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Seconda fase
from La Fortezza di Arezzo: restauro e rivelazioni di un momento | Maurizio De Vita (a cura di)
by DIDA
2012-2019: progetti e opere di restauro degli ambienti, dei camminamenti e degli spazi aperti interni della fortezza che dal 2015 è diventata anche teatro di importanti mostre di arte contemporanea
un nuovo polo per la cultura contemporanea ad arezzo. il restauro della fortezza: conservazione, addizioni, rivelazioni
Maurizio De Vita
La seconda fase del percorso restaurativo della Fortezza è stata avviata nel 2012 e si è conclusa nel 2015 per quanto riguarda la quasi totalità degli spazi aperti interni della fortezza, degli ambienti posti all’interno dei bastioni, dei camminamenti e nel 2019 con il completamento del restauro del Bastione del Belvedere. L’intervento era finalizzato alla restituzione alla collettività di uno straordinario monumento ma anche alla creazione di un nuovo polo culturale, sede di mostre d’arte, spettacoli, attività didattiche, spazi per la conoscenza e lo scambio culturale. Per ottenere ciò è stato necessario agire contemporaneamente portando a termine restauri specialistici delle parti lapidee e delle componenti antiche e la realizzazione di interventi di addizione funzionale ed architettonica necessari per la efficace utilizzazione quale nuovo centro delle attività collettive e museo di se stesso, spazio per l’arte e luogo eccellente della conoscenza e per la conoscenza, la didattica, la vita associata.
Conservazione e addizioni funzionali ed architettoniche
Avendo per riferimento questi obiettivi sono stati previsti e portati a compimento numerosi interventi relativi a tali addizioni, necessari ed utili sia dal punto di vista funzionale che normativo ed allo stesso tempo compatibili con la materia densa, parlante, fortissima e fragile al tempo stesso di una fortificazione cinquecentesca rivelatasi scrigno di presenze di età medioevale, romana e preromana di straordinario interesse. Come si specifica più avanti, fra le più significative di tali addizioni vi sono l’inserimento di nuovi ascensori, scale e percorsi di collegamento fra le diverse quote interne della fortezza, la realizzazione di locali tecnici e di servizio e di una impiantistica elettrica e meccanica funzionale alle nuove utilizzazioni della fortezza, la realizzazione di una grande struttura in acciaio cor-ten che ridisegna e ripropone con linguaggio contemporaneo la parte mancante (perché fatta saltare in area dalle mine delle truppe napoleoniche) del Bastione del Soccorso, nuove rampe esterne di accesso alla Fortezza, la creazione di parcheggi per disabili nelle immediate vicinanze, la realizzazione di lucernari a copertura delle bocche da fuoco ed altro ancora. Il tema predominante di tutto l’intervento, presente in tutte e fasi delle azioni restaurative mirate alla nuova utilizzazione del monumento, è stato quello del dialogo intenso, caratterizzato da reciproca
pagine 116-126 Viste aeree della Fortezza a lavori di restauro ultimati
Ritrovamento di porzioni di pavimentazione di un edifico di età augustea in prossimità del Bastione della Diacciaia Immagini dell’interno della chiesa medievale ritrovata
pagine 130-131 Planimetria della città di Arezzo Pianta di progetto della fortezza alla quota degli interni dei bastioni Planimetria generale di progetto della fortezza Sezioni di progetto utilità e valorizzazione fra antica e nuova architettura, definendo con linguaggio sempre contemporaneo quanto si andava ad aggiungere, per necessità o volontà consapevole e rispettosa di traduzione al futuro della Storia dei luoghi. Tutto ciò anche e soprattutto per dotare la città di Arezzo, i visitatori e la collettività tutta di un grande spazio culturale che sapesse raccontare i la città, l’architettura, l’arte muovendosi nel tempo e per il tempo che verrà.
Spazi aperti per l’arte, lo spettacolo, la comprensione e condivisione di un monumento
Per quanto riguarda l’interno della Fortezza in genere occorre ricordare che preliminarmente ad ogni intervento sono stati effettuati scavi per allontanare tutta la terra riportata in occasione della realizzazione, negli ani sessanta del secolo scorso, del serbatoio per l’acqua posizionato al centro della Fortezza. Tali scavi sono stati eseguiti fino a trovare la quota originaria posta a circa quattro metri più in basso rispetto alla quota di rilievo iniziale fatto salvo per l’area centrale della fortezza interessata dal serbatoio, considerato inamovibile. Si sono quindi configurati gli spazi aperti interni alla Fortezza quale sequenza di percorsi bassi e percorsi con pendenza dolce di raccordo con un’area centrale alta. Tali scavi hanno consentito di ritrovare ambienti e passaggi dimenticati e sepolti per decenni ed allo steso tempo hanno determinato il ritrovamento di importantissimi manufatti di età post-antica ed antica, riferibili a periodi storici diversi e comunque molto antecedenti alla realizzazione della fortezza cinquecentesca. Le lavorazioni che hanno caratterizzato tutti gli spazi aperti posti all’interno della Fortezza sono state improntate a restauri e sistemazioni finalizzate alla rivelazione della fortezza, dei suoi ambienti, del paesaggio di intorno ma anche al possibile e complementare allestimento degli stessi per opere d’arte, così come già sperimentato dalla riapertura al pubblico della fortezza, articolando collegamenti fisici e concettuali del tutto sconosciuti, inediti, sorprendenti. Sono state realizzate sistemazioni di percorsi, spazi di sosta, parti a verde, restauri di parti murarie prospicienti tali spazi aperti, opere relative al recupero dei camminamenti, sia alla quota degli spalti, quindi alla quota superiore, che alla quota più bassa, di accesso ai locali interni ai bastioni, quindi con abbassamenti e modellazione del terreno e dei percorsi stessi. Tale recupero e parziale ridisegno dei percorsi all’aperto è stato strettamente correlato alla realizzazione o integrazione degli accessi alla Fortezza, agli antichi come ai nuovi sistemi di risalita previsti, sia pedonali che meccanizzati. Per i camminamenti sommitali si è attuata la semplice sistemazione con ripulitura, in analogia con i lavori di restauro delle altre aree della Fortezza ed il rifacimento delle pavimentazioni con conglomerati con finitura in massetto architettonico con inerti di colore chiaro, resi quindi stabili anche per il possibile utilizzo da parte di persone disabili. Tutte le pavimentazioni esterne in pietra sono state invece realizzate solo ed esclusivamente riutilizzando il pietrame selezionato durante gli scavi di quella incredibile quantità di terra e materiali di riporto che, a seguito della realizzazione del serbatoio dell’acqua ed allo stoccaggio “in situ” del materiale scavato, avevano alte-
rato completamente la leggibilità del monumento e del suo stesso senso costruttivo e compositivo. Al centro della Fortezza, perimetrato da una piantumazione di alberi di forma ovoidale, si apprezza ora la presenza di un grande spazio, la cui destinazione, oltre che di spazio per il passeggio, la sosta, la vita associata “en plein air”, è quella di luogo attrezzato per eventi e spettacoli stagionali di medie e grandi dimensioni grazie ad un nuovo grande palco con sottopalco attrezzato con camerini, spazi di servizio, spazi tecnici, magazzini. Percorrenze, arte e spettacolo vengono quindi qui a potenziale sintesi anche in vista di presenze molto numerose, con larghi margini di flessibilità dal punto di vista del tipo di eventi, in uno scenario ambientale emozionante ed un quadro architettonico storicizzato di assoluto valore.
Alcuni degli straordinari ritrovamenti di interesse archeologico e storico-architettonico
Nel corso degli scavi effettuati, condotti sempre a seguito di concordamento con la competente Soprintendenza Archeologica ed in presenza di un Archeologo, alcuni ritrovamenti di grande interesse sono venuti alla luce nell’area posta far il Bastione della Diacciaia ed il Bastione del Soccorso1 . Si tratta di resti di un edificio di età agustea con tratti estesi di pavimentazione musiva in buono stato di conservazione e di tratti di muri in elevato con intonaco e cromie ancora conservati, studiati ed indagati con la dovuta attenzione e tecnica adeguata di scavo e successivamente restaurativa, incluse le debite protezioni, sia di cantiere che permanenti. Tale pavimentazione e l’area di intorno sono oggi in fase di studio e in attesa di ulteriori attività di scavo e possibile valorizzazione. In prossimità di questa archeologica è stato ritrovato quanto rimane di un piccolo manufatto, probabilmente una polveriera, analogo ad altro manufatto presente sul retro del nuovo palco centrale; come quest’ultimo, è stato restaurato con interventi puntuali e specialistici riferibili a restauro lapideo. Nello spazio posto fra il bastione della Chiesa ed il Bastione del Soccorso, sostanzialmente a ridosso del Bastione della Chiesa si è verificato un ritrovamento di grandissimo interesse quale la Chiesa e la cripta che dovevano preesistere alla Fortezza stessa e che con ogni probabilità erano intitolate a S.
1 Si veda a questo proposito il saggio di S. Vilucchi ed H. Salvadori in questo stesso volume
Il ritrovamento di una chiesa ipogea di età altomedioevale in prossimità del Bastione della Chiesa Ritrovamento dei resti di un torrione della cinta muraria trecentesca
pagine 132-133 Nuovi percorsi negli spazi aperti interni alla fortezza L’unico edificio ancora esistente nello spazio centrale della fortezza ed il nuovo ascensore esterno in acciaio che collega l’ingresso monumentale con i due livelli superiori
pagina a fronte e pagine 138-139 Il nuovo palcoscenico attrezzato costruito ad una estremità dell’ovale centrale
pagine 134-135 L’unico edificio ancora esistente nello spazio centrale della fortezza ed il nuovo ascensore esterno in acciaio che collega l’ingresso monumentale con i due livelli superiori Veduta dell’interno della fortezza alla fine dei lavori di restauro Nuova sistemazione e pavimentazione dei camminamenti alti
pagine 140-141 Il primo corpo di guardia della fortezza, oggi ingresso monumentale Vani interni al Bastione della Spina Donato. La pianta della Chiesa è ben leggibile e se ne aveva notizia da una perizia fatta redigere poco dopo l’azione delle mine poste dalle truppe napoleoniche nel 1800. La cripta invece non è rappresentata in detta perizia e parrebbe essere manufatto più antico, probabilmente risalente all’alto Medioevo. Tutto intorno a tali ritrovamenti è individuata un’area di interesse archeologico; sono stati attuati scavi archeologici sia alla quota dei ritrovamenti che a quote più basse per la presenza di manufatti o lavorazioni antecedenti la realizzazione della Chiesa e per verifica di strato imposto antico.
I Bastioni della Spina, della Diacciaia, del Soccorso: spazi per l’arte, la didattica, gli eventi.
Gli interventi di restauro condotti all’interno di questi bastioni hanno permesso di dotare la Fortezza e quindi anche l’Amministrazione comunale di spazi di assoluto valore storico e documentale ma anche funzionali ad attività culturali e didattiche di vario genere. All’interno del Bastione della Spina, cui si accede dall’ingresso monumentale, a diversi livelli vi sono ampi vani dei quali si è attuato il restauro, il recupero e la rifunzionalizzazione con una dotazione impiantistica assolutamente completa e complessa quanto rispettosa dei dati spaziali e dei materiali antichi. Il pensiero è andato alle grandi e piccole mostre, a flussi significativi di persone, a caratteri diversi di manifestazioni artistiche cui garantire adeguato supporto tecnologico stante la presenza di spazi di svariate dimensioni e posizioni atte ad ospitarle. Molte le predisposizioni impiantistiche attentamente integrate nella fabbrica esistente, sia per quanto riguarda gli impianti meccanici che garantiscono un controllo climatico adeguato che quelli elettrici, affidati a flessibilissime linee continue ed alla presenza di un numero cospicuo di prese integrate nelle pavimentazioni. . Per quanto riguarda infatti le dotazioni impiantistiche dei vani sopradescritti, tanto le dorsali degli impianti meccanici quanto gli impianti elettrici hanno distribuzione sotto pavimento essendo comunque stati previsti degli scavi per la realizzazione dei solai areati. Per quanto riguarda i sistemi riscaldamento - raffrescamento, ricambi d’aria, gli stessi sono stati disposti con griglie a filo pavimento o utilizzando elementi di arredo di progetto quali carter delle apparecchiature stesse. Sono stati posti in opera delle colonnine verticali equipaggiate con componenti elettrici, denominate totem, in varie tipologie e con differenti dotazioni. Per raccordare i due diversi livelli degli ambienti del Bastione della Spina si è realizzato un ascensore di piccole dimensioni, con pannellature perimetrali in vetro, per disabili o ipoabili e la partenza di una scala a chiocciola che conduce a un ulteriore vano posto al di sopra della polveriera. Il vano posto al livello inferiore, prima dei lavori non visibile e non accessibile ha rivelato essere stato un tempo un esterno essendo un lato di tale vano di fatto un prospetto in pietra di un edificio sicuramente importante e di pregevole fattura. Il piano di calpestio di questo vano è stato così “staccato” da questo prospetto, creando una fascia di rispetto in ghiaia e realizzando il collegamento fra l’arrivo della scala ed ascensore con detto piano di calpestio con un piccolo ponte in acciaio e vetro.
Vani interni al Bastione della Spina e la nuova scala ed ascensore a norma pe raccordare livelli diversi all’interno del Bastione della Spina
pagina a fronte Il vano ipogeo ritrovato all’interno del Bastione della Spina
Con un ulteriore nuovo ascensore posto all’interno di una struttura in acciaio cor-ten trattato, dall’ingresso principale alla Fortezza e più precisamente dal primo corpo di guardia si può oggi accedere ai diversi livelli della Fortezza stessa e delle mostre qui allestite. Nel Bastione della Diacciaia, destinato ad attività didattiche ed espositive, si è realizzato un blocco di servizi e spazi tecnologici unico realizzato in forma di manufatto autonomo, reversibile, dichiaratamente attuale, progettato e realizzato in un involucro di acciaio cor-ten in nome di una distinguibilità già avanzata e delineata in questo progetto con altre addizione funzionali ed architettoniche. Si tratta dunque della attivazione, attraverso il restauro e la nuova dotazione impiantistica, di uno spazio per la didattica e per l’arte, autonomo in caso di eventi localizzati e predisposto per l’insegnamento come per la sperimentazione educativa ed espositiva. È stato realizzato un percorso fra il primo corpo di guardia della Fortezza, posto immediatamente all’ingresso principale della Fortezza stessa e gli ambienti del Bastione della Diacciaia e, all’interno di tale bastione un percorso su passerella metallica con appoggi puntuali, struttura metallica di tipo industriale semplice, pavimentazione in legno da esterni e balaustra realizzata con montanti metallici e cavi di acciaio tesati che permette di attraversare spazi diversi posti a quote diverse del bastione con pendenze a norma e quindi rendendo tale percorrenza e scoperta conoscitiva disponibile a tutti gli utenti. Il percorso si addentra fra le parti del bastione che residuano a seguito di crolli cui si è data risoluzione strutturale con integrazioni di parti pericolanti del paramento con pietrame derivante dagli scavi e stoccaggi selettivi effettuati nella fortezza stessa attivando una forma di distinguibilità appena rivelata da cromie e posa evidentemente di nuova fattura e curando allo stesso tempo il mantenimento delle patine delle parti esistenti. L’attraversamento del corpo del bastione rivela così impressionanti opere di scavo portate a termine in epoca cinquecentesca su strutture a sacco più antiche per poter ricavare cannoniere e fuciliere atte a “battere” l’area del Bastione del Soccorso posizionandosi, quale percorso di mediazione temporale, fra le mura cinquecentesche e quelle trecentesche ritrovate con gli interventi di restauro degli anni novanta del secolo scorso unitamente alla “Porta dell’Angelo” , testimonianza preziosa e della cinta tarlatesca. L’unico vano voltato e dotato di un grande lucernario ha per destinazione funzionale la didattica, incontri e conferenze. Il sistema di spazi ed aree che caratterizza il percorso culturale Fortezza di Arezzo trova nell’area del Bastione del Soccorso e negli spazi adiacenti un suo fulcro particolarmente significativo, sia dal punto di vista della riorganizzazione degli accessi e luoghi di deflusso, che per le destinazioni d’uso e gli ambienti che le accolgono. Oltre a ciò le modalità di intervento relative alla integrazione funzionale ed architettonica legate al crollo della porzione di bastione cuoriforme dovuta alle mine napoleoniche del 1800 trova qui un dialogo fra antico e nuovo che sia nella sua articolazione concettuale che nei suoi esiti formali e materici scrive una pagina nuova ed anche inedita del tema dell’identità del luogo quale
Il percorso che dal Bastione della Spina conduce al Bastione della Diacciaia Il percorso e gli spazi del Bastione della Diacciaia che separano le fortificazioni trecentesche con la “porta dell’Angelo” dalla cortina cinquecentesca
pagina a fronte La nuova passerella a norma che attraversa il Bastione della Diacciaia L’unico ambiente voltato e dotato di “bocca da fumo - ora un lucernario - all’interno del Bastione della Diacciaia opportunità culturale e ricerca formale e funzionale del complesso rapporto fra un monumento e la contemporaneità. L’assetto pre-lavori del Bastione del Soccorso e le ferite inflitte dalle mine ottocentesche hanno condotto la ricerca e l’ipotesi progettuale verso la traduzione del grande varco aperto nella compagine muraria quale nuovo punto di contatto interno-esterno della Fortezza. In tal modo si è affrontato un problema di carattere pratico e funzionale quale la reazione di un ulteriore punto di accesso e di uscita dalla fortezza, ridefinendo allo stesso tempo quella restituzione critica dell’assetto originario che in questo caso è risoluzione volumetrica di un elemento determinante del sistema fortificato quale è un bastione angolare. Il Bastione del Soccorso è quindi anche una “porta della Fortezza”, cui riallaccia una ricomposizione della sua geometria che, rendendo avvertibile una continuità ormai persa ma riconquistata formalmente, inverte il senso della impenetrabilità della struttura fortificata, determinando una trasparenza controllata che instaura una nuova presenza della cortina, sia nella percezione diurna che notturna. Riprendendo dunque la geometria del lobo cuoriforme del bastione sangallesco, la stessa è stata riproposta con un alternarsi di pieni e vuoti realizzato con uno schermo di lamelle di acciaio cor-ten curvate in modo da riproporre la forma perduta e della lunghezza necessaria, quindi variabile, a “richiudere” il varco seguendo le linee irregolari del crollo, restando da queste leggermente distaccate. Tale cortina di lamelle creano una percezione di trasparenza e di continuità a seconda del punto di vista, dell’incidenza della luce diurna e del valore di illuminazione che proverrà dall’interno del bastione. Il percorso culturale legato alla storia ed ai caratteri architettonici della fortezza si snoda da questa hall verso i livelli superiori ed attraversando i vani del bastione. La nuova scala si collega allo scalone monumentale che è stato così restaurato e riutilizzato, mentre un nuovo ascensore vetrato collega i diversi livelli
e conduce fino al camminamento superiore del bastione, in esterno, garantendo l’accessibilità a tutte le sue parti. All’interno del bastione, verso la parte interna, è stato conseguito il rifacimento di due volte crollate, la realizzazione i due passerelle metalliche che dai piani delle volte ricostruite conducono a vani prospicienti e la creazione di un gruppo di servizi igienici. Per i vani interni del Bastione, destinati ad attività espositive, si è attuato il consolidamento delle strutture murarie e delle soprastanti volte, il restauro delle parti residue di intonaco, la realizzazione di pavimentazione in pietra, la dotazione di impianti elettrici e meccanici, la realizzazione di infissi vetrati. Il progetto ha compreso la riapertura e la riutilizzazione della Porta del Soccorso, ingresso storico alla Fortezza di Arezzo, quale ulteriore occasione per incrementare le possibilità di accesso e di uscita dalla Fortezza.
Il Bastione della Chiesa, mutilato anch’esso dalle mine delle truppe napoleoniche, è stato restaurato e sono stati resi visitabili gli ambienti interni residui, non privi di fascino e di valore documentale in quanto anche questo bastione, nella sua conformazione cuoriforme solo parzialmente ancora in essere, è ascrivibile al primo impianto cinquecentesco della fortezza, ideato da Antonio da Sangallo il vecchio e da suo fratello Giuliano. A seguito degli scavi effettuati per ritrovare le quote originarie, fra il Bastione del Soccorso ed il bastione della Chiesa, sono stati “ritrovati” sette vani voltati, originariamente adibiti a magazzini. I grandi archi prospicienti lo spazio aperto interno sono stati riaperti e sono stati realizzati infissi in acciaio e vetro, pavimentazioni in pietra, impiantistica idonea alla nuova funzione espositiva e museale. È stato realizzato un ponte che collega il Bastione della Chiesa con gli spalti che conducono al Ba-
pagine 146-147 Riproposizione del lobo del Bastione del Soccorso fatto esplodere dalle truppe napoleoniche nel 1800 con una struttura metallica e lamelle in acciaio cor-ten Collegamento con i camminamenti, interno e dettagli del nuovo lobo del Bastione dl Soccorso
pagine 148-149 Collegamento con i camminamenti, interno e dettagli del nuovo lobo del Bastione dl Soccorso La scala originale ed un ambiente interno al Bastione del Soccorso
pagine 150-151 Interno e dettagli del nuovo lobo del Bastione dl Soccorso
Un ambiente interno al Bastione del Soccorso la Porta del Soccorso ritrovata, riaperta e dotata di una nuova scala in acciaio cor-ten e massetto architettonico
pagine 154-157 Il Bastione del Belvedere fatto esplodere dalle truppe napoleoniche nel 1800 restaurato. All’interno sono stati condotti restauri specialistici, opere di consolidamento ed è stata realizzata una nuova scala, percorsi in acciaio e legno pavimentazioni in pietra e massetto architettonico. stione del Soccorso, al di sopra della cripta, con struttura in acciaio. La struttura portante è affidata ad una tirantatura posta sotto l’impalcato del ponte, comunque leggera e realizzata con barre metalliche a sezione contenuta, con pavimentazione in legno da esterni e balaustra metallica, in tutto analoga a quella esistente nei camminamenti di ronda di effettivo confinamento laterale del ponte .
Il bastione del Belvedere Nell’ottobre del 1800, a seguito dei moti aretini contro le truppe napoleoniche queste ultime minarono e fecero saltare in aria anche il Bastione del Belvedere, del tutto sventrato, spaccato in due parti e così rimasto fino ad oggi, anacronisticamente accessibile dall’esterno, privo quasi del tutto delle volte e degli orizzontamenti in genere. Nel quadro del più generale restauro della Fortezza, da poco ultimato proprio con gli interventi previsti per il Bastione del Belvedere, si apre un nuovo capitolo del rapporto fra il progetto e la complessa stratificazione di eventi, trasformazioni, significati di questa struttura fortificata. L’assetto attuale e quindi la storicizzazione della materia devastata dalle esplosioni così come degli stessi eventi legati ai moti dell’ottocento sono stati, nel progetto e nella successiva realizzazione delle opere previste, i riferimenti delle azioni materiche e concettuali che dovevano solo rispettare, riparare, raccontare senza alterare e men che meno completare il bastione e le sue parti ed i suoi ambienti rifacendo o ripristinando pareti, orizzontamenti, porzioni non più esistenti. Le azioni restaurative sono state in primo luogo indirizzate a prevedere restauri specialistici e quindi prevalentemente restauri lapidei e verifiche relative alla stabilità delle masse murarie ed ai consolidamenti necessari. Si doveva e si voleva però anche, con l’aiuto delle addizioni contemporanee, ritrovare la necessità dei luoghi, la narrazione e quindi la lettura della loro storia, il senso stesso del Belvedere quale punto di osservazione e comprensione di un monumento, della violenza e della distruzione riservatagli dalla Storia e di un paesaggio mutato, di un orizzonte infinitamente vasto che unisce, lo si voglia o no, passato, presente e futuro. Laddove il Bastione, formidabile architettura di opposizione alla conquista oggi è massa squarciata e varco la fortezza trova un suo ulteriore punto di uscita e di accesso2, munito solo di un semplice cancello metallico posto fra le masse allontanate dalle esplosioni. Una scala metallica mette ora in collegamento i diversi livelli del Bastione, privi come si è detto di qualsiasi orizzontamento; sono stati realizzati localizzati interventi di pavimentazione ed un’impiantistica elettrica di corredo agli ambienti ed ai percorsi, evidentemente da esterni. Il camminamento di ronda interrotto da più di due secoli ed il belvedere perduto ritrovano un posizionamento, leggermente discosto da quello originale, nella comprensione e fruizione di questa parte
2 La condizione anacronistica, già rammentata, del bastione “aperto” rappresentava anche, paradossalmente, una straordinaria opportunità essendo solo con questo varco possibile soddisfare quanto relativo alle vie d’esodo stante la destinazione della parte centrale della fortezza a spazio per spettacoli di grande richiamo.
della fortezza. La realizzazione di una passerella metallica a struttura leggera e contemporanea, che collega la parte terminale del bastione e quindi del percorso di ronda con la cortina muraria posta fra il Bastione del Belvedere ed il Bastione della Chiesa ricuce il racconto, le parti separate, la terra e la sommità, la Fortezza ed il paesaggio. Come sempre o molto spesso accade, il percorso restaurativo si è mosso fra interventi specialistici e necessarie adizioni, fra la declinazione specifica di un impianto metodologico complesso e la creatività sperimentale, artigianale e mai protocollare finalizzata alla realizzazione di integrazioni per la conservazione. Come sempre uno dei quesiti fondamentali è se si siano fatte a noi ed al manufatto, tutte le possibili domande sulla natura ed il senso della sua autenticità e sulla effettiva capacità del progetto di trattenere e declinare al futuro tutta la complessità della storia e della materia del manufatto e del luogo.
La volta soprastante il primo corpo di guardia, ora ingresso principale della fortezza
L’irruzione dell’arte contemporanea per la rivelazione dei luoghi Come già accennato in apertura, una scelta strategica dell’Amministrazione comunale per il lungo periodo prevedeva l’ospitalità temporanea nella fortezza di nuove opere scultoree, perseguendo con essa l’istaurazione di un dialogo colto fra valori simbolici e linguaggi densi dell’arte dei nostri tempi con il luogo, anzi, i luoghi, e le più alte espressioni artistiche e architettoniche della città e del territorio di Arezzo. Al centro di questo dialogo dovevano essere posti il tempo senza tempo dell’arte, l’incontro delle storie con la Storia, la ricerca linguistica quale espressione ultima di intensi valori poetici, la reciproca, sempre inedita rivelazione che, volta per volta, la Fortezza e altri spazi iconici della città di Arezzo da una parte, le installazioni artistiche dall’altra dovevano accendere nei visitatori, nella storia della struttura difensiva e della città. Porre queste condizioni ha voluto dire proporre dialoghi complessi, distanti dalla ricerca o dall’offerta espositiva del contrasto e dell’alterità dissonante, pure potenziali veicoli di messaggi culturali fortemente poetici o provocatori, ma qui cercati e proposti per comporre autentiche sinfonie spaziali capaci di generare sonorità culturali del tutto inattese eppure da sempre presenti, solo non ancora nate. Questo incontro, sempre diverso, è avvenuto coinvolgendo spazi e ambienti della Fortezza che non necessariamente coincidevano con quanto le destinazioni espositive previste da progetto; si è rivelata in tal modo un’inedita assonanza fra unicità e imprevedibilità della ricerca artistica contemporanea e irripetibilità dell’architettura restaurata, con l’istituzione di accordi e sintonie intensissime, cercate e volute, certo, dall’artista, dai curatori della mostra e dell’allestimento, ma sicuramente anche molto amplificate, più potenti del previsto. Nella percezione dei visitatori, investiti da sollecitazioni molteplici, capaci di trasformare gli spazi antichi in scenari senza tempo, la rara forza simbolica e materica della preesistenza e dell’arte riescono a potenziare il racconto della storia e la comune partecipazione alla contemporaneità. Gli ambienti del Bastione della Spina e del Bastione della Diacciaia hanno ospitato molte opere degli artisti già ricordati ma, ogni volta, il connubio fra opere e sentire degli artisti e i luoghi della Fortezza ha determinato una sorta di condivisione culturale, forse derivante dalla comune appartenenza culturale. La lunga narrativa degli spazi e degli ambienti della fortezza, resa eloquente dal progetto e dal cantiere di restauro ha accolto ed accoglie l’inserimento di opere d’arte che a loro volta raccontano il tempo e la Storia con sollecitazioni sensoriali di gran lunga maggiori rispetto a quanto non accada con soluzioni espositive ‘per contrasto’, basate sul preconcetto di un’alterità talvolta solo esibita. La mostra nel 2016 di Ivan Theimer3, scultore ceco naturalizzato francese, attivo anche a Pietrasanta, si è strutturata in percorsi popolati da bronzi di piccole e grandi dimensioni disposti lungo i tratti di raccordo fra i bastioni, sui camminamenti di ronda, negli spazi aperti della Fortezza, all’interno dei bastioni stessi. Sono stati in questo modo raccolti i personaggi del mito, i bozzetti di opere realizzate per
3 Mostra a cura di Vittorio Sgarbi, Allestimento a cura di Roberto Barbetti, Francesca Sacchi Tommasi, Andrea Sbardellati.
pagina a fronte e pp. 160-161 Immagini della mostra di Ivan Theimer nella Fortezza (2016)
importantissime piazze europee, come gli obelischi di bronzo per il Palazzo dell’Eliseo, il monumento commemorativo della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino per il bicentenario della rivoluzione francese e quello che ricorda le vittime dell’olocausto. Ercole che sorregge un obelisco, collocato nello ‘spazio di mezzo’ individuato e ridisegnato dal restauro negli interstizi fra le mura medievali e quelle cinquecentesche, cosi come è per le altre opere e forse più di ogni altra opera, diveniva in questa sua dislocazione possente e ipnotico richiamo all’eterno confronto delle storie con la Storia. Del suo colloquio con Arezzo e con la classicità parla peraltro esplicitamente Ivan Theimer, intervistato per il catalogo uscito in occasione della mostra così descrivendo il suo percorso: “…la mia vita è piena di destini, come d’altronde la storia del mondo classico. Ho scoperto Arezzo e naturalmente Piero quando ero studente all’Accademia di Belle Arti di Parigi ... Ho ammirato spesso la Pala di Brera a Milano, il Battesimo di Londra e ancora il Polittico di Sant’Antonio a Perugia o la Maddalena del Parto di Monterchi. La Pala della Misericordia di Sansepolcro e il suo manto protettivo mi hanno ispirato per il monumento che ho creato a Dieulefit, in Provenza, un memoriale dedicato alla pietà che può sconfiggere la guerra. Gli affreschi della Vera Croce, le pietre di Arezzo, che digradano dal colle etrusco verso la pianura sono stati per me come una campana che risveglia gli antichi sogni e i ricordi sotterranei. Una vera e propria storia di rinascita per uno che ha vissuto l’emigrazione, la ricerca di una nuova identità, ma si è anche confrontato con l’accoglienza, con l’emozione dei luoghi e delle persone…”4 . Altrettanto chiarificatrici sono le riflessioni con le quali Vittorio Sgarbi, curatore della mostra, apre il catalogo: “Theimer ad Arezzo ha trovato un giorno lo specchio della sua visione, prima nella Chimera e poi nella Storia della Vera Croce di Piero della Francesca … Misurandosi con Piero Ivan corona un sogno e la sua laboriosa formazione appartiene alla storia non a un delirio … L’intatta necessità di ripercorrere il Mito ha il suo antecedente proprio in alcune rare prove di Piero di soggetto non religioso. Penso all’Ercole ‘strappato’ a Borgo Sansepolcro e ora allo Stewart Gardner Museum di Boston: una vera rianimazione dell’antico, una ricostruzione di un mondo perduto … In quell’Ercole Piero ci rappresenta cos’è letteralmente la rinascita: sentire modo antico e mondo moderno come un solo mondo. E quando Theimer concepisce il suo Ercole che sostiene un obelisco ripercorre il cammino di Piero. Lo si avverte nel maestoso spazio della rocca popolato da Theimer di guerrieri e trofei, spazio ideale per la ricostruzione del Mito, di un mondo do eroi oggi scomparsi … Quando entriamo nella rocca di Arezzo non avvertiamo, come in ogni mostra di arte contemporanea in uno spazio storico, lo stacco fra l’antico e il moderno. Le sculture che sono state esposte nella rocca sembrano nate per stare lì, in una continuità ideale e materiale. Non si percepisce la distanza tra due mondi e due modelli di pensiero. Non c’è, dunque, astrazione”5 .
pagina a fronte Immagine della mostra di Ugo Riva nella Fortezza (2017)
pagine 164-165 Immagini della mostra di Gustavo Aceves nella Fortezza (2018)
4 Sgarbi 2016, p. 212. 5 Ivi, p. 14.
Immagini della mostra di Mimmo Paladino nella Fortezza (2019- 2020) Ancor prima dei recenti restauri, nel corso di opere di scavo e di indagine condotti negli anni Novanta del secolo scorso, fu ritrovata una delle porte di accesso alla cittadella medievale poi distrutta per costruire la fortezza medicea, inglobata nella fabbrica cinquecentesca e riapparsa in quell’occasione. Fu chiamata la ‘Porta dell’Angelo’ perché al di sopra del fornice di ingresso fu rinvenuto un bassorilievo che raffigurava San Michele Arcangelo, ora custodito presso il Museo d’arte medievale e moderna di Arezzo. La mostra delle opere di Ugo Riva, tenutasi nella Fortezza dal giugno al gennaio 20176, ha avuto per titolo, appunto, La Porta dell’Angelo e di angeli si è popolata la Fortezza, immaginati e materializzatisi con altrettanta imprevedibilità ovunque si formasse un dialogo che, con una lingua sconosciuta, pure antica e nuova, facesse parlare gli angeli con la materia e il luogo spiegando l’eternità della materia stessa, la sua infinita mutevolezza, la solo apparente prigionia della terracotta, del bronzo, della pietra in figure e architetture la cui appartenenza all’antico e alla classicità libera la materia stessa nel mondo immaginifico e sensoriale contemporaneo. Anche qui vale la pena far parlare i protagonisti della mostra, che indicano prioritariamente il connubio, il dialogo e la rivelazione dell’incontro fra spazio restaurato ed espressione artistica contemporanea. Ugo Riva così descrive il suo incontro con la Fortezza: “… Mentre la magia del luogo si impadroniva di me apparivano spontaneamente nella mente le opere necessarie ad abitarlo. La mostra si era composta da sola … avrei desiderato immensamente rimanere a tu per tu con questa nuova creatura che mi parlava di sé, della sua storia, delle anime che l’avevano vissuta, percorsa, ne percepivo l’energia … Quando sono tornato ancora una volta alla Fortezza, per rivedere gli spazi, ho sentito che tra lei e la mia opera poteva nascere una intesa forte e piena di senso, rivelandosi, prima che una certezza, una necessità”7. Analogamente, dell’intenso e inaspettato confronto fra la sedimentazione storica della Fortezza narrata con il restauro e le opere di Ugo Riva, nate antiche, vive ‘per corrosione’, dice il curatore della mostra: “…Qui le tormentate creazioni di Ugo Riva hanno trovato pace, qui rifugio. Dopo i Sassi di Matera… è toccato ora a questa architettura potente e difensiva. Il destino stabilisce per i luoghi un’identificazione e anche una vo-
6 Mostra a cura di Vittorio Sgarbi, allestimento a cura di Roberto Barbetti, Ugo Riva, Realizzarte s.a.s., Francesca Sacchi Tommasi. 7 Sgarbi 2017, p. 15.
Immagine della mostra di Gustavo Aceves nella Fortezza (2018) cazione specifica. Ecco: questo è accaduto per Arezzo e per la sua Fortezza Medicea. E sono certo che il futuro di questo spazio sarà d’essere casa della scultura e anche del dialogo tra arte moderna ed antica”8 . È seguita alle mostre appena ricordate quella dell’artista messicano Gustavo Aceves, tenutasi nella seconda metà del 2018, dal titolo Lapidarium: dalla parte dei vinti, un progetto itinerante cui l’artista lavora dal 2014 che amplia logisticamente il confronto espositivo del pensiero contemporaneo con gli spazi della classicità interessando la Fortezza, la chiesa di San Francesco, il sagrato del Duomo, piazza Vasari, con più di 200 opere realizzate in pietra, bronzo, resina, legno e altri materiali divenuti cavalli in viaggio simboli di fughe, abbandoni, migrazioni, frammenti sparsi di dolore e speranza. I suoi cavalli, formati da frammenti intensamente evocativi di percorsi umani, corrono per raccontare storie di vinti, di antieroi. Il cavallo, simbolo araldico di Arezzo, appartiene ad un’iconografia che ha ispirato Aceves a partire dalla storia delle peregrinazioni della Quadriga di San Marco, la stessa che l’aretino Francesco Petrarca disse, nel 1364, trasferita alla Repubblica di Venezia. Tale Quadriga si trasforma, nell’opera del maestro messicano, in racconto di peregrinazioni, interpretato da cavalli solitari, inquieti, fermi fra il Bastione della Spina e il Bastione della Diacciaia, e altri puledri galoppanti in branco fra il secondo e il primo corpo di guardia della Fortezza, dando origine ai più rumorosi e laceranti silenzi mai avvertiti da secoli.
8 Ivi, p. 13.
Uno dei più importanti artisti contemporanei incontra uno dei suoi Maestri: è questo il senso de “La regola di Piero” la grande mostra personale che, ad Arezzo dal 15 giugno 2019 presenta l’omaggio di Mimmo Paladino al grande pittore quattrocentesco Piero della Francesca. L’arte di Paladino fonda le sue radici nella grande tradizione figurativa e filosofica italiana. Una passione che lo ha spesso portato a riscoprire le culture più diverse, alla ricerca di un confronto con gli archetipi, le matrici iconiche, le tradizioni fondanti che, dalle civiltà pre-romane al Rinascimento, hanno costellato il pensiero mediterraneo. L’esposizione aretina 9approfondisce il rapporto tra Paladino e una delle figure del passato che più hanno contato nella sua formazione e con la quale ha intrattenuto un dialogo costante in tutta la sua ricerca artistica: Piero della Francesca. Una relazione riassunta dal titolo della mostra, “La regola di Piero”, che conferma quanto il pittore e matematico quattrocentesco di Sansepolcro sia stato determinante come fonte di ispirazione non solo a livello estetico, ma anche metodologico e teorico. Un omaggio garbato che, pur svolgendosi e dipanandosi per tutta la città, non chiama mai direttamente in causa il Maestro a livello formale, ma si risolve nel manifestare una condivisione di valori, come l’incontro tra tradizione e modernità, tra razionalità ed emozione, tra luce, forma e colore, tra idealizzazione, astrazione, simbolo e realtà. Più di cinquanta opere di Paladino sono esposte in un percorso itinerante che tocca sei diverse sedi espositive. I due nuclei centrali della mostra – che vede protagonista proprio la pittura e che presenta opere tridimensionali nella loro naturale vocazione pittorica – sono la Galleria comunale d’Arte Contemporanea, che torna ad offrire grandi capolavori al pubblico, e la Fortezza Medicea, recente teatro di esposizioni d’arte. Per la Fortezza sono state selezionate un nucleo di opere monumentali capaci di innescare una tensione drammatica non comune con la scabra natura degli spazi. Il percorso comincia, anche in questo caso, con un’opera degli anni Ottanta: si tratta di “Senza titolo” un carro di bronzo del 1988 che trasporta venti teste, preziosi trofei di un corteo apotropaico che conducono all’interno della fortificazione. Tra le altre sculture-pittoriche monumentali presentate, spiccano i nove elementi di “Vento d’acqua”, sempre in bronzo, del 2005 già esposta al Museo di Capodimonte di Napoli e i giganteschi “Specchi ustori” realizzati nel 2017 proprio per l’esposizione bresciana del 2017.
Immagine della mostra di Mimmo Paladino nella Fortezza (2019- 2020)
9 L’esposizione è stata voluta dalla Fondazione Guido d’Arezzo e dal Comune di Arezzo e curata da Luigi Maria Di Corato,
osservazioni in dettaglio: materiali e tecniche delle addizioni
Ulrike Schulze
Ogni attività progettuale avviene e deve avvenire per passi o gradi, approfondimenti o ingrandimenti che definiscono la messa a fuoco di una parte, ne aumentano la definizione e ci permettono una conoscenza sempre maggiore e dettagliata. In architettura la progettazione segue un percorso di scale metriche alle quali associamo una quantità di informazioni crescente man mano che la scala aumenta, chiaramente definita nel disegno a mano, più confusamente riproposta nella rappresentazione virtuale, che apparentemente permette l’ingrandimento istantaneo ed infinito. La prima idea, la ricerca dell’immagine da raggiungere, l’obbiettivo finale non possono prescindere da un’astrazione della realtà, da un’estrema semplificazione, che ci permette di indicare l’essenza della soluzione in modo da definire la direzione che i nostri sforzi progettuali dovranno prendere. Di quell’immagine pura iniziale andrà perduta, via via che si ingrandisce la scala, l’apparente semplicità senza che debba venire meno però – ammesso di non cadere vittime di troppe distrazioni – l’obbiettivo estetico iniziale e ancor meno quello funzionale. Con la necessità di applicare un sistema complesso alla situazione reale aumenta la quantità di elementi coinvolti, interessati, significativi, così avviene anche per ogni soluzione architettonica, che per essere realizzata e poter rispondere alle diverse, a volte addirittura contrastanti, necessità che il luogo specifico richiede, ha bisogno di essere sviluppata, particolareggiata, decomposta in ogni singolo elemento che la costituisce prima di passare alla fase di realizzazione. Il cantiere necessariamente ci pone di fronte ad un’unica scala possibile: quella finale, reale, la scala 1:1; inoltre ci restituisce inevitabilmente la terza dimensione, abbandonata nel processo di astrazione, affidata alla capacità immaginaria del progettista oppure talvolta, sempre più di frequente, simulata virtualmente. Allo stesso momento avviene il confronto con le maestranze che dovranno realizzare, senza decorrere ad applicazioni virtuali, le soluzioni progettate. Dalla specificità dell’approccio, avvenuto per passi e guidato dall’immagine pura iniziale, alla conoscenza particolareggiata degli elementi da comporre, seguendo un quadro normativo complesso e non sempre privo di contraddizioni, lungo il percorso progettuale si incrociano e si raccolgono molteplici informazioni e indicazioni che si devono trasmettere, condividere ed eventualmente perfezionare anche in collaborazione con l’esecutore in modo da soddisfare insieme l’intenzionalità progettuale.
pagina a fronte Il Bastione della Diacciaia durante la mostra di Ugo Riva; Nuove aperture, nuovi percorsi, 2017
Il Bastione del Belvedere; Il nuovo ponte pedonale, 2020
pagina a fronte Addizione all’ingresso principale; Il nuovo ascensore, 2017 Il cantiere di restauro più di altri cantieri presenta delle difficoltà particolari dovute all’impossibilità di influenzare, modellare o piegare alla volontà progettuale la parte preesistente: non è più modificabile, affinabile, ma costituisce testimonianza storica o storicizzata, racconta la sua storia evolutiva, trasmette conoscenza di una parte del passato. Si rende quindi necessario intraprendere un dialogo tra la parte antica e gli inserimenti del nuovo, nel rispetto della memoria ma anche del presente, dell’innovazione e dei valori del passato in modo da dare delle risposte alle necessità della collettività. Le parti nuove che a loro volta narrano una storia: delle tecnologie edilizie, delle modalità di lavorazione, dell’evoluzione dei materiali, dovranno rendere possibile e piacevole l’utilizzo, – che sappiamo essere il primo garante della conservazione dei beni architettonici – senza proporsi come false testimonianze, senza disturbare o distorcere il contesto, senza entrare in competizione ma semplicemente affiancando in modo ragionato e consapevole della strategia d’intervento, la parte esistente a completamento e a supporto. Un’estrema difficoltà nel complesso e variegato percorso progettuale dell’intervento di restauro della Fortezza di Arezzo è stata senza dubbio l’impossibilità di una lettura completa del costruito e del suo contesto, in gran parte nascosto sotto terra di riporto, sotto la vegetazione e sotto le macerie depositate nell’avvicendarsi della storia nel corso dei secoli. Per molte aree della Fortezza di Arezzo, il progetto definitivo ma anche quello esecutivo erano necessariamente basati su una lettura parziale, su saggi puntuali, su interpretazioni della parte emergente.
L’ngresso principale ed il nuovo ascensore; sezione trasversale Il nuovo ascensore all’ingresso principale; prospetto Di conseguenza, durante la fase esecutiva, si è resa necessaria una costante riprogettazione di molte parti dell’intervento, cioè ogni qual volta la materia effettiva riportata alla luce contrastava con le previsioni di progetto o addirittura, come in molti casi, rendeva del tutto impossibile seguire il filo progettuale. Ed è così che durante i lavori, imponendo tempi e modi inusuali, molte volte si è resa necessaria una rilettura critica dei luoghi, una verifica delle scelte progettuali e in molti casi una nuova progettazione basata su ridimensionamenti e anche su rinunce, in nessun caso alla materia storica, per arrivare a imprevedibili soluzioni di insieme e di dettaglio sempre alla ricerca di una coerenza progettuale. Si cerca di dare spazio ad alcuni di questi dialoghi della parte storica rinvenuta con le addizioni di nuova progettazione, affiancando alle immagini le descrizioni e le riflessioni relative allo sviluppo in dettaglio delle soluzioni progettuali. È necessario ricordare quanto sia irrinunciabile l’approccio pluridisciplinare alla progettazione del particolare che, oltre all’aspetto concettuale ed estetico, non può trascurare le esigenze statiche, climatiche, di sicurezza e di comfort e nemmeno disattendere l’effettiva e agevole eseguibilità dell’opera da parte delle maestranze coinvolte, senza rinunciare mai a sottostare al diktat del corrispettivo economico previsto e sostenibile per una committenza pubblica. Mentre una gran parte della Fortezza di Arezzo resterà per sua natura museo di se stesso, della storia dell’architettura difensiva e della storia di Arezzo, la maggior parte degli spazi, in particolar modo quelli interni ai Bastioni, doveva essere rifunzionalizzata per un utilizzo chiaramente del tutto estraneo da quello originario, per essere restituita a una fruizione a fini culturali, commerciali o di intrattenimento. Per i primi l’intervento doveva mirare a garantire la leggibilità del monumento e della sua storia, oltre all’accessibilità da parte di tutti in condizioni di assoluta sicurezza, evitando di escludere troppi spazi dalla visita del pubblico per motivi legati alla presenza di barriere architettoniche o problematiche legate a una percorrenza in sicurezza. Per i secondi l’adeguamento a scopi espositivi, convegnistici, culturali e commerciali richiedeva l’inserimento di tutte le dotazioni finalizzate a corrispondere alle necessità impiantistiche, illuminotecniche e igieniche imposte dalle normative vigenti e dagli enti competenti, ovviamente sempre valutando l’impatto delle addizioni nei confronti della peculiarità storica del costruito.
Addizioni funzionali: l’ascensore – il palco – gli spazi di servizio
Il futuro dei luoghi della Fortezza dipendeva innanzitutto dalle diverse possibilità di percorrenza di un luogo in origine ideato per rispondere ad esigenze di tipo militare; ecco che l’ubicazione degli accessi e delle risalite fin dal progetto preliminare acquistava importanza vitale; l’inserimento di ascensori per il superamento dei dislivelli era inevitabile e con questo l’inserimento del nuovo a contatto con l’antico era l’unica risposta possibile ad una utilizzazione della Fortezza da parte della comunità tutta. La strategia d’intervento, il filo conduttore dell’approccio ha guidato anche qui le scelte nel rispetto della materia antica, lasciando che la comprensione del contesto indicasse volta per volta la soluzione progettuale. L’accesso principale della Fortezza dalla città di Arezzo
L’area centrale; Il nuovo palco scenico, 2020 Il nuovo palcoscenico; prospetto
presentava una spazialità intatta da tutelare e da affiancare letteralmente con l’addizione funzionale della risalita meccanizzata. Infatti dal primo corpo di guardia, solo un’apertura nella muratura è testimone dell’intervento, da cui si accede al corpo distaccato, indipendente dal monumento e interrato per la prima parte. Il vano dell’ascensore è stato realizzato in cemento armato e rivestito con elementi in lamiera di acciaio cor-ten, materiale scelto oltre che per la sua caratteristica di trasformazione nel tempo, per la formazione della patina che lascia percepire il passare del tempo e ne risalta la bellezza cromatica che particolarmente bene si abbina alle tonalità naturali delle pietre, dei mattoni e della terra, ma anche per la volontà di lasciare che la pelle esterna dichiari apertamente l’identità di addizione del nuovo all’interno di un sistema storico, attraverso il linguaggio di un materiale riferibile a una storia più recente e contemporanea con caratteristiche innovative rispetto a quelle tradizionali ad iniziare dal ciclo di produzione e dalle modalità di lavorazione. Lamiere piegate a formare doghe rigide, poste ad incastro in modo da presentare fughe che fanno da gocciolatoio e permettono il deflusso delle acque piovane, montate orizzontalmente su di una
Dettaglio del rivestimento in Cor-Ten dell’ascensore; sezione verticale Dettagli; Il rivestimento in Cor-Ten dell’ascensore, 2017 L’addizione per un servizio igienico e spazio tecnico pagina a fronte Il Bastione della Diacciaia durante la mostra di Ugo Riva; Un’addizione per un servizio igienico e spazio tecnologico, 2017
sottostruttura verticale in alluminio rivestono tutto il corpo ascensore, che così si pone come solido aggiunto vicino agli altri volumi della Fortezza. Formalmente le fughe orizzontali ricordano la direzionalità delle tessiture murarie, in pietra o mattoni che siano, ma qui appaiono con una regolarità che testimonia l’appartenenza a un’epoca di lavorazioni a macchina. Appartiene allo stesso gruppo di addizioni il grande palcoscenico inserito all’estremità meridionale dello spazio ovoidale; elemento autonomo con evidenti ragioni funzionalistiche, distaccato e anche distante dalle cinte murarie e dai Bastioni della Fortezza, riesce ad entrare in dialogo con le massicce presenze storiche attraverso un linguaggio dei solidi collocati nello spazio aperto. Come per l’ascensore dell’ingresso, il rivestimento a doghe in acciaio cor-ten, con le fughe in leggera depressione, riveste la parte fuori terra e reinterpreta la tessitura della pietra a vista mentre la tonalità della patina va a sfumare con i colori della terra riportata lungo il perimetro curvilineo a formare delle scarpate. La pavimentazione del palcoscenico, per tradizione tipologica, ma anche per una scelta ben precisa estesa agli altri elementi aggiunti come le passerelle sopraelevate di collegamento e i ponti pedonali, è realizzata in assito di legno: materiale storico, ma qui proposto con il linguaggio contemporaneo delle superfici orizzontali in listoni di legno autoclavato e rigato, a rappresentare l’aspetto transitorio dell’addizione in confronto a quello illimitato del monumento stesso. Le vicende di una storia recente hanno segnato pesantemente la parte centrale della Fortezza di Arezzo: l’enorme serbatoio di acqua, realizzato in cemento armato nel secolo scorso e interrato al suo centro, ha alterato tutte le quote altimetriche originali degli spazi aperti contenuti all’interno delle mura della fortificazione. Nel tentativo di riscoprirne più possibile e di liberare i paramenti e gli accessi ai vani posti nei bastioni sepolti, sono venuti alla luce anche alcune parti di questa aggiunta recente come la parete in cemento armato, che accompagna la rampa di accesso dall’ingresso principale o il vano tecnico posto sopra al corridoio di accesso al serbatoio. Addizioni pure queste, anche se non parte della progettualità in corso di realizzazione e frutto di considerazioni di ben altra natura; ciononostante inamovibili presenze da leggere in modo analitico cercando quella coerenza progettuale che non poteva che servirsi del vocabolario adottato per l’intervento e reagire con il rivestimento in acciaio cor-ten anche di quelle parti di recente fattura rinvenute durante gli scavi. Dirimpetto al rivestimento così realizzato troviamo invece un’antica cortina muraria, posta quasi in parallelo, riscoperta anch’essa durante gli scavi. Dichiaratamente attuale si propone anche il piccolo manufatto autonomo posto in prossimità del Bastione della Diacciaia, necessario per rendere funzionale quella parte della Fortezza. La situazione particolarmente delicata, in un contesto frutto di una complessa serie di fasi e di successive modifiche, imponeva molta attenzione alla reversibilità dell’intervento proposto. Il piccolo nucleo è realizzato in profili in acciaio e pannelli prefabbricati, delle dimensioni minime a garantire l’inserimento di un servizio a norma e a contenere quella parte di impiantistica necessaria a poter restituire anche questa parte del monumento alla collettività.
Anche qui il leitmotiv della superficie nuova ma mutevole rivestita con le lamiere piegate in cor-ten fa da guida nella lettura critica del visitatore. Relativamente alla questione delle addizioni è stata quindi svolta una ricerca di materiali e cromie che potessero stabilire connessioni e continuità fra interventi separati e puntuali ma allo stesso tempo fra la materia antica e quella aggiunta; la stessa modalità è indicativa anche di quei pochi interventi di sottrazione, laddove cioè è stato necessario aprire dei varchi per poter accedere a singoli ambienti o addirittura a intere porzioni del monumento. A sostegno della porzione di muratura sovrastante il vano porta creato, solitamente di notevole spessore, è stata sviluppata un’architravatura composta da mensole laterali ancorate alle murature esistenti ed elementi in lamiera di cor-ten piegate, in modo da formare la parte orizzontale a sostegno della muratura sovrastante. Il prospetto interno al primo corpo di guardia nel tempo è stato modificato in virtù di esigenze diverse, realizzate in maniera quasi spontanea e successivamente parzialmente demolite, si presentava all’inizio dei lavori con un grande squarcio nella muratura aperto su quel che parrebbe essere un camino realizzato in mattoni a vista. Per la sua posizione e per gli evidenti rimaneggiamenti presenti in quella porzione dell’ingresso principale, si prestava ad un intervento di reinterpretazione: il “camino” dunque si trasforma un’ulteriore volta per divenire porta e accesso in quota all’area del Bastione della Diacciaia. L’elemento studiato per assolvere a quella funzione di portale ricorda vagamente anche le cornici in pietra presenti nei camini antichi: i lati inclinati nella parte superiore nascono dalla necessità di salvare tutta la materia muraria esistente al momento dell’intervento e di permettere il passaggio delle persone, allo stesso tempo riprendono l’andamento obliquo della cappa in muratura retrostante. Le lamiere in cor-ten sono dimensionate ed assemblate in modo da creare una
Il Bastione del Soccorso; schema planimetrico
pagine 178-179 Dettagli; L’architravatura di una nuova apertura, 2017 Il primo corpo di guardia durante e dopo i lavori, L’intervento di richiusura di una mancanza muraria; 2015-2017 Il corridoio tra il primo corpo di guardia ed il secondo corpo di guardia durante la mostra di Ugo Riva; Il corridoio d’ingresso - uno spazio espositivo; 2017
pagina a fronte Il Bastione del Soccorso; Un nuovo ingresso, 2017 sorta di cerchiatura a supporto della parte di muratura sovrastante realizzata a ricucire lo squarcio, posta in leggera depressione rispetto a quella preesistente rendendo così possibile una lettura critica degli interventi succedutisi nel tempo.
Il nuovo ingesso al Bastione del Soccorso
Diversa è la storia che narra il Bastione del Soccorso, gravemente ferito dalle mine napoleoniche del 1800, che hanno provocato il crollo di uno dei due lobi del bastione cuoriforme; una ferita oramai storicizzata e testimonianza dell’avvicendarsi della storia e delle guerre, giunta ai nostri giorni spoglia anche della materia che una volta ne definiva la forma. Dell’approccio concettuale al tema dell’identità del luogo quale opportunità culturale e ricerca formale e funzionale, è già stato riferito in questo stesso volume1; desidero qui sottolineare come le questioni dello sviluppo in dettaglio e della realizzazione del progetto di restauro siano strettamente legate e in continuità con la volontà progettuale di base. In questa parte della Fortezza i temi sono molteplici; senz’altro più significativa e vitale per una rifunzionalizzazione della Fortezza quale luogo di attrazione per la comunità, è la riorganizzazione degli accessi e dei luoghi di deflusso. La possibilità di risolvere una necessità pratica e funzionale come l’inserimento di una risalita, meccanica e non, oltre ad un’area di accoglienza posta in continuità tra esterno ed interno, senza la perdita di materia e senza che venisse alterata una spazialità conservata nel tempo, rappresentava un’opportunità determinante. La nuova hall riprende la geometria del bastione angolare, ma a dare forma ad una “ricomposizione dell’immagine” e a cercare di riconquistare una continuità perduta doveva essere un materiale in grado di costituire una definizione volumetrica che permettesse la lettura critica ed interpretasse diversamente dalla pietra perduta l’oramai apparente inaccessibilità della struttura fortificata. Allo scopo è stata studiata anche qui una cortina in acciaio cor-ten, qui però impiegato in modo del tutto diverso: pieni e vuoti si alternano ad un interasse di ventiquattro centimetri, formati da lamelle curvate dello spessore di tre millimetri e di un’altezza di quattordici centimetri, fissate con bulloni a fazzoletti asolati in modo da permettere gli aggiustamenti di precisione, a loro volta imbullonati ai richiami saldati alla struttura verticale in acciaio, lasciando così trasparire e intuire l’interno della fortezza e la sua spazialità originaria. Ogni lamella ripercorre una linea orizzontale dettata dalla geometria del lobo intatto, ridisegnando fedelmente la rastrematura della parte bassa della cortina, indicando il toro nel punto in cui inizia la parte verticale fino a segnare la sommità alta. Tagliate una a una a misura e con un leggero distacco fra loro, le lamelle si accostano in aggetto alla linea irregolare definita dal crollo ottocentesco.
1 Si veda il saggio di M. De Vita: Un nuovo polo per la cultura contemporanea ad Arezzo. Il restauro della Fortezza: conservazione, addizioni, rivelazioni. in questo stesso volume.
pagine 184-185 Il Bastione del Soccorso; Le addizioni: l’ascensore, la copertura in vetro, gli infissi, la struttura metallica, 2017 La nuova struttura metallica del Bastione del Soccorso; sezione verticale Dettaglio della nuova struttura metallica del Bastione del Soccorso; sezione verticale – prospetto laterale del pilastro
È in questa parte del progetto infatti che si evidenzia particolarmente come il dettaglio nel cantiere di restauro richieda di operare con maestranze che lavorino su misura, controllando costantemente la rispondenza tra l’elemento aggiunto e la materia esistente oltre al carattere pluridisciplinare, che vede la struttura portante metallica – ovviamente realizzata fuori opera ed assemblata sul posto – supportare ed interpretare esattamente la geometria dello schermo. La sommità dell’addizione invece è formata da lastre in vetro temperato e stratificato che ripercorrono in orizzontale la sagoma del lobo mancante e costituiscono la copertura della nuova area di ingresso, fissate puntualmente con elementi in acciaio inox alla struttura a forma di raggiera, meglio descritta ed approfondita in altra parte dello stesso volume2 . Alla base dei montanti verticali sono stati realizzati dei plinti, al di sopra dei quali sono poste delle vasche in lamiera di acciaio cor-ten a contenere la terra necessaria alle piante rampicanti che, a partire dal basso e in modo liberamente disomogeneo, dovrebbero trasformare la griglia in una parete parzialmente inverdita. La ridefinizione quindi del vuoto creato dal crollo non solo dell’imponente paramento murario, ma con esso anche degli orizzontamenti consistenti in massicce volte in mattoni, era rivolta a stabilire connessioni e continuità fra ambienti e livelli separati. Infatti l’ascensore ubicato in posizione centrale all’interno della nuova hall di ingresso permette di collegare direttamente con l’esterno i tre livelli principali della Fortezza. Anche qui il sistema di addizioni architettoniche e funzionali si serve del linguaggio comune basato sulle scelte concettuali e sviluppato seguendo le caratteristiche dei materiali individuati per gli elementi aggiunti. In continuità con la struttura metallica di supporto allo schermo in lamelle in cor-ten anche l’ascensore è stato progettato come parte della stessa struttura in acciaio, minimizzando così l’impatto visivo e garantendo insieme a un involucro di vetro la trasparenza suggerita dallo schermo a lamelle. Quattro montanti verticali vengono collegati orizzontalmente in corrispondenza degli sbarchi e degli accessi e sono già completi di piatti saldati per l’appoggio delle lastre di vetro temperato e stratificato, formato da due lastre con interposta pellicola, dalle specifiche caratteristiche imposte dalle normative, che vengono poi fermate solamente con l’aggiunta di fermavetri in acciaio. All’interno del vano ascensore viene così creata la superficie liscia richiesta, mentre dalla hall si leggono tutti gli elementi necessari alla rispondenza della struttura ai calcoli inerenti il comportamento sismico e statico. Per la parte posta all’interno della hall lo spirito dell’intervento punta alla massima trasparenza che permette al visitatore di percepire la continuità fra interno ed esterno, e quindi fra lo spazio circoscritto e già appartenente alla fortezza, e il paesaggio circostante, facilitando così l’identificazione del contesto. Per la parte terminale, al di sopra della copertura in vetro strutturale, e
2 Si veda il saggio di L. Paolini: La Fortezza di Arezzo, ricostruzioni, consolidamenti e strutture per i nuovi elementi funzionali, in questo stesso volume.
Gli infissi a chiusura degli Ex-Rifugi del Bastione del Soccorso; prospetto Dettaglio del infisso a chiusura degli Ex-Rifugi del Bastione del Soccorso; sezione verticale
Dettagli; Gli infissi metallici del Bastione del Soccorso, 2017
pagina a fronte La copertura in vetro delle bocche da fumo, 2016 “Bozzetto per il bicentenario della Normale di Pisa” di Ivan Theimer, bronzo quindi oltre la sommità storica, la struttura dell’ascensore si costituisce invece elemento di supporto del proseguo della griglia di lamelle in cor-ten. L’intera struttura portante è realizzata con profilati d’acciaio prodotti industrialmente, assemblati, zincati e verniciati di tonalità simile al cor-ten.
Gli infissi a chiusura degli Ex-Rifugi del Bastione del Soccorso
Il prospetto della serie di ambienti voltati posti in continuità al Bastione del Soccorso, ritrovato dopo anni di sepoltura, colpisce per il contrasto tra la serialità delle arcate e il carattere spontaneo e disomogeneo della forma delle stesse. Realizzato in virtù di esigenze funzionali e difensive, certamente non dominato da un’affinata volontà estetica e di perfezione formale, ispirato dalla presenza di materiali edili derivanti dalla demolizione della cittadella medioevale riutilizzati con disinvoltura, ogni arco ha andamento diseguale dal suo prossimo, spesso con le imposte ad altezze diverse e poca affinità con forme geometriche perfette. L’attuale produzione di infissi delocalizzata e legata al sistema industriale e seriale non può corrispondere all’esigenza di una produzione su misura di ogni singolo elemento. Dal rilievo, alla realizzazione di una dima metallica in scala reale sul luogo, alla lavorazione artigianale del profilo in acciaio, la specificità dell’intervento poteva coinvolgere solamente maestranze legate al processo edilizio tradizionale. La scelta materica segue il filo conduttore: l’immagine pura iniziale di un tamponamento invisibile fa scaturire la volontà di massima esilità della struttura e massima trasparenza del diaframma, a sottolineare la massiccia presenza della pietra, ma con prestazioni atte ad isolare termicamente gli ambienti, garantendo così il comfort dell’ambiente interno. I profili in acciaio, vista l’elevata resistenza meccanica del materiale, consentono di utilizzare profili di sezione ridotta riducendo al minimo l’impatto visivo dell’infisso; al contempo le caratteristiche di grande lavorabilità e saldabilità dell’acciaio permettono di costruire serramenti su disegno. Nonostante la realizzazione a misura di ogni singolo infisso, anche dopo il suo posizionamento in luogo era necessario un intervento ad hoc per colmare e sigillare tutte quelle irregolarità create dall’utilizzo di elementi in pietra non lavorati allo scopo. Alla bellezza della tessitura in pietra a vista e della scoperta sorprendente di elementi architettonici utilizzati fuori contesto, insieme all’assenza di intonaci negli ambienti interni, si è reagito realizzando un
Planimetria generale con i lucernari a copertura delle bocche da fumo Un lucernario a copertura delle bocche da fumo; pianta, sezione verticale, dettaglio del prospetto pagina a fronte Dettagli; Particolare della copertura in vetro delle bocche da fumo, la struttura di supporto, 2020 Dettagli; Particolari della copertura in vetro delle bocche da fumo, 2020
coprifilo metallico sagomato a mano che ripercorre fedelmente l’andamento delle parti in pietra. In assenza dell’utilizzatore finale dell’opera la funzionalità degli ambienti doveva garantire la massima flessibilità nell’utilizzo; ogni vano è quindi accessibile direttamente dall’esterno in modo da essere autonomo attraverso un’anta apribile al centro dell’infisso, posizione che garantiva la realizzazione di porte dimensionate opportunamente e omogenee tra di loro, mentre la complanarità dei profili rende pressoché impercettibile l’accostamento del telaio fisso con quello mobile.
I lucernari a copertura delle bocche da fumo
L’intervento studiato per le coperture delle bocche da fumo, che hanno forme e dimensioni diversificate le une dalle altre, con delle superfici che arrivano fino a coprire circa venticinque metri quadri, rappresenta un altro esempio importante e travagliato di un approccio progettuale pluridisciplinare. Già nelle premesse del progetto definitivo emergeva la volontà di minimizzare l’impatto di una copertura in contrasto con la funzione originaria, d’altronde irrinunciabile dal punto di vista della funzionalità degli ambienti sottostanti. Era necessario garantire oltre all’impermeabilità una superficie ben precisa per l’areazione naturale degli ambienti; inoltre risultava fondamentale tutelare la sicurezza dei fruitori anche nel caso di utilizzi impropri di quanto, a tutti gli effetti, rappresenta una copertura purché posta all’altezza di un metro da terra, per cui di facile raggiungimento. Le scelte progettuali mirate a mitigare la presenza delle coperture, pur tutelando tutti gli aspetti di ordine di sicurezza e di natura igienico-sanitaria, sono state condivise in riunioni specifiche durante i lavori che hanno visto l’assommarsi delle competenze della Direzione dei Lavori e le singole direzioni operative e della Soprintendenza ai Beni Architettonici ed Artistici di Arezzo, oltre a quelle dell’impresa esecutrice con le sue maestranze e con i suoi tecnici progettisti, della coordinazione della sicurezza, dell’organo di collaudo e dell’amministrazione Comunale Committente. Esclusa la possibilità di un inserimento delle vetrate all’interno dei camini già esistenti, per problematiche accentuate legate alla possibilità di allontanamento delle acque piovane, che avrebbe comportato la conseguente necessità di costante manutenzione per evitare infiltrazioni di acqua all’interno dei vani, ma mantenendo la volontà di ottenere delle superfici trasparenti massimali senza riduzioni eccessive per l’inserimento di canali di raccolta e scossaline, rimaneva la sola possibilità della copertura dall’alto. La consistenza materica delle coperture doveva - così esposta - avere caratteristiche di essenzialità e leggerezza, pur resistendo alle aggressioni di una fruizione imprevedibile. Acciaio e vetro ancora una volta dovevano formare un insieme dalle massime prestazioni: il ruolo dell’acciaio doveva svilupparsi all’interno del camino, rappresentando una presenza solo accennata e quasi immaginata, mentre la trasparenza e l’impermeabilità del vetro, oltre all’apparente leggerezza, potevano divenire protagoniste creando una superficie continua e in evidenza, dando l’impressione di una fluttuazione autonoma al di sopra dei camini. Gli elementi verticali della struttura portante in acciaio sono ancorati dall’interno alle murature
perimetrali esistenti, le mensole, poste perpendicolarmente al lato lungo, scomposte in due lame di acciaio rastremate verso i bordi. In questo modo sono smaterializzate riducendole a solo due linee sia nell’appoggio sia nel prospetto, e mantengono un ritmo di circa un metro, misura massima stabilita per le lastre di vetro. A collegamento delle mensole fungono altri piatti in acciaio, che insieme a due mensole di testa supportano gli elementi d’angolo, composti come tutte le altre lastre di vetro da 3 cristalli accoppiati con interposta pellicola di spessore complessivo di 4 cm. L’impermeabilità viene garantita dalla sigillatura lungo gli accostamenti in silicone trasparente a sottolineare l’impressione della superficie unica; un piccolo gocciolatoio in vetro evita che possano rientrare gocce lungo i bordi; lateralmente rimangono aperte delle fessure di circa 13 cm, a garanzia della superficie aerante richiesta. La natura del manufatto e del luogo, con i camminamenti alti sollevati al di sopra della città, comunica la sensazione di una sospensione nello spazio e nel tempo che si ripete e si rispecchia nelle superfici innalzate che ne coprono le bocche che secoli fa scagionavano i fumi dei cannoni.
I percorsi sopraelevati del Bastione della Diacciaia e del Bastione del Belvedere
Al momento dell’indagine a fini conoscitivi durante l’elaborazione del progetto, gran parte del Bastione della Diacciaia e tutta l’area del Bastione del Belvedere denotavano un accentuato stato di abbandono, cui si erano aggiunti in vari momenti interventi di messa in sicurezza delle parti prossime al crollo, asportazioni di materiali provenienti dai crolli, oltre al deposito e all’accumulo di terra di riporto velocemente infestata da vegetazione spontanea. Entrambi i Bastioni rivelavano un contesto frutto di una complessa serie di fasi e di successive modifiche, rinvenute durante l’esecuzione di scavi. Entrambi erano caratterizzati dall’assenza di tracce di pavimentazioni preesistenti e, viceversa, dalla presenza di frammenti di elementi in elevato come parti di scale in pietra, porzioni di murature, resti di basamenti o volte: da ciò è scaturita una risposta concettuale indirizzata ad evitare “completamenti” e quindi livellamenti o pavimentazioni continue. La volontà progettuale era invece volta a rendere percepibile il senso autentico del luogo attraverso la sequenza di spazi, per la maggior parte privi ormai di coperture, posti a quote e livelli discontinui e manomessi nel tempo. Si è voluto così inserire un elemento unificatore, nuovo, dal linguaggio contemporaneo e riconoscibile che collegasse con scale e rampe a norma tutti gli ambienti, muovendosi indipendentemente dalle murature perimetrali e in sopraelevato, ovvero senza toccare, coprire o riempire gli spazi se non per l’appoggio su piccole fondazioni puntuali. Le strutture in acciaio zincato e verniciato di tonalità simile al cor-ten sono estremamente semplici e regolari pur seguendo vano per vano l’andamento degli spazi preesistenti, collegandoli sia in orizzontale che per i dislivelli verticali senza creare barriere architettoniche; plinti puntuali, posizionati laddove non entrino in conflitto con strutture murarie pre-esistenti, costituiscono la base per i montanti verticali ancorati con piastre e tirafondi. La struttura orizzontale è composta da cosciali
pagina a fronte Il Bastione della Diacciaia durante la mostra di Ugo Riva; Nuovi percorsi, 2017
Il Bastione del Belvedere; Il nuovo ponte pedonale, 2020
pagina a fronte Il Bastione della Diacciaia ed il Bastione del Belvedere; Nuovi percorsi, nuovi collegamenti, 2017, 2020
laterali ed elementi di collegamento perpendicolari che supportano direttamente la pavimentazione in assito in legno autoclavato portante. Al di sotto delle passerelle un canale metallico ospita tutti gli elementi impiantistici necessari, senza interferire in alcun modo con le murature storiche. La ringhiera di sicurezza è composta da profili a “t” rastremati verso l’alto che, attraverso semplici fori realizzati nell’anima, fanno da guida ai cavi in acciaio inox, posti ad interasse di 10 centimetri, messi in tensione attraverso tenditori. Il legno e l’acciaio, come per le altre addizioni, rappresentano il “leitmotiv” degli interventi, dichiarando apertamente l’identità del contemporaneo all’interno di un sistema antico, attraverso materiali riferibili ad una storia più recente e contemporanea oppure a caratteristiche tecniche innovative. Premessa concettuale della proposta rimaneva dunque quella di non voler in alcun modo alterare e men che meno completare i bastioni, le loro parti e i loro ambienti rifacendo o ripristinando pareti, orizzontamenti, porzioni non più esistenti a seguito dell’azione delle mine delle truppe Napoleoniche o di crolli avvenuti nel tempo. Piuttosto la dichiarata volontà progettuale era quella di rendere leggibile e visibile la narrazione della Fortezza, delle sue vicende storiche, delle avversità e delle ferite, dei successi e dell’abbandono. Era quindi naturale che laddove la continuità storica dei camminamenti alti era stata interrotta dagli eventi nel tempo, il ripristino di un percorso non poteva avvenire che ricorrendo allo stesso linguaggio innanzi descritto e cioè realizzando ponti pedonali in acciaio, estremamente sottili e quasi impercettibili alla vista dall’esterno, ma dichiaratamente appartenenti alla nostra epoca, stabilendo ancora una volta connessioni e continuità fra interventi separati e puntuali. I ponti, così come le passerelle interne ai bastioni, sono realizzati in acciaio zincato e verniciato, completati con ringhiere identiche a quelle già esistenti lungo i camminamenti di ronda; sono inoltre caratterizzati da pavimentazioni realizzate con assi portanti in legno autoclavato e rigato.
pagina a fronte Lo spazio espositivo; 2016 “Tartaruga con caduta degli angeli” di Ivan Theimer, bronzo, 2005-2006
La casa della scultura
Sin dalla prima mostra di inaugurazione con le opere di Ivan Theimer nell’estate del 2016 apparve evidente quanto poi scritto da Vittorio Sgarbi l’anno successivo nel catalogo della mostra di Ugo Riva: “il destino stabilisce per i luoghi una identificazione ed anche una vocazione specifica. Ecco: questo è accaduto anche per Arezzo e la sua Fortezza Medicea”3 . Tutt’altro che uno spazio neutro, diametralmente opposto al concetto del “white cube”, l’architettura potente e difensiva della Fortezza di Arezzo è uno spazio pieno di storia e di storie, di segni e tracce del passato, di sofferenze e di ferite inflitte nel tempo; uno spazio che custodisce la memoria di secoli e che sembra parlarci delle anime che lo hanno percorso e vissuto; uno spazio caratterizzato dalle contraddizioni tra le masse murarie imponenti, minacciose ed ostili e l’aura delle rovine, fragile, onirica, insicura. Negli anni di lavoro di restauro, in particolare durante i lavori di scavo, piano piano la Fortezza sembrava spogliarsi dei suoi abiti pesanti, delle terre che ne riempivano le cavità, dei detriti e della vegetazione che ne occultavano le fattezze: lentamente cominciava ad uscire dal suo silenzio secolare, a rivelare i suoi segreti ed infine a narrare le sue vicende. Ma è nel dialogo con le opere d’arte, prima con le sculture mitologiche di Ivan Theimer, successivamente con gli angeli caduti di Ugo Riva ed ancora con i cavalli frammentati di Gustavo Aceves e infine quest’anno con le sculture archetipiche di Mimmo Paladino, che la magia si impadronisce del visitatore e gli rivela quel che Ugo Riva chiama “l’innamoramento tra luogo e opere”4: la vocazione del luogo. Quel che sembra instaurarsi è in effetti un rapporto simbiotico imprescindibile tra gli spazi, - i loro materiali e le loro forme, segnati dal passare del tempo - e le opere, anch’esse apparentemente “nate antiche”, portatrici di epoche e culture lontane, eppure contemporanee, appartenenti al presente allo stesso modo della Fortezza, che ci appartiene e si propone a noi spettatori di oggi come la “casa della scultura”5 .
3 Ugo Riva. La Porta Dell’angelo, a cura di Vittorio Sgarbi, catalogo della mostra, Arezzo, Fortezza Medicea 24 giugno 2017 – 07 gennaio 2018, p.13. 4 Ivi, p.15 5 Ivi, p.13
la fortezza di arezzo, ricostruzioni, consolidamenti e strutture per i nuovi elementi funzionali.
Leonardo Paolini
La Fortezza di Arezzo, luogo storico di eccellenza nel panorama delle architetture fortificate della Toscana, dove sono state progettate e già eseguite le nuove strutture si presentava all’inizio dei lavori come una sovrapposizione talvolta caotica di interventi antropici rivelatisi ai nostri occhi via via nel tempo, durante il lento avanzamento degli scavi. Le nuove opere strutturali sono state così inserite per lo più all’interno dei vuoti costruttivi o delle perdite volumetriche subite dalle massicce strutture difensive durante i vari eventi storici che si sono qui succeduti ovvero semplicemente per l’effetto del tempo e della particolare esposizione atmosferica del luogo. Gli interventi “strutturali” sono stati quindi pensati, elaborati criticamente, progettati e realizzati con una particolare e specifica attenzione alle incombenti preesistenze murarie che appaiono ovviamente massicciamente sovrabbondanti rispetto agli attuali inserimenti. Era ovvio, infatti, che le nuove strutture, salvo particolari casi episodici, non potessero prevedere tecnologie e materiali analoghi a quelli storici qui presenti e quindi per la massima parte sono stati l’acciaio ed il vetro che hanno permesso di risolvere con efficacia inserimenti funzionali, ricostruzioni e consolidamenti locali. Occorre anche dire che le masse murarie che sono emerse dopo gli allontanamenti dei riempimenti di terra o delle macerie di detriti di concrezione, non sempre e dovunque sono risultate compatte e stabili a livello tale da poterle considerare direttamente riutilizzabili. Un esteso lavoro di consolidamento profondo e di riconfigurazione superficiale ha permesso, come preventivo intervento, di definire quali delle superfici esistenti potessero essere utilmente utilizzate come vincolo delle nuove strutture in elevazione o di semplice contatto di ricucitura per i nuovi inserimenti strutturali. Qui si seguito vengono commentati i più significativi interventi di ricostruzione e di consolidamento strutturale realizzati sugli elementi costruttivi di questa grande macchina difensiva, offesa dal tempo e dalla mano dell’uomo.
pagina a fronte Consolidamento di porzioni di arco in pericolo di crollo nel Bastione della Diacciaia con Inserimento di tiranti e capochiave a seguito di perfori puntuali ed iniezioni di malta
La struttura del nuovo palcoscenico attrezzato posto al centro della Fortezza
Il nuovo palcoscenico attrezzato e l’ascensore esterno di collegamento fra l’ingresso monumentale e gli spalti
Le più semplici strutture metalliche, che si presentano con tipologia ordinaria ed improntate a semplicità tecnologica, sono quelle con cui sono stati configurati gli elementi portanti del palcoscenico e dell’ascensore posti in due diversi punti degli spazi aperti interni alla Fortezza. La prima, ossia la struttura del nuovo palcoscenico, che occupa la parte centrale ed alta di tali spazi, si presenta come una organizzazione spaziale di travi HE a giacitura leggermente inclinata verso la platea verde, sostenuta da colonne ugualmente in HE, che permettono il sostegno di un orizzontamento in lamiera grecata, collaborante con un getto di calcestruzzo estradossale, quest’ultimo con funzione di irrigidimento piano e di vincolo perimetrale fra il piano di palco e cordolo sommitale alla muratura circolare di perimetro al vano sottopalco).
Il nuovo ascensore esterno in acciaio
La seconda struttura che vogliamo rammentare è quella dell’ascensore che ora collega il primo corpo di guardia posto all’ingresso monumentale sia con il livello sovrastante corrispondente allo spazio aperto posto fra le mura e l’unico edificio ancora esistente che con il livello degli spalti. L’elemento costruttivo metallico si presenta come una torre parallelepipeda dotata di passerella per il collegamento fra l’uscita in quota ed il camminamento perimetrale della Fortezza. La realizzazione ha presentato una minima specializzazione tecnologica per la configurazione della porzione interrata. È stato infatti necessario confinare il riempimento di terra a monte del vano inferiore di ingresso, tramite la realizzazione di una “berlinese” di micropali che ha permesso di eseguire
in sicurezza lo scavo per il fondo fossa e le murature perimetrali in calcestruzzo, che formano l’alloggiamento interrato dell’elevatore. Lo spiccato strutturale ha poi trovato una sua definizione superficiale con fasce di acciaio cor-ten con le quali si è coniugato coerentemente il dato materico strutturale con quello architettonico per una permanenza nel luogo storico in forma di dialogo diacronico.
Il nuovo vano scala ed ascensore nel Bastione della Spina
Una terza realizzazione strutturale, sempre metallica, con una specifica difficoltà di inserimento è rappresentata dal nuovo vano scala con ascensore centrale che ora collega il vano posto nella parte più interna del Bastione della Spina con il grande ambiente ritrovato posto al di sotto di questo. Tale struttura trabecolare in profili metallici commerciali ed elementi sagomati, ottenuti da lamiere calandrate e gradini presso piegati, permette di contenere nello spazio limitatissimo disponibile un vano centrale per ascensore a pianta quadrata ed una scala a pianta circolare che lo avvolge. Questa organizzazione strutturale, che ha presentato notevoli problemi di montaggio e di definizione geometrica, ha permesso di assicurare un necessario collegamento irrigidente con le masse murarie storiche perimetrali e la configurazione sagomata dei pianerottoli di sbarco dell’elevatore che danno accesso a vani residuali a differenti quote altimetriche. Per questa struttura, evidentemente sartoriale e concepita in nome di una assoluta compatibilità fra la necessità funzionale e la conformazione del vano storicizzato, sono state studiate soluzioni di schermatura e protezione del vano vetrato interno che perimetra l’elevatore, utilizzando una fitta serie di tondi metallici orizzontali, che riducono la snellezza strutturale dei sottili elementi verticali e qualifica formalmente l’intervento strutturale, sottolineando l’intersezione delle due differenti volumetrie costruttive: il prisma impiantistico centrale e la spirale esterna della scala.
La struttura della scala a chiocciola in acciaio con ascensore centrale realizzata all’interno del Bastione della Spina
La nuova passerella alla fine dei lavori Posa in opera della nuova passerella metallica per completamento del camminamento alto fra il Bastione della Chiesa ed il Bastione del Soccorso
Il ponte metallico fra il Bastione della Chiesa ed il Bastione del Soccorso
Un altro intervento strutturale, che definisce il fondale dell’area archeologica della chiesa medioevale, sul lato Est del terrapieno centrale della fortezza, offre qualche spunto di apprezzamento critico sulla tipologia statica adottata e sulla tecnologia di realizzazione. Si trattava di superare, con una passerella di medie dimensioni, una mancanza del percorso pedonale dello spalto, per consentire comunque una passeggiata in quota senza la soluzione di continuità provocata da un crollo storico. Sul lato destro, guardando la cortina muraria esterna, già il piano dello spalto offriva lo spazio geometrico per realizzare l’appoggio della trave portante mentre sul lato sinistro un lacerto dell’antica volta a semibacino, copertura dell’abside della chiesa, ha impegnato le maestranze con opere di consolidamento murario dedicato che, mentre consentivano la conservazione confinata e “cristallizzata” della porzione di peduccio e di volta, non permettevano nel contempo un appoggio sicuro per la trave metallica di sostegno per il passaggio pedonale. Originariamente il progetto prevedeva la costruzione di una passerella con travi parapetto in legno lamellare incollato; in realtà la costruzione di un elemento di questo tipo avrebbe comportato il trasporto ed il tiro in alto di elementi scarsamente brandeggiabili nella zona specifica (le travi lamellari sono eseguibili solamente con la loro dimensione completa e non “montabili” per componenti sottomultipli direttamente in cantiere, come al contrario può essere possibile con le strutture metalliche). La soluzione costruttiva che è stata adottata, dopo molte proposte di inserimento geometrico nello specifico sito, è quindi stata scelta in acciaio; questa consente da un lato il minimo ingombro altimetrico dell’impalcato, e dall’altro il raggiungimento di una rigidezza flessionale che minimizza gli effetti deformativi sotto il carico mobile a cui è sottoposta. La carpenteria d’acciaio utilizzata risulta una trave composta, tipo “Finck”, con una particolare geometria dei tiranti inferiori ed una originale soluzione dello snodo fra tiranti inclinati laterali e barra di tiro centrale. La produzione, il trasporto ed il tiro in alto, nonché il montaggio sul posto, è stato possibile dividendo la trave stessa in tre spezzoni longitudinali, dove i giunti di montaggio sono posizionati nelle sezioni corrispondenti al cambio di inclinazione dei tiranti inferiori.
I consolidamenti delle strutture ad arco nel Bastione della Diacciaia
Un esempio riguardante il consolidamento delle masse murarie presenti, emblematico per la minimizzazione degli interventi di consolidamento locale sulle masse murarie esistenti, è evidente nel mantenimento di un piccolo spezzone di struttura ad arco in conci di pietra squadrata. L’intervento si colloca nell’area del Bastione della Diacciaia ed è risolto tramite l’inserimento di due tiranti in acciaio che confinano con un ancoraggio a sbalzo, i conci ancora rimasti in opera. I tiranti sono alloggiati in profonde sedi perforate, cementati per iniezione di malta adesiva ed amarrati con capo chiave in ferro configurato a disegno sulle due superfici opposte dell’ammasso murario. Una diffusa riaggregazione eseguita con malte colloidali pompabili, completa l’intervento e conferisce la necessaria monoliticità alla porzione muraria che originariamente si presentava particolarmente disarticolata ed in latente pericolo di crollo.
Il completamento con struttura metallica del Bastione del Soccorso
Infine, la più ampia ed affascinante ricostruzione che è stata progettata e pazientemente portata a compimento, è la struttura del Bastione del Soccorso. Le esplosioni subite dai due bastioni diametralmente opposti, del Soccorso e del Belvedere, hanno lasciato nel perimetro della fortificazione medicea due immensi vuoti, che in lotti di lavoro differenti sono oggetto, ora, di una specifica riconversione: vi si alloggiano infatti due differenti postazioni di accesso e collegamento verticale. All’interno del Bastione del Soccorso, le opere realizzate, definiscono ampie ricuciture murarie interne e nuove opere avvolgenti con elementi in acciaio, che ridisegnano nel vuoto della perdita muraria, lo spazio l’originale geometria della cortina difensiva. Infatti la preoccupante cavea, apparsa dopo gli smantellamenti dei crolli e la pulizia dalla flora arbustiva infestante, è stata attrezzata con una cantierizzazione disegnata e sagomata all’interno del grande anfratto e meticolosamente tutte le superfici sono state modellate con piccole ricostruzioni murarie, armature metalliche inserite nei massicci fratturati e con una diffusa iniezione di malte adesive pompabili che hanno riaggregato quanto l’esplosione subita ed il dilavamento del tempo aveva reso discontinuo e talvolta pericolante.
Strutture ad arco nel Bastione della Diacciaia prima dei lavori di consolidamento Consolidamento di porzioni di arco in pericolo di crollo nel Bastione della Diacciaia con Inserimento di tiranti e capochiave a seguito di perfori puntuali ed iniezioni di malta Consolidamento puntuale di parti strutturali a rischio di crollo all’interno del Bastione del Soccorso
pagina a fronte Il completamento del Bastione alla fine dei lavori di restauro La realizzazione e posa della struttura del completamento con linguaggio contemporaneo del Bastione del Soccorso
pagine 204-205 La nuova passerella del Bastione del Belvedere che collega il camminamento sugli spalti interrotto a causa delle distruzioni ottocentesche dopo i lavori Alcuni orizzontamenti voltati, in parte perduti ma ancora chiaramente individuabili nelle volumetrie di spicco agli appoggi, sono stati ricostruiti con tecniche e materiali pressoché analoghi a quelli originali; anche alcuni pannelli murari verticali sono stati riconfigurati in modo da ottenere un contenitore murario cavo, aperto verso l’esterno con una geometria superficiale di confinamento il più possibile ordinata e staticamente consistente. Su tali superfici, risultanti dalle opere propedeutiche di consolidamento e richiusura muraria, sono state fondate e vincolate sui fianchi irregolari della cavea una serie geometricamente organizzata di colonne in acciaio a giacitura verticale collegate con una teoria di paralleli a configurazione spezzata che realizzano una struttura pluriconnessa, vincolata inferiormente a terra e lateralmente sui bordi perimetrali alle mastodontiche masse murarie, resti della storica esplosione distruttiva. Una superficie di nastri calandrati a disegno chiude con una fitta trama di paralleli l’esterno della ricostruzione e rammenta nell’osservatore l’immagine dell’antica volumetria della cortina difensiva.
Il consolidamento delle strutture cinquecentesche voltate poste fra i Bastioni del Soccorso e della Chiesa
Durante i lavori di pulizia e di messa in vista delle strutture di sostegno della cortina difensiva verso Est, fra i bastioni del Soccorso e della Chiesa, a copertura dei vani sottostanti, è emersa una successione seriale di volte a botte laterizie impostate su spesse murature, con le generatrici ortogonali alla cortina del bastione. I locali, che evidentemente avevano in origine la necessità di dover essere ben protetti dalla caduta di proiettili esterni, erano immersi sotto un notevole spessore di terra, fino al livello del camminamento perimetrale alle mura. Una serie di dissesti geometrici evidenti sull’intradosso delle volte stesse e la necessità di proteggere dalle percolazioni meteoriche sia tali strutture, sia il vano inferiore, hanno consigliato di eseguire sugli apparecchi murari voltati, un classico intervento di placcaggio estradossale. Le opere si sono concretizzate nello svuotamento dei rinfianchi, con una accurata pulizia delle superfici messe in luce, alla quale è seguito il posizionamento delle armature in rete di fibra di vetro resinata alcali resistente, connessa puntualmente alla struttura curva. Sulle superfici ondulate così preparate, il successivo getto di placcaggio in calcestruzzo ordinario additivato con specifico impermeabilizzante, ha completato l’intervento di consolidamento e di miglioramento prestazionale.
Gli interventi strutturali nel Bastione del Belvedere
L’ultimo intervento che in ordine di tempo è stato condotto a compimento, si è articolato sopra ed all’interno della impressionante frattura del Bastione del Belvedere. Anche in questo caso si sono adottate tutte le provvidenze di consolidamento già descritte per il Bastione del Soccorso, con la specifica preoccupazione, in questo caso di dover contenere anche tutto quanto era rimasto di elementi curvi, ad arco o voltati, che strapiombano verso l’interno della forra. Il percorso interno del
pagina a fronte La nuova passerella del Bastione del Belvedere che collega il camminamento sugli spalti interrotto a causa delle distruzioni ottocentesche durante i lavori visitatore che dall’accesso sul lato della strada di valle permette la salita fino al retro-palco del teatro all’aperto, rammenta infatti uno scoscendimento naturale quale potrebbe essere un pericoloso crepaccio. Nel corso di precedenti consolidamenti provvisionali erano state montate strutture tubiformi in acciaio che confinavano per reciproco puntellamento registrabile le due facce interne della spaccatura; questa presenza assieme alla instabilità delle macerie che ingombravano il percorso interno, rendevano ancor più viva la sensazione di insicurezza all’atto dei passaggi ispettivi. Dopo una accurata pulizia ed una meticolosa risarcitura delle superfici che si affacciano all’interno, sono stati adottati criteri di confinamento tramite ricostruzioni murarie localizzate a sostegno degli elementi costruttivi più strapiombanti; diffuse imperniature metalliche con funzione di tirante di contenimento sugli sbalzi più accentuati; cordoli a legatura trasversale di elementi fra loro disancorati, con accessoria funzione di contenimento delle spinte attive dei terrapieni di monte. L’elemento più qualificante di tutto l’intervento è rappresentato dalla passerella in acciaio montata fra i due massi murari che si affacciano sullo spacco e che realizza il sostegno del percorso pedonale a perimetro degli spalti. In realtà la struttura metallica è stata pensata e realizzata anche con la funzione secondaria, ma non assolutamente trascurabile, di puntellamento fra le due porzioni fratturate del bastione, in modo da poter smontare con sicurezza la serie di tubi provvisionali. Il montaggio di quest’ultimo elemento costruttivo è stato programmato e studiato utilizzando i mezzi di sollevamento di cantiere, ed ha presentato fasi di lavoro in quota su area aperta, con specifica difficoltà operativa, che comunque sono state superate con adeguata precisione e obbligatoria sicurezza per gli operatori. Le immagini consentono di apprezzare la suggestiva impressione di vuoto, che i visitatori saranno in grado di provare al loro passaggio.
Leopoldo D’Inzeo
La realizzazione degli impianti elettrici (di illuminazione ordinaria e di sicurezza, di forza motrice, di terra), degli impianti speciali (di comunicazione, rivelazione incendio, etc.) e degli impianti meccanici (di climatizzazione, idrico-sanitari, antincendio, etc.) hanno avuto un’incidenza economica abbastanza secondaria all’interno dell’intervento di restauro della Fortezza di Arezzo ma ne costituiscono indubbiamente una parte significativa, sia sotto il profilo funzionale che sotto quello estetico - architettonico. Le principali scelte progettuali impiantistiche erano state definite dalla Ditta appaltatrice in sede di progettazione esecutiva conseguente all’aggiudicazione dell’appalto integrato, e sono state poi rivisitate dall’ufficio di Direzione Lavori in corso d’opera con la stesura di perizie di variante, motivate sostanzialmente, secondo quanto previsto dal Codice degli appalti, dall’esigenza di adattare gli impianti a sopravvenute situazioni impreviste inizialmente (ritrovamenti archeologici, etc.), ma anche al raggiungimento di un linguaggio coerente con i criteri di restauro delle parti interne ed esterne del complesso monumentale. Nelle decisioni del progetto, sia in quello originario che in quello poi effettivamente realizzato, possono ritrovarsi almeno tre tematiche, distinte e specifiche, che hanno reso l’intervento impiantistico complesso ed impegnativo: a) quella dell’inserimento di una serie di impianti multifunzionali all’interno di un contesto monumentale di grande importanza; b) quella di costruire un efficace supporto all’intervento di restauro nel suo complesso, in termini di efficienza, innovazione tecnologica e facilità gestionale e manutentiva in un’ottica di risparmio energetico, così come si conviene ad un’opera pubblica di tale valore; c) quella di garantire la massima sicurezza nei confronti degli utilizzatori, cioè dei visitatori e degli operatori comunali, sia utilizzando componenti intrinsecamente sicuri, che adempiendo alle norme legislative più rigorose in termini di protezione antinfortunistica. Per ciascuna di queste tre tematiche generali si indicano le principali considerazioni addotte e gli obiettivi prefissati.
pagina a fronte Il vano di collegamento tra il primo ed il secondo corpo di guardia illuminato da apparecchi luminosi incassati
Ventilconvettore del Bastione della Diacciaia rivestito con un carter in acciaio cor-ten Sistemi di illuminazione continui a sospensione negli spazi espositivi
Una impiantistica per la conservazione
Coerentemente ai principi di “compatibilità” fra gli impianti tecnologici e gli interventi di restauro sopra teorizzati, nello specifico caso della Fortezza di Arezzo sono stati adottate le seguenti principali scelte progettuali: a) individuazione dei vani tecnici in luoghi separati da quelli di normale presenza del pubblico, debitamente compartimentati e convenientemente adattati; non si ritiene accettabile infatti, sia per motivi estetici che per motivi di sicurezza, la compresenza di apparecchi tecnologici (quadri elettrici per esempio) lungo i percorsi aperti al pubblico; b) conduzione di tutte le tubazioni e le canalizzazione degli impianti elettrici e fluidici all’interno di vani predisposti, sia a sviluppo orizzontale (cavedi sotto pavimento, cunicoli, etc.) che verticale (colonne montanti); laddove questo non è possibile, e soltanto in casi limitatissimi, saranno adottati sistemi di “camouflage” ottenuti mascherando adeguatamente le parti di impianti non integrabili; c) eliminazione pressoché totale, nei locali adibiti a presenza di pubblico, di tutti i pannelli di comando, salvo quanto descritto più oltre, accentrando la gestione e conduzione degli impianti da un luogo dedicato (control – room); d) localizzazione dei principali elementi terminali degli impianti, ad esempio i ventilconvettori, con modalità di posa sotto pavimento o comunque entro nicchie dedicate; laddove i terminali sono stati po-
sati in esterno come per alcuni ventilconvettori posti nel Bastione della Diacciaia è stato disegnato dai progettisti architettonici e realizzato un mantello in acciaio corten al fine di instaurare collegamenti formali con molte delle addizioni architettoniche progettate per altre parti della Fortezza quale ricerca di dialogo formale con l’antico; e) integrazione globale dei terminali elettrici (prese, punti di prelievo, rilevatori, pulsanti, etc.) su apposite strutture multifunzionali (cosiddetti “totem”) che raccolgono numerosi apparati su un unico supporto, evitando l’intollerabile applicazione diffusa a parete degli apparati stessi. In conclusione, soprattutto per i locali interni più pregevoli dei vari bastioni della Fortezza, si è rigorosamente e costantemente ricercata la soluzione di minima invasività degli impianti e di massimo distacco fisico delle apparecchiature impiantistiche dai paramenti murari oggetto del restauro. Nelle parti esterne del complesso monumentale, questo concetto di integrazione e di compatibilità con il pregio architettonico dell’intervento è stato mantenuto, in particolare per gli impianti di illuminazione, che costituiscono la componente impiantistica preponderante.
Gli impianti di illuminazione
L’intervento impiantistico più significativo è rappresentato sicuramente da quello di illuminazione che, se riuscito, contribuisce a valorizzare le parti più pregiate di un complesso monumentale, costi-
Sistemi di illuminazione continui a sospensione negli spazi espositivi Illuminazione degli ambienti interni del Bastione del Soccorso e dei locali ritrovati fra il Bastione del Soccorso ed il Bastione della Chiesa con piantane
pagine 212-213 Illuminazione degli ambienti interni del Bastione del Soccorso e dei locali ritrovati fra il Bastione del Soccorso ed il Bastione della Chiesa con piantane
pagina a fronte L’integrazione tra corpi illuminanti ed architettura per l’illuminazione degli ambienti interni e della nuova integrazione architettonica del Bastone del Soccorso tuendo quindi un elemento essenziale dell’intervento di restauro. Nel caso specifico si è presentata una straordinaria serie di situazioni, sia all’interno che negli ampi spazi esterni della Fortezza, che ha comportato un impegnativo studio illuminotecnico, correlato ogni volta con la consueta ricerca di compatibilità architettonica, per ogni casistica specifica. L’illuminazione ha riguardato infatti le seguenti zone: – all’interno i percorsi del pubblico, le aree museali e convegnisti che, le zone di servizio; – all’esterno i percorsi pedonali, i contrafforti e le zone di maggior concentrazione di persone (ad esempio il palco)
La funzione dell’impianto di illuminazione ha rivestito, sia negli ambienti interni che negli spazi esterni, il consueto carattere di funzionalità, compatibilità estetica con l’intervento conservativo e sicurezza nei confronti degli utenti e del personale; in particolare la compatibilità con l’opera di restauro ha avuto un significato biunivoco, con l’obiettivo di ottenere il minimo di invasività ed il massimo della valorizzazione (notturna) delle parti più pregevoli del complesso monumentale. In alcuni casi, in presenza di pavimentazioni di nuova posa, gli apparecchi luminosi sono stati posizionati incassati come per l’ingresso ed il grande vano di collegamento fra il primo ed il secondo corpo di guardia. Per quanto riguarda l’illuminazione degli spazi a destinazione espositiva, didattica e comunque di possibile fruizione pubblica temporanea sono stati utilizzati sistemi luminosi continui a sospensione che garantiscono assenza di invasività, flessibilità d’uso, flussi luminosi ottimali. In alcuni casi, come è per gli ambienti interni al Bastione del Soccorso ed i cosiddetti ex rifugi si è optato per piantane fissate al suolo con analogo risultato in termini di invasività e luminosità. Per quanto riguarda invece l’illuminazione degli spazi esterni la stessa è stata risolta prevalentemente con apparecchi a pavimento incassati nel massetto architettonico di nuova realizzazione o con strisce led a luce calda inserite in traccia appositamente progettata e realizzata nei gradini in acciaio corten e massetto architettonico che conducono all’ovale centrale degli spazi aperti interni alla Fortezza . Studi specifici e soluzioni illuminotecniche particolari sono state concertate anche con la progettazione architettonica per valorizzare e restituire il senso ed il messaggio di integrazioni architettoniche significative come per la nuova protesi di acciaio in completamento del Bastione del Soccorso. Vengono di seguito presentati i più significativi sistemi di illuminazione adottati, ottenuti sfruttando sorgenti, apparecchi e modalità di installazione in maniera versatile ed appropriata.
Qualità degli impianti e requisiti di sicurezza
Sulla base della ricerca di compatibilità architettonica, di rispetto dei criteri del restauro e nello spirito del perseguire una significativa innovazione tecnologica, sono stati progettati e realizzati gli impianti con le seguenti peculiari caratteristiche: a) impianti di climatizzazione estiva ed invernale in tutte le zone adibite a presenza di pubblico al co-
L’ integrazione tra corpi illuminanti ed architettura per l’illuminazione degli ambienti interni e della nuova integrazione architettonica del Bastone del Soccorso
pagine 218-219 Illuminazione esterna con corpi illuminanti ad incasso nel massetto di nuova realizzazione perto, sia all’interno dei Bastioni che all’interno della Casina Fossombroni i cui terminali relativi (ventilconvettori) sono stati previsti sotto i pavimenti di nuova realizzazione con posa incassata e nascosta e corredati di griglie di mandata e di ripresa aria sempre a pavimento; le relative canalizzazioni dell’aria in poliuretano scorrono anch’esse prevalentemente sotto pavimento e quindi sempre in assenza di rimozioni o tracce su parti o materiali di pregio; b) gli impianti idrico-sanitari (adduzione e scarico) nei servizi igienici sono di tipo tradizionale ad incasso con tubazioni nascoste e sistemi di recapito in fogna, dedicati per ciascuna zona di intervento; c) gli impianti luce, adducente agli apparecchi illuminanti sopra descritti, sono posati prevalentemente in vista, entro tubazioni dedicate opportunamente integrate con gli elementi di arredo; d) l’impianto di forza motrice per l’alimentazione di tutte le utenze fisse e per i terminali è stato predisposto in tubazioni sotto pavimento; i terminali stessi sono costituiti nei casi più semplici da torrette a scomparsa e nei casi più complessi e frequenti da strutture autoportanti multifunzioni (cosiddetti totem) posti nei luoghi più baricentrici e strategici lungo i vari percorsi; tali totem rappresentano modalità di alloggiamento di prese, luci di emergenza, interruttori assolutamente non invasivi in quanto alimentati da tubazioni poste sotto i pavimenti di nova posa, distaccati dalle murature e da parti di pregio, reversibili, distinguibili; e) impianti speciali di comunicazione (in alcuni casi soltanto predisposti) costituiti da prese dati e telefoniche, diffusori sonori, posizionati sui medesimi totem. Sono stati parimenti previsti tutti i più aggiornati impianti relativi alla sicurezza, sia nei confronti del pubblico che nei confronti dei danneggiamenti ai quali il complesso monumentale può essere sottoposto; in particolare, nel rispetto delle più rigorose normative antinfortunistiche e di prevenzione incendi sono stati concepiti i seguenti sistemi: a) l’impianto luce di sicurezza, di tipo misto, è in parte alimentato da sorgenti autonome (gruppi di continuità dedicati) ed in parte con apparecchi illuminanti autoalimentati in modo da garantire al pubblico un esodo sicuro e ordinato verso i percorsi di uscita dalla Fortezza, anche in caso di mancanza di tensione di rete; b) per quanto riguarda gli impianti di sicurezza propriamente detti, quali rivelatori di incendio, rilevatori di presenze e/o antintrusione, i terminali di tali impianti sono stati concentrati, per quanto possibile, a bordo dei vari totem, riducendone l’impatto visivo negli ambienti più pregevoli; c) gli impianti di terra ed equipotenziali sono stati realizzati in modo da garantire un’adeguata protezione dal rischio di contatti indiretti, da parte del pubblico, con componenti degli impianti elettrici; d) gli estintori e la cartellonistica di sicurezza necessaria per lo sfollamento in piena tranquillità del pubblico al termine degli spettacoli e degli eventi. intrattenimento.