique, Paris 1991) oppure dalla cosiddetta structural reconstruction che ricostruisce, a scopo esclusivamente didattico, edifici non più esistenti (P.J. Drury, ed., Structural reconstruction. Approaches to the interpretation of the excavated remains of buildings, in “B.A.R. British Series” 110, Oxford 1982. Interessanti potrebbero essere confronti con alcune sperimentazioni che vengono svolte su edifici in legno, per molti aspetti, riferibili a quelli dei trabocchi. Si pensi alle palafitte e agli insediamenti costieri con tutte le implicazioni relative all’approvvigionamento dei materiali, alla lavorazione fuori opera e quella in situ, al montaggio e alla successiva manutenzione. 20 Il termine trabocco (trabucco) in epoca antica definiva anche un bilancino per la pesa delle monete, un con19


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aree geografiche in cui si insedia. Il trabocco (abruzzese21) diventa travocche a Pescara e Ortona, trabbucche nel teramano (ma anche calescinne a Giulianova22), trabbauche a Vasto, trabbucche a Termoli mentre in area garganica è trabboucche. Nell’area pesarese le macchine da pesca, simili ai trabocchi ma con una sola antenna movibile (strallata come le antenne fisse

gegno militare d’assedio (una grande catapulta che si basa sul principio della leva svantaggiosa di primo genere) e una soluzione costruttiva con funzione difensiva. C’è chi propone una derivazione del termine dal latino trabs (legno, albero, casa); altri lo mettono in collegamento con il trabocchetto oppure ancora dal cosiddetto trabiccolo usato nei frantoi per spremere le olive. In tutti i casi un elemento comune era costituito dalla presenza di un sistema di elementi lignei oscillanti. Lo stesso termine rappresentava anche una unità di misura lineare, usata soprattutto in Piemonte e in Lombardia e in alcune aree della Sardegna, (localmente variabile ma mediamente metri 2,80), di superficie (variabile ma mediamente mq. 8) e di volume. 21 Nelle Modifiche ed integrazioni alla L.R. 19 dicembre 2001, n. 71 (Rifinanziamento della L.R. n. 93/1994 concernente: Disposizioni per il recupero e la valorizzazione dei trabucchi della costa teatina) l’articolo 4 bis dichiara che “Il termine ‘Trabucchi’ utilizzato nella legislazione regionale è sostituito dal termine ‘Trabocco’”. 22 H. J. Cavone Felicioni, Li caliscinne. Tipiche bilance da pesca, Teramo 2009.

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Bilancioni per la pesca lagunare a Comacchio Edificio su palafitta a Beirut utilizzato come locale di ristoro (Guérin, 1883)

dei trabocchi) che regge una bilancia, si chiamano quâder (quadri)23 ad Ancona pésche (“stazione fissa per la pesca con le bilancelle”24). Gli elementi di riferimento più immediato (con relazioni tutte ancora da definire) sono macchine da pesca come la bilancia25 e il retone26 (una rete quadrata retta e manovrata da un solo pennone). La pesca con la bilancia (o bilancella, bilancino, bilancione) è una 23 G. Volpe, I quâder, Fano 1997; G. Volpe, I quadri di Fano, Senigallia 2014; G. Volpe, I quadri delle Marche, Senigallia 2014. Nella Pianta della città di Fano e il suo territorio (Biblioteca Federiciana di Fano) c’è un eloquente disegno (1718) che descrive con molta precisione una grande rete quadrilatera retta da una antenna incernierata a un palo della “palata che serve per pigliare le Anguille”. A Civitanova le prime strutture da pesca sono posteriori al 1932. A San Benedetto i due più vecchi impianti sono stati demoliti negli anni ’30 per consentire l’ampliamento della banchina. 24 R. Albanese, Pescatori anconitani, in “Le Vie d’Italia” fasc. 7, luglio 1939, pag. 968. 25 S. Grandi, C. Bernasconi, M. Panzacchi, A.M. Righi, I capanni da pesca, una tradizione dell’identità popolare, Regione Emilia Romagna, Bologna 2006. 26 Il Piano Ittico Provinciale di Grosseto individua 2 distinte tipologie di impianti fissi di pesca: Retoni la cui dimensione della rete non supera i metri 15 x 15 e Bilancioni la cui dimensione della rete non supera i metri 5 x 5.



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Le macchine da pesca a Fort Cochin in India (Gambuti, 2017)

tecnica antica (forse del XIV secolo) e certamente una delle più diffuse soprattutto lungo il corso dei fiumi (come l’Adda) dove, con le piene, i pesci tendono a ripararsi vicino alle sponde. L’attrezzatura necessaria più semplice è una lunga asta alla cui estremità viene legata una corda. Questa è a sua volta legata a una “croce” metallica o di legno27 che regge una rete quadrata appesantita ai quattro vertici28. Nella normativa la rete non può superare i 150 cm di lato (quadratello) e non può avere una carrucola (bilancia a scorrere) e va utilizzata “a piede asciutto”. La bilancella ha il lato della rete inferiore a sei metri con una riduzione delle dimensioni della maglia al centro (bilancia con fossetta); era diffusa soprattutto nei canali e poteva essere attrezzata con un piccolo verricello per la manovra da terra, da una struttura a ponte avanzata sull’acqua oppure da un natante29. Dall’esperienza della bilancella di grandi dimensioni e da quella della pesca di sbarramento si può far risalire la nascita del bilancione (padellone o altalena) associato o meno al capanno su palafitta30 nel quale la rete (di oltre 400 mq) è retta da un sistema di supporti fissi dai qua“La rete quadrata, è fissata alle estremità di quattro pertiche (di solito fatte con rami di acacia, molto resistente e flessibile) ricurve e poste a croce” A. Chigi, La pesca, Torino 1965, pag. 579. 28 “Il bilancione (o altalena) è costituito da una rete in genere quadrangolare assicurata ai quattro angoli, tramite cavi e carrucole, a strutture portanti (piloni in ferro, braccia di legno o metallo, ecc.) che ne assicurano l’apertura. Questo tipo di rete, manovrata a mano o con l’ausilio di un argano a motore, viene immersa fino a toccare il fondo e quindi periodicamente salpata permettendo in tal modo la raccolta del pesce di passaggio durante il sollevamento” Regione Veneto, Piano di gestione regionale dell’anguilla, 2009, pag. 20. 29 Sono disponibili numerose fotografie che documentano la pesca da barche. Nella foto del 1910 (archivio Ferro dell’Agenzia Bozzo di Camogli) è un barchino per la pesca delle anguille nelle valli di Comacchio attrezzata con una rete a tronco di cono manovrata da un bilanciere. 30 P. Tieto, I casoni veneti, Padova 1981; L. Boccaccini, G. Gelli, L. Carli, I casoni della laguna di Comacchio, Modena 2011. Una classificazione delle tipologie architettoniche dei casoni associati alla pesca a bilancia prevede: il capanno da pesca su palafitta, totalmente sopra lo specchio d’acqua e sopraelevato rispetto al terreno; il capanno su terraferma quando tutte le parti sono sull’argine del canale o sulla banchina; capanno semipalafittcolo con una parte che sporge sull’acqua e una sulla terraferma; capanno su chiatta attraccata a riva ma potenzialmente mobile. S. Grandi e altri, 2006, pagg. 25-44. 27


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li viene calata e salpata con corde a mano oppure tramite argani frequente sia nell’Alto Adriatico (per esempio la Piallassa della Baiona nel parco del Delta del Po) che in ristrette aree del Tirreno in riva al mare ma anche sulle sponde di acque interne. La padella o padellone prende il nome dalla forma della rete usata tradizionalmente come sbarramento mobile impiegato nei cordoni di dune lungo il litorale ravennate fin dal XIV secolo; il capanno è un rifugio costruito solitamente vicino a una padella. Queste strutture da pesca “di posta” (intercettano il pesce di passo) esprimono in maniera efficace il processo di adattamento alle diverse caratteristiche morfologiche della costa. I tratti più favorevoli all’impianto dei trabocchi sono le coste che presentano medie e basse scogliere alternate a spiagge, sabbiose o sassose, a limitato moto ondoso. Sulla costa tirrenica esistono trabocchi in una forma semplificata rispetto a quelli adriatici. A Fiumicino31 vicino al vecAnche l’Idroscalo infatti aveva i suoi bilancioni, che furono demoliti dal Comune negli anni ’90. L’area vicina al faro di Fiumicino nel 2003 è stata data in concessione a una società per realizzare un porto turistico da 1500 barche.

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Schemi del funzionamento delle macchine di Cochin


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chio faro sono ancora in funzione alcuni bilancioni con reti manovrate da un solo pennone a sua volta connesso tramite cavi su carrucole a un palo verticale32; altre macchine sono nella zona di Latina. Sulla costa toscana i retoni (detti anche trabiccoli) si vedono a Marina di Pisa sulla diga frangiflutti33 e, di dimensioni più modeste, lungo le sponde della Bocca d’Arno34; altri esempi sono a Cecina e lungo il Cornia, sul lago di Massaciucoli e lungo l’Ombrone35. Macchine da pesca che possono, per elementi strutturali o per caratteristiche funzionali, essere confrontate con i trabocchi italiani sono alcuni esempi francesi. La pêche au carrelet è praticata sulla costa della Charente-Maritime36 e nell’estuario della Gironde ma anche sulla costa della Vendée fino alla foce della Loire. Si tratta di una rete quadrata tesa su una armatura che viene manovrata dall’alto tramite un verricello da una piattaforma su palafitta attrezzata, talvolta, con una piccola cabina. Queste piattaforme raggiungibili tramite una lunga passerella si trovano solitamente a una quota molto alta rispetto al livello dell’acqua per contrastare le maree che in quelle regioni sono rilevanti. Sono databili mediamente agli anni ’20-’30 del ‘90037 e hanno visto un nuovo sviluppo subito dopo la seconda guerra mondiaI lavori sono stati bloccati dalla magistratura, il porto sequestrato, i costruttori arrestati per frode ma le concessioni sull’area non sono state revocate. Un gruppo di persone ha deciso nell’aprile del 2013 di trasformare un posto degradato e abbandonato un luogo di nuovo accessibile e fruibile per tutti. Così è nato il Collettivo del Bilancione. Sono cominciati i lavori di pulizia, di riqualificazione in quello che per un periodo è stato anche definito il “bilancione occupato”. 32 Interessanti possono essere i confronti con le strutture delle palafitte balneari di S. Marinella (Roma). L. Rami Ceci, La memoria come risorsa per il turismo. Il recupero delle palafitte balneari sul lungomare di Santa Marinella, in “Rivista di Scienza del Turismo” 3, 2011, pagg. 67-74. 33 I retoni sono ben documentati nella raccolta di fotografie di C. Baldacci, Retoni di Boccadarno, Pisa 2001. I tre retoni sono stati realizzati tutti tra il 1946 e il 1948 e più volte ricostruiti con modalità tradizionali. All’inizio del 2010 sono stati smontati e conservati all’interno di un container in attesa del loro rimontaggio. Il Piano ittico provinciale di Pisa (2013) riconosce come retone un impianto fisso di pesca collocato sulla sponda, dotato di bilancia, sorretta da funi, con lato superiore a 5 m mentre le bilancelle hanno lato inferiore a 3 m. 34 Un catalogo delle strutture fisse lungo l’Arno e i fossi dell’area è: C. Leonzio (coord.), G. Querci, M. Radi, R. Bonaretti, S. Laficara, T. Bernardini, Zone ittiofaunistiche attuali (zone di frega) e strutture di pesca fisse (retoni), 3, Università di Siena, 2009. 35 La presenza di retoni da pesca è segnalata già nel 1700: “Onde ritrovandoli armata di buoni retoni la luce di questa fabbrica, tutto il pesce di passo dee necessariamente capitarvi, restando inviluppato ne’ retoni, ...” L. Ximenes, Della fisica riduzione della Maremma senese. Ragionamenti due ai quali si aggiungono quattro perizie intorno alle operazioni della pianura grossetana ed all’arginatura del fiume Ombrone, Firenze 1769; “E siccome il Lago trovasi nella maggior parte chiuso, ed arginato, così non potendo esservi altra corrente alla riserva di quella del nuovo canale, e per l’altro canto essendo armate con buoni retoni le luci di questa Fabbrica, tutto il pesce deve necessariamente colare alle cateratte, e rimanere involto ne’ citati retoni” G. Morri, Il perito in Romagna ossia il perito idrostatico ed idraulico, Faenza 1791. I retoni “indolenti” rientrano tra gli elementi principali che caratterizzano l’iconografia del paesaggio della piana Livorno, Pisa, Pontedera nel Piano Paesaggistico della Toscana. 36 Direction Départemental des territoires et de la mer de la Charente Maritime, Principes de gestion des pontons de pêche au carrelet sur le littoral de la Charente-Maritime, La Rochelle 2010. Société des amis de Talmont, Pêches traditionnelles des rives saintongeaises de la Gironde, Bordeaux 1999 ; Les carrelets sur la rive saintongeaise de l’estuaire de la Gironde, “L’Inventaire”, in https://inventaire.poitou-charentes.fr. La pêche au carrelet: une tradition vivace en Charente-Maritime... in https://france3-regions.francetvinfo.fr/.../charente-maritime/la-p...; Les Cabanes à Carrelet du littoral Charentais - Bateaux.com in https://www.bateaux.com; Les pêcheurs de rêves in https://vimeo.com installazione di Lucie Lom (26 ott 2017) alle Pêcheries des Moutiers-en-Retz. 37 Indicazioni di modalità di pesca riferibili al carrelet sono proposte da D. Du Monceau, Traité général des Pêches et des Poissons qu’elles fournissent, Paris 1769-82. Verso la fine del 19° secolo cominciano a vedersi macchine da pes-

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Con la stessa logica costruttiva dei trabocchi sono allestite le piattaforme sul lago di Lesina pagina a fronte Trabocco della Mucchiola (da P.Cupido, 2003)

pagina successiva Il trabocco di Punta Aderci con la lunga passerella oggi parzialmente perduta Il litorale della Provincia di Chieti è caratterizzato dalla cosiddetta “Costa dei Trabocchi” che costituisce l'asse portante del turismo naturale del medio Adriatico

le. Una situazione che ricorda molto da vicino la pesca con il padellone: rete immersa e rialzata velocemente allo scopo di imprigionare il pesce di passaggio38. Vanno ricordate anche le complesse macchine dette Chinese fishing nets presenti a Fort Kochi nello stato di Kerala in India39, le strutture tradizionali da pesca costruite interamente in bamboo sul fiume Wagenya in Congo40 ma le macchine da pesca dei villaggi rurali del Bangladesh41 anche i ragni su tralicci di legno ad Ha Long Bay, nella regione di Qang Ninh nel Vietnam42. Bisogna però ricordare anche le macchine rotanti (Salmon fish wheels) adibite alla pesca dei salmoni sullo Yukon River e il Copper River in Alaska43. ca installate sulle pareti rocciose costiere con un bilanciere su un supporto fisso per facilitare la salita della rete. 38 Dopo la forte tempesta nello Charente (dicembre 1999) 450 manufatti, dei 600 andati distrutti, sono stati ricostruiti nel rispetto della regola “tout bois, toit en tôle possible“ con alcune limitazioni (“Afin d’éviter que les carrelet ne devient des résidences secondaires, les raccordements aux réseaux d’eau potable, d’électricité et de télephone sont interdits”), S. Carrère, Construire un carrelet sur l’estuaire, in “L’Estaurien”, 24 aprile 2008. Questo tipo di pesca può essere praticato anche da pescatori dilettanti che possono usare reti di circa un metro quadrato. 39 Si tratta di un traliccio che ruotando intorno a un asse alza una rete di metratura fortemente ridotta rispetto a un trabocco, controbilanciato da un lungo braccio appesantito con sassi e tirato da una corda. La rete non può raggiungere fondali superiori ai quattro metri circa. Secondo una legenda questo sistema di pesca fu introdotto in India dal cinese Zheng He che, intorno al 1400, percorreva l’oceano indiano dalla Cina alle coste dell’Africa orientale alla ricerca dell’imperatore Jianwen, misteriosamente scomparso. AsmatCZ in https://www.youtube. com/watch?v=7QPlktB_ey8; myworld248. 40 Nel 1954 B. Rudofsky nell’ambito di una mostra sull’architettura primitiva al Museo di Arte Moderna a New York ha utilizzato una foto del trabocco di Punta della Torre di Vieste associandola a una struttura nel Congo. 41 Su due lunghe travi di bamboo convergenti viene ancorata in più punti una rete: la struttura assume una forma triangolare in cui un vertice (punto di convergenza delle canne) è fuori dall’acqua. Il suo alto opposto con la rete viene immerso e tirato su sfruttando il peso di una persona. 42 La mitologia vietnamita riferisce di una famiglia di draghi, corsa in aiuto delle popolazioni attaccate dai cinesi e che hanno sputato in mare migliaia di gioielli che si sarebbero poi trasformati in isole. Piccole comunità di pescatori, approfittando della costante quiete delle acque, hanno costruito questi tralicci (quattro aste verticali), solitamente bambù infisse nel fondale reggono gli angoli della rete che si abbassano tramite una corda azionata da una leva posizionata nella capanna posta su palafitta a pochi metri. La rete viene issata velocemente quando il pesce vi transita. È interessante notare come il pesce venga raccolto dal basso aprendo una apposita asola nella rete. 43 Si tratta di gigantesche strutture a bilico o ruote con “cucchiai” di rete metallica, posizionati su zattere ancora-


La storia Contrariamente all’area ravennate dove era presente una classe di liberi pescatori già organizzata in una corporazione denominata Casa Matha44 capace, già nel XVI secolo, di “far proibire ai forestieri la pesca nelle acque del territorio ravennate” e, ancor prima, nel Golfo di Napoli45, nel Medio Adriatico46 sembra prevalere una pesca di sussistenza per le popolazioni rivierasche piuttosto che di profitto, comunque lasciata a iniziative locali. In epoche passate le aree costiere erano dedite prevalentemente al commercio marittimo47 con l’esportazione di prodotti agricoli48 e artigianali e, soprattutto nelle Marche (Ancona, San Benedetto e Civitanova), alle attività cantieristiche navali49 mentre limitate erano le attività specificatamente te alle rive oppure su barriere fisse di legno che intercettano i salmoni in migrazione. D. Gerstner in https://www.youtube.com/watch?v=cow6KdzK9qk; S. Zuray in https://www.youtube.com/watch?v=IarZQFsDAiM. 44 A. Feletti Spadazza, Una crisi di rigetto, Ferrara 1976, pag.13. 45 Flotte organizzate di nassaiuoli, di cannucciari e di langellari erano presenti già dalla prima metà del 600. 46 Con il termine Medio Adriatico si intende la regione costiera dell’Abruzzo, del Molise e del promontorio garganico. 47 C. Felice, Porti e scafi. Politica ed economia sul litorale abruzzese-molisano (1000-1890), Vasto 1983. 48 È noto il Trattato tra Termoli e Ragusa (Dubrovnik) che nel 1203 confermava l’amicizia tra le due città e “il totale diritto di plateatico e quello di arboratico” (Historijski Archiv di Dubrovnik). Fino alla costruzione della strada Termoli-Napoli la spedizione del grano del Basso Molise avveniva via mare: a Termoli le fosse del grano erano sulla spiaggia di S. Antonio, ai piedi del castello. Per il periodo del governo francese la pur ricca documentazione d’archivio disponibile sulle attività marittime (N. Troilo, Termoli e Bonaparte, Termoli 2017) non cita mai i trabocchi. 49 G. Albi, L’Abruzzo Marittimo, Casalbordino 1915, pagg. 76-77; G. Marciano, Un cantiere veneto a Giulianova nel



dedicate alla pesca50. Nei cantieri navali tra cataste di legnami, macchine e attrezzature c’erano carrucole, argani, paranchi e leve che “nel caso di particolari interventi erano impiegate anche in città e terra ferma”51 soprattutto nei periodi di sosta delle attività navali. Si tratta delle stesse attrezzature impiegate per la costruzione e la manutenzione dei trabocchi, ma anche per il loro ordinario funzionamento e che, forse, spiegano almeno in parte, come mai in una zona a limitata vocazione alla pesca (ma che diventerà una delle principali fonti locali di reddito52) si possano essere sviluppate tecnologie che hanno condotto alla invenzione (?) di manufatti di una ingegneria solo apparentemente semplice e soluzioni costruttive per niente ingenue (anzi, talvolta geniali) come i trabocchi. 1500, in “Rivista Abruzzese”, XIX, 3, 1966. Nel XVI secolo particolare attenzione fu rivolta ai cantieri garganici che lavoravano anche per committenze d’Oltre Adriatico. Una perizia di lunga data se, come attestano documenti della Cancelleria Angioina, Vieste aveva uno dei più importanti cantieri militari per la costruzione e la riparazione di navi da guerra (N. Tomaiuoli, Siponto e Manfredonia nella Daunia, in Atti del IV convegno di studi, Manfredonia 1993). 50 “Sia l’Abruzzo che il Molise hanno sempre difettato di una vocazione marittima, volti verso l’interno e chiusi al mare dalla costa repulsiva, resa deserta dagli acquitrini e dalla malaria e privi di ripari naturali” (M. Fondi, Abruzzo e Molise, Le Regioni d’Italia, XII, Torino 1977. “...la pesca è morta qui. È vero che vi è una paranza; ma ella è composta di due barche sì piccole che, per irrisione, appellasi ‘la Paranza dell’Abbondanza’, tanta è scarsa la copia di pesce dalla medesima pescata…” M.Manicone, Fisica Appula, 1807 [ristampa anastatica, Bari 2000]. L’attività peschereccia sul Gargano non ha portato alcun beneficio all’economia locale. Soltanto nei primi anni del Novecento si avranno circa duecentocinquanta barche da pesca nei dieci approdi del promontorio (A. De Grandis, Il mare e l’economia garganica dal 700 al primo 900, in L’Adriatico e il Gargano, Centro di Studi rodiano di cultura ”Uritianon” 51 S. De Götzen e F. Laner, La chiglia rovesciata, Milano 1989. 52 Agli inizi del secolo scorso il trabocco della Trave a Vasto, insieme a una paranza, poteva assicurare il sostentamento per tre famiglie.


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trabocchi della banchina di Pescara Con il potenziamento indiscriminato delle strutture portuali molti trabocchi rimangono insabbiati rendendo del tutto inutili le lunghe antenne e le grandi reti

Se la presenza di attività cantieristiche potrebbe aver rappresentato il mezzo che ha facilitato la realizzazione dei trabocchi, le cause che ne hanno stimolato la creazione vanno probabilmente ricercate nelle singolari caratteristiche sociali e culturali delle popolazioni. È stato fatto notare come, a proposito dei trabocchi del Gargano, “spesso … hanno per sfondo una masseria … proprio a due passi dal mare” e che i “trabucchi li hanno fatti i massari, gente che col mare se la dice poco. Massari e contadini si sono fatti appaltatori senza essere marinai”53. Massari e contadini che presumibilmente fornivano ai cantieri navali la materia prima, potrebbero aver appreso i primi rudimenti delle costruzioni dai maestri d’ascia54 e dai calafati adattandoli, poi, alla costruzione di manufatti per le qua53 A. Mallardi, Levantazzo, Bari 1961. L’integrazione delle due attività è evidente nella cucina della costa caratterizzata prevalentemente da piatti di pesce con legumi ed ortaggi. L’ipotesi di una presenza di contadini sui trabocchi non trova tutti d’accordo, ovviamente. Nel caso dei trabocchi garganici, per esempio, M. Aliota (I trabucchi del Gargano, Foggia 2002, pag. 24) osserva: “un massaro o un contadino, soltanto una cosa potevano fare sul trabucco: stare attenti a non farsi male”. Certamente l’apprendistato del traboccante è lungo e impegnativo come, d’altra parte, ogni mestiere che esige una attenta messa in gioco di competenze ma anche costanti applicazioni e ripetizioni poiché “c’est forgeant qu’on devient forgeron” (J.P. Warnier, in J.F. Bayart, J.P. Warnier, Matière à politique, Paris 2004). 54 Merita ricordare che l’ascia è uno strumento che ha la lama perpendicolare (solitamente curva usata dai carpentieri) al manico mentre l’accetta e la scure (utensili usati comunemente nei lavori di campagna) hanno la la-


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li si dovevano ricomporre conoscenze e abilità delle costruzioni in campagna (i contadini solitamente costruivano da sé le case e le capanne) con quelle di mare. É probabile che un po’ alla volta si siano create le condizioni per la formazione di squadre progressivamente più specializzate e che, nella maggior parte dei casi, corrispondevano a famiglie che non solo costruivano e assicuravano la manutenzione dei propri trabocchi ma svolgevano anche lavori per conto di altre famiglie sia nella stessa area che in altre più lontane55 dove non c’era ancora l’abitudine a costruire queste macchine e che potevano assicurare un non indifferente vantaggio. Trabocchi simili a quelli abruzzesi56 sono stati costruiti da D., T. e N. Verì, una famiglia di traboccanti57 di San Vito di lunga tradizione nella costruzione e manutenzione dei trabocchi58. Una ulteriore occasione per lo sviluppo di queste singolari macchine è stata fornita dalla drastica riduzione della flotta da pesca requisita dalla Regia Marina durante la prima guerra mondiale59. Nel 1915 l’antropologo G. Finamore ha censito oltre cinquanta trabocchi attivi, nel tratto di costa che va da Ortona a Vasto, che potevano assicurare il sostentamento ad oltre cento famiglie a integrazione delle risorse agricole. Il trabocco veniva utilizzato prevalentemente solo in due stagioni dell’anno: nei mesi autunnali per la pesca di cefali, ombrine e spigole e a giugno per la pesca di sarde e di novellame. Negli altri periodi dell’anno i trama diritta e parallela al manico. La progressiva perdita di informazioni sugli utensili e sugli oggetti, una volta utili ma non più in uso comporta, singolarmente, una loro frequente riproposizione come oggetti “curiosi” nei mercatini del modernariato. Si trovano sempre più frequentemente oggetti che vengono anche dal mondo della pesca e destinati, non di rado senza conoscerne nomi e funzioni, a diventare sopramobili con esclusiva funzione decorativa. Il fenomeno del riutilizzo di “reperti” era stato ben analizzato già negli anni ’80 (A. Appadurai, The Social Life of Things. Commodities in Cultural Perspective, Cambridge 1986). Il dibattito tra l’evoluzionismo classico (gli oggetti come illustratori delle tappe dell’evoluzione) e il diffusionismo (gli oggetti come mezzo di diffusione da una società a un’altra) conduce a considerazioni più pertinenti sul rapporto uomo-oggetto e in particolare in ambiti per molti aspetti confinati. 55 Un aspetto interessante di una futura ricerca sui trabocchi potrebbe essere quello che riguarda la “diffusione” dei manufatti (prototipi e modelli correnti) per arrivare a definire “i cambiamenti come una evoluzione sul posto e, di conseguenza, rintracciare una genealogia degli oggetti? Oppure si devono vedere in questi cambiamenti, l’introduzione di elementi esterni? “ M.P. Julien, C. Rosselin, La culture matérielle, Paris 2005, pag. 19. 56 Nell’area di Pescara tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, vanno ricordati i traboccanti di Castellamare: F. Greco, E. Sciarra, G. De Simone, G. Padovani e A. Giorgini. Otto trabocchi, quattro grandi (uno costruito da C. D’Incecco, due da A. Di Giovanni, e uno da G. D’Incecco) e quattro piccoli, erano posizionati lungo il molo sud del porto di Pescara. I quattro trabocchi piccoli (detti trabocchi quadrati) erano di C. Di Luzio, S. Pattara, A. Gagliardi e di T. De Acetis. I trabocchi pescaresi del molo sud sono stati in funzione fino al 1985 quando sono stati abbattuti per far spazio al porto turistico. In provincia di Chieti San Vito Chietino ha visto numerose famiglie dedite alla costruzione dei trabocchi: soprattutto i Verì (Vitantonio, Orlando, Tommaso, Nicola, Domenico, Agostino, Ernesto e Giovanni) ma anche gli Annecchini (Cesare, Carlo, Vito, Carmine, Raffaele, Gioacchino e Urbano). A Vasto si ricordano i costruttori Nicola Di Cintio, Ginesio D’Orazio e Mario Marrocco. 57 Il termine cambia a seconda delle aree; per esempio: trabuchelande a Vieste e trabucchisti a Peschici. 58 Sono stati costruiti da loro buona parte dei trabocchi, oltre a quelli abruzzesi, a Termoli, Lesina, Sannicandro Garganico, Rodi, Peschici. Hanno costruito trabocchi a Castiglione della Pescaia (punta delle Rocchette 1952, punta Capezzola 1949 e sull’esterno del porto canale 1951). D. e i nipoti A. e V. Pincione hanno costruito un trabocco anche a Vesima di Voltri. Cupido ricorda come costruttori di buona parte dei trabocchi garganici le famiglie Ottaviano e Fasanella. 59 Durante il periodo tra le due guerre nella sola costa vastese per un tratto di costa di sette chilometri c’erano tredici trabocchi attivi (fonte orale: Di Biase e Ialacci) contro i quattro censiti nel 1915 (G. Albi, 1915, pag. 78).

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pagina a fronte Termoli Cartolina illustrata dedicata al trabocco Il trabocco di Vio Vivo a Termoli prima che tutta l’area fosse insabbiata facendo scomparire la vasta scogliera (da Cupido, 2003)

pagina seguente Il trabocco “sotto il convento delle suore” a Termoli agli inizi del ‘900

bocchi non venivano lasciati in abbandono60; una sistematica opera di manutenzione soprattutto dopo forti mareggiate era intervallata da usi sporadici “per non far invecchiare” strutture di legno (piccole sostituzioni di pezzi ammalorati e controllo dei collegamenti tra le parti) e cordami. Da un punto di vista strettamente legato alle tecniche di pesca il trabocco potrebbe essere stato suggerito “da un’altra antecedente metodologia ormai caduta in totale disuso: la pesca con la nassa (pesche chij la nicosse). Questo sistema di pesca costiera era praticato da un battello a remi con sette persone a bordo, per la cattura dei cefali”61 che dopo le mareggiate di settentrione trovavano rifugio tra le scogliere. Dalla prua della barca sporgevano due lunghe pertiche divergenti che, poste in bilico su una asta trasversale, potevano muoversi alzandosi e abbassandosi utilizzando come contrappeso un sacco di sabbia. A queste antenne era ancorata la nassa o un sacco di rete nella cui parte terminale veniva raccolto il pesce. Questo tipo di pesca, risultato pericoloso in prossimità di scogliere a causa del frequente sbilanciamento dello scafo quando il sacco veniva ritirato a bordo (assalbato), è stato abbandonato e, probabilmente, sostituito da quello con i trabocchi62. Da diversi autori sono state proposte datazioni relative alla costruzione dei trabocchi ma molti dubbi permangono. L’ipotesi che possano essere antichi non convince per mancanza di documentazioni e manufatti precedenti la fine del 1800. Merita accennare alla notizia di un documento che riferisce che Pietro Angeleri, futuro papa Celestino V, durante la permanenza a San Giovanni in Venere (1240-1243), dal colle Belvedere avrebbe ammirato il mare sottostante “punteggiato di trabocchi”63. Un maremoto tra Fortore e Pescara (1627) ha causato la morte di 17.000 persone e avrebbe avuto provocato una forte immigrazione di sefarditi dalla Francia. Tra questi c’erano i puntuaroli, artigiani specializzati nella costruzione dei guadi dei fiumi. Grazie alle capacità e l’esperienza delle nuove comunità tra San Vito e Rocca San Giovanni sarebbero sorti i primi trabocchi64. Non tutte le stagioni erano buone. “Ricordo che il giorno di san Matteo mio padre mi diceva sempre: non andate a pescare, è punto di stella” dal racconto di Matteo Fasanella a M.T. Rauzino, in “Uriatinon”, 27 gennaio 2012. Nella credenza popolare i giorni infausti sono quelli di punto di stella (11, 15, 24 e 29 giugno, il 16 luglio, il 2 e il 15 agosto). 61 G. Zecca, Il ragno pescatore, in “D’Abruzzo”, VI, 22, 1993, pagg. 22-29 62 Soprattutto nelle paludi e i laghi costieri l’uso di barche per pesca a bilancia è ancora attiva. 63 Per la verità sembra che si tratti di una incerta interpretazione di una testimonianza di Pietro nel Ms. Vita Sanctissimi Petri Celestini scritta dal celestiniano S. Tiraboschi, conservato presso la Biblioteca Marciana di Venezia: “… quando, da bambino, accompagnavo i parenti ai pascoli bassi, verso la marina di Vasto. Ma ora, più che il mare calmo che luccicava sotto il sole della tarda mattina, punteggiato dai trabocchi posti come vedette verso il confine del cielo, mi colpiva la grande Badia. Era la cosa più bella che avessi mai visto” (M. Burani, Celestino V Papa, Roma 1993, pag. 56). 64 C’è chi ipotizza che il termine trabocco possa derivare dal francese trebouchet. Tra gli immigrati d’Oltralpe ci 60


Localizzazioni dei trabocchi e morfologia costiera Il posizionamento dei trabocchi è condizionato dalla morfologia costiera che può presentarsi con molte varianti locali. Allo stato attuale sopravvivono numerosi trabocchi ma tanti sono andati perduti65. I trabocchi abruzzesi attualmente integri o ridotti allo stato di rudere o tracce (con la data di costruzione e il nome del costruttore/i) sono: Ortona: Punta della Mucchiola (1880, D. Verì) crollato nel 2013, due a Torre Mucchia (1924-25), uno a Punta Ferruccio (1927), San Ciavocco (1919), uno sul molo nord (1921), un altro sul molo sud (1933) e uno ad Acquabella (1885, B. Verì) bruciato una ventina di anni fa); San Vito: “Urziline” (1931), Molo di S. Vito -1 (1945, T., N. Verì, P. Di Cintio), -2 (C. Annechini, C. D’Alessandro), Punta Fornace (1890, D., B., A. Verì), Punta Turchino66 (1871, D., B., A. Verì), Sasso del Guardiano (1850, V., G. Verì), Valle Canale-Traforetto (1880, A. B. Verì), Rubbanhille (1871, T., D. Verì67), Punta San Biagio (1915, R. Verì); Rocca San Giovanni: Punta Tufano (1777, T., D., Verì), Scoglio del Gabbiano (1900, V. Verì), Punta Tufano (D. Verì), Sasso della Caiana, Punta Isolata (1891, A., D., B. Verì), Punta Torre (1873, D., B., A. Verì), Spezzacatena (1885, B. Verì); Punta Cavalluccio (1873, 1887, B. Verì); Punta Punciosa; Fossacesia: Pesce Palombo (esistente già nel 1923); Lido Cavalluccio (1915, R. Verì); Punta la Penna (1881, D., B., A. Verì), Punta Rocciosa (1910, R. Verì), Trabocco sul frangiflutti (1971-72, A. Marrone); Torino di Sangro: Punta le Morge (1918-19, N., O., V., B., Verì) recentemente ricostruito su iniziativa del Comune di Torino; Vasto: Scoglio del Siluro (1923, N., O., G., L. Verì); Punta Aderci 168 (1919, N. Verì), Grotta del Saraceno69 sarebbero stati anche gli antenati della famiglia Verì e quelli della famiglia Annechini. 65 P. Cupido, 2003; M.C. Forlani, 2014, pag. 62. 66 È il trabocco citato da D’Annunzio. Il nome turchino viene dal nomignolo del proprietario (L. di Cintio è l’uomo del trabocco immortalato ne il Trionfo della morte) che era nero come un turco. 67 Potrebbe essere il più antico trabocco mai costruito (1777) da T. e D. Verì insieme a quello di Punta Tufano (P. Cupido, 2003, pag. 59, 60). 68 Ricostruito nel 2011 da C. e F. Di Biase e attualmente privo del primo tratto della passerella 69 Così chiamato per la sua localizzazione in prossimità del campeggio omonimo; situato a nord della località Vignola viene talvolta nominato come questa località. Nei primi anni del ‘900 fu commissionato da N. Ialacci a un abitante di San Vito. Intorno agli anni ’20 è stato smontato e ricostruito nei pressi dell’attuale monumento alla bagnante (il nuovo trabocco andrà distrutto in breve tempo e mai ricostruito). Nel sito a nord della localtà Vignola un nuovo trabocco è stato costruito nel 1945, distrutto da una mareggiata nel 1960 è stato ricostruito nel 1979. (Fonte orale: V. Ialacci).




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Le diverse tipologie dei trabocchi si adeguano alla singolarità delle morfologie costiere i trabocchi “abruzzesi”, posti in acqua a una certa distanza dalla costa sono raggiungibili tramite lunghe passerelle, oppure sono addossati alle banchine e alle dighe foranee; i trabocchi “garganici” sono invece arroccati sulle scogliere (fonte: Google)

(1904, V., B., N., A.,D. Verì), Punta Vignola 270 (1901, N., G., V., L. G. Verì), Punta Canale71 (1990, N. Menna, F. La Verghetta), Scoglio del Siluro72 (1923, N., O., G., L. Verì), San Nicola73 (1923, V., G., O., B., L. Verì), Casarza74 (1899-1900), Cuncarelle (1938, B., O., D. Verì), Punta Trave75 (1900, V. B., L., G., A. Verì), San Nicola (V., G., O., B., L. Verì), 2 trabocchi a Punta Penna (1925, 1927). Posto a sud della località omonima veniva identificato talvolta con il nome del ristorante La Vela, posto lungo la s.s. 16. Ristrutturato nel 1998 da M., C., F. Di Biase è attualmente privo della parte finale della passerella. 71 A nord della località omonima (sullo scoglio “schiena d’asino”) presenta una lunga passerella e piccole antenne. 72 Posto sullo “scoglio del siluro” in località Canale. 73 Mantenuto in discrete condizioni fino al 1990; cinque anni dopo è stato distrutto da una mareggiata (fonte orale: C. Di Biase). Fino al 2014 era ancora visibile la sola passerella, recentemente è stata ricostruita la parte mancante. 74 Uno dei più antichi trabocchi della costa vastese (Fonte orale: V. Ialacci). Posto a nord della località Casarza nei pressi del ristorante Zi’ Nicola si riduce a pochi elementi. Nel 1997, pur se già inattivo, aveva ancora la piattaforma, le antenne, due capanni, due argani e parte della passerella. 75 Inaugurato con una fastosa cerimonia il 30 luglio 1900 è stato costruito in sostituzione di un altro manufatto che si era rivelato poco pescoso posto più a nord (Fonte orale: V. Ialacci). Nel 2000 è stato distrutto da un incendio e successivamente ricostruito. 70


Nel Molise allo stato attuale sopravvive solo un trabocco e di un altro c’è la sola passerella. Termoli: trabocco sotto il convento Gesù e Maria (1879, B., D. Verì76), trabocco di A. Manzi (1899, D., B., L., V., A. Verì), un trabocco sulla scogliera settentrionale sotto il Giudicato Vecchio, trabucco dei fratelli Menadeo77 (1919, G. D’Orazio, V., N., O. Verì), u’ bagne di’ femmene78 (1921, O., G. Verì), u’ scalone (1923), poco oltre il Sinarca (1927), trabocco alle Marinelle-Grevive (1925), a Marinelle-i’ Savoce (1927), porto molo nord (1930), scoglie-

Il proprietario F. Marinucci aveva avuto modo di vedere i trabocchi durante i suoi viaggi (circa 1850) via mare verso Ancona per trasportare agrumi e carrube del Gargano. La presenza dei Verì sarà una costante per tutti i trabocchi termolesi finché i Marinucci non avranno imparato a costruirseli da soli. 77 Fatto demolire nel 1936 sarà ricostruito due anni dopo e resterà in funzione fino al 1958. 78 Detto u’ trabbucche di Bric (non più esistente). Il trabocco pur se danneggiato e mancante di qualche elemento avrebbe potuto avere ancora una funzione, almeno rappresentativa. Avevamo proposto che venisse ricollocato in una piazza della città come elemento significativo della storia locale al quale una accorta segnaletica informativa avrebbe potuto dare un interessante valore documentario e didattico. Una ulteriore occasione persa in una città che non sembra riesca a trovare l’attenzione e l’impegno verso la tutela e valorizzazione del proprio patrimonio culturale. 76


La stabilità del trabocco con passerella è tradizionalmente legata alla presenza di una maglia formata da un buon numero di pali di irrigidimento

Uno dei trabocchi di Punta delle Pietre Nere a Lesina distrutto da una mareggiata nel 1955

Il trabocco sull’isola della Chianca a Vieste databile ai primi anni del ‘900

pagina a fronte Peschici


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ra ovest79 (1932) e un altro alla foce del Biferno. Fino a qualche mese fa, sulla stessa scogliera, c’era un altro trabocco80. I trabocchi garganici81 (esistenti, ruderi o tracce) sono: Sannicandro: il primo trabocco di torre Mileto (1925) è stato costruito vicino alla torre costiera dai Verì mentre un altro cinque anni più tardi, quello di Calarossa è del 1925 ma non è mai stato completato; alle chianche nere di Lesina c’erano due trabocchi (1924 e 1925; Peschici: Ponticella, Monte Pucci (1926, G. D’Orazio, e la famiglia Verì, Scalandrone, S. Nicola, Punta S Nicola (1931), Manaccora (1926, M. Fasanella, G. d’Orazio e i Verì), Calalunga, Punta Gusmai (1930, G., C. Ottaviano), Forcichella, Spinale (1936, utilizza gli elementi di un altro trabocco smontato e trasferito via mare); Vieste82: la Chianca, Isola della Chianca, Porticello, Torre Ponticello, Molinella, Puntalunga, Cemenei, S. Lorenzo, Punta la Torre, Detto il trabucco di Celestino, al momento è senza antenne a causa di una mareggiata. Costruito nel 2000 ha preso il nome dal trabocco di Bric perché ne ha ereditato la concessione. Nel novembre 2015 un altro trabocco era in corso di costruzione dietro il molo del porto. Questo aveva già cominciato a dare segni precoci di dissesto; una forte mareggiata l’ha demolito e lo ha scaraventato contro il nuovo trabocco di Bricche che a sua volta è stato abbattuto risparmiando soltanto la passerella. 81 M. Aliota, 2002, pag. 33. 82 Secondo M. Aliota (in “Gargano Parco”, 4, aprile 2000) “negli anni a cavallo dell’ultima guerra mondiale, sorsero a Vieste ben 23 trabocchi e 8 a Peschici. Venivano individuati con il nome delle località in cui erano impiantati”.

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Il trabocco di punta S. Francesco a Vieste

I due trabocchi arroccati sulla scogliera della Punta san Nicola

pagina a fronte Relitti di trabocchi garganici Anche se non più utilizzati meriterebbero una maggiore attenzione perché possono ancora svolgere il prezioso ruolo di significativi “fossili” con un alto valore informativo


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Isola S. Eufemia, Grotta delle Travi, S. Francesco (forse il più antico), Sotto la Ripa, u’ Ponde, u’ Cafè, u’ Sdrupadore, la Gattarella, l’Architiello, S. Felice, Punta la Testa, la Calassinze, Sanguinara, Porto Greco, Chianca Lisce, u’ Fare di Pugnochiuso, Cala della Pergola. C’è chi sostiene che il primo trabucco sia stato importato da un tale Villani, all’epoca sacerdote a Vieste. Il litorale abruzzese, esteso dal Tronto al Trigno è morfologicamente caratterizzato da una doppia natura. La sabbiosa linea di costa che arriva fino a Pescara diventa, nelle vicinanze di Ortona, rocciosa e scoscesa. Ripide falesie dall’andamento planimetrico ondeggiante formano numerose cale e spiaggette sassose protette da barriere di scogli affioranti83 caratterizzano il paesaggio da Ortona fino a Vasto e rappresentano il sostegno ideale per l’alloggiamento di trabocchi. La fascia litoranea molisana e pugliese che precede il Gargano è bassa e sabbiosa con qualche formazione rocciosa84 solo nei pressi di Termoli. Infine, diversa è la regione litoranea garganica, rocciosa con numerosi promontori85. Si tratta di rocce coerenti che possono costituire un affidabile sostegno per i trabocchi. Va notato che il Gargano ha il litorale sommerso immediatamente profondo mentre la costa abruzzese-molisana è caratterizzata da fondali a pendenza graduale. È evidente, allora, come la collocazione e l’impianto dei trabocchi si debba adeguare alle differenze morfologiche dei fondali. Sul Gargano i trabocchi sono solitamente “aggrappati” alle rocce asciutte mentre nelle altre zone, in mancanza di Puddinghe più o meno cementate con lenti di sabbie e di argille sabbiose e ciottolame sciolto. Servizio Geologico d’Italia, Note illustrative della carta geologica di Vasto, Roma 1971. 84 A sud le scogliere, ben documentate da foto d’epoca, sono scomparse lasciano spazio a un vasto arenile. 85 I promontori compresi nel tratto di costa da Peschici a Vieste sono in calcare a nummoliti, calcari compatti e calcareniti. I promontori sono inframmezzati da piccoli tratti di sabbie costiere. Servizio Geologico d’Italia, Note illustrative della carta geologica di Monte S. Angelo, Roma 1967. 83

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Relitto di trabocco garganico

pagina a fronte Un complesso sistema di puntelli assicura l’appoggio della piattaforma del trabocco alla scogliera mentre la paleria è cpntroventata da tirantature in filo di ferro

scogliere sopralitorali con profondità sufficienti alla pesca, vengono inoltrati verso il largo per mezzo di una passerella sfruttando scogliere che di tanto in tanto affiorano o sono fondate direttamente sulla sabbia. In conseguenza di questo si può dire che i trabocchi possono essere catalogati in due gruppi principali sia pure con differenze localmente non marginali. La localizzazione dei trabocchi deve tenere in conto diversi fattori. Trattandosi di macchine per la pesca di passo devono aver considerato il percorso del pesce che ha sempre costituito il principale fattore di condizionamento e la prima causa di abbandono dei trabocchi quando questi percorsi sono cambiati. I motivi possono essere numerosi ma quasi sempre dovuti a cause antropiche (lavori costieri, cattiva gestione degli scarichi fognari a mare, modifiche delle banchine portuali e delle opere di sbarramento costiero …). Le maree, le correnti e il moto ondoso, a parte i fenomeni di destabilizzazione diretta o indotta che possono provocare alle strutture, concorrono a trascinare in mare sostanze organiche e animaletti strappati dalle rive e dai fondali e che sono essenziali per la pastura dei pesci. Durante la scaduta di una mareggiata e nella fase di acqua montante i pesci tendono ad avvicinarsi alla battigia e agli anfratti delle scogliere nei punti in cui si infran-



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Peschici pagina a fronte Trabocco rimasto insabbiato e in seguito distrutto Avrebbe potuto essere facilmente conservato con una funzione informativa e didattica


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gono le onde, quelle che si increspano di schiuma e che intorbidiscono l’acqua, per le numerose sostanze in sospensione e più ossigenate per le bollicine provocate dal frangente. Successivamente se ne allontanano seguendo direzioni d’uscita che dalle insenature vanno verso i promontori e le scogliere verso il largo86. La collocazione ottimale per l’impianto dei trabocchi è la punta di un promontorio in maniera da intercettare il passaggio dei pesci. A seconda della collocazione, i trabocchi sono detti di levante (posti a sud-est) o di maestro (posti a nord-ovest)87. Nei trabocchi di levante il lato destro della rete, cioè quello orientato verso terra, viene posto sul fondo del mare; al contrario, nei trabocchi di maestro sarà il lato sinistro a collocarsi sul fondo. Spesso, indipendentemente dall’orientamento assunto dai trabocchi in conseguenza della morfologia della scogliera, questi vengono denominati di levante o di maestro proprio in relazione all’orientamento del lato della rete calumato più in basso88. Non mancano casi in cui i trabocchi sono collocati lungo gli argini e le foci dei fiumi e dei canali dove il pesce non segue una direzione specifica. In tali casi i trabocchi lavorano come le bilance con la rete immersa e completamente adagiata sul fondale89. La trasformazione nel tempo della linea di costa può determinare un cambiamento del per86 Si tratta di un meccanismo simile a quello che ha generato il Beach-Leandgering, pesca dalla costa derivato dal Serf-Casting delle spiagge atlantiche (M. Balestri, Beach Ledgering: pesca dalla spiaggia nei mari italiani, Roma 1994, pag. 10). 87 Se due trabocchi pescano sulla stessa retta d’azione a cavallo di un promontorio quello di maestro pescherà di più se tira il maestrale mentre sarà dello di levante più vantaggioso con venti di levante. Un esempio è la coppia di trabocchi che si trovano nella baia di Manacore a Peschici. 88 Fonte orale: C. Cappella. 89 R.V. Pacini, La pesca come e dove, Firenze 1979.

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I trabocchi resi inutili da fenomeni di insabbiamento tendono ad essere riutilizzati con funzioni prevalentemente ricettive

corso del pesce. In epoca passata per ovviare a tali inconvenienti il trabocco veniva dislocato, a seguito di un accurato smontaggio, in una posizione ritenuta migliore per la pesca90. Gli effetti del moto ondoso, le maree e le correnti ma soprattutto l’azione antropica causano spostamenti della linea di costa sia verso il largo che verso terra91. L’estrazione incontrollata di materiali dai fiumi impoverisce il ripascimento delle spiagge che, a sua volta, non è in grado di contrastare il moto ondoso. Il frequente impianto di pennelli ortogonali alla linea di costa può condizionare in maniera determinante la distribuzione del materiale. Nella zona di sottoflutto la spiaggia sarà erosa, in quella di sopraflutto potran-

Oggi la situazione sembra peggiorare in maniera irreversibile e non è tanto legata a variazioni di percorso del pesce quanto piuttosto a una generale diminuzione della pescosità dell’Adriatico. Se nell’immediato dopoguerra la redditività massima di un trabocco vastese arrivava a circa tre quintali al giorno, oggi arriva appena a 50 chili (fonte orale: U. Ialacci). 91 A. Barbudri, Metodologia d’indagine sull’erosione costiera: il caso Abruzzo e Molise, in “Quaderni del Dipartimento di Geografia dell’Università di Padova”, 8, Padova 1987, pag. 31. Una valutazione dello stato di salute delle coste e della loro vulnerabilità è in Libro bianco di Italia Nostra sulle coste italiane, 2010; i motivi di maggiore preoccupazione risultano essere quelli di natura antropica. Soprattutto quelli derivati da diffusi processi di cementificazione “che le Amministrazioni locali con scoraggiano”. 90


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no verificarsi fenomeni diversi a seconda che l’azione del moto ondoso sia maggiore o minore dell’apporto detritico della corrente. Nella pratica si verifica frequentemente che nelle coste del Medio Adriatico la parte esposta a sud della struttura artificiale si ha una sedimentazione più o meno accentuata. I trabocchi posti lungo le banchine, salvo pochi casi, sono impiantati sul lato settentrionale dove i fondali rimangono costanti oppure tendono ad aumentare. La preoccupazione maggiore è, in questi casi, non tanto l’azione delle mareggiate quanto piuttosto il rischio di insabbiamento92. La presenza di opere difensive ad andamento parallelo alla linea di costa fanno avanzare la spiaggia nelle aree prospicienti le dighe ma causano forti erosioni nei tratti contigui dei litorali93. È il caso di Pescara dove molti trabocchi sono rimasti in secco. A Termoli con l’aumentare delle opere portuali verso il largo si è accentuato il fenomeno di insabbiamento della spiaggia di san Pietro mentre, più a sud, quella di Molinello in corrispondenza dello sperone di punta di Pizzo, viene erosa. L’evidenza di tale fenomeno è la scomparsa del trabocco di Bric (attivo fino al 1993 e poi lasciato in abbandono) a rio Vivo e la necessità di scogliere antierosione più a sud per proteggere edifici costruiti fin sopra la spiaggia. 93 Questi fenomeni possono provocare perdite di appoggio dei pali di sostegno dei trabocchi e della passerella com’è successo, tra gli altri, al trabocco di Punta Turchino a San Vito. Con ordinanza 16/2013 della Capitaneria di porto di Ortona “causa precarie condizioni di stabilità del trabocco denominato “il turchino”, per un raggio di 100 m dal punto centrato in 42°18’00.71”N - 014°27’38.11”E, sono vietati la navigazione, il transito, l’ancoraggio, la balneazione, la pesca e qualsiasi altra attività di superficie e/o subacquea. L’area interdetta è segnalata opportunamente mediante gavitel92

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Scheda per una prima catalogazione dei trabocchi superstiti In seguito sono state utilizzate schede di approfondimenti tematici: materiali, strutture, apparecchi, fasi costruttive e “restauri” nel tempo, utilizzo e stato di conservazionee

pagina a fronte Schema esemplificativo dei trabocchi di tipo “abruzzese” (raggiungibili tramite una passerella) con abaco degli elementi costitutivi


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1. passerella 2. piattaforma/palchetto 3. cabina/capanno 4. argano 5. pali di irrigidimento 6. antenne 7. antennine 8. codittoni 9. pali delle antenne 10. pali dei tiranti

Materiali, elementi strutturali e tecniche costruttive Prendiamo qui in considerazione i trabocchi abruzzesi, molisani e quelli del Gargano94 perché molto simili dal punto di vista costruttivo e del funzionamento95. Le diversità sono legate soprattutto alle diverse collocazioni topografiche (appoggiati su basse scogliere emergenti o direttamente sui fondali sabbiosi i primi, incastrati su alte scogliere gli altri), a piccole differenze planimetriche e funzionali, al numero degli elementi costruttivi nodali e alla disponibilità di risorse di materiali locali diversi. I materiali che inizialmente venivano utilizzati, legnami di alberi locali e cordami di canapa, sono stati progressivamente sostituiti da materiali

li di colore rosso. Le unità in transito nelle immediate vicinanze prestino attenzione procedendo con cautela”. La perdita del Turchino è stata documentata da P. Tortella in “Chieti Today” (24.7.2014). 94 Altri trabocchi erano collocati più a sud del Gargano, a Bisceglie, Molfetta (cala san Giacomo), Barletta (dei cinque trabucchi resta solo quello del braccio di levante e sul quale è in atto un progetto di ricostruzione) e a Trani (sotto la villa comunale, sulla scogliera della vittoria grande, alla grotta azzurra e due al promontorio della Colonna). A proposito dei trabocchi pugliesi: “Ces plateformes de pêche ont l’air de grands squelettes de bois. Des amas de planches blanchies par le temps qui s’accrochent à la roche et qui semblent ne jamais devoir survivre à la tempête. Et pourtant, ils sont là. Depuis toujours. Dressant leur long mât au-desous de l’eau. Résistant au vent et à la rage des vagues. On les utilisait autrefois pour pêcher sans avoir à prendre la mer. Mais les hommes les ont abandonnés (… ) On les croirait construits de bric e de broc. Et pourtant ces tours incertaines de planches résistent à tout” L. Gaudé, Le soleil de Scorta, Arles 2004, pag. 126. Tempo prima R. Bacchelli (1929) aveva scritto “Fremono al vento fresco le lunghe braccia, le gracili impalcature e i cordami delle gran reti a bilancia, che si sporgono sull’Adriatico pescoso dalle rupi nelle vicinanze d’ogni paese della riviera”. 95 Il nostro lavoro si è basato principalmente su indagini dirette, rilevi dimensionali, dei materiali e delle strutture e accertamenti del loro stato di conservazione. Di grande utilità è risultato il contatto diretto con fonti orali costituite, nella quasi totalità, da proprietari (P), costruttori (C) e manutentori (M) di trabocchi che, in alcuni casi, ci hanno consentito di partecipare ai loro cantieri: Carlo Cappella (archivio storico), Termoli; Franco Cecchetti (CM), San Vito; Carlo Di Biase (CM), Vasto; Michele Di Biase (CM) Vasto; Fabio Di Biase (M) Vasto; Roberto Di Nanno (M) Vasto; Celestino Esposito (PM), Termoli; Vincenzo Ialacci (PCM) Vasto; Umberto Ialacci (CM), Vasto; Antonio Lancianese (PCM), Vieste; Carmine Mileno (PCM), San Vito; Nicola Verì (PCM), San Vito; Antonio Verì (PCM), San Vito; Vittorio Verì (CM), San Vito.

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1. 2. 3. 4. 5.

passerella piattaforma capanno argano antenna centrale

6. antenne 7. antennine 8. codittoni 9. pali delle antenne 10. paletti dei tiranti

Schema esemplificativo dei trabocchi di tipo “garganico” (arroccati sulla scogliera) con abaco degli elementi costitutivi pagina a fronte Schizzo di un trabocco a Termoli (1999, ora scomparso) allo scopo di segnalare i principali componenti strutturali e funzionali

ritenuti migliori, grossa paleria (pali per fondazioni come quercia e larice) e per linee telefoniche (castagno, larice, altre resinose trattate con antisettici) e fili di ferro. Le specie arboree impiegate con più frequenza nei trabocchi abruzzesi e molisani sono l’olmo, l’acacia e la robinia96; in Puglia, pino d’Aleppo97, castagno, abete e pitch-pine). In linea di massima i materiali sostituiti nel tempo e quelli utilizzati per i trabocchi più recenti sono solitamente riconoscibili perché caratterizzati da lavorazioni più accurate, con tracce ancora visibili, mentre quelli che possiamo considerare originari si presentano generalmente indifferenziati e resi uniformi dall’azione del mare e del sole. In alcuni casi è interessante osservare come lo stesso elemento ligneo presenti stati di conservazione diversi a seconda dell’esposizione. Di grande interesse risultano quegli elementi che sono stati reimpiegati mettendo in evidenza i lati che, in precedenza, erano stati accoppiati ad altri tramite legature o bullonature. In strutture in legno il ferro ha trovato impiego soprattutto nelle parti a contatto con l’acqua (putrelle a doppio T, profilati a ] e talvolta spezzoni

Pianta di importazione dal Nord America utilizzata per piantumare le scarpate della ferrovia, presenta caratteristiche di difficile combustione e una notevole durezza. 97 Tagliato e scortecciato durante i mesi di gennaio o agosto “durante la mancanza di luna” per ridurre i rischi che possano marcire (M. Aliota, 2002, pag. 25) 96


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di binari98) e negli elementi filiformi99 che rendono il trabocco simile a una struttura strallata. La paleria e il ferro venivano spesso recuperati, a basso costo, tra i materiali di risulta che, già sfruttati, erano comunque in grado di sopportare sollecitazioni ambientali certamente non favorevoli. Il reimpiego di traversine ferroviarie ha determinato cambiamenti non indifferenti poiché meglio si potevano sfruttare le loro caratteristiche di resistenza all’azione dell’acqua sia nelle parti ancorate allo scoglio che in quelle di sostegno della piattaforma. Nei trabocchi più vecchi non è raro trovare tronchi ramificati e scortecciati impiegati nella costruzione, soprattutto nelle parti più alte, spesso protese in avanti verso il mare100. In questi casi gli spezzoni di ramo venivano utilizzati come passacorde o appoggi di attrezzature mobili. Il collaudo a terra dei singoli pezzi permetteva la cernita dei componenti migliori e che poRotaie di ferrovie (la costruzione è del 1862-63) dismesse (fonti orali: V. Ialacci, C. Di Biase, F. Cecchetti). La produzione industriale di fili di ferro data alla fine del secolo. Nei primi tempi la mancanza di fili a sezione adeguata ha portato all’attorcigliatura di fili più esili (per un trabocco ne occorrevano circa cinque quintali). Si ricorda un funaio di Vieste, un certo Mauro Ragno, che si era attrezzato di uno strumento adatto a fornire fili di sezione da 3,5 a 6,5 mm. (M. Aliota, 2002, pag 21). 100 Più recentemente sono stati impiegati travi di abete tipo “Trieste” di facile reperibilità sul mercato. 98 99

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Schizzo di un trabocco a baia san Lorenzo (2000) allo scopo di segnalare i principali componenti strutturali e funzionali

pagina a fronte Sintesi delle differenze principali tra i trabocchi abruzzesi e quelli garganici

tevano essere immediatamente e utilmente riutilizzati; gli altri, ammalorati o stressati, non venivano comunque scartati per essere impiegati con funzioni strutturali secondarie (piccoli collegamenti, traversi, locali rinforzi, parapetti …) e venivano stivati in attesa di un futuro uso101. Le caratteristiche generali di impianto venivano conservate il più possibile mentre piccoli adattamenti erano mirati ad assicurare una migliore aderenza del nuovo trabocco alle mutate condizioni delle basi di appoggio102. L. Marino, La spazzatura di qualcuno è il tesoro di qualcun altro. L’impiego di materiali di risulta per il restauro (For Someone it’s Rubbish, for Others it’s a Treasure. Employment of Waste Materials in the Architectural Restoration), in L.Rami Ceci (ed.), Luoghi e oggetti della memoria. Valorizzare il Patrimonio culturale. Studio di casi in Italia e Giordania (Places and Objects of the Memory. Valorization of Italian and Jordanian Cultural Heritage. Case Studies), Roma 2011, pp. 37-50. 102 Il secondo trabocco sul molo di San Vito è stato costruito utilizzando materiali provenienti dalla demolizione del trabocco posto nelle vicinanze. Gli adattamenti alla nuova situazione sono testimoniati, tra l’altro, dalla riduzione in altezza della barra dell’argano (fonte orale: F. Cecchetti). Il trabocco Trave a Vasto è stato inaugurato il 29 luglio 1900 in sostituzione di un altro che si era rivelato inadatto e di scarsa redditività. Il trabocco di Punta Vignola a Vasto, costruito nel 1910, è stato spostato una decina d’anni più tardi, in località Sirenetta. Nel 1945, al posto di quello più antico, è stato costruito un trabocco che, distrutto nel 1960 da una forte mareggiata, sarà ricostruito nel 1979 (fonte orale: U. Ialacci). A Termoli il trabucco di Celestino sulla spiaggia di S. Antonio è stato danneggiato nel 1971 e ricostruito nel 1992, traslato di una cinquantina di metri. Il piano di lavoro del trabocco è 101


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I componenti e loro funzione Ciascuna delle parti strutturali che compongono il trabocco ha una o più specifiche funzioni: la passerella, elemento prevalentemente lineare (non sempre presente come nella maggior parte dei trabocchi garganici o ridotta a un corto ponte); consente l’accesso alla piattaforma103 che ha la funzione di area di lavoro, accogliere i pescatori e sostenere attrezzature e pescato; il capanno104 e l’argano105 mediante il quale viene sollevata la rete di pesca; le antenne106 che, per mezzo delle carrucole poste sulle punte, consentono l’abbassamento e l’innalzamento dei vertici della rete; i pali delle antenne, utilizzati per l’ancoraggio e il sostegno delle antenne e delle antennine; i tiranti in filo di ferro e i codittoni107 che hanno la funzione di sorreggere e vincolare trasversalmente le antenne piccole e grandi; i pali di irrigidimento della struttura per contrastare le forze dinamiche dovute al vento e al moto ondoso; la rete per la pesca108. Ogni componente è, a sua volta, costituito da un sottosistema (antenne e antennine formate da 3-6 elementi ammorsati tra loro per assicurare lunghezze che possono arrivare ai quaranta metri). stato rialzato di più di un metro per evitare l’azione diretta delle onde. 103 Approssimativamente quadrate in Abruzzo e nel Molise mentre sul Gargano tendono ad essere rettangolari con un lato lungo parallelo alla scogliera. 104 In alcuni manufatti pugliesi il capanno non è collocato sulla piattaforma ma è posto sulla scogliera a qualche metro di distanza. Tra i nove trabocchi garganici solo due hanno la cabina sulla piattaforma. A Punta Lunga a Vieste ci sono due cabine, una sulla piattaforma e l’altra a terra. Sovente la cabina a terra è realizzata in muratura ed è dotata di una canna fumaria. In molti casi la pesca veniva svolta nelle ore notturne e nelle giornate con vento di tramontana (vento regnante) quando il mare non è mosso come succede, invece, con i venti provenienti dalla traversia di scirocco (vento dominante). 105 In alcuni casi garganici si trovano due/tre argani (detti ciucci-asini). 106 Una o più antenne centrali per la raccolta del pescato dalla rete sono elementi tipici nelle aree pugliesi. In alcuni trabocchi le antenne laterali sono formate da una coppia di pali collegati da numerosi traversi. 107 Pali o più semplici picchetti sul quale vengono fatti confluire i fili di ferro di irrigidimento delle antenne nella direzione trasversale al loro sviluppo 108 La rete può essere rettangolare oppure trapezioidale. “21 passi sull’esterno [un passo doppio di 150 cm] sull’esterno, 18 sull’apertura di destra o di sinistra, 16 a terra” (M. Aliota, 2002, pag. 26).

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pagine 64|67 Le ricerche si sono sviluppate intorno a una specifica campagna di rilievi grafici che ha riguardato i trabocchi di Puglia, Molise, Abruzzo e Marche


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Caratteristiche architettoniche e strutturali I fondali bassi e sabbiosi misti a scogliere delle coste teatine e molisane hanno generato trabocchi con lunghe passerelle, per consentire l’allontanamento dalla battigia fino al raggiungimento di fondali pescosi. Le scogliere medio alte del promontorio garganico permettono la pesca in prossimità della battigia, la struttura è quindi posta interamente sulla terraferma con i pali delle antenne alloggiati/incastrati sulla roccia e le antenne incernierate al loro palo di sostegno; le antenne più grandi sono appoggiate contro il terreno retrostante che funge da contro-spinta evitandone l’arretramento verso terra. I trabocchi portuali di Pescara, San Vito Chietino, Vasto e Termoli hanno caratteristiche intermedie alle precedenti, privi di passerella, gran parte della struttura ancorata sulla terraferma e pali dell’antenna infissi sulla sabbia sommersa o vincolati nella roccia. Fasi costruttive, strategie di intervento ed elementi nodali L’attenta analisi del luogo, in funzione sia della pescosità che della possibilità di realizzazione degli elementi di ancoraggio, determinano la progettazione e la programmazione degli interventi costruttivi. La scelta della successione delle fasi di posa in opera non è, ovviamente, casuale né alcuna azione costruttiva è lasciata al caso. La definizione delle singole ope-

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pagina 68 Il trabocco di Celestino a Termoli pagina 69 Le passerelle di accesso alla piattaforma sono sostenute da elementi singoli, portali e, piĂš frequentemente, da tralicci reticolari controventati


l’ingegnere sopra e sotto il mare • luigi marino

razioni deve conto di una complessa catena di montaggio che esige, prima di tutto, la massima attenzione per evitare che nel tempo si possano avere quei pericolosi cinematismi che la costruzione di una struttura “per punti”, in luoghi non facili e in condizioni di lavoro non agevoli può facilitare. Prioritaria è la costruzione della piattaforma109 e la predisposizione di quanto serve perché l’argano possa funzionare e facilitare il sollevamento e il posizionamento degli “elementi lunghi” i cui sbilanciamenti potrebbero essere nocivi per la stabilità di tutto il manufatto. Si allestiscono, pertanto, la piattaforma di lavoro, l’argano, la passerella, i pali di irrigidimento (dove presenti), le antenne e le antennine, l’antenna centrale110 (nei trabocchi garganici), e quanto a loro connesso, come i pali delle antenne e i codittoni. Passerella Costituita da una ripetizione seriale di pilastri binati o meno, la passerella assume caratteristiche morfologiche e strutturali differenti111. L’andamento del percorso e le sue caratteristiche planimetriche sono condizionati dalla presenza degli scogli che emergono dal mare poiché l’ancoraggio dei ritti della passerella su di essi risulta essere meno laborioso rispetto a La piattaforma e la passerella, in base alle condizioni determinate dalla presenza di scogliere emergenti, possono essere realizzate anche contestualmente. 110 Ha la possibilità di ruotare perché è ancorata al pilastro centrale a mezzo di un perno a gancio (permette anche una più ampia area di pesca). Anche le antennine hanno un perno che permette la loro rotazione verso terra rendendo più agevole l’eventuale sostituzione dei fili di ferro. 111 Dalle corte passerelle pugliesi a quelle abruzzesi e molisane che possono arrivare anche a superare gli ottanta-cento metri: trabocco di Punta Aderci e il trabocco di Pesce Palombo o il trabocco termolese di Rio Vivo (non più esistente). 109

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l’ingegnere sopra e sotto il mare • marino, barone, pignatelli

quello effettuato sulla roccia sommersa. L’allestimento dei pali di sostegno segue il medesimo procedimento che viene attuato per i pali della piattaforma. Quando si è in prossimità di un fondale prevalentemente sabbioso, o con scarsa presenza di scogli, talvolta i pilastri vengono posti inclinati l’uno verso l’altro allo scopo di diminuire la luce fra di essi. Ciascun pilastro è collegato ai contigui (distanze variabili in conseguenza della posizione degli scogli di appoggio) da una o più travi orizzontali sormontate a loro volta da un’altra coppia di travi, ortogonali alle precedenti. Di grande interesse sono quei pilastri che presentano, al posto dei portali con ritti verticali, elementi divergenti verso l’alto112 oppure a croce di sant’ Andrea113. In alcuni casi spezzoni di trave sono collocati a collegamento tra pilastri e travi della passerella per assicurare una maggiore resistenza agli incastri (pali di avvicinamento”114). Talvolta i

Trabocco Casarsa a Vasto (non più esistente) Trabocco Cavalluccio a Fossacesia. 114 Trabocco Il trave a Vasto (1997, non più esistente ma ricostruito nelle vicinanze). 112 113

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Alcuni trabocchi hanno subìto trasformazioni e adattamenti per adeguarsi a nuove funzioni ricettive con risultati che, però, talvolta ne hanno modificato i caratteri strutturali e funzionali originari

pilastri binati sono rinforzati da elementi di controventatura115 oppure sono affiancati da altri sistemi trilitici in direzione ortogonale alla passerella. In passato, la distanza fra i pali di sostegno della passerella veniva colmata da fili di ferro di sezione adeguata (il più delle volte torcendo trecce di tre/quattro cavi di sezione minore) sui quali veniva adagiato un rado tavolato oppure si faceva ricorso a una trave di legno116. Allo stato attuale in tutti i trabocchi le passerelle hanno i parapetti, in legno o cavi d’acciaio o corde (passamano). Foto d’epoca attestano, invece, la più frequente assenza di sistemi protettivi117.

Trabocco Mucchiola a S. Vito. Soluzione presente nel trabocco vastese di Cungarelle fino alla recente ricostruzione. G. D’Annunzio, 1894) ce ne ha dato una colorita descrizione: “Il primo tratto il ponte era formato d’una sola trave, strettissima, sostenuta da puntelli infissi nello scoglio, nel secondo tratto si allargava composto di assicelle trasversali, (...) mal connesse, così gracili che parevano doversi rompere sotto la minima pressione del piede”. Nel trabocco di Punta Lunga a Vieste, a causa di una forte differenza di quota della piattaforma, la passerella è sostituita da una scala di legno. 117 Oggi molti trabocchi presentano cancelli di chiusura all’inizio della passerella con cartelli che indicano che si tratta di proprietà private. 115 116

pagina a fronte Diverse tipologie dei pali/portali di sostegno delle passerelle


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Piattaforma In fase di progettazione si individuano gli scogli sui quali effettuare le forature di alloggiamento dei pilastri di sostegno della piattaforma (o palchetto); i pilastri, generalmente composti da ferro/acciaio e legno, vengono assemblati sulla terra ferma e successivamente spinti in acqua per essere trasportati nel luogo della messa in opera. Il galleggiamento delle parti metalliche viene garantito con la legatura di travi in legno nella parte sottostante o la predisposizione di vere zattere 118. I fori nel ferro vengono effettuati dal fabbro in officina; nel legno, invece, direttamente sulla scogliera con una trivella chiamata “virdn” o “virdn a cartoccio” (per la sua particolare punta a forma di cartoccio)119. La lunghezza di sovrapposizione dei due materiali è di circa due metri utilizzando due-tre bulloni. In passato la trave metallica veniva collocata su quella in legno per individuare esattamente dove realizzare i fori e per evitare un errore nella traiettoria e nella dimensione del foro. I pilastri, collocati in opera nella parte metallica vengono bloccati con cunei provvisori e un getto di calcestruzzo che può essere a diretto contatto con l’acqua attraverso l’uso di cemento a presa rapida120. In passato il calcestruzzo veniva portato in immersione stretto fra le mani o in calze di nylon mentre la foratura della roccia avveniva con l’uso di mazzetta e palanchini di varia lunghezza121. Le tradizionali zattere di canne (cannizze) sono state sostituite, oltre che da veri barchini, da mosconi senza sedili dei vicini stabilimenti balneari oppure da galleggianti realizzati con mezzi di fortuna (p.e. respingenti di bordo e camere d’aria di camion). 119 I fori hanno sezione di 19-20 mm; i fori sono più grandi del bullone del Ø18 perché il legno nel tempo aumenterà di volume a causa dell’umidità. (Fonte orale: V. Ialacci). 120 Fonte orale: V. Ialacci. 121 Fonte orale: F. Di Biase 118

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Le piattaforme tradizionali presentano un impalcato formato da elementi assemblati con due orditure tra esse ortogonali e frequenti elementi intradorsali diagonali (spesso sono più recenti) pagina a fronte Piattaforme dei due trabocchi a Punta san Nicola

Ogni pilastro (ferro-legno o tutto legno) è collegato a una o più travi orizzontali. Di regola l’asse del pilastro non corrisponde con la posizione dell’asse delle travi orizzontali che risultano spostate lateralmente per facilitare la legatura prima e, poi, l’ammorsamento. Nella geometria complessiva delle strutture di legno lo spostamento viene assorbito da una ricorrente attenzione a spostare di volta in volta all’interno e all’esterno gli elementi orizzontali così come assicurando una buona distribuzione dei telai. L’operazione di collegamento si esegue affiancando la trave al pilastro già in opera fissandola provvisoriamente con una corda. Successivamente si prepara la sede del chiodo nei due tronchi, partendo da quello orizzontale che sarà forato interamente (trivella da 14 a 20 mm), mentre quello verticale sarà forato soltanto per circa due terzi. Nel caso di impiego di un bullone con dado e rondelle122, invece, le due travi saranno completamente forate. Per

Sempre più frequente è l’impiego di cravatte metalliche. Il bullone, dovendo attraversare da parte a parte i due pali ha bisogno di un gambo lungo oltre 40 cm; talvolta per ridurre la lunghezza del bullone si diminuisce il diametro del pilastro orizzontale ricorrendo a una riduzione con una localizzata asportazione di materiale. (fonte orale: V. Ialacci).

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In molti casi si trovano elementi strutturali di rinnovo (travi, tavole e morsetti) in sostituzione o in appoggio di quelli originali

evitare che i chiodi (a sezione quadrata quelli più vecchi) possano sfilarsi vengono posti con una leggera inclinazione e si fa conto anche sul naturale processo di ossidazione per aumentare l’attrito. Dopo aver collocato il primo palo strutturale, generalmente posto su uno scoglio emerso123, viene legato ad esso un piccolo palo detto “finto” alla cui estremità si pone un bozzello (da 2 o 4 pulegge) in modo da poter collocare gli altri pali di sostegno. Dato che il palo finto tenderebbe a ruotare intorno al punto di legatura con il pilastro strutturale, l’estremità inferiore viene bloccata nel movimento da due fili di ferro legati a forcella in due punti fissi. Una corda, fatta passare attraverso un bozzello, viene legata in punta al palo da collocare; viene eseguito il sollevamento e l’alloggiamento del palo nella bucatura e sigillato con successivo getto124. Alla realizzazione dei pali di sostegno della piattaforma (un trabocco può arrivare anche ad avere oltre venti pali) segue il loro collegamento attraverso pali orizzontali abbinati, incrociati, paralleli e la realizzazione dell’impalcato e della cabina. Il numero e la dislocazione dei pilastri potrebbero apparire casuali; in realtà sono il risultato della applicazione di una logica dimensionale di stabilità e di sviluppo successivo, collaudata dalPiù recentemente sono state adottate diverse soluzioni: plinti di calcestruzzo emergenti, bidoni metallici o tubi riempiti di malta e collegati allo scoglio tramite tirafondi metallici. 124 Fonte orale: V. Ialacci, Vasto. Nei casi in cui l’argano non sia ancora stato istallato o, comunque, non sia disponibile, il tiraggio della corda per il sollevamento del pilastro avviene manualmente. Per eseguire questa operazione occorrono almeno tre persone: uno che guidi la fuoriuscita dall’acqua del pilastro, uno che faccia ruotare l’argano e un terzo in prossimità del palo finto. 123


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la lunga esperienza di chi li ha costruiti, li ha modificati nel tempo (anche in conseguenza delle esperienze fatte sull’osservazione dei moti ondosi e altre sollecitazioni ripetute nel tempo) e ne ha assicurato la manutenzione. L’attenzione va posta, in particolare, nelle aree nelle quali si scontrano le onde che arrivano e quelle che si rifrangono. La vulnerabilità di tutto il sistema risente anche della posizione degli scogli emergenti e di come questi possono variare, amplificare o smorzare, l’azione delle onde. In alcuni trabocchi è possibile notare come l’azione dell’acqua colpisca dal basso il trabocco nuocendo soprattutto agli impalcati delle passerelle, quasi sempre soltanto inchiodate su pali correnti longitudinali. Le regole base della costruzione dei trabocchi125 sono trasmesse da costruttore a costruttore per garantire le migliori soluzioni per le esigenze statiche ma presentano una ampia libertà nei dettagli a seguito del variare dei luoghi e delle caratteristiche strutturali e dimensionali dei materiali localmente a disposizione. La piattaforma è caratterizzata da una superficie solitamente scoperta126 utilizzata come piano di lavoro di dimensione media di circa quaranta mq, posta a una altezza sul livello del mare variabile (mediamente cinque-sette metri). Il piano orizzontale della piattaforma in epoca passata veniva realizzato con un tavolato di scurette (spessore 20 mm) o mezzanelle (15 mm).

Una esemplare indagine sugli aspetti strutturali dei trabocchi è stata compiuta da V. Sepe, A. Viskovic e P. Carusi (La struttura, in M.C. Forlani, 2014, pagg. 95-109) e da M.C., Forlani, D. Di Mascio, G. Trasatti, V. Sepe, A. Viskovic, P. Carusi, (Il trabocco del Turchino: analisi del comportamento strutturale, in M.C. Forlani, 2014, pagg. 181-188). 126 È probabile che la copertura totale della piattaforma sia una soluzione piuttosto recente, soprattutto in occasione dell’utilizzo dei trabocchi come vivai o, più frequentemente, come ristoranti. 125

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Esempio della frequente associazione ferro-legno (uniti tramite bullonature) per la formazione dei sostegni verticali pagina a fronte I sostegni sulle scogliere presentano tipologie diverse in conseguenza delle diverse condizioni di appoggioincastro al piede pagina seguente Singolari soluzioni sono state adottate per l’allestimento di zattere da impiegarsi per il trasferimento sull’acqua di elementi non galleggianti tramite respingenti di bordo combinati con un traliccio di legno


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La parte più avanzata verso il mare della piattaforma è talvolta realizzata a sbalzo e viene detta ballcott127 (balcone) e protetta da un parapetto formato da una trave, più raramente due128. In alcuni trabocchi (ma si tratta di una consuetudine sempre più rara) un lato della piattaforma e talvolta i bordi delle passerelle venivano destinati ad alloggiare materiali (assi e pali ma anche cordami) che avrebbero potuto servire per gli interventi di manutenzioni successive. Argano L’allestimento della piattaforma consente la messa in opera di uno o più argani la cui rotazione intorno a un asse verticale, più raramente orizzontale, avviene attraverso un’asta di rotazione collocata in posizione subtoracica, imperniata su un perno nella base e uno nella sommità. Intorno al suo asse, ispessito tramite una serie di elementi di legno (semipaletti) inchiodati al palo dell’asse per aumentarne il braccio e l’efficienza, vengono richiamate ed avvolte 127 128

Fonte orale: C. di Biase. Il parapetto anteriore svolge anche una funzione di fermo rete.

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Gli argani doppi nel trabocco di Punta san Nicola a Peschici pagina a fronte Diversi tipi di argano in legno imperniati al tavolato e a un traverso superiore tramite staffe di ferro


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le cime della rete da pesca (quattro nei vertici e quattro nella mezzeria del lato). Il perno inferiore viene appoggiato su una piastra d’acciaio bullonata su un tavolato di spessore non inferiore a 20mm (considerando le particolari sollecitazioni a cui è sottoposto); sistemi di contenimento, quali bicchieri, cravatte ecc., evitano la spaccatura del palo dell’argano nell’innesto con il perno. Nei trabocchi con argano tradizionale due uomini129 girano intorno all’asse centrale agendo sulla barra traversale per il tiro della rete (i pescatori spingono l’asta) mentre per il calo l’operazione è lasciata a una sola persona (il pescatore controlla la discesa della rete lasciandosi trascinare). Il perno superiore deve fiancheggiare la trave orizzontale di sostegno dell’argano nella parte opposta alle sollecitazioni provenienti dalla rete, rete (quindi verso terra) al fine di evitare la rottura della cravatta di vincolo alla trave orizzontale e il conseguente sfilamento del perSoltanto in alcuni trabocchi sopravvivono le tracce del sistema di fermapiedi (una serie di stecche di legno inchiodate a terra in maniera radiale intorno al palo dell’argano) per facilitare la presa a terra dei piedi dei pescatori.

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In alcuni trabocchi l’argano tradizionale è stato sostituito da argani elettrici posti all’interno o all’esterno delle cabine

Interventi di manutenzione riparazioni in loco e parziali sostituzioni di parti ammalorate

pagina a fronte Diverse soluzioni adottate per aumentare il diametro del cilindro avvolgente dell’argano Il perno inferiore gira su una piastra inchiodata al palchetto


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no dall’asola di rotazione. La trave orizzontale di sostegno viene sorretta da due pilastri posti esternamente all’impalcato a loro volta incernierati a travi orizzontali. L’argano tradizionale è interamente in legno, salvo alcune staffe e i perni inferiore (una volta alloggiata in una tavola forata) e superiore130. Nei trabocchi più recenti, o rinnovati, può essere sostituito da una ruota di ferro131 ad asse orizzontale nei quali l’avvolgimento delle funi sul palo verticale avviene attraverso ingranaggi di trasmissione. Molti trabocchi hanno dismesso gli strumenti tradizionali di tiro per adottare motori elettrici132. Il perno superiore fiancheggia la trave orizzontale di sostegno nella parte verso terra per meglio sopportare le sollecitazioni della rete. 131 Nella maggior parte dei trabocchi presenti sul molo di Pescara l’argano è di ferro. 132 Alcuni trabocchi dispongono di un argano ad asse orizzontale per issare reti diverse da quella principale e nasse, attrezzature per attività collaterali alla pesca di posta con rete quadrata, oggi vietata a meno di 150 m. dalla costa 130

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Tipologie diverse di cabine sulle piattaforme Tradizionalmente di superficie ridotta (necessaria alla rimessa degli attrezzi) si è ampliata per il riposo del pescatore e, più recentemente, per alloggiare una cucina e una sala da pranzo. Soluzione questa che ha comportato un esteso rinforzo dei puntelli di sostegno e degli impalcati

La cabina La cabina tradizionale, formata da un ambiente unico collocato in un angolo della piattaforma e dotata di una panca all’esterno e una all’interno, viene utilizzata solo come rimessa di attrezzi e per il riparo del pescatore. Talvolta la stanza occupa la maggior parte della superficie della piattaforma tanto da includere al suo interno anche l’argano. Questo, di conseguenza, non potrà che essere a motore con asse di rotazione ridotto per non ingombrare tutto lo spazio. Più recentemente le cabine sono state ampliate e, talvolta, posizionate alla fine della passerella in maniera che per accedere alla piattaforma e all’argano, si deve passare dalla casetta, spesso attrezzata con una cucina. Può avere una struttura autoportante indipendente da quella del trabocco oppure può essere collegata direttamente ai suoi elementi


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Trabocco con una cabina che copre quasi per intero la superficie della piattaforma L’interno attrezzato di un trabocco pagina a fronte Fondamentale per la stabilità di trabocchi è l’impianto di una struttura reticolare di irrigidimento a maglie ortogonali (trabocchi di banchina) e/o triangolari (trabocchi con passerelle)

strutturali. Generalmente la cabina tradizionale è chiusa sui quattro lati, ha una porta di dimensioni ridotte e ha talvolta un finestrino. Nel caso in cui l’argano si trovi all’interno il lato che si affaccia sul mare deve essere necessariamente aperto per consentire al pescatore di svolgere tutte le operazioni di avvistamento del pesce e di pesca. Pali di irrigidimento, il loro contributo alla stabilità L’elevato numero di pali verticali, orizzontali e obliqui sono apparecchiati in maniera da formare strutture reticolari a maglia triangolare tendenzialmente regolare, che forniscono maggiore stabilità al palchetto e talvolta anche alla passerella, almeno nelle parti finali. Le scelte della geometria della rete strutturale che ne risulta sono condizionate da ragioni statico-dimensionali e dalla possibilità di trovare efficaci e comodi incastri sulla roccia. Inoltre, questi elementi sono posizionati in modo tale da facilitare la realizzazione del manufatto ma anche per agevolarne la manutenzione futura. Tutto il sistema di elementi lignei di irrigidimento è talvolta collegato a un più ampio complesso di tirantature metalliche. Il sollevamento della rete soprattutto se sollecitata dal vento e dal moto ondoso può mettere a dura prova la stabilità strutturale del trabocco. Per contrastare queste forze dinami-


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Gli elementi di rinforzo, allestiti per ridurre i rischi di “spostamenti” orizzontali risultano essere quelli che hanno bisogno di più frequenti opere di manutenzione e rinnovamento


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che, assumono notevole importanza i pali di irrigidimento e le scelte di localizzazione rispetto alla piattaforma e a tutta la macchina da pesca. La presenza sulla costa adriatica di venti dominanti provenienti dai quadranti di nord-nordest e nord-nordovest fa sì che i pali di irrigidimento vengano posizionati, rispetto alle altre componenti della macchina, in punti differenti a seconda della configurazione costiera cioè dell’orientamento della linea di battigia e dell’orientamento del trabocco rispetto alla stessa linea di costa, nonché dalla presenza di scogli per l’ancoraggio dei pali. La struttura di irrigidimento avrà funzione di contrafforte a maglie reticolari triangolari se posta dietro la struttura, rispetto alla forza destabilizzante, o funzione di trattenuta se posta davanti. In ogni caso ciò che conferisce maggiore efficacia al sistema messo in opera è la possibilità di lavorare in modo diretto e non per componente. Nei tratti costieri con orientamento nord-ovest/sud-est, le posizioni più efficienti per contrastare la forza del moto ondoso prevalente che ha una direzione ortogonale alla linea di battigia (pressoché coincidente con l’asse del trabocco) sono quelle dietro la piattaforma e davanti lateralmente. Quella anteriore non potrà essere presa in considerazione perché, evidentemente, luogo esclusivo della rete da pesca. Nei tratti costieri con orientamento nord/sud la direzione del moto ondoso prevalente forma rispetto alla perpendicolare alla linea di battigia un angolo di circa 60°. La posizione quindi più efficace dei pali è sui lati del trabocco. La posizione dei pali di irrigidimento, se pur apparentemente casuale, è la conseguenza di una accorta valutazione delle condizioni del contorno della struttura, condizioni che lungo la costa possono variare anche in maniera sensibile. L’ambiente costiero è un ecosistema dinamico in cui i processi naturali e antropici interagiscono modificandone le caratteristiche geomorfologiche, fisiche e biologiche. I litorali sabbiosi sono i territori più vulnerabili. Accade, in queste condizioni, che la funzione di pesca spesso venga fortemente condizionata quando non inibita. In passato tale inconveniente veniva superato attraverso lo smontaggio degli elementi costitutivi e il rimontaggio in un altro luogo più adatto. Oggi questo non avviene per ragioni varie, non ultima quella legata anche alla presenza di vincoli di tutela. Antenne, pali delle antenne, pali dei tiranti, codittoni, antennine e antenna centrale Con il termine di pennoni s’intendono le antenne e le antennine. Le antenne sono due e fisse; partono dai montanti allungandosi sul mare, quasi parallelemente alla superficie dell’acqua. Ogni antenna è costituita dall’unione di più pali (solitamente di 6-8 metri) sovrapposti per circa 2 metri; l’unione avviene con gli stessi procedimenti adottati per giuntare le parti di un pilastro con bullonatura in non meno di tre punti o legatura con filo di ferro. La sezio-

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Abaco dei principali sistemi tradizionali di collegamento tra gli elementi verticali e quelli orizzontali, la soluzione più frequente per giuntare gli elementi delle antenne pagina a fronte La casistica dei criteri di collegamento tra le parti è ampia; alcune differenze sono riconoscibili nelle diverse regioni

ne dell’antenna è di circa 16-18 cm all’appoggio che si riduce fino a 14 cm in punta133. Si tratta nella maggior parte dei casi di pali di abete che presenta un peso specifico134 minore rispetto a quello delle specie comunemente utilizzate per la costruzione delle altre parti del trabocco. La maggiore leggerezza determina dei vantaggi se si considera il fatto che le antenne sono sospese per tutta la loro lunghezza. All’estremità dell’antenna, attraverso carrucole, si trovano le grosse corde che sorreggono gli angoli della rete. Le antenne sono rette da montanti (pali delle antenne) che possono coincidere con i pali che reggono il palchetto oppure sono distinti. Nel primo caso sono dette “a lingosse” (a lingua)135 per la loro accentuata divergenza che assicura una efficace apertura della rete. I pali delle antenne hanno una funzione strutturale di cerniera insieme ai “pali dei tiranti” o “paletti” ai quali vengono legati i tiranti di sostegno delle antenne. Sulla costa di San Vito, Fossacesia, Rocca San Giovanni, Termoli e nei moli sono prevalenti strutture con elementi di sostegno delle antenne e delle antennine coincidenti con Le sezioni rettangolari hanno misure che vanno da 12x17 a 12x12. Il peso specifico dell’abete è di 460 kg/m3 rispetto ai 650 dell’olmo, ai 620 del castagno e i 750 della robinia. 135 Fonte orale: C. Di Biase. 133 134


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i pali anteriori della piattaforma; diversamente, nel vastese queste funzioni vengono svolte da alcuni pali di irrigidimento mentre nei trabocchi garganici esistono elementi separati e distinti dalla piattaforma che svolgono una funzione esclusiva di sostegno. Le antennine vengono legate ai montanti con filo di ferro in prossimità del nodo antenna-montante. Tramite una carrucola posta alle estremità sostengono gli angoli inferiori della rete. In linea di massima le antennine dei trabocchi dell’area vastese sono meno pronunciate (antennine piccole) di quelle presenti in altre aree abruzzesi (antennine medie). Il motivo potrebbe essere dovuto al fatto che le prime poggiano sui pali esterni del palchetto che, già di per sé garantiscono una buona apertura della rete. Le altre, invece, poggiano direttamente sui pali che sorreggono il palchetto, come per le antenne.

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I nuovi trabocchi in metallo pur rispettando i criteri generali dell’impianto dei trabocchi tradizionali in legno (soprattutto pali e antenne), risultano notevolmente semplificati dal punto di vista strutturale potendo assicurare maggiori affidabilità nei collegamenti tra le diverse parti


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I tiranti in ferro zincato dal diametro medio di 10 mm tengono in posizione antenne e antennine a mezzo di legature in vari punti136. Passano attraverso ganci o morsetti (anticamente di legno inchiodati, oggi metallici), posti a differente altezza sui montanti, fino a confluire in punti-forza costituiti dai codittoni. Ogni antenna può avere fino a una decina di tiranti (mai comunque meno di due per ognuna delle travi che la compone), in relazione alla lunghezza e al peso, per una maggiore stabilità ma anche per facilitarne la manutenzione. Altri tiranti metallici assicurano il controllo delle oscillazioni orizzontali tra le antenne e le piccole antenne scaricando le tensioni a terra. I passamano sono fili di ferro che partendo dal montante vengono legati ai tiranti sopra l’antenna, ad altezza d’uomo, per funzionare come utili mancorrenti e agevolare il passaggio del manutentore addetto alla verifica dell’efficacia delle legature dei tiranti. - I codittoni sono fissati a terra o su scogli a distanze variabili in relazione alla morfologia del scogliera e alla forma del trabocco in posizioni opposte alle antenne o lateralmente a esse e costituiscono punti di forza per i tiranti137. Spesso sono gli stessi pali d’irrigidimento a esercitare questa funzione. I punti di forza sono indispensabili sia durante la costruzione dei trabocchi, soprattutto in fase di montaggio delle antenne, sia durante le operazioni di pesca quando la rete bagnata causa un rilevante sforzo di trazione sui tiranti. Le soluzioni usuali 136 “I primi trabucchi avevano i tiranti di corde di canapa: questo non costituiva un problema, poiché i trabucchi erano più piccoli degli attuali e quindi le corde reggevano bene al loro peso. In seguito, con l’uso dei fili di ferro, i trabucchi si sono ingranditi” (fonte orale: C. Cappella). A San Benedetto del Tronto si era sviluppata una ricca economia di lavorazione della corda e della rete, parallela a quella della pesca. Nel 1911 più di 1200 erano gli addetti alla lavorazione della canapa. G. Troili, Tra corde e reti. I mestieri del mare. Il ciclo della corda, in Borghi e barche, paesaggi e mestieri. Della pesca tradizionale in Adriatico tra ‘800 e ‘900, Atti dell’incontro sul progetto Neptune (San Benedetto del Tronto, 24 aprile-21 giugno 2008). 137 Sia dei tiranti che vincolano le antenne orizzontalmente sia verticalmente. Nei trabocchi garganici i tiranti di sostegno delle antenne vengono equilibrati da altri tiranti che partendo dai montanti vanno ad ancorarsi a picchetti fissati alla scogliera (uno o due tiranti per picchetto) e sono del tutto simili ai paletti-picchetti che vincolano orizzontalmente le antenne.

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Il complesso sistema di tiranti strallati per contenere i movimenti delle antenne e il peso della rete

Dettagli di situazioni strutturali che possono risentire molto della mancanza di costanti e accorte manutenzioni

pagina a fronte Schematizzazione delle procedure di montaggio di un trabocco del tipo abruzzese posizionamento degli elementi verticali trasportati sull’acqua

nei trabocchi abruzzesi (uso di tiranti lunghi a formare una ampia rete) non sono utilizzate per quelli pugliesi (corti tiranti e tendenzialmente raggruppati). Ai pali dei tiranti sono ancorate, per mezzo di fili di ferro, le antenne in maniera da impedirne lo spostamento verticale. Gli elementi piĂš alti138, tali da essere proporzionati alle antenne che devono sostenere, sono i pali delle antenne; poggiati sul fondale coincidono con due dei pali di sostegno anteriore della piattaforma.

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Possono arrivare a circa 18 metri.


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1. palo "finito" 2. bozzello 3. palo da mettere in opera

Sequenze di montaggio Prima del posizionamento delle antenne occorre provvedere alla legatura degli stralli sui pali delle antenne. Ganci metallici o forature sui pali delle antenne, a diverse altezze, garantiscono il collegamento degli stralli al palo, mentre cunei, cavicchi di legno e pioli metallici o traverse in legno sul palo facilitano la salita degli addetti alla costruzione e, in tempi successivi, alla inevitabile opera di manutenzione. L’antenna, spinta sull’acqua in prossimità del suo palo di sostegno, viene collegata nella punta a una corda la cui altra estremità viene assicurata nelle vicinanze del palo di sostegno; un operatore solleva la punta fino ad un metro dall’acqua in modo da consentire la legatura di una fune a circa 1/3 dalla punta dell’antenna. La corda verrà fatta passare prima in un bozzello, precedentemente collocato nel punto di connessione dell’antenna con il suo palo di sostegno, e successivamente avvolto sull’argano. Le operazioni di montaggio prevedono: -- il sollevamento del vertice del palo nel punto in cui è predisposta la connessione con l’antenna (esternamente rispetto alla piattaforma); -- la slegatura della fune in punta e la rilegatura in modo da assicurare la posizione raggiunta dall’antenna (“fune di fermo”); -- la predisposizione sulla punta di uno “stringi antenna” all’interno del quale è stato fatto passare il filo di ferro che lo congiunge con l’estremità dell’altra antenna (nell’eventualità in cui sia stata già montata); -- la legatura del filo di ferro precedentemente collocato sul palo dell’antenna; -- la legatura di un altro filo di ferro la cui estremità opposta verrà successivamente vincolata al codittone;

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1. argano 2. palo di sostegno orizzontale 3. elementi di sostegno verticale

Schematizzazione delle procedure di montaggio di un trabocco del tipo abruzzese posizionamento delle antenne e dei pali delle antenne utilizzando l’argano in precedenza allestito sulla piattaforma

1. 2. 3. 4. 5.

pagine 105|107 La costruzione ex-novo e la manutenzione di un trabocco esige personale ben addestrato, capace di inserirsi in una catena operatoria che in alcuni momenti può risultare piuttosto complessa

fune di fermo fune di circa 1/3 (da togliere) bozzello argano fune di circa 2/3 (da attivare)

-- la legatura della carrucola di scorrimento della cima della rete in modo da evitare di doversi recare sulla punta dell’antenna a opera conclusa; -- il tiraggio del sistema fune-bozzello-argano precedentemente predisposto che consentirà la fuoriuscita di circa 1/3 dell’antenna (grazie alla slegatura della fune di fermo); -- l’avanzamento della antenna fino ad un terzo determinerà l’avvicinamento del punto di legatura della fune al bozzello; -- si procederà quindi, con lo spostamento del punto di legatura e l’attivazione, nuovamente, del sistema fune-carrucola doppia-argano fino alla costituzione del nodo strutturale di congiunzione fra l’antenna e il suo palo di sostegno (elemento nodale); -- gli stralli precedentemente infilati nei ganci posti sul palo delle antenne vengono, durante l’uscita dell’antenna, legati e fissati su questa. Al termine della sua corsa, l’antenna, interamente sorretta dai tiranti e dal sistema fune-paranco-argano, verrà ancorata al suo palo di sostegno attraverso un vincolo assimilabile ad una cerniera realizzata con una legatura con filo di ferro disposto ad “otto”, o meno frequentemente mediante l’impiego di una catena139. La legatura a “otto” è la più utilizzata in quanto permette che la trincatura140 diventi più efficace per il lento e spontaneo arretramento dell’antenna. Per una migliore realizzazione della legatura viene posto un Una sensibile trasformazione dei sistemi di legatura dei tiranti metallici avverrà con l’adozione di cravatte metalliche, morsetti serracavi e tenditori. 140 Nel linguaggio marinaro è una legatura molto solida fatta con più passaggi di cavo o di catena. 139


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chiodo sull’antenna in modo da renderla molto allungata e tale da contrastare efficacemente la spinta verso la parte posteriore allo sviluppo dell’antenna. In alcuni trabocchi, come quelli garganici, la spinta viene fatta assorbire dal terreno retrostante o da tronchi aggiunti. Si prosegue con il vincolare le antenne in posizione pressoché simmetrica l’una rispetto all’altra, nella direzione orizzontale, eseguendo alternativamente il tiraggio dei fili di ferro, precedentemente legati in modo provvisorio ai codittoni, e quello del filo che dalla punta di una antenna passa attraverso lo “stringi antenna” posto sull’altra. L’operazione di tiratura di tutti i fili che convergono sul palo/paletti dei tiranti conclude la posa in opera. Nei trabocchi garganici per la posa dell’antenna e dell’antennina la legatura degli stralli avviene sulla terra ferma, e la posa in opera dell’antenna segue la procedura già descritta; l’antennina, invece, raggiunge il suo assetto finale mediante la posa di un occhiello che funge da cerniera. Durante le operazioni di messa in opera sono necessarie particolari attenzioni: -- nel momento in cui l’antenna ha raggiunto oltre la metà del suo percorso occorre evitare che si verifichi una rotazione intorno al suo punto di appoggio nella direzione trasversale a quella di possibile uscita. Questo inconveniente può essere controllato regolando l’avanzamento leggermente sbilanciato verso l’interno della struttura e posizionando una fune nella

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parte opposta rispetto al fulcro in modo da impedire la totale rotazione verso l’interno; -- è necessario che la punta dell’antenna non subisca un abbassamento eccessivo, tenuto conto che sarà impossibile risollevarla manualmente e riportarla ad una posizione strutturale più idonea141. L’analisi statico-cinematica, dell’elemento palo dell’antenna-antenna, suggerisce che l’inclinazione che determina una minor tensione nello strallo legato sulla punta dell’antenna è quella che forma un angolo di circa 30°, rispetto ad una posizione orizzontale, in quanto lo strallo che dalla punta dell’antenna raggiunge il palo della stessa nel suo punto più alto, tende all’orizzontamento. Aumentando l’inclinazione dell’antenna, da una posizione orizzontale, verso l’alto si ha un ulteriore contributo alla diminuzione della tensione nello strallo. Per ottenere tale configurazione in presenza di antenne molto lunghe occorre disporre di pali delle antenne molto alti. Per tale ragione, per aumentare l’altezza del palo di sostegno molto spesso viene giuntato un altro tronco. Il raggiungimento della posizione idonea dell’antenna viene quindi, influenzato dalla proporzione dimensionale fra l’antenna e palo di sostegno. Tale assetto è raggiungibile da antenne composte da un numero di tronchi limitato, circa tre (di lunghezza 15-18 m.) la cui messa in opera avviene dal basso verso l’alto (trabocchi sulla costa abruzzese e molisana). Più complesso è il raggiungimento dell’assetto ideale per i trabocchi garganici le cui antenne hanno solitamente lunghezze maggiori e necessitano di pali di sostegno più alti; vengono poste in opera attraverso una spinta quasi orizzontale. Il peso proprio dell’antenna P resta costante, la distanza della risultante P dal punto K diminuisce e il braccio dello strallo rispetto al punto K aumenta; si ha quindi che X=P·b/h X2=P·b2/h2 b2<b h2>h X2<X.

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La rete Retta da due antenne, è l’elemento che distingue maggiormente il trabocco dalle altre macchine da pesca dai diversi tipi di bilancia e retoni. Anticamente di cotone, oggi è di nylon e generalmente di colore scuro142, la rete ha quattro lati ed è delimitata da una corda chiamata lima143. In opera è sorretta da corde fatte passare nelle carrucole e poste nei quattro vertici e nella mezzeria di tre lati144. Le carrucole sono posizionate sulle punte dei quattro pennoni (antenne e antennine), quelle attraversate dalle cime dei quattro vertici della rete; nelle mezzerie del filo di ferro che unisce la punta dell’antenna con la punta dell’antennina, quelle attraversate dalle corde mediane dei lati esterni; nel punto medio del filo di ferro che unisce le punte delle due antenne, quella attraversata dalla cima di mezzeria lato mare. Tutte le corde di sostegno della rete vengono fatte confluire sull’argano e da questo sono riUn tempo era di colore marrone scuro, tinta con la schiuma della corteccia di pino (Fonte orale: Carlo Cappella) o con scorze di castagno (L. Manetti, Manuale del pescatore, Milano, 1922, pag. 100). 143 Le dimensioni della rete di un trabocco sono superiori a 36 mq com’è previsto per la pesca professionale. Le reti più piccole definiscono una pesca sportiva. Nei più grandi trabocchi garganici la rete è di circa 50x45 metri. 144 Le corde prendono nomi diversi a seconda della funzione che svolgono. Le vendle sorreggono la rete nei quattro vertici. Durante la pesca la rete è immersa nell’acqua in modo non uniforme: il lato da cui è entrato il pesce è completamente sott’acqua perché la rete è adagiata sul fondo, dall’altro lato invece le corde sono sollevate. Se sono visibili le vendle di destra si dice che sono fuori le vendle di scirocco, altrimenti sono fuori quelle di maestro. Le filacciule svolgono la funzione di sostegno nella mezzeria dei lati della rete. Il curdine di sotte (cordino di sotto) viene collocata sul tirante di irrigidimento orizzontale delle antenne con la funzione di richiamo della rete. I braccetti, posti su ognuno dei restanti lati esterni della rete, svolgono la stessa funzione sopportando una parte del notevole peso della rete bagnata. Il frine (freno a mano) è una corda che parte dal palchetto e, tramite una carrucola sull’antenna sinistra, raggiunge un corpo morto sommerso dal quale arriva il vertice superiore maestro della rete. (Fonte orali: C. Di Biase, V. Ialacci). 142

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La gestione delle reti è solo apparentemente semplice perché comporta una organizzazione collaudata sulla piattaforma e una costante manutenzione dei cordami e delle zavorre

chiamate con lunghezze differenti. Le tre che reggono il lato della rete che dovrà essere adagiato sul fondale marino145 (lato d’accesso del pesce), avranno maggiore lunghezza rispetto alle tre cime che dovranno restare fuori dall’acqua (lato di arresto del pesce). La rotazione dell’argano consente il sollevamento simultaneo dei punti di sostegno della rete che nella sua parte inferiore assume la forma di un’ellisse irregolare e termina con Per facilitare l’affondamento della rete e per stabilizzarla sul fondale contro le correnti vengono utilizzati dei pesi, solitamente sassi, chiamati mazr (màzzera) nei vertici della rete.

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1. 2. 3. 4. 5. 6.

argano lima braccetti curdine di sotto vendle filacciule

Complesso dei cordami che servono a gestire il funzionamento di una rete di trabocco

un punto fondo sia per il peso dell’acqua sia perché tessuta con maglie progressivamente più fitte verso il centro146. Un retino con un lungo braccio (volëche) viene utilizzato per prendere il pesce. Al termine della pesca la rete viene ritirata e raccolta sulla piattaforma. L’argano deve essere completamente scarico dal richiamo delle funi di sostegno della rete, in modo che questa possa essere tirata, manualmente, nella direzione trasversale al sollevamento o all’abbassamento. Questa azione viene svolta con l’aiuto di funi chiamate braccetti che, legati alle estremità della rete permettono l’avvicinamento dei vertici alla piattaforma. Una sagola (detta curdine di sotto) agevola la raccolta manuale dell’intera rete, sollevandola: la sua estremità viene legata sul parapetto della piattaforma, raggiunge il tirante orizzontale di irrigidimento delle antenne e, passando sotto la rete, torna ad essere legata sul parapetto del palchetto. Nei trabocchi garganici quando sono presenti due argani per il sostegno della rete ciascuno di essi richiama a sé la metà delle funi che la reggono; l’azione del levare viene effettuato ruotando l’argano al quale sono state legate le funi del lato della rete calumato più in basso, con maggiore velocità rispetto all’altro. Con un bertovello (u cupp) dotato di una lunga asta, abbassato e alzato a mano o eventualmente da un terzo argano, viene raccolto il pescato. 146

Fonte orale: C. Cappella.

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Pianta e prospetto del trabocco di Punta Vignola a Vasto


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Prospetto longitudinale e del fronte mare del trabocco (scomparso) di Bric a Termoli


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Dettaglio del sostegno superiore dell’argano elettrico nel trabocco di Celestino


Pianta e prospetto del trabocco di Celestino a Termoli



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Alcuni degli utensili utilizzati per la costruzione/ manutenzione dei trabocchi martelli, mazzuoli, palanchini, punteruoli, trivelli… costituiscono una classe di ”reperti” che possono ancora svolgere una preziosa funzione documentaria


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Gli “oggetti” del trabocco Ogni trabocco rappresenta, a suo modo, una sorta di archivio-museo di una cultura che, pur molto importante per la storia locale fino a tempi più o meno recenti, si sta perdendo con una velocità che pare incontrollabile. Contiene le tracce, evidenti per chi le sappia vedere e interpretare, di un complesso di informazioni di prima mano, riferibili a trasformazioni tecniche che hanno provocato le soluzioni ai problemi che nel tempo si sono presentati. Trasformazioni e adattamenti avvenuti in maniera continua (un po’ alla volta senza evidenti miglioramenti) ma anche in maniera discontinua (invenzioni) con soluzioni capaci di suggerire modifiche e innovazioni destinate a essere adottate facilmente su vasta scala (trasmissione di informazione) e provocare, a loro volta, nuove scoperte. Un ruolo importante va riconosciuto agli utensili adoperati, alle funzioni che questi hanno svolto nelle fasi di costruzione e in quelle di manutenzione, nella gestione della funzionalità dei trabocchi e nell’adattamento a nuove funzioni. Gli oggetti147 sopravvissuti diventano veri “reperti” storici (e non solo della storia della tecnologia) e possono svolgere ancora un ruolo, forse non più utilitario, senz’altro documentario. Oggetti di uso più ampio e utilizzati nei trabocchi, oggetti realizzati per specifiche funzioni. Nella catena operatoria di un trabocco coesistono soluzioni costruttive precedentemente predisposte con altre che sono la risposta a un bisogno che non era presente in una prima fase. La realizzazione può essere assicurata dall’utilizzo di strumenti diversi oppure, grazie alle capacità di adattamento di operatori addestrati, da un uso diverso degli stessi utensili. Si tratta spesso di procedure basate su una sequenza di approssimazioni a rischio controllato e introduzione di nuovi elementi, che portano alla riuscita finale. È nota la differenza tra utensile e strumento: l’utensile è un mediatore a disposizione di un operatore informato e capace di utilizzarlo (esercita un’azione), lo strumento invece facilita il prelievo di informazioni. 147

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Ancorette, ami e ganci, anche se non più usati, sono ancora presenti in molti trabocchi e potrebbero costituire piccoli, ma significativi, musei

La classificazione dei reperti può essere fatta su basi tipologiche (martelli, asce, trapani …) e funzionali (passacorde, staffe …) ma più o meno condizionate (utilizzo di utensili modificati nel tempo, utensili usati in maniera diversa nel tempo) assicurando, quasi sempre (almeno finché non si è deciso per una loro sostituzione con nuovi utensili ritenuti più efficienti), progressi continui. Il costruttore di trabocchi è stato un detentore di conoscenze specifiche mentre la perdita di conoscenze e abilità costruttive/manutentive è evidente in alcuni interventi recenti, del tutto estranei alle procedure del costruire secondo il buon magistero e le specificità peculiari di queste straordinarie architetture. Si pensi, per esempio, alla non rara confusione tra elementi portanti e quelli portati, tra elementi elastici e quelli rigidi, tra parti strutturali e quelle d’arredo. Tra parti e funzioni visibili e quelle invisibili nella macchi-

na-trabocco quando si operano interventi che “non si vedono” come succede spesso in operazioni di consolidamento. pagina a fronte Zavorre per i vertici delle reti e tenditori di stralli

Aspetti statici e cinematici Dal punto di vista strutturale148 i trabocchi possono essere suddivisi i due gruppi all’interno dei quali è possibile individuare ulteriori e più articolate varianti. Il gruppo definito “A” comprende i manufatti interamente o parzialmente collocati in acqua (trabocchi abruzzesi e molisani); non potendo essere fissati (incastro) a una scogliera solida soLe analisi sono state svolte presso il DIDA (all’epoca Dipartimento di Costruzioni) dell’ Università di Firenze sotto la direzione del prof. Giacomo Tempesta. Pur dovendosi svolgere per correttezza di metodo nello spazio, le analisi sono state condotte a fini esemplificativi in piani ortogonali (1x, 2X, 1y, 2y) all’interno dei quali si ipotizzano gli elementi portanti che sono stati supposti continui, uniti cioè da un vincolo triplo. I nodi strutturali tra gli elementi portanti verticali e quelli orizzontali sono stati assimilati a cerniere. 148


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no appoggiati (cerniera) alla sabbia. Il gruppo definito “B”, invece, comprende i trabocchi che hanno elementi verticali o subverticali vincolati (incastro) sulla roccia (trabocchi garganici)149. Lo schema strutturale del tipo “A” ha grado di iperstaticità uguale a quattro150 nella direzione 1y mentre il modello geometrico nella direzione 2y può essere immaginato come composto da due strutture unite da un doppio pendolo. Se i doppi pendoli sono ad asse orizzontale ma non le rette per i centri assoluti la isostaticità della struttura è verificata. Questa circostanza può verificarsi sia in una configurazione iniziale (ogni pilastro attraverso la sabbia raggiunge uno strato più solido disponendosi a quote differenti subito oppure successivamente quando i pilastri avranno raggiunto una configurazione stabile. I vincoli esterni, assimilabili a cerniere, si comportano come carrelli ad asse orizzontale con la possibilità di compiere spostamenti verticali. Nello stesso gruppo “A” sono stati inseriti anche i trabocchi che nella direzione 2y sono composti dalla sola parte centrale con minimo quattro aste-bielle orizzontali: possono essere parallele (struttura labile) o convergenti (iperstatica). Il modello geometrico nella direzione 2x è una volta iperstatico; se si ipotizza un cedimento in direzione verticale di un pilastro viene eliminato un grado di iperstaticità e la struttura diventa isostatica. Gli schemi analizzati nella pratica possono avere un comportamento elasto-cinematico dovuto alle caratteristiche di elasticità del materiale151. Le strutture di questo gruppo presentano un assetto Per molti aspetti sono assimilabili ai trabocchi garganici quelli abruzzesi e molisani che sono stati costruiti direttamente sulle scogliere frangiflutti e sulle banchine. 150 Pari, cioè, al numero di bielle che vincolano i pilastri, immaginabili come travi a sbalzo verticali. In alcuni casi il numero delle travi orizzontali e oblique (bielle) può essere diverso modificando, di conseguenza, il grado di iperstaticità. 151 Il fenomeno è ben evidente nel trabocco del molo di San Vito dove il cedimento è testimoniato dalla perdita di orizzontalità della piattaforma verso mare. 149

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Insieme alle sempre più frequenti soluzioni moderne è ancora possibile trovare tracce di antiche e abili soluzioni non di rado ancora funzionanti

reticolare con sviluppo prevalente in orizzontale e verticale con l’insolita mancanza di aste oblique (espediente per consentire un abbassamento dei pali e consentire piccoli spostamenti in relazione al tipo di vincolo esistente tra le aste (cerniere). Lo schema strutturale del gruppo “B” raccoglie modelli geometrici che nella direzione x e y sono iperstatici. Gli schemi statici degli elementi strallati (sistema antenna-palo dell’antenna-fili di ferro) non presentano differenze sostanziali ad eccezione che per la presenza nel palo dell’antenna (vincolo esterno) di una cerniera nello schema del gruppo “A” e di un incastro in quello del gruppo “B”; un maggior rapporto di altezza (h) del pilastro e la lunghezza (b) dell’antenna del “B” (h ~ 1/4 di b) rispetto ad “A” (h ~ 1/3 di b).


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Nelle strutture del gruppo “A” la presenza della cerniera alla base del pilastro non determina un comportamento diverso da quelle del gruppo “B” perché la struttura, in ogni caso, è isostatica. L’antenna unita al pilastro a mezzo di una cerniera è sorretta da stralli posizionati a distanze regolari per assicurare una ottimale distribuzione dei pesi. Nell’ipotesi dell’esistenza di un solo tirante il momento generato dal peso proprio rispetto al punto di cerniera è uguale alla trazione presente nello strallo. Lo strallo capace di contrastare il momento con una minore tensione interna è quello che, dal palo verticale raggiunge l’estremità dell’antenna, anch’essa supposta con inclinazione costante. Nell’ipotesi che venga aumentata l’inclinazione dell’antenna il suo peso proprio resta costante, la distanza della risultante dal punto di cerniera diminuisce e il braccio dello strallo, rispetto allo stesso punto, aumenta. Lo strallo più sollecitato è quello posto a distanza minore dal punto di cerniera; sul pilastro verticale la collocazione è regolata dalla distanza, la maggiore possibile, dal probabile punto di rotazione dell’antenna.

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I resti dei trabocchi andati perduti (per eccezionali mareggiate o per abitudinaria incuria) potrebbero costituire un osservatorio finalizzato alla realizzazione di atlante di situazioni utili per migliorare le procedure manutentive

Le possibili instabilità e dissesti delle strutture Le varie sollecitazioni a cui può essere sottoposto un trabocco possono determinare deformazioni complessive, ma più frequentemente localizzate, o il crollo (parziale o totale) della struttura quando si raggiunge il limite di elasticità del materiale o si perde l’efficacia dei nodi o delle giunzioni. La presenza in un sistema così naturalmente complesso di un numero di cerniere variabili e la coesistenza (almeno nei trabocchi meno trasformati) di legni di specie e tempi di impiego differenti, a parità di tipo ed entità di sollecitazione, comportano una diversa resistenza della struttura. L’analisi del tipo di sollecitazioni da una parte e dei cinematismi da essi generati dall’altra consentono una valutazione generale delle possibili forme di instabilità che la struttura possiede in condizioni di calma e sotto le sollecitazioni che periodicamente può avere. La rilevazione dopo una tempesta fornisce informazioni sulle parti che bene hanno resistito e su quelle che, per una vulnerabilità congenita o acquisita nel tempo, hanno opposto minori resistenze subendo deformazioni più o meno pesanti. Le forze di destabilizzazione (permanenti e/o variabili) delle strutture possono essere raggruppate (in modo semplificato) in orizzontali (moto ondoso) e verticali (peso proprio e carichi accidentali). In presenza di sollecitazioni verticali, l’ancoraggio nella roccia garantisce la conservazione della quota di calpestio diversamente da ciò che accade ai pali infissi sulla sabbia. L’azione di penetrazione (punzonamento) di un palo in un materiale incoerente come la sabbia è funzione della forma e della sezione del palo, del suo peso proprio, del peso gravante su di esso e dell’attrito fra i due materiali di contatto (ferro e sabbia). Il tempo di durata del fenomeno di penetrazione è invece funzione dello spessore dello strato incoerente e dall’eventuale aumento dei carichi accidentali; questi, a loro volta sono influenzati dai limiti di resistenza a compressione dei materiali e dalla forza di connessione dei


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punti di giunzione. La relativa capacità di conservare l’integrità della connessione ha ovviamente un valore limite. Le forze orizzontali dovute al moto ondoso stimolano la rotazione, in ciascun punto di continuità e di discontinuità dei materiali impiegati e i punti di ancoraggio più o meno forti. Si hanno quindi fenomeni di flessione la cui evidenza è più marcata nel legno, materiale elastico per eccellenza, con azioni di ribaltamento nei materiali che hanno maggiore rigidità causata dallo sfilamento dal punto di ancoraggio152. Se la realizzazione dell’impalcato della piattaforma avviene dopo il raggiungimento di una condizione stabile dei pali posti sulla sabbia, tale impalcato ha maggiore possibilità di conservare un assetto prossimo all’orizzontale; nel caso opposto, la parte anteriore della piattaforma potrà subire un abbassamento. In alcuni casi la vulnerabilità del sistema è causato da interventi di riutilizzo (solitamente ristoranti) della piattaforma eseguiti senza tener conto della geometria generale del sistema e della sua logica strutturale e sottovalutando l’incidenza dei nuovi sovraccarichi caratterizzati, nella maggior parte dei casi, da una forte dinamicità. Localizzati cedimenti hanno talvolta provocato ulteriori interventi di riparazione che se pure hanno “rinforzato” localmente il trabocco ne hanno modificato i caratteri peculiari (leggerezza ed elasticità). Il costruttore prima di realizzare il piano di calpestio della piattaforma utilizza indicatori che provengono da accorte misurazioni ripetute nel tempo. Le due travi di collegamento fra i pilastri posteriori e quelli anteriori di sostegno della piattaforma consentono di valutare l’eventuale abbassamento causato dall’aggiunta di carichi temporanei sui pilastri (zavorre). La valutazione avviene attraverso la misurazione in verticale della grandezza dalla posizione iniziale (orizzontale) alla posizione successiva in diversi intervalli di tempo. Per variazioni di misure via via più piccole, in presenza di carico costante, può essere ipotizzata una posizione Esempi di questi fenomeni possono essere una pianta che in presenza di vento si flette e un ombrellone che in presenza dello stesso fenomeno ruota in modo rigido fino allo sfilamento dal punto di ancoraggio.

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Un trabocco recente è stato demolito dall’urto provocato dai resti galleggianti di un altro che, ancora in fase di costruzione, non ha retto alla mareggiata pagina a fronte Sequenza della distruzione del trabocco Turchino (quello descritto da D’Annunzio ma ricostruito nel 1987) documentata da P.Tortella e (15-23-27 luglio 2014)


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in verticale del palo definitiva. Questa ipotesi ovviamente non può essere avanzata per maggiori condizioni di carico. L’abbassamento in avanti del piano di calpestio oltre a condizionare la fruibilità del palchetto agisce negativamente sulla stabilità in quanto, in presenza di vento ed elevato moto ondoso, le travi di collegamento dei pilastri agirebbero con una forza componente di trazione verso l’alto agevolando lo sfilamento dei pilastri e l’espulsione delle tavole dell’impalcato. I componenti di maggior fragilità Le parti della struttura che si deteriorano con maggiore facilità sono le antenne; vincolate dall’alto e lateralmente da tiranti di ferro, vengono sollecitate da forze dinamiche generate dalle onde e dal vento (con un forte effetto vela causato dalla rete) che molto spesso ne compromettono la stabilità. La rottura di uno o due dei cinque stralli che reggono ciascuna antenna non mette immediatamente a rischio il sistema perché l’aggravio di peso sugli altri stralli è contenuto per il tempo necessario a provvedere alle opportune riparazioni. Se invece si spezza il cavo di collegamento al codittone153 e quello dell’antennina c’è il rischio di un quasi immediato cedimento della struttura. L’antenna e l’antennina verrebbero ad adagiarsi velocemente sulla parte opposta alla rottura coinvolgendo in una sorta di domino anche l’altra antenna e provocando il collasso del sistema. Per limitare questo tipo di danno in alcuni trabocchi sono stati vincolate le antenne ai codittoni con un maggior numero di tiranti di ferro. Talvolta la compresenza di tiranti diversi e differenti sistemi di aggancio al codittone è la traccia di interventi avvenuti in tempi diversi per assicurare le maggiori resistenze che ripetute sollecitazioni hanno richiesto. Attraverso la realizzazione di un maggior numero di vincoli trasversali, pari almeno al numero di quelli verticali, si viene ad aumentare la resistenza del sistema e una maggiore probabilità di durata. La forza di trazione al quale viene sottoposto ogni singolo strallo (prevalen153

Elemento di vincolo orizzontale.

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La presenza di elementi aggiunti in momenti diversi al nucleo originario consente osservazioni sul progressivo degrado dei vari componenti (epoca di impianto, differenza di essenze e di lavorazione)

temente costante) sembra più gravoso di quanto non avvenga per il tiraggio nei fili di collegamento orizzontale (episodico) ma si tratta di una singola forza che può avere grandi possibilità di spezzare la sezione dei fili di ferro e causare il crollo dell’antenna. La rottura di una porzione di antenna o la rotazione orizzontale intorno al nodo di connessione con il palo che lo regge esige la rimozione del relitto e l’impianto di una nuova antenna a causa delle difficoltà che comporta l’innalzamento dell’antenna attraverso i soli fili di ferro. Le passerelle costituiscono un altro elemento di forte fragilità: se l’energia del mare non causa direttamente la rottura dei pali di sostegno della passerella, può causare la rottura dell’impalcato e compromettere la percorribilità154. È facilmente verificabile il fatto che 154

Se un grande scoglio la protegge dall’azione diretta dell’onda, la porzione di passerella collocata in prossimità


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la naturale vulnerabilità di un trabocco (che pure può dare dimostrazioni di una incredibile resistenza155) viene peggiorata dalla sempre più frequente mancanza di una accorta opera di manutenzione e da nuove forme di sollecitazioni (basti ricordare gli aumenti di carichi concentrati, la rigidità di alcune parti aggiunte in contrasto con le condizioni di elasticità delle altre156, l’aumento di aree difficilmente percorribili e quindi controllabili, la presenza di impianti elettrici non sempre a norma …) a cui sono sottoposti e che possono causare nuove e più pericolose vulnerabilità157.

dello scoglio viene doppiamente aggredita dal frangente. 155 Merita ricordare che nella descrizione del trabocco del Turchino D’Annunzio aveva paragonato la selva di pali e tavole “ad un ragno colossale”. La figura poetica del ragno può avere anche una accezione strutturale poiché il trabocco sembra muoversi proprio come un ragno che quando solleva alcune zampe sposta il peso su quelle che restano ben piantate a terra. 156 Per alcuni aspetti si tratta dei problemi che si sono trovati a dover risolvere nel sito palafitticolo di Ledro (2000 a.C.) quando hanno dovuto dimensionare gli elementi costitutivi delle ricostruzioni delle tre palafitte: “L’impiego di materiale ligneo con sezioni e spessori superiori ai corrispondenti preistorici e l’adozione di alcune soluzioni tecniche edilizie moderne [ … ] sono dovuti alla necessità di mediare fra la volontà di mostrare uno spaccato di quotidianità preistorica e l’obbligo di garantire la massima sicurezza ai visitatori” (www.palafitteledro.it/villaggio/approfondimenti.pdf). 157 Il crollo di alcuni trabocchi, spesso ben documentato dalla stampa locale, danno indicazioni importanti sulle dinamiche di distruzione e potrebbero servire per la messa a punto di opportune schede di controllo preventive di manutenzione e di pronto intervento.

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pagine 130|133 La vasta casistica dello stato di conservazione (degrado dei materiali e dissesto delle strutture) degli elementi lignei

Fenomeni di degrado dei materiali Il particolare ambiente nel quale i trabocchi si trovano a vivere e le frequenti sollecitazioni a cui sono sottoposti determinano varie forme di dissesto delle strutture, solitamente ben visibili, e di degrado dei materiali che si rendono manifesti soltanto quando hanno raggiunto forme avanzate e spesso irreversibili. Le cause principali sono dovute all’azione di agenti esterni sia di natura abiotica che biotica. Tra gli elementi abiotici vanno ricordati, la luce, le variazioni di temperatura e l’umidità; fra quelli biotici, principalmente funghi e insetti. L’esposizione al sole determina l’alterazione cromatica: le specie di cui sono costituiti i trabocchi tendono a scolorirsi o a imbrunirsi a seconda che si tratti di legni chiari o scuri. Generalmente, le variazioni cromatiche dovute alla luce, se non accompagnate da agenti biotici, non generano alcuna variazione nella composizione chimica. La presenza di acqua dolce e salata contribuisce enormemente al discioglimento della lignina e della lamella mediana, determinando quindi, oltre a una variazione cromatica (tendente al grigiastro) anche perdite di capacità di resistenza strutturale. Tale perdita è più sensibile nella zona di legno di produzione primaverile. In linea di massima, le fenditure sono meno pregiudizievoli alla stabilità quando sono orientate nella direzione del carico agente e non sono divergenti dalla direzione longitudinale. L’elevata


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umidità ambientale e le variazioni di temperatura influiscono sullo stato del legno che si manifesta con le numerose fessurazioni causate dai ripetuti rigonfiamenti e ritiri, ma anche con la loro capacità di agevolare lo sviluppo e la diffusione di agenti biotici158. Il legno impiegato nei trabocchi, in base alla classificazione di rischio biologico159, può essere compreso nelle classi di rischio 4 e 5. Secondo questa classificazione, in condizioni di umidità ambientale permanente maggiore del 20%, il legno è facilmente attaccato da funghi. In alcune parti di trabocchi è stata rilevata la presenza di Trichoderma lignorum (fungo cromogeno profondo, 0,5-1mm), azzurramento (fungo cromogeno profondo), insetti quali anobidi e cerambicidi160 (coleotteri). Vi è una totale assenza di organismi marini che sono invece frequenti nei legni immersi. Il Trichoderma lignorum è particolarmente diffuso nelle parti d’intradosso degli impalcati sia perché sono frequentemente bagnate dal mare e dall’aerosol marino sia per la loro scarsa esposizione. È evidente il contrasto con quelle parti che invece sono più esposte all’azione persistente del sole che provoca un’elevata essiccazione e fratturazione del legno (fenomeno riscontrato nel 30% circa dei trabocchi censiti). G. Liotta, Gli insetti e i danni del legno, Firenze 1991. Pr En 335-1, Comitato Europeo di Normalizzazione Comitato Tecnico 38, Durabilità del legno e dei materiali derivati dal legno (direttiva CEE 88-106 del 21.12.1988). 160 Fra i cerambicidi sono stati riscontrati frequenti tracce della presenza dell’Hespherophanes cinereus nella robinia. L’asportazione della parte superficiale del tronco ha evidenziato gallerie scavate in tutte le direzioni riempite di rosume giallastro farinoso compatto. 158 159


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Le larve di Xestobium rufovillosum161 (“orologio della morte”, appartenente alla famiglia degli anobidi) sono diffuse nelle parti umide e attaccate dai funghi come in alcune fessurazioni da ritiro del legno. Le gallerie sono presenti nella zona di accrescimento primaverile e limitatamente all’alburno. Le parti di castagno danneggiate da questo insetto assumono in superficie un aspetto alveolare fino ad avere, nelle fasi successive, un distacco dell’alburno. L’Anobium punctatum attacca indifferentemente sia conifere sia latifoglie. Questi parassiti prediligono la zona dell’alburno il che costituisce, almeno in parte, una certa garanzia di stabilità, ad eccezione per le essenze a durame indifferenziato come l’abete. Gli effetti immediatamente percettibili sono i fori di sfarfallamento che raggiungono dimensioni di circa 0,5x1cm nel caso dei cerambicidi e di 2-3mm negli anobidi. L‘acqua salata è il principale fattore di degrado delle parti metalliche nelle quali si attivano fenomeni di corrosione di tipo chimico ed elettrochimico. Il cloro presente nell’acqua marina reagisce con il ferro generando il cloruro ferroso, anodico, mentre il sodio si combina con gli ossidi superficiali dell’acciaio con formazione di idrato sodico catodico. Dal prodotto anodico e catodico si ottengono idrato ferroso (ruggine) e cloruro sodico. Questo fenomeno elettrochimico fa si che la ruggine non si localizzi a diretto contatto delle superfici di ferro ma ad una certa distanza da essa, nei punti di incontro dei prodotti anodici e catodici, generando così punti di corrosione differenziati. Se tali reazioni si sviluppassero sulla superficie del ferLe gallerie sono presenti nella zona di accrescimento primaverile e limitatamente all’alburno. Gli elementi lignei di castagno danneggiati da questo insetto assumono un aspetto alveolare fino ad avere, in fasi avanzate, il distacco dell’alburno.

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La provvista di elementi lignei, solitamente pali nuovi ma anche di recupero, destinati alla sostituzione di pezzi ammalorati pagina a fronte Pali alloggiati sul tracciato della ferrovia disattivata e destinati a interventi su un trabocco

ro la corrosione chimica potrebbe auto inibirsi mediante i primi prodotti della corrosione. L’uso di bulloni di metalli differenti rispetto al profilato, ha generato fenomeni di corrosione selettiva attuata, cioè, dai metalli più nobili su quelli meno nobili. Un altro fenomeno di tipo elettrolitico presente è dovuto all’areazione differenziale. La ruggine non si forma né all’anodo né al catodo ma ad un’altezza intermedia cioè nella zona di incontro dei prodotti anodici e catodici162. Indagini xilotomiche su campioni di due trabocchi Il trabocco di punta Vignola (Grotta del Saraceno) a Vasto e quello del molo di san Vito sono stati oggetto di indagini xilotomiche163 per il riconoscimento microscopico dei legni impiegati164. Un riconoscimento basato soltanto sui caratteri macroscopici, infatti, spesso si rivela insufficiente soprattutto nel caso di legni che, come quelli dei trabocchi, sono degradati dagli agenti meteorici e dagli attacchi di xilofagi. Sono stati esaminati complessivamente 34 campioni: 33 provengono dalle strutture del trabocco di Punta Vignola, 1 da quelle del trabocco di molo san Vito. L’esame è stato condotto al microscopio ottico a trasmissione osservando i caratteri diagnostici presenti sulle sezioni sottili ricavate mediante La penetrazione dell’ossigeno nell’acqua avviene più lentamente, si che l’estremità esterna dell’acciaio costituisce il catodo, quella immersa l’anodo. 163 Le indagini sono state svolte presso il laboratorio Dendrodata di Verona (via Pigna 14). 164 P. Barone, L. Marino, O. Pignatelli, 1999. 162


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taglio manuale lungo le tre principali direzioni anatomiche del legno (trasversale, longitudinale tangenziale e longitudinale radiale). Per l’identificazione delle specie legnose si è fatto riferimento alle relative chiavi di riconoscimento165. Gli elementi del trabocco di Vasto esaminati sono stati realizzati quasi interamente in legno di castagno (Castanea sativa Mill.166) che rappresenta oltre l’80% dei 33 campioni analizzati; tre elementi appartengono a legno di pino (Pinus sp. sylvestris167), due a legno di abete rosso (Picea abies Karst.168) e uno a legno di olmo (Ulmus sp.169). I frammenti provenienti da

C. Jacquiot, Y. Trenard, D. Dirol, Atlas d’anatomie des bois angiospermes, Centre technique du bois, Paris 1973; D. Grosser, Die Holzer Mitteleuropas. Ein Mikrophotographischer Lehratlas, Berlin 1977; F.H. Schweingruber, Anatomie Europaeischer Hoelzer, WSL FNP, Stuttgart 1990. 166 Anelli annuali evidenti, vasi primaverili grandi a sezione ellittico rotondeggiante su uno-tre file tangenziali; parenchima assiale di tipo apotracheale diffuso e a bande; raggi parenchimatici omogenei, uniseriali; perforazioni dei vasi semplici. 167 Anelli annuali con passaggio graduale dal legno primaverile a quello tardivo; canali resiniferi con cellule epiteliali a parete sottile; raggi parenchimatici uniseriati ad eccezione di quelli contenenti un canale resinifero; campi d’incrocio con punteggiature subquadrangolari; parete delle tracheidi radiali fortemente dentellata. Fanno parte di questo gruppo il pino montano (Pinus mugo Turra), il pino nero e il pino silvestre, specie difficilmente distinguibili anatomicamente. 168 Anelli annuali evidenti con passaggio graduale dal legno primaverile a quello tardivo; canali resiniferi con cellule epiteliali a parete spessa; raggi parenchimatici uniseriati ad eccezione di quelli contenenti un canale resinifero; campi di incrocio con punteggiature piceoidi; punteggiature aureolate delle tracheidi primaverili disposte in singola fila; parete delle punteggiature areolate delle tracheidi radiali, viste nella loro sezione, dentellata. 169 Vasi tardivi in bande tangenziali; raggi parenchimatici omogenei larghi per lo più 5-6 assise di cellule; presenza di ispessimenti spiralati sulla parete dei vasi; perforazioni dei vasi semplici. L’anello presente sul campione è incompleto e risulta privo dei vasi primaverili. 165

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pagina a fronte Tabella riassuntiva dei campioni di legni presi in considerazione al trabocco di Punta Vignola

San Vito sono legno di robinia (Robinia pseudoacacia L.170). Si tratta di specie che bene si prestano per la realizzazione di palerie171. Le specie legnose individuate indicano che i legni impiegati nei due trabocchi sono per lo più di provenienza locale con l’eccezione dell’abete rosso e forse il pino che sembrano essere di importazione e destinati con buona probabilità a funzioni di sostegno di linee elettriche. Vasi primaverili grandi a sezione ellittico rotonteggiante, spesso occlusi da tille, disposti in file tangenziali, vasi tardivi solitari disposti a piccoli gruppi nella parte terminale dell’anello; raggi parenchimatici omogenei larghi 3-5 assise di cellule; perforazioni dei vasi semplici; vasi con ispessimenti spiralati. Sul campione esaminato a causa delle ampie dimensioni dell’anello che risulta incompleto, non è stato possibile individuare il numero di file di vasi primaverili. 171 G. Giordano, I legnami del mondo: dizionario enciclopedico, Roma 1980. Il castagno, indigeno della zona mediterranea, in Italia caratterizza la fascia fitoclimatica del castanetum ed è diffuso sia nella regione alpina sia nella regione appenninica. L’olmo è presente allo stato sporadico, l’olmo campestre si trova nei boschi di latifoglie fino al limite inferiore del fagetum; l’olmo montano è presente sulle alpi e sugli appennini fino alla Campania nella fascia del castanetum e del fagetum. L’abete rosso è largamente diffuso su tutto l’arco alpino ed è, inoltre, spontaneo in alcune stazioni relitte dell’appennino tosco-emiliano. I pini della sezione Sylvestris sono presenti in Italia sulle alpi ma anche nell’appennino; in particolare è spontaneo sulle alpi nel picetum e più raramente nell’appennino settentrionale. Il pino nero (Pinus nigra ssp. austriaca Hoess-Novak) è spontaneo sulle alpi orientali ma anche in Abruzzo (Pinus nigra ssp. italica Hochstaler), in Calabria e sull’Etna (Pinus nigra ssp. calabrica Loud-Schneider). Il pino presente nella forma prostrata sulle alpi e in alcune zone dell’appennino, forma invece fustaia solo con la varietà uncinata sulle alpi occidentali ad alta quota. La robinia si è largamente diffusa in Italia agli inizi del 17° secolo anche in zone a livello del mare. 170


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Vasto: trabocco di Punta Vignola campione n.

elemento strutturale

specie legnosa

1

trave superiore

Castanea sativa Mill.

2

trave inferiore

Castanea sativa Mill.

3

trave superiore

Castanea sativa Mill.

4

palo verticale

Castanea sativa Mill.

5

palo verticale

Castanea sativa Mill.

6

palo verticale

Castanea sativa Mill.

7

palo verticale

Castanea sativa Mill.

8

palo grande

Castanea sativa Mill.

9

trave

Castanea sativa Mill.

10

trave

Castanea sativa Mill.

11

palo verticale passerella

Castanea sativa Mill.

12

palo

Castanea sativa Mill.

13

trave superiore

Castanea sativa Mill.

14

pilastro argano

Pinus sp. sez sylvestris

15

paletto

Castanea sativa Mill.

16

trave inferiore

Castanea sativa Mill.

17

parapetto

Castanea sativa Mill.

18

travetto inferiore

Pinus sp. sez sylvestris

19

trave inferiore

Picea abies Karst.

20

trave inferiore

Castanea sativa Mill.

21

pilastro argano

Castanea sativa Mill.

22

trave

Castanea sativa Mill.

23

pilastro verticale

Pinus sp. sez sylvestris

24

trave orizzont. passerella

Castanea sativa Mill.

25

palo verticale passerella

Ulmus sp.

26

palo verticale passerella

Picea abies Karst.

27

palo verticale passerella

Castanea sativa Mill.

28

trave orizzont. passerella

Castanea sativa Mill.

29

trave orizzont. passerella

Castanea sativa Mill.

30

palo verticale passerella

Castanea sativa Mill.

31

palo verticale passerella

Castanea sativa Mill.

32

palo verticale passerella

Castanea sativa Mill.

33

palo verticale passerella

Castanea sativa Mill.

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L’impegno alla protezione della costa adriatica è segnalato da una t-shirt che suggerisce più attenzione per i trabocchi contro la proliferazione delle ricerche petrolifere in mare Segnaletica informativa dei trabocchi del Gargano

La protezione la valorizzazione Le recenti leggi regionali, rivolte al recupero, alla valorizzazione, alla rifunzionalizzazione dei trabocchi, e al parziale finanziamento degli interventi, hanno generato un notevole interesse verso queste singolari architetture creando un aumento del numero di trabocchi attivi. Allo stesso tempo, però, è in atto una subdola trasformazione morfologica di alcuni componenti che, pur caratterizzati da una certa fragilità, nel tempo è stata tenuta sotto controllo grazie a una accorta attenzione e sapienti riparazioni172. Oggi, al contrario, si tende a sostituire parti, che pure avevano dato dimostrazioni di efficienza, preferendo elementi nuovi, ritenuti (non sempre a ragione) maggiormente affidabili. I trabocchi rappresentano un prodotto evoluto di ingegneria che, solo a prima vista, potrebbe sembrare spontaneo e ingenuo. L’apparente casualità del sistema potrebbe giustificare interventi conservativi generici e, solitamente derivati dall’edilizia corrente. Come se si potessero sviluppare in maniera indipendente dalle caratteristiche peculiari del sistema strutturale, da quelle dei materiali e delle modalità tradizionali di lavorazione e impiego, dalle specifiche connotazioni delle forme di degrado dei materiali e dissesto delle strutture. Una sottovalutata causa di degrado dei trabocchi è legata alla fragilità del territorio circostante e la sempre maggiore richiesta di sfruttamento (lo “sviluppo turistico” ne è la più frequente giustificazione173) con trasformazioni e sovraesposizioni che non sempre Un esempio meno banale di quanto non si creda è costituito dall’impiego di lastre di eternit, lamiere o plastica per impermeabilizzare coperture o lati particolarmente esposti dei casotti che provoca i fenomeni di condensa che prima non si formavano. 173 I trabocchi utilizzati come ristoranti sono: Punta Turchino a S. Vito, Punta Tufano, Sasso della Caiana, Punta Isolata, Punta Torre, Punta Cavalluccio e Punta Punciosa a Rocca S. Giovanni; Pesce Palombo e Punta Rocciosa a Fossacesia. Sul Gargano: Monte Pucci a Peschici, da Mimì e il trabucco di Manaccore. La trasformazione dei trabocchi nella costa frentana non è condivisa da tutti. Tra le altre, posizioni critiche sono espresse dal presidente provinciale della Confcommercio di Chieti: “Siamo consapevoli che i trabocchi rappresentano un simbolo 172


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tengono conto del contesto ambientale e delle peculiarità strutturali, funzionali e costruttive174. Il limite, quindi, all’accettazione degli elementi mutabili nel tempo è dato dalla individuazione e conservazione dei caratteri identitari in assenza dei quali si avrebbe un’altra struttura che seppure ricorda nelle forme un trabocco, di fatto, dal punto di vista strutturale e funzionale è tutt’altra cosa. Tali caratteri vanno trovati, oltre che nei materiali impiegati e nelle tecniche costruttive tradizionali, anche nella morfologia assunta dai componenti attraverso l’analisi delle modalità con cui questi caratteri entrano in relazione fra loro e con il contesto ambientale e paesaggistico175. Gli interventi di manutenzione176 (la manutenzione rappresenta la forma più avanzata di conservazione soprattutto quando si è in presenza di contesti di particolare vulnerabilità) devono tener conto della singolarità di impianto di queste straordinarie macchine e la specificità delle patologie che si possono presentare177. In passato i trabocchi erano raggiungibili con una certa difficoltà; oggi le mutate esigenze funzionali e commerciali comportano la necessità di renderli facilmente raggiungibili e accessibili, rischiando anche di creare variazioni all’ambiente costiero. I trabocchi diventano in tal modo dei nuovi attrattori di traffico. Le trasformazioni e gli adattamenti a nuove funzioni hanno provocato in molti casi la perdita dei caratteri di peculiarità178; la percezione della perdita dipende da quanto i caratteri sono noti della nostra costa e che potrebbero davvero essere il volano per attrarre turisti in questa zona, a beneficio di tutto il tessuto commerciale locale. Ma il loro ruolo deve essere ben definito: sì a visite guidate e a degustazioni di prodotti tipici. No invece alla ristorazione vera e propria, perché quelle strutture non sono ristoranti e pure i clienti, al di là del fascino che può avere una cena sul trabocco, dovrebbero comprendere che anche le tutele e le garanzie nei loro confronti sono molto attenuate”. La stessa Confcommercio è attivamente impegnata contro il progetto Ombrina Mare che “cozza con i programmi di rilancio turistico e paesaggistico della costa…” costituendo un reale potenziale pericolo di inquinamento. 174 Un meritevole impegno è quello di alcune Associazioni impegnate nella tutela e valorizzazione dei trabocchi compresa una intensa e valida azione didattica. Tra questi: Parco della costa teatina (con la Riserva Naturale Regionale Guidata Punta Aderci) e l’Associazione Daunia TuR. Il Comune di Vieste (2014) ha approvato gli schemi contratto con Associazioni culturali onlus impegnate nel progetto “Mantenimento e valorizzazione del patrimonio storico paesaggistico costituito dai Trabucchi storici del Gargano”. La Capitaneria di porto di Manfredonia ha dato al Comune il titolo di legittimità dei dieci trabucchi storici della costa viestana: l’associazione “La Rinascita dei Trabucchi Storici” si occupa dei trabucchi di San Lorenzo, Punta Lunga, Molinella, Santa Croce, Punta della Testa, Punta Porticello. Mentre, l’associazione “Il Trabucco garganico” si occupa dei trabucchi di San Francesco, Ripa Chianchitto, La Chianca, Torre Porticello. L’Istituzione del Parco Naturale Regionale Costa dei Trabocchi, approvata dalla Regione Abruzzo dove dovrebbero essere localizzate le trivelle petrolifere, è stata contrastata dal governo Renzi con la motivazione che la legge n. 38/2015 istituisce una area protetta marina in contrasto con la normativa statale quadro, che riserva allo Stato la possibilità di istituire aree protette in mare. 175 Una buona attenzione ai problemi di tutela delle coste, e dei trabocchi per quanto riguarda l’Abruzzo è contenuta dal Rapporto sulle coste “sensibili” di Italia Nostra (2010). In particolare vengono evidenziati i rischi di “diffusi processi di cementificazione”, “l’onda nera del petrolio” e lo scarso controllo sulle “concessioni balneari” 176 L. Marino, Le médecin des monuments. Y a-t-il des analogies entre l’architecte-conservateur et le médecin?, in Actes du XIII Congreso internacional de rehabilitación del patrimonio arquitectónico y edificación (Tetuán Marruecos 1012 ottobre), 2016. 177 Uno degli errori più frequenti è costituito dal fatto che quando si riscontrano elementi attaccati dai parassiti si provvede alla asportazione di parte del tronco e alla sostituzione con elementi nuovi senza però intervenire nelle parti nodali per le quali le operazioni presentano maggiori difficoltà. L’accostamento delle parti lignee nuove a quelle ammalorate causa in breve tempo la trasmigrazione dei parassiti da palo a palo. 178 A Comacchio dei 180 bilancioni, nati come capanni rudimentali e nel tempo trasformati per essere utilizzati per

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pagina a fronte Francobollo celebrativo dedicato alla Costa del Trabocchi pagina seguente I singoli elementi costitutivi dei trabocchi testimoniano sapienze costruttive non banali e buone capacità di adeguarsi alle condizioni locali

e riconosciuti come tali. Nel processo di ripristino e di riutilizzo dei trabocchi non vanno sottovalutati la cura da porre nella scelta del sito in relazione alla sua pescosità e i fattori di instabilità dovuti alla forza e ai processi di erosione del mare e del vento, le scelte, formali, strutturali e dimensionali, le relazioni instaurate con un più ampio sistema costiero, la conservazione del suo carattere complessivo di “leggerezza” (formale e strutturale). Solo recentemente i trabocchi, comunque soggetto privilegiato di fotografi e pittori, hanno cominciato ad essere analizzati e documentati con criteri scientifici. La normativa attuale si occupa ancora in maniera non del tutto sufficiente della difesa dei trabocchi179. La regione Abruzzo ha reso attive leggi specifiche180 per la tutela dei trabocchi (“attrattori di carattere identitario”), la regione Puglia ha approvato “norme per la conoscenza (realizzando un censimento) del patrimonio dei trabucchi, anche quelli scomparsi…” 181¸ il Molise ha predisposto una legge per promuovere “la valorizzazione … della tradizione dei trabucchi della costa molisana favorendo il recupero di quelli esistenti e la realizzazione di nuovi trabucchi anche fluviali e lacuali con tipologia in legno e nel rispetto della loro funzione tipica, in armonia con il paesaggio e l’ambiente”182. svago, soltanto tre hanno le necessarie autorizzazioni. 179 Un tavolo tecnico per studiare i mezzi più efficaci di tutela dei trabocchi della costa teatina è stato organizzato il 10.11.2017 presso la Soprintendenza (Sabap) di Chieti. L’obiettivo è arrivare alla determinazione di uno strumento efficace per i trabocchi, dimensionato sulle loro peculiarità architettoniche, turistiche e socio culturali. 180 L.R. Abruzzo N° 93 del 14-12-1994 Disposizione per il recupero e la valorizzazione dei trabucchi della costa abruzzese; L.R. Abruzzo n° 99 del 16-09-1997 Rifinanziamento della L.R. 14-12-1994, N° 99 concernente: disposizione per il recupero e la valorizzazione dei trabucchi della costa teatina; L.R. Abruzzo N°71 del 2001; L.R. Abruzzo N°13 del 11-08-2009 Modifiche ed integrazioni alla L.R. 71/2001 (Rifinanziamento della L.R. 14-121994, N° 99 concernente: Disposizione per il recupero e la valorizzazione dei trabucchi della costa abruzzese) e norme relative al recupero, alla salvaguardia e alla valorizzazione dei trabocchi da molo, anche detti “caliscendi” o “bilancini”, della costa abruzzese). 181 Legge 2/2015, Norme per la conoscenza, la valorizzazione e il recupero dei trabucchi, seguita dal “Protocollo d’intesa tra la Regione Puglia e l’Ente Parco del Gargano per la realizzazione di interventi di recupero e valorizzazione dei trabucchi storici …”. Sulla base della 2/2015 è stata proposto un intervento sul rudere del trabocco (“opera di ingegneria naturalistica” posto sulla diga foranea del porto di Barletta (Lavori di recupero e adeguamento funzionale del trabucco e allestimento museale didattico, 2016). 182 Legge 44/1999.



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Finito di stampare per conto di didapress Dipartimento di Architettura UniversitĂ degli Studi di Firenze Giugno 2018



Nella storia del costruito avviene di frequente che alcuni fenomeni possano svilupparsi in maniera più o meno omogenea per periodi lunghi e tali da stabilizzarne gli sviluppi successivi. In tal modo è molto probabile che diventino, almeno in linea di massima, prevedibili e rassicuranti. Più frequentemente, però, si possono avere avvenimenti che creano le condizioni per cambiamenti accelerati e/o improvvisi. Questi, a loro volta, con reazioni a catena, causeranno deviazioni di direzione di uno sviluppo che fino a quel momento poteva sembrare quasi immutabile. Uno degli esempi di queste dinamiche è fornito dalla storia dei trabocchi, macchine di legno per la pesca costiera che ha segnato l’economia delle popolazioni rivieraschi per almeno un paio di secoli. Si tratta di “edifici” singolari, pensati e realizzati con grande abilità per rispondere a esigenze funzionali immediate ma capaci, allo stesso tempo di assicurare una buona resistenza a condizioni ambientali solitamente non facili. Questo studio ne analizza alcuni aspetti costruttivi tra quelli solitamente meno esplorati (tipologie, scelta di materiali, lavorazione e criteri di assemblaggio dei componenti, apparecchi, procedure di manutenzione e adattamento a nuove funzioni…). L‘abbandono progressivo di procedure costruttive tradizionali e di materiali locali rischia di causare, da una parte, la scomparsa di un patrimonio di alto valore funzionale e, dall’altra, la perdita di sapienze e abilità manuali di grande valore. Le conseguenze si renderanno evidenti quando, a distanza di tempo, verranno eseguiti lavori inadeguati quando addirittura non nocivi.

ISBN 978-88-3338-031-5

€ 28,00


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