Racconti di viaggio. Le sete di Petra | S. Bertocci

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a cura di

stefano bertocci

Racconti di viaggio Le sete di Petra


La serie di pubblicazioni scientifiche Ricerche | architettura, design, territorio ha l’obiettivo di diffondere i risultati delle ricerche e dei progetti realizzati dal Dipartimento di Architettura DIDA dell’Università degli Studi di Firenze in ambito nazionale e internazionale. Ogni volume è soggetto ad una procedura di accettazione e valutazione qualitativa basata sul giudizio tra pari affidata al Comitato Scientifico Editoriale del Dipartimento di Architettura. Tutte le pubblicazioni sono inoltre open access sul Web, per favorire non solo la diffusione ma anche una valutazione aperta a tutta la comunità scientifica internazionale. Il Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze promuove e sostiene questa collana per offrire un contributo alla ricerca internazionale sul progetto sia sul piano teorico-critico che operativo. The Research | architecture, design, and territory series of scientific publications has the purpose of disseminating the results of national and international research and project carried out by the Department of Architecture of the University of Florence (DIDA). The volumes are subject to a qualitative process of acceptance and evaluation based on peer review, which is entrusted to the Scientific Publications Committee of the Department of Architecture. Furthermore, all publications are available on an open-access basis on the Internet, which not only favors their diffusion, but also fosters an effective evaluation from the entire international scientific community. The Department of Architecture of the University of Florence promotes and supports this series in order to offer a useful contribution to international research on architectural design, both at the theoretico-critical and operative levels.


ricerche | architettura design territorio


ricerche | architettura design territorio

Coordinatore | Scientific coordinator Saverio Mecca | Università degli Studi di Firenze, Italy Comitato scientifico | Editorial board Elisabetta Benelli | Università degli Studi di Firenze, Italy; Marta Berni | Università degli Studi di Firenze, Italy; Stefano Bertocci | Università degli Studi di Firenze, Italy; Antonio Borri | Università di Perugia, Italy; Molly Bourne | Syracuse University, USA; Andrea Campioli | Politecnico di Milano, Italy; Miquel Casals Casanova | Universitat Politécnica de Catalunya, Spain; Marguerite Crawford | University of California at Berkeley, USA; Rosa De Marco | ENSA Paris-LaVillette, France; Fabrizio Gai | Istituto Universitario di Architettura di Venezia, Italy; Javier Gallego Roja | Universidad de Granada, Spain; Giulio Giovannoni | Università degli Studi di Firenze, Italy; Robert Levy| Ben-Gurion University of the Negev, Israel; Fabio Lucchesi | Università degli Studi di Firenze, Italy; Pietro Matracchi | Università degli Studi di Firenze, Italy; Saverio Mecca | Università degli Studi di Firenze, Italy; Camilla Mileto | Universidad Politecnica de Valencia, Spain | Bernhard Mueller | Leibniz Institut Ecological and Regional Development, Dresden, Germany; Libby Porter | Monash University in Melbourne, Australia; Rosa Povedano Ferré | Universitat de Barcelona, Spain; Pablo RodriguezNavarro | Universidad Politecnica de Valencia, Spain; Luisa Rovero | Università degli Studi di Firenze, Italy; José-Carlos Salcedo Hernàndez | Universidad de Extremadura, Spain; Marco Tanganelli | Università degli Studi di Firenze, Italy; Maria Chiara Torricelli | Università degli Studi di Firenze, Italy; Ulisse Tramonti | Università degli Studi di Firenze, Italy; Andrea Vallicelli | Università di Pescara, Italy; Corinna Vasič | Università degli Studi di Firenze, Italy; Joan Lluis Zamora i Mestre | Universitat Politécnica de Catalunya, Spain; Mariella Zoppi | Università degli Studi di Firenze, Italy


a cura di

stefano bertocci

Racconti di viaggio Le sete di Petra


Il volume è l’esito di un progetto di ricerca condotto dal Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze. La pubblicazione è stata oggetto di una procedura di accettazione e valutazione qualitativa basata sul giudizio tra pari affidata dal Comitato Scientifico del Dipartimento DIDA con il sistema di blind review. Tutte le pubblicazioni del Dipartimento di Architettura DIDA sono open access sul web, favorendo una valutazione effettiva aperta a tutta la comunità scientifica internazionale.

in copertina Veduta di EL-Deir di Stefano Bertocci.

progetto grafico

didacommunicationlab Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze Susanna Cerri Sara Caramaschi

didapress Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze via della Mattonaia, 8 Firenze 50121 © 2018 ISBN 978-88-3338-050-6

Stampato su carta di pura cellulosa Fedrigoni Arcoset


indice

Introduzione Stefano Bertocci

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Racconti di viaggio

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L’architettura rupestre a Petra Stefano Bertocci

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Il disegno delle pietre del deserto. Il segno di una penna delinea un percorso tra le forme del tempo Sandro Parrinello

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Se fossi un albero Michelangelo Pivetta

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Itinerari

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Le sete di Petra: tre itinerari nell’area archeologica 49 Andrea Giorgetti Itinerario I. Il Siq, lo Jebel Attuf e il Wadi Farasa Andrea Giorgetti

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Itinerario II. Il centro città e il Deir Andrea Giorgetti

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Itinerari escursionistici Andrea Giorgetti

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Postfazione: il richiamo del Medio Oriente Marco Bini

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a eldjy ho ingaggiato una guida di haroun.costui ha scortato la un otre di acqua poiché sapev sottostante. […] seguendo il valle si restringe ancora e prop di wadi mousa. […] abbiamo olt collaterali tra rocce a strapiom torrenti affluivano dal lato mer nel fiume.[…] dopo aver prosegui le rupi, siamo giunti a un sito d letto di un altro corso d’acqua syk. sul lato della rupe a strap allo sbocco della valle princi mausoleo rupestre, la cui pos concepite per suscitare un’im viaggiatore dopo quasi mezz’ora paesaggio […] tra le antiche rov si annoverano tra le più mirabil 6

racconti di viaggio. le sete di petra • stefano bertocci


da per farmi condurre alla tomba la capra e mi ha dato da portare va che non ve ne era nell’uadi rivo di edljy verso ovest la prio qui iniziano le antichità trepassato parecchie fenditure mbo, attraverso le quali alcuni ridionale del syk riversandosi ito per venticinque minuti tra dove il passaggio si slarga e il proveniente da sud si unisce al piombo, direttamente di fronte ipale, ha fatto la comparsa un sizione e la cui bellezza sono mpressione straordinaria sul a d’attraversamento in un simile vine esistenti in siria, queste li. titolo saggio • nome cognome

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Johann Ludwig Burckhardt, Viaggio in Siria e in Terra Santa, 1822



introduzione

Stefano Bertocci

Il coronamento di El Deir

Sono stato varie volte a Petra e con diversi scopi, per immergersi negli immensi paesaggi che trascendono ogni possibile descrizione oppure per rivolgere una attenzione maniacale, dal punto di vista scientifico, alla storia dell’architettura e dell’archeologia. Ogni volta che arrivo al passo che da Shaubak introduce a Wadi Musa (la Petra contemporanea) e si aprono gli incredibili paesaggi sul Wadi Araba, scanditi da creste rocciose disposte in profondità secondo i vari piani prospettici, dagli oltre mille metri di altitudine della Via dei Re alla depressione del deserto che precede il Mar Morto, mi coglie la stessa emozione. È per questo motivo che ritorno, per quella emozione che si radicò dentro di me la prima volta che la raggiunsi su di uno sgangherato pick-up a noleggio nei primi anni ’90 con la missione archeologia dell’Università di Firenze guidata da Guido Vannini. Ho voluto realizzare questo racconto a più voci nella nostra serie “Racconti di Viaggio” per dare modo a colleghi ed amici, che negli anni hanno condiviso i miei ‘ritorni’, di raccogliere le idee e soprattutto le immagini di questi viaggi. Gli altri aspetti, quelli più consistenti dal punto di vista scientifico sono stati raccolti in varie pubblicazioni ed articoli presentati in convegni e riviste internazionali, alcuni dei quali sono riportati nella bibliografia del presente lavoro, ma sono particolarmente affezionato, e per questo lo voglio ricordare, al volume “Castelli di Pietre”, curato con Marco Bini anni addietro, che raccoglie i principali risultati del nostro lavoro. La pietra ricorre come motivo conduttore in tutti i racconti che ho raccolto e costituisce effettivamente il filo rosso che li lega. L’area monumentale di Petra è inserita nel margine sinistro della Rift Valley nella Giordania centro-meridionale. L’intera valle, di origine tettonica, insiste su formazioni quarzoarenitiche di origine continentale. La morfologia dell’area ricalca l’assetto tettonico; in particolare, la depressione che contiene la città di Petra è bordata da alte scarpate su faglie connesse con il sistema attivo del Mar Morto. Molto marcato è il modellamento lungo le reti di fratture che hanno prodotto, attraverso l’erosione, la formazione di profondi wadi. La pietra scavata è la materia delle principali architetture oggi conosciute di Petra, magnifici intagli condotti attraverso un preciso controllo geometrico, a scala eccezionale: le maggiori facciate di Petra raggiungono i 45 metri di altezza.


Il centro di Petra

La stessa pietra costituiva la città, oggi scomparsa, che occupava l’intera valle: oggi emergono i resti del grande tempio, il cardo lastricato, alcuni recinti di grandi templi e i resti della cattedrale. Pietre di spoglio sono state riprese e riusate dai crociati per costruire, agli inizi del dodicesimo secolo, le fortezze disposte all’ingresso del Siq e sull’acropoli di Al Habis, nel centro della valle, un tempo oscure fortezze per il controllo dell’area posta al centro del regno crociato di Transgiordania la cui prima capitale fu Shobak. Le stesse pietre sono state riusate innumerevoli volte per costruire ripari e piccole abitazioni temporanee delle popolazioni beduine che da sempre hanno percorso le piste del deserto fra il Wadi Araba e il deserto arabico. Disegni e belle foto danno vita ai racconti delle pietre di Petra in questo volume.


titolo saggio • nome cognome

Racconti di viaggio

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l’architettura rupestre a petra

Stefano Bertocci

Il Tesoro all’uscita dal Siq

Nel 1812 l’esploratore svizzero Johann Ludwig Burkhardt1 rivelò al mondo occidentale le splendide architetture rupestri di Petra, conservatesi spesso pressoché intatte per le caratteristiche geomorfologiche del sito e per la singolare ed accurata tecnica di realizzazione. Il grande successo dei primi resoconti arricchiti da ottime illustrazioni grafiche quali quelle realizzate da David Roberts2, edite fra il 1842 ed il 1849 e tratte da disegni realizzati nel 1839 durante una apposita spedizione dall’Egitto alla Terrasanta, contribuì ad incrementare l’interesse per la mitica città. L’area di Petra, posta al margine dell’altopiano del deserto arabico con il Wadi Araba, ad una altimetria compresa fra gli 800 ed i 1.000 metri sul livello del mare, conserva tracce di molte fasi di antropizzazione3. Il sito venne occupato dai Nabatei, una popolazione araba che divenne ben presto una potenza commerciale nei traffici fra l’estremo Oriente ed il Mediterraneo. Arricchirono Petra, la capitale del loro regno, in periodo ellenistico e romano fra il I secolo a.C. ed il II secolo d. C., con fastosi monumenti e di grandiose architetture funerarie4. Quello che rimaneva, all’atto della riscoperta, erano soprattutto le monumentali facciate, ricche di riferimenti classicheggianti, fortemente caratterizzate dai cromatismi naturali, peJ. L. Burkhardt, Travels in Syria and the Holy Land, London, 1822, pp. 420-434. Raccolta di vedute di D. Roberts, Londra, 1839. 3 L’ area geografica attualmente occupata dallo stato giordano ha sempre rappresentato un nodo cruciale quale raccordo tra Asia, Africa e Mediterraneo e spesso la possibilità del controllo di questo territorio è stata determinante per l’assetto politico dell’intera area del mediorientale proprio per la sua posizione. Nell’area sono presenti tracce di insediamenti umani fino dal paleolitico: il villaggio di Beidha a quello di Jarmo e di Catal Huyuk, a solo 8 km. da Petra risalgono al XVII e XVI millennio a.C. Su uno dei rilievi più alti che dominano Petra, il pianoro di Umm-el-Biyara (m. 1.158 s. l. m.), è stato individuato un villaggio dell’età del bronzo, sul quale si sovrappose un villaggio degli edomiti. Il regno di Edom (1200 a.C.) è citato nel racconto biblico dell’Esodo (Numeri, 14-21) e costituiva uno dei quattro regni in cui, nell’età del ferro, era suddiviso l’attuale territorio giordano; la capitale del regno, Sela (equivalente al greco Petra) doveva essere ubicata nell’attuale vallata di Petra, tuttavia la localizzazione effettiva dell’insediamento è tuttora incerta, poiché il citato villaggio di Umm el Biyara risulta relativamente più recente rispetto alla datazione dell’episodio biblico della conquista della città da parte degli ebrei (2 Re, 14,7). 4 Con la conquista romana, avvenuta per opera di Traiano nel 106 d. C. e, successivamente, con lo spostamento delle direttrici commerciali a nord, verso Gerasa e Palmira, ed a sud verso il Mar Rosso, iniziò il declino della città. Nel V secolo la città divenne sede vescovile ma, dal VII secolo con la conquista araba, il sito perse anche la funzione di frontiera e tramite fra mondo bizantino e le tribù arabe. Cfr. AA. VV. Petra Wadi Ramm Aquaba. Piccola guida alle antichità, trd. it. di F. Teso Romero, Al Kutba Editore, Amman, 1992. 1 2


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racconti di viaggio. le sete di petra • stefano bertocci

Il triclinio di Beida Veduta del centro di Petra da al Habis

pagina a fronte La Tomba Giardino

culiari delle rocce della valle. Il rapporto unico con la aspra natura dei luoghi, accentuato dai forti contrasti determinati dalla luce dell’ambiente desertico giordano, si imposero ben presto all’attenzione del pubblico e degli studiosi creando il mito e la fortuna, oggi anche in senso turistico, di Petra. Nel 1898 Brunnow e von Domaszewski5 pubblicarono un dettagliato rapporto delle facciate scolpite dell’area archeologica. I due autori, oltre a stabilire il sistema di riferimento ancor oggi vigente dei monumenti all’interno dell’area della antica città, organizzarono anche una suddivisione, in base ai dati storici allora conosciuti ed alle considerazioni stilistiche, in sette raggruppamenti ipotizzando inoltre le relazioni cronologiche fra i relativi gruppi. I raggruppamenti individuati dagli autori citati, ancor oggi validi sotto il profilo tipologico sono i seguenti: • Pylon Tombs, costituite dagli esempi più semplici, con facciate piane e volumi pressoché prismatici, in genere con una leggera rastremazione verso l’alto, concluse da una cornice, con coronamento costituito da pseudo merlature a piccoli gradini (ogni elemento ne ha quattro o cinque per lato) riecheggianti soluzioni decorative di origine mesopotamica; il motivo di coronamento in molti esempi risulta doppio, ripetuto sovrapposto; 5

R.E. Brunnow, A. von Domaszewski, Die Provincia Arabia, vol. I, Strasbugo, 1904, pp. 192-194, 481-510.


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pagina a fronte Il Tesoro appare fra le pareti del Siq

• Step Tombs, con facciate con volume prismatico sormontate da un coronamento costituito da una serie di modanature e concluso da due alti elementi affrontati con cinque gradini ciascuno; • Proto Heger Tombs, conformate come le precedenti con l’aggiunta di elementi di derivazione dall’architettura classica, in particolare sono arricchite da lesene o paraste angolari e generalmente con portale centrale a edicola; • Heger Tombs, costituite sempre da un volume pseudoprismatico con la facciata articolata tramite un ordine architettonico di derivazione classica sovrastato da un attico al di sopra della tradizionale modanatura conclusiva. L’attico è articolato tramite un ordine ‘ridotto’ di lesene o paraste sostenenti una seconda trabeazione, al di sotto del caratteristico coronamento con i due elementi angolari affrontati, ciascuno con cinque gradini come quelli precedentemente descritti; • Arch Tombs, tombe con elementi di derivazione classica con coronamento a timpano curvilineo al di sopra della trabeazione; • Gable Tombs, con coronamento a timpano triangolare; • Roman Temple Tombs, sono gli esempi architettonicamente più complessi, modulati secondo i principi dell’architettura classica, articolati tramite uno o più ordini sovrapposti, ma privi del tradizionale coronamento caratteristico dei primi quattro gruppi sopra descritti. La sequenza cronologica stabilita da von Domaszewski venne abbandonata dopo la pubblicazione delle tombe di Medain Saleh, un sito nabateo in Arabia con una estesa necropoli monumentale, da parte di Jaussen e Savignac nel 19096. Qui le facciate erano arricchite da numerose epigrafi, cosa estremamente rara a Petra, e fu quindi possibile documentare la pressoché contemporanea realizzazione, nell’arco del I secolo d. C., delle tombe dei primi quattro tipi individuati in un primo momento soltanto a Petra. Tuttavia il problema della datazione delle architetture rupestri di Nabatee ha continuato a suscitare un fitto dibattito fra gli studiosi sino ai recenti studi di Judith McKenzie che hanno riassunto lo stato dei lavori e, partendo da accurate operazioni di catalogazione e rilevamento degli esempi maggiori dell’architettura petrea, con serrati confronti con le tombe della necropoli di Medain Saleh, e con gli studi effettuati dagli anni Cinquanta secolo scorso mediante scavi condotti su alcune fra le maggiori emergenze archeologiche dell’abitato di Petra, ha curato una completa revisione critica della cronologia dei monumenti della valle7. Uno dei fatti di maggior interesse, rilevati nell’analisi delle tombe di Medain Saleh dalla 6 7

Cfr. J. Jaussen, R. Savignac, Mission Archéologique en Arabie, vol I, Parigi, 1909, vol II, parigi, 1914. J. Mc Kenzie, The Architecture of Petra, British Accademy Monographs in Archeology, n.1, Oxford, 1992.


l’architettura rupestre a petra • stefano bertocci

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racconti di viaggio. le sete di petra • stefano bertocci

L’interno della Tomba dell’Urna


l’architettura rupestre a petra • stefano bertocci

McKenzie, confortato anche dai risultati dei ricercatori che dagli anni ’50 hanno operato su alcuni dei monumenti della città di Petra come Hammond, Wright, Parr e Zayadine8, è stata la evidenziazione di un processo di graduale trasformazione e semplificazione degli elementi classici delle decorazioni unitamente alla progressione cronologica, quasi che, dopo un primo momento fortemente innovativo caratterizzato dall’assunzione acritica del linguaggio classico proveniente soprattutto dall’ellenizzante mondo tolemaico, i Nabatei abbiano sentito l’esigenza di sviluppare uno specifico linguaggio figurativo più consono alla propria cultura ed all’ambiente in cui la loro civiltà si era sviluppata. In parallelo a quanto riscontrato a Medain Saleh, dove è stato possibile verificare in base alle evidenze epigrafiche anche gli operatori e le scuole degli intagliatori della pietra, ognuna delle quali era dotata di un particolare sistema di modulazione degli elementi, anche nell’analisi delle monumentali opere di Petra, è stata rilevata una notevole importanza della progettazione e della modulazione degli elementi architettonici. Sulla base di accurati confronti stilistici, mensori e di modulazione dei dettagli, il lavoro della McKenzie giunge ad una suddivisione storico-critica delle facciate dove sono riscontrabili elementi derivanti dall’architettura classica, in sei gruppi, articolati secondo una cronologia relativa che va dai primi anni del I secolo d. C. con il tempio di Kasar el Bint ed il Khasneh, alla prima metà del II secolo d. C., con la Tomba di Sesto Fiorentino, datata 129 d. C. e la Tomba Rinascimentale di poco successiva9. I criteri sopra menzionati risultano tuttavia inapplicabili, come riconosce la stessa autrice, alla classificazione delle architetture non-classiche, ovvero quelle maggiormente legate alla tradizione locale, come quella raccolte nelle prime quattro categorie individuate da von Domaszewski (Pylon Tombs, Steps Tombs, Proto-Heger ed Heger Tombs). Le architetture rupestri oggi visibili a Petra facevano parte, in origine, di vasti complessi monumentali comprendenti oltre alle citate strutture tutta una serie di spazi ed edifici in muratura come risulta, oltre che dalle evidenze archeologiche, da una iscrizione sulla tomba Turkmaniya che descrive l’intero complesso: questo era composto dalla tomba principale e da altre camere sepolcrali, un cortile antistante la facciata scolpita nella roccia, e da giardini attigui con alcuni fabbricati e terrazze, il triclinio per le cerimonie e le cisterne, il tutto circondato da mura10. Risulta pertanto di estrema difficoltà un approccio critico complessivo all’architettura dei Nabatei in assenza di ulteriori indagini archeologiche, considerando anche l’eivi, pp. 12, 13 e 33. ivi, p. 56. La cronologia proposta è suddivisa nei seguenti gruppi: A) Kasar el Bint, Khasneh, Tempio dei leoni alati (I secolo d. C.); B) Tomba dell’urna, Tomba del soldato romano e triclinio,Teatro, Paited house a Beidha, Tomba seta(I secolo d. C.); C) Toba corinzia, Tomba degli obelischi e triclinio a Bab el Siq, Tomba del timpano spezzato(40-70 d. C.); D) Trilinio dei leoni (contemporanee al gruppo C); E) Deir, Tomba palazzo, Facciata Carmine(contemporanee al gruppo C); F) Tomba rinascimentale, Tomba di Sesto Fiorentino(129 d. C.). 10 ivi, p. 35. 8 9

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La Tomba di Aronne

pagina a fronte Cammelli all’uscita del Siq

sistenza di tutta una serie di insediamenti, anche molto articolati ed in buona parte non indagati, che si svilupparono nel periodo di maggiore espansione del regno nabateo, dalla Siria come Bosra, fino all’attuale stato di Israele e ad una parte dell’Arabia Saudita. È stato tuttavia possibile formulare alcune ipotesi relative alle grandi facciate rupestri le quali, sebbene in buona parte ‘decontestualizzate’, per l’ottimo grado di conservazione consentono l’approfondimento di analisi tipologiche e stilistiche. Sulla base inoltre delle campagne di rilevazione fotogrammetrica, i cui risultati sono stati pubblicati dalla McKenzie, avvalendosi di ulteriori accurate verifiche e rilievi eseguiti sul posto, è stato possibile giungere ad interessanti considerazioni di tipo mensorio relative alla modulazione dell’architettura stessa, le quali sono in grado di fornire un ulteriore supporto scientifico alle ipotesi di cronologia relativa ed assoluta dei monumenti stessi11. La libertà dai tradizionali schemi statici dell’architettura classica, impostata, nello specifico, sul sistema trilitico ortostatico, ha consentito agli operatori di Petra una particolare originalità nell’espressione delle forme architettoniche: la tecnica di realizzazione di queste opere si avvicina infatti di più alla scultura, all’altorilievo, che alle tecniche costruttive tradizionali. Un esempio della tecnica di realizzazione delle monumentali facciate è fornito dalla cosiddetta Tomba incompiuta, posta nel centro di Petra, sul fianco Cfr. M. Bini, S. Bertocci, Castelli di Pietre. Aspetti formali e materiali dei castelli crociati nell’area di Petra in Transgiordania, Firenze, 2004.

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l’architettura rupestre a petra • stefano bertocci

orientale dello sperone roccioso di Al Habis. Si tratta di un vero e proprio cantiere rimasto incompiuto dove risultano evidenti le principali fasi delle operazioni eseguite per la realizzazione di una architettura rupestre di notevoli dimensioni, probabilmente un grandioso triclinio o un tempio (che ripete la tipologia del complesso denominato Tempio Giardino) aperto con un grande vestibolo o pronao verso la città. La luce, ed in particolare l’esposizione alla piena illuminazione in determinati momenti del giorno, o dell’anno, sembra abbia guidato anche la scelta dei siti per l’ubicazione delle architetture: il Khasneh doveva probabilmente seguire le logica della scenografia e raggiungere il migliore effetto durante le ore del mattino (momento di maggiore afflusso alla città tramite il Siq) per entrare in ombra prima che il sole raggiunga lo zenit; il Dair raggiunge la completa illuminazione soltanto nel tardo pomeriggio, mentre il gruppo delle tombe reali entra in luce alla metà della giornata.

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racconti di viaggio. le sete di petra • stefano bertocci

Le tombe reali

La presenza inoltre di sistemi di accesso alle parti alte dei monumenti, particolarmente evidenti negli esempi citati, lascia supporre l’uso di sistemi di illuminazione notturna con lampade ad olio o torce per particolari esigenze cultuali. Negli esempi più tardi, come ad esempio la Tomba Palazzo, si riscontra anche l’uso dell’acqua, bene estremamente prezioso in tutta l’area, per aggiungere particolari effetti scenografici alla costruzione; in questo grande edificio, di dimensioni assai simili a quelle della facciata del Dair, esiste un complesso sistema di cisterne e canalizzazioni per condurre l’acqua ad una fontana a cascata che sgorgava in alto dalla parete rocciosa al lato destro della facciata. Ai naturali effetti cromatici del fondo roccioso, non di rado integrati da coloriture, come è dimostrato dai resti di pittura che delineano i dentelli delle cornici sopra le porte delle celle all’interno dell’atrio del Khasneh o delle cornici delle trabeazioni rotte della Tomba Palazzo, nel periodo della dominazione romana vennero sovente ad aggiungersi decorazioni a stucco ed affreschi nelle parti interne, come risulta dal triclinio con la sala dipinta a Beida o Siq el Barid.


il disegno delle pietre del deserto. il segno di una penna delinea un percorso tra le forme del tempo

Sandro Parrinello

Camminare con fatica per raggiungere una posizione privilegiata dalla quale riuscire a carpire la dimensione territoriale e, al contempo, poter leggere nelle ombre la ricchezza del dettaglio roccioso di una rovina, costituisce una delle esperienze più emozionanti che possono essere condotte nella area archeologica di Petra. Definire un’inquadratura per riuscire a disegnare uno dei suoi molti monumenti richiede di stabilire un contatto con il luogo, per tradurre in segni le tracce che il tempo ha impresso sulla roccia. Il viaggio del disegnatore, sulle orme dei grandi orientalisti, è un percorso verso la conoscenza delle radici del mondo occidentale, a pochi passi da quel limes arabicus che, indelebile, ancora oggi segna il confine oltre il quale si estendono le sabbie fino a perdita d’occhio, evocando, dal vicino castello di Shobak, immagini degne del deserto buzzatiano. Sospesi su valli senza tempo dalla fonte di Mosè si attraversa la precaria città giordana densa di contraddizioni e architetture effimere costruite, probabilmente, per evocare un certo compiacimento nei molti turisti che ogni notte vi si ritirano per dormire. La discesa nella valle raggiunge il livello delle formazioni rocciose dove i crociati costruirono il castello di Wu’Ayra che svelano un labirinto naturale di dossi levigati dal tempo che danno modo di affacciarsi sulla dimensione eccezionalmente vasta di un territorio che fino a poco prima, visto dall’alto, sembrava molto più contenuto. Nel deserto le distanze si confondono e la profondità si annulla rendendo di difficile lettura il livello intermedio tra il primo piano e lo sfondo, definito qui dal profilo delle creste montuose che anticipano il rift del Wadi Araba. Addentrandosi nell’area archeologica da uno qualunque dei suoi molti accessi si avverte come un distaccamento temporale, il rumore del caos urbano di Wadi Musa si affievolisce diventando un eco di sfondo al lento suono dei passi che, incessanti, avanzano tra la sabbia e le rocce. Oltre la tomba dell’Obelisco cavalli e somari, sormontati da beduini, traghettano turisti dentro la valle, mentre a piedi è possibile assaporare, con la dovuta calma, la grande fessura nella terra, l’immenso taglio che conduce al ventre della città di pietra. Il Sîq lo si attraversa volgendo costantemente lo sguardo verso l’alto per apprezzare i tagli di luce che variano rapidamente scandendo le ore del giorno.


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racconti di viaggio. le sete di petra • stefano bertocci

Il limes arabicas dal castello di Shobak

pagina a fronte Veduta del Tesoro dal Siq El Khasneh al Faroun, il tesoro

Vi sono poi i disegni dell’azione dell’acqua che leviga le pareti, e la polvere che si alza con il vento, fa percepire il processo naturale dell’erosione come manifesto del tempo che scorre. La dimensione verticale evoca la profondità dell’immersione nel passato così che al termine della gola appare in un gioco di contrasti, di ombre e luci, El Khasneh al Faroun, svelando ad ogni passo la ricchezza dell’eccezionale incontro tra architettura nabatea, ellenistica e romana. Il monumento funebre esprime a Petra il collegamento tra la luce e l’oscurità, l’aria e la terra, la vita e la morte, elevando in una dimensione quasi esclusivamente verticale, espressa dalla struttura della facciata, la realtà terrena per imporsi come riflesso ultraterreno dell’esperienza vissuta dal defunto (e della sua grande importanza) nella comunità. Le dimensioni del fronte finemente lavorato nella roccia pongono non poche complessità al disegnatore che, nell’ambiente ristretto della gola, è costretto ad valutare attentamente le proporzioni, a rappresentare solo alcuni dettagli per riuscire a descrivere l’intera composizione della scena, dalla sabbia del camminamento al taglio del cielo. Appena un sentiero rende possibile salire di quota mentre il desiderio di proseguire verso l’area monumentale viene superato dalla possibilità di distaccarsi dalla massa dei turisti per avventurarsi alla ricerca della propria Petra. Petra deve essere scoperta passo dopo passo, viene così ritardato il raggiungimento del decumano e delle tombe reali in favore dalla ricerca costante di riferimenti nel paesaggio per comprendere al meglio il sistema insediativo. Raggiunta Jebel Madhbah, la spianata del sacrificio e Zib-a-tuf, si è immersi nuovamente nella vastità del deserto, scompare la profondità di campo e lo sfondo si anima di grandi rilievi con cime elevate, come il Jabal Haˉruˉn, sulla cui cima scintilla la bianchissima piccola moschea ritenuta la tomba di Aronne un puntino luminoso che risplende all’orizzonte come uno specchio sotto il sole. Più vicina Umm al-Beira scandisce il tempo


il disegno delle pietre del deserto • sandro parrinello

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pagina a fronte L’altare del sacrificio, Jebel Madhbah Tomba del timpano spezzato Tomba Giardino Tombe monumentali nei pressi del teatro

dall’alto, diventando nel pomeriggio la mole che mette in ombra la valle e lo sfondo di tutti i disegni. Il sentiero che scende concede lo spazio per realizzare numerosi disegni di piccoli gioielli che appaiono dietro ad ogni curva. Nel paesaggio cosmico della valle si aprono scenari di dimensione più intima, loci amoeni dove è possibile sedersi per annotare con la dovuta calma le suggestioni compositive di tale meraviglia. Disegno dopo disegno si trovano soluzioni grafiche per descrivere i giochi di luce, i contrasti netti delle ombre e il rapporto tra dimensione interna ed esterna nelle singole ambientazioni, potendo così mettere in pratica un espediente visivo utile alla descrizione della profondità di campo. Entrando nelle piccole camere e negli interni rupestri non è solo il brusco cambio di temperatura a creare una cesura con la dimensione esterna: una volta che gli occhi si sono abituati alla luce è possibile godere di un vero e proprio salto nel passato, dove l’allestimento di un triclinio per banchetti funebri dà ragione di quale dovesse essere la dimensione politica e spirituale della cultura nabatea. In questi ambienti avvenivano le riunioni di una ristretta cerchia di persone che orientava e programmava la vita sociale e commerciale sotto il controllo e il giudizio dei defunti, nel rispetto di un ordine comunitario. Dagli interni oscuri il controcampo verso l’esterno è un cannocchiale visivo che esplicita i diversi livelli di permeabilità dello spazio comune e se oggi mancano i giochi d’acqua, il giardino e le finiture degli arredi, è comunque suggestivo immaginare l’aspetto originario dei complessi monumentali funerari attraverso il fascino delle rovine. Il tragitto scende fino a raggiungere una ulteriore salita per Al-Habis, la fortezza crociata posta sulla sommità della antica acropoli che, all’ombra di Umm al-Beira, offre al visitatore la più esaustiva veduta di Petra sul tempio e sul decumano massimo con l’arco trionfale di Traiano e le tombe reali sullo sfondo ancora illuminate dal sole. Una volta scesi dall’altopiano fortificato, in prossimità del tempio, si è guidati al sentiero che conduce a El Deir, una grandiosa tomba reale che nel periodo bizantino fu convertita in chiesa prendendo poi il nome di monastero. Lungo la salita, gremita di turisti, è possibile scostarsi dal percorso per trovare altri monumenti funebri, come la tomba dei leoni o fonti d’acqua, per giungere infine alla grande piazza antistante il monumento. Si riesce a dimensionare l’enorme facciata, con i suoi 45 metri di altezza, solo quando un turista vi si avvicina offrendo un riferimento mensorio utile all’interpretazione della scena. Oltre El Deir i luoghi panoramici per l’osservazione del deserto della grande depressione del Wadi Araba sono ubicati sul crinale della catena che circonda Petra: da qui si dipartono sentieri che raggiungono al-Bayd·āʾ, la Bianca, la piccola Petra.



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racconti di viaggio. le sete di petra • stefano bertocci

Veduta di Petra da Al-Habis

pagina a fronte Particolare del tempio dal sentiero che sale a El Deir

Il sole inizia la sua discesa oltre il rift e sembra tramontare in mezzo al cielo mentre tutto attorno diventa rosso. Un’ombra netta taglia in due il fronte del Deir e quando lo spettacolo della natura giunge al termine un solo luogo resta ancora illuminato, il Jabal Haˉruˉn, che continua a splendere richiamando a sé l’attenzione di tutta la valle. Per raggiungere la tomba di Aronne sono richieste quattro ore di cammino. Si imbocca la valle che conduce al monumento del serpente oltre il quale, passando per alcuni accampamenti beduini, il sentiero sale sul crinale fino ad un altopiano con i resti di un monastero bizantino. Ad una quota superiore sulla sommità della montagna una terrazza naturale accoglie una piccola moschea, una volta un eremo, ritenuta la tomba del sommo sacerdote fratello di Mosè. Ogni altura di Petra costituisce la meta di un viaggio per elevarsi nelle profondità della storia, vi si trovano luoghi dove entrare in contatto con la dimensione territoriale del deserto come se l’orientamento e la conoscenza fossero il premio e la degna conclusione di un percorso di fatiche per elevare lo spirito dell’uomo. Così in ogni valle, mentre si attraversano i resti della città per raggiungere la tomba di Sesto Fiorentino o mentre si scorge la profondità della valle di Sabra preparando un tè al-


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il disegno delle pietre del deserto • sandro parrinello

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Tomba monumentale nella valle di Beida Il maqam sul Jabal Harun pagina precedente Tomba dei Leoni Veduta di El Deir dal sentiero che conduce ai luoghi panoramici Rocce nella gola di Beida Il Deir, il monastero, con l’ombra del tramonto che inizia a scandire il tempo sulla facciata rossa

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L’ora del tè alla salvia, seduti a riposare, contemplando la vastità della valle di Sabra

la salvia, lo sguardo incontra, nei segni delle pietre, i resti di civiltà e vite passate, trasformando la visita in un viaggio alla scoperta delle tracce della storia. Quando la luce abbandona le calde pietre della città è necessario uscire; mentre cala la notte, attraversando la valle e il Sîq sotto le prime stelle è normale meditare su quanto visitato. Il cammino del ritorno è fatto di silenzio, apprezzando il buio che, dopo tanta luce, sembra rinfrancare la vista. Il percorso attraverso il Sîq, questa volta è in salita, pieno di pensieri, fino a che sparisce l’incanto e ad un certo punto le luci della città appaiono all’orizzonte, così come i suoi rumori. Tornando al presente qualcos’altro esce, assieme al visitatore, dal cammino attraverso la roccia: la convinzione di portare nel cuore il valore della pietra ed il profondo rispetto per lo spirito di un luogo che esprime con tanta forza un legame formidabile tra oriente e occidente e tra passato e presente. Così, guardando alla Petra moderna Wadi Mousa, quella del caos, dei pullman e dei ristoranti internazionali, cessano le preoccupazioni per il valore effimero di tanto frastuono compositivo. Ripenso ai beduini nella valle che in quello stesso momento sono connessi alle stelle vicino al fuoco che scalda del tè e ad un tratto vedo nelle pietre delle montagne circostanti, spoglie dei resti del passato, un non così tragico futuro.


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se fossi un albero

Michelangelo Pivetta

Altari come reliquie, prime architetture lungo il Sîq

Non saprai mai cos’è Petra in realtà, a meno che tu non ci venga di persona T.E. Lawrence, Lawrence d’Arabia

Le parole un po’ consunte di Lawrence difficilmente possono essere dimenticate o sostituite con altre. Luogo incantato, dimenticato, riscoperto, venerato, oggi sfruttato e forse anche maltrattato, Petra è questo, ma anche e soprattutto molto altro. Sulla porta che si apre tra i deserti d’Oriente e il mondo dell’Occidente bagnato dalle acque del Mediterraneo, questa città abbandonata di cui rimangono solo splendide rovine, e qualche maceria, è l’immobile testimone della saggezza d’un tempo passato che continua a stupire moltitudini di turisti che dall’alto della spocchiosa alterigia moderna rimangono increduli del fatto che un popolo, per lo più sconosciuto come quello dei Nabatei ma non solo loro, abbia avuto le capacità civili per realizzare quanto ancora oggi si può osservare. In fondo questo Medioriente per la stragrande maggioranza degli occidentali rappresenta non solo un problema di attualità, drammatica e apparentemente irrisolvibile, ma soprattutto una sorta di terra misteriosa, dalla quale il flebile richiamo, forse proprio da quelle voci del passato, risuona costantemente nell’immaginario collettivo. Ciò, è evidente, produce differenti stati d’animo perché differenti sono i ricevitori che accolgono i segnali. Letterati, poeti, viaggiatori, disegnatori, architetti, esploratori, fotografi, hanno tutti affrontato questi monti di Edom con un proprio punto di vista, tesi alla soluzione del grande dilemma che probabilmente si può riassumere nella ricerca atavica di una condizione di primaria Bellezza. L’architetto, che un po’ vorrebbe raccogliere in sé tutte le categorie intellettuali, e spesso ci si avvicina, non può certamente rimanere indifferente alla complessità del sito sotto ogni punto di vista. Il paesaggio, l’insediamento, il monumento, la tecnica costruttiva, l’analisi sociologica di una civiltà che ha saputo concentrare così tanto in così poco spazio e altrettanto poco tempo. La pietra arenaria che dà forma alle cime e alle valli del Wadi Araba ha costituito, qui, il materiale per la realizzazione di qualsiasi cosa. Eppure si deve immaginare un ambiente ben diverso da quello desertico attuale, un luogo del passato dove agricoltura e vegetazione


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Carovane di pietra si incamminano verso El Khasneh

pagina a fronte El Khasneh

erano un tessuto sul quale la collettività poteva prosperare e il supporto ad un paesaggio rigoglioso del quale oggi rimangono solo brevi tracce archeologiche. Poco importa la catalogazione storica dei singoli popoli che qui si sono succeduti, una questione di date e nomi, perché quel che davvero esibisce Petra è l’orgoglio umanistico nel procrastinare la propria memoria attraverso la lingua dell’architettura, degli edifici, cioè ciò che di più duraturo può, a noi oggi e ad altri nel futuro, far comprendere l’essenza e le complessità di generazioni di genti che qui hanno non solo abitato, ma, ancor meglio, risieduto. Altrettanto poco importa, per i più expertise del settore, dilungarsi nel giudizio di apparati architettonici che spesso, a Petra, possono sembrare declinazioni ‘provinciali’ di altri più noti stilemi del mondo antico, provenienti dall’Egitto, dal grande bacino ellenistico o dalla Persia. La questione straordinaria dal punto di vista critico anzi è proprio questa: il fatto che qui si siano sedimentate nel tempo, prima del nulla dell’Arabia Deserta, come le sabbie che hanno costituito le venature della pietra stessa, stratigrafie espressive diversissime a generare una nuova forma autonoma di architettura. Una fenomenale ope-


se fossi un albero • michelangelo pivetta

razione di post-produzione, per dirla come Bourriaud, che in fin dei conti e per analogia, potrebbe essere definita già un’operazione in un ambito di post-modernità per l’architettura del suo tempo. Il campionamento di cornici persiane, capitelli e frontoni ellenistici, portali egizi e romani, tutti riconfigurati in architetture di assemblaggio ma realizzate con il metodo dello scavo, della scultura nella roccia viva, costituisce un infinito catalogo di invenzioni, soluzioni, riferimenti, suggestioni, provenienti da terre fisicamente lontanissime che qui appunto sembrano essersi fermate accumulandosi, secondo un ordine astratto, in un inedito palinsesto dal carattere metafisico. Per noi contemporanei i problemi relazionali con i monumenti di Petra sono numerosi, ma forse riassumendo possiamo almeno sintetizzarli in tre paradigmi: quello della tecnica, quello della scala e quello della vanità del pensiero moderno. Il primo è definito dalla consapevolezza che i monumenti di Petra non sono costruiti ma scolpiti, secondo un’operazione compositiva ineccepibile di cesello, materiale e immateriale, nell’ambito di una coscienza stereotomica di carattere scultoreo praticamente ineguagliata. Il secondo è riferibile alla condizione scalare dell’architettura nella sua contestualità, fatto a cui l’uomo contemporaneo

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Antichi guardiani del Tempio dei Leoni Alati

pagine successive I monti di Edom verso il Wadi Ram

non è più abituato, ormai distinto dalla perdita della cognizione del fuoriscala come attitudine compositiva necessaria, strumento di dialogo con il paesaggio e la sua immane possanza geometrica. Il terzo, infine, è relativo ad alcune considerazioni sulla modernità, principalmente sulla sua trascendente condizione di supremazia rispetto al passato, ancor più cresciuta oggi al pari della crescita della trance tecnologica. Pare che di fronte ad opere come quelle di Petra questa condizione andrebbe ampiamente ripensata, riportando davvero e finalmente la contemporaneità nell’ambito di una realtà non riduttiva ma educativa e all’interno di un modo di pensare e costruire l’architettura, che a meno di alcuni ovvi avanzamenti della tecnica, in fondo si dovrebbe ritenere sempre lo stesso. Personalmente, a Petra, poco lontano dai suoi più noti monumenti, ho forse trovato ciò che cercavo da tempo frequentando ossessivamente i vari bordi nel Mediterraneo alla ricerca di quella origine delle cose, che per me è quella dell’abitare nel suo senso architettonico più ampio; una testimonianza, un indizio ancora valido riguardante il fatto origina-


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• La ‘casa di Maria’


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• La ‘casa di Maria’ le del costruire quel paradigma che chiamiamo semplicisticamente casa. Alla base del Jabal Harum, l’11/11/2017 verso mezzogiorno, sul mio taccuino scrivevo: una casa a forma di cubo, fatta di poveri mattoni, quattro muri, un varco senza porta, un albero fiero, una donna, un bambino e un asino. La donna da distante mi guarda curiosa e non riesco a non pensare all’immagine di Maria e Gesù. Queste persone, persone come loro, hanno cambiato il mondo, e non lo sanno. Questo cubo, questo ka’ba, è un paradosso architettonico in questa valle di pietra dove tutto è modellato dalla Natura e dal tempo. Nulla, per me, è più architettura di esso.

Ho pensato che avrei voluto essere quell’albero per poter osservare silenzioso lo scorrere delle giornate e le prassi, o meglio i rituali che scandiscono le relazioni tra queste persone e le loro architetture ma essere soprattutto necessario elemento di quella perfetta composizione. Se fossi un albero, infatti, non vorrei stare in una foresta sovrapponendo inutilmente la mia ombra su quella di moltissimi miei simili. Vorrei piuttosto essere il tamarisco davanti a questa

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L’albero

pagina a fronte Una foto del viaggio del novembre 2017 In foto S. Bertocci e A. Giorgetti


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‘casa di Maria’, essere singolare nella mia rarità su una terra semi-deserta, donare a chi lì vive la mia ombra durante il giorno torrido e la mia protezione durante le notti fredde. Se fossi quest’albero a Petra, potrei affermare quotidianamente l’essenzialità del mio essere paesaggio, tra le rocce roventi di Edom, in questo luogo oltre lo spazio e il tempo. La casa di Maria, o di Miryam, così mi piace chiamarla, rimarrà per sempre nella mia mente, assieme alla riconoscenza per coloro che in questo viaggio hanno avuto la pazienza di guidarmi, parte indelebile del mio pensare il viaggio e l’architettura come i più straordinari tra i fatti umani.

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titolo saggio • nome cognome

Itinerari

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le sete di petra: tre itinerari nell’area archeologica

Andrea Giorgetti

Un bassorilievo a grandezza naturale, raffigurante una colonna di cammelli, accompagnava, in un tratto del Siq, l’arrivo delle carovane e le preparava al trionfale ingresso in Petra. Dopo un lungo viaggio, iniziato dalle coste della penisola arabica sull’Oceano Indiano, proseguito lungo gli altopiani del mitico regno della Regina di Saba e poi attraverso gli assolati deserti dell’Arabia Felix, i carovanieri non potevano rimanere indifferenti alla meraviglia che gli si presentava all’uscita dalla strettissima gola naturale: la facciata di El Khaznheh – ‘Il Tesoro’ compariva ieri come oggi, inattesa, tra due alte pareti in ombra, generando stupore e meraviglia. L’arrivo di ogni carovana, carica di mercanzie provenienti dall’estremo oriente, di pregiate resine, quali incenso e mirra della penisola arabica, destinate ai paesi del bacino mediterraneo, doveva essere sicuramente un momento di festa. Petra visse il periodo più florido, tra il III secolo a C. e il I secolo d.C., proprio quando i Nabatei, popolazione locale, acquisirono potere in questa area tra la fine della dominazione greca e la conquista romana. I Nabatei furono abili nell’organizzare una vera e propria rete di ospitalità; infatti lungo la via dell’incenso sono state rinvenute numerose tracce dei loro insediamenti, sia nel sud della penisola arabica così come a nord di Petra, nell’attuale Siria. Gli storici pensano che la ricchezza dei Nabatei derivasse sia dal regolare compenso dell’ospitalità offerta alle carovane, sia da pesanti gabelle sugli scambi commerciali; forse anche da vere e proprie razzie effettuate lungo il faticoso percorso delle carovane. Grazie alle grandi disponibilità economiche, al clima mite per l’altitudine (circa 1200 m) e alle risorse idriche, la città ebbe un grandissimo sviluppo anche dal punto di vista urbanistico. In questo periodo a Petra furono realizzate opere degne di una capitale e ne sono testimonianza le numerose strutture monumentali ricavate nelle alte pareti rocciose caratteristiche del sito. La roccia arenaria facilmente lavorabile consentì di realizzare splendide facciate di palazzi e tombe monumentali paragonabili per dimensioni con la facciata del Duomo di Firenze, La caratteristica che più incanta e stupisce l’osservatore di questi monumenti è la particolare varietà cromatica della roccia, ricca di venature dovute ai diversi minerali che creano molteplici sfumature quasi da far immaginare la presenza di grandi teli di seta appoggiati alle pareti oppure a coprire colonne e portali delle facciate. Sicuramente la natura del luogo, coniugata con l’opera degli artisti, il tempo e gli agenti atmosferici hanno creato ciò che la sola mano dell’uomo non avrebbe potuto mai realizzare.


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itinerario i. il siq, lo jebel attuf e il wadi farasa

Andrea Giorgetti

Il Tunnel di Wadi Al Muthlim

L’ingresso principale all’area archeologica di Petra è a sud di Wadi Musa, il centro abitato, che prende nome dalla sorgente di Mosè, adagiato lungo la valle omonima che dall’altopiano scende verso la grande depressione del Wadi Araba situata tra il Mar Morto e Aqaba sul Mar Rosso. Il percorso principale di visita si sviluppa dapprima lungo il Wadi Musa. Questo primo tratto noto anche come Bab el Siq (bab significa porta) consente di entrare in contatto con alcune strutture architettoniche particolari, quali i Blocchi Fantasma e le due tombe sovrapposte – il Triclinio e la Tomba degli Obelischi – e di apprezzare lo splendido ambiente roccioso che prepara all’ingresso del Siq, lo stretto canyon che, lungo alcuni chilometri, porta nel centro di Petra. Le acque del torrente Musa anticamente, in caso di piena, inondavano lo stretto canyon e per questo scopo i Nabatei realizzarono una diga con lo scopo di deviare l’acqua attraverso un tunnel artificiale nel Wadi Muthlim e da qui rientrare nel Wadi Musa quando non vi era più rischio di allagamento per il centro della città. Entrati nel Siq si procede tra alte pareti di roccia strapiombanti con erosioni che decorano le rocce ora ocra, ora rosse, ora grigie e che creano scorci estremamente suggestivi. In alcuni tratti è ancora visibile il fondo stradale lastricato così come i resti di uno degli acquedotti della città. La zona desertica richiedeva anche un sistema di conservazione dell’acqua piovana; nei cosiddetti ‘luoghi alti’ sono ancora visibili ampie cisterne da cui sistemi di canalizzazione consentivano anche di arricchire con giochi d’acqua, come fontane e vasche ornamentali, le tombe ed i relativi giardini ornamentali. Quasi a scopo propiziatorio lungo il percorso sono scolpiti numerosi tabernacoli votivi per le divinità nabatee. Lo stupore massimo è per tutti costituito dalla scoperta, poco prima della fine dello stretto canyon, della Tomba del Tesoro. Oltrepassata questa prima grande tomba si entra nella area principale di Petra. Nelle due pareti rocciose ai nostri lati, siamo ora nel Siq Esterno, troviamo numerose tombe che affiancano la cosiddetta Strada delle Facciate. Tra queste fa spicco, sul fianco destro la Tomba di Uneishu. Le tombe, grazie alla caratteristica della roccia arenaria facilmente lavorabile, sono interamente scavate e soprattutto all’interno nella loro cella si notano ancora i segni della graffiatura dello sca-


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pagina a fronte Bab El Siq I blocchi fantasma Bab El Siq Tomba degli Obelischi e Triclinio

vo; le tombe per effetto degli agenti atmosferici presentano erosioni e rimaneggiamenti, soprattutto nelle porzioni inferiori, che fanno emergere dalla roccia venature colorate strabilianti. La valle progressivamente si allarga ed è in questa zona che era stato realizzato il teatro. La scena è rivolta verso ponente e la gradinata è completamente scavata nel fianco della parete rocciosa. Siamo prossimi all’ingresso nell’area principale della città di Petra che ha inizio con le Tombe Reali o Monumentali, scavate sull’alta parete di destra che scende dal Jabal al Khutbha. Sono numerosi nell’area archeologica di Petra le aree sacre con gli altari per sacrifici utilizzati probabilmente anche da popolazioni precedenti ai Nabatei stessi. Dobbiamo ricordare che in una valle vicino a Petra sono stati ritrovati resti del villaggio di Beida, risalenti al 6000 – 7000 a.C. Questi luoghi sacri sono situati in quota rispetto alla città e per questo motivo sono indicati come Luoghi Alti. Il più noto è il cosiddetto Luogo Alto del Sacrifico o Jebel Attuf; questo può essere raggiunto a piedi prendendo la scalinata che parte in prossimità del teatro sul lato sinistro del wadi e risale una valletta. Una volta raggiunta la sommità troviamo a sinistra un ampio terrazzo artificiale su cui sono stati realizzati due alti obelischi che rappresentano le due divinità nabatee Dushara e sua moglie Allat. Di fronte c’è un’altra vetta sulla quale è presente, all’interno di un ripiano artificiale, un complesso sacrificale che la tradizione individua con l’Ara di Abramo. Siamo qui sulla sommità del Jebel Madhbah e se facciamo qualche passo si raggiunge uno splendido balcone naturale sul centro di Petra. In lontananza si scorge il Jabel Haroun con l’inconfondibile sagoma della piccola moschea bianca, mentre spostandoci in senso orario, vediamo il massiccio di Umm el Biyara che sovrasta il Wadi Thugra, dove tra il X e il IX sec. a.C. erano insediati gli Edomiti; l’osservatore più acuto, verso Nord, potrà scorgere la cipolla sommitale della tomba più grande di Petra – il Monastero o Deir. Il percorso di ritorno si addentra nel Wadi Farasa che consente di ammirare alcune delle tombe più particolari che dovevano avere nei giuochi di acqua effetti speciali di suggestione. Infatti si scorgono ben presto sistemi di canalizzazione che scendono da alcune cisterne poste in alto per raggiungere dapprima la Fonte del Leone e poi, dopo altre cisterne, la sottostante Tomba Giardino. Procedendo nella discesa, anche questa su scale nabatee, si raggiunge il pianoro della Tomba Giardino caratterizzata da una vasca situata davanti all’ingresso. Scendiamo un altro risalto di roccia e troviamo due tombe, sul lato sinistro la Tomba del Soldato Romano, che prende il nome da due statue inserite in due nicchie sulla facciata, e sul lato destro la Tomba del Triclinio. La facciata di questa presenta oggi tre aperture irregolari ma il suo interno è caratterizzato da un finto porticato, disposto su tre lati, con grandi colonne in rilievo; la cosa più bella è sicuramente la variegata roccia natura-



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Il Siq

pagina a fronte Il Siq Il Siq con i resti della strada lastricata

le dell’interno, con predominanza del rosso carminio. Proseguendo lungo la valle incontriamo sulla destra la Tomba Rinascimento così chiamata per l’architettura della sua facciata. Da qui, sempre scendendo, si raggiunge la Colonna del Faraone e in breve il Qasr el Bint resto del tempio principale della città.


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Il Siq con il Tesoro

pagina a fronte Il Siq con il Tesoro


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Il Tesoro

pagina a fronte Il Tesoro



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Il Tesoro

pagina a fronte La strada delle facciate Il Teatro

pagine successive La strada delle facciate Lo Jebel Attuf Jebel Attuf, l’altare del sacrificio Wadi Farasa, la Fontana del Leone


itinerario i • andrea giorgetti

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Wadi Farasa, veduta dall’interno della Tomba Giardino La Tomba Giardino

pagina a fronte La Tomba del Soldato Romano Interno del Triclinio


itinerario i • andrea giorgetti

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itinerario i • andrea giorgetti

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Interno del Triclinio pagina precedente La Tomba Rinascimento

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itinerario ii. il centro città e il deir

Andrea Giorgetti

La Tomba Timpano Spezzato

Usciti dal Siq interno dalla zona del dal Teatro si iniziano a scorgere le grandi tombe monumentali; sono tombe di grandi dimensioni realizzate una di fianco all’altra; alla Tomba delle Urne si accede da una ripida scalinata che conduce al terrazzo con colonnato da dove si può ammirare il centro città caratterizzato dai resti di alcuni templi e monumenti di rilievo come il tempio dei Leoni Alati e della cattedrale bizantina, a destra, e il Grande Tempio a sinistra, che si affacciano sulla strada colonnata, il cardo romano, con i resti di un arco di trionfo. Scesi dalla scalinata, prima della altre tombe monumentali, troviamo la piccola Tomba ‘Seta’ o ‘Arcobaleno’ con una facciata ampiamente erosa caratterizzata da una tavolozza di colori in cui oltre al rosso, al nero, al grigio e al bianco fanno la loro comparsa il giallo, e il verde. La Tomba Corinzia e la Tomba Palazzo sono le altre due facciate monumentali e precedono una lunga scalinata che sale verso il Jabal al Khutbha e porta ad uno splendido terrazzo naturale dal quale si domina il Tesoro e l’uscita del Siq. Poco oltre la scalinata, costeggiando la parete rocciosa, si trovano la Tomba di Sesto Fiorentino e la Tomba Carmina che sono caratterizzate da fenomeni di erosione che scoprono nella roccia forse i drappeggi più belli che sembrano avvolgere e nascondere gli architravi e le colonne dei portali di accesso. Ritornando sulla strada colonnata, oltrepassata la Porta del Temenos, si raggiunge il tempio di Qasr el Bint il più conservato tra i templi costruiti in muratura; il tempio è situato sotto il Jabal al Habis, l’antica acropoli che è stata occupata nel dodicesimo secolo da un castello crociato. L’aspro rilievo chiude la valle della città e il Wadi Mousa cede il passo al Wadi as Siyyagh che porta fino al Wadi Araba. L’area è la zona centrale di Petra, il Basin, dove potete trovare il moderno ristorante e i servizi igienici. Alle pendici del rilievo di al Habis non è da tralasciare una cosa interessante. A fianco di una parete con numerosi colombari scavati nella roccia si trova la Tomba Incompiuta. È questo l’esempio di come procedevano i Nabatei per la realizzazione delle grandi architetture rupestri. Iniziavano a scavare dall’alto e sfruttando il pendio, anche come cava, scendevano progressivamente fino al piano di imposta della facciata della tomba. A questo punto non resta


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La Tomba Palazzo e la Tomba Corinzia


itinerario ii • andrea giorgetti

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La Tomba delle Urne

pagina a fronte Tombe minori

che inoltrarsi verso Nord per raggiungere il luogo alto più famoso, situato in prossimità del Jebel Ed Deir: quello del grande balcone naturale sul Wadi Araba. Il percorso che conduce alla Tomba Monastero o Ed Deir parte dal Basin e segue alcune cenge naturali, collegate da scale, che portano progressivamente in quota. Lungo il percorso una breve deviazione a sinistra consente di raggiungere il Triclinio dei Leoni disposto su uno di questi gradoni naturali e caratterizzato da due rilievi raffiguranti leoni disposti ai lati dell’ingresso. Proseguendo sempre sulle gradinate si prende quota e si percorre un wadi che risale fra imponenti pareti. Una deviazione a destra conduce questa volta al Qattar, una grande cengia naturale dal cui fondo scaturisce una sorgente di acqua dolce e in prossimità della quale sono state realizzate alcune vasche artificiali per la raccolta dell’acqua. Numerose le incisioni votive realizzate sulla parete sovrastante la sorgente, in gran parte tappezzata da capelvenere. Ritornati sul percorso principale si raggiunge il grande pianoro sul quale si apre la grande facciata del Deir. Si tratta della tomba più grande di Petra alta oltre 50 metri. Una scala situata sulla sinistra un tempo consentiva di salire fino alla copertura della tholos centrale; attualmente è stata chiusa per motivi di sicurezza. Nella salita si passa proprio a lato delle colonne ed è possibile fotografare di lato i capitelli e tutti gli elementi ornamentali della grande facciata. Da lassù il panorama è bellissimo soprattutto al tramonto quando l’ombra dell’urna sommitale si proietta sulla superficie erosa della parete retrostante.


Adesso non è più concesso neppure l’ingresso nella grande sala, cosa che richiedeva una certa condizione atletica tenuto presente che il gradino da superare è di oltre 2 metri. La visita dell’area si conclude di solito sulle terrazze naturali affacciate sul Wadi Araba. Nelle giornate più limpide si scorge il fondo valle situato oltre 1400 metri sotto di noi, tenuto conto della quota del pianoro 1.100 metri sul livello del mare e della depressione di questo tratto della Rift Valley con il Mar Morto. Bellissima anche la vista a sud su Jebel Haroun. Aspettare il tramonto è cosa doverosa, se è imminente. Bisogna comunque considerare che per il ritorno all’ingresso principale di Petra sono necessari circa 90 minuti di buon passo e bisogna essere dotati di torce o lampade frontali in quanto nel Siq il buio è totale.


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La Tomba Uneishu Veduta dalla città verso le Tombe Monumentali del Jebel Al Khubtha

pagina a fronte Il Grande Tempio Veduta della città dal Jebel Al Khubtha


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Le Tombe Monumentali dallo Jebel Attuf

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La chiesa bizantina

pagina a fronte Il Grande Tempio Tomba dell'Urna


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Il Mercato e il Temenos Qasr El Bint, la Tomba del Faraone

pagina a fronte I mosaici delle Chiesa Bizantina




itinerari escursionistici

Andrea Giorgetti

Siq El barid La Piccola Petra

L’area di Petra consente, oltre agli itinerari tradizionali di visita, veri e propri percorsi escursionistici che richiedono spesso l’intera giornata. Raggiungere Sabrah, altra area archeologica situata in una valle a sud, può richiedere più di un giorno di cammino se uno non si serve di mezzi fuoristrada per avvicinarsi. Agli esperti suggeriamo la salita su Umm Al Biyara partendo dal Basin, il percorso dal Basin fino alla Tomba di Aronne e infine il percorso dalla Piccola Petra al Deir con la discesa nel Wadi Syyagh e rinetro al Basin. Sono itinerari che per i non esperti dell’area possono richiedere l’ausilio di una guida locale che si trova facilmente e con spesa modesta. Umm Al Biyara, sovrasta da Ovest l’area centrale di Petra, con i suoi 300 metri di altezza rispetto al piano del fondo valle della città; si ritiene che qui avesse sede della biblica Edom. Il percorso prevede una ardua ascensione su ripide scale oggi ampiamente scavate dall’erosione. Durante la salita si trova un sistema di sicurezza e di protezione particolare con una porta di accesso e una doppia rampa scavata nella roccia delle quali soltanto una consente il passaggio e il raggiungimento della sommità. Sul pianoro sommitale sono visibili sia i resti di antiche costruzioni che numerose cisterne realizzate per raccogliere l’acqua piovana. Non a caso il nome del sito significa ‘la Madre delle Cisterne’. Il ritorno è sullo stesso itinerario e per l’intero percorso bisogna calcolare circa 4 ore. Raggiungere il Jebel Haroun dal Basin, centro di Petra, richiede circa 3 ore e mezzo. Il centro di Petra, può essere raggiunto con il percorso tradizionale – via Siq – oppure dall’accesso secondario in prossimità del villaggio beduino (30 minuti). Si parte dal Qasr El Bint, si raggiunge la Colonna del Faraone e si percorre il Wadi Thugra, sotto Umm Al Biyara. Si oltrepassa il Monumento del Serpente e si segue un tratto di strada con ampie curve su fondo roccioso: si guadagna un colle da dove la strada inizia a scendere e oltrepassa un guado. Si risale sempre sulla strada che prosegue verso il Wadi Araba fino ad un punto in cui in prossimità di una piccola casa beduina si devia a destra su un sentiero segnalato da ometti in pietra. Il sentiero sale con ampie curve percorrendo il fianco sud del Jebel Haroun. Si raggiunge una bel-


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La Tomba all'inizio del Siq el Barid

pagina a fronte Interno di un triclinio di Beida

la terrazza naturale che domina il Wadi Araba. Da qui si devia decisamente verso Est e si risale su salti rocciosi fino ad un pianoro che sta proprio sotto la vetta su cui sorge la cosiddetta Tomba di Aronne. Siamo circa 150 metri sotto la vetta dove, proseguendo, troviamo i resti di un grande monastero bizantino. Proseguendo si raggiunge una scalinata che ci consente di raggiungere la sommità facilmente ma non senza sforzo. Dalla terrazza posta attorno alla piccola costruzione candida, una chiesa bizantina trasformata in moschea, la vista spazia a 360 gradi. La Piccola Petra o Siq El Barid può essere raggiunta comodamente in auto da Wadi Musa. Si giunge in un piazzale dove una tomba ben conservata segnala l’accesso alla piccola valle. Da lì uno strettissimo ingresso conduce ad un Siq in miniatura in cui sono presenti varie architetture rupestri, prevalentemente triclini per rituali funebri. Di particolare rilievo una triclinio che presenta ancora resti di affreschi sulle pareti e sulla volta della scarsella centrale. Usciti dall’area archeologica si prende, a destra del piazzale, una strada bianca che seguendo il profilo delle rocce ci si introduce in una ampia valle. Sulla destra, chiusi in un


itinerari escursionistici • andrea giorgetti

recinto i resti del villaggio del neolitico di Beida. Procedendo lungo questa strada si raggiunge, dopo aver guadato un wadi, un posto di controllo per l’accesso al sito archeologico di Petra in cui controllano i biglietti di ingresso. Siamo alle Tre Valli: in questa zona le tre valli che risalgono dal Basin, Wadi Muasyra Gahrbyya, Wadi Muasyra Sharkiyya e Wadi Ullayqa, incontrano la strada proveniente da Beida. Da qui inizia un percorso di scalinate, realizzato da pochi anni sull’antico tracciato, che collega alcuni sistemi di cenge naturali che consentono, risalendo, di raggiungere il Deir con circa 3 ore di cammino. Dal vicino belvedere sul Wadi Araba si può riprendere il percorso che conduce in discesa, in poco meno di un’ora, al Wadi Syyagh e quindi al Basin.

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I resti del villaggio preistorico di Beida

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Il Monastero o El Deir appare alla conclusione del percorso di risalita da Beida

pagina a fronte Il Monastero o El Deir


itinerari escursionistici • andrea giorgetti

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racconti di viaggio. le sete di petra • stefano bertocci

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Il Monastero o El Deir

pagina a fronte Particolare del Deir Il Triclinio dei Leoni


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racconti di viaggio. le sete di petra • stefano bertocci

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Le Sete di Petra La Tomba Carmina

pagina a fronte Tomba minore La Tomba Seta

pagine successive Dettagli della Tomba di Sesto Fiorentino


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racconti di viaggio. le sete di petra • stefano bertocci

pagina a fronte La Tomba di Sesto Fiorentino Particolare della roccia La Tomba di Sesto Fiorentino

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Particolare della roccia

pagina successiva Particolare della roccia


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racconti di viaggio. le sete di petra • stefano bertocci


itinerari escursionistici • andrea giorgetti

Mappa del sito archeologico di Petra con individuazione dei principali monumenti e degli itinerari esposti nel presente lavoro. Indice dei monumenti: 1 Bab El Siq – I blocchi fantasma 2 Bab El Siq – Tomba degli Obelischi e Triclinio 3 Il Tunnel di Wadi Al Muthlim 4 Il Siq 5 Il Tesoro 6 La strada delle facciate 7 Il Teatro 8 Jebel Attuf 9 La Fontana del Leone 10 Wadi Farasa 11 La Tomba Giardino 12 La Tomba del Soldato Romano, e il Triclinio 13 La Tomba Rinascimento 14 La Tomba Palazzo e la Tomba Corinzia 15 La Tomba delle Urne e la Tomba Seta 16 La Tomba Uneishu 17 Jebel Al Khubtha

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Il Grande Tempio Il Tempio dei Leoni Alati La Chiesa bizantina Il Mercato e il Temenos La Cattedrale bizantina Qasr El-Bint, la Tomba del Faraone Siq El-Barid – La Piccola Petra Il Monastero o Ed Deir Il Triclinio dei Leoni La Tomba Seta La Tomba di Sesto Fiorentino Umm el Biyara Al Habis, Castello crociato Jebel Haroun Wu’Ayra, Castello crociato Resti delle mura di difesa

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postfazione: il richiamo del medio oriente

Marco Bini

L’ingresso della fortificazione crociata di Wu’Ayra

Mi capita spesso di tornare con la mente ad ambienti mediorientali, al caldo del deserto del Wadi Rum, alla luce accecante delle ore centrali della giornata nelle valli di arenaria rossa, alle tracce aride del sale sulle pietre delle sponde del Mar Morto, al silenzio delle notti primaverili col cielo stellato che incombe su tutto, a Petra come ovunque. La prima volta che, nel 1993, arrivai in prossimità del castello di al Wu’ayra, posto ai margini dell’area monumentale di Petra, capii quanto appropriato fosse il nome che la tradizione aveva assegnato all’antica città scavata nella roccia. Sopra grandi lame di arenaria di colore bruno-rossastro, addolcite dalla corrosione dei millenni, ribaltate da antichissimi movimenti della crosta terrestre a formare una sorta di mondo primordiale, quasi invisibili nella luce abbagliante del sole di fine estate, si trovavano cumuli di pietre: gli avanzi di una delle fortificazioni medievali che i crociati avevano costruito lungo la così detta ‘strada dei re’, che da nord a sud collegava l’Europa con Medio Oriente e Africa. Osservando attentamente si potevano però vedere anche alcuni lacerti di murature, ancora organizzate in filari, che facevano intendere l’esistenza di un imponente insediamento fortificato. Sono passati 25 anni, ma il ricordo di quei luoghi e delle sensazioni provate, a contatto con un mondo straordinario come quello di Petra, non mi abbandona. L’occasione del viaggio (naturalmente di lavoro: stavamo studiando, con i colleghi archeologi, gli insediamenti di epoca crociata in Transgiordania) ha radici lontane: nasce molti anni prima del 1993. Erano gli inizi degli anni settanta, più precisamente il 1974; ero intento a rilevare i lacerti murari emersi dagli scavi in Piazza della Signoria che la Soprintendenza Archeologica della Toscana eseguiva sotto la guida di Guliemo Maetzche, soprintendente e responsabile del cantiere. Stavano emergendo, tra le altre, le strutture di un edificio termale romano sopra il quale, una volta dismesso, fu costruita la città medievale con le sue torri, le sue chiese e le sue strade. Durante i lavori incontrai un giovane che stava raccogliendo e studiando testimonianze della vita trascorsa molti secoli prima fra quelle mura: mi fu presentato Guido Vannini, specializzando in archeologia.


Gradonate sulle rocce di Wu’Ayra

pagina successiva Una foto della missione del 1996: M. Bini e S. Bertocci

L’ho incontrato in qualche altra occasione, in Soprintendenza Archeologica dove nel 1981 era ispettore medievista, o durante iniziative culturali svoltesi all’interno dell’Ateneo fiorentino dove nel frattempo aveva preso servizio nel 1991 come professore Associato di ‘Archeologia Medievale’. Fu nel 1992 che, durante un incontro occasionale, conoscendo la mia attività all’interno della Facoltà di Architettura ed i miei trascorsi rapporti con l’archeologia, mi disse del suo lavoro a Petra e che aveva bisogno di qualcuno che potesse occuparsi del rilievo e della documentazione grafica dell’insediamento crociato posto in prossimità dei famosi monumenti Nabatei scavati nella roccia. In quei giorni, con Stefano Bertocci, stavamo cercando un argomento per la sua tesi di dottorato di ricerca in Rilievo e rappresentazione dell’architettura e dell’ambiente: l’occasione era da cogliere e così, fino al nefasto 11 settembre 2001, praticamente ogni anno, dedicammo a Petra una parte consistente delle nostre attività di ricerca e documentazione, con compagni di viaggio di atenei diversi. Primo risultato fu la tesi di dottorato che Stefano discusse con successo nel 1995. I viaggi si susseguono negli anni con amici e collaboratori che, nei vari settori di competenza hanno contribuito alla conoscenza di quei magnifici luoghi, ma anche al loro possibile recupero, in un contesto di grande valore, riconosciuto dall’UNESCO come patrimonio dell’umanità, quale è quello di Petra.


postfazione: il richiamo del medio oriente • marco bini

Nel corso dei secoli infatti, la realizzazione di grandiose aree urbanizzate e l’avvicendarsi, all’interno di questo territorio di differenti popolazioni e culture, hanno reso la zona, sotto il profilo storico ed archeologico, una delle zone di maggior interesse del bacino mediterraneo. L’antropizzazione di questi luoghi risale ad alcuni millenni prima di Cristo ed ha lasciato innumerevoli tracce e reperti anche a carattere monumentale. Dopo poco più di duecento anni dalla scoperta di Petra, avvenuta avventurosamente nel 1812 ad opera dell’archeologo svizzero Giovanni L. Burkhardt, le immagini di questa mostra, le foto e gli schizzi continuano ad accompagnarci in questi luoghi magici dove la fantasia può correre verso popolazioni e culture del lontano passato o verso avventure fantastiche all’‘Indiana Jones’, immaginando di essere un novello Harrison Ford che percorre a cavallo quella straordinaria fessura nella crosta terrestre che è il Siq.

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bibliografia

Bertocci S. 2010, La pietra di Petra: architetture nella roccia, «Firenze Architettura», n. 2, pp. 122-129. Bertocci S. 2009, Il rilievo e la documentazione dei castelli crociati di Wu’Ayra, Habis e Shawbak in Transgiorndania, in S. Bertocci, M. Bini (a cura di), Castelli Medievali a Petra e Nel Vicino Oriente Tra Rilievo e Archeologia, pp. 43-61. Bertocci S. 2009, I rilievi dei castelli crociati dell’area di Petra e nel Vicino Oriente tra rilievo e archeologia, in S. Bertocci, M. Bini (a cura di), Castelli Medievali a Petra e Nel Vicino Oriente Tra Rilievo e Archeologia, pp. 87-133. Bertocci S. 2001, Le tombe di Petra, «Archingeo», pp. 80-85. Bertocci S., Bini M. 1997, Un castello della prima crociata a Petra. Rilievo ed archeologia degli elevati, «Disegnare Idee e Immagini», n. 14, pp. 21-32. Bini M., Bertocci S. (a cura di), 2004, Castelli di pietre, Aspetti formali e materiali dei castelli crociati nell’area di Petra in Transgiordania, Polistampa, Firenze. Bertocci S., Bini M., (a cura di), 2009, Castelli medievali a Petra e nel Vicino Oriente tra rilievo e archeologia, Società Editrice Fiorentina, Firenze. Brunnow R.E., Von Domaszewski A. 1904, Die Provincia Arabia, vol. I, Strasburgo. Burkhardt J.L. 1822, Travels in Syria and the Holy Land, John Murray, London. Gabrielli R., Angelini A., Franchi R., Drap P. 2008, Antica rete idrologica di Petra. Studio e restauro nell’ottica della conservazione dei beni architettonici, «Archeologia e Calcolatori», n. 19, pp. 323-341. Jaussen J., Savignac R. 1914, Mission Archéologique en Arabie, vol I-vol II, Parigi. Mc Kenzie J. 1992, The Architecture of Petra, British Accademy Monographs, «Archeology», n. 1. Mouton M., Schmid G.S., 2013, Men on the Rocks. The formation of Nabataean Petra, Logos Verlag Berlino. Raikes T. 1985, The Character of Wadi Araba, in A. Hadidi (a cura di), Studies in the History of Jordan, Avon, Bath Press, vol. 2, pp. 95-101. Vannini G., Nucciotti M. 2003, Fondazione e riuso dei luoghi forti nella Transgiordania crociata. La messa a punto di un sistema territoriale di controllo della valle di Petra, in R. Fiorillo, P. Peduto (a cura di), III Congresso Nazionale di Archeologia Medievale (Salerno 2003), Firenze, All’Insegna del Giglio, vol. 1, pp. 520-525.


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racconti di viaggio. le sete di petra • stefano bertocci



Finito di stampare da Officine Grafiche Francesco Giannini & Figli s.p.a. | Napoli per conto di didapress Dipartimento di Architettura UniversitĂ degli Studi di Firenze Giugno 2018



La pietra ricorre come motivo conduttore in tutti i racconti di Petra, famosa per le straordinarie architetture rupestri realizzate dai Nabatei fra il I secolo A.C. ed il II secolo D.C. L’area monumentale di Petra è inserita nel margine sinistro della Rift Valley nella Giordania centro-meridionale. La morfologia dell’area ricalca l’assetto tettonico: in particolare la vallata dove si stabilì l’insediamento della città di Petra è bordata da alte scarpate su faglie connesse con il sistema del Mar Morto. La pietra scavata, con le innumerevoli tonalità date dalla sandstone, è la materia delle principali architetture di Petra oggi conosciute, magnifici intagli condotti attraverso un preciso controllo geometrico a scala eccezionale: le maggiori facciate di Petra raggiungono i 45 metri di altezza. Disegni e foto danno vita ai racconti di questo volume che intende guidare il lettore/visitatore attraverso i principali monumenti e le mirabili texture della pietra locale simile alle sete d’oriente. Stefano Bertocci, professore ordinario di Disegno. Docente di Rilievo dell’Architettura nei corsi di Architettura e docente di Disegno nel corso di Design del Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze, si occupa di numerose ricerche relative alle opportunità offerte dal rilievo digitale nel campo dell’archeologia, dell’architettura e dell’urbanistica. È autore di numerose pubblicazioni scientifiche sulle problematiche del recupero e della riqualificazione dei centri storici e dei siti patrimonio UNESCO a livello nazionale ed internazionale. È responsabile di numerosi accordi di cooperazione scientifica dell’Università di Firenze e svolge attività di ricerca in numerosi paesi. Si segnalano le ricerche sull’architettura in legno in Russia e nel Nord Europa, le campagne di rilevamento di vari siti archeologici in Medio Oriente e gli studi recenti sui centri storici come il quartiere di Salah al-Din a Gerusalemme Est e la Rua S. Joao di San Paolo in Brasile.

9 788833 380506

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