Ri-Progettare l'architettura scolastica | Rosa Romano, Carla Balocco, Simone Barbi

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rosa romano carla balocco simone barbi

Ri-Progettare l’architettura scolastica Nuovi spazi educativi tra tecnologia, energia ed ambiente


La serie di pubblicazioni scientifiche Ricerche | architettura, design, territorio ha l’obiettivo di diffondere i risultati delle ricerche e dei progetti realizzati dal Dipartimento di Architettura DIDA dell’Università degli Studi di Firenze in ambito nazionale e internazionale. Ogni volume è soggetto ad una procedura di accettazione e valutazione qualitativa basata sul giudizio tra pari affidata al Comitato Scientifico Editoriale del Dipartimento di Architettura. Tutte le pubblicazioni sono inoltre open access sul Web, per favorire non solo la diffusione ma anche una valutazione aperta a tutta la comunità scientifica internazionale. Il Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze promuove e sostiene questa collana per offrire un contributo alla ricerca internazionale sul progetto sia sul piano teorico-critico che operativo. The Research | architecture, design, and territory series of scientific publications has the purpose of disseminating the results of national and international research and project carried out by the Department of Architecture of the University of Florence (DIDA). The volumes are subject to a qualitative process of acceptance and evaluation based on peer review, which is entrusted to the Scientific Publications Committee of the Department of Architecture. Furthermore, all publications are available on an open-access basis on the Internet, which not only favors their diffusion, but also fosters an effective evaluation from the entire international scientific community. The Department of Architecture of the University of Florence promotes and supports this series in order to offer a useful contribution to international research on architectural design, both at the theoretico-critical and operative levels.



Editor-in-Chief Saverio Mecca | University of Florence, Italy Scientific Board Gianpiero Alfarano | University of Florence, Italy; Mario Bevilacqua | University of Florence, Italy; Daniela Bosia | Politecnico di Torino, Italy; Susanna Caccia Gherardini | University of Florence, Italy; Maria De Santis | University of Florence, Italy; Letizia Dipasquale | University of Florence, Italy; Giulio Giovannoni | University of Florence, Italy; Lamia Hadda | University of Florence, Italy; Anna Lambertini | University of Florence, Italy; Tomaso Monestiroli | Politecnico di Milano, Italy; Francesca Mugnai | University of Florence, Italy; Paola Puma | University of Florence, Italy; Ombretta Romice | University of Strathclyde, United Kingdom; Luisa Rovero | University of Florence, Italy; Marco Tanganelli | University of Florence, Italy International Scientific Board Francesco Saverio Fera | University of Bologna, Italy; Pablo Rodríguez Navarro | Universitat Politècnica de València, Spain; Nicola Braghieri | EPFL - Swiss Federal Institute of Technology in Lausanne, Switzerland; Lucina Caravaggi | University of Rome La Sapienza, Italy; Federico Cinquepalmi | ISPRA, The Italian Institute for Environmental Protection and Research, Italy; Margaret Crawford, University of California Berkeley, United States; Maria Grazia D’Amelio | University of Rome Tor Vergata, Italy; Carlo Francini | Comune di Firenze, Italy; Sebastian Garcia Garrido | University of Malaga, Spain; Xiaoning Hua | NanJing University, China; Medina Lasansky | Cornell University, United States; Jesus Leache | University of Zaragoza, Spain; Heater Hyde Minor | University of Notre Dame, France; Danilo Palazzo | University of Cincinnati, United States; Silvia Ross | University College Cork, Ireland; Monica Rossi | Leipzig University of Applied Sciences, Germany; Jolanta Sroczynska | Cracow University of Technology, Poland


rosa romano carla balocco simone barbi

Ri-Progettare l'architettura scolastica Nuovi spazi educativi tra tecnologia, energia ed ambiente


Il volume è l’esito di un progetto di ricerca condotto dal Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze. La pubblicazione è stata oggetto di una procedura di accettazione e valutazione qualitativa basata sul giudizio tra pari affidata dal Comitato Scientifico del Dipartimento DIDA con il sistema di blind review. Tutte le pubblicazioni del Dipartimento di Architettura DIDA sono open access sul web, favorendo una valutazione effettiva aperta a tutta la comunità scientifica internazionale. Questo progetto editoriale raccoglie gli esiti dell’impegno didattico del Laboratorio integrato di Architettura e Ambiente del CdL Magistrale in Architettura (Classe LM-4-cod. B076) del Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Firenze, tenuto dalla prof.ssa Rosa Romano (modulo di Progettazione Ambientale), dalla prof.ssa Carla Balocco (modulo di Tecniche del Controllo Ambientale), e dal prof. Simone Barbi (modulo di Progettazione Architettonica III), con la collaborazione dall'arch. phd Angela Benfante e dell'arch. Antonia Sore (cultrici della materia); svoltosi interamente in modalità on-line, nel corso del primo semestre dell’anno accademico 2020/2021. I disegni in copertina e di inizio contributo sono tratti dalla serie Urban Ouroboros di Raffaele Primo Capasso.

in copertina Idea di spazio #1 (2021). Disegno di Raffaele Primo Capasso

progetto grafico

didacommunicationlab Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze Susanna Cerri Federica Aglietti

didapress Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze via della Mattonaia, 8 Firenze 50121 © 2022 ISBN 978-88-3338-165-7

Stampato su carta di pura cellulosa Fedrigoni Arcoset


indice

Prefazione. Cultura del progetto e incorporazione dell’ambiente fisico-naturale: per una nuova armonia Giuseppe De Luca

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Introduzione Rosa Romano, Carla Balocco, Simone Barbi

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Il progetto Architettonico-Ambientale. Teorie e strumenti

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La Progettazione Ambientale, come premessa alla stesura di un’architettura totale Rosa Romano

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La fisica tecnica per la progettazione energetica ambientale Carla Balocco

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Ambiente: somma di luogo, storia, cultura, tradizione, suggestioni e altri appunti Simone Barbi

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Riqualificare gli edifici scolastici. Materiali e metodi

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Approccio sistemico al progetto di riqualificazione energetico-ambientale per la costruzione delle scuole di domani Rosa Romano

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La building physics, termodinamica e termofisica del sistema edificio-impianto Carla Balocco

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Sul progetto della scuola, la sua relazione con la città e il ruolo del terzo spazio Simone Barbi

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Il progetto come momento di sperimentazione e verifica

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Dialoghi in cerca di sintesi. Approccio al Laboratorio Architettura e Ambiente Rosa Romano, Carla Balocco, Simone Barbi

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Sul futuro dell’edilizia scolastica nell’area metropolitana fiorentina Michele Mazzoni

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Riscritture. La scuola Don Milani di Firenze Rosa Romano, Carla Balocco, Simone Barbi

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Sette variazioni sul tema della riscrittura

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Bibliografia

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Nel ringraziare gli studenti, per l’entusiasmo, la curiosità e l’impegno dimostrati anche in questo tempo difficile di pandemia, preme ricordare con gratitudine chi ha collaborato alla didattica, condividendo con i docenti e gli studenti l’impegno, la fatica e le soddisfazioni del Laboratorio. Tra questi: Giulia Viciani e Alessandro Sordi, per l’impegno costante e generoso svolto nel modulo di Progettazione Architettonica III; i relatori intervenuti nel corso dei tre seminari propedeutici al progetto, organizzati dalla prof.ssa Rosa Romano, ovvero gli architetti Antonia Sore (Creating systemic sustainable impact), Maria Vittoria Arnetoli (Resilienza delle città al cambiamento climatico), Ilaria Massini (New learning spaces for the school of the future); tutti gli ospiti del ciclo di seminari tematici “Sostenibilità e progetto. La parola alle aziende” organizzato nell’autunno 2020 dalle prof.sse Rosa Romano e Paola Gallo e in collaborazione col centro interuniversitario A.B.I.T.A. e il Laboratorio Tecnologie per l'Abitare Mediterraneo del DIDA. Questo lavoro è dedicato agli studenti delle scuole di domani.

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Parti in cerca del tutto (2021)


prefazione Giuseppe De Luca

Direttore del Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze

Cultura del progetto e incorporazione dell’ambiente fisico-naturale: per una nuova armonia Vorrei, partendo dal libro, ragionare sulla cultura del progetto, conchiusa - secondo me - in due magneti: il vasto campo della costruzione delle regole pubbliche che stabiliscono il gioco delle trasformazioni urbane e territoriali, quello che per semplicità nel corso del moderno abbiamo definito come i territori delle urbanistiche; e il vasto campo delle tecnologie e delle intelligenze tecnologiche che impongono, o quantomeno presuppongo delle regole interne di riferimento, si potrebbe dire quasi “tecnologicamente naturali” (se non fosse un ossimoro) che richiedono forte adesione e rispetto per manipolarle e usarle. Il libro ragiona su queste ultime per incorporare l’ambiente – non solo quello circostante – come componente fondamentale della cultura del progetto. Il suo contenuto, infatti, pur muovendosi nei territori del progetto architettonico, nella realtà pratica lo reinterpreta in una prospettiva ecologica. Muoversi lungo questo sentiero, stretto e ancora largamente incerto, significa per me l’adattamento progressivo e reciproco tra lo sviluppo attivo dell’essere umano e le proprietà mutevoli degli ambienti nei quali l’individuo è inserito. Lo intendo alla Urie Bronfenbrenner, per intenderci, ma con una sottolineatura più consapevole: bisogna ritrovare non solo una alleanza tra uomo e natura, quanto una vera e propria innovazione armonica. Inteso in questo modo, l’approccio tecnologico al progetto di architettura presuppone un legante tra la teoria e la tecnica. Questo legante è la cultura, ovvero la “cultura tecnologica” di matrice umanistica e ambientale. Parlo della cultura del progetto, cioè all’incrocio di conoscenze e competenze, di diversi campi di azione e come queste si miscelano nelle giuste forme e dimensioni collaborative intorno al progetto delle architetture. Processo collaborativo che, nella mia visione, può chiamarsi governance cooperativa, che è la sola via per superare la barriera profonda tra le molteplici specialità che connotano il vasto mondo che concorre all’elaborazione del progetto delle architetture, dalla fase indagatoria e creativa, al suo adagio a terra con il processo di costruzione, e poi nella gestione dell’opera di architettura e del suo contorno nella vita sociale. giuseppe de luca


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Il libro incrocia questi argomenti e questi territori del progetto, seppur applicati ad una esperienza circoscritta e specialistica: la riqualificazione di un edificio scolastico. Nonostante ciò, teorie, pratiche e culture del progetto sono interconnesse e l’esperienza può essere generalizzata come caso studio generativo di domande più ampie. In accademia noi facciamo di tutto per scandagliare e sempre più definire perimetri disciplinari, non solo linguistici, quanto anche di contenuto, fino a creare anche implicite distanze e separatezza tra le discipline, proprio perché ne ricerchiamo le differenze, le diverse angolature, i molteplici riferimenti seminali e, in fin dei conti, i campi dell’agire specialistico. Differenze che nella realtà delle cose, cioè nelle prassi concrete della realtà, tendono a miscelarsi fino a confondersi, adattandosi via via alla realtà, che non è altra né rispetto alle teorie consolidate, né rispetto alle prassi. È proprio qui che entra in maniera preponderante la cultura, per l’appunto la cultura del progetto. Cultura del progetto significa anche creazione, impresa, innovazione. La miscelatura è la creatività che, in una forma circolare autoalimentata, crea nuova cultura e insieme concepiscono diversi orientamenti e approcci, che poi diventano prassi di progetto ulteriori a sostegno delle componenti attive della società: famiglie, imprese, istituzioni. Ciò significa, nella mia visione dei percorsi disciplinari, che la cultura del progetto muove da specifici disciplinari, si alimenta nella singolarità dei progetti, per tornare a costruire teorie e generare prassi. Questa cultura del progetto circolare non si insegna, ad essa bisogna educare e con essa si educa. La logica linearità, tuttavia, si può percorrere e mantenere solo quando vi è una forte adesione, o la si fa nutrire, da un progetto più ampio e ”travolgente”: quello ecologico-ambientale. Incorporare l’ambiente fisico-naturale nella cultura del progetto porta ad una sensibilità di lungo corso che permette di rompere i tradizionali perimetri delle competenze disciplinari tradizionali e dei tradizionali attori che contribuiscono a generare il progetto delle architetture. Conoscere, collaborare, progettare insieme adattando il progetto all’ambiente circostante mi sembra sia l’esito più evidente del libro. Esito tanto più forte e significativo perché sviluppato in un normale percorso formativo di un Laboratorio di Architettura e Ambiente in un normale Corso di studio magistrale.



Cercare un'unità #1 (2021)


introduzione Rosa Romano, Carla Balocco, Simone Barbi

Architettura e Ambiente sono elementi imprescindibili di una dicotomia programmatica indispensabile a generare e realizzare edifici sostenibili e resilienti, in sintonia con il “genius loci” di un luogo ed ispirati dalle sue caratteristiche morfologiche e climatiche. Da questa riflessione nasce il lavoro oggetto della presente pubblicazione, frutto della rielaborazione di appunti e lezioni svolte all’interno del Laboratorio integrato di Architettura e Ambiente, nel corso dell’anno accademico 2020-2021. L’obiettivo condiviso dagli autori è quello di definire un approccio metodologico interdisciplinare ed integrato, messo a punto all’interno di un’attività didattica coordinata e sistemica, sperimentata nel dialogo tra i vari settori scientifico-disciplinari. Il metodo proposto costituisce la struttura logico-pratico-operativa di una progettazione architettonica ambientalmente sostenibile, intendendo quest’ultima come un processo legato alla dinamica e continua trasformazione del sistema ambiente-edificio-impianti-utenti. Il funzionamento di qualsiasi sistema è un processo integrato e ogni separazione è controproducente sia da un punto di vista fisico, che energetico ed economico. La sostenibilità poggia proprio su questa consapevolezza dell’impossibilità di separare la ‘unità inscindibile’ che lega i sistemi. Dunque, lo schema di organizzazione di un sistema (reale e vivente) è sempre uno schema a rete. Il sistema ambiente-edificio-impianti-utenti è una totalità integrata, un sistema complesso termodinamico aperto che scambia massa ed energia, le cui proprietà formali architettoniche strutturali energetiche non possono essere ricondotte univocamente a quelle delle parti che lo compongono. L’approccio metodologico-sistemico che proponiamo fornisce la capacità di spostare l’attenzione tra i vari livelli del sistema. Esistono sistemi inseriti dentro altri sistemi e, a ciascun livello, i fenomeni osservati mostrano proprietà che non esistono a livelli inferiori, pertanto le proprietà delle parti o sottosistemi, non sono proprietà intrinseche assolute, ma si possono comprendere solo in un contesto più ampio ed interconnesso. Per questo motivo l’approccio sistemico è quello di rete e di relazioni. Gli edifici, gli impianti, gli utenti-fruitori, l’ambiente come spazio e luogo, sono reti di relazioni inserite all’interno di reti più


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grandi in continua trasformazione. Poiché tutti i componenti di una rete autopoietica sono prodotti da altri componenti nella rete, l’intero sistema è organizzativamente chiuso, sebbene sia aperto al flusso di materia ed energia. La visione di sintesi cui vorremmo condurre, porta alla possibilità di una progettazione, produzione e uso sistemico dell’energia e quindi alla sostenibilità energetica, con il passaggio da una ‘comunità di consumo’ ad una ‘comunità dell’energia’ con cui i produttori e i consumatori (di risorse e di energia) condividono processi produttivi su piccola scala distribuiti a rete sul quartiere che sconfina nella città, nel territorio, nell’ambiente. Il Laboratorio di Architettura e Ambiente diventa così il luogo dove sperimentare una nuova forma di progetto integrato e sistemico, nella quale gli approcci disciplinari dei singoli moduli sono finalizzati verso l’unico obiettivo della promozione di un concetto di sostenibilità ambientale applicabile a tutte le scale dell’oggetto architettonico, attraverso l’acquisizione di una conoscenza metodologica di matrice olistica che porti alla validazione qualitativa e quantitativa dei risultati spaziali senza perdere di vista la componente poetica connessa alla fase di ideazione e sviluppo dell’opera architettonica. Partendo da questi presupposti e dalla volontà di declinare in chiave pragmatica le teorie compositive, tecnologiche e fisico-tecniche del Progetto Ambientale, l’approfondimento annuale ha riguardato il tema della deep renovation, in risposta alle aspirazioni del Green Deal Europeo di decarbonizzazione totale entro il 2050. In linea con quest’obiettivo, abbiamo deciso di lavorare sul caso studio della Scuola Media Don Milani in sinergia con il Comune di Firenze, che ci ha supportato nella raccolta delle informazioni relative allo stato di fatto dell’edificio (audit energetico, analisi delle vulnerabilità sismica, rilievo architettonico, ecc.), in un momento storico nel quale la conoscenza diretta del luogo era inattuabile. La possibilità di interagire con una committenza reale e con il tema della riqualificazione energetica profonda di un edificio scolastico collocato in un quartiere periferico del capoluogo toscano ha consentito agli studenti di interrogarsi su come trovare scelte compositive innovative e funzionali ad ammodernare lo spazio educativo, raggiungendo elevate prestazioni energetiche e di comfort indoor, coniugate alla volontà di rigenerare l’intero comparto urbano, ridefinendo completamente la sua immagine e trasformandolo da marginalità in un elemento iconico e rappresentativo della possibilità di promuovere, attraverso l’architettura, la sostenibilità ambientale e sociale di un’intera comunità. Da questa esperienza di condivisione e sperimentazione nasce il racconto presentato in queste pagine e strutturato in tre parti distinte, tra loro complementari e propedeutiche, proprio come l’’avventura’ del Laboratorio Architettura e Ambiente a cui esso fa riferi-


introduzione • rosa romano, carla balocco, simone barbi

mento. La prima parte raccoglie considerazioni generali sugli approcci possibili al progetto architettonico di matrice ecologica, redatti come una sorta di appunti per le tre lezioni introduttive degli insegnamenti coinvolti nel Laboratorio integrato. La seconda parte presenta tre saggi metodologici relativi all’approccio architettonico-ambientale, applicabile al progetto delle Scuole e riferibili anche ad altre tipologie di edifici pubblici. La terza e ultima parte raccoglie i progetti sviluppati dagli studenti nel corso del semestre, presentati come contributi sul tema della riqualificazione urbana, architettonica ed energetica di un edificio scolastico, applicati al caso-studio dell’istituto Don Milani di Firenze. La finalità di questa narrazione è di definire un approccio metodologico che possa essere replicato anche in esperienze didattiche future, sottolineando l’importanza diridiscutere sillogismi culturali relativi alla definizione stessa di ‘progetto’ per sviluppare una conoscenza che sia utile ai giovani architetti per trovare efficaci soluzioni ‘ambientali’, in risposta ai limiti normativi ed alle esigenze di una committenza interessata a raggiungere risultati funzionali che permettano di intraprendere percorsi di rigenerazione dell’ambiente costruito sostenibili dal punto di vista ecologico, energetico, sociale ed economico. La qualità dei risultati raggiunti valida la sperimentazione condotta in seno al Laboratorio, evidenziando la capacità di incidere positivamente sulla crisi climatica in atto, in linea con gli obiettivi delle normative internazionali e del recente Piano Nazionale di Resilienza e Ripresa che caratterizzerà il settore delle costruzioni nel prossimo quinquennio.

Bibliografia Norberg-Schulz C., 2000, Genius Loci. Paesaggio, ambiente, architettura, Electa, Martellago (edd. origg. 1979).

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introduzione • giuseppe de luca

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Il progetto Architettonico-Ambientale Teorie e strumenti


Soglie (2021)


la progettazione ambientale, come premessa alla stesura di un’architettura totale Rosa Romano

Obiettivi Formativi Il Laboratorio Architettura e Ambiente nasce dalla necessità di trovare delle soluzioni (compositive, tecnologiche, fisico-tecniche) sostenibili sotto il profilo ambientale, sociale ed economico, in linea con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Lo scopo principale del Laboratorio è di far apprendere agli studenti une metodologia efficace per rispondere ai vincoli ed ai requisiti dettati dalle normative nazionali in tema di efficienza energetica degli edifici, sviluppando progetti capaci di coniugare le esigenze intrinseche al rapporto uomo, ambiente e tecnologia attraverso il richiamo, in chiave contemporanea, dei fondamenti vitruviani “firmitas, utilitas e venustas” (Vitruvio, 1999), con una particolare attenzione al concetto stesso di “genius loci” (Christian Norberg-Schulz, 2020). Nonostante l’emergenza del tema ambientale, legato all’inesorabile crisi climatica in atto, le numerose direttive europee e leggi nazionali dedicate alla riduzione di emissioni climalteranti del settore delle costruzioni, ancora oggi, infatti, il tema della Progettazione Ambientale, o come essa si voglia definire attingendo all’infinito numero di aggettivi ritrovabili nel lessico italiano (bioclimatica, resiliente, sostenibile, ecc…), resta un settore specialistico, spesso demandato ad approfondimenti successivi ai percorsi formativi universitari tradizionali. Tuttavia, quante e quali siano le conseguenze sull’ecosistema globale di scelte errate di progetto, rispetto all’intero ciclo di vita dell’edificio, è ormai evidente. Diventa pertanto necessario superare la dicotomia storica tra architettura e tecnica, che per anni ha demandato nella fase conclusiva del processo progettuale le riflessioni di carattere energetico e ambientale (spesso limitandole ad una mera integrazione impiantistica operata a posteriori). Si tratta, invece, di sviluppare un nuovo modo di pensare alle soluzioni (compositive, tecnologiche, energetiche) che possono essere adottate per trasformare l’ambiente costruito, trovando innovativi paradigmi architettonico-ambientali che, esenti da inutili gerarchie disciplinari, siano capaci di accomunare diversi saperi (filosofia, sociologia, antropologia, ecologia, economia, ecc…) rispetto ad una visione eteronoma dello spazio e dei luoghi, in grado di rispondere adeguatamente alle mutevoli e rapide richieste della società contemporanea. rosa romano


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Dunque, il progetto di architettura, inteso come progetto del processo edilizio (dalla fase creativa a quella esecutiva, per arrivare alla definizione delle modalità di gestione e dismissione), diviene esso stesso ‘luogo’ di interrelazioni tra creatività e pensiero critico, di competenze tecniche e di innovazione (non solo tecnologica), necessarie per fronteggiare con maggior forza e consapevolezza la complessità dell’oggi e affrontare le sfide del domani. (Lucarelli, 2021) Proprio per questo motivo, il modulo di Progettazione Ambientale del Laboratorio di Architettura e Ambiente promuove un approccio metodologico sistemico al progetto, rispetto al quale non sia necessario operare distinzioni disciplinari in relazione alle varie scale di analisi ed approfondimento, ma si acquisisca una capacità critica autonoma, indispensabile a gestirne la complessità, in termini di sostenibilità ambientale, sin dalla fase creativa, individuando un iter procedurale che si avvalga di nuovi strumenti di conoscenza e di previsione, prefigurazione e controllo delle tecniche di intervento. (Amirante, 2004). L’obiettivo è quello di trasferire agli studenti la consapevolezza che la Progettazione Ambientale non è qualcosa di diverso dalla progettazione tradizionale (Bottero, 2004). L’attenzione all’ambiente dovrebbe, infatti, essere implicita in ogni progetto di architettura, così come la professione dell’architetto dovrebbe essere esercitata con la consapevolezza etica delle conseguenze indelebili che il costruito può avere sul mondo che ci circonda. Si tratta di recuperare il concetto stesso di “responsabilità dell’architetto” basato sulla capacità di scoprire il denominatore comune da applicare a qualsiasi forma di processo compositivo finalizzato alla realizzazione di un’ “architettura totale”, in cui la componente umana o sociale dirige quella professionale e non viceversa (Gropius, 1943). Argomenti trattati Partendo dai presupposti elencati nel paragrafo precedente, l’approfondimento proposto nell’ambito del modulo di Progettazione Ambientale, e applicato poi alla scala dell’esercitazione progettuale annuale, è basato sulla conoscenza dei seguenti argomenti: • approccio sistemico al progetto sostenibile, con l’obiettivo di riflettere sulla necessità di adottare processi di analisi e soluzioni basati sulla teoria cradle to cradle che permettano di valorizzare le risorse presenti sul territorio, trovando una risposta adeguata alle esigenze della comunità locale, in un’ottica di reversibilità permanente; • teorie e tecniche inerenti l’architettura bioclimatica, con particolare attenzione allo studio delle risorse ambientali (suolo, acqua, materiali ed energia) da preservare ed utilizzare nell’ambito del progetto, attraverso l’acquisizione di strumenti di valutazione, indispensabili per analizzarne il reale impatto in termini ecologici;


la progettazione ambientale, come premessa alla stesura di un’architettura totale • rosa romano

• integrazione delle energie rinnovabili, riflettendo su come le tecnologie finalizzate alla produzione di energia da sole, vento, aria e acqua, debbano essere sviluppate ed integrate alla scala architettonica per risultare in simbiosi con le le caratteristiche estetico-formali dell’edificio, e non essere additivate solo nella fase di verifica progettuale esecutiva; • studio di sistemi di involucro energeticamente efficienti, utilizzando materiali innovativi, riciclati o riciclabili, scegliendo adeguati processi di produzione e messa in opera e prediligendo il ricorso a soluzioni prefabbricate, assemblabili a secco e/o realizzabili con sistemi di additive manufacturing; • sviluppo di soluzioni tecnologiche e spaziali finalizzate a promuovere l’integrazione tra sistema edilizio e sistema impiantistico in un’ottica human centered, con l’ambizione di creare edifici ‘integrati’ ad alta efficienza energetica e a basso impatto ambientale. Con l’obiettivo di avvicinare gli studenti al mondo delle costruzioni, l’approfondimento teorico è condotto parallelamente al seminario ‘Sostenibilità e Progetto: la parola alle aziende’, nell’ambito del quale imprese del mondo delle costruzioni, professionisti e rappresentanti delle pubbliche istituzioni, sono chiamati a presentare soluzioni tecnologiche e/o esempi progettuali bioecologiche e tecnologicamente innovative. L’obiettivo è quello di far acquisire agli studenti una capacità critica necessaria a gestire la complessità delle responsabilità riconducibili alla professione stessa dell’architetto. Per la stessa ragione è richiesto lo sforzo di sintetizzare nell’esperienza del Laboratorio Architettura e Ambiente anche le conoscenze pregresse del percorso formativo, attraverso: • l’adozione di strumenti di rappresentazione adeguati ed efficaci a comunicare i contenuti e gli obiettivi del progetto bioclimatico alle sue varie scale; • l’utilizzo di un linguaggio tecnico consono alla descrizione delle peculiarità compositive, materiche e tecnologiche adottate, scevro da sillogismi di carattere generalista, ma basato sulla padronanza di termini propri della scienza dell’architettura; • la conoscenza di esempi architettonici adeguati a supportare le scelte progettuali adottate in fase preliminare, prediligendo tra questi quelli più innovativi in relazione ai temi energetico-ambientali affrontati nell’ambito del percorso conoscitivo. Il modulo di Progettazione Ambientale, in linea con i riferimenti normativi europei declinati a livello nazionale dal Piano di Resilienza e Sviluppo (MISE, 2021), promuove, infine, il disegno di un approccio nuovo rispetto alla progettazione, la realizzazione e la gestione dell’architettura, mettendo al centro la sostenibilità e l’innovazione in tutte le sue principali accezioni, estendendo tale principio alle varie fasi del progetto di realizzazione e di manutenzione ordinaria dell’opera, nell’ottica di trasferire, seppur in modo embrionale, i fondamenti conoscitivi della green economy al processo creativo progettuale. Attraverso l’innova-

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zione e lo sviluppo compositivo e tecnologico, connesso al concetto stesso di ‘edificio integrato’, infatti, è possibile perseguire obiettivi ambientali e, al tempo stesso, ridurre i costi operativi, aumentando l’inclusione e l’accessibilità delle opere oggetto dell’esercitazione progettuale annuale. La sperimentazione progettuale La sperimentazione progettuale è considerata il momento di crescita fondamentale del Laboratorio di Architettura e Ambiente ed in tal senso sviluppata in modo congiunto nell’ambito di ciascun modulo di approfondimento. Nel dettaglio, nell’ambito del modulo di Progettazione Ambientale, l’esercizio della sperimentazione attraverso il progetto, viene affrontato in coerenza con le diverse scale di approfondimento previste dalla scomposizione del processo edilizio, con particolare attenzione alla verifica delle prestazioni previste dal decreto Criteri Ambientali Minimi (D.M. 11 ottobre 2017), ed è articolata nelle seguenti tre fasi di approfondimento progressivo, a cui corrispondono altrettanti momenti di presentazione e verifica, finalizzati ad accrescere la capacità critica dello studente di sviluppare delle proposte architettoniche in linea con i riferimenti normativi vigenti e con l’acquisizione di strumenti di comunicazione che preparino lo studente al confronto con i committenti del mondo reale. Fase 1. Sviluppo dell’ipotesi progettuale alla scala di progetto di fattibilità tecnico-economica In linea con le definizione di Progetto di Fattibilità tecnico-economica fornita dalle Linee Guida del Ministero delle Infrastrutture e Mobilità Sostenibili (MIMS, 2021) questa prima fase è finalizzata alla redazione di elaborati grafici che contengano le informazioni necessarie per definire le caratteristiche dell’opera, con particolare attenzione ai requisiti di sostenibilità, efficienza energetica e impatto ambientale, sviluppati in relazione al rapporto tra assetto geometrico-spaziale dell’infrastruttura, componenti ambientali e matrice territoriale, demandando alle fasi successive la sola definizione e verifica di dettaglio di aspetti tecnici che non incidono sul contenuto dell’intervento. In linea con questi presupposti viene quindi chiesto di definire: • CHE COSA debba essere progettato in una cornice più generale di promozione dello sviluppo sostenibile, evidenziando, attraverso l’adozione di un approccio olistico, il quadro esigenziale relativo a: obiettivi generali da perseguire; fabbisogni della collettività, o della specifica utenza alla quale l’intervento è destinato; esigenze qualitative e quantitative del committente e dell’utenza; eventuale indicazione delle alternative


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progettuali. L’esercizio architettonico si colloca, così, entro una prospettiva ampia, di confronto critico con le pressanti esigenze della società, le ingerenze dell’economia, le ragioni della produzione ed è obbligata a confrontarsi con il problema della corrispondenza tra ciò che viene progettato e le aspettative di una determinata collettività e di ogni suo singolo individuo, in un contesto spaziale e temporale definito (Campioli, 2017). • COME pervenire ad un’efficiente e sostenibile progettazione dell’opera lungo l’intero ciclo di vita ed individuando i requisiti prestazionali che dovranno essere perseguiti dalle strategie progettuali. L’obiettivo della riduzione del consumo di materie prime e di contenimento degli impatti ambientali rende, infatti, obsoleta la logica lineare del “prendere, trasformare e gettare” e impone il riferimento a nuovi comportamenti e a nuove strategie di azione che hanno come elementi fondativi l’approccio life-cycle (Campioli, 2017). In tal senso, le recenti innovazioni riconducibili al tema “progetto, digitalizzazione e industria 4.0”, inducono necessariamente verso una riflessione inerente gli strumenti digitali di gestione delle fasi di realizzazione dell’opera, in una prospettiva multimediale inerente sia le fasi di verifica e rappresentazione (con software BIM e BEM), che di realizzazione (attraverso processi di additive manufacturing) e controllo delle prestazioni in opera (integrazione di sistemi digital twins di monitoraggio). Risulta pertanto indispensabile partire dallo studio delle caratteristiche ambientali (intese come caratteristiche urbanistiche, funzionali, sociali, materiche, economiche, climatiche ed ecologiche) del luogo di indagine, sviluppando schemi e grafici finalizzati a definire l’inquadramento urbano ed ecologico dell’intervento. Particolare attenzione viene data al momento di analisi delle peculiarità ambientali e climatiche del contesto allo stato di fatto, spronando lo studente non solo a reperire dati e informazioni che permettano di definirne il microclima e le caratteristiche (attraverso la consultazione di banche dati dedicate e software appropriati), ma anche a immaginare molteplici scenari di trasformazione che ne garantiscano capacità adattiva, dal punto di vista della resilienza climatica, nel corso del tempo. Parallelamente, si chiede di delineare il sistema di esigenze e di requisiti dell’idea progettuale, adottando strumenti e metodi che facilitino l’acquisizione di un approccio sistemico e aiutino a identificare le caratteristiche funzionali e dimensionali dell’opera, in relazione al modello spaziale ed alle peculiarità sociali, economiche, ambientali del contesto urbano esistente e di quello previsto dopo l’intervento progettuale. In questa fase conoscitiva e creativa, la riflessione riguarda le tecnologie, i tempi, i soggetti coinvolti. Tale processo cognitivo trova una prima sintesi nella stesura di un motto, un’immagine, uno spunto compositivo o tecnologico, che ne riassuma i caratteri salienti o che sim-

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boleggi in avvio le scelte e le aspirazioni di ciascun gruppo di lavoro. È, inoltre, richiesto lo sviluppo di elaborati progettuali che riassumano, alle scale appropriate, una sintesi adeguata dell’analisi dello stato di fatto e delle scelte progettuali adottate. Fase 2. Sviluppo dell’ipotesi progettuale alla scala di progetto definitivo. È questo forse il momento più delicato dell’esercitazione annuale, nella quale prende corpo l’insieme progettuale, con i suoi caratteri qualitativi, quantitativi e concettuali (destinazioni d’uso; funzioni; percorsi esterni ed interni; soluzioni tecnologiche e impiantistiche; verifica dimensionale e prestazionale degli ambienti e degli elementi materici che caratterizzano l’edificio). In linea con i riferimenti normativi nazionali, infatti, è in questa fase che viene richiesto agli studenti di definire gli elaborati che contengono tutti gli elementi necessari a descrivere le caratteristiche salienti delle scelte individuate durante la stesura del progetto di fattibilità tecnico-economica, sviluppando un livello di definizione tale che eviti di apportare significative modifiche tecniche e di costo nella fase di progettazione esecutiva. Il progetto definitivo è quindi inteso come rappresentazione fisica integrata con la semantica relativa ad ogni entità considerata e con tutte le proprietà significative in rapporto alle sue finalità, assumendo un ruolo centrale per la corretta e adeguata qualità finale del prodotto architettonico. (Carrara, 2017) L’esercizio, inoltre, è finalizzato all’acquisizione di una metodologia di verifica e validazione delle scelte progettuali-ambientali, necessaria nella pratica corrente a ottenere titoli abilitativi, accertare la conformità urbanistica dell’opera e verificare le sue prestazioni energetico-funzionali. In tal senso le simulazioni (ad esempio delle proprietà termoigrometriche dell’involucro e dei parametri di illuminamento degli ambienti interni), condotte con gli strumenti utilizzati nell’ambito del modulo Tecniche del controllo ambientale, risultano fondamentali a intraprendere scelte materiche e dimensionali che necessariamente connotino l’aspetto e la composizione degli elementi compositivi caratterizzanti la scelta progettuale. Fase 3. Definizione delle soluzioni tecnologiche di dettaglio alla scala di progetto esecutivo. In questa fase di approfondimento lo studio della soluzione architettonica si esplicita in relazione alla fattibilità reale dell’opera, in funzione delle sue caratteristiche ambientali, estetiche ed economiche, ed è indagato come pratica di ‘elaborazione processuale’ (o come ‘operazione programmatica’) diretta alla ‘proiezione’, alla visualizzazione e alla


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simulazione, per disporre, organizzare e anticipare la produzione e la costruzione del manufatto edilizio, pervenendo alla definizione di un modello di realtà non ancora esistente, ma di cui si manifestano, attraverso opportuni approfondimenti, gli aspetti informativi e decisionali. (Nastri, 2018) Lo sviluppo cognitivo della metodologia operativa si concentra, quindi, sui criteri, sugli orientamenti procedurali, sulle modalità di concezione e di redazione degli elaborati esecutivi, intesi quali ausili in grado di esaminare e di esprimere gli aspetti previsionali e di verifica dell’operabilità della costruzione di cantiere in un’ottica lyfe cycle. La progettazione esecutiva è intesa, in tal senso, come strumento culturale e professionale, disciplinare e metodologico correlato alle istanze e agli obiettivi rivolti alla fattibilità reale e all’attuazione pratica degli aspetti morfo-tipologici e funzionali, strutturali e connettivi dell’opera; rilevando i caratteri e i modi di svolgimento orientati all’esplorazione e all’anticipazione, alla modellazione e alla simulazione della realtà produttiva e costruttiva del cantiere. (Nastri, 2019) Gli studenti sono infatti chiamati ad acquisire la capacità di governo del sistema di relazioni tra materiali, procedimenti costruttivi ed esiti funzionali, figurativi e di impatto ambientale, in vista di un controllo globale della qualità dell’opera architettonica. L’obiettivo generale è quello di approfondire il rapporto tra ‘Universo Tecnico’ ed ‘Ecosistema’, attraverso la creazione di modelli ed elaborati grafici alla scala prototipale che aiutino a comprendere le problematiche legate alle condizioni di qualità delle trasformazioni, del benessere, della salvaguardia ambientale, dell’eco-compatibilità delle soluzioni tecniche, evidenziando le ricadute, in termini gestionali ed organizzativi, tra la visione teorica progettuale e le sue conseguenze pragmatiche rispetto al contesto ambientale e sociale della fase realizzativa. Conclusioni I cambiamenti epocali in atto chiedono anche al settore dell’architettura di sviluppare metodologie di intervento sempre più orientate verso l’adozione di strumenti e soluzioni tecnologiche ispirate dalle innovazioni connesse alla rivoluzione ecologica e digitale in atto, e capaci di dare origine a nuove teorie e applicazioni progettuali in cui ‘tecnica’ e ‘forma’ sappiano coniugarsi per risolvere le disfunzioni ambientali che la prassi costruttiva post-industriale ha determinato. Oggi la scienza della sostenibilità apre nuovi ambiti ‘tecnologici’ nel progetto, obbliga a guardare oltre e non solo alla vita utile delle opere, ai loro diretti fruitori, al loro contesto locale. Le tecnologie digitali ci chiedono di ripensare il processo di progettazione, nei suoi aspetti creativi, di gestione, di informazioni e conoscenze, di produzione e di realizzazione. La Progettazione Ambientale diventa così il luogo empirico in cui la cultura del costruire e

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l’innovazione tecnologica globalizzata sedimentano in un contesto nel quale far dialogare conoscenze e immaginazione, per costruire soluzioni possibili, capaci di rispondere con dimostrata efficacia ai problemi posti, utilizzando al meglio le risorse economiche, sociali, materiali e immateriali. In questo nuovo scenario è possibile assumere punti di vista diversi, di volta in volta ritenuti prioritari (il rendimento prestazionale, la qualità, la complessità, la sostenibilità, la resilienza ecc.), sviluppando approcci e strumenti innovativi, attraverso il dialogo continuo con altre discipline e saperi che mutuano concetti e linguaggi tradizionali. (Torricelli, 2017) L’etimologia stessa delle parole Progettazione e Ambiente ci riconduce in una dimensione nella quale è necessario coniugare le attività di anticipazione, di previsione, di formulazione di ipotesi necessarie a sviluppare le soluzioni possibili al problema da risolvere, alla definizione di soluzioni compositive, formali, tecnologiche e materiche che determinano e influenzano irreversibilmente il complesso di condizioni sociali, culturali e morali nel quale l’utente dello spazio costruito si trova, si forma, si definisce. In un contesto professionale, dove le strutture di progettazione si diversificano per dimensione, per modalità organizzative e per tipologia degli strumenti utilizzati, al Progetto Ambientale si richiede, infatti, sempre di più la capacità di fornire risposte competenti, che implicano preparazione e approfondimento rispetto a questioni oggi centrali. Rifuggendo da tecnicismi e riduttive specializzazioni, al progetto sostenibile o ecologicamente consapevole, si richiede in sostanza la capacità di traguardare quell’orizzonte simbolico di senso implicito nella cultura tecnologica riferita al mondo dell’architettura, trovando un equilibrio nel soddisfacimento delle esigenze materiali e immateriali di chi abita gli spazi e i territori che vengono costruiti, attraverso l’utilizzo di strumenti appropriati e di tecnologie a basso impatto ambientale. (Campioli, 2017) È a queste richieste che cerca di dare risposta il modulo di Progettazione Ambientale del Laboratorio di Architettura e Ambiente, con l’obiettivo di formare una nuova generazione di architetti capace di affrontare con gli strumenti appropriati le grandi sfide poste dalle questioni ambientali ed energetiche del nostro tempo (cambiamenti climatici, limitatezza delle risorse e eccessivo consumo di energia), sviluppando al contempo una rinnovata dimensione delle condizioni dell’Abitare che porti con sé i precetti connessi al concetto stesso di sviluppo sostenibile. La capacità di gestire con consapevolezza gli obiettivi da perseguire progettualmente, indissolubilmente legata ad un’attitudine alla visione sistemica dei problemi, ad un’impostazione metodologica delle strategie da tracciare e promuovere, ad un’intima sapienza degli aspetti di fattibilità e realizzabilità delle azioni da sperimentare, monitorare, con-


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solidare nel tempo permetterà ai giovani studenti di trovare non solo risposte ‘dinamiche’ nella dimensione temporale di medio-lungo termine alle crescenti esigenze di sostenibilità/ affidabilità/durabilità, ma anche nello spazio reale e nel tempo presente e di breve termine, supportando l’Architettura nella sua altrettanto assoluta necessità di essere ‘adattiva’ e ‘resiliente’ ai cambiamenti già in atto sul piano climatico e ambientale. (Hausladen, 2017).

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Bibliografia Amirante I. 2004, La sperimentazione didattica nei corsi di progettazione ambientale, in I percorsi della progettazione per la sostenibilità ambientale. Un confronto sull’evoluzione della ricerca e della didattica del settore nelle Università Italiane. Convegno Nazionale Firenze 20-21 ottobre 2004, Sala M. (a cura di), Alinea, Firenze, pp. 27-30. Bottero M. 2004, Per un manifesto della progettazione ambientale, in I percorsi della progettazione per la sostenibilità ambientale. Un confronto sull’evoluzione della ricerca e della didattica del settore nelle Università Italiane. Convegno Nazionale Firenze 20-21 ottobre 2004, Sala M. (a cura di), Alinea, Firenze, pp. 27-30. Campioli A. 2017, The character of technological culture and the responsibility of design, «TECHNE Journal of Technology for Architecture and Environment», no. 13, pp. 27-32. Carrara G. 2017, Complexity and crisis of design, collaboration and knowledge, «TECHNE Journal of Technology for Architecture and Environment», no. 13, pp. 50-54. Decreto 11 ottobre 2017, Criteri ambientali minimi per l’affidamento di servizi di progettazione e lavori per la nuova costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici pubblici, GU Serie Generale n.259 del 06-11-2017. Hausladen G., Tucci F. 2017, Technological Culture, the Environment and Energy: the outlook for research and experimentation, «TECHNE Journal of Technology for Architecture and Environment», no. 13, pp. 63-71. Gropius W. 1943, Per un’architettura totale, 92 Carte d’Artisti, Milano. Lucarelli M. T. 2021, Note, «TECHNE Journal of Technology for Architecture and Environment», no. (2), pp. 7-8. MIMS 2021, Linee guida per la redazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica da porre a base dell’affidamento di contratti pubblici di lavori del PNRR e del PNC, <https://www. anci.it/wp-content/uploads/Linee-Guida-PFTE.pdf> (01/22) MISE 2021, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), <https://www.governo.it/sites/ governo.it/files/PNRR.pdf> (01/22). Nastri M. 2018, Téchne e poíesis. Cultura tecnologica ed elaborazione esecutiva del progetto, FrancoAngeli, Milano. Nastri, M. 2019, Executive design processing: references and contributions on the disciplinary, methodological and operational scenario. A Dialogue with Maurizio Teora (Arup) and Dario Bozzoli (Colombo Costruzioni S.p.A.). «TECHNE Journal of Technology for Architecture and Environment», no.18, pp. 321-332. Nesi A. 2004, Il ruolo delle tematiche ambientali nei nuovi percorsi didattici, in I percorsi della progettazione per la sostenibilità ambientale. Un confronto sull’evoluzione della ricerca e della didattica del settore nelle Università Italiane. Convegno Nazionale Firenze 20-21 ottobre 2004, Sala M. (a cura di), Alinea, Firenze, pp. 31-33.


la progettazione ambientale, come premessa alla stesura di un’architettura totale • rosa romano

Norberg-Schulz C. 2000, Genius Loci. Paesaggio, ambiente, architettura, Electa, Martellago (edd. origg. 1979). Torricelli M. C. 2017, Technological culture, theories and practice in architectural design, «TECHNE-Journal of Technology for Architecture and Environment», no. 13, pp. 21-26. Vitruvio Pollione M. (Autore) 1999, De architectura, Edizioni Studio Tesi.

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Pro-gettare (2021)


la fisica tecnica per la progettazione energetica ambientale Carla Balocco

Approccio della Fisica Tecnica The systemic vision arises from the recursive languages of our mind, it belongs to the functionality of the brain and its nature, structure … through the properties of resilience and plasticity the core concepts are discretized and compressed into visuospatial and symbolic forms… this is a process of active and conscious interaction between the two symbolic and convolutional models with which the brain activates the calculation and signal transduction (firing/ignition of neural networks. (Moro, 2020)

Un testo, di qualsiasi argomento tratti, è potenzialmente senza fine. Se si considerano le scienze, qualsiasi trattato, libro o articolo inerente, non è mai definitivamente concluso dal punto di vista semiologico, metodologico, comunicativo. È di fatto un’opera aperta sebbene alcune sue parti possano essere risolte e compiute (come lo sono ad esempio gli esperimenti, le misure, le modellazioni numeriche, i calcoli e le elaborazioni). Ciò implica che quanto scritto in seguito, non ha la pretesa di essere esaustivo e non lo vuole essere. Si pone piuttosto come stimolo per un approccio mentale, una visione sistemica differente capace di identificare le connessioni di temi e tematiche anche molto complessi. Un testo dunque che può risultare tanto più significativo ed utile, quanto più impiegato senza voler a tutti i costi ‘dare un senso univoco’ alla sua interpretazione ed al suo uso. Interpretazione ed uso del testo sono sicuramente modelli astratti, ma solo la lettura che ha sempre origine da entrambi, può portare a percezioni, idee, pensieri e soluzioni che trovano spazio ed applicazione anche in campi apparentemente distanti da quelli affrontati nel testo stesso. In questo senso, vorrei evidenziare la forma e la struttura di quanto scritto, nella loro accezione semiotica, cioè che il testo che segue si attiva anche attraverso l’apporto di chi legge, riflette ed analizza. La forma è l’oggetto concreto di uno studio, di un testo, la struttura è il sistema di relazioni e connessioni che si instaurano fra i suoi livelli o fasi di lettura e comprensione e che comportano interdisciplinarietà, analisi, ragionamenti ed interpretazioni legate ad una visione sistemica necessaria per affrontare temi complessi come la termofisica e termodinamica dell’edificio, la termodinamica dei sistemi impiantistici, concetti come sostenibilità, efficienza ed carla balocco


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efficacia, qualità ambientale, qualità dell’aria interna, wellbeing, salute e sicurezza che seguono processi dinamici e di trasformazione continua. L’approccio metodologico che proponiamo costruisce ed evidenzia il testo come forma e struttura, dunque informazione, cioè contenuti informativi utilizzabili, ed informatività cioè possibilità massimale di produrre nuova informazione. La fisica tecnica per la progettazione energetica ambientale Iniziamo col fare mente presente su cosa sia la Fisica Tecnica, perché di fatto spesso si ignora il vero significato teorico e pratico operativo di questa scienza, prima ancora che disciplina o campo disciplinare. La Fisica Tecnica è un settore della fisica applicata, da cui la denominazione, che studia le trasformazioni ed interazioni dell’energia con la materia; ha ampi campi di applicazione, da cui la sua importante trasversalità, spaziando dall’ingegneria meccanica, ingegneria civile, bioingegneria, chimico-fisica, medicina, biologia, chimica, restauro e scienze della conservazione, progettazione tecnologica ed architettonica. I settori della Fisica Tecnica sono la termodinamica applicata, la trasmissione del calore, la termofluidodinamica e l’illuminotecnica. La Fisica Tecnica utilizza approcci metodologici di tipo misuristico e sperimentale e di simulazione numerica spesso con tecniche CFD, consentendo sia la nuova progettazione che il refurbishment e retrofitting edilizio-impiantistico nell’ottica della sostenibilità energetico-ambientale, sia lo sviluppo di adeguate ed efficienti tecniche di controllo ambientale. Sia la disciplina della progettazione ex-novo che quella inerente la tutela e conservazione preventiva sono ormai un’urgenza di forte attualità applicata sia a piccola scala, cioè agli edifici singoli, blocchi edilizi della tipologia di quartieri e agglomerati dal punto di vista della nuova progettazione, edifici storici e/o vincolati e alle opere d’arte, che a grande scala, ovvero al paesaggio e ai tessuti storici urbani. In particolare, sono tanto più significativi dal punto di vista energetico e termofisico quanto più di carattere, destinazione d’uso e normativa connessa, di tipo pubblico-sociale, ovvero edifici sociali-pubblici cioè destinati all’edilizia pubblica come ospedali, settori farmaceutici, uffici, scuole, edifici del terziario, edifici/centri commerciali, impianti sportivi. Questi edifici appartengono sia alla nuova progettazione che all’edilizia esistente, storico e/o vincolata che sia. Il dibattito critico, lo sviluppo di avanzate tecniche non invasive e la progettazione di strumenti in grado di gestire e programmare interventi di manutenzione e restauro conservativo, ma anche azioni/soluzioni mirate al controllo ambientale si sono ampiamente sviluppati ed hanno fornito modelli e approcci metodologici sia di tipo prettamente sperimentale che impostati su analisi e simulazioni transitorie dei sistemi studiati.


la fisica tecnica per la progettazione energetica ambientale • carla balocco

Applicare criteri dedicati alla conservazione preventiva del patrimonio edilizio esistente ed anche storico, significa oggi avviare processi di studio, analisi e ricerca applicata di tipo interdisciplinare coinvolgendo competenze differenti che vanno dalla chimica, alla fisica, Fisica Tecnica, biologia, tecnica strutturale e delle costruzioni, fino alla storia e alla scienza del restauro. Quando si ha a che fare con edifici, opere d’arte e siti archeologici, siti paesaggistici di particolare complessità che coniugano oggetti, componenti, opere e collezioni, con contenitori architettonici e decorativi di grande importanza storico artistica, il concetto di conservazione preventiva non può che essere concepito come insieme di azioni/interventi applicabili con continuità, programmate e ritmate nel tempo e nello spazio per quantità e qualità, per prevenire o rallentare i fenomeni di degrado, riducendoli alla minima intensità. La Fisica Tecnica a supporto dello studio della termofisica e termodinamica dei sistemi edilizi-impiantistici consente di mettere a punto metodologie efficaci di analisi sperimentale e simulazione numerica necessarie per ottenere una ricognizione complessiva dello stato di fatto delle strutture urbano-ambientali, edilizie e paesaggistiche e delle opere in esse contenute, tenendo conto delle tipologie edilizie, delle loro prestazioni termofisiche ed energetiche, degli spazi interni e della loro organizzazione, distribuzione ed utilizzazione, delle condizioni microclimatiche/ambientali, dei sistemi impiantistici e di regolazione, dello stato di conservazione dei beni e degli apparati decorativi. L’applicazione della Fisica Tecnica e di alcuni suoi recenti sviluppi come la Building Physics e la Constructal Theory, possono delineare un filo conduttore comune, tra progettisti e tecnici, storici e conservatori responsabili della salute e della gestione delle opere, ingegneri e architetti orientati alla definizione di soluzioni tecnologiche ed impiantistiche basate su principi di sostenibilità, reversibilità, adattività ed acclimatizzazione, che porta alla conoscenza, al controllo fino alla modellazione e simulazione dei parametri fisici, chimici ed ambientali, per la migliore conservazione degli edifici, dei materiali e componenti. Le applicazioni della Fisica Tecnica alla nuova progettazione ma anche al refurbishment e retrofitting impiantistico, nonché alle discipline del restauro, consentono sia di sviluppare validi strumenti decisionali per l’inserimento di impianti di illuminazione e di climatizzazione e ventilazione meccanica controllata o del loro adeguamento a garanzia della qualità dell’ambiente (qualità dell’aria, qualità di visione e percezione, qualità del microclima) e della ‘salute’ degli oggetti/materiali e/o opere e delle persone, sia utili strumenti di programmazione e gestione anche economica delle risorse, nonché di sviluppo di politiche strategiche di sostenibilità degli interventi conservativi, attraverso la pianificazione di manutenzioni e controlli, per tutti gli enti e i diversi soggetti/operatori coinvolti nella tutela e valorizzazione del patrimonio edilizio esistente. D’altra parte le applicazioni della Fisica Tecnica come

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termodinamica e termofisica del sistema edificio-impianto su progetti ex-novo, forniscono un approccio metodologico integrato come ‘campo disciplinare della multifisica e termodinamica servizievole’ che consente di identificare quegli indicatori di qualità e sostenibilità energetica ambientale utili per definire scenari di intervento nell’ottica dell’energy sustainability basati su principi di Adaptivity, Reversibility, Indoor Air Quality, Human Centric Lighting, Human Health and Safety. Concetti ed obiettivi, questi ultimi, orientati alla realizzazione di quello che viene definito smart human behaviour. A partire da un nuovo modo di pensare, sia alla progettazione, come riorganizzazione funzionale e distributiva di spazi/ambienti e impianti, da quelli di climatizzazione estiva e invernale ai sistemi di illuminazione (naturale ed artificiale), a sistemi di controllo monitoraggio e regolazione, sia allo spazio come prossimità, cioè vicinanza/distanza fisica in sicurezza, attraverso la lettura termodinamica dei sistemi edilizi-impiantistici ed ambientali, è possibile mappare reti di connessione spaziale ed informazionale di supporto a nuovi processi e/o modelli di spazi di lavoro, operabilità, scambio, ma anche abitativi. Le analisi termofisiche e termodinamiche applicate a sistemi di componenti di involucro, di illuminazione artificiale integrata con quella naturale, a sistemi di controllo e regolazione della luce naturale, ad impianti di ventilazione naturale e meccanica-controllata (come previsto dalle attuali normative e linee guida del WHO, ASHRAE, REVHA, AICARR ed ISS) e a soluzioni di impiego delle rinnovabili e del verde, forniscono i fundamentals per una progettazione energeticamente ed ambientalmente sostenibile. Essi sono anche il cruciale supporto per un wellbeing inteso come processo maturazionale e di arricchimento, innescato dalla esperienza di uno spazio di trasformazione in cui ciascuno possa esprimersi, muoversi, comunicare, vivere emozioni, sensazioni visive e percettive, esperendo con consapevolezza le modifiche addotte con l’uso degli spazi, non solo ai sistemi impiantistici, ma anche energetici, naturali e sociali. È importante fornire una definizione del concetto di sostenibilità energetica connesso al secondo principio della termodinamica per poterlo quantificare. È evidente che risulta un ulteriore approfondimento della sua definizione base e rigorosamente riconosciuta a livello internazionale e riportata in moltissimi ambiti di ricerca e studio di cui la più diffusa è la seguente: In ambito ambientale, economico e sociale, essa è il processo di cambiamento nel quale lo sfruttamento delle risorse, il piano degli investimenti, l’orientamento dello sviluppo tecnologico e le modifiche istituzionali sono tutti in sintonia e valorizzano il potenziale attuale e futuro al fine di far fronte ai bisogni e alle aspirazioni dell’uomo. Il principio guida della sostenibilità è lo sviluppo sostenibile, che riguarda, in modo interconnes-


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so, l’ambito ambientale, quello economico e quello sociale. I settori culturali, tecnologici e politici sono, invece, considerati come sotto-settori dello sviluppo sostenibile. Per sviluppo sostenibile si intende lo sviluppo volto a soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di far fronte ai propri bisogni. Questo termine e concetto molto ampio di sviluppo sostenibile è stato introdotto con il noto Rapporto Bundtland della Commissione Mondiale per l’Ambiente e lo Sviluppo nel 1987. Attraverso la termodinamica, intendiamo per sostenibilità energetica un processo complesso e legato alla stessa evoluzione naturale dei processi. Pertanto, la reale sostenibilità può essere ottenuta solo se il flusso di entropia irreversibile totale, dovuto alle attività umane, è inferiore al flusso di negentropia proveniente dal sole. Qualsiasi forma di utilizzo e trasformazione dell’energia ed anche dell’energia rinnovabile, produce sempre un flusso entropico irreversibile. Quest’ultimo deve essere ridotto il più possibile per raggiungere la sostenibilità, e deve essere sempre inferiore al flusso dovuto al degrado dell’energia solare, quando assorbita dalla terra.

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Idea di spazio #2 (2021)


ambiente: somma di luogo, storia, cultura, tradizione, suggestioni e altri appunti Simone Barbi

Ambiente è un termine complesso e strutturato, che ha significati plurimi. Nell’orizzonte disciplinare dell’Architettura ci interessa descriverlo come “somma di luogo, storia, cultura, tradizione, suggestioni” (Fagnoni, 1996 p.18). ‘Luogo’ “è dove l’Architettura acquisisce il suo essere” (Moneo, 1995, p. 9), ed è proprio rivolgendosi ai caratteri specifici del sito in cui si progetta che l’opera può, e deve, trovare i temi su cui lavorare e prender forma, riflettendoli successivamente nello spazio da costruire. ‘Storia e cultura’ dei luoghi rappresentano la sostanza immateriale di ciò che nel tempo resta in essi e li qualifica, rappresentando la traccia su cui inserire l’opera nuova. ‘Tradizione’ è ciò che permane, che resiste al tempo e lavorando con esso continua ad essere esempio e nutrimento per le nuove opere, come le radici di un albero che “portano la linfa ai frutti pur non sapendo della loro esistenza” (Rilke, 2006, p.41). Posto che “la tradizione non si eredita ma si conquista” (Lampugnani, 1999, p.32), e che il patrimonio disciplinare rappresenta per l’architetto un’eredità generosa che si deve voler cogliere e usare con cura e gratitudine, la questione ambientale si deve affrontare anche e soprattutto interrogando la storia della disciplina, sia in termini di tradizioni costruttive che di cultura del progetto. Questo assunto è valido perché “le soluzioni progettuali che resistono nel tempo alla selezione naturale, resistono perché rispondono a tutte le esigenze che il progetto stesso fa scendere in campo: anche a quella energetico-ambientale” (Lampugnani, 1999, p.71). Questo perché se il passato va guardato con gli occhi dell’oggi è proprio nella tradizione disciplinare che possiamo ri-trovare “già quasi pronte o perlomeno correttamente impostate, quelle soluzioni immediate e cristalline che nel groviglio delle contraddizioni del presente abbiamo cercato invano” (Lampugnani, 1999, p.83). Già nel 1964, Bernard Rudofsky, grazie alla sua ricerca sulla “architettura senza architetti”1, pose l’accento sulle qualità dell’architettura tradizionale, vernacolare e anonima quale patrimonio vivo di saperi utili al progetto oltre che come testimonianza della cultura costruttiva

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Link open source al libro < https://www.moma.org/documents/moma_catalogue_3459_300062280.pdf> (01/22).

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dell’uomo in accordo con le condizioni climatiche del luogo. In questo ambito, preme citare anche le ricerche sulla architettura ottocentesca dei “muri intelligenti” (Cetica, 2006) o sulla “architettura senza impianti” (Davoli, 1993), tema a cui oggi fanno eco le interessanti sperimentazioni costruite di Baumschlager Eberle2. A questo proposito, non si può non evidenziare come anche architetti riconosciuti nel mondo per l’esibizionismo tecnologico dei progetti che licenziano, abbiano prodotto interessanti ricerche a partire dalla consapevole certezza che “l’Architettura sono le architetture” (Grassi, 1980, p.51-65). In un TedTalk dal titolo “Sustainable future comes from the past”3 e nel libro “Il futuro è un viaggio nel passato” (Cucinella, 2021) Mario Cucinella ha infatti raccolto interessanti casi-studio di architetture bioclimatiche del passato recente e remoto, o anche dell’antichità, presentandoli, di fatto, come efficienti modelli da riprendere e indagare per future traduzioni e sviluppi nell’architettura contemporanea. Sui Vincoli di natura Il rapporto di dipendenza – o la “unità inscindibile” (Fagnoni, 1996, p.18) – che lega edificio e ambiente è centrale nel pensiero architettonico sin dai suoi inizi. Il Trattato vitruviano, per primo, descrive in dettaglio il modo con cui scegliere il luogo adatto alla costruzione di una città, stabilendo un accordo con le caratteristiche climatiche, geologiche e topografiche del sito. Architettura è definita dall’ambiente, dai suoi elementi, dalle sue leggi; da quei vincoli di Natura, incontrovertibili, che l’opera può subire o con cui può dialogare e convivere. L’architettura è geometria incarnata nella materia e il vincolo primo ed ineliminabile che la natura le impone è quello della grăvitās, la gravità, che è valido e costante in ogni luogo della Terra. Se la materia è un grave, naturalmente pesante e attratto al suolo, col progetto si può e si deve ogni volta decidere se assecondare questa natura ‘pesante’ o lavorare molto per negarla, almeno alla vista, facendola sembrare lieve. La prima opzione si esprime negli edifici governati da logica ‘tettonica’, ed è storicamente e costitutivamente conforme alle logiche costruttive dell’architettura. La seconda opzione rappresenta l’eccezionalità della logica ‘a-tettonica’ in cui si ha raggiunge un ribaltamento percettivo della gravità. Quest’ultima assume la sostanza di una illusione costruita, con dissimulata fatica. Basti evocare il velo ‘sospeso’ firmato da Alvaro Siza e Cecil Balmond all’Expo di Lisbona, 2 3

Cfr. paragrafo “sostenibilità come durata” in questo saggio Link alla lezione: < https://www.youtube.com/watch?v=CbGJCBrowf4&t=6s> (01/22).


ambiente: somma di luogo, storia, cultura, tradizione, suggestioni e altri appunti • simone barbi

sostenuto da immense fondazioni che, pur nascoste nella terra, lavorano come i Titani della mitologia classica per distribuire la spinta e le tensioni che il peso della materia produce sul terreno, il quale a sua volta contraccambia con grazia, efficacia e apparentemente senza sforzo4. Questo mondo invisibile, negato, ma che gioca un ruolo decisivo nella costruzione di un’opera, è rappresentato da Le Corbusier in due disegni degli anni ’40, nei quali svela magistralmente la poetica e arcaica potenza di un complesso e stratificato mondo ipogeo invaso dalle fondazioni del Padiglione svizzero alla Città Universitaria di Parigi (Venezia, 1987). Nell’antichità, con molto anticipo rispetto al culto Moderno e contemporaneo per la ‘leggerezza’, l’architetto, ‘mastro costruttore’, lavorava con gli strumenti della composizione – geometria, proporzioni, sintassi e disposizione delle parti – per attenuare l’impressione di pesantezza della massa costruita. All’interno della Chiesa di Santa Maria alle Carceri a Prato, ai San Gallo bastano infatti pochi centimetri di intonaco, con cui separare il cornicione del tamburo dagli archi di scarico che inquadrano le cappelle laterali, per illuderci che l’intera cupola sia staccata dalla struttura portante sottostante ed evocare così un senso di leggerezza, difficile da ottenere altrimenti con così eloquente delicatezza. Al di là di queste apparenze ingannevoli, col progetto non si può davvero eliminare il dato di fatto che l’architettura pesi. Il compito primo del progettista consiste dunque nel disegnare i modi in cui l’opera dovrà risolvere il suo dialogo con la forza di gravità. Altri vincoli, pur se dotati di ampia variabilità, sono quelli imposti dalla natura dei suoli, dall’orientamento rispetto al sole e ai venti, e dalle condizioni metereologiche legate alle stagioni. Tutti questi interpretano ruoli differenti per ogni sito e influenzano il progetto dall’esterno in modi diversi ma sostanziali. La Natura, coi suoi cicli e i suoi elementi, danza sulle architetture come un “Eraclito incostante” (Venezia, 1990, p.83), modificandole continuamente, a patto che queste restino ferme. Questo dialogo – in cui il suffisso dia- indica la parentela con dia-metro, termine col quale condivide il significato di “unione dei massimamente distanti”, che in questo caso sono: Natura e Artificio – è una conditio sine qua non cui oggi molti tentano di sfuggire, correndo il rischio di snaturare l’Opera dell’uomo con-fondendola con la Natura. A confortarci in questo, ricordandoci qual è il carattere essenziale dell’Architettura, vengono in aiuto il teorico cileno Juan Borchers, che la definisce come “linguaggio di immobilità sostanziale” (Tessari, 2019, p.83), e Francesco Venezia, secondo cui all’architetto spetta solo una metà dell’opera, ovvero quella immobile, perché l’altra metà, quella mobile e variabile, è in carico al Sole “maestro d’ombre” (Venezia, 1990, p.84). 4 Cfr. Pizzigoni A. 2011, Ingegneri e archistar. Dialogo sul moderno costruire tra miti e mode, Marinotti, Milano, pp. 47-54.

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Nell’affrontare ogni nuovo progetto, la proposta che si avanza è dunque quella di riflettere sulla importanza dei vincoli, considerando come fondamentali quelli imposti dall’ambiente. Il progettista deve poter sempre cogliere l’occasione di lavorare insieme alla gravità, non per o contro di essa, e insieme alla luce solare, non per o contro di essa, e insieme ai venti, non per o contro di essi, e così via; proprio come la tradizione della disciplina architettonica ha sempre evidenziato. Equivoci della sostenibilità A proposito del lavoro da fare col progetto, in Università o meno, parlando di sostenibilità si devono quantomeno metter in dubbio i dogmi urbani del distanziamento da Codice civile o gli ammiccamenti high-tech che aleggiano costantemente nel dibattito pubblico sul destino dell’architettura, arrivando perfino ad escludere categoricamente che la sostenibilità si possa ottenere solamente grazie all’uso pervasivo di tecnologie avanzate o sperimentali. A meno di correre il rischio di licenziare città disperse e a misura d’auto o confondere un’opera architettonica con un elettrodomestico a scala di edificio, la tecnica, declinata in architettura nei giustificativi tecnologici, se presa da sola, non può mai davvero pretendere di risolvere e giustificare tout court un progetto. L’equivoco che affligge il dibattito attuale sulla sostenibilità sta nel confidare che la soluzione al problema – che è di matrice sostanzialmente culturale – si possa trovare nel potenziamento della risposta tecnica – che è parte attiva del problema –. È difatti rischioso pensare che classificando un edificio come si fa con un frigorifero, o lavorare per ridurre le emissioni inquinanti dei veicoli privati piuttosto che ripensare interamente la mobilità urbana, si possa automaticamente risolverne la sostenibilità e l’impatto che questi hanno sull’ambiente. Situazione, quest’ultima, riscontrabile in modo splendidamente caricaturale ed emblematico nel film di Jacques Tati “Mon oncle” in cui la vecchia Parigi, fatta di palazzine polverose dal fascino decadente e governate da logiche interne degne dei più contorti sogni Escheriani, abitate da tanti inquilini simili a Monsieur Oulot, si contrappongono al nuovo ordine razionalissimo, quasi militare, dei moderni e lontanissimi quartieri suburbani punteggiati di ville della nuova borghesia tecnocratica, rappresentata dai tanti Monsieur Arpel, ricolme di comfort che nessuno prima sapeva di poter, o dover, desiderare e circondate da geometrici giardini, adornati da bizzarre fontane maldestramente automatizzate, protetti da alte mura che, separandoli da ogni occasione di socialità e di sorpresa tipiche delle città europee, fa di questi quartieri, efficientissimi sulla carta, un candido inferno da cui fuggire; come testimoniano i figli degli Arpel – allegoria di noi stessi: figli della modernità – che nell’amministrazione delle loro giornate ci dimostrano


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di prediligere senza riserva o rimorso gli spazi densi, consumati e imprevedibili della Parigi fin de seìcle in cui abita lo zio Oulot. Tra questi due ‘modelli’ quello di Oulot pare senz’altro più sostenibile, avvicinandosi ai caratteri della città dei 15 minuti che oggi molti propongono come orizzonte da inseguire. Quello della in-sostenibilità è un problema culturale e l’equivoco dell’Occidente sta nel pensare di risolverlo altrimenti. A questo proposito è necessario ripetere che “non è pensabile sprecare sconsideratamente energia e poi arrovellarsi per trovarne di ‘pulita’. Non è pensabile produrre troppa merce e poi strizzarsi il cervello per eliminarla senza avvelenare l’aria o riempire la campagna di discariche. Non è pensabile crearsi artificialmente, e crediamo inutilmente, un problema per poi risolverlo con dispendio e fatica” (Lampugnani, 1999, p.72). Serve inoltre riflettere sul fatto che i materiali all’avanguardia su cui ci aggiorniamo costantemente sono sviluppati con velocità insostenibili per i tempi dell’edilizia e certificati in base a standard imposti da norme sempre perfettibili; questa è una costante storica nel campo dell’architettura di cui non si può non avere memoria. Delle moltissime innovazioni che il Novecento ha visto proporre, e poi testare sul campo, solo poche hanno saputo resistere alla prova del “tempo grande scultore”; molte sono sparite senza clamore, pur lasciando pesanti impronte ambientali; altre ci hanno illuso della loro efficacia e salubrità al punto da volerle ovunque, salvo poi costringere le generazioni future a pagare un conto improbo per poter tentare un ‘irrealizzabile’ passo indietro. Oggi, molte sono le città laboratorio del contemporaneo in cui la virata green è usata in primis come slogan e viatico politico e dove le ricadute ecologiche e le strategie di autosufficienza energetica (certificazioni KlimaHouse, Leed, nZEB e simili) e sostenibilità ambientale lasciano dubbi sulla loro efficacia globale e nel lungo tempo, al punto da farci riflettere su una verità disarmante, ovvero che la sostenibilità è concretamente impossibile da realizzare tout court all’interno del paradigma dello sviluppo capitalista e nella società dei consumi, i cui componenti o rappresentanti – noi stessi – sono definiti con un termine, ‘consumatori’, che è al contempo una qualifica che potremmo rinnegare, ma da cui non ci si può realmente affrancare, o, piuttosto, una dichiarazione di intenti – per molti è una definizione accettata acriticamente – o, ancora, una ammissione di colpevolezza senza appello. Alla luce di queste considerazioni, Architettura è forse solo la cornice di uno status quo generale, radicato nella cultura occidentale attuale che non è in grado di proporre soluzioni alle problematiche ambientali che non siano marginali o viziate da una economia globale di stampo industriale e capitalista senza riserve e quindi irreparabilmente in-sostenibile.

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Ha forse ragione chi dice che: la questione ambientale – in senso scientifico – si gioca su di un piano e su delle scale così diverse che pensare di affrontarla con i mezzi dell’architettura appare una delle cose più fuorvianti della comunicazione degli ultimi anni5.

Volendo rimanere nel campo disciplinare dell’Architettura interessa discutere, nei paragrafi successivi, tre approcci possibili al tema della sostenibilità – sostenibilità come necessità, durata e responsabilità – tenendo conto del fatto che il progetto se davvero prende sul serio il proprio impegno ecologico […] adotterà la tecnica che troverà necessaria: niente di più, ma anche niente di meno di ciò che serve a renderlo ottimale (Lampugnani, 1999, p.77).

Ad ogni passaggio di scala del progetto è dunque fondamentale chiedersi: è giusta la tecnica adottata? È necessaria e utile? È, in tutti i sensi, economica? Se sì, dobbiamo accettarla. Se no, bisogna rivedere tutto il progetto. E magari sostituirlo con un altro che contenga meno tecnica ma raggiunga prestazioni uguali o addirittura migliori. Se lo farà sarà un progetto più avanzato, e se lo farà con un minimo di macchine e apparecchi e con un massimo di parsimonia sarà anche un progetto più moderno (Lampugnani, 1999, p.77).

Sostenibilità come necessità L’architetto non deve essere al solo servizio del committente di turno. A differenza di quanto ammette di se stesso Philip Johnson6 quando conia lo slogan “I do not belive in principles, I am a whore” (Robertson7, 1985, p.19), l’architetto sensibile e responsabile deve lavorare nell’ambiente, per l’ambiente e con l’ambiente inteso come “somma di luogo, storia, cultura, tradizione, suggestioni” (Fagnoni, 1996, p.18). Difatti, solo la città è in grado di tenere insieme, nella sincronia del suo palinsesto, tutte le scale del progetto, tutti i tempi della Storia e tutti i committenti possibili. Il pudore e il decoro che servono al costruttore d’opere si possono esprimere anche partendo dalla rinuncia a fare qualcosa di non necessario; proprio perché la forma più alta di sostenibilità8 sta nel non fare le cose, se non necessarie!?9 L’architettura negli ultimi 200 5 Frammento di un commento di Cino Zucchi ad un post sul suo profilo Facebook intitolato: “I could not resist…” del 29 agosto 2021. Cfr.< https://www.facebook.com/profile/1460340815/search/?q=resist> (08/21). 6 Ci si riferisce ad una famosa risposta di Johnson alle critiche riguardanti il suo eclettismo: “I am a whore… paid very well for high-rise building”. 7 Cfr. < https://newcriterion.com/issues/1986/12/aoei-am-a-whorea-philip-johnson-at-eighty#fn4> (11/21). 8 Cfr. Post di Re-St architecten sulla pagina instagram di Nai010_publishers: “The most sustainable building is the building you don’t have to build” e l’articolo avente lo stesso titolo in: <https://www.re-st.be/en/article/het-duurzaamste-gebouw-is-het-gebouw-dat-je-niet-bouwt> (01/22). 9 Uso spesso chiudere un appunto con entrambi i punti esclamativo e interrogativo, stando attendo all’ordine e


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anni invece, quando ha prestato il suo titolo all’ambito dell’edilizia speculativa, ha sovente perso il suo legame con il vincolo di ‘necessità’. Questo ha determinato un’espansione in-forme e in-giustificata, e dunque in-utile e largamente sottoutilizzata se non in-utilizzata, di parti consistenti della città occidentale. Oltre le implicazioni sulla forma della città, si è registrato anche un calo sensibile nella qualità media degli edifici, di periferia e non solo, che in pochi decenni, a seguito del boom economico, si è presto tradotto in quel corto circuito percettivo che ha portato alla situazione, odierna, in cui la necessarietà di una diffusa e pervasiva ‘Cultura del progetto’ è stata, ed è tutt’ora, fortemente messa in discussione o ignorata. Restando in Italia basterà citare le assenze croniche di una legge sull’architettura o di programmi scolastici dedicati sin dall’infanzia alla cultura della qualità dello spazio urbano e costruito. “Il risparmio, nella nostra epoca, non è più una scelta privata ma civile. […] non è più facoltativa, bensì rappresenta un imperativo categorico” (Lampugnani, 1999, 73) che sembra folle non considerare come strategia a scala comunitaria e dunque politica. Non si vuole proporre la famosa frase di Bartleby lo scrivano: “I would prefer not to” (Melville, 2015) quale formula magica. Sembra utile invece sostenere che ci si possa impegnare nelle sole cose necessarie, per farle meglio. Interessa quantomeno far notare che evitare di ‘fare’, quando il ‘da farsi’ non è necessario, è una strategia che sempre dovrebbe esser presa in considerazione, anche e soprattutto in una disciplina che trova nell’atto del costruire, il proprio compimento. In questa logica il ‘fare’ potrebbe liberarsi (Romano, 2013) da quell’aura terroristica in cui le leggi del ‘volume zero’ l’hanno proiettato; e tutto il discorso, a questo punto non più solo architettonico ma anche politico e dunque sociale e dunque economico – non necessariamente in quest’ordine –, riuscirebbe a dedicarsi a risolvere la questione sulla necessità di ‘fare’, o meno, una determinata ‘opera’. L’architettura in questo nuovo paradigma tornerebbe a compiere il suo destino, ovvero mettere in forma una necessità. Necessità intesa come espressione radicale di sostenibilità. Cosa fare, dunque? Solo quello che è necessario! Dar spazio e incoraggiare “il lavoro soggettivo di un individuo singolo che si sforza di dar forma a un’aspirazione collettiva” (Lampugnani, 1999, p.12); continuare a vagliare a priori la reale necessità di un gesto che dunque non può non essere fatto e farlo al meglio, non per se stessi o per un singolo cliente o per una generazione, ma per l’ambiente e la città, il suo dando precedenza a quello che personalmente sembra più giusto, per lasciare nel lettore la possibilità di interpretare a suo modo la frase, evitando così di imporre opinioni, soluzioni, verità non richieste, preferendo stimolare la riflessione privata.

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eterno presente o i suoi presenti futuri; ricordandosi costantemente che “un progetto è, innanzitutto, un servizio” (Lampugnani, 1999, p.46). Sostenibilità come durata Oltre al principio di necessità, un aspetto su cui riflettere per trovare forme di sostenibilità per la concezione dell’opera architettonica è il progetto della sua durata. A proposito della questione del tempo in Architettura vorrei citare l’interessante strategia di Dietmar Eberle presentata a Pisa nel corso di una sua lezione10 del maggio 2016. L’autore austriaco distingue la vita di un edificio in cinque ‘layers temporali’ di 200, 100, 50, 20 e 10 anni. In questa interpretazione: la strategia insediativa e la struttura di un’opera restano rilevanti per almeno 200 anni; l’organizzazione spaziale, sia in pianta che in sezione, che deriva dalla struttura, può essere efficace per circa 100 anni; il rivestimento/ tamponamento che serve a mediare il rapporto fra esterno e interno non supera i 50 anni di esercizio; 20 anni è l’arco temporale di quello che oggi chiamiamo programma, ovvero l’organizzazione interna degli spazi, fatta con elementi leggeri, quindi modificabile nel tempo; la dotazione tecnica e impiantistica degli spazi interni è costretta a variare e aggiornarsi ogni 10 anni circa. Oggi infatti le tecnologie e tecniche impiantistiche hanno una durata limitata nel tempo di 10-15 anni, oltre la quale si può benissimo pensare di sostituire interamente quei dispositivi, anche considerando la obsolescenza dovuta all’esercizio, la velocità dell’innovazione tecnologica in questo settore e gli standard sempre più alti da raggiungere. La prassi moderna del progetto architettonico ci ha abituati ad impostare il disegno a partire dal Programma funzionale. In realtà questo porta, come ha fatto in passato, nel Moderno, a concentrare l’attenzione sui primi 5 o 10 anni del progetto; mentre se consideriamo la scansione temporale di Eberle, volendo discutere le questioni ambientali, serve concentrarsi sui blocchi temporali di respiro più ampio. Come sostiene Eberle: “non ha senso lavorare sul programma, perché questo rischia di contraddirsi nell’arco di una generazione; non ha senso neanche parlarne”. La sostenibilità è quindi da cercare a partire da un approccio sensibile alle questioni della struttura urbana e architettonica dell’opera. La tesi implicita nel discorso dell’architetto e docente dell’ETH di Zurigo è che se un edificio è ben inserito nel contesto, ben costruito e caratterizzato da un layout ‘aperto’, non avrà problemi a durare, anche se i suoi interni cambieranno continuamente. Cen-

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Link alla lezione: <https://www.youtube.com/watch?v=rtABEQcRjn0&t=1183s> (01/22).


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trare un progetto sul programma non è dunque una scelta logica, se si tiene come primo interesse la limitazione dell’impatto ambientale. Molto più interessante è ragionare su cosa è spazio pubblico e cosa è spazio privato, all’interno di un edificio. Queste due questioni sono e possono rimanere tali nel tempo, mentre la definizione di esse può cambiare ciclicamente di dieci anni in dieci anni senza preoccupare o arrecare danno alla struttura o alla città. Poco si riflette sul fatto che un edificio iper-specialistico è un nemico della città e a rischio di rapido invecchiamento. È più utile lavorare su tipi e spazi storicamente capaci di accogliere, nel tempo, programmi diversi11. Serve costruire bene, volumi solidi e misurati sulla città in primis, sulla costruzione in secundis e sul programma in fundo consapevoli che la città rimarrà com’è mentre le singole funzioni vanno e vengono. Interessa portare all’attenzione questo approccio perché oltre ad essere convincente sul piano logico e ideologico, trova conferma, nell’opera di Baumschlager Eberle, in architetture che riescono a mediare strategie sostenibili con esiti formali e linguistici sobri, e che possono diventare casi-studio a cui riferirsi in relazione al tema della continuità tra edificio ex-novo e città storica. Gli edifici di B.E., primo fra tutti il 222612 – fino ad oggi declinato in 6 versioni di una sperimentazione in corso che lo studio sta costruendo in tutta Europa –, non ostentano il loro approccio sostenibile con materiali d’avanguardia così come la pubblicistica legata all’industria delle costruzioni vorrebbe o è abituata a promuovere, bensì lavorano sulla massa dell’involucro edilizio, sulle proporzioni degli ambienti interni, sui rapporti tra bucature e parete, ovvero sulle caratteristiche fisiche dell’opera architettonica, al fine di annullare la componente impiantistica interna e gestendo al meglio la termodinamica dell’edificio. Questa ricerca sembra più interessante di molte altre esperienze contemporanee proprio perché affianca agli aspetti della sostenibilità la logica low-tech della tradizione costruttiva legata alla massa dello spessore murario, tipica dei contesti in cui ci troviamo spesso ad intervenire. Un aspetto da evidenziare e su cui riflettere col progetto, senza distinguere tra tecnologie umide o ‘a secco’, è che la scelta di una struttura portante a setti continui costringe il progettista a bilanciare i rapporti tra muro e bucature, fornendo, di fatto, un vincolo progettuale orientato a favorire l’ambientamento dell’opera ai caratteri della città storica, soprattutto in Europa.

cfr. la Walter Gropius Lecture di Iñaki Abalòs dal titolo “Architecture for the Search for Knowledge” tenuta nel 2016 ad Harvard. Link alla lezione: < https://www.youtube.com/watch?v=b0IovtyvhBI&t=931s> (01/22). 12 cfr. Aicher F., Eberle D. 2015, Die Temperatur der Architektur / The Temperature of Architecture, Birkhauser, Basel. 11

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Sostenibilità come responsabilità Provando a ragionare sull’approccio compositivo legato al rapporto tra architettura-ambiente possiamo dire che tra i molti modi in cui Architettura può essere definita, uno ci sembra convincente al punto di tentare di costruire con esso una consapevolezza e senso di responsabilità da inseguire con la prassi e col lavoro sul progetto. Si può certamente dire che “l’Architettura è una forma di violenza” (Isola, 2004, p.11 e 33-39). Basti evocare il ricordo di un cantiere qualsiasi per rendersene conto. Nell’incipit dello scritto “Architettura: silenzio e luce” Louis I. Kahn lo descrive così: “torniamo al tempo della costruzione delle piramidi. Ascoltiamo il frastuono del cantiere, avvolto in una nube di polvere: ne denuncia il sorgere” (Kahn, 2002, p.134). Terminata quella fase di violenta manipolazione antropica del luogo, al cospetto delle piramidi si è “indotti al silenzio”, in cui risuona l’eco del ‘trauma’, termine che in greco antico θαῦμα era utilizzato per esprimere anche i sentimenti della ‘meraviglia’ estatica e dello stupore. Qui il maestro americano aggiunge una considerazione decisiva, ovvero: “[…] dal silenzio si percepisce come gli uomini aspirino ad esprimersi, un’aspirazione che era già lì, ancor prima della posa della prima pietra” (Kahn, 2002, p.134). Seppur determinata da un atto violentissimo nei confronti del luogo, Kahn ci dice che l’opera è prima di tutto la testimonianza dell’aspirazione poetica13 dell’uomo. Alla definizione di Architettura come forma di violenza serve dunque aggiungere un necessario corollario, ovvero: “l’Architettura è la forma di violenza più alta e poetica di cui l’uomo è capace” (Barbi, 2020, p.84). In questo modo di definire la disciplina ci sembra di individuare una via possibile per inseguire la piena sostenibilità dell’atto di costruire, assicurando che questa abbia origine da un consapevole atto di responsabilità del progettista nei confronti dell’ambiente, ispirato a sua volta da un ponderato senso di necessità. Se l’Architettura è una forma di violenza – la più alta e poetica di cui l’uomo è capace – noi architetti dobbiamo affrontarne il peso, governando gli esiti verso orizzonti di senso e potenza extra-ordinari; operando per decidere se e quanto massimizzare il dato poetico dell’opera, affinché il suo ‘impatto’ – tema sempre più presente nel dibattito pubblico ma quanto mai cancerogeno per la disciplina architettonica, proprio perché utilizzato strumentalmente nella sua sola accezione negativa – ‘sposti’ gli equilibri preesistenti senza infrangerli, e così facendo aumenti le qualità del luogo. È importante precisare che questo ‘spostamento’ deve esser fatto con la consapevole coscienza che “quando l’uomo cfr. Agamben G. 1994, L’uomo senza contenuto, Quodlibet, Macerata. Nello specifico il capitolo “Praxis e Poiesis”, pp.103-141.

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guarda la natura la vede già come parte del suo progetto, delle trasformazioni che apporterà” (Mendes da Rocha, 2021, p.13) e che questo atteggiamento, che si potrebbe distrattamente descrivere come avido e impositivo, è lo stesso che ha costruito il paesaggio italiano. Paesaggio ordinato da secoli di modificazioni ‘imposte’ alla natura con regole geometriche talmente precise da far chiedere a E.N.Rogers, in un famoso editoriale14 di Casabella, se fosse stato l’Angelico a disegnare con tanta armonia i campi arati nei fondali dei suoi affreschi o se invece li avesse solamente copiati così come li avevano messi in opera i contadini delle campagne toscane. Se l’Architettura è violenza, è nella Necessità che risiede la prima radicale forma di sostenibilità per questo nostro magistero, che è poi un servizio. Se sussiste una ragionevole necessità per il progetto, che sia giustificabile anche in futuro senza esaurirsi nell’arco di pochi lustri, allora l’opera che può farsi deve farlo poeticamente. Quando Giò Ponti scrisse: “l’Italia l’han fatta per metà Iddio e per metà gli Architetti” (Ponti, 2015, pp. 9-10) ci ha di fatto fornito un esempio e uno slogan perfetti con cui giustificare, direi anche bramare, quella pudica violenza che la costruzione dell’Architettura non può non imporre all’ambiente, al fine di esprimere quelle qualità incontrovertibili che, nei secoli, la mano dell’uomo è stata in grado di portare in dote ai luoghi, e che il progettista contemporaneo deve poter tornare a inseguire. Orizzonti Serve costruire una prassi del progetto allenata ad interrogare le esperienze felici del passato per farne tesoro, usandole come una guida, un corrimano che allevi la fatica della salita ad ogni gradino e al contempo non escluda avanzamenti sostanziali. Osservare, scegliere e trascrivere col proprio conio i buoni modelli, è una pratica salutare da utilizzare in ogni fase del processo progettuale, proprio perché se: La storiografia recente ci ha inculcato l’immagine di una sequenza ininterrotta di esperimenti il cui interesse è direttamente proporzionale alla loro spregiudicatezza: quasi come se il progetto più sorprendente, più incredibile, più strano fosse automaticamente il più meritevole di attenzione e plauso15 – ci sembra più interessante evidenziare che – il mestiere non richiede (e non tollera) lo sperimentalismo; ha bisogno di costruirsi, opera su opera, un fondamento stabile di regole «A volte, girando per la Toscana, mi sono stupito di trovare, nella realtà, alcuni paesaggi che avevo ammirato nelle pitture del Beato Angelico e di altri quattrocentisti, dacché quei luoghi naturali parevano prodigiose invenzioni intellettuali, dove ogni oggetto (i cipressi collocati nella sezione aurea, le colline dalle curve perfette, le dolci vallate) trova una trasfigurazione nella superiore armonia dei numeri. Io mi chiedevo: «È il Beato Angelico un pittore verista o è il paesaggio toscano una miracolosa invenzione d’una precisa volontà estetica?». La natura della Toscana è tanto artistica che l’arte, che si ispira ad essa, finisce per parere naturalistica. La geometria («Oh beatissima prospettiva» - diceva Paolo Uccello) riassume la varietà dei temi e ne rappresenta limpidamente i contenuti poetici». Rogers E. N. 1955, La tradizione dell’architettura moderna italiana in Casabella-continuità, n. 206, Milano, luglio-agosto, pp. 1-7. 15 “La trasgressione permanente si muta in regola” scrive Lampugnani nella pagina successiva (p. 32). 14

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e sapere. Non permette mai il cambiamento brusco; necessita di continuità. Consente però l’aggiustamento, la modifica, la lieve miglioria. Nessun mestiere è un’entità chiusa formata da leggi stabilite una volta per sempre: altrimenti sarebbe un mestiere morto. Anche il progetto è in costante evoluzione. Ogni nuova opera ne amplia il corpus disciplinare, ne riforma le regole, ne allarga l’orizzonte (Lampugnani, 1999, p.31).

L’Università in questo scenario ha anche e soprattutto il dovere di esplorare e sfruttare i vantaggiosi gradi di libertà di cui può godere rispetto ai progetti portati avanti in ambito professionale e, nel tenere distinti i due mo(n)di – ricerca e professione – può sfruttare la possibilità di sperimentare metodi e strategie per avvicinarli, provando sempre a percorrere la via più radicale – intesa come originaria e originale, ovvero vicina all’origine, alla radice – possibile.


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Riqualificare gli edifici scolastici Materiali e metodi


Costruire (2021)


approccio sistemico al progetto di riqualificazione energetico-ambientale per la costruzione delle scuole di domani Rosa Romano

Premessa La riqualificazione degli edifici è un tema strettamente connesso a quello della Progettazione Ambientale, considerando soprattutto l’attuale necessità di realizzare interventi di efficientamento energetico e strutturale efficaci sul patrimonio edilizio esistente. Progettare la rigenerazione degli ambienti di vita, siano essi parti di città o singoli edifici, diventa così un’esigenza fondamentale per promuovere processi di transizione ecologica che ci porteranno, speriamo presto, a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione previsti per il 2050 dalla Comunità Europea (European Community, 2019), permettendoci di rigenerare l’ambiente costruito, adeguandolo al contempo alle nuove esigenze funzionali che la recente pandemia ha fatto emergere. Nell’ultima decade numerose Direttive Europee (la 2012/27/UE Energy Efficiency Directive, 2010/31/UE Energy Performance of Building Directive così come integrate nel 2018) hanno promosso e incentivato processi di innovazione inerenti il tema della ristrutturazione edilizia ispirati ai concetti di green e circular economy (Gusmerotti, 2020), fissando l’ambizioso target del 3% annuo come quota obbligatoria di edifici da rinnovare. Tali norme indicano chiaramente come la riqualificazione energetica dell’esistente non debba limitarsi a singoli interventi localizzati, ma debba riguardare la complessità dell’edificio, inteso come sistema integrato involucro/impianto, valutando esattamente l’impatto ambientale ed economico delle strategie adottate attraverso la scelta oculata di soluzioni capaci di garantire interventi sostenibili lungo l’intero ciclo di vita del complesso edilizio. La riqualificazione energetica diventa così deep (Boermans et al., 2012), ovvero profonda, e non può più essere limitata a semplici azioni disgiunte, relative per esempio alla sola coibentazione dell’involucro o alla sostituzione dell’impianto termico, ma deve puntare all’integrazione di tecnologie per la produzione di energia rinnovabile, oltre che all’acquisizione di strumenti finanziari che permettano di ammortare gli interventi di efficientamento energetico in tempi sostenibili per gli utenti.

rosa romano


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La gestione del processo di riqualificazione richiede quindi nuove professionalità in grado di gestire la complessità degli interventi e delle azioni necessarie a promuovere una transizione che va oltre la scala dell’edificio e coinvolge l’intera società che attorno ad esso gravita. Non è un caso che negli ultimi anni si parli sempre più spesso di progetti di rigenerazione urbana o di restorative design, spostando l’attenzione dalla semplice analisi della riduzione del fabbisogno energetico dell’organismo edilizio alla valutazione puntuale degli indicatori di comfort outdoor e indoor, soprattutto in relazione a parametri salutogenici connessi alle teorie del wellbeing, rispetto ai quali diventa fondamentalmente garantire il benessere psico-percettivo degli utenti. Risulta quindi urgente formare una nuova generazione di architetti, sensibili alle tematiche ambientali, capaci di sviluppare proposte innovative e di immaginare scenari urbani nei quali l’architettura torni ad essere motore di processi di riqualificazione sociale, economica e culturale. In tal senso, è ancora più importante avviare questi processi rigenerativi proprio dagli edifici pubblici, come indicato dalle stesse normative europee, trasformandoli in esempi virtuosi dell’impatto positivo che l’adozione di strategie sostenibili e di tecnologie bioecologiche può avere sulla nostra vita e soprattutto su quella delle generazioni future. Partendo da queste riflessioni e dall’osservazione che il processo di riqualificazione dell’ambiente costruito deve necessariamente basarsi su un approccio complesso di matrice multidisciplinare e multiscalare, impostato sulla capacità di gestire una varietà di problemi (spaziali, tecnologici, ambientali, ecc…) attraverso una visione olistica che permetta di trovare soluzioni valide rispetto a scale di intervento diverse, il Laboratorio di Architettura e Ambiente è stato focalizzato sul tema della deep renovation, con l’obiettivo di far riflettere i giovani studenti sulle criticità e le potenzialità intrinseche a questa tipologia di interventi. Grazie alla collaborazione con il Comune di Firenze, abbiamo così deciso di lavorare nel dettaglio sul tema dell’edilizia scolastica, in risposta alla necessità di promuovere processi di rivitalizzazione culturale e sociale di aree periferiche. La scelta di affrontare il tema della riqualificazione degli edifici scolastici è stata, inoltre, determinata dalla necessità di rispondere ad un’emergenza endemica della nostra nazione, nella quale più del 60% delle scuole è stato costruito prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica del 1974 (Legge 2 febbraio 1974, n. 64) e della prima legge sull’efficienza energetica del 1976 (Legge 30 marzo 1976, n. 373), ed oltre il 40% si trova in aree ad elevato rischio sismico (Fondazione Agnelli, 2019). Tale vetustà anagrafica è accompagnata da una inadeguatezza funzionale dovuta alla presenza di un’unica norma di riferimento per


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la progettazione di edifici scolastici (il D.M. 18/12/1975 - Norme tecniche aggiornate relative all’edilizia scolastica) che determina, tra le altre cose, la non rispondenza ai moderni programmi didattico-educativi e ai requisiti di comfort indoor, di sostenibilità ambientale, di efficienza energetica ed uso consapevole delle risorse (Legambiente, 2017). Nonostante tale situazione negli ultimi anni, la Comunità Europea ed il nostro Ministero dell’Istruzione oltre a varare dei provvedimenti normativi dedicati, hanno messo a disposizione linee di finanziamento – più o meno cospicue – destinate alla messa in atto di una serie di programmi di intervento sul patrimonio edilizio scolastico esistente, finalizzati a promuovere interventi di manutenzione straordinaria che spaziano dalla riqualificazione energetico-ambientale all’adeguamento-miglioramento sismico e spaziale. La necessità di trovare forme sostenibili di intervento è stata oggetto di varie ricerche internazionali (P2endure1, Tes Energy Facade2, More Connect3, Renew School4, ecc.) volte a dimostrare come tempi e costi della riqualificazione energetica possano essere ridotti sviluppando approcci progettuali appropriati e adottando tecnologie prefabbricate e assemblate a secco, preferibilmente realizzate con materiali naturali, capaci di incidere positivamente anche sull’impatto ambientale dell’intervento durante tutto il ciclo di vita dell’edificio. Numerosi studi (Barrett, 2017; Davies et al., 2013; Beckers et al., 2013) hanno, inoltre, evidenziato come il controllo dei parametri ambientali, quali la qualità dell’aria, la ventilazione, l’illuminazione naturale, il comfort termico e le prestazioni acustiche possano avere un efficace impatto sull’attenzione e sul rendimento degli studenti. Emerge, quindi, il bisogno di sviluppare un approccio sistemico al progetto, incentivando la necessaria conoscenza di strumenti e soluzioni tecnologiche in grado di garantire la validità dell’intervento, anche soprattutto mediante la gestione consapevole dell’azione antropica legata al processo di costruzione e riqualificazione architettonica e ambientale. Lavorare su edifici come quelli scolastici, soggetti a un regime di utilizzo particolare rispetto ad altre categorie di fabbricati, ha significato, infine, acquisire una metodologia progettuale capace di risolverne le problematiche strutturali e funzionali, puntando all’incremento del comfort indoor ed al cambiamento estetico percettivo dell’edificio, che riscopre così la sua funzione didattica e sociale, diventando elemento tangibile della possibilità di ridurre la pressione ambientale attraverso il ricorso a soluzioni compositive e tecnologiche appropriate.

https://www.p2endure-project.eu/en. http://mediatum.ub.tum.de/doc/1355420/287313.pdf. 3 https://www.more-connect.eu/. 4 https://www.renew-school.eu/en/home/. 1 2

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Approccio sistemico al progetto Ambientale. Il metodo SID Con l’obiettivo di adottare un approccio olistico al progetto ambientale capace di stimolare i processi creativi in una prospettiva di sostenibilità, gli studenti del Laboratorio di Architettura e Ambiente sono stati invitati ad utilizzare nella fase meta progettuale il metodo Symbiosis in Development (SiD)5 ideato dall’architetto olandese T. Bosschaert (cofondatore dello studio Except Integrated Sustainability6)e presentato nell’ambito dell’attività didattica dall’arch. A. Sore. Si tratta di un originale modello teorico basato sui concetti del Design Thinking e del Creative Problem Solving, utilizzabile per sviluppare progetti complessi, dinamici e resilienti in termini energetici e ambientali. Il metodo SiD, scelto come strumento di progettazione sistemica, può essere applicato ad ogni tipo di progetto sulla base di un processo che vede il susseguirsi di quattro fasi, i cui contenuti sono organizzati in modo da impostare, analizzare, sviluppare ed eseguire un percorso creativo sostenibile, applicabile al tema della deep renovation. Il SiD combina, infatti, due distinti modi di pensare al sistema ambientale, rispetto ad una visione ‘dal basso verso l’alto’ (bottom-up system thinking), utile per iniziare ad analizzare un problema e chiudere il ciclo delle risorse e, contemporaneamente, ‘dall’alto verso il basso’ (topdown system thinking), studiando modelli organici più ampi nella società e trovando modi di creare sistemi sociali dinamici e resilienti. L’obiettivo dell’approccio SiD è proprio quello di progettare modelli spaziali basati sui metodi tradizionali Life Cycle Analysis e Cradle2Cradle e finalizzati a raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 (ONU, 2015), nei quali il ricorso alle fonti energetiche non rinnovabili è ridotto al minimo, così come la possibilità di produrre rifiuti nell’arco del ciclo di vita utile dell’edificio. Il SiD, come strumento, si basa su quattro componenti che ne garantiscono l’applicabilità a tutti i livelli sistemici di impatto: • La SiD Theory, che pone le basi per il suo funzionamento, l’etica e l’approccio ragionato e si occupa di affrontare i problemi a livello di sistema. • Il SiD Method, che si basa su 5 criteri di valutazione relativi alle fasi di sintesi, analisi e ottimizzazione del sistema. • Il SiD Process, che è utilizzato per comprendere come il metodo sia applicabile nel tempo, individuando gli attori che prendono parte al processo e le diverse discipline che vi si interfacciano. • I SiD Tools, che possono essere considerati una raccolta di strumenti utili a sviluppare le varie fasi del processo (a livello di sistema, di rete, e di oggetto). 5 6

http://thinksid.org/. https://except.eco/.


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Nell’ambito del Laboratorio di Architettura e Ambiente, ci siamo concentrati in un primo momento sullo studio della SiD Theory, con l’obiettivo di riflettere sulle opportunità offerte dall’applicazione del pensiero sistemico, inteso come approccio olistico all’analisi che si concentra sul modo in cui le parti costitutive di un sistema interagiscono e su come i sistemi funzionano nel tempo e nell’ambito di insiemi più grandi. Tale approccio, basato sulla teoria euristica, contrasta con i metodi di analisi tradizionale, che studiano i sistemi suddividendoli in elementi separati, con l’ambizioso obiettivo di trovare la ‘soluzione esatta’. Attraverso l’adozione di un modello System Thinking si può, invece, comprendere come le varie parti siano collegate tra di loro, e quali sono le gerarchie e le dinamiche esistenti tra queste, orientando gli operatori (in questo caso i giovani architetti) verso processi cognitivi finalizzati a definire potenziali e molteplici soluzioni (o scenari) che emergono dal processo stesso. Inoltre, l’approccio euristico evoca termini come ‘plurale’ e ‘collaborativo’, le cui pratiche sfruttano anche la possibilità di utilizzare tecnologie digitali e prevedono il coinvolgimento degli utenti nel gestire grandi insiemi di dati che descrivono habitat locali e specifici del sito, spostando il processo creativo oltre i confini dei metodi di progettazione convenzionali, e incrementando la capacità di prevedere scenari che presentano nuove relazioni tra utenti, tecnologie e natura. L’opportunità di monitorare e modificare gli elaborati grafici si applica a tutto il ciclo di vita dei progetti, e rende gli strumenti di proiezione adatti a gestire la natura in evoluzione dei siti. L’approccio euristico attiva anche processi collaborativi, poiché permette di coinvolgere continuamente diversi stakeholder nella fase di progettazione, con l’obiettivo di inglobare il loro punto di vista nell’ambito della stesura finale della proposta progettuale. (Attaianese and Rigillo, 2021) Partendo da questa riflessione, il metodo SiD è stato applicato rispetto ad una dimensione multiscalare, costituita da tre livelli distinti ma interconnessi: 1. il System level (inteso come il contesto spaziale alla scala urbana); 2. il Network level (inteso come il sistema di relazioni ambientali che determinano la funzione sociale); 3. l’Object level (inteso come l’insieme di elementi fisici che si muovono all’interno del sistema). L’esercizio condotto, in linea con i precetti della SiD Theory, parte proprio dalla mappatura del sistema: iniziando a livello di oggetto; passando attraverso il livello di rete; per arrivare solo nella fase finale alla caratterizzazione dell’intero sistema, inteso come l’insieme di relazioni biunivoche che si instaurano tra l’edificio ed il contesto urbano, sociale ed economico in cui questo è inserito. Il sistema viene, inoltre, definito “in funzione dei suoi confini, intesi come un costrutto artificiale che aiuta a circoscrivere l’area e l’oggetto di intervento” (Bosschaert T. 2019).

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Esempio di System Mapping. Gruppo Fusi, Nardi, Oppoliti pagina a fronte Esempio di Space Map. Gruppo Fusi, Nardi, Oppoliti

Nel caso della sperimentazione sviluppata nell’ambito del Laboratorio Architettura e Ambiente il sistema è stato quindi definito come il comparto urbano nel quale è collocata la scuola (livello 1) e rispetto al quale sono state identificate le relazioni biologiche, culturali, economiche, ambientali esistenti (livello 2) tra persone, fauna, flora, mezzi di trasporto ed elementi materiali (livello 3). L’esercizio è partito con la definizione di un acronimo e di un logo che rendessero la proposta progettuale riconoscibile e con la riflessione rispetto alle seguenti domande: • Come può una scuola contribuire alla sostenibilità della società? • Quali sono gli obiettivi sistemici a cui puntare con il progetto di riqualificazione energetica di un edificio pubblico inserito in un contesto urbano periferico? È seguita quindi una fase di trend analysis, rispetto alla quale abbiamo chiesto di identificare almeno cinque tendenze a cui poter ricondurre la proposta progettuale in termini di impatto sul lungo termine (1. impiego di risorse; 2. cambiamenti climatici;3. crescita; 4. invecchiamento della popolazione; 5. digitalizzazione e automazione, etc.). Tale osservazione ha permesso di sviluppare proposte progettuali finalizzate non solo a creare spazi didattici innovativi ed energeticamente efficienti, ma soprattutto in grado di ospitare fun-


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zioni accessorie e necessarie alla comunità circostante (biblioteca, palestra di quartiere, civic center, parco urbano, laboratori per attività culturali e sociali, ecc…), fruibili durante tutte le ore del giorno e in tutto l’arco dell’anno. In linea con quest’ultimo obiettivo è stata verificata la coerenza delle proposte compositive in relazione alla scala spazio-temporale, promuovendo soluzioni finalizzate a determinare una compartimentazione funzionale dell’edificio scolastico che permettesse l’accesso in sicurezza ai vari ambienti, indipendentemente dalla presenza delle attività didattiche tradizionali. È inoltre risultato essenziale riflettere sull’impatto delle soluzioni progettuali in relazione alla verifica degli indicatori che il modello SiD individua attraverso il SiD Tool per il livello di analisi alla scala dell’oggetto, che nel caso specifico è stato identificato con l’edificio scolastico. Si tratta del sistema ELSIA, abbreviazione relativa alle seguenti quattro categorie: 1. Energy (energia e materiali); 2. Life (specie ed ecosistemi); 3. Society (economia e cultura); 4. Individual (salute e felicità).

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Esempio diTime Map. Gruppo Fusi, Nardi, Oppoliti

Le categorie di ELSIA sono strutturalmente contenute l’una nell’altra: tutti i materiali sono fatti di energia e tutti gli ecosistemi sono fatti di materiali; l’economia è un sottoinsieme della cultura, così come ogni individuo può essere considerato sempre una parte della società, e così via. Le alterazioni negli strati inferiori (Energia o Vita) influenzano automaticamente gli strati superiori (Società e Individuo) del sistema e viceversa. L’aspetto multi-scalare è diventato di conseguenza essenziale per definire le connessioni esistenti all’interno del comparto urbano, analizzandole mediante la costruzione di quattro System Maps (1. Space Map; 2. Time Map; 3. Stakeholder Map; 4. Context Map) che permettessero di comprendere il ruolo della Scuola Don Milani in relazione al contesto di riferimento ed il potenziale sociale ed economico connesso all’intervento di riqualificazione. Analizzando i risultati dell’esercitazione progettuale si evince come l’applicazione del metodo SID abbia permesso di trovare e valorizzare le connessioni esistenti tra l’edificio scolastico e la comunità, riflettendo sulle potenzialità intrinseche proprie del territorio in cui questo andrà ad inserirsi, nell’ottica della realizzazione di progetti improntati sui concetti di riduzione dell’impatto ambientale attraverso, per esempio, l’utilizzo delle ri-


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sorse locali. Il processo cognitivo legato all’esercizio progettuale ha in questo modo travalicato la semplice riflessione sugli aspetti compositivi, o le soluzioni tecnologiche strettamente attinenti la scala dell’edificio, permettendo di aprire la scuola alla città non solo come semplice spazio di aggregazione, ma soprattutto come esempio di inclusività e rigenerazione con ricadute che superano i confini del quartiere dell’Isolotto, nel quale la scuola Don Milani si trova, e interessano l’intera area metropolitana fiorentina. Deep renovation e CAM per la riqualificazione ambientale degli edifici scolastici Come precedentemente ricordato, il Laboratorio Architettura e Ambiente ha affrontato il tema della riqualificazione energetica, strutturale e spaziale degli edifici scolastici ponendo particolare attenzione allo sviluppo di progetti che sapessero coniugare pedagogia e architettura, e fossero in grado di confrontarsi, rispettandoli, con i vincoli e le potenzialità della normativa vigente (dal già citato D.M. 18/12/1975, alle Linee Guida del 2013, passando per le normative sul risparmio energetico e la sostenibilità ambientale delle opere pubbliche riassunte nel Decreto Criteri Ambientali Minimi del 2017, senza dimenticare la L.13/1989 e i riferimenti legislativi in merito a sicurezza sismica e resistenza al fuoco). Dal punto di vista compositivo formale, l’esercizio ha riguardato la necessaria riorganizzazione delle attività didattiche, proponendo contesti educativi plastici e flessibili, funzionali ai sistemi di insegnamento più avanzati, attrezzabili con arredi mobili, confortevoli, in grado di supportare attività didattiche differenziate, spesso accompagnate dall’utilizzo di tecnologie digitali in rete. La configurazione del paesaggio didattico tradizionale è stata quindi ripensata in relazione alle indicazioni delle Linee Guida ministeriali del 2013 (Indire, 2013), integrando nell’edificio scolastico riqualificato i seguenti luoghi di apprendimento: • Lo ‘Spazio Classe’, pensato per essere un ambiente educativo articolato e centrato sullo studente, nel quale il docente introduce temi nuovi, fornisce indicazioni per le attività da svolgere o gestisce momenti di sintesi e valutazione, ponendo le basi e traendo le conclusioni del percorso didattico complessivo. • Lo ‘Spazio Laboratorio’, inteso come lo ‘spazio del fare’ o ‘Laboratorio-Atelier’ nel quale lo studente può muoversi in autonomia attivando processi di osservazione, esplorazione e produzione di artefatti, capace di poter accogliere attività hands-on che spaziano da un lavoro di investigazione a raccolte di dati-informazioni e analisi attraverso attrezzature tecnologiche specifiche, fino all’esplorazione-manipolazione in ambienti immersivi di contesti e variabili legate a fenomeni reali.

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• Lo ‘Spazio di gruppo’, attrezzato con arredi flessibili in modo tale da consentire configurazioni diverse coerentemente con lo svilupparsi e l’alternarsi delle diverse fasi dell’attività didattica (secondo aggregazioni verticali e orizzontali), nel quale l’insegnante non svolge interventi frontali ma assume il ruolo di facilitatore ed organizzatore, strutturando ambienti di apprendimento atti a favorire la partecipazione ed il contributo di ciascuno studente. • Lo ‘Spazio Individuale’, concepito per rispondere alle esigenze del singolo, separato dall’aula e dai contesti di incontro sociale, nel quale lavorare in autonomia e in sintonia con i propri tempi e ritmi, attraverso l’accesso a informazioni e contenuti reperibili mediante l’utilizzo di strumenti tecnologici e multimediali. • Lo ‘Spazio Informale’, progettato per garantire un certo grado di privacy, nel quale i piccoli utenti possano trovare occasioni per rilassarsi, o per condurre attività non necessariamente correlate con le materie scolastiche tradizionali. • L’’Agorà’, ideata per essere il cuore funzionale e simbolico della scuola grazie alla presenza di attrezzature adeguate (palco, sedute, schermi per proiezioni, ecc…) funzionali ad ospitare attività pubbliche a servizio della comunità e della scuola (riunioni, feste, mostre, ecc…). • La Palestra, concepita per essere utilizzata oltre l’orario scolastico anche da parte di utenti esterni e connessa ad aree gioco e attrezzature poste nelle aree verdi adiacenti. • La Mensa, pensata come un laboratorio sperimentale dedicato all’educazione alimentare e dotata di attrezzature capaci di coinvolgere gli studenti nella preparazione del cibo, anche attraverso la possibilità di coltivare ortaggi e frutta, e adibita a spazio di ristoro permanente a supporto della comunità. Dal punto di vista energetico-ambientale particolare attenzione è stata posta alle prescrizioni del Decreto Criteri Ambientali Minimi (Ministero Transizione Ecologica, 2017) che, come precedentemente ricordato, dal 2017 trasferisce anche al settore delle costruzioni i principi che sono alla base della green economy e del green public procurement con l’obiettivo di adottare scelte progettuali e realizzative finalizzate a ridurre l’impatto ambientale dell’edificio durante tutto il suo ciclo di vita. Questo ha significato approfondire i temi inerenti l’utilizzo di materiali ecocompatibili, la definizione di soluzioni tecnologiche prefabbricate e assemblate a secco, riflettendo su tempi e modi di messa in opera anche grazie all’adozione di sistemi innovativi di produzione e gestione del cantiere e dell’edificio. In particolare, i progetti sono stati sviluppati e validati rispetto ai seguenti requisiti relativi alle specifiche tecniche dell’edificio:


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2.3.2) ‘Prestazione Energetica’, con particolare attenzione alle verifiche termoigrometriche relative ai sistemi di involucro opaco e trasparente adottato. 2.3.3) ‘Approvvigionamento Energetico’, verificando che il fabbisogno energetico complessivo dell’edificio fosse soddisfatto dalla presenza di impianti alimentati da fonti rinnovabili o da sistemi alternativi ad alta efficienza, come ad esempio quelli di cogenerazione o trigenerazione ad alto rendimento, o da pompe di calore centralizzate. 2.3.4) ‘Risparmio Idrico’, prevedendo l’integrazione: di sistemi di raccolta dell’acqua piovana da utilizzare per innaffiare le aree esterne e/o per alimentare gli scarichi sanitari; di riduttori di flusso per limitare il consumo dell’acqua potabile. 2.3.5) ‘Qualità’ ambientale Interna’, adottando soluzioni tecnologiche e spaziali volte a garantire buone condizioni di salute degli occupanti attraverso il controllo dei seguenti elementi: • 2.3.5.1) ‘Illuminazione Naturale’, mediante la verifica puntuale del fattore medio di luce diurna, avendo cura di orientare opportunamente tutti gli ambienti di apprendimento (aule a est e sud-est; mensa a sud; palestra e spazi di servizio a nord; Laboratori a nord, est o ovest, ecc…), e adottando soluzioni compositive e tecnologiche opportune per limitare i fenomeni di abbagliamento sul piano di lavoro; • 2.3.5.2) ‘Aerazione Naturale’, progettando superfici verticali e orizzontali apribili manualmente o con sistemi automatici le cui dimensioni fossero relazionate all’area calpestabile del locale, secondo il rapporto: superficie apribile almeno 1/8 della superficie del pavimento; • 2.3.5.3) ‘Presenza di dispositivi di protezione solare’, scegliendo le soluzioni più opportune atte a schermare o direzionare la radiazione solare diretta in funzione dell’orientamento e della forma delle aperture trasparenti, prevedendo ove necessario di integrare sistemi per la produzione di energia rinnovabile; • 2.3.5.5) ‘Emissioni dei materiali’, avendo cura di scegliere materiali naturali o provenienti da materia prima-seconda, con particolare attenzione all’adozione di soluzione desunte dall’architettura biofilica, per promuovere la salubrità degli spazi; • 2.3.5.6) ‘Comfort acustico’, adottando scelte formali e tecnologiche volte a ridurre i fenomeni di riverbero all’interno delle aule e negli spazi comuni, quali la mensa e l’agorà; • 2.3.5.7) ‘Comfort termo-igrometrico’ in termini di PMV (Voto medio previsto) e di PPD (Percentuale prevista di insoddisfatti), analizzando con software dedicati l’assenza di ponti termici ed il raggiungimento di prestazioni adeguate a garanzia del benessere degli utenti durante tutto l’arco dell’anno. 2.3.6) ‘Piano di manutenzione dell’opera’, verificando nella fase progettuale i livelli prestazionali (qualitativi e quantitativi), in riferimento alle caratteristiche ambientali delle

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Analisi del raggiungimento dei requisiti CAM. Gruppo: Pasqual, Mecacci

soluzioni tecnologiche adottate, mediante la definizione di una sommaria riflessione inerente le azioni di monitoraggio e controllo dei sistemi di involucro e d’impianto a servizio dell’edificio. 2.3.7) ‘Fine Vita’, prevendendo un approfondimento in merito alle fasi di disassemblaggio e demolizione selettiva delle soluzioni tecnologiche adottate, con l’obiettivo di massimizzare il riutilizzo o il riciclo dei materiali, dei componenti edilizi e degli elementi prefabbricati utilizzati. L’attenzione verso i parametri sopra elencati, ha permesso di coniugare le scelte compositive e formali all’adozione di soluzioni tecnologiche innovative, facendo riflettere gli studenti sulla necessità di affrontare il tema della riqualificazione energetica degli edifici scolastici con un adeguato approfondimento delle tematiche energetico ambientali alla scala dell’involucro architettonico, la cui trasformazione non resta celata in semplici tecnicismi inerenti le caratteristiche della substruttura edilizia ma diventa manifesto di un cambiamento radicale e sostenibile legato all’uso dello spazio ed alle potenzialità che questo può avere in relazione alla riduzione delle emissioni clima-alteranti per l’ambiente, con notevoli vantaggi per il presente ma soprattutto per il futuro. Tutti i progetti sviluppati rispondo, infatti, a requisiti di qualità estetica, compositiva e tecnologica, contribuendo al raggiungimento di molti degli obiettivi dell’Agenda 2030 (ad es: il Goal 7 ‘Assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni’; il Goal 13 ‘Promuovere azioni, a tutti i livelli, per combattere il cambiamento climatico’; il Goal 11 ‘Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili’, ecc…).


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1. Fotovoltaico e solare termico CAM_Approvigionamento energetico

2. Ventilazione naturale CAM_ salubrità aria

3. Tetto giardino CAM_riduzione dell’impatto sul microclima locale e dell’inquinamento atmosferico.

Il fabbisogno energetico complessivo deve essere soddisfatto dagli impianti a fonti rinnovabili, che producono energia per un valore pari a un ulteriore 20% rispetto ai valori indicati dal D.lgs 28/2001 Superficie richiesta per soddisfacimento CAM: 1042 mq Superficie di progetto: 1112 mq

L’aria calda stagnante all’interno delle aule viene espulsa tramite condotti di ventilazione meccanica dotati di scambiatore di calore o attraverso il sistema di aperure continue. Tutte le aperture trasprenti sono dimensionate per favorire la ventilazione naturale all’interno degli ambienti. Piante e vegetazione sono collocate all’interno dell’agorà per purificarne l’aria.

4. Serra bioclimatica CAM_microclima interno

5. Reversibilità e Manutenzione CAM_ materiali

6. Schermature solari CAM_ dispositivi di controllo solare

La serra bioclimatica consente di sfruttare gli apporti solari gratuiti come contributo al riscaldamento in regime invernale. Nei mesi estivi questo elemento tecnologico viene completamente aperto, trasformandoosi in camino di ventilaizone, in grado di far fuoriuscire l’aria calda creatasi all’interno dell’edificio

È prevista la costruzione del progetto attraverso la messa in opera, in fase di cantiere, di strutture a secco e pannelli prefabbricati, così da velocizzarne la fase realizzativa, l’eventuale manutenzione nel corso degli anni e la rimozione a fine ciclo vita utile dell’edificio.

Le pareti trasparenti esterne devono essere dotate di sistemi di schermatura e ombreggiamento fissi o mobili, per garantire un comfort visivo interno ed evitare situazioni di abbagliamento. Nel progetto i sistemi schermanti sono posti in corrispondenza di tutte le aperture trasparenti. Inoltre, a sud sono stati integrati alberi caducifoglie che riparano i corrispondenti pospetti nei mesi estivi.

7. Risparmio idrico CAM_risparmio idrico

8. INERZIA TERMICA CAM_prestazione energetica

Deve essere previsto un impianto di raccolta delle acque piovane per uso irriguo e/o ad uso sanitario, deve essere previsto un sistema di monitoraggio dei consumi idrici e devono essere opportunamente progettate cisterne per la raccolta dell’acqua.

I progetti devono prevedere una capacità termica areica periodica riferita ad ogni struttura opaca dell’involucro esterno di almeno 40 kJ/mqK.

Nel progetto è privilegiato l’impiego di tetti giardino e di materiali permeabili per le sistemazioni esterne, così da favorire il recupero delle acque metereologiche.

CAM_isolamento termoacustico D.lgs 311/2016 dichiara che un edificio per essere considerato NZEB deve garatire un isolamento di: 1_isolamento coperture: 0.22 W/mqK 2_isolamento pavimento: 0.28 W/mqK 3_isolamento pareti perimetrali: 0.26 W/ mqK

Particolare attenzione è stata inoltre posta all’adozione di sistemi di facciata che, nel rispetto della struttura portante esistente, fossero in grado di cambiare radicalmente l’immagine e le prestazioni energetiche dell’edificio scelto come caso studio. La necessità di velocizzare il processo edilizio legato all’intervento di riqualificazione, che nel caso degli edifici scolastici, richiede di gestire economie di tempo e risorse, oltre che l’esigenza di riflettere sulla sostenibilità dell’intervento in termini di reversibilità e impatto ambientale, ha comportato la scelta di progettare sistemi di involucro prefabbricabili e as-

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Analisi del raggiungimento dei requisiti CAM. Gruppo: Petracci, Mecacci


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semblabili a secco, facendo ricorso, dove possibile, all’utilizzo di materiali eco-compatibili e a componenti realizzabili attraverso sistemi di additive manufactoring e stampa 3D. Infine, l’esercizio progettuale di riqualificazione è stato finalizzato a rigenerare l’intero comparto urbano attraverso l’adozione di soluzioni tecnologiche capaci di incrementarne la resilienza al cambiamento climatico, rispetto a scenari meta-progettuali predittivi e integrati. La riconfigurazione dello spazio esterno dell’edificio scolastico ha riguardato l’integrazione di soluzioni di adaptive design (ad esempio: l’utilizzo di cool materials e materiali permeabili; l’impiego della vegetazione come elemento tecnologico; l’adozione di azioni di depaving, con conseguente incremento delle superfici verdi; l’integrazione di elementi d’acqua e di sistemi ombreggianti), capaci di ridurre i fenomeni di discomfort outdoor (in particolare quelli legati all’isola di calore) e di incrementare le connessioni tra l’edificio scolastico e la piazza antistante, puntando a restituire al quartiere dell’Isolotto il lotto inedificato a sud dell’edificio scolastico, che in tutti i progetti diventa parco urbano attrezzato a servizio della collettività. In particolar modo la ri-progettazione dello spazio pubblico, connesso e annesso alla scuola Don Milani, ha promosso l’appropriazione e la definizione di una nuova identità del luogo, attraverso i seguenti elementi: • ‘vivibilità’, intesa come la capacità di uno spazio di influenzare positivamente la qualità della vita degli utenti ed il loro benessere psico-fisico, incidendo in modo efficace sugli aspetti percettivi e dunque sull’idea che le persone acquisiscono di un certo spazio, definendolo attrattivo. • ‘accessibilità’, con l’obiettivo di rendere fruibile lo spazio pubblico adiacente l’edificio scolastico a tutte le categorie di utenti, in particolare disabili, anziani e bambini. • ‘socialità’, favorendo l’inclusione e la coesione sociale, l’instaurarsi di relazioni tra le persone, con l’intento di consolidare e rafforzare il senso di appartenenza della scuola alla comunità. • ‘sicurezza’, dotando lo spazio aperto di infrastrutture (illuminazione pubblica, luoghi di sosta e di percorrenza opportunamente dimensionati, ecc.) capaci di promuovere le relazioni sociali, disincentivando comportamenti criminali e vandalistici. La scuola riqualificata è diventata così una polarità all’interno di un ambiente urbano anch’esso rigenerato, un edificio aperto al territorio ed alla comunità che mette a disposizione i suoi ambienti polivalenti ed innovativi anche in orari non tradizionali, nella logica del life long learning che promuove l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita, spostando il baricentro della scuola anche al di fuori di essa (Tosi, 2019).

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Conclusioni Tutti i progetti presentati nelle pagine successive hanno raggiunto gli obiettivi di sostenibilità e qualità compositiva e formale insiti nel programma del Laboratorio Architettura e Ambiente, presentando ambienti educativi sviluppati secondo orientamenti pedagogici avanzati e principi dell’environmental design, capaci di integrare i concetti di learn better con quelli di feel better e work better attraverso una progettazione sostenibile dello spazio e degli elementi tecnologici ad esso correlati. È emblematico ricordare che, nonostante ogni proposta presenti connotati riconoscibili e distinti, tutte le soluzioni tecnologiche e spaziali adottate sono stata pensate nel rispetto dei limiti imposti dal tema della riqualificazione architettonica e ambientale, lavorando attraverso processi incrementali nel rispetto della struttura esistente e prevedendo, di conseguenza, la sola addizione volumetrica di nuovi spazi e superfici necessarie alla rigenerazione in chiave restorativa ed al raggiungimento dello standard Plus Energy Building. I risultati ottenuti dimostrano, infine, come sia possibile raggiungere un equilibrio tra architettura e ambiente, creando spazi di apprendimento dinamici, polivalenti e confortevoli, attraverso l’adozione di una metodologia progettuale di tipo sistemico basata sul controllo integrato di forma, funzione e prestazioni fisiche, in linea con i riferimenti normativi vigenti. La speranza è quella che tale esercizio progettuale possa essere assimilato dai nostri giovani studenti e replicato nelle loro realizzazioni future, anche e soprattutto, attraverso la riqualificazione del patrimonio pubblico esistente.


approccio sistemico al progetto di riqualificazione energetico-ambientale • rosa romano

Bibliografia Attaianese E., Rigillo M. 2021, Ecological-thinking and collaborative design as agents of our evolving future, «TECHNE-Journal of Technology for Architecture and Environment», no. 2, pp. 97-101. Barrett P., Davies F., Zhang Y. and Barrett L. 2017, The Holistic Impact of Classroom Spaces on Learning in Specific Subjects, «Environment and Behaviour», vol. 49 (4), pp. 425-451. Beckers R., Van der Voordt T. and Dewulf G. 2015, A Conceptual Framework to Identify Spatial Implications of New Ways of Learning, «Higher Education. Facilities», Vol. 33, Issue: 1/2, pp. 2-19. Boarin P. 2010, Edilizia scolastica. Riqualificazione energetica e ambientale. Metodologie operative, requisiti, strategie ed esempi per gli interventi sul patrimonio esistente, Edicom Edizioni, Monfalcone. Boermans T., Bettgenhäuser K., Offermann M.,Schimschar S. 2012, Renovation Tracks for Europe to 2050, Ecofys. Bosschaert T. 2019, Symbiosis in Development (SiD). Making new future possible, Except, Rotterda. Code L. 2006, Ecological Thinking: the Politics of Epistemic Location, Oxford University Press, New York, USA. Davies D., Jindal-Snape D., Collier C., Digby R., Hay P. and Howe A. 2013, Creative Learning Environments in Education: A Systematic Literature Review, «Thinking Skills and Creativity», vol. 8, pp. 80-91. EUROPEAN COMMISSION 2019, The European Green Dea, Brussels, <https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?qid=1576150542719&uri=COM%3A2019%3A640%3AFIN> (5/2021). EUROPEAN COMMISSION 2018, Directive (EU) 2018/844 of the European Parliament and of the Council of 30 May 2018 amending Directive 2010/31/EU on the energy performance of buildings and Directive 2012/27/EU on energy efficiency, <https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/ TXT/?uri=uriserv%3AOJ.L_.2018.156.01.0075.01.ENG> (5/2021). EUROPEAN COMMISSION 2018, Directive (EU) 2018/2001 of the European Parliament and of the Council of 11 December 2018 on the promotion of the use of energy from renewable sources, <https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=uriserv:OJ.L_.2018.328.01.0082.01.ENG&toc=OJ:L:2018:328:TOC> (5/2021) Except, SiD quick guide Symbiosis in Development v10.6, <http://thinksid.org/wp-content/uploads/2017/02/SiD-quick-guide_v010_web.pdf> (5/2021). Fianchini M. 2021, Designing schools in innovation scenarios, «TECHNE - Journal of Technology for Architecture and Environment», no. 21, pp. 230-235. Gusmerotti N. M., Frey M., Iraldo F. 2020, Management dell’economia circolare, Franco Angeli Editore.

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INDIRE 2013, Norme tecniche-quadro, contenenti gli indici minimi e massimi di funzionalita’ urbanistica, edilizia, anche con riferimento alle tecnologie in materia di efficienza e risparmio energetico e produzione da fonti energetiche rinnovabili, e didattica indispensabili a garantire indirizzi progettuali di riferimento adeguati e omogenei sul territorio nazionale, <https://www. indire.it/wp-content/uploads/2018/01/cs110413_all1.pdf> (5/2021). Manzini E. 2015, Design. When Everybody Designs, MIT Press Cambridge, USA. Ministero della Transizione Ecologica 2017, Criteri Ambientali Minimi per l’affidamento di servizi di progettazione e lavori per la nuova, costruzione, ristrutturazione e manutenzione di edifici pubblici, «Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana», n. 259. ONU 2015, Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, <https:// unric.org/it/wp-content/uploads/sites/3/2019/11/Agenda-2030-Onu-italia.pdf> (5/2021). Tosi L., Mosa E. 2019, Edilizia scolastica e spazi di apprendimento: linee di tendenza e scenari, Fondazione Agnelli.



Dialoghi (2021)


la building physics, termodinamica e termofisica del sistema edificio-impianto Carla Balocco

Per comprendere l’importanza ai fini della sostenibilità energetico-ambientale, della tutela e conservazione preventiva, quindi sia per la nuova progettazione che per il recupero/adeguamento di un sistema edificio-impianto, delle conoscenze della building physics e quindi della termodinamica e termofisica, bisogna partire da un fondamentale concetto, ovvero che la forma è sempre una forma energetica e la sua valutazione in termini di sostenibilità può essere fatta attraverso l’analisi dei flussi di entropia ovvero della variazione di entropia rilasciata in ambiente. Questo concetto è ampiamente studiato e formulato dalla Constructal Theory. La Constructal Theory si fonda su un assunto chiave, formulato da Bejan tale per cui la produzione di immagini, di forme (pattern, ritmi) in natura è un fenomeno della fisica e questo fenomeno è legato al principio della legge costruttiva: “For a finite-size flow system to persist in time (to survive) its configuration must evolve in such a way that it provides an easier access to the currents that flow through it” (Bejan, 1988). Questa legge riguarda la necessità che ci sia una forma e una direzione temporale di qualsiasi fenomeno o sistema fisico. Gli sviluppi teorici della Constructal Theory mostrano che le forme e le architetture dei sistemi sono tali perché massimizzano l’accesso di flussi di energia e materia (nelle piante), possono produrre caratteristiche che impediscono flussi di materia ed energia (membrane, pareti impermeabili, isolamento) e definire organi statici che supportano le strutture di flusso, identificare la proporzionalità tra la perdita di calore e la dimensione del sistema. L’evoluzione temporale di queste configurazioni sia dei sistemi biologici che di sistemi fisici in generale, può essere descritta come sopravvivenza, evoluzione naturale dei processi, aumento di entropia, aumento di prestazioni, di compattezza e resilienza. Dunque l’edificio è un sistema termodinamico aperto con una forma (scambia massa ed energia con il proprio contorno) che è anche energetica e che si stabilizza evolvendo nel tempo e nello spazio sulla base della legge costruttiva. Il sistema edificio tende a portarsi costantemente in equilibrio con il proprio contorno (ambiente esterno e/o insieme di zone/ambienti interni) come tutti i sistemi naturali e come pure il corpo umano anch’esso sistema termodinamico aperto che si relaziona all’edificio e ai suoi spazi. carla balocco


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È assolutamente fuori da ogni possibilità di dubbio come dal punto di vista termofisico, energetico e ambientale, il comportamento di un edificio storico oggi sia molto diverso rispetto a quello che poteva avere originariamente in rapporto al clima, ma anche alle sue funzioni e destinazioni d’uso. La conoscenza delle caratteristiche fisiche, termofisiche dei materiali e del sistema edificio risulta di cruciale importanza per trovare il giusto compromesso tra esigenze di conservazione e tutela, miglioramento delle prestazioni energetiche e la valorizzazione delle caratteristiche bioclimatiche/passive dell’edificio e la concezione energetica/ambientale originaria. Lo studio della termofisica del sistema edificio comporta l’analisi in regime transitorio (variazioni nel tempo e nello spazio) degli scambi di calore e di massa in funzione delle sollecitazioni esterne ed interne in relazione alle caratteristiche dei materiali che ne costituiscono l’involucro. Ciò implica un approccio metodologico impostato su una visione sistemica che consente di conoscere le caratteristiche termiche, fisiche, strutturali, funzionali ed energetiche dell’edificio e dei suoi diversi ambienti e dei sistemi impiantistici eventualmente presenti e/o adattati nel corso del tempo, attraverso campagne di misure sperimentali per il monitoraggio climatico e termofisico in continuo e simulazioni dinamiche con approcci multifisici e di termo-fluidodinamica computazionale. La Fisica Tecnica, nelle sue accezioni teoriche più specifiche, di Building Physics e Constructal Theory, viene impiegata per definire un approccio metodologico di tipo misuristico e di simulazione dinamica CFD-multifisica, strategico e continuamente reiterabile di ‘progettazione energetico-ambientale integrata del sistema edificio-impianto’ di ‘valorizzazione conservativa e fruitiva’ del patrimonio storico, nella consapevolezza che l’azione progettuale da un punto di vista delle prestazioni termofisiche ed energetiche è connessa alla dinamica dell’edificio e delle forzanti esterne/interne ed esige conoscenza, mantenimento e aggiornamento/controllo delle funzioni e prestazioni nel tempo. Quando si affronta il tema della valutazione delle prestazioni termofisiche ed energetiche del sistema edificio, del microclima interno che garantisca condizioni di tutela, salute e comfort (per gli oggetti/opere e persone) all’interno degli spazi e delle funzioni di un edificio sempre inteso come sistema integrato con il sistema impiantistico, bisogna considerare alcuni aspetti: • l’inerzia termica delle strutture, aspetto dovuto a questioni culturali ed ambientali (es. LCA e filiere corte), costruttive ma soprattutto di controllo climatico grazie allo sfasamento e smorzamento delle oscillazioni di temperatura esterne; • la destinazione d’uso, soprattutto nell’ottica del cambio di destinazione e dell’aumento degli standard prestazionali (ad esempio molti edifici storici non destinati originariamente ad uffici pubblici, biblioteche, scuole o musei);


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l’assenza di impianti di climatizzazione e di ventilazione meccanica controllata al loro interno, almeno originariamente, e l’eventuale loro integrazione e/o adeguamento energetico. Spesso negli edifici sono già presenti e/o attive tecniche e strategie di ventilazione naturale (comfort ventilation, natural cooling, night-purging) oppure di raffrescamento passivo date dalla combinazione della ventilazione naturale notturna con il raffrescamento delle ‘masse termiche’ dell’edificio (structural cooling), ovvero quelle componenti (pareti, solai, partizioni interne, etc.) che presentano una elevata capacità termica, spesso combinata a spessori importanti. Quest’ultima strategia è basata sull’accumulo durante il giorno del calore nelle masse termiche a contatto con l’ambiente interno, al fine di dissipare questa energia durante la notte attraverso il raffreddamento delle medesime, che avviene con l’immissione di aria fredda dall’esterno mediante l’apertura delle finestre. Tutto ciò però non lo sappiamo a priori e quindi lo dobbiamo studiare con indagini/analisi di tipo storico integrate a campagne di misure dedicate, di simulazioni numeriche termofluidodinamiche e in certi casi con misure dirette e test su modelli in scala condotti in galleria del vento a strato limite sviluppato, note come boundary layer wind tunnel (BLWT). Nello ASHRAE Handbook Fundamentals vengono riportate alcune interessanti considerazioni sugli effetti di accumulo termico di elementi massivi all’interno degli edifici, la cui efficacia viene determinata dai seguenti fattori: • le caratteristiche fisiche degli elementi massivi; • la natura dinamica dei carichi termici dell’edificio; • l’interazione tra la massa e l’aria interna dell’edificio; • le strategie di carico e scarico dell’energia termica (ventilazione notturna). Viene evidenziato il fatto che l’utilizzo di elementi massivi all’interno dell’edificio ha un effetto significativo tanto sulle temperature interne quanto sull’impianto di condizionamento e ventilazione meccanica controllata, poiché l’accumulo termico riduce e ritarda i picchi dei carichi di riscaldamento e raffreddamento, riducendo i consumi energetici. Sempre in quel contesto, viene fatto un chiaro riferimento all’utilizzo di sistemi di ventilazione notturna (definiti sistemi di ‘pre-raffreddamento’ degli elementi) che possono ridurre la richiesta energetica di raffrescamento. Questi aspetti sono fondamentali per la corretta scelta del sistema di controllo e regolazione dell’impianto. Alcuni concetti vanno precisati. Per accumulo termico si intende l’energia che potenzialmente può essere immagazzinata in un elemento ed esso dipende dalla sua massa, dal suo calore specifico, e dalle differenze della sua temperatura rispetto all’ambiente nel tempo. Al contrario, la quantità di energia che può essere effettivamente ceduta da un elemento all’ambiente è direttamente proporzionale alla superficie dell’elemento esposta allo scambio, alla differenza di temperatura tra l’elemento e l’ambiente e al coefficiente di scambio termico; pertanto è fortemente influenzata dal moto dell’aria

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a contatto con la superficie e dalla finitura superficiale dell’elemento medesimo, cioè da aspetti convettivi e radiativi del fenomeno di scambio solido-fluido. Questi concetti vengono sintetizzati molto chiaramente dalla seguente relazione (espressa in kW):

dTs · Qs=ρ∙cp∙V∙ =h0∙A∙(Ts - T) dt

( )

dove: Qs è il flusso termico scambiato tra elemento e ambiente [kW]; ρ densità di massa; cp calore specifico a volume costante [kJ/kg K]; V volume dell’elemento [m3]; t tempo [s]; h0 coefficiente liminare, somma di quello convettivo e radiativo (hc+ hr; [W/m2 K]); A area della superficie di scambio [m2]; Ts temperatura dell’elemento [°C]; T temperatura dell’ambiente [°C]. Un ulteriore approfondimento va fatto in relazione al secondo membro della suddetta equazione, in particolare al coefficiente liminare e alla temperatura dell’ambiente. L’espressione che esprime lo scambio termico tra una parete solida e l’aria deriva da una modellazione sommaria e di prove sperimentali che hanno consolidato nella letteratura i valori di h0. Questo coefficiente tiene soprattutto in considerazione le caratteristiche del moto dell’aria intorno alla parete solida e quindi riassume tutta la complessità del trasferimento di massa e di energia esistente nell’aria medesima e tra l’aria e il solido. Inoltre, la variabile T, spesso definita in letteratura con il termine T∞, parla di una distanza tra una superficie solida e il punto dell’aria in cui questo valore viene monitorato. In realtà T∞ viene ritenuta la temperatura media dell’ambiente e quindi dietro questa formula c’è l’idea che l’ambiente sia a temperatura uniforme. Implicitamente, nella formula suddetta, si esprime l’idea che l’efficacia dell’accumulo e del rilascio dell’energia, in e da, una massa termica dipendono strettamente dalle caratteristiche del moto dell’aria intorno ad esso. Ciò premesso, in base al loro posizionamento, le masse termiche possono essere suddivise in due categorie: masse termiche esterne, ovvero esposte direttamente alle variazioni di temperatura e dell’irraggiamento solare incidente (chiusure orizzontali e verticali); masse termiche interne, che non sono esposte direttamente alla temperatura esterna (come le partizioni interne o gli arredi; questi ultimi sono in grado di modificare in modo apprezzabile l’intera mappa termica cioè la distribuzione altimetrica e stratigrafica dei valori di temperatura dell’aria con effetti sulla variazione della temperatura radiante ed operativa dell’ambiente). Rappresenta un caso molto interessante la condizione in cui la massa termica si trovi nelle chiusure orizzontali e verticali in combinazione a strati di coibentazione. Questa è


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una condizione che può essere presente quando l’edificio sia stato soggetto ad un intervento di recupero. In tal caso entrano in gioco ulteriori fattori: la posizione di un qualsiasi elemento/componente che funge da isolante termico; le condizioni al contorno della massa termica, ovvero l’esposizione alle forzanti esterne/interne cioè variazione delle temperature esterne o interne e radiazione solare incidente. La questione è complessa specie se si considera insieme alla inerzia termica del sistema edificio, il profilo temporale di utilizzo degli ambienti. In quest’ottica la scelta della tipologia di impianto diventa cruciale per garantire efficienza ed efficacia della soluzione. Gli impianti ad alta e bassa inerzia ovviamente rispondono con modalità e tempi differenti e la loro scelta in prima istanza è sicuramente dettata dall’inerzia dell’edificio e dai tempi di utilizzo ma anche dal tipo di sistema di regolazione e controllo connesso. Molto interessanti sono a riguardo alcuni recenti studi sulla scelta della posizione ottimale del sistema di isolamento, a parità di destinazione d’uso e profili temporali di utilizzo degli ambienti, in funzione del tipo di impianto se ad alta o bassa inerzia per garantire efficienza, quindi ridotti consumi energetici e comfort termoigrometrico per gli occupanti. Ovviamente non viene considerata la questione della qualità dell’aria intesa come corretta ventilazione e riduzione della contaminazione microbiologica, oggi, stante il contesto pandemico, dichiarati da tutti gli organismi internazionali e nazionali che si occupano della salute e qualità della vita delle persone, prioritari e più importanti del risparmio energetico. Tant’è che gli impianti, specie per i nuovi edifici, o comunque adeguati in quest’ottica, dovrebbero essere ad aria primaria, tutta aria esterna, operare 24 ore su 24 senza ricircolo, sette giorni su sette, con eventuale attenuazione notturna o relativa ai periodi di non occupazione ed utilizzo degli ambienti. Molta importanza viene poi attribuita alla filtrazione dell’aria, al suo trattamento e quindi all’efficacia, più che all’efficienza, della ventilazione e della pulizia/filtrazione. Luce ed illuminazione La natura fisica della luce e dei fenomeni ad essa connessi sono noti e precisamente formulati. Attraverso la luce è possibile far vedere lo spazio e gli oggetti in esso contenuti in modo completamente nuovo. Bisogna innanzitutto distinguere fra luce diretta e luce riflessa e poi tenere presente che i colori che noi vediamo sono sempre l’effetto della combinazione di colore della superficie e colore della luce. Non vediamo la realtà ma la ‘nostra visione della realtà’. Bisogna anche tener presente un fenomeno molto importante chiamato ‘costanza del colore’: il nostro occhio è in grado di tararsi, di dissociare un colore imposto da una luce particolare. Quando infatti si dice che ‘i veri colori sono quelli alla luce naturale’ non si tiene conto del fatto che la luce naturale cambia continuamente così come cambia

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continuamente la condizione di cielo (la componente diffusa della radiazione solare è di fatto quella che ci consente di vedere per cui a parità di flusso luminoso l’efficienza luminosa del cielo è sempre superiore a quella del sole). Il rapporto tra luce e architettura è sempre stato di fondamentale importanza (basti pensare a Vitruvio che nel primo libro del saggio De Architectura fu tra i primi a trattare il tema dei sistemi di luce naturale; mentre nel quarto libro parlò, per la prima volta, della ‘luce d’apertura’ in merito alle porte ricorrendo all’uso del termine ‘lumen’, per indicare l’ampiezza delle aperture stesse. Negli ultimi anni però questo rapporto ha assunto un ruolo ed un peso fondamentale. Infatti che si tratti di ambienti interni come uffici, scuole, ospedali o spazi esterni come monumenti e giardini, la luce è ritenuta sempre più un fattore imprescindibile per la riuscita di un buon progetto, essa non è più un elemento a se stante ma è parte integrante di un progetto (la cosiddetta quarta dimensione) e della vita di tutti noi, basti pensare che la luce ci rende coscienti dell’avanzare del tempo con l’inevitabile susseguirsi del giorno e della notte con conseguente regolazione dei ritmi circadiani; dà vita allo spazio e ci dà la percezione di ciò che ci circonda; ha una forte influenza sull’umore condizionando il benessere psicofisico e orientando le nostre scelte ed i nostri comportamenti; gioca, infine, un ruolo fondamentale nell’ambito del risparmio energetico. Si viene così a creare un’analogia tra luce e illuminazione: la luce gioca un ruolo fondamentale nella nostra capacità di percepire il mondo che ci circonda così come, analogamente, l’illuminazione gioca un ruolo fondamentale non solo nel modo in cui percepiamo uno spazio, ma anche nel modo in cui agiamo in esso e lo utilizziamo. Così come riconosciuto anche a livello normativo, oltre a migliorare l’impatto estetico delle costruzioni e degli ambienti, l’illuminotecnica è di primaria importanza per il rispetto degli standard imposti in tema di comfort visivo e qualità e sicurezza degli ambienti di lavoro. Più recentemente l’illuminotecnica è divenuta uno strumento prezioso per la bio-architettura, poiché consente lo sfruttamento ottimale della luce solare e contribuisce notevolmente al risparmio energetico limitando i consumi di energia elettrica. Nonostante ciò ancora oggi non è di immediata comprensione e di facile riconoscimento l’importanza dell’illuminazione di un ambiente sia dal punto di vista estetico, sia dal punto di vista del benessere. La finalità di un progetto illuminotecnico dovrebbe essere la qualità della visione e della percezione, l’ergonomia della visione, come del resto il risparmio energetico e la sostenibilità. Il tema della luce è un tema attinente la vita, il lavoro, la salute e la funzione dello spazio ed ancor di più dell’edificio esistente e/o storico e magari appartenente al Cultural


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Heritage, in quanto sede di forti e complessi significati simbolici, storici e culturali con valenze ed implicazioni sociali, formative, economiche, politiche ed energetiche. Progettare la luce e con la luce significa valorizzare, rendere fruibile lo spazio, recuperare la memoria storica, ri-vedere ri-leggere, re-interpretare con gli ‘occhi’ del sapere e del pensiero scientifico che oggi ci possiamo permettere. Significa dunque anche saper vedere e leggere le soluzioni tecniche ed impiantistiche presenti ed utilizzate o proponibili negli edifici, perché la luce possa restituire a questi il loro valore culturale, storico-architettonico e percettivo, garantendo qualità della visione e percezione, salute, sicurezza e tutela (in taluni casi anche conservazione preventiva) degli oggetti/opere presenti e dei fruitori/operatori. Riteniamo che la qualità e sostenibilità energetico-ambientale di un progetto illuminotecnico debba basarsi in primis sulla commistione di luce naturale con quella artificiale, finalizzata alla capacità di riconoscimento combinando tra loro spazi mentali, di memoria e rappresentazione, con spazi di luce, zone di colore e superfici caratterizzate da spettri complessi oppure semplici, se non monocromatici. Il progetto illuminotecnico deve dunque massimizzare l’uso della luce naturale, ma controllata e regolata in funzione degli ambienti e dei differenti compiti visivi, contemporaneamente sfruttare le tecniche e tecnologie dell’illuminazione allo stato solido integrate a sistemi di regolazione e controllo tipo COB (Chip On Board) e DALI (Digital Addressable Lighting Interface) proponendo luce dinamica, tonalità naturali e calde. Lo studio della luce e dell’illuminazione allo stato di fatto è necessario per individuare le criticità e quindi valutare soluzioni efficienti ed efficaci di illuminazione che siano anche minimamente invasive e soprattutto reversibili, ovvero facilmente manutenibili e sostituibili. Il progetto illuminotecnico si dimostra sempre particolarmente complesso e suscettibile di continui aggiustamenti, rimandando ad una significativa comprensione del fenomeno dell’illuminazione e del controllo dell’ambiente. Il controllo della luce non va destinato soltanto a quella naturale, ma anche alla luce artificiale attraverso l’adozione nei corpi illuminanti di un assorbitore di raggi parassiti, o con modifiche dell’angolo di apertura del corpo illuminante (tanto più è stretto tanto più rende stupefacente le resa, aumentando il contrasto e l’acuità visiva) o ancora, adottando la totale mobilità per 360 gradi sui 3 assi cartesiani nella direzione delle luci (ciò permette di illuminare non solo l’opera, ma lo spazio che la circonda facilitando il controllo delle luminanze). L’inserimento degli impianti elettrici e di illuminazione, può sembrare più semplice e meno invasivo di quello destinato agli impianti meccanici: gli ingombri sono più contenuti; le condutture presentano maggiore adattabilità; la posa in opera può avvenire anche in fasi avanzate del progetto. Queste circostanze fanno talora pensare ad una semplificazione dei problemi e che queste tipologie di impianto si riuscirà

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sempre ad inserirle in qualche modo. In altre parole sembra possibile pensare al progetto illuminotecnico in un secondo momento, ma questo non è vero e il progetto della luce (naturale ed artificiale) deve essere almeno contemporaneo (spesso pensato prima e quindi integrato) al progetto architettonico. Si dimentica in altre parole che la luce è un elemento essenziale nella percezione delle superfici e dello spazio, cosicché soluzioni grossolane possono alterare l’apparenza dei luoghi/spazi e dei loro contenuti fino a renderli praticamente irriconoscibili. La luce è l’elemento fisico che rende possibile la visione e il recepimento delle informazioni associate alla scena o agli oggetti illuminati, rappresentando un essenziale veicolo di informazione e di conoscenza, ma rappresenta anche un agente di degrado per molti materiali. Tranne nel caso di visione diretta della sorgente, fatto deprecabile o quanto meno fastidioso in tutte le illuminazioni, è il flusso rinviato che provoca nell’osservatore le sensazioni visive. Luminosità, brillantezza, colore della luce che l’osservatore percepisce sono, di fatto, quelle che vengono rinviate ai suoi occhi dagli oggetti. L’emissione luminosa deve essere convogliata nello spazio secondo precise geometrie per giungere solo dove si vuole o, secondo i casi, per impedire o accentuare le disomogeneità. Il fascio luminoso emesso da ciascun apparecchio dovrebbe essere controllato sia per realizzare sulle opere valori di illuminamento nel rispetto dei limiti suggeriti dalla normativa, sia per evitare effetti disturbanti come riflessioni indesiderate e/o abbagliamenti e per ridurre il numero delle lampade. Inoltre progettare un impianto tenendo a mente il costo di gestione e manutenzione, significa valutare l’efficienza luminosa delle sorgenti che dipende dal fenomeno fisico con cui è prodotta la luce (incandescenza, scarica nei gas, diodi emettitori) e dalla potenza delle lampade e, a parità di questi parametri, è strettamente legata all’emissione spettrale. Il collegamento tra efficienza e spettro di emissione rimanda al colore della luce e alle lunghezze d’onda che lo determinano: il medesimo colore si può realizzare con tre spettri monocromatici o con uno spettro continuo, cioè contenente tutte le lunghezze d’onda del visibile. Quanto più la luce è ricca di lunghezze d’onda, tanto più sarà in grado di garantire una buona percezione del colore. Quando per l’illuminazione di base e di accento vengono usate sorgenti differenti è possibile enfatizzare le cromie presenti in una sala. Vanno comunque considerate, specie nell’ottica del contenimento dei consumi e dell’uso razionale dell’energia, le altre tipologie di impianto che sono in qualche modo collegate agli impianti elettrici: i sistemi di rivelazione fumi e di protezione contro i pericoli di incendio; i rivelatori di presenza e i sistemi antintrusione; le reti di fonia e dati per la distribuzione di segnalazioni, informazioni, allarmi e per il cablaggio intelligente della struttura. Questi sistemi consentono oggi una molteplicità di funzioni, ivi compresa l’ottimizzazione dei costi di


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gestione: è però necessario un salto di qualità che introduca anche questi impianti in un sistema integrato sfruttando moderne tecnologie che consentono di utilizzare gli stessi sistemi di cablaggio per funzioni diverse (es. energia, informazioni, telecomandi, allarmi) rendendo in tal modo sicura, dinamica e soprattutto economica la gestione dei luoghi (illuminando solo quando serve e quanto serve con automatica regolazione delle accensioni e delle regolazioni di intensità luminosa). L’uso di moderne superfici catadriottiche, che sono prive di costi energetici, non va trascurato specie come linea guida per il visitatore o in caso di evidenza delle vie di fuga. Uno degli obiettivi del progetto illuminotecnico è la priorità per azioni mirate alla riduzione della potenza installata e all’incremento dell’efficienza luminosa, riducendo il surriscaldamento prodotto dagli apparecchi, ad esempio usando LED (Light Emitting Diode) combinati con sistemi di regolazione e controllo integrati anche con sensori per il rilevamento della luce naturale. Illuminare uno spazio non significa soltanto stabilire la corretta quantità e qualità di luce, ma soprattutto coinvolgere il luogo, l’architettura, la storia, le persone che lo usano. Bisogna inoltre riconoscere che in molti edifici, l’uso della fonte naturale di illuminazione non è massimizzato, a favore invece di sorgenti luminose artificiali, caratterizzate da una gestione nell’impiego più semplice, con un grado di flessibilità maggiore. Questa impostazione se rende possibile l’alternanza e la variazione anche immediata degli usi e delle distribuzioni funzionali ed offre un controllo su ogni singolo oggetto da esporre e per ciascun compito visivo, sotto il profilo della luce più adatta per la visione, per l’ergonomia specie nei luoghi di lavoro ed impostata sulle peculiarità cromatiche e materiche, crea ‘scene di luce’ che talvolta non tengono conto dello spazio architettonico in cui sono realizzate. Per questo motivo la luce naturale talvolta in certi ambienti ha assunto un valore subordinato solo connesso all’illuminazione di base assolutamente controllata e/o direzionata, pur sempre determinante sotto il profilo dell’impatto fisiologico. Nello studio illuminotecnico di un ambiente, il confronto con la luce naturale della volta celeste rimane il dato di partenza essenziale di ogni iter progettuale, anche se rivolto a spazi dove, per motivi scenografici, di tutela dai danni da radiazione e di conservazione preventiva, la luce naturale è completamente esclusa. Nella progettazione illuminotecnica l’illuminazione verticale è una componente collegata all’architettura, poiché essa permette di percepire le proporzioni ed i limiti di un ambiente. Unita all’illuminazione orizzontale, il cui compito è quello di assicurare la sufficiente quantità di luce per le diverse attività, l’illuminazione verticale diviene uno strumento utile a valorizzare con la luce, l’architettura di un ambiente: le pareti illuminate, infatti, danno all’osservatore la sensazione di un ambiente aperto e luminoso e consentono una rappresentazione chiara

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dello spazio, un’articolazione dell’architettura e delle componenti che la compongono. Le sorgenti di luce naturale sono costituite dal sole e dal cielo, attraverso cui la luce arriva sulla superficie terrestre. La luce del sole rappresenta la componente diretta, si tratta di una luce bianca con temperatura di colore di 5500 K e luminanza molto elevata che produce contrasti marcati avendo il sole superficie limitata. Si tratta dunque di una luce direzionale che per l’elevata asimmetria del fascio luminoso emesso, non permette una percezione ottimale degli oggetti dal punto di vista spaziale ed in particolare dei colori. La luce del cielo costituisce, invece, la componente diffusa della luce naturale, è una luce bianca più fredda con temperatura di colore intorno ai 6500 K e con luminanza più contenuta in quanto distribuita sull’intera volta celeste. Produce dunque contrasti poco marcati di luminanza, ma induce una percezione eccessivamente piatta degli oggetti per quanto consenta la migliore visione dei colori. L’effetto migliore si ottiene garantendo la presenza contemporanea di entrambe le componenti in ambiente, ovvero della luce globale purché appunto controllata. La luce proveniente dal cielo può essere caratterizzata in termini di luminanza della volta celeste e dipende da fattori quali la posizione del Sole, la nuvolosità, la presenza nell’atmosfera di particelle in sospensione di diversa natura e dimensione (torbidità), variabili nel tempo e da luogo a luogo. Per descrivere le diverse situazioni che si possono verificare, sono stati proposti diversi modelli di cielo che descrivono la distribuzione di luminanza in funzione di alcuni parametri e che sono in seguito stati standardizzati dal CIE come Cielo Sereno, Cielo Coperto e Cielo Intermedio a ciascuno dei quali corrisponde un modello fisico che lo descrive. I fattori che concorrono in un progetto illuminotecnico sono raggruppabili in tre settori base: esigenze del soggetto, economia ed ambiente, architettura. Per esigenze dell’individuo si intendono: prestazione visiva, comfort visivo, salute, sicurezza, stato d’animo, percezione dell’ambiente. Per economia ed ambiente: installazione, manutenzione, funzionamento ed efficienza, flessibilità e gestione, contenimento consumi energetici, sostenibilità ambientale. Per architettura: spazio, distribuzione, tipologie di ambiente, dimensioni, materiali, integrazione con la luce naturale ed elementi naturali biologici. In particolare, negli ambienti di lavoro, dagli uffici, alle scuole, biblioteche, fabbriche, settore terziario commerciale, un ‘ambiente luminoso’ fortemente disomogeneo è spesso causa di disturbi visivi (astenopia occupazionale) che in illuminotecnica vengono definiti ‘da abbagliamento’, mentre in medicina del lavoro e in igiene occupazionale si preferisce il termine ‘disagio/disturbo da luce’. Il vocabolario internazionale di illuminotecnica CIE definisce: “abbagliamento la condizione visiva in cui si determina discomfort o riduzione della capacità di vedere oggetti significativi o entrambe le situazioni, a causa di una scorretta distribuzione di


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luminanze o di eccessivi contrasti di luminanza che si verificano nello spazio e nel tempo”. Vengono identificate due forme di abbagliamento: abbagliamento molesto (discomfort glare), causa discomfort senza necessariamente impedire la visione di oggetti o dettagli abbagliamento perturbatore (disability glare) impedisce la visione di oggetti o dettagli, senza necessariamente comportare discomfort Il controllo delle luminanze prodotte sia dalle sorgenti primarie di luce, sia dalle superfici presenti in ambiente, risulta quindi essenziale per garantire condizioni ottimali di visibilità, soprattutto in presenza di superfici speculari o semi diffuse quali, ad esempio, gli schermi dei VDT/PC o i display di apparecchiature elettroniche. Ulteriore fattore di disagio può essere costituito dal colore: tonalità di luce inadatta, per l’inevitabile distorsione cromatica che essa crea sugli oggetti e sulle immagini osservate; luce fortemente colorata (monocromatica) può rendere problematica la percezione di dettagli, pur in presenza di buone condizioni di luce. Le condizioni illuminotecniche in un ambiente di lavoro sono connesse ai parametri qualitativi/quantitativi della luce: distribuzione della luminanza (rapporti di luminanza); livello e uniformità di illuminamento; resa cromatica e aspetto cromatico della luce; sfarfallamento (solo per sorgenti a fluorescenza). Nella normativa tecnica accanto ai parametri tradizionalmente considerati nella progettazione di un sistema di illuminazione, sono segnalati anche altri parametri, in grado di svolgere, nei lavoratori esposti, un ruolo di cofattore favorente l’aumento dell’intensità e/o frequenza dei disturbi astenopici ‘da luce’: la tipologia del compito visivo; le capacità/caratteristiche visive del soggetto; alcune proprietà (non illuminotecniche) dell’ambiente. Per il Consensus Document redatto dallo Scientific Committee on Work and Vision dell’ICOH, una condizione di completo benessere visivo (ed oculare) si ha solo in presenza di condizioni ambientali definite dall’assenza di agenti chimici, fisici e microbici nocivi per l’apparato visivo, dalla presenza di impegni visivi compatibili con le caratteristiche oftalmiche del soggetto. Pertanto è una condizione strettamente connessa anche alle condizioni microclimatiche dell’ambiente e di qualità dell’aria. I valori limite di rispetto dei parametri fotometrici forniti dalla normativa, sono una condizione necessaria, ma non sufficiente per un buon progetto illuminotecnico. I parametri di base sono: illuminamento medio mantenuto relativo alla superficie di riferimento da considerare in relazione al tipo di ambiente; uniformità di illuminamento, inteso come rapporto tra l’illuminamento delle aree nelle immediate vicinanze e l’illuminamento del compito visivo; grado unificato di abbagliamento (UGR): introdotto dalla CIE nel 1995, quale indice rappresentativo dell’abbagliamento derivante direttamente dagli apparecchi di un impianto di illuminazione di interni; indice di resa cromatica: indicazione oggettiva proprietà di rappresentazione cromatica

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di una sorgente. Il valore massimo è 100 e diminuisce con la diminuzione della capacità di restituzione del colore da parte della sorgente. Particolare attenzione va posta alla distribuzione della luminanza all’interno dell’area operativa e circostante ed in tutto l’ambiente. Ciò è essenziale nel determinare il livello di adattamento visivo e la visibilità del compito. Una luminanza di adattamento bilanciata, cioè che tiene conto delle varie aree di rilevazione, delle loro dimensioni e della posizione che queste assumono nel campo visivo, consente di: migliorare visibilità oggetti/immagini osservati; migliorare rapporti di luminanza (contrasti); ridurre sovraccarico pupillare e adattamento retinico. Importante è il ruolo svolto dalle superfici riflettenti presenti in ambiente: i relativi valori (luminanze secondarie), sono determinati dal flusso luminoso incidente sulla superficie (illuminamento) e dal fattore di riflessione della superficie stessa. Questi parametri risultano particolarmente utili per la progettazione di ambienti di lavoro che prevedono l’uso di postazioni dotate di VDT. L’attività con VDT/PC si contraddistingue per l’osservazione di uno schermo, di una tastiera e di un eventuale documento (cartaceo o di altra natura), nonché per una serie di azioni sui sistemi di comando e di puntamento, costituite essenzialmente da digitazioni, microscivolamenti e pressioni, esercitati manualmente su tastiera, “touch-pad, track-point, track-ball e mouse”. Di solito si ha una postazione di lavoro fissa, caratterizzata, sotto il profilo illuminotecnico, per la presenza di un piano principale di osservazione, generalmente riflettente in modo speculare o semidiffuso (schermo), per un’immissione/elaborazione dei dati tramite tastiera, mouse, etc. nonché per la compresenza di ‘compiti visivi’ (su carta, tastiera e schermo), i cui piani di osservazione, essendo diversamente orientati e posti a differenti distanze, danno origine a valori di luminanza corrispondentemente differenziati. La norma UNI ISO EN 9241 parte 6 fornisce una guida per la progettazione e realizzazione di condizioni ambientali, fornendo principi generali, individuando i parametri da valutare e proponendo soluzioni integrate con riferimento all’illuminazione naturale ed artificiale, al rumore ed alle vibrazioni meccaniche, ai campi elettrici e magnetici, all’ambiente termico, all’organizzazione dello spazio, nonché al lay-out delle postazioni di lavoro. Per gli aspetti illuminotecnici, la norma fornisce alcuni orientamenti per evitare ‘l’abbagliamento’ causato da riflessi sulle apparecchiature di lavoro dotate di schermi (display), il cui grado di luminosità non possa essere modificato o possa esserlo soltanto in misura limitata. Strumenti: monitoraggi, misure sperimentali e simulazioni numeriche In questa sezione vengono fornite le basi conoscitive fondamentali inerenti la messa a punto di protocolli di campagne di monitoraggio, set-up per le misure sperimentali e


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gli strumenti impiegati, nonché i metodi specifici di misura e campionamento ai sensi della normativa vigente. Vengono poi definiti gli approcci di modellazione solido-architettonica del sistema edificio-impianto e di simulazione dinamica per lo studio delle prestazioni termofisiche ed energetiche e di soluzioni impiantistiche efficienti ed efficaci. Particolare attenzione è poi dedicata anche ai metodi di simulazione della luce, naturale ed artificiale, e soluzioni di illuminazione in regime transiente. Microclima e termofisica Una mirata diagnosi relativa alle condizioni microclimatiche ed alla contaminazione biologica ambientale ed all’esposizione ai diversi tipi di contaminanti negli ambienti indoor, sia nei riguardi di materiali, oggetti/opere che degli utenti/fruitori, rappresenta la premessa fondamentale per la valutazione e la gestione del rischio microclimatico e microbiologico. L’attenzione per la tematica del ‘rischio biologico’ è emersa ormai da tempo perché strettamente connessa all’analisi delle condizioni termoigrometriche dell’ambiente, e ad esempio nel settore dei beni culturali è stata sancita dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali nell’Atto di indirizzo sui criteri tecnico-scientifici e sugli standard di funzionamento e sviluppo dei musei. Anche il D.Lgs. n. 81/2008 comprende la valutazione e la prevenzione dei rischi da microclima e di qualità dell’aria come ventilazione ed agenti biologici negli ambienti e differenti zone per differenti attività lavorative. Negli ambienti indoor, varie sono le fonti di contaminazione di natura biologica: la presenza dell’uomo che rappresenta una delle più importanti sorgenti di contaminazione, attraverso la dispersione di microrganismi in particolare da cute, apparato pilifero, apparato respiratorio gli impianti di ventilazione e condizionamento dell’aria in caso di mancata o scarsa manutenzione; la presenza di insetti o altri animali. Le particelle biologiche possono provenire anche dall’esterno, trasportate dall’aria attraverso porte e finestre, oppure possono essere introdotte da materiali contaminati. I microrganismi possono trovarsi nell’aria come singole cellule o spore batteriche, spore fungine, virus, aggregati di cellule, spore e virus, oppure possono essere trasportati da particelle di diversa natura, come, ad esempio, frammenti di pelle e capelli, polvere, detriti, ecc. Le particelle biologiche aerodisperse possono sedimentare sulle superfici a velocità diverse in base alle loro dimensioni; se trovano favorevoli condizioni nutrizionali e ambientali, possono sopravvivere e moltiplicarsi e diventare responsabili del biodeterioramento dei materiali, con ingenti danni e spese economiche per operazioni di disinfezione, sanificazione/bonifica degli ambienti ed interventi di ristrutturazione, recupero e restauro.

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L’insieme dei dati e delle informazioni vengono raccolte attraverso il monitoraggio biologico ambientale e microclimatico che prevede le seguenti fasi di indagine sperimentale: • campionamento microbiologico dell’aria • campionamento microbiologico delle superfici • campionamento particellare dell’aria • monitoraggio microclimatico Queste fasi permettono di fornire una ‘fotografia’ delle condizioni dell’ambiente e dei materiali/oggetti in esso contenuti. I risultati ottenuti consentono di descrivere la presenza dei contaminanti biologici, associata ai valori dei parametri fisici ambientali. La conoscenza della distribuzione e variazione nel tempo dei parametri microclimatici, nonché dei loro effetti sui manufatti, può essere dedotta sia attraverso il post-processing dei dati sperimentali misurati, ma va tenuto presente che questi sono sempre valori puntuali, pertanto è soprattutto per mezzo della simulazione termo-fluidodinamica computazionale (CFD), applicata su modelli tridimensionali dell’ambiente e sviluppata in regime transitorio, che si può avere una mappatura termica ed igrometrica, nonché mappe di dispersione e diffusione dei contaminanti. La CFD con approccio multifisico consente di ottenere modelli previsionali oltre che lo sviluppo e la distribuzione, nel tempo e nello spazio, dei parametri termofisici, termoigrometrici e biologici. Le misure sono sempre costose ed invasive, richiedono l’utilizzo di strumenti e strumentazione spesso molto costosi nonché un significativo tempo di rilevazione. Nell’ambito dell’edilizia esistente ed in particolare di quella storica, le campagne di monitoraggio (specie di tipo climatico) vanno condotte per periodi di tempo piuttosto lunghi e continuativamente. La CFD-multifisica con tecniche agli elementi finiti oppure ai volumi finiti e risoluzione in regime stazionario e/o transitorio, applicata in campi molto diversi, è stata recentemente introdotta anche nel settore dei sistemi edilizi ed impiantistici di nuova progettazione, esistenti, storici ed appartenenti ai beni culturali. Numerosi sono i software che risolvono le equazioni della termo-fluidodinamica. L’applicazione della CFD finalizzata al controllo del microclima in ambienti sociali e di lavoro, ma anche di conservazione, a diversa destinazione d’uso, come uffici, scuole, biblioteche, archivi o musei, permette di disporre di informazioni legate alla distribuzione della pressione, velocità, temperatura, dei flussi di calore sensibile e latente in ambiente valutandone per ognuno i valori puntuali, medi, minimi, massimi, sia per superfici che per volumi solidi. Si ottiene una distribuzione spaziale e temporale dei parametri climatici (temperatura, umidità relativa, velocità dell’aria) interni e la loro variazione in funzione del comportamento termo-fisico dell’involucro edilizio e degli impulsivi e casuali carichi termici sensibili e latenti


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eventualmente dovuti alla presenza di persone e/o visitatori o di particolari impianti. È possibile ottenere anche la distribuzione dei contaminanti biologici e particellari in funzione del tempo e delle dimensioni ed organizzazione funzionale dello spazio. I fenomeni fisici coinvolti sono così chiaramente visibili, nelle loro evoluzioni e trasformazioni temporali (simulazioni semistazionarie e transitorie), attraverso risultati graficizzati con iso-linee, isosuperfici, rappresentazioni vettoriali, linee di flusso, mappe termiche e di umidità, campi di moto, campi di variazione di concentrazione dei contaminanti che descrivono nel tempo e nello spazio i loro andamenti. Il microclima è rappresentato dai parametri fisici ambientali che influenzano gli scambi di massa e di energia e la sua analisi consente di individuare le condizioni per una corretta ventilazione e rinnovo dell’aria, e quindi per garantire benessere termoigrometrico o meglio, condizioni di accettabilità dell’ambiente per la maggior parte degli occupanti. Il concetto di benessere termoigrometrico è molto ampio e complesso e possiede aspetti sinergici in quanto strettamente connesso alle condizioni di benessere visivo (illuminotecnico) e di qualità dell’aria, nonché benessere acustico. I materiali edili, gli oggetti oltre che le persone hanno specifiche condizioni di benessere, ovvero intervalli di valori dei parametri differenti, entro cui devono trovarsi appunto i parametri fisici connessi, per garantire sostenibilità ambientale, well-being qualità d’uso dell’energia, ma anche tutela e sicurezza della salute assieme ad una corretta conservazione. Il raggiungimento o la persistenza di valori diversi da quelli che rientrano nei campi di benessere per i materiali, gli oggetti e le persone, producono danni sul lungo periodo. In particolare, brusche variazioni o fluttuazioni improvvise di questi valori nel breve periodo, dell’ordine di giorni, possono indurre alterazioni spesso irreversibili. Tenendo presente, infatti, che qualsiasi oggetto tende col tempo ad entrare in equilibrio con l’ambiente circostante, è soprattutto l’entità e la velocità dello spostamento da tale equilibrio ad accentuare le irreversibilità come ad esempio i processi di degrado e deterioramento. Non esiste un livello ideale di temperatura e umidità relativa per tutti i tipi di materiale, ma solo intervalli di valori che riducono al minimo gli specifici tipi di alterazione e irreversibilità. Si devono evitare soprattutto forti oscillazioni o variazioni cicliche di temperatura e umidità relativa che provocano maggiori danni rispetto a valori costantemente elevati. Tanto per fare un esempio, ogni 10°C di aumento della temperatura, la velocità di reazioni di degradazione chimica in materiali tradizionali di biblioteche ed archivi, come legno e carta, raddoppia. Viceversa, ogni 10°C di diminuzione, la velocità si dimezza. Il caldo accompagnato da bassa umidità relativa porterà eventualmente all’inaridimento e all’infragilimento di materiali. Il caldo accompagnato da umidità relativa elevata favorisce lo sviluppo

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di muffe e crea un ambiente propizio per animali infestanti, batteri, funghi ed insetti. Il freddo (temperatura inferiore a 10°C) accompagnato da elevata umidità relativa e scarsa circolazione d’aria determinerà umidità e sviluppo di muffe, come proliferazione di spore e virus. Le sostanze organiche sono tutte igroscopiche. Quindi i materiali si espandono e si contraggono come crescono e calano i livelli di umidità. Una umidità relativa compresa tra il 55 e il 65% rende minimo il danno meccanico dal momento che i materiali conservano la loro flessibilità. Un’umidità relativa costantemente al di sopra del 65% può provocare ad esempio, sia nel materiale cartaceo tradizionale che in quello moderno, un ammorbidimento delle colle con perdita della loro forza adesiva. Al di sopra del 70% di umidità relativa gli attacchi biologici sono seriamente probabili anche a bassa temperatura. In zone con scarsa circolazione dell’aria e mancanza di una ventilazione meccanica controllata, l’umidità relativa non dovrebbe superare il 60%; inoltre, anche quando c’è una buona ventilazione, l’umidità relativa non dovrebbe superare il 65% allo scopo di evitare lo sviluppo di muffe. Una umidità relativa bassa (sempre inferiore al 40%) riduce al minimo le alterazioni chimiche, ma può provocare restringimento, irrigidimento, rottura e infragilimento dei materiali. Per disegnare una mappa di contaminazione microbica ambientale è fondamentale associare al monitoraggio dell’aria e delle superfici, il rilevamento dei parametri microclimatici che possono influenzare la presenza di biodeteriogeni. Il rilevamento dei parametri fisici attraverso un monitoraggio microclimatico associato a campagne di campionamento dei contaminanti biologici, permette di verificare situazioni di rischio poste dalle condizioni ambientali rispetto allo sviluppo delle particelle biologiche aerodisperse, opportunamente valutate con specifiche analisi quantitative e qualitative. Un ambiente è a rischio dal punto di vista fisico quando la tendenza a giungere all’equilibrio delle componenti del sistema avviene attraverso scambi repentini provocati dai gradienti dei parametri di stato. Il rischio, infatti, non è legato necessariamente ai valori assoluti dei parametri, ma alla rapidità di evoluzione nel tempo, per cui condizioni elevate di umidità relativa potrebbero non destare preoccupazione se tali condizioni fossero raggiunte in tempi di scala correlati ai vari passaggi stagionali. Al contrario, dal punto di vista biologico, i valori assoluti dei parametri termoigrometrici dell’ambiente in cui un oggetto/materiale/opera si colloca diventano un fattore determinante. Ogni specie biologica, infatti, possiede un minimo e un massimo ecologico rispetto ai parametri ambientali che ne condizionano la crescita. Tali valori definiscono l’intervallo di sopravvivenza della specie, nel cui ambito è possibile individuare il valore ottimale di sviluppo (optimum ecologico). Il valore al di sotto ed al di sopra di questo intervallo viene definito


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come limite di soglia che si identifica con l’inibizione della crescita del microrganismo. La conoscenza di tale valore, diverso fra i vari organismi, risulta di estrema utilità nella prevenzione del degrado biologico. Fra i parametri ambientali di tipo fisico condizionanti lo sviluppo biologico, i più importanti sono: acqua, temperatura e luce. L’acqua risulta un elemento costitutivo fondamentale per tutti gli organismi ed è indispensabile per le attività metaboliche cellulari. La richiesta di acqua varia più o meno sensibilmente a seconda che si tratti di organismi igrofili o xerofili, che richiedono rispettivamente un elevato o basso tenore di acqua nel substrato. Il tenore idrico del substrato è quindi sempre più o meno fortemente condizionante; in assenza di apporto diretto, è condizionato dai valori di umidità relativa dell’aria e da alcune caratteristiche del substrato, quali la porosità e l’igroscopicità. La temperatura influenza la cinetica delle reazioni chimiche e l’attività enzimatica del metabolismo, oltre che lo stato fisico dei principali componenti cellulari. Nel range di variabilità delle capacità metaboliche e di adattamento dei vari organismi si possono verificare diverse condizioni: gli organismi psicrofili sono capaci di svilupparsi a temperature vicine allo 0°C, quelli termofili si possono sviluppare anche a temperature superiori ai 60°C. La luce infine condiziona lo sviluppo degli organismi fotosintetizzanti che richiedono condizioni più o meno elevate di irraggiamento per poter esplicare le loro attività metaboliche. Tuttavia, bisogna ricordare che non sempre le condizioni ottimali per inibire lo sviluppo biologico indesiderato sono ottimali anche dal punto di vista delle proprietà fisico-meccaniche dei materiali, soprattutto se si tratta di manufatti di origine organica come moltissimi materiali presenti all’interno degli edifici. Lo ASHRAE Standard 62_2001 e l’Addendum ANSI/ASHRAE 2003 evidenziano la necessità di impianti HVAC per il controllo microclimatico e la qualità dell’aria (IAQ) premessa base per ridurre il rischio microbiologico. Tant’è che la ventilazione meccanica (portata d’aria, numero di ricambi orari) viene valutata in riferimento al parametro efficienza di ventilazione che rimanda ai requisiti di IAQ valutati rispetto i principali indici internazionali facendo quindi riferimento a misure microbiologiche (campionamenti attivi e passivi dell’aria) e di superficie con tecniche IMA cioè dedicate alla valutazione dell’Indice Microbico dell’Aria e misure microclimatiche. Nello specifico il campionamento microbiologico dell’aria viene solitamente effettuato con il metodo attivo, per misurare la concentrazione di particelle coltivabili nell’aria, e con il metodo passivo, come stima del tasso di sedimentazione delle particelle coltivabili sulle superfici. In particolare, il campionamento microbiologico delle superfici è condotto con una tecnica non distruttiva e non invasiva, utilizzando membrane di nitrocellulosa per la determinazione dell’Accumulo Microbico (AM) e l’Adesione Microbica Oraria (AMO). L’AM esprime la quantità di unità formanti colonia per decimetro

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quadrato di superficie (ufc/dm2) che si è accumulata in un tempo precedente non noto, ed è espressione del grado di contaminazione della superficie al momento del campionamento. La membrana viene pressata sulla superficie in esame almeno per 20 secondi e successivamente trasferita su piastra Petri contenente terreno di coltura. L’AMO esprime la quantità di ufc/dm2 che si deposita su una determinata superficie in un’ora e viene determinata lasciando la membrana di nitrocellulosa esposta sulla superficie per un’ora e quindi trasferita su terreno di coltura. Il controllo microclimatico dell’ambiente si basa su una campagna in continuo di misure stratigrafiche ed altimetriche di temperatura e umidità relativa, velocità dell’aria, temperatura media radiante, variazioni di pressione in zone specifiche e temperature superficiali in relazione a quanto riportato nella UNI EN 15758:2010. Gli strumenti utilizzati nella campagna di misura del microclima sono di solito collegati ad centralina di acquisizione basata su trasmissione dati via onde radio (sistema master RLog). I sensori impiegati sono i seguenti: sonde anemometriche a filo caldo; sonde termocapacitative per temperatura ed umidità relativa; sonde barometriche differenziali; termoglobotermometro. Spesso viene condotta contemporaneamente una rilevazione con mappatura termica delle superfici per mezzo della termocamera ad infrarosso FLYR e termoresistenze di contatto per la misura delle temperature superficiali locali. Luce ed Illuminazione La verifica della qualità luminosa di un ambiente e dei possibili connessi fattori ‘di rischio’ è effettuata mediante la rilevazione delle grandezze termofisiche, fotometriche, radiometriche, ottiche e colorimetriche, nonché il calcolo di indici rappresentativi delle condizioni di benessere visivo, confrontando poi i risultati con valutazioni a carattere soggettivo sul grado di soddisfazione espresso dagli utenti. Tali verifiche fanno riferimento a norme specifiche quali la UNI 10380, UNI EN 12464-1 e la UNI 10530: definiscono le caratteristiche degli strumenti e le procedure di misura, per condizioni di luce naturale ed artificiale, in relazione alle dimensioni ed alle tipologie degli ambienti. In particolare, utilizzando il luxmetro è possibile giungere alla determinazione dei seguenti indici: livello di illuminamento puntuale e medio riferito ad una superficie piana, cilindrica o semicilindrica; uniformità di illuminamento; fattore puntuale e medio di luce diurna, relativo alla sola componente di luce naturale. Per la misura dell’illuminamento in ambienti privi di arredi si impiega un reticolo di misura che divide la planimetria dell’ambiente in più zone le cui dimensioni dipendono dall’ampiezza della superficie illuminata, dalla precisione di misura desiderata e dalla disposizione geometrica degli apparecchi


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illuminanti nel caso di illuminazione artificiale. La fotocellula del luxmetro viene posizionata al centro di ogni maglia ottenendo n valori di illuminamento per n punti di misura. L’illuminamento medio risulta la media aritmetica dei valori degli illuminamenti misurati e l’uniformità di illuminamento è data dal rapporto tra illuminamento minimo risultante dal reticolo di misura e illuminamento medio precedentemente calcolato. Per il fattore medio di luce diurna, è opportuno che ogni valore di illuminamento misurato all’interno dell’ambiente sia contemporaneamente rapportato al livello di illuminamento esterno: richiede quindi l’impiego di due teste fotometriche (una all’interno ed una all’esterno dell’ambiente). Utilizzando il luminanzometro si determinano i seguenti indici: distribuzione delle luminanze in ambiente; contrasti (rapporti) di luminanza relativi all’area operativa e circostante (superfici del compito visivo e dell’ambiente); indici di abbagliamento. La luminanza è una grandezza vettoriale quindi se si vogliono effettuare misurazioni di luminanza nel campo visivo dell’osservatore, vanno considerati i punti di osservazione (‘mire occupazionali’) dalle postazioni di lavoro in cui si svolgono le attività più rappresentative. Il luminanzometro va posto nella direzione di osservazione che l’operatore assume alla propria postazione di lavoro, ad un’altezza corrispondente a quella degli occhi, rilevando, con una apertura del campo di misura adeguato, le seguenti luminanze: del compito visivo; dello sfondo che contiene il compito visivo; delle zone periferiche circostanti al compito visivo; delle superfici verticali più lontane poste di fronte all’osservatore. Per la verifica dell’abbagliamento diretto dovuto agli apparecchi di illuminazione è necessario che l’apertura del campo di misura del luminanzometro (area sensibile entro la quale lo strumento calcola la luminanza media), sia uguale o minore della superficie di emissione oggetto della rilevazione. Il valore di luminanza da utilizzare per il rispetto alle norme viene calcolato usando la media di più misurazioni, effettuate in punti diversi della superficie di emissione dell’apparecchio di illuminazione considerato. Il colorimetro è uno strumento simile al luxmetro e permette di determinare le due coordinate cromatiche x e y della luce emessa da una sorgente e di misurarne l’illuminamento generato. Utilizzando il colorimetro si determinano gli indici, relativi agli aspetti cromatici della luce: coordinate tricromatiche; temperatura di colore correlata. Per caratterizzare il colore di una superficie o di una sorgente si utilizzano lo spettrofotometro e lo spettroradiometro. Sono strumenti che richiedono metodi di misura piuttosto complessi ma permettono di determinare le coordinate tricrometriche RGB delle superfici e la loro caratterizzazione per diffusione e riflettanza. Pertanto, a partire dal modello/spazio colore RGB è poi possibile ottenere le coordinate tricromatiche L* u* v* e le relative curve di riflettanza inerenti diverse parti della stessa superficie studiata in funzione delle lunghezze d’onda dello spettro visibile. Nel condurre una campagna di misure illuminotecniche bisognerebbe tener conto sia dei danni

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e dei rischi per la salute che una scorretta illuminazione può arrecare facendo attenzione a controllare la distribuzione delle radiazioni UV e del colore blue della luce (‘Blue Light Hazard’ CIE 138/2000 Photobiology and Photochemistry, CIE S 009/E 2002 Photobiological safety of lamps and lamp systems), sia i rischi di fotodegrado di tipo chimico, fisico e biologico. I sistemi di illuminazione artificiale vanno scelti in base al sistema visivo e alla sensibilità dell’occhio umano per la qualità della visione e percezione, nonché per il risparmio energetico, controllando quindi i valori degli indici energetici come il LENI (Light Numeric Indicator) ed ergonomici come l’indice ELI (Ergonomic Light Indicator). Va tenuto presente che ogni persona dovrebbe essere esposta a luce circadiana nei periodi di attività, ma in quelli di riposo in assenza di luce circadiana: questo permette di massimizzare le prestazioni degli stessi operatori migliorando anche il benessere e la salute (effetti positivi sull’umore e sul sistema immunitario). Solitamente si segue la fotometria colorimetrica versus la circadiana e ciò comporta un efficace controllo della temperatura di colore della luce e dello spettro di emissione: ciò influisce sulla qualità della percezione visiva e sulla variazione della produzione di onde alfa cerebrali; una temperatura di colore di 3000 K provoca un aumento di onde alfa e sonnolenza, a 5000 K (presenza di luce fredda cioè 460 nm di lunghezza d’onda) si ha forte diminuzione di onde alfa. La luce regola la produzione della melatonina (viene bloccata con forte aumento dell’intensità e con luci con temperatura di colore superiore a 4000 K; il suo abbattimento risulta quindi maggiore per luci con corte lunghezza d’onda e con un massimo a 446 nm), ma è in grado anche di modificare il ritmo sonno-veglia. Le misure illuminotecniche prevedono prima di tutto la decisione e definizione di un protocollo di campionamento e misure su campo ripartito in fasi spaziali e temporali, l’individuazione e scelta degli strumenti di misura e loro classificazione per caratteristiche tecniche e quindi la realizzazione in situ delle rilevazioni dei parametri garantendo ripetitività della misura, affidabilità e sequenzialità. Il problema principale concerne la misura della luce naturale stante il suo carattere dinamico e mutevole nel tempo e in relazione al contesto climatico nonché alle caratteristiche del cielo locale. Generalmente anche nel settore illuminotecnico si privilegia la tecnica del monitoraggio continuo e dinamico via wireless con soluzioni di minima invasività, reversibilità, facile mobilità ed adattività all’ambiente. Ci sono tre fondamentali tipi di misure: misure finalizzate alla caratterizzazione delle superfici e/o diversi materiali; misure finalizzate alla caratterizzazione ed individuazione dei diversi corpi illuminanti; misure finalizzate alla descrizione del clima luminoso. Le misure sperimentali per la caratterizzazione delle diverse superfici e dei corpi illuminanti prevedono le seguenti fasi:


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• Definizione ed attribuzione delle caratteristiche fisiche, termo fisiche ed ottiche delle superfici (indagini comparative da letteratura tecnica in materia, rilievi diretti ed anche fotografici). • Attribuzione dei colori alle superfici: misure con spettrofotometri ad orientamento orizzontale e verticale in riflettenza e trasmissione (considerando la radiazione speculare diffusa inclusa ed esclusa). • Caratterizzazione dei corpi illuminanti esistenti: analisi comparative da letteratura tecnica, misure dirette con luminanzometri per il rilievo della sorgente e della luce riflessa; utilizzo di colorimetri digitali a luce incidente per misure di LED e di diverse sorgenti in termini di illuminamento e di cromaticità. In generale, le misure di illuminamento e di luminanza in ambiente confinato vengono realizzate conducendo i seguenti processi: • Definizione dell’obiettivo della misura e delle sue fasi spaziali e temporali. • Definizione e tracciamento di griglie di misura sperimentale ai sensi della normativa vigente e loro adattamento alla forma e dimensioni dell’ambiente di studio. • Individuazione dei punti per misure spot su superfici/piani orizzontali e verticali anche di oggetti e/o arredi, al di fuori delle griglie, particolarmente significativi e rappresentativi. • Definizione e messa a punto di una procedura metodologica pratica per la realizzazione di misure rapide secondo uno schema chiaro e ripetuto allo scopo di ridurre l’errore della misura. • Condizioni di misura: solo luce naturale, solo luce artificiale, combinazione di luce naturale con quella artificiale. Per la sola luce naturale ed in combinazione con quella artificiale è necessario stabilire i tempi di misura, la ripetitività, e le fasi spaziali e temporali (ovvero in presenza o meno di occupanti per diversi profili temporali di utilizzo degli ambienti e chiaramente in diverse ore del giorno). L’individuazione delle fasi spaziali e temporali è cruciale per misure di luce naturale e nelle condizioni di combinazione con quella artificiale finalizzate alla caratterizzazione del clima luminoso presente in un ambiente. La raccolta dei dati è quindi fondamentale anche nell’ottica di una nuova illuminazione e riguardano: • Il rilievo diretto dell’ambiente e la restituzione in formato digitale (piante, sezioni, prospetti in formato cartaceo e digitale). • descrizione e dimensioni dei componenti dell’ambiente (finestre, porte, balconi, cornici, controsoffittature), • descrizione e dimensioni degli arredi e degli oggetti amovibili,

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• descrizione e dimensioni degli oggetti/opere presenti: classificazione in base alla fotosensibilità dei materiali costituenti • classificazione dei materiali presenti per caratteristiche termo fisiche, ottiche, fotometriche e colorimetriche • formato cartaceo e/o digitale degli schemi delle reti elettriche, con cavi, attacchi, cablaggi e centraline, nonché posizionamento delle luci di emergenza • individuazione della eventuale presenza di sensori e sistemi di regolazione del flusso luminoso dei corpi illuminanti artificiali e loro classificazione • rilevazione di eventuali sistemi di schermatura delle finestre di tipo manuale o regolato in funzione dell’intensità della luce naturale entrante • dati e informazioni sui corpi illuminanti presenti in ambiente per geometria, dimensioni, posizionamento angoli di puntamento e loro caratteristiche ottiche, colorimetriche e fotometriche. Insieme alle misure su campo finalizzate alla caratterizzazione ottico, fotometrica e colorimetrica dei diversi materiali e delle superfici, spesso è utile fare riferimento sia a studi storici-bibliografici per la comprensione dello spazio, del luogo e della forma architettonica, che alle evidenze di letteratura. Ricerche mirate su fonti di letteratura e cataloghi tecnici in relazione alle caratteristiche delle lampade presenti (sorgenti ed ottiche secondarie) consentono ad esempio, di risalire alle seguenti caratteristiche fotometriche: flusso luminoso, temperatura di colore, curva fotometrica. Va tenuto presente che molti corpi illuminanti non sono mai gli stessi per le diverse zone dello stesso edificio, sia per tipo di sorgente sia in riferimento al progetto originario, perché nel corso del tempo sono stati sostituiti, o perché interamente modificata la tecnica di sospensione locale e l’ottica secondaria. Modellazione e simulazione numerica Va prima di tutto chiarito che un modello è una rappresentazione mentale (logico cognitiva) di un fenomeno reale ed è ben distinto dal fenomeno stesso. Può essere qualitativo, semiquantitativo, quantitativo, ma fondamentale è la conoscenza del fenomeno fisico che si vuole rappresentare e i suoi legami con altre fisiche e condizioni al contorno. La maggior parte dei modelli fisici specie della luce e dell’illuminazione, fa parte di quest’ultima categoria in quanto modelli espressi attraverso il linguaggio matematico. Preliminare alla costruzione di un modello è la scelta delle grandezze significative. Il modello o rappresentazione fisica della realtà dipende dalla scelta di che cosa osservare e misurare, e quindi di come misurarlo. Per costruire il modello viene preliminarmente stabilita


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una corrispondenza tra i costituenti del sistema ed uno schema autoconsistente di grandezze che esprimono i legami tra le sue diverse parti, le loro connessioni, e le connessioni del sistema con l’ambiente e quindi le condizioni al contorno. Ci sono due fondamentali tipi di modellazione. Si può fare un modello numerico di simulazione utilizzando direttamente i dati sperimentali e quindi questo implica un processo di calibrazione. In questo caso il modello di simulazione vale solo per il caso studio. Si può fare un modello numerico di simulazione, basato sulla conoscenza delle leggi fisiche espresse da equazioni numeriche poste a supporto e definite in funzione di corrette e connesse condizioni al contorno e quindi questo implica un processo di validazione. In questo caso il modello di simulazione, una volta validato, può essere applicato a casi simili e compatibili con opportune modifiche, adeguamenti e integrazioni. Qualsiasi modello numerico di simulazione in regime stazionario o transitorio deve essere validato e calibrato. Ciò comporta la realizzazione delle seguenti fasi: • confronto ed analisi dei valori ottenuti dalle misure sperimentali con quelli calcolati/simulati per i corrispondenti giorni e punti di misura (valori puntuali, media, mediana, massimo, minimo); • calcolo dell’errore (scostamento tra dato misurato e calcolato, deviazione standard, test del Chi-Quadro, errore percentuale) e correzione/validazione del modello; • eventuali nuove simulazioni in funzione della calibrazione e correzione. Nuova analisi dei risultati e calcolo dell’errore; • simulazioni ottenute da modello numerico validato e calibrato, definito robusto, accurato e affidabile. Microclima e termofisica Gli effetti sul microclima interno, e conseguentemente sulla conservazione ed i rischi di deterioramento o degradazione dovuti alla complessa sinergia tra inquinanti, umidità relativa, temperatura dell’aria, luce e radiazioni UV, non possono essere valutati sulla base della sola analisi delle misure sperimentali, per quanto approfondita ed ampia, perché inerenti a valori puntuali di parametri individuali, misurati in punti specifici dell’ambiente sia a livello altimetrico che stratigrafico. Una conoscenza della distribuzione e variazione nel tempo dei parametri microclimatici, nonché dei loro effetti globali sui materiali, può essere dedotta solamente attraverso una simulazione termo-fluidodinamica computazionale, applicata su un modello tridimensionale dell’ambiente e sviluppata in regime transitorio. La fluidodinamica e termo-fluidodinamica computazionale (CFD) è applicata oggi in moltissimi campi anche molto diversi, come ad esempio il settore degli impianti di ventilazione e climatizzazione, per studi di microclima in ambienti confinati, in aeronautica, nel settore

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sportivo, per la costruzione di turbine, nel settore automobilistico e navale, nel settore del controllo ambientale, nel settore biomedico. Esistono oggi numerosi software di tipo commerciale che risolvono le equazioni della fluidodinamica. Tra i più noti troviamo CFX, Fluent, KIVA, NUMECA, Phoenics, STAR-CD. Alcuni in particolare come quello da noi utilizzato, COMSOL Multiphysics basato sul metodo FEM ovvero agli elementi finiti, consentono di accoppiare fisiche diverse come il cambiamento di fase, lo studio delle variazioni di pressione e temperatura dell’aria e dei mezzi materiali, la meccanica strutturale e anche l’acustica, alla fluidodinamica. Il moto di un fluido, considerato continuo omogeneo, è governato, in normali condizioni di temperatura e pressione, dalle equazioni di Navier-Stokes, le quali traducono in un sistema di equazioni differenziali alle derivate parziali (PDE) le leggi non lineari fondamentali di conservazione della massa, della quantità di moto e dell’energia. Una simulazione CFD-FEM Multifisica finalizzata al controllo del microclima in ambienti a diversa destinazione d’uso e in specie quelli a carattere sociale, come le scuole, le biblioteche, i centri direzionali-uffici, i centri commerciali, i centri sportivi, ma anche i sistemi museali o destinati ad archivi, biblioteche storiche e pozzi librari, presenta numerosi vantaggi poiché permette di disporre di informazioni legate alla distribuzione della pressione, velocità, temperatura, dei flussi di calore sensibile e latente in ambiente valutandone per ognuno i valori puntuali, medi, minimi, massimi, sia per superfici che per volumi solidi. È possibile dunque avere la distribuzione spaziale e temporale dei parametri climatici (temperatura, umidità relativa, velocità dell’aria) all’interno di un ambiente e la loro variazione in funzione del comportamento termofisico dell’involucro edilizio e degli impulsivi e casuali carichi termici sensibili e latenti eventualmente dovuti alla presenza di persone e/o visitatori. I fenomeni fisici coinvolti sono così chiaramente visibili, anche nelle loro evoluzioni nel tempo (simulazioni semistazionarie e transitorie), attraverso risultati graficizzati con iso-linee, iso-superfici, rappresentazioni vettoriali, linee di flusso che descrivono nel tempo e nello spazio i loro andamenti. A tali simulazioni CFD-FEM sono connesse problematiche realizzative, di impostazione dei modelli solidi tridimensionali degli spazi e degli elementi/componenti, delle equazioni numeriche di governo, come inevitabili approssimazioni geometriche nella costruzione dei modelli fisici, incertezza sui dati di input, necessità di prototipi sperimentali in scala che permettano, attraverso misure sperimentali, una taratura ed un controllo dei risultati ottenuti dai modelli numerici. Tali operazioni richiedono comunque macchine di calcolo con elevate capacità di memoria e tempi computazionali talvolta, specie per simulazioni transitorie, anche piuttosto lunghi.


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In particolare, i modelli CFD forniscono una visione dettagliata dei fenomeni di termo-fluidodinamica e risultano i più accurati nella simulazione di tali fenomeni su intervalli di tempo ridotti. Per questo motivo possono essere definiti fine models. Tuttavia, alla grande accuratezza delle informazioni ottenute si contrappongono alcuni svantaggi: • l’incertezza delle condizioni al contorno, poiché questi modelli devono presupporre una serie di condizioni al contorno provenienti da misurazioni, prove sperimentali, dati provenienti da un software multi-zona oppure, in assenza di questi, dati ottenuti da studi parametrici che forniscano una casistica del fenomeno; • i risultati richiedono spesso un tempo significativo, sia riguardo all’ingente costo computazionale per risolvere le equazioni, risorse di calcolo di RAM e prestazioni della macchina (PC e/o workstation) sia riguardo la creazione del modello e l’interpretazione degli stessi. La fluidodinamica e termo-fluidodinamica computazionale, applicate in campi molto diversi, sono state recentemente introdotte nel settore edilizio ed in particolare quello storico esistente e dei beni culturali. Numerosi sono i software che risolvono le equazioni della fluidodinamica. Le simulazioni numeriche finalizzate al controllo del microclima in ambiente permette di disporre di informazioni legate alla distribuzione della pressione, velocità, temperatura, dei flussi di calore sensibile e latente in ambiente valutandone per ognuno i valori puntuali, medi, minimi, massimi, sia per superfici che per volumi solidi. Si ottiene una distribuzione spaziale e temporale dei parametri climatici (temperatura, umidità relativa, velocità dell’aria) all’interno dello spazio, differentemente organizzato e ripartito anche geometricamente, cioè in relazione ai sotto-volumi di controllo, la loro variazione in funzione del comportamento termo-fisico dell’involucro edilizio, delle forzanti esterne e degli impulsivi e casuali carichi termici sensibili e latenti dovuti alla presenza di persone e/o visitatori. I fenomeni fisici coinvolti sono così chiaramente visibili, anche nelle loro evoluzioni nel tempo (simulazioni semistazionarie e transitorie), attraverso risultati graficizzati con iso-linee, iso-superfici, rappresentazioni vettoriali, linee di flusso che descrivono nel tempo e nello spazio i loro andamenti. In particolare, per calcolare il percorso e le traiettorie di piccole particelle nel flusso d’aria all’interno di un ambiente viene impiegato il metodo noto come particle tracing post-processing che può essere applicato una volta risolto il modello di termo fluidodinamica computazionale (CFD) basato sull’approccio agli elementi finiti (FEM). Questo metodo si basa sul presupposto che il movimento delle particelle non influenza il campo di moto dell’aria, ma ne è influenzato. Le traiettorie e la diffusione delle particelle nel volume d’aria dell’ambiente studiato, con diametro da valori inferiori ad 1 μm fino a 4 μm, possono quindi essere valutati trascurando dimensione e peso proprio e quindi il vettore verticale della velocità. Considerando che le forze che agiscono su una particella in un fluido

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come l’aria interna sono la forza di resistenza, la forza di galleggiamento e la forza di gravità, il metodo particle tracing post-processing può direttamente essere applicato tenendo conto che la forza di trascinamento rappresenta la forza esercitata da un fluido su una particella a causa di una differenza di velocità tra il fluido e la particella. Pertanto comprende la resistenza viscosa, la massa aggiunta, e il termine noto come Basset history. In generale il termine associato ad un corpo in moto dentro un fluido come forza di Basset, descrive la forza dovuta al ritardo di sviluppo dello strato limite con cambio brusco della velocità relativa (accelerazione) dei corpi in movimento attraverso un fluido. La forza di Basset tiene conto degli effetti viscosi e attribuisce il ritardo temporale nello sviluppo dello strato limite alla variazione relativa della velocità con il tempo. È noto anche come Basset history associando in questo modo al termine “storia” il ritardo temporale. La forza di Basset è difficile da implementare con opportune equazioni all’interno di una CFD; viene quindi comunemente trascurata anche per difficoltà di modellazione e per conseguenti tempi computazionali molto elevati, tuttavia, può essere sostanzialmente grande quando il corpo viene accelerato ad una velocità molto elevata. In effetti la modellazione di un oggetto solido in movimento all’interno di un fluido in movimento è alquanto complessa e rimanda sostanzialmente a due approcci metodologici di base per la sua risoluzione: modelli che assumono e rappresentano con opportune equazioni di governo, corpi solidi in movimento in fluidi in movimento, ma per i quali le caratteristiche termofisiche, fuidodinamiche del sistema fluido, non cambiano nello spazio e nel tempo causa dell’interazione con i cambiamenti termofisici, meccanici, chimici del corpo solido; modelli che assumono e rappresentano con opportune equazioni di governo, corpi solidi in movimento in fluidi in movimento, per i quali invece le caratteristiche termofisiche, fuidodinamiche del sistema fluido, cambiano nello spazio e nel tempo al variare dei parametri termofisici, meccanici, chimici del corpo solido. Fatto cruciale è che con i risultati delle simulazioni CFD-FEM, elaborati e/o utilizzati opportunamente per analisi e simulazioni successive, è possibile formulare modelli previsionali di rischio biologico e microclimatico al fine di fornire ai dirigenti e responsabili dei sistemi edificio-impianto, la capacità di gestione diretta e indiretta della conservazione del patrimonio ad essi affidato e di tutela della salute e sicurezza delle persone/utilizzatori/operatori. Luce ed Illuminazione La modellazione numerica della luce e dell’illuminazione deve essere prioritariamente impostata sulla separazione tra luce naturale e artificiale: nel primo caso, le variabili di calcolo sono fortemente influenzate dalle caratteristiche ottiche fotometriche e


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colorimetriche dei corpi illuminanti (sorgente ed ottica secondaria) nonché dai materiali che definiscono l’ambiente; nel secondo caso la radiazione solare come componente di illuminazione diretta dovuta al Sole e componente di illuminazione diffusa proveniente dal cielo, implicano modelli numerici molto complessi. Di fatto la componente diretta e diffusa variano ora per ora del giorno in funzione dell’altezza ed azimut del sole per località e quindi latitudine, in funzione delle effemeridi e dell’ora locale, del periodo/stagione dell’anno e del tipo di cielo preso come condizione al contorno (standard CIE coperto, sereno, intermedio). Indipendentemente dagli algoritmi impiegati, il calcolo della luce naturale comporta sempre errori significativi dovuti alle ipotesi ed approssimazioni su cui si basa la simulazione illuminotecnica. I risultati che si ottengono possono essere molto lontani dalle condizioni fisiche reali, ed i risultati dei livelli di illuminamento possono essere molto discordanti con quelli misurati negli stessi punti del modello virtuale. Se si aggiunge poi che la maggior parte dei software di simulazione illuminotecnica assumono per alcuni materiali opachi una riflessione perfettamente diffusa, quando nella realtà è prevalentemente semi-diffondente, si comprende bene l’errore cui si incorre. La maggior parte dei materiali innovativi come le pellicole basso emissive, i film olografici e fotocromici, materiali trasparenti particolari e semi-opalini, ma anche soluzioni tecnologiche edilizie come doppie pelli di vetro della Blue Technology, camini solari di luce, possono essere simulati solo con grandi approssimazioni e semplificazioni che comportano risultati spesso molto diversi dalla realtà. La maggior parte dei software commerciali, adotta per qualsiasi materiale e/o superficie l’ipotesi di comportamento perfettamente diffuso. È fuor di dubbio come la simulazione illuminotecnica transiente consenta di esulare dal costo ed invasività nonché complessità delle misure su campo, avendo anche il vantaggio per l’analisi del clima luminoso di un ambiente di grandi capacità di calcolo, per cui si possono simulare condizioni di combinazione tra luce naturale ed artificiale, geometrie molto complesse, ipotizzare scenari di luce molto differenti tenendo conto di modifiche geometriche e spaziali, nonché dei parametri illuminotecnici e dell’evoluzione nel tempo e nello spazio. Si ottengono due tipi di risultati: di tipo qualitativo cioè fotorealistico con rendering, che consente una visualizzazione realistica dell’oggetto; quantitativo, fotometrico, con post-processing e calcoli che consentono la determinazione delle grandezze fotometriche e di indici illuminotecnici ed energetici. Il principio di funzionamento dei programmi di calcolo computerizzato si basa su algoritmi di calcolo che tengono conto solo dell’illuminazione diretta, trascurando l’effetto delle inter-riflessioni tra le superfici e corpi illuminanti. Gli algoritmi si basano su due fondamentali modelli: il modello di illuminazione locale, algoritmi di primo ordine che considerano la riflessione della luce sugli oggetti, e quindi l’illuminazione diretta e la prima riflessione sulle superfici; il modello di

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illuminazione globale, algoritmi che tengono conto delle riflessioni multiple tra le superfici e permettono di ottenere gli effetti per la percezione dell’ambiente. In particolare, i modelli di illuminazione locale non sono in grado di riprodurre l’illuminazione indiretta e le riflessioni del secondo ordine, e quindi utilizzano la nota ‘luce ambiente’, ovvero di un valore di illuminamento costante e fissato dall’utente, che viene sommato su ogni superficie. Le restituzioni fotorealistiche ottenute da questi modelli noti come ‘motori di rendering’ sono basate esclusivamente sull’illusione. I modelli ottenuti con gli algoritmi di illuminazione globale quali ray tracing e radiosity permettono di ottenere fenomeni di riflessioni multiple e conseguenti effetti per i quali certe superfici risultano brillanti o patinate, alcune si comportano come specchi, altre bloccano la luce e proiettano ombre; altre come superfici matte cioè contemporaneamente riflettenti e diffondenti, altre perfettamente trasparenti. Alcuni programmi usano in combinazione algoritmi ray-tracing e radiosity. Generalmente il grado di precisione, l’affidabilità del modello è inversamente proporzionale ai tempi di calcolo. I modelli di illuminazione globale possono essere implementati secondo tre metodologie (o algoritmi di calcolo): ray tracing, radiosity e photon mapping. Ray tracing, come dice il nome, ha come aspetto dominante la simulazione di tutti i fenomeni di riflessione speculare; radiosity simula fenomeni di inter-riflessione diffusa, permette di ottenere dati quantitativi precisi e grafici a mappe o isolinee dei parametri illuminotecnici, calcolando i livelli medi di energia luminosa presenti sulle superfici; photon-mapping, permette la simulazione dell’emissione di raggi di luce collimati, fasci di fotoni appunto, spesso usato in computer grafica per simulare realisticamente l’interazione della luce con differenti oggetti, e la rifrazione della luce attraverso sostanze trasparenti come il vetro o l’acqua, riproducendo le riflessioni che si formano tra oggetti illuminati ed effetti causati da particelle come il fumo o il vapore acqueo. Sono molti i software per la simulazione della luce e dell’illuminazione, dei quali alcuni anche messi a disposizione da parte dei maggiori produttori di lampade e quindi scaricabili gratuitamente da rete. Ne analizziamo alcuni, quelli maggiormente diffusi e conosciuti in materia. Radiance è quello più accreditato a livello internazionale. Esso è disponibile gratuitamente, può essere integrato ad altri software (Autocad, Adeline, etc.) o usato indipendentemente. È di fatto un valido strumento di ricerca, fornisce risultati accurati e affidabili sugli effetti della luce, impiegando tecniche di Monte Carlo backward ray tracing. Radiance è dotato di un complesso e robusto motore di rendering tanto che consente di ottenere risultati numerici validi e di misurare su sistemi di sensori virtuali del modello, simulare e progettare reali configurazioni di illuminazione. Grande versatilità


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e precisione di Radiance contro una notevole complessità d’uso, di apprendimento e gestione dei file. Altro software molto conosciuto è Adeline, a pagamento, che usa una versione di windows per Radiance, fornisce risultati illuminotecnici ed energetici. Lightscape, a pagamento, dedicato solo al calcolo illuminotecnico, quindi calcola puntualmente la componente diretta e riflessa della luce sia naturale che artificiale su qualsiasi superficie reale o immaginaria permettendo di inserire modelli architettonici tridimensionali non solo complessi ma con forme particolari o ottenute dalla combinazione di forme differenti. Microstation, a pagamento, è di fatto un CAD per lavorazioni tecniche e modellazioni grafiche, con il vantaggio che fornisce anche calcoli illuminotecnici e possibilità di simulare la dinamica solare. Mental ray-3D Studio Max oppure V-Ray-3D Studio Max, a pagamento, conduce simulazioni su base radiosity e raytracing con rendering fotorealistici su modellazione solida tridimensionale non solo dell’ambiente e/o materiali, oggetti e superfici ma anche delle sorgenti e delle ottiche secondarie. Genelux, gratuito, funziona attraverso il web per cui è necessario caricare sul sito il file del progetto e scaricare i risultati poiché le simulazioni vengono condotte sul server; usa tecniche di simulazione combinate (radiosity con ray tracing). Relux-professional, gratuito e commerciale, simula con algoritmi radiosity, luce naturale ed artificiale e loro compresenza. È però necessario che il progetto ovvero il modello tridimensionale solido-architettonico sia inserito in un luogo ‘reale’, in funzione della latitudine e la longitudine, almeno in relazione all’orientamento Nord, del giorno ed ora di analisi nonché del modello di cielo normalizzato CIE. Si possono usare solo due condizioni di cielo normalizzato CIE, sereno e coperto. Va poi scelto il livello di precisione dei calcoli in funzione dell’analisi illuminotecnica destinata a solo percentuale diretta, indiretta bassa, indiretta media. Dialux-Evo, a pagamento ma anche gratuito, è il più noto ed utilizzato software professionale. Esso permette di installare plug-in prodotti direttamente dai produttori di corpi illuminanti e utilizza pov-ray, programma di ray tracing, come motore di rendering. Permette di calcolare l’illuminamento delle superfici sia con luce naturale che artificiale e di simulare la luce dentro e fuori gli ambienti, calcolando e verificando tutti i parametri fotometrici, illuminotecnici ed energetici ai sensi della recente normativa. Microclima, qualità dell’aria e illuminazione In questa sezione vengono forniti gli essenziali strumenti pratici operativi utili per valutare le condizioni microclimatiche, di ventilazione e di qualità dell’aria, ma anche di illuminazione naturale ed artificiale nell’ambito di una riqualificazione energetica degli edifici scolastici. L’argomento è così ampio e complesso che la sua trattazione non può necessariamente essere esaustiva rimandando ad una altrettanto ampia e specialistica letteratura in materia.

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Microclima e qualità dell’aria La crescente consapevolezza tra soggetti operatori e coinvolti nel settore, ricercatori, tecnici, e decisori pubblici dell’importanza della qualità dell’aria interna che l’efficienza energetica, obiettivo comune per edifici e sistemi impiantistici, è caduta in secondo piano rispetto al tema della prevenzione dei rischi per la salute derivanti da fattori ambientali e inquinanti, microrganismi, dispersione/diffusione di particelle e aerosol che trasportano batteri e virus divenuto così importante da richiedere il coinvolgimento di diversi soggetti competenti e da imporre un approccio interdisciplinare integrato volto a valutare l’inquinamento indoor, la sostenibilità e la qualità degli ambienti interni, in particolare quelli destinati ad attività lavorative e sociali, come le scuole. Tutto questo non è dovuto solo ai risultati di studi epidemiologici, che hanno evidenziato l’importanza di valutare la qualità dell’aria interna e del rischio di contaminanti chimici e biologici ma anche il fatto che le sorgenti di inquinamento outdoor e indoor sono sempre più rilevanti. L’inquinamento dell’ambiente interno è strettamente connesso alla criticità delle condizioni meteorologiche locali. Non solo promuovono la diffusione di fattori di rischio biologico (polline, insetti, specie infestanti), ma provocano alterazioni termoigrometriche dell’ambiente che si riscontrano nelle brusche variazioni della temperatura ed umidità relativa dell’aria con dirette conseguenze di proliferazione di microrganismi patogeni, nonché fenomeni di degrado e fotodegrado di natura chimica, fisica e biologica. Lo studio europeo HESE (Health Effects of School Environments) del World Health Organization (OMS) ha dimostrato che la qualità dell’aria interna nelle scuole indagate e nelle aule era scarsa, causando effetti sulla salute respiratoria. Allo stesso tempo, sia il progetto SEARCH (School Environment and Respiratory Health of Children) che il progetto SINPHONIE hanno sviluppato linee guida fondamentali per i governi destinate ai diversi tipi di scuola per garantire igiene, sicurezza e salute. La letteratura recente ha evidenziato il fatto che gli edifici scolastici esistenti sono responsabili di un maggiore consumo energetico rispetto a quelli di nuova costruzione. La IAQ (cioè la ventilazione e i corretti ricambi d’aria per ora e la riduzione del rischio di contaminazione microbiologica) è così importante da avere conseguenze significative su benessere, produttività, sicurezza, salute e rendimento di studenti/insegnanti con ripercussioni sul sistema sanitario di una nazione. D’altra parte la letteratura in materia, ha anche dimostrato come gli interventi di adeguamento e riqualificazione energetica del sistema edificio-impianto nel settore dell’edilizia scolastica, soprattutto quando gli edifici appartengono al patrimonio culturale, può


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portare a una significativa riduzione dei consumi energetici, con effetti ambientali e sociali positivi. Questi studi hanno sottolineato il fatto che ciò è realizzabile se le soluzioni progettuali sono attuate sulla base di un compromesso tra risparmio energetico e sistemi impiantistici, adattabilità/reversibilità, acclimatizzazione e facile manutenzione. Tuttavia, di fronte agli attuali problemi derivanti dal contesto pandemico che stiamo vivendo, le condizioni microclimatiche e termoigrometriche interne, la ventilazione degli ambienti, le soluzioni impiantistiche destinate ad edifici scolastici esistenti e/o vincolati e tutelati, dovrebbero essere ripensati/riprogettati per garantire IAQ, efficace ventilazione, igiene, sicurezza e salute prima ancora che benessere e risparmio energetico. In sostanza qualità e sostenibilità energetica ambientale per la garanzia e tutela di salute, igiene e sicurezza. Non c’è alcun dubbio in merito al fatto che la maggior parte degli edifici scolastici in Italia appartenga al patrimonio storico esistente nonché in molti casi a quello vincolato e tutelato, perché all’interno di edifici che originariamente avevano funzioni ed usi addirittura diametralmente opposti come chiese, biblioteche e case-museo. L’inserimento degli impianti in edifici scolastici storici, che nel tempo hanno subito modifiche nella destinazione d’uso e riorganizzazione funzionale, è una questione dunque molto complessa. Questo è particolarmente vero proprio in seno al contesto pandemico: può essere molto difficile per problemi di progettazione specifici (diverse attrezzature e componenti, recuperatori di calore, fan-coil, radiatori, griglie e diffusori di ingresso e uscita aria) e per problemi tecnici (condotti di aria e/o acqua che attraversano pareti interne e cavità prive delle dimensioni necessarie). A questo si aggiungono questioni come la protezione storico-architettonica e la conservazione preventiva se gli edifici appartengono al patrimonio culturale. In particolare, gli edifici scolastici storici in Italia presentano un uso parziale della struttura in termini di tempo di utilizzo di diversi ambienti, buona massa e inerzia termica, ma basso isolamento termico del tetto e dei pavimenti, delle finestre e dei sistemi vetrati. Questo è il motivo per cui spesso gli impianti di riscaldamento non sono dimensionati correttamente. Le stanze sono troppo fredde in inverno e la ventilazione non rispetta i limiti minimi suggeriti dalla normativa vigente, provocando gravi problemi per la qualità dell’aria e il benessere ambientale. Le organizzazioni nazionali e internazionali hanno fornito importanti documenti di orientamento come aggiunta ai documenti guida fondamentali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Indicazioni di base comuni riguardano la questione pratica che negli uffici, nelle scuole e nei luoghi pubblici, tutti gli impianti di ventilazione meccanica controllata devono essere mantenuti in buone condizioni e sulla base di un’ottima gestione. Devono essere presenti sistemi di regolazione continua sui parametri microclimatici (temperatura, umidità relativa, CO2), nessun ricircolo d’aria, pulizia regolare dei filtri e, se necessario, predisposizione per la loro totale

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sostituzione con altre tipologie più efficienti. In particolare, i tempi di funzionamento prolungati della ventilazione meccanica controllata (es. avviamento del sistema di ventilazione alla velocità nominale almeno due ore prima del tempo di utilizzo dell’edificio/ aula e cambio programmato per abbassare la velocità due ore dopo) e la modifica del setpoint di CO2 per la ventilazione controllata in demand (ovvero abbassare fino a 400 ppm per garantire il funzionamento alla velocità nominale, mantenendo il sistema di ventilazione operante su 24h per sette giorni, con tassi di ventilazione ridotti senza la presenza di persone) sono fortemente raccomandati. Importanti e recenti studi internazionali hanno evidenziato come il distanziamento sociale-fisico e il tasso di ventilazione minimo richiesto in diversi spazi confinati, caratterizzato da diversi tempi di esposizione delle persone, come nei sistemi di trasporto pubblico (autobus, metropolitane e aerei), scuole/aule, ristoranti e uffici, hanno impatti positivi apprezzabili sulla diminuzione del rischio di infezioni e contaminazione/contagi. Spesso vengono forniti modelli previsionali di dispersione e diffusione dei microrganismi e particelle aerodisperse, sulla base della quantificazione dell’influenza di fattori basilari, come la densità di occupazione, ventilazione degli ambienti e tempo di esposizione, indici di probabilità di infezione. Un importante studio basato su misurazioni fisiche dirette e ampi sondaggi con questionari condotto su differenti edifici in Svizzera (sia edifici nuovi ad alta efficienza energetica sia edifici esistenti ristrutturati) ha dimostrato la conformità delle condizioni termoigrometriche, di igiene e IAQ ottenute con soluzioni efficaci e di riqualificazione energetica per l’integrazione impiantistica di ventilazione meccanica controllata con sistemi automatici manuali. Oggi più che mai è assodato che salute, sicurezza e well-being possono essere raggiunti con progetti di sistemi di impianti HVAC finalizzati alla IAQ ed efficacia della ventilazione ottenuta anche attraverso schemi di flussaggio dell’aria direttamente connessi ad altrettanti efficaci sistemi di regolazione e controllo. Ciò risulta particolarmente complesso quando vanno garantiti i requisiti sanitari, adattando gli edifici esistenti e storici in un contesto pandemico. Poiché la permeabilità all’aria dell’involucro edilizio e la ventilazione naturale dovuta all’aerazione con apertura/chiusura manuale di porte e finestre da sola non può garantire il tasso minimo di ventilazione (e quindi diluizione/rimozione dei contaminanti) richiesto oggi dagli standards internazionali e nazionali introdotti a causa dell’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia, la progettazione dell’impianto deve essere basata sulla ventilazione meccanica controllata in demand, sulla efficacia della filtrazione e la sua corretta gestione.


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D’altra parte, il distanziamento sociale (chiamato più propriamente distanziamento fisico), la riorganizzazione funzionale e l’utilizzo pianificato degli spazi possono essere un supporto importante per una corretta e controllata ventilazione meccanica. In particolare, questo aspetto è fondamentale nei casi di proposte progettuali fortemente condizionate dai vincoli della tutela e salvaguardia preventiva imposti agli edifici del patrimonio culturale. Soluzioni di riorganizzazione funzionale e di distribuzione e contingentazione ottimizzata degli studenti, per contenere il rischio di contagio e la diffusione di microrganismi, costituirebbero una base utile alla realizzazione di un efficace schema di flussaggio d’aria con tutt’aria esterna, senza ricircolo come previsto dalle attuali normative nazionali ed internazionali in materia. Nell’ottica della reversibilità e sostenibilità, gli ambienti esterni, vicini all’edificio scolastico esistente, potrebbero essere utilizzati per realizzare strutture amovibili e modulari ospitanti aule, laboratori, spazi di sperimentazione e studio. Questi potrebbero essere facilmente montati/smontati impiegando sistemi prefabbricati che integrano l’uso di materiali e componenti ecosostenibili e fonti di energia rinnovabile rendendo la stessa progettazione del sistema HVAC meno complessa. In questo modo si otterrebbe anche un bilancio positivo dei costi energetici connessi mediante la combinazione di una ridotta presenza di persone/utenti e la necessaria distanza fisica, con l’attenuazione del tasso di ventilazione e della temperatura ed umidità relativa dell’aria per i periodi di non utilizzo degli ambienti. Le strategie di riqualificazione energetica del sistema edificio-impianto destinato alle scuole ed in particolare a edifici scolastici esistenti e/o storici, sono tanto più energeticamente sostenibili e di efficacia e qualità quanto più si basano sul compromesso ottimale tra risparmio energetico e migliore ventilazione, qualità dell’aria interna, sicurezza, salute e benessere degli occupanti. Tutto questo è cruciale per qualsiasi intervento programmato in un contesto pandemico. Tra i parametri e fattori di controllo dell’efficienza ed efficacia del progetto per la qualità delle condizioni termoigrometriche, la corretta ed efficace ventilazione, la qualità dell’aria interna ne forniamo alcuni che non solo sono i più importanti ma facilmente quantificabili, calcolabili e confrontabili utilizzando i dati sperimentali e i dati calcolati/simulati. Sono quindi indici utili all’analisi e valutazione del clima e qualità dell’aria allo stato di fatto, e alla valutazione ex-ante ed ex-post di qualsiasi soluzione progettuale di intervento. Questi indicatori sono forniti con denominazione originale (inglese) e traduzione in italiano, trattandosi di parametri riconosciuti ed utilizzati a livello internazionale e riportati/usati nella normativa con la terminologia inglese.

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Mean air age, età media dell’aria (t, secondi) Permette il calcolo della ‘età’ dell’aria in un certo punto del volume dell’ambiente (aula) studiato: una volta raggiunte le condizioni stazionarie del deflusso di ventilazione, misura quanto tempo occorre all’aria in un certo punto/zona o volumetto infinitesimo di controllo per essere scambiata con aria “fresca” proveniente dalla sezione di diffusione dell’aria in mandata; il suo valore è misurato in secondi, valori alti indicano una peggiore efficienza di pulizia dell’aria dell’ambiente; il suo valore può essere ottenuto trattando/simulando la stessa quantità di una variabile dipendente risolta in regime transitorio, in modo da ottenere una distribuzione media del valore sull’intero dominio di calcolo. Air Change Efficiency (ACE), efficienza del rinnovo/ricambio dell’aria Questo indice misura la relazione tra il tempo teorico di ‘permanenza’ dell’aria nell’ambiente e il valore medio dell’età media dell’aria calcolata nell’area/zona di riferimento. Il tempo di permanenza è calcolato come rapporto tra il volume della stanza/aula e la portata della ventilazione di mandata (o come inverso del numero di cambi orari)

VTV ̇ Vvent ACE = t Zj

* 100

con VTV, volume totale, Vvent portata d’aria di immissione per ventilazione, tZj valore medio dell’età media dell’aria nella zona/aula o sottozona considerata. Ventilation Effectiveness (VE), efficacia di ventilazione Consente di misurare la ‘capacità’ dell’impianto di diluire un contaminante (es. CO2) e inviarlo alle sezioni di espulsione dell’impianto

VE =

CE ̶ CS CZj ̶ CS

con CE concentrazione media del contaminante all’estrazione, CS concentrazione media del contaminante all’immissione, CZj concentrazione media del contaminante nella zona/aula o sottozona studiata Contaminat Removal Efficiency (CRE), efficacia di rimozione del contaminante Mentre l’indicatore VE in sostanza mette in relazione i valori di concentrazione media del contaminante alla sezione di estrazione ed i valori medi dell’area purificata/pulita


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con il valore di concentrazione all’immissione, l’indice CRE è un rapporto puro tra le due concentrazioni (i simboli hanno lo stesso significato di quelli nell’indice VE):

CRE =

CE

CZj

Predicted Mean Vote (PMV) e Predicted Percentage of Dissatisfaed (PPD), voto medio previsto e percentuale di insoddisfatti, sono indici per la valutazione del comfort termoigrometrico, quindi indici di sensazione. Le grandezze si riferiscono alla teoria di Fanger e quindi al bilancio energetico sul corpo umano. Sono indici di sensazione e quindi grandezze soggettive. Calcolati secondo UNI EN ISO 7730 sulla base della temperatura dell’aria e della velocità media dell’aria nella zona studiata. Sono validi per ambienti moderati dal punto di vista termoigrometrico, non per ambienti severi caldi o severi freddi. Per il calcolo analitico in genere si può considerare metabolismo M di 116 [W/m2], umidità relativa RH del 50% e resistenza termica media del vestiario pari ad 1 [clo]. La relazione proposta da Fanger per il calcolo del PMV è quindi:

PMV = 303 ∙ [exp( ̶ 0,36 ∙ M) + 28] ∙ L

dove L è il carico termico del corpo, definito come la differenza tra la produzione di calore interna e le perdite termiche effettive verso l’ambiente esterno. Spesso per discriminare condizioni interne confortevoli e non confortevoli è necessario scegliere una metrica opportuna al fine di stabilire il grado di comfort. In quest’ottica i fattori che influenzano il comfort termico sono la temperatura dell’aria, l’umidità relativa, l’abbigliamento come grado di resistenza termica, la velocità dell’aria ed eventuali sorgenti termiche interne. Generalmente si assume come condizione al contorno che tra tutti i suddetti parametri possa variare nel tempo solo la temperatura, mentre gli altri vengono considerati costanti. La funzione utilizzata come indice di comfort è quindi la nota Predicted Percentage Dissatisfied (PPD). Al fine di ottenere una relazione diretta tra PPD e la temperatura occorre prendere in considerazione un secondo indice, il PMV. L’equazione che mette in corrispondenza tale indice con la temperatura dell’aria e tanto per fare un esempio di analisi globale, il mese dell’anno (cui si lega la resistenza termica degli abiti delle persone presenti in ambiente) è la seguente:

PMV = ( ̶ 8,6479 + 0,2431 ∙ C) + (0,3442 ̶ 0,0073 ∙ C) ∙ Tair

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con C mese dell’anno (zero mese più freddo, 11 mese più caldo), Tair temperatura dell’aria. La relazione che intercorre tra PMV e PPD è

PPD = 100 ̶ 95 ∙ e ̶ (0,03353 ∙ PMV ⁴ + 0,2179 ∙ PMV ² )

Questa funzione è un’approssimazione, in quanto la forma originale del PPD si compone della somma di due distribuzioni normali. La ASHRAE comfort zone è definita come la fascia di condizioni entro la quale risulta garantita una percentuale di insoddisfazione pari al 10 percento. È evidente che per ottenere il 90% delle persone presenti in un ambiente che percepiscono benessere termoigrometrico, l’indice PMV deve essere compreso tra -0.5 e 0.5. Gli attuali sistemi di controllo sono tarati per garantire un benessere proprio all’interno di questa fascia. Effective Draft Temperature (EDT), Air Diffusion Performance Index (ADPI) Indici per la valutazione del comfort termoigrometrico Effective Draft Temperature (EDT), temperatura di trascinamento efficace e Air Diffusion Performance Index (ADPI) indice di prestazione di diffusione dell’aria che vale nei campi di valori della temperatura di trascinamento efficace -1,5 <EDT <1

EDT = (Tijk ̶ Tset ) ̶ 8 * (Uijk ̶ 0,15)

Con Tijk temperatura media dell’aria nella zona/aula o porzione di essa, Tset temperatura di set-point dell’ambiente, Uijk velocità media dell’aria nella zona/aula o porzione di essa. L’indice EDT viene calcolato su tutti i punti del dominio di calcolo/simulazione e/o nel dominio/zona/aula o sottozona di misurazione-monitoraggio sperimentale. Il valore di ADPI che è espresso in percentuale, è calcolato come il numero di punti per i quali è soddisfatta la seguente relazione -1,5 <EDT <1 rispetto al numero totale di punti di monitoraggio sperimentale e/o calcolo/simulazione. Luce ed illuminazione In questa sezione vengono fornite alcune regole di buona progettazione illuminotecnica e quindi linee guida di base. Queste linee guida sono orientate ad individuare soluzioni illuminotecniche che consentono di valorizzare, arricchire ma anche di costituire il supporto alla formazione e comunicazione che dovrebbe essere alla base del concetto di scuola. La luce, fuori e dentro le aule, può restituire vita, curiosità ed interesse, agevolare la


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concentrazione e la produttività delle persone che vivono in questi luoghi; la luce può fornire immagini, forme e visioni insolite, piacevoli e anche divertenti ai luoghi della formazione. Luce che va intesa e connessa dunque ai concetti di visione e percezione, allo stato emotivo, ottico, visivo e cinestetico dello studente; luce ed illuminazione dinamica e variabile nel tempo e nello spazio che incide sul modo con cui viene progettata la scuola. Luce pensata per l’educazione, l’apprendimento, la formazione, dunque ergonomia della visione. Secondo recenti studi la luce solare, piuttosto che quella artificiale, contribuirebbe ad avere un effetto positivo sullo stato mentale ed emotivo delle persone. Su questo si basa l’obiettivo della progettazione illuminotecnica volta a massimizzare l’uso della luce naturale e di soluzioni tecnologiche di luce artificiale che permettano di ottimizzare i costi e favoriscano la creazione di un ambiente a misura d’uomo secondo il concetto dello human centric lighting. Le sorgenti di luce artificiale con effetto molto simile a quello naturale, oltre a garantire un risparmio energetico molto importante, sono quelle LED. I LED sono tecnologie e tecniche al tempo stesso, con durata di 9-20 anni contro i 3 anni di quelle normali a scarica, e quindi assicurano un ulteriore risparmio economico nella gestione della scuola. Fino a qualche tempo fa l’illuminazione veniva progettata pressoché esclusivamente per far fronte alle esigenze visive; ciò si traduceva nel dimensionare gli impianti in modo da ottenere adeguati livelli di illuminamento in corrispondenza del cosiddetto compito visivo e quindi in funzione delle diverse attività svolte negli ambienti. Se comunque molteplici esperienze e ricerche avevano evidenziato l’influenza della luce sulla depressione e sul benessere degli individui, è solo negli anni più recenti ed in particolare dall’inizio di questo secolo, a partire dalla scoperta sulla retina di un ‘terzo fotorecettore’, oltre ai coni ed ai bastoncelli, costituito delle cellule gangliari intrinsecamente fotosensibili, che tale ipotesi è stata confermata ed in particolare sono state poste le basi per cominciare a tener conto dei cosiddetti ‘effetti non visivi’ della luce in ambito illuminotecnico, con la consapevolezza che l’esposizione sia alla luce naturale che artificiale ed anche i periodi di buio hanno una forte influenza sul sistema biologico umano. L’alternanza del ritmo luce-buio è il principale regolatore dei cosiddetti ‘ritmi circadiani’, ossia quelle variazioni nelle funzioni dell’organismo umano che si svolgono con periodicità giornaliera, ossia di 24 ore. Tra questi vi sono ad esempio le variazioni di temperatura corporea, della pressione sanguigna, le funzioni cerebrali, i ritmi sonno-veglia e i corrispondenti livelli di concentrazione. Se per millenni gli esseri umani si sono adattati all’alternanza di luce naturale e buio notturno, è invece da ben meno di due secoli che nelle società industrializzate la gran parte del

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giorno e della notte viene trascorsa in ambienti interni con limitato apporto di luce naturale, quando disponibile, e presenza di illuminazione artificiale sia durante le ore diurne che notturne. Vivere in un ambiente confinato come un edificio scolastico, purtroppo ancora oggi comporta: • Essere stimolati durante le ore diurne da illuminamenti ben inferiori rispetto a quelli caratteristici dell’ambiente esterno: l’ordine di grandezza degli illuminamenti esterni su superficie orizzontale intorno a mezzogiorno, anche sotto condizioni di cielo nuvoloso, è di decine di migliaia di lux, laddove negli ambienti interni è generalmente di centinaia di lux. • Essere stimolati durante le ore pomeridiane/serali ed in ogni caso quando la luce naturale è insufficiente o nulla, da illuminazione artificiale dell’ordine delle decine, se non delle centinaia di lux. Oltre a questi aspetti quantitativi occorre considerare che la composizione spettrale della luce naturale è fortemente differente da quella emessa dalle sorgenti artificiali e che la luce naturale è soggetta a variazioni nel tempo dovute sia alla variabilità delle condizioni meteorologiche che alla posizione del disco solare sulla volta celeste, che a sua volta dipende dalla latitudine e dalle caratteristiche orografiche del luogo, dal giorno dell’anno e dall’ora del giorno. Per ‘effetti non visivi’ si intendono tutti quegli effetti causati dalle radiazioni che ricadono nel campo del visibile, non direttamente collegati alla visione, quali lo stato di veglia e concentrazione, la sincronizzazione di ritmi circadiani, gli effetti della luce sull’umore. Tali aspetti sono peraltro in parte collegati: una buona sincronizzazione dei ritmi sonno-veglia comporta una migliore qualità di vita, migliori capacità cognitive ed uno stato di benessere generale determinato da una buona qualità del sonno durante le ore notturne ed in generale a stati d’animo ‘positivi’ e buone prestazioni fisiche e mentali durante quelle diurne. Al contrario, ad una cattiva qualità di illuminazione sono associati dei sintomi quali irritabilità, senso di stanchezza, difficoltà di concentrazione, fino ad arrivare a problemi più importanti e che coinvolgono più direttamente la salute, come la riduzione delle difese immunitarie, mancanza di concentrazione, disturbi cardio-vascolari o addirittura visivo-astenopici. Al di là degli effetti legati allo stimolo delle cellule gangliari intrinsecamente fotosensibili, anche il colore della luce e degli oggetti presenti in un ambiente può indurre differenti stati d’animo ed emozioni, collegati a ricordi, esperienze, formazione culturale, ed in cui sussistono aspetti sia collettivi che individuali.


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Altri effetti non visivi sono quelli che rientrano nella valutazione del rischio fotobiologico delle sorgenti di Radiazioni Ottiche Artificiali (ROA), tra cui vi sono anche le sorgenti luminose artificiali. Per quanto riguarda tali rischi il riferimento è la norma EN 62471 che definisce la procedura per attribuire a ciascuna sorgente l’appartenenza ad una determinata classe di rischio in funzione delle caratteristiche di emissione spettrale, delle dimensioni geometriche rapportate alla distanza dagli occupanti, nonché del tempi di esposizione. Occorre precisare che, in presenza di una corretta progettazione illuminotecnica, le sorgenti luminose non costituiscono particolari cause di rischio in tal senso. In particolare per apparecchi illuminanti con sorgenti LED si riscontra che la quasi totalità appartiene alla classe di rischio 0 o 1 per quanto riguarda il rischio da luce blu. In ogni caso il progettista, posizionando opportunamente le sorgenti rispetto agli occhi degli occupanti, può evitare che si verifichino condizioni di rischio, anche perché queste determinerebbero in ambiente fenomeni di abbagliamento molesto che invece non sussistono in presenza di una corretta progettazione. Per quanto riguarda sia le radiazioni ultraviolette (UV) che le infrarosse (IR), i sistemi di illuminazione non costituiscono accertate cause di rischio ed in ogni caso per le sorgenti luminose LED le radiazioni che ricadono all’esterno del campo del visibile sono nulle o trascurabili. I limiti di esposizione alle radiazioni ottiche indicati nella EN 62471 riguardano solo se sorgenti artificiali. Come per gli effetti visivi, gli effetti non visivi delle radiazioni variano al variare della lunghezza d’onda oltre che dell’intensità. I fotorecettori cui si attribuisce gran parte delle risposte non visive degli individui sono, come detto, le cellule gangliari intrinsecamente fotosensibili, che contengono un pigmento denominato ‘melanopsina’; in ogni caso anche gli altri fotorecettori presenti sulla retina (i coni ed i bastoncelli), sono coinvolti in questo processo, in modo complesso e dipendente dalla distribuzione spettrale della radiazione incidente sulla cornea. Inoltre tali effetti dipendono anche dall’orario in cui la luce viene vista/percepita sensibilizzando la retina, dalla durata dell’esposizione e dalla precedente esposizione alla luce. Questi ultimi aspetti non sono affatto contemplati quando si valutano gli effetti puramente visivi: i progettisti dovranno dunque affrontare il tema dell’illuminazione degli ambienti tenendo conto, quando e se possibile, anche di questi parametri. Nel caso degli spazi esterni ed interni dell’edificio scolastico, sussistono due condizioni peculiari: • gli occupanti (studenti e tutto il personale scolastico) permangono in ambienti interni per la maggior parte del tempo e le giornate sono generalmente caratterizzate da attività ed attività regolari e ripetitive ritmate nel tempo e nello spazio; • la permanenza in luoghi esterni è limitata a periodi relativamente brevi.

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Per tal motivo, nella progettazione dell’illuminazione di questi luoghi di formazione e comunicazione, è necessario tenere conto, più che altrove, di tali effetti non visivi e transienti. Ovviamente l’approccio deve essere olistico, tenendo conto del fatto che, nel rispetto dei requisiti per l’espletamento dei compiti visivi previsto dalla norma EN 124641, occorre integrare nella progettazione in modo unitario gli aspetti relativi ad una illuminazione che favorisca i naturali ritmi circadiani-umani strettamente legati all’ergonomia della visione. Gli effetti biologici della luce sugli esseri umani sono quantificati attraverso la misura della soppressione dell’ormone ‘melatonina’, responsabile del sonno. Ad oggi infatti gli scienziati sono concordi nell’attribuire alla soppressione di melatonina l’efficacia della luce nel sincronizzare o alterare i ritmi circadiani. Studi sperimentali hanno provato che le radiazioni di piccola lunghezza d’onda nel campo del visibile, impropriamente denominate come ‘luce blu’, sono più efficaci rispetto a quelle di più elevata lunghezza d’onda nel sopprimere la melatonina. La massima efficacia nella soppressione di melatonina si ha intorno ai 450-470 nm. Le sorgenti più ricche di radiazioni di piccola lunghezza d’onda sono quindi più efficaci in tal senso. Di conseguenza, a parità di altre condizioni, al crescere della temperatura di colore della sorgente vi è la tendenza ad un maggior effetto biologico, sebbene non sia corretto assumere la temperatura di colore quale parametro descrittivo: infatti due sorgenti con la stessa temperatura di colore e con differenti spettri di emissione (ad esempio un LED ed una lampada fluorescente) possono produrre diversi effetti. Negli ultimi anni sono stati proposti da alcuni gruppi di ricerca vari modelli, dai più semplificati ai più complessi, per la stima della soppressione acuta di melatonina dovuta all’esposizione della durata di un’ora, a partire dalla distribuzione spettrale della radiazione incidente sull’occhio (irradianza spettrale). Quelli più semplificati sono basati sulla sensibilità spettrale delle cellule gangliari fotosensibili, mentre quelli più complessi tengono conto anche del fattore di trasmissione degli elementi all’interno dell’occhio (cristallino, umore vitreo…), del fattore di assorbimento della macula lutea e dei contributo degli altri fotorecettori, dipendente a sua volta dalla distribuzione spettrale e dall’intensità della radiazione incidente. Occorre specificare che la soppressione di melatonina rappresenta un modo non sempre diretto per quantificare gli effetti biologici della luce. In genere durante le ore diurne gli esseri umani non producono questo ormone, pertanto le sperimentazioni che hanno consentito di estrapolare i modelli sono state sempre effettuate durante le ore notturne. È possibile tenere conto di quanto è attualmente noto nella progettazione? La risposta è sì, ma con cautela, purché però si facciano delle opportune considerazioni e si sia


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consapevoli delle incertezze e dei limiti che tale approccio comporta. Ad oggi non esiste né un modello e neppure una metrica accettata da tutta la comunità scientifica descrittiva degli effetti non visivi dell’illuminazione. Non bisogna inoltre dimenticare che gli effetti biologici della luce dipendono anche da fattori individuali e si sovrappongono ad altre condizioni quali ad esempio l’essere individui ‘mattutini’ o ‘serotini’, l’avere assunto o meno cibi o sostanze che hanno effetto sullo stato di veglia o sonno, l’esercitare attività fisica in un dato orario. Fatto, quest’ultimo che si collega direttamente ad una differente progettazione della luce per le palestre e gli spazi di esercizio fisico previsti nelle scuole. Tali effetti, a differenza di quelli visivi pressoché istantanei, dipendono dalla durata dell’esposizione e possono manifestarsi anche a distanza di tempo. Ad esempio un’elevata esposizione alla luce durante le ore del mattino può modificare l’orario in cui sopraggiunge affaticamente, stanchezza e difficoltà di concentrazione. D’altra parte è importante sottolineare che in condizioni di stanchezza fisico-mentale, gli studenti sottoposti a test di ergonomia della visione come il Radner ed il Rex test hanno mostrato maggiori capacità di calcolo con minori errori se sottoposti ad un colore di luce fortemente concentrato su lunghezze d’onda lunghe per corrispondenti valori di temperatura di colore piuttosto bassi (rossi ed arancioni). In particolare proprio per gli ambienti scolastici andrebbero condotte misure di luce su griglie di punti normate ai sensi della UNI EN 12464 – 1 e sui piani di lettura, su eventuali librerie, scaffalature e sul pavimento. Le misure vanno condotte durante tutto il periodo scolastico tenendo conto del periodo climatico di massima variabilità delle condizioni di cielo e di sole per le medie-basse latitudini come appunto quella di Firenze. Vanno scelte giornate diverse per aspetti metereologici, compatibilmente con gli orari di accesso alla scuola e ai suoi diversi ambienti, come la biblioteca, la mensa, la palestra, i laboratori, gli spazi multimediali, le sale per conferenze e seminari, gli uffici etc, in modo da avere un valore significativo e rappresentativo della variabilità della luce naturale all’interno della sala. La fascia oraria dalle 14:00 alle 18:00 generalmente concerne le misure che richiedono presenza di luce naturale e sua combinazione con quella artificiale, mentre quella serale o in condizioni di sufficiente luce naturale (cielo completamente coperto) per le misure di sola illuminazione artificiale. Le misure fotometriche e radiometriche condotte con luxmetri digitali e spettrofotometri per il campo di lunghezze d’onda del visibile e spettroradiometri per il campo degli UV (300380 nm) e del primo IR (780 – 1000 nm) non sono sufficienti. Se consentono di rilevare illuminamento, luminanza per le diverse superfici e piani di lettura scrittura e lavoro, nonché lo spettro di emissione delle sorgenti almeno in tre diverse condizioni: sola luce naturale, sola luce artificiale e luce naturale e artificiale insieme, non definiscono le condizioni di ergonomia della visione. Si utilizzano difatti due test:

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1. l’ottotipo R.Ex (Reading Explorer Test), con cui è possibile misurare il contrasto di lettura, ovvero il minore contrasto testo/sfondo che il soggetto può leggere senza errori; si misura anche il contrasto critico di stampa che corrisponde al carattere di stampa con meno contrasto che il soggetto può leggere con una velocità simile a quella con la quale ha letto la frase iniziale a contrasto massimo. Si tratta di un’importante misura perché indica il minimo contrasto richiesto per una lettura senza sforzo. La velocità di lettura per diversi contrasti di stampa può essere connessa alla misurazione del contrasto di lettura sopra descritto. Il soggetto deve leggere a voce alta ciascuna frase con la maggior velocità e precisione possibile e utilizzare un cronometro per stimare il tempo di esecuzione. La velocità di lettura (parole al minuto) è dunque fornita dal rapporto tra 600 rispetto al tempo impiegato espresso in secondi. 2. il Radner Reading Test che consiste in un test di lettura standardizzato, presente in più lingue, costituito da 28 brevi frasi, con grandezza decrescente, paragonabili tra loro per numero di parole (14), lunghezza delle parole, numero di lettere e sillabe per ogni parola, riga e frase, difficoltà lessicale e complessità sintattica. Il test ha lo scopo di valutare alcuni buoni indicatori delle funzioni visive utilizzate nella vita di tutti i giorni: dimensione critica di stampa (CPS), che rappresenta il LogMAR della frase di carattere più piccolo letta con velocità simile a quella massima raggiunta dal soggetto; acuità visiva, che corrisponde all’inverso del più piccolo angolo solido entro il quale vengono distinti due oggetti e che, in questo caso è fornita dal LogMAR della più piccola frase letta senza commettere errori significativi; velocità di lettura, come misura obiettiva della capacità di lettura e quindi esprime il rapporto tra un fattore costante (14×16) rispetto al tempo espresso in secondi. Inoltre, gli effetti non visivi della luce dipendono dall’orario di somministrazione (la stessa quantità di luce somministrata in orari differenti produce effetti differenti) e dalla precedente esposizione per durata ed intensità. Ad esempio dopo un prolungato periodo di buio si è più sensibili alla luce rispetto a quando si è stati precedentemente esposti. Ciò rende molto più complesse le scelte progettuali e conduce naturalmente alla realizzazione di una illuminazione, nei luoghi confinati, variabile durante l’arco della giornata, ma sempre rispettosa degli altri requisiti che caratterizzano la qualità dell’ambiente luminoso, quali i livelli di illuminamento, le distribuzioni di luminanza, il controllo dell’abbagliamento, il modellato, gli illuminamenti semicilindrici, la resa cromatica. Nonostante ad oggi manchi una metrica condivisa dall’intera comunità scientifica per la valutazione degli effetti circadiani (metrica che comunque dovrebbe essere corredata da opportune ‘istruzioni per l’uso’, date le caratteristiche dinamiche e dipendenti dal tempo


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delle risposte biologiche), si può tuttavia tener conto delle seguenti considerazioni ed indicazioni per la progettazione della luce e del suo utilizzo: • è opportuno porre attenzione agli effetti biologici della luce negli ambienti in cui si permane più a lungo rispetto che nei luoghi di transito (atri, corridoi); • occorre calcolare o misurare la quantità di luce che arriva agli occhi degli osservatori, in tal senso sono indicativi gli illuminamenti verticali o che tengono conto della posizione più ricorrente della testa, integrati per il tempo di permanenza; • gli illuminamenti all’occhio non sono di per sé adeguati per la valutazione della soppressione di melatonina, in quanto rappresentano le irradianze spettrali pesate in base alla sensibilità del sistema visivo umano in visione fotopica -fattore di visibilità spettrale e non secondo la risposta spettrale riferita alla melanopsina. A parità di altre condizioni, però, al crescere dell’illuminamento all’occhio cresce l’effetto biologico, in modo non lineare; • a parità di illuminamento all’occhio, la diversa distribuzione spettrale dell’irradianza determina diverse risposte non visive. Tale distribuzione dipende non solo dalle sorgenti primarie, ma anche dai materiali presenti in ambiente che possono modificare lo spettro per riflessione o trasmissione. Ad esempio i sistemi finestrati con caratteristiche selettive modificano lo spettro della luce naturale in ingresso negli ambienti e le superfici interne nonché gli arredi possono assorbire selettivamente le radiazioni incidenti su di essi, rimandando agli occhi uno spettro modificato. La distribuzione spaziale della luce emessa dalle sorgenti artificiali e la sua interazione con l’ambiente è determinante nel realizzare diverse condizioni. • I materiali trasparenti, riflettenti e rifrangenti, utilizzati per le ottiche dei corpi illuminanti modificano non solo la fotometria, attenuando e distribuendo appropriatamente le intensità luminose nello spazio che, ma anche lo spettro della radiazione emessa dalla sorgente. Questo aspetto deve essere preso in considerazione dai progettisti: ad esempio un sistema in cui è inserita una sorgente con temperatura correlata di colore di 6000 K può emettere un flusso luminoso caratterizzato da una temperatura di colore ben inferiore a causa di effetti di riflessione o trasmissione selettiva dei materiali. • Occorre favorire l’esposizione alla luce durante le ore diurne, soprattutto prima di mezzogiorno. Laddove non sufficiente e/o disponibile, è opportuno ricorrere alla luce artificiale, preferibilmente ricca di radiazioni di piccola lunghezza d’onda (luce blu) e quindi di elevata temperatura di colore. Tale tipo di illuminazione favorisce anche la concentrazione, lo stato di veglia ed incrementa le prestazioni cognitive. • Durante le ore pomeridiane e serali è opportuno ridurre gradualmente gli stimoli luminosi che producono effetti biologici, riducendo i valori di illuminamento agli occhi e utilizzando sorgenti luminose più ricche di radiazioni di elevata lunghezza d’onda, ossia di

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temperatura di colore più bassa. Pertanto i valori di intensità luminosa e conseguenti livelli di illuminamento dovrebbero essere molto bassi (visione mesopica versus scotopica); • gli effetti biologici della luce si possono modificare agendo sia sulla distribuzione spettrale della radiazione che arriva all’occhio che sull’intensità dei flussi luminosi emessi. È auspicabile lavorare sull’uno o l’altro degli aspetti in modo da ottimizzare le esigenze di contenimento dei consumi energetici con quelle collegate agli effetti biologici tenendo presente che, laddove devono essere soddisfatti i requisiti derivanti dall’espletamento di determinati compiti visivi, questi hanno priorità. Ad esempio durante le ore diurne, piuttosto che incrementare i flussi luminosi, con conseguente incremento dei consumi elettrici, è opportuno l’impiego di sorgenti ricche di radiazioni ‘attivanti’, ossia con elevata temperatura di colore. Durante le ore serali è opportuno ridurre i flussi luminosi, purché però siano rispettate le esigenze visive, tenendo conto anche del fatto che con bassi valori di illuminamento non sono gradite elevate temperature di colore. In sintesi seguendo uno schema logico viene fornita la struttura del processo di progettazione illuminotecnica a partire dall’approccio metodologico realizzando le seguenti fasi successive ed interrelate: 1. Definizione del clima luminoso allo stato attuale sia interno che esterno: • Caratterizzazione e classificazione dal punto di vista dei compiti visivi dei diversi ambienti interni ed esterni in relazione ai requisiti minimi suggeriti dalla normativa vigente. • Definizione ed attribuzione delle caratteristiche fisiche, termo fisiche ed ottiche delle superfici (indagini comparative da letteratura tecnica in materia, rilievi diretti ed anche fotografici). • Attribuzione dei colori alle superfici: misure con spettrofotometri ad orientamento orizzontale e verticale in riflettenza e trasmissione (considerando la radiazione speculare diffusa inclusa ed esclusa). • Caratterizzazione dei corpi illuminanti esistenti: analisi comparative da letteratura tecnica, misure dirette con luminanzometri per rilievo della sorgente e della luce riflessa; utilizzo di colorimetri digitali a luce incidente per misure di LED e di diverse sorgenti in termini di illuminamento e di cromaticità. • Individuazione e classificazione dei punti luce e dei corpi illuminanti; caratteristiche fotometriche degli apparecchi illuminanti. 2. Misure illuminotecniche (misure di livelli di illuminamento, di luminanza e colorimetriche, destinate sia a superfici che ai corpi illuminanti).


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In particolare per gli ambienti interni: individuazione delle differenti superfici/pareti trasparenti e delle loro caratteristiche fotometriche e radiometriche 3. Misure illuminotecniche (misure di livelli di illuminamento, di luminanza, colorimetriche, destinate sia a superfici che ai corpi illuminanti, ed eventualmente ergonometriche e percettive) in presenza di sola luce naturale, sola luce artificiale e combinazione delle due, ad esempio in giorni tipo caratteristici e in condizioni cautelative 4. Analisi dei dati misurati e rilevati 5. Simulazione illuminotecnica dello stato di fatto e validazione/calibrazione del modello illuminotecnico 6. Valutazione degli indicatori per la corretta visione, abbagliamento e contrasto 7. Calcolo e Verifica dei consumi energetici e degli indici LENI ed ELI allo stato di fatto. In particolare, insieme a questi indici si devono elaborare alcuni risultati molto importanti per la valutazione della luce e dell’illuminazione all’interno del volume dell’ambiente e su differenti superfici significative e rappresentative: • Rappresentazione della distribuzione dell’illuminamento medio, massimo e minimo. • Rappresentazione della distribuzione delle luminanze medie, massime e minime Calcolo dei rapporti di illuminamento. • Calcolo dei rapporti di luminanza. • Verifica dell’omogeneità dell’illuminamento in ambiente. • Verifica dell’equilibrio della luminanza in ambiente. • Calcolo del fattore di contrasto. • Verifica dell’abbagliamento. • Calcolo della dose massima di luce annuale (LO, kWh/ m2 anno). • Calcolo del fattore LENI (Light Energy Numeric Indicator) ai sensi della UNI EN15193 Calcolo del fattore ELI (Ergonomic Lighting Indicator). 8. Individuazione delle criticità: • Confronti con i valori limite previsti dalla normativa vigente per sicurezza, ma anche ergonomia della visione, comfort e salute. • Analisi dei compiti visivi richiesti e del tipo di attività svolte dai diversi soggetti/operatori, per garantire il benessere visivo: qualità visione e percezione. 9. Proposte progettuali illuminotecniche: individuazione e definizione di una e/o più soluzioni di illuminazione per le diverse zone (interne ed esterne) 10. Analisi delle condizioni illuminotecniche (nuovo clima luminoso) fornite dalle soluzioni proposte (sia per l’ambiente esterno che interno) attraverso la simulazione illuminotecnica 11. Valutazione degli indicatori per la corretta visione, qualità della visione e percezione,

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abbagliamento e contrasto ottenuti dai risultati delle simulazioni illuminotecniche delle soluzioni progettuali proposte per gli ambienti interni ed esterni 12. Calcolo dei consumi energetici e degli indici LENI ed ELI allo stato di progetto 13. Confronto dei risultati ottenuti tra la condizione allo stato di fatto e allo stato di progetto. Linee guida per l’illuminazione esterna: La tecnologia tecnica di illuminazione allo stato solido offre, oltre alla possibilità di ottenere un’intensità variabile della luce ed una gamma potenzialmente infinita di colorazioni, l’assenza di raggi ultravioletti, un’interessante facilità d’uso e ridottissimi costi di esercizio. L’utilizzo di sistemi LED, attraverso la loro sostituzione e/o inserimento ex novo, nello spazio esterno libero o progettato e nei percorsi connessi alle vie ed altrettanti percorsi interni, permette di avere il controllo continuo dei livelli di illuminamento e quindi integrato alla sensoristica di presenza, di garantire il monitoraggio continuo delle zone esterne, dei percorsi e delle persone. Risulta anche possibile integrare un sistema di telecontrollo per ogni punto luce per monitorare lo stato delle lampade e rilevare eventuali anomalie. L’operatore incaricato potrà così, grazie al software di supervisione scelto, segnalare immediatamente alla squadra di manutenzione dove intervenire per ripristinare l’illuminazione di sicurezza necessaria. La stessa amministrazione scolastica avrà in ogni momento la possibilità di controllare il funzionamento degli impianti ed aumentare la qualità e l’affidabilità dell’illuminazione. Gli obiettivi cruciali sono: • Contenimento dell’inquinamento luminoso e salvaguardia ambientale dello spazio circostante la scuola ed i suoi ambiti. • Controllo e miglioramento dei fattori di resa del contrasto e maggiore accessibilità/fruibilità degli spazi. • Progettazione coordinata ed integrata per la commistione tra luce naturale ed artificiale in regime dinamico, prevista per campo visivo statico e dinamico. • Ottimizzazione degli impianti esistenti di illuminazione, delle reti e centraline elettriche nonché dei cablaggi. • Riduzione dei consumi energetici. • Riduzione dei costi di gestione e manutenzione. In particolare dovranno essere garantiti i seguenti requisiti: • Controllo del flusso luminoso direttamente inviato al di sopra del piano dell’orizzonte. • Adozione dei valori minimi di luminanza e di illuminamenti previsti dalle norme a


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seconda della tipologia di vialetto/strada/cortile piazza e suoi annessi percorsi o ambito specifico da illuminare. Adozione di lampade ad elevata efficienza compatibilmente con le condizioni d’uso e di esercizio. Ottimizzazione degli impianti in termini di minimizzazione delle potenze installate e massimizzazione dei rapporti interdistanze ed altezza dei sostegni. Adozione di sistemi per il controllo ed eventuale riduzione del flusso luminoso. Riduzione dell’abbagliamento diretto e controllo dei gradienti di luminanza. Controllo dell’uniformità del flusso luminoso e dei livelli di illuminamento. Controllo del fattore di resa del contrasto locale.

Linee guida per l’illuminazione interna: Sarà necessario ottenere la corretta commistione di luce naturale con quella artificiale attraverso il controllo del contenuto spettrale della radiazione luminosa risultante (la luce naturale presenta difatti uno spettro continuo caratterizzato da tutte le lunghezze d’onda nel campo del visibile in quantità simili e confrontabili, ma con prevalenza della lunghezza d’onda relativa al colore verde), tant’è che la rispondenza del fattore medio di luce diurna a quello suggerito dalla normativa vigente è condizione necessaria, ma non sufficiente. È noto come la luce naturale influenzi l’attività mentale del soggetto in termini di aumento dello stimolo lavorativo, miglioramento del ritmo circadiano, della capacità di concentrazione e di ritardo della stanchezza. Alcuni studi hanno dimostrato che la massimizzazione dell’illuminazione con luce naturale determina un aumento della capacità di attenzione oltre il 15%, dell’attività del pensiero logico del 9 %, della sicurezza e velocità di calcolo del 5%. La progettazione della e con la luce artificiale deve essere dunque finalizzata all’impiego delle attuali e più innovative tecniche di illuminazione allo stato solido che consentono la regolazione del flusso luminoso e della temperatura di colore variando contemporaneamente il corrispondente spettro di emissione o colore della luce. Ciò significa che i corpi illuminanti con sorgenti LED del tipo white tunable, saranno scelti e controllati in base alle loro specifiche caratteristiche fotometriche (colore della luce ovvero spettro di emissione, temperatura correlata di colore, potenza assorbita, intensità luminosa, flusso luminoso, curva fotometrica e quindi efficienza e rendimento totale della lampada), alla possibilità di regolarne il flusso luminoso e la temperatura di colore, in funzione dell’ergonomia della visione che produce benessere, gradevolezza, maggiore concentrazione ed efficienza per lo svolgimento di diversi compiti visivi e soprattutto per la salute ed il cosiddetto well-lighting. Anche per l’illuminazione indoor (specie nell’ottica della massimizzazione di uso della luce naturale)

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l’impiego di sorgenti LED (con tecniche di regolazione del flusso luminoso e della temperatura di colore della luce emessa) consente di applicare sistemi avanzati di controllo e regolazione del tipo DALI e/o COB rendendo custom gruppi di corpi illuminanti e controllando il tutto tramite il sistema Konnex e quindi di avere consumi di energia minori con una riduzione significativa del valore dell’indice LENI. Inoltre, le fasi di manutenzione sarebbero praticamente azzerate considerando che il tempo di vita di un LED è di circa 50000 ore, che i corpi illuminanti utilizzati non solo dispongono di particolari sistemi antipolvere e dispersione con raffreddamento dell’ottica secondaria, ma le stesse manutenzioni verrebbero ridotte al minimo azzerandone complessivamente i costi. È bene sottolineare che la scelta del tipo di illuminazione ha un forte impatto sulla produzione di anidride carbonica nel mondo, sulle problematiche di imballaggio e di smaltimento. Gli obiettivi cruciali sono: • Contenimento e controllo della formazione di ombre multiple e di riflessi. • Miglioramento ed uso del contrasto cromatico piuttosto che luminoso. • Maggiore accessibilità/fruibilità degli spazi per mezzo di linee guida luminose. • Progettazione coordinata ed integrata tra luce di base e luce di accento per specifici compiti visivi. • Flessibilità del sistema, impiego di sistemi modulari, di binari elettrificati e dimmeraggio dei corpi illuminanti. • Ottimizzazione degli impianti di illuminazione: apparecchi a testa mobile o con colorazioni variabili di dimensioni contenute, con possibilità di cambiare tonalità e intensità luminose attraverso regolatori di flusso connessi a rilevatori dei livelli di illuminamento dovuti alla luce naturale. • Sicurezza che comporta la visibilità degli oggetti e del campo di lavoro, la percezione degli ostacoli pericolosi e la necessità di associare l’illuminazione con la segnaletica di emergenza o pericolo. • Comfort visivo, human centric lighting, sustainable lighting dunque qualità della percezione, ergonomia della visione e salute e/o well-lighting. • Riduzione dei consumi energetici. • Riduzione dei costi di gestione e manutenzione. In particolare dovranno essere garantiti i seguenti requisiti: • Controllo e modulazione della radiazione solare visibile entrante in ambiente anche tramite l’impiego di materiali nanostrutturati, di pellicole olografiche, pellicole fotocromiche e/o basso emissive, aerogel, sistemi a fibra ottica.


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• Controllo della necessità di inserimento e verifica dell’efficacia di sistemi di schermatura da applicare alle pareti trasparenti. • Controllo dell’uniformità del flusso luminoso e dei livelli di illuminamento. • Controllo dell’equilibrio delle luminanze in ambiente. • Controllo del fattore di resa del contrasto. • Controllo del valore del fattore medio di luce diurna. • Equilibrio tra illuminazione di base e di accento, utilizzando la tipologia di luce radente e ad esempio il tipo di luce wall-washer a carattere dinamico. • Bilanciamento tra livelli di illuminamento dovuti alla luce naturale ed artificiale per illuminazione dinamica impostata sull’interazione tra colore della luce e ritmi circadiani, attraverso l’impiego di sensori di presenza, dispositivi di regolazione del flusso luminoso e della temperatura di colore delle sorgenti in collegamento con sensori di illuminamento dovuto alla radiazione solare entrante in ambiente. • Controllo dell’abbagliamento diretto, indiretto e di velo nel campo visivo statico e dinamico. • Controllo dei valori di illuminamento di base mantenuto nella zona del compito e nella zona immediatamente circostante. • Valutazione e verifica dei valori dei rapporti di illuminamento e di luminanza. • Calcolo e verifica degli indici di abbagliamento. Tenendo conto che un buon progetto illuminotecnico deve puntare alla massimizzazione d’uso della luce naturale ed al controllo della radiazione solare anche dal punto di vista termico, è necessario calcolare e verificare il valore dei seguenti parametri: 1. Fattore medio di Luce Diurna (FLDm), rappresenta il rapporto tra l’illuminamento dell’ambiente interno e l’illuminamento esterno, misurato su una superficie di riferimento orizzontale (indice adimensionale), e può essere considerato come l’indice principale di riferimento. Negli edifici scolastici, ad esempio, viene richiesto un FLDm pari al 3% per gli ambienti didattici e all’1% negli spazi di distribuzione e nei servizi igienici. Questo indice tiene in considerazione la geometria dell’ambiente e delle superfici vetrate, così come le loro proprietà ottiche (trasmissione e riflessione luminosa). Trascura però l’orientamento e la posizione geografica, oltre che gli effetti della radiazione solare diretta e dei cambiamenti delle condizioni climatiche. 2. Daylight autonomy (DA), o autonomia di luce diurna, quantifica, in funzione delle ore di occupazione, la percentuale di tempo in cui la luce naturale è sufficiente per svolgere il compito visivo richiesto, senza affaticamento. Si considera accettabile un valore compreso tra il 40% e il 60%.

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3. Spatial daylight autonomy (sDA), o autonomia di luce diurna spaziale, indica la percentuale di spazio che, durante le ore di occupazione, riceve una quantità sufficiente luce naturale (circa 300 lux per almeno il 50% del tempo nell’arco dell’anno), trascurando però l’uniformità di illuminazione. Metodo approvato dalla Illuminating Engineering Society (IES LM-83-12). 4. Useful daylight index (UDI), o illuminamento utile da luce diurna) considera le condizioni di variabilità del cielo e definisce, secondo diverse fasce orarie, dei valori massimi di illuminamento. Lo scopo è valutare quanto spesso, nell’arco dell’anno l’illuminamento è compreso tra 100 e 2000 lux in ogni ambiente: sotto i 100 lux il contributo di luce naturale può considerarsi nullo, mentre oltre i 2000 lux ci possono essere fenomeni di discomfort visivo (abbagliamento) e termico. 5. Annual sunlight exposure (ASE), o esposizione solare annuale, definisce quanto spazio, in termini percentuali, riceve una quantità eccessiva di luce diretta (in genere assunta pari ad almeno 1000 lux per tempo di almeno 250 ore) Metodo approvato dalla Illuminating Engineering Society (IES LM-83-12). 6. Annual light exposure (ALE), o esposizione di luce annua, quantifica la luce visibile diretta ed indiretta (quindi tiene in considerazione gli effetti di eventuali schermature) che raggiunge un punto durante un anno [klux ∙ h/anno]. È inoltre molto importante controllare la distribuzione luminosa per evitare contrasti ed abbagliamenti eccessivi. Per la valutazione dell’abbagliamento esistono due indici: il Daylight Glare Index (DGI), relativo all’illuminazione naturale, ma con qualche limite legato alla determinazione di alcuni valori che entrano in gioco, e lo Unified Glare Rating (UGR) più indicato per la valutazione del disturbo da illuminazione artificiale. È molto importante che questi indici siano utilizzati in funzione del compito visivo richiesto dall’ambiente in esame. Quando la luce naturale non è sufficiente, entra in gioco l’impianto di illuminazione artificiale, dimensionato per garantire gli stessi livelli prestazionali anche in totale assenza di luce naturale (si immagini una giornata piovosa invernale o di cielo completamente coperto).


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Bibliografia Balocco C., Grazzini G. 2000, Thermodynamic parameters for energy sustainability in urban areas, «Solar Energy», Vol.69, no.4. Balocco C., Cecchi M. 2020, Adaptive reuse, refurbishment and conservative rehabilitation of Cultural Heritage by means of Quality and Energy Sustainable Lighting, «Int. Journal of Physics: IOP Conf. Ser.: Mater. Sci. Eng.», no. 949. Balocco C., Leccese F. Volante, G., Salvadori G. 2020, Modelling Sustainable Lighting with Eyetracker and Spatial Syntax techniques, «Int. Journal of Physics: IOP Conf. Ser.: Mater. Sci. Eng.», no. 949. Balocco C., Volante G. 2019, Luce per la ricostruzione filologica e la riconfigurazione architettonica dello spazio. Studio della Biblioteca di Santa Marta, «Rivista LUCE», no. 328. Bejan A. 1997, Advanced Engineering Thermodynamics, 2nd ed., Wiley, New York. Bejan A. 1988, Advanced Engineering Thermodynamics, Ed. Wiley. Bejan A. 2000, Shape and Structure, from Engineering to Nature, Cambridge University Press. Bejan A., Lorente S. 2004, The constructal law and the thermodynamics of flow systems with configuration. «Int. J. of Heat and Mass Transfer», no. 47 (14–16), pp. 3203–3214. Brillouin L.1962, Science and information theory, Academic Press, New York. Brillouin L. 1964, Scientific Uncertainty and Information, AP, Academic Press, New York. Butera F., Beccali M., Parisi E. 1999, Fisica Tecnica Ambientale, Paravia Scriptorium Torino. Çengel Y. A., Dall’Ò G., e al. 2020, Termodinamica e Trasmissione del calore, McGraw Hill.

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Spazi d'ombre (2021)


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Una scuola che si recinge è una scuola che taglia i rapporti ed i contatti indispensabili alla sua stessa attività educatrice. Giovanni Michelucci (Borsi, 1966, pp.279)

Dal Dopoguerra, l’architetto Giovanni Michelucci si è più volte, e in più occasioni, interrogato su cosa avrebbe potuto essere la scuola nel futuro prossimo; sia dal punto di vista del progetto pedagogico che di quelli architettonico e urbano. Sostenendo che la didattica dovesse essere esperienziale, e non solamente nozionistica; alludendo alla possibilità che potesse assomigliare alla scuola di vita che si apprende giocando in piazza o in strada – in quella che lui stesso chiamava “città-scuola” (Michelucci 1960, p.214) –; prefigurando che l’educazione scolastica dovesse essere anche orizzontale e partecipata piuttosto che solamente verticale e gerarchica, e che dovesse essere anche propositiva piuttosto che solamente impositiva, Giovanni Michelucci, con radicale lungimiranza e largo anticipo rispetto al dibattito attuale sull’innovazione scolastica, arrivò a sostenere candidamente e con fermezza che la scuola dovesse aprirsi alla città, che le aule non dovessero essere lo spazio più importante in cui gli studenti si sarebbero potuti trovare a fare lezione (Michelucci, 1966, p.280) e che la didattica tradizionale si sarebbe dovuta integrare con tutte quelle forme quotidiane di “educazione incidentale” (Michelucci 1960, p.208) che la “città-scuola” offre al vaglio dell’educatore e ad ogni esperienza diretta di crescita degli alunni. Rivolgendosi ai pedagoghi il maestro toscano proporrà di “fare in modo che i muri si adattino alla vita” per stimolare l’allievo al pensiero di un ‘edificio scolastico variabile’, caratterizzato dalla vita di ogni giorno, e capace di adeguarsi all’uso e alla funzione della giornata” (Cecconi, 2004, p.31) ovvero “uno spazio in cui ogni fanciullo ora per ora possa costruire un suo ambiente ad immagine del suo mondo e del suo momento” (Michelucci 1960, p.215). Sostenendo che l’aula non dovesse più essere il luogo privilegiato per svolgere attività didattica, impartire lezioni o fare educazione all’interno dell’edificio scolastico, Michelucci suggerisce in particolare due distinti ambiti di ricerca, tutt’oggi validi, con cui tradurre in termini simone barbi


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architettonico-urbani il rapporto ambiguo, eppur necessario, tra “scuola istituzione” e “scuola parallela” (Michelucci, 1983, p. 4): • Promuove il concetto di “non-aula” a partire dall’idea di “scuola all’aperto” (Michelucci, 1966, p.281); entrambe suggestioni all’avanguardia, quasi utopiche, ma, oggi esattamente come allora, non irrealizzabili e certamente stimolanti se poste a fondamento delle soluzioni da prefigurare col progetto. • Propone di lavorare, all’interno della scuola, sulle potenzialità degli spazi serventi, suggerendo che il corridoio – luogo comunemente considerato di importanza minore rispetto all’aula – se progettato con cura e generosità, fosse lo spazio più indicato per lo sviluppo di una nuova esperienza di apprendimento, esattamente come avviene in città per la vita in strada o in piazza in confronto a quella di casa. Ad esempio, i corridoi della scuola Roncalli a Pistoia, incredibilmente ampi, possono sembrare inutilmente sovradimensionati e invece riescono a “dare grande rilievo a uno spazio libero nel quale il tradizionale rapporto proporzionale fra ‘spazio attivo’ (dove si lavora) e ‘spazio passivo’ (sale d’aspetto, gallerie di transito) risulti invertito, attribuendo a questo secondo spazio una ‘funzione liberatoria’ in cui gli individui possano muoversi o sostare, meditare, scherzare, leggere a loro piacimento, fare comunque qualcosa che esuli dalle attività imposte, dove generalmente si concretizza il normale lavoro quotidiano” (Cecconi, 2004, p.31). Impasse Le riflessioni appena elencate, pubblicate e discusse tra il ’49 e gli anni ottanta, sono (ancora) oggi al centro del dibattito sulla nuova scuola. Si possono ritrovare, tra gli altri, nelle linee guida del D.M. 11 aprile 2013; nei report dalla “Fondazione Giovanni Agnelli”1; nelle proposte che emergono dalle ricerche di Indire2; si ritrovano anche in vari contributi registrati nel corso delle quattro sessioni della Festa dell’Architetto che il CNAPPC ha dedicato nel 2021 al tema della scuola, intitolato “Costruire l’educazione. Il progetto dei luoghi della scuola come misura del futuro”3.

cfr. https://www.fondazioneagnelli.it/. Cfr. https://www.indire.it/progetto/architetture-scolastiche/ e in particolare https://www.indire.it/wp-content/ uploads/2019/02/Laula-si-%C3%A8-rotta-EPUB.pdf. 3 Cfr: il link del sito https://architettiperilfuturo.it/ e i link youTube alle sessioni della Festa dell’Architetto 2021 centrate sul tema della Architettura scolastica:< https://www.youtube.com/watch?v=fHXxPHxx3Oc> (12/21), parti consigliate: Indire 23:40 – 44:40min. circa; Giulio Ceppi 51:26 – 1h 07min. circa; Fondazione Agnelli (parte iniziale – dati) 1h 07 – 1h 27min. circa; Mario Cucinella 1h 47 – 2h 07min. circa; Patrizio Bianchi 2h 08 – 2h 34 min. circa; e <https://www.youtube.com/watch?v=XE0Lg27ar30> (12/21), parti consigliate: Dibattito 1h 15 – 2h 28min. circa; Presidente Cappochin 3h 12 – 3h 19min. circa. 1 2


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A distanza di decenni, il dibattito sul progetto dello spazio educativo è ancora sostanzialmente ‘fermo’ alle intuizioni della generazione di Michelucci, incapace, com’è stato finora, di mettere in atto un concreto cambiamento di paradigma, sia pedagogico che spaziale e legislativo. L’impasse che ne emerge, permette di evidenziare alcune questioni non banali a proposito del lavoro dell’architetto e di come le idee, condensate in proposte concrete, innovative o addirittura radicali, possano non trovare il giusto ‘terreno’ o le condizioni migliori per crescere, se il tempo e le contingenze della ‘semina’ non sono favorevoli. Quello dell’architetto è un mestiere di pre-figurazione del futuro, votato a prendere in carico problematiche che, sovente, ancora non esistono ma che devono essere individuate all’orizzonte, portate nel progetto e tradotte in soluzioni spaziali conformi ed efficaci. Può capitare che queste soluzioni siano in parte o del tutto inedite. Talvolta, arrivando con troppo anticipo, queste visioni si scontrano con lo status quo; con necessità più impellenti, o alternative, e apparentemente altrettanto efficaci o più facilmente realizzabili – vedi la precedenza accordata, dalla programmazione politico-economica degli ultimi anni, alla informatizzazione digitale della didattica – ; con la difficoltà di attuare determinate proposte dal punto di vista legislativo contingente; con l’ostracismo4 che determinati cambiamenti o novità possono registrare nell’opinione pubblica, in generale, e nei diretti interessati, in particolare. Se in almeno settant’anni di storia italiana il dibattito non ha, di fatto, apportato cambiamenti legislativi significativi, questo ci fa capire che probabilmente il problema della Scuola va cercato, in primis, nella “monolitica e marmorea incapacità di aggiornarsi”5 (Baricco, 2021) del sistema educativo nazionale; nella inerzia legislativa in seno alle istituzioni, e nella gestione para-emergenziale – e dunque anti-sistemica – in cui in più riprese ci si è trovati a dover costruire. Sul fronte della disciplina architettonica, in questa nuova stagione di transizione in cui ci troviamo ad operare: la ricerca tipologica, ferma a una quarantina di anni fa, ha spesso lasciato il passo a sperimentazioni parziali, energetiche, organizzative, gestionali, che hanno costretto le scuole 4 Basti riflettere sulla diffidenza che i programmi educativi sperimentali possono riscontrare nella opinione pubblica, composta da individui che avendo fatto esperienza diretta di metodi educativi “tradizionali”, tenderanno sempre a preferire un sistema imperfetto ma dagli esiti comprovati e verificabili, piuttosto dell’incertezza che sempre avvolge un programma di sperimentazione al suo avvio. Stessa preoccupazione si può certamente riscontrare nei genitori/tutori degli alunni. Altre motivazioni, pur sempre orientate al mantenimento dello status quo, si possono registrare tra la popolazione insegnante, soprattutto quella delle generazioni abituate ai metodi “tradizionali”. Con questo termine “tradizionali”, forse improprio, ci si riferisce principalmente all’uso estensivo della lezione frontale; della statica disposizione dei banchi; dell’uso quasi esclusivo dell’ambiente “aula”; delle valutazioni impartite sulla base di test e interrogazioni; del ricorso a programmi didattici uniformati e calati dall’alto, piuttosto che fortemente individualizzati per ciascun alunno, sia nei tempi che negli argomenti. 5 Baricco A. 2021, Le sette mosse sulla scuola. Lezione on line organizzata da Indire il 2 settembre 2021 link: <https:// www.youtube.com/watch?v=NIq4jt7rJY0&t=6998s> (12/21).

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all’interno di farraginosi contenitori informi che, persa la necessaria ambizione ad una coralità di contributi sommati a partire dalla composizione, si sono accontentate di sviluppare un solo aspetto disciplinare a discapito del tutto (Ferrari, 2016, p.43). Quale scuola fare? C’è da chiedersi dunque cosa sia veramente utile fare, come architetti, in questo scenario. Una prima, smaliziata, considerazione, che ogni progettista arriva a sostenere nel momento in cui si trova, oggi, a dover licenziare un progetto di concorso per un nuovo plesso scolastico in Italia, è pressoché la seguente: lavorando nelle condizioni attuali si finirà sempre col licenziare progetti frustrati nelle loro ambizioni radicali, e accontentarsi di ottenere, nei casi migliori, una elevata qualità costruttiva. Questo perché le interessanti linee di guida del 2013 finiranno sempre per soccombere al D.M. 18 dicembre 1975, legge vecchia quarantacinque anni – ma data la velocità con cui è cambiato, sta cambiando e cambierà il mondo del lavoro, e di conseguenza quello della scuola (Kuhn, 2012), sembra essere ancora più arretrata – che, negando, tra le altre cose, la possibilità di ridistribuire le superfici tra le varie destinazioni d’uso o incoraggiando de facto la chiusura della scuola verso l’esterno, lega le mani a progettisti, pedagoghi, dirigenti scolastici e soprattutto limita enormemente i docenti nella possibilità di sperimentare soluzioni alternative per l’educazione o metodologie formative nuove – o rinnovate – rispetto alla lectio ex-cathedra. C’è da chiedersi anche cosa sia veramente utile fare, come progettisti impegnati in ricerche progettuali in ambito universitario, in questo scenario. Nel caso di una progetto svolto in Università spesso la figura dell’architetto-studente è sola. Manca il confronto con il dirigente, con il quale scegliere l’orientamento pedagogico per la scuola oggetto di studio; mancano uno o più esperti di pedagogia coi quali discutere le possibili necessità educative da tradurre in spazi adeguati allo scopo; manca il responsabile referente per la pubblica amministrazione, in grado di accogliere le istanze di tutti gli stakeholders interessati dal progetto della nuova scuola, e preparare il terreno affinché si possano sintetizzare e realizzare in un programma di comunità. Se delle quattro figure fondamentali appena elencate, da coinvolgere in modo sinergico nel processo di progettazione di una nuova scuola (Roda, 2018), solo una è presente all’appello il progetto finirà necessariamente con l’essere una approssimazione. Perché dunque non cogliere l’occasione per sfruttare questa condizione di ‘solitudine programmatica’, alleggerire il dato realistico – legato ai decreti – e potenziare quello sperimentale, in modo da tentare di proporre dei miglioramenti rispetto a ciò che dello status quo non funziona più?


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Rimasto solo, l’architetto-studente ha varie opzioni: può fare una istruttoria tra i modelli della tradizione architettonica6, sceglierne uno da adattare al programma della esercitazione e trascriverlo nel luogo prescelto; può dedicarsi allo studio delle linee pedagogiche più rodate o innovative, sceglierne una in base a valutazioni personali, più o meno giustificabili, e partire da lì; oppure può evitare di “indovinare” e limitarsi a fare il proprio mestiere ovvero i muri, lo spazio, pensando la costruzione nel dettaglio. Se la prima opzione è sempre valida – basti pensare alle infinite variazioni che si possono trarre astraendo i due impianti-modello delle scuole che Aldo Rossi realizza a Fagnano Olona e Broni (Ferraris, 2016, p.20) – purché non si corra il rischio di forzare un contenuto in un contenitore improprio; la seconda rischia di distogliere l’attenzione dai temi disciplinari, costringendo a disegnare layout sperimentali, più simili a diagrammi concettuali che a spazi costruibili, o a far affidamento al solo arredo7. La terza via è dunque quella che ci sembra più interessante esplorare. Questa implica che se il ‘Cosa’, la scuola, oggi non ha caratteristiche programmatiche univoche, è in continuo stato di crisi e in costante ricerca di definizioni. In fin dei conti si può lavorare, da architetti, solo sul ‘Come’: abbozzando edifici ben fatti e aperti alla città, dotati di una struttura espressiva e significante e un involucro performante e disegnato con caratteri comprensibili al contesto; perseguendo col progetto una certa “flessibilità, aggiornabile in velocità” (Baricco, 2021) da tradurre nella ‘genericità’ dello spazio interno in modo che sia accogliente, generoso e non incatenato ad una singola funzione. La scuola di domani potrebbe essere (anche) una scuola Quando Adolf Loos sosteneva che il vestito da ballo della donna, destinato a vivere solo una notte, muterà più presto che non una scrivania. Ma guai se si dovrà cambiare la scrivania altrettanto presto quanto il vestito da ballo, perché la sua forma è diventata insopportabile. In tal caso il denaro speso per quella scrivania sarebbe perduto. (Loos, 2003, pp. 224-225)

raccomandava proprio la necessità di evitare di disegnare un progetto con spirito funzionalista perché l’architettura che esprime una funzione è penosa. Se l’edificio è buono, vive più a lungo di essa. Questo è il nodo concettuale della continuità della città. (Costanzo, 2005) Cfr. Bitonto A., Giordano F. 1995, L’architettura degli edifici per l’istruzione, Officina, Roma. Cfr. l’interessante approccio di Rosan Bosch https://rosanbosch.com/en/approach/learning-spaces-need-enable-and-motivate-every-learner in cui non si può non ravvisare anche una pervasiva, e per questo preoccupante, preferenza per la natura scenografica dello spazio educativo, abitato da coloratissime macchine ludiche, mobili o semi-mobili, di forme e materie diverse in risposta a differenti tipologie di “learning situation”. 6 7

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E questa riflessione è utile soprattutto nell’ambito del progetto di una scuola, che oggi non può, e non deve più, essere solamente una scuola. Leggendo i dati della situazione italiana di questa istituzione, emerge chiaramente una contraddizione dalla quale discendono molti dei problemi che affliggono il parco edifici che la ospitano, primi tra tutti le diseconomie d’uso e di manutenzione che ne hanno trasformato la massa critica, quella costruita dagli anni Sessanta agli anni Ottanta, in “ruderi” energetici e tipologici. […] La contraddizione sta nella parziale negazione della sua funzione pubblica: la scuola ha infatti, regole d’accesso ben definite, si apre e si chiude e, di conseguenza, la sua fruizione non è libera8. (Miceli, 2021, p.103)

Oggi dunque sarebbe inutile pensare a degli edifici monofunzionali a vocazione scolastica, perché se al fianco della parola ‘scuola’ considerassimo di avere sempre ‘del domani’, allora dare una risposta in termini architettonici e urbani al problema della scuola, dovrebbe significare anche dare una risposta in termini architettonici e urbani ai ‘problemi’ del quartiere di cui fa parte. Andando oltre, nella logica di self sustainable economy una scuola oggi potrebbe davvero essere molto di più di una istituzione educativa, ovvero un centro di produzione energetica, un hub per l’accesso ad internet e ai servizi primari, condivisi tra la popolazione scolastica e la cittadinanza, possibilmente per almeno 18 ore al giorno, 7 giorni su 7. Essendo un investimento pubblico si dovrebbe dunque cogliere l’occasione di re-inquadrare l’edificio scolastico come un centro sociale. Cercando per questa visione una traduzione nazional-popolare, comprensibile e storicamente ammiccante a quell’esotico ‘civic center’ di cui parla il D.M. 2013, si potrebbero evocare le ‘case del popolo’ o gli ‘oratori’, senz’altro seguiti dall’immancabile suffisso 2.0. Questi nuovi “grumi” (Michelucci, 1967, p.97) dovrebbero essere “spazi di comunità non confessionale, aperti alla eterogeneità civica ed etnica contemporanee, in grado di coprire un vuoto d’offerta e integrare uno spazio di mercato […] caratterizzati da un mix funzionale in rinnovamento costante, in grado di tenere insieme anime diverse, evitando il vuoto, l’assenza, l’incuria” (Miceli, 2021, p.105) Queste considerazioni risultano interessanti soprattutto se legate al problema demografico che investirà la scuola nei prossimi anni. “La popolazione scolastica che era circa di 9 milioni di studenti nel 2015 decrescerà a circa 7,8 milioni nel 2028 con una riduzione sensibile che acuirà il problema della sostenibilità prospettica, ma già oggi presente, del modello di gestione degli edifici scolastici, nei quali oltre il 30% degli spazi attuali 8 Ezio Miceli 2021, Sulle alleanze sociali ed economiche per la scuola, in Scuola social impact. Far ripartire il paese dalla scuola, di Femia A., 500x100 Publishers, p.103.


sul progetto della scuola, la sua relazione con la città e il ruolo del terzo spazio • simone barbi

– circa sette milioni e mezzo di metri quadrati - risulteranno inutili o inutilizzati” (Femia, 2021, p.107). Alla luce di questi dati sembra utile cogliere col progetto l’occasione per immaginare un edificio civile, un “social hub” (Femia, 2021) ricco di servizi per il quartiere e di molteplici destinazioni d’uso in grado di convivere con quella didattica, collocato preferibilmente in prossimità di un parco pubblico, e al cui interno, oltre alla scuola, possano trovar posto gli spazi per lo sport, eventuali biblioteche, auditorium, ma anche studentati, spazi ricreativi, servizi e poli tecnologici (Femia, 2021, p.17-25 e 66-71), e perché no: una ‘guardia medica’, uffici per il giudice di pace o spazi simili ad un Centro anziani. Questi ultimi saranno edifici complementari, saldati alla scuola ma proiettati verso la città, da rendere accessibili sia dalle aule, in sicurezza, che dall’esterno, separando i flussi e gli orari d’uso; saranno luoghi di ritrovo, per lo studio o il lavoro o lo svago di studenti, genitori, pensionati, associazioni, operatori del terzo settore, prima, e oltre, che un parcheggio per i figli nelle ore e giorni lavorativi. Sul ruolo del terzo spazio nella riscrittura della scuola come edificio comunitario A questo proposito è evidente che nell’ottica di una scuola che ricopra il ruolo di ‘socio di maggioranza’ all’interno di un edificio civile, posto al centro di un quartiere, che ospiti diverse funzioni aperte all’uso della comunità, si dovrà intervenire sulla riprogettazione degli spazi esterni in virtù del potenziamento del ruolo urbano che questo edificio pubblico andrà a ricoprire. Eliminare i parcheggi di pertinenza e prossimità – che oggi si sostituiscono tristemente al basamento delle nostre scuole – dovrebbe costituire la prima strategia da mettere in atto col progetto, in modo da ridisegnare lo spazio pubblico limitrofo, aumentare gli accessi ciclo-pedonali e gli spazi inter-esterni attorno al complesso edilizio. Ancor prima di intervenire sulle problematiche energetico-ambientali interne, i tre scenari descritti sarebbero già sufficienti a modificare radicalmente il volto e il ruolo di una scuola, perché da un lato favorirebbero indirettamente un incentivo all’incremento della mobilità dolce nel quartiere e la conseguente drastica riduzione di traffico e rumore nelle ore di ingresso ed uscita da scuola, dall’altro offrirebbero nuovi luoghi di riparo e socialità, né privati della sola scuola né pubblici del solo quartiere. Questi ultimi si potrebbero descrivere come spazi terzi, ovvero: logge, soglie di ingresso, entroni, terrazze, portici, altane e qualsiasi altra configurazione utile a destrutturare i bordi della scuola/edificio e ad accogliere la città, il quartiere e il paesaggio. Spazi a-programmatici, protetti, fatti d’ombre accoglienti, in cui stare, in attesa che qualcosa accada: l’ingresso o

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l’uscita da scuola, il turno per la palestra, l’accesso all’evento, la didattica all’aperto. Generose soglie urbane a disposizione della popolazione scolastica e dei relativi familiari, della classe insegnante, dei cittadini del quartiere e della città. Sono spazi che nelle sue opere Michelucci definisce: “attuali”, ovvero spazi in cui si è visti e si vedono gli altri; chi lavora o chi passeggia, chi è chiuso nei suoi pensieri e chi corre per ‘arrivare in tempo’; spazi ‘moderni’ in quanto esaltano la presenza della città e della società, ma che consentono al singolo di scegliere un proprio settore o angolo gradito e segreto. […] Spazi generosi, mediocri, spettacolari, intimi: sono in mille modi ma sempre come li hanno voluti gli uomini del tempo chiamando gli artefici a realizzarli. (Borsi, 1966, p.381)

Questi spazi inter-esterni9, che sono elementi imprescindibili della storia della tradizione costruttiva, architettonica e urbana d’Italia10 e, più in generale, del Mediterraneo, potrebbero certamente essere visti anche come un costo aggiuntivo, addirittura inutile, dell’opera pubblica, se solo l’Architettura fosse valutabile esclusivamente in metri cubi e funzioni. In realtà, se usati con metodo e collocati tenendo conto delle caratteristiche ambientali e delle relazioni visuali con le preesistenze, oltre a contribuire sovente in modo attivo alla risposta bioclimatica dell’edificio, de-strutturando l’immagine monofunzionale e chiusa della scuola, potrebbero contribuire a mutarne il carattere, incrementandone l’aura pubblica. Nell’approntare un progetto programmaticamente anti-funzionalista per un edificio civile, una scuola-centro di quartiere, sembra dunque interessante, se non decisivo, indagare come questo dispositivo spaziale inter-esterno – prettamente architettonico e non impiantistico, tecnologico, normativo o d’arredo – possa assolvere meglio di altri il compito di mediare i rapporti tra interno ed esterno, sfera pubblica e privata, istituzione e città e dunque risolvere con gli strumenti primi dell’architettura – geometria, luce e materia – la riconfigurazione del carattere civile dell’intera opera.

9 Cfr. Capitolo 5.3 “Sistemi di spazi inter-esterni” tratto da Rossi Prodi F, De Luca G., De Santis M., Gorelli G., Stanghellini S. 2013, Abitare sociale. Modelli architettonici e urbanistici per l’housing – Linee guida”, Alinea, Firenze. 10 “L’Italia è un paese dove la primavera, l’estate, l’autunno e l’inverno hanno pieno sviluppo, ed anche questo si vede nella sua architettura. Il freddo e il caldo non giungono a certi estremi; noi dobbiamo difenderci dall’uno e dall’altro, ma senza armi speciali: non abbiamo necessità di finestre piccolissime, né di enormi vetrate: da ciò uno dei caratteri più evidenti dell’architettura, che è un’equilibrata ripartizione di pieni e di vuoti. E un altro ancora: la possibilità di vivere dentro e fuori delle case consente la vibrante composizione degli spazi chiusi con gli spazi aperti; le logge i cortili, le pergole, i portici, le piazze, inseriscono l’architettura nell’ordine dell’urbanistica: i modi della vita individuale s’integrano nel colloquio cordiale”, Rogers E. N. 1955, La tradizione dell’architettura moderna italiana, «Casabella-continuità», no. 206, p.2.


sul progetto della scuola, la sua relazione con la città e il ruolo del terzo spazio • simone barbi

Bibliografia Bitonto A., Giordano F. 1995, L’architettura degli edifici per l’istruzione, Officina, Roma. Borri S. (a cura di) 2016, Spazi educativi e architetture scolastiche: linee e indirizzi internazionali, Indire, Firenze. Borri S. (a cura di) 2019, L’aula si è rotta. Come cambia l’edilizia scolastica in Europa e nel mondo, Indire, Firenze. Borsi F. 1966, Giovanni Michelucci, LEF, Firenze. Cecconi G. 2004, L’architetto e l’angelo detenuto, Bandecchi&Vivaldi, Pontedera. Costanzo M. 2005, Claus en Kaan: l’architettura dell’attenzione, Edilstampa, Roma. Femia F. 2021, Scuola social impact. Far ripartire il paese dalla scuola, 500x100 Publisher. Ferrari M. 2016, Di ogni ordine e grado. L’architettura della scuola, Rubbettino, Soveria Mannelli. Fondazione Giovanni Agnelli 2020, Rapporto sull’edilizia scolastica, Laterza, Bari. Kuhn C. 2012, Typology: schools, The Architectural Review, <https://www.architectural-review. com/essays/typology/typology-school> (01/22) Loos A. 2003, Parole nel vuoto, Adelphi, Milano. Miceli E. 2021, Sulle alleanze sociali ed economiche per la scuola, in Scuola social impact. Far ripartire il paese dalla scuola, A. Femia, 500x100 Publishers, pp. 103-106. Michelucci G. 1949, La scuola all’aperto, «Esperienza artigiana», no. 2, giugno. Michelucci G. 1954, La scuola all’aperto e l’urbanistica, «Vox», 1954, no.12, p. 7. Michelucci G. 1960, La scuola e la città. Appunti di un architetto, in Prospettive storiche e problemi attuali dell’educazione. Studi in onore di Ernesto Codignola, La Nuova Italia editrice, Firenze. Michelucci G. 1967, Lo spazio è il luogo dove l’uomo costruisce la sua storia, in Problemi della città. Atti del convegno di Bologna, a cura di F. Clemente, Marsilio, Padova, pp. 95-105. Michelucci G. 1970, A misura d’uomo, in Città e anticittà, Calderini Bologna, pp. 55-94. Michelucci G. 1983, Perché la scuola perché la periferia, «La Nuova Città», no. 2, pp. 4-9. Roda M. 2018, Sandy Attia: costruiamo insieme la scuola di domani. Intervista di Michele Roda, «Il giornale dell’architettura», <https://inchieste.ilgiornaledellarchitettura.com/sandy-attia-costruiamo-insieme-la-scuola-di-domani/> (01/22). Rogers E. N. 1955, La tradizione dell’architettura moderna italiana, «Casabella-continuità», no. 206, pp. 1-7. Rossi Prodi F., De Luca G., De Santis M., Gorelli G., Stanghellini S. 2013, Abitare sociale. Modelli architettonici e urbanistici per l’housing-Linee guida, Alinea, Firenze.

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Il progetto come momento di sperimentazione e verifica


Cercare un'unità #2 (2021)


dialoghi in cerca di sintesi. approccio al laboratorio architettura e ambiente Rosa Romano, Carla Balocco, Simone Barbi

All’interno del Laboratorio integrato Architettura e Ambiente, nell’ordinamento attuale del Corso di Laurea Magistrale, le due ‘progettazioni’ coinvolte, quella Architettonica e quella Ambientale, convivono con il modulo di Tecniche del Controllo Ambientale, come tre entità apparentemente distinte ma in realtà profondamente affini per intenti e contenuti. La loro separazione in momenti diversi di approfondimento, giustificabile con l’aumento esponenziale della complessità che l’industria delle costruzioni e l’apparato tecno-burocratico che la affianca hanno registrato nel corso del XX secolo, serve a orientare l’attenzione degli studenti su aspetti specifici della disciplina progettuale e, al contempo, sin dalle prime fasi ideative dell’opera, implica una necessità di dialogo, costante e continuo, con una moltitudine di visioni, riferimenti e orizzonti culturali, a volte anche molto differenti tra loro, che ogni singolo studente deve col tempo imparare ad assimilare, selezionare e far convivere con le proprie intentio. È importante riconoscere che è col progetto che si possono, e devono, trovare i modi per far coabitare nell’opera tutti gli opposti che la animano. Se possiamo infatti affermare che la “diligentissima addizione di idee non porta che a un minestrone, se le singole idee non sono valide in sé né strumentali a un concetto unitario” (Lampugnani, 1999), ragionando sulla didattica di un Laboratorio integrato, si può dire che i docenti sono chiamati per primi a condividere le proprie posizioni in maniera esplicita per poi discuterne le ragioni con i colleghi e gli studenti, con l’obiettivo di stimolare critiche costruttive e prese di posizione consapevoli, verificando in ogni momento del lavoro la interdipendenza tra una disciplina e l’altra, e favorendone la sintesi nella dimensione costruttiva del progetto di architettura. Se per comprendere un oggetto, o un' ‘opera’, la cultura scientifica scompone e analizza ogni sua parte, o ‘mattone’, alla disciplina architettonica interessa l’intero ‘edificio’ dotato di scopo, presenza e carattere, interessa vederlo nello spazio per cui è stato pensato, e interessa vederlo invecchiare, nella consapevolezza della gestione del suo ciclo di vita, così che il tempo possa aggiungere qualità e pregnanza all’oggetto, in quanto somma indivisibile di parti distinte, e al loro insieme senza alterarne irreparabilmente le funzioni a scapito dell’ambiente costruito e del benessere degli utenti chiamati a viverlo. simone barbi


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Se la scienza e la tecnica compongono per addizione meccanica, 1+1+1=3 sempre, nella prassi del progetto questa cosa non avviene, o se avviene rovina le potenzialità dell’opera e la rende fredda. Il tentativo di chi scrive è di far capire allo studente che in architettura 1+1+1+n=1 e che le discipline che concorrono a formarla non si possono sommare ma, grazie al progetto, devono trovare una sintesi ed integrarsi tra di loro per dare risposta ad istanze ambientali, oltre che spaziali, che inesorabilmente riguardano anche l’impatto ecologico esercitato dalle opere di architettura. È il poeta Tonino Guerra che, nelle sceneggiature di ‘Deserto Rosso’ di Antonioni e ‘Nostalghia’ di Tarkovskji, fa dire con entusiasmo e stupore, a due personaggi dalle capacità immaginative straordinarie, un bambino e un folle, una frase di evidenza empirica incontrovertibile, ovvero: “una goccia d’acqua se unita ad un’altra goccia d’acqua produce una goccia (più grande)”. Questa sintesi non meccanica ma armonica, dove le parti sono così ben incastrate e salde da non potersi slegare, è quel tipo di unione che si vuole ottenere coi tre moduli disciplinari coinvolti nel Laboratorio integrato Architettura e Ambiente. Utilizzando analisi e verifiche parametriche come strumento sempre più affidabile al fianco della composizione per confermare, rafforzare e limare le scelte di progetto, cercando nella Baukunst, l’arte di costruire, il terreno comune per dialogare e gettare le basi per la realizzazione di opere architettoniche che siano sostenibili non solo nel presente delle nostre città, ma anche e soprattutto nel loro futuro prossimo e venturo.

Bibliografia Lampugnani V. M. 1999, Modernità e durata. Proposte per una teoria del progetto, Skira, Milano, p.40.



Quelqu’un (2021)


sul futuro dell’edilizia scolastica nell’area metropolitana fiorentina Michele Mazzoni

Direttore della Direzione Opere Pubbliche della Regione Toscana (ex Direttore dei Servizi Tecnici del Comune di Firenze)

Il Comune di Firenze ha da sempre posto la scuola, nei suoi diversi ordini e gradi, al centro dei propri servizi al cittadino, avvalendosi dell’attività di studio e ricerca, sui temi della sostenibilità ambientale, del risparmio energetico, dell’integrazione delle energie rinnovabili in architettura e nelle tecnologie dell’ambiente, di soggetti qualificati. La scuola è un luogo dinamico, della crescita del bambino, perché in essa inizia l’inserimento sociale, apprende, sviluppa un proprio pensiero e viene reso gradualmente persona autonoma capace di progettare il proprio futuro. Il Comune di Firenze, al momento di programmare la riqualificazione delle proprie scuole, valuta innanzitutto con i dirigenti scolastici ed il corpo insegnante la possibilità di soddisfare tutte le esigenze di una moderna didattica in grado di accompagnare e favorire il processo di crescita dell’alunno. Fin dal primo momento entra in gioco il ruolo dell’architetto progettista, il quale, sintonizzandosi con tutti gli interlocutori, riesce a valutare se l’edificio esistente, esempio un edificio anni settanta quale la Don Milani appunto, abbia abbastanza ‘stoffa’ per cucirvi addosso una ristrutturazione profonda; analogo procedimento è stato seguito negli anni passati per la scuola Marconi, la scuola Bargellini, la scuola Santa Maria a Coverciano, la scuola Capuana, la scuola Dino Compagni, ecc. nonché in modo più leggero per altre innumerevoli sedi scolastiche. Fra gli obiettivi della ristrutturazione, oltre a quelli tipicamente didattici, il Comune di Firenze inserisce anche altre esigenze, non presenti al momento della costruzione dell’edificio, determinate dalle odierne trasformazioni socioculturali, come: • l’apertura dell’edificio per tutto l’anno solare, compresa quindi la calda stagione estiva; • l’utilizzo della scuola come polo civico, fruibile anche da altri soggetti oltre l’orario scolastico: si pensi all’uso della palestra e degli spogliatoi da parte delle società sportive, della biblioteca, dei laboratori per corsi serali ed altro ancora. L’edificio non può più essere finalizzato esclusivamente ad uso scolastico, ancorché prevalente, ma pensato come punto di incontro e di riferimento per un intero quartiere, un vero e simone barbi


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nuovi modelli progettuali energetico-ambientali per ripensare lo spazio educativo • r.romano, c.balocco, s.barbi

Tabella 1: riepilogo degli investimenti nelle scuole fiorentine nel periodo 2019/2021

Riqualificazione / efficientamento*

Manutenzione straordinaria**

Statica / sismica

2019

3.070.000 €

4.300.000 €

3.050.000 €

2020

5.800.000 €

(Compreso Biennio I.T.I.)

3.830.000 €

400.000 €

2021

12.100.000 €

(Comprese Don Milani e Arcovata)

1.850.000 €

8.000.000 €

TOTALE

20.970.000 €

9.980.000 €

11.450.000 €

* nella ‘Riqualificazione/efficientamento’ sono compresi gli interventi sull’involucro (coperture, facciate ed infissi) e quelli impiantistici meccanici ed elettrici; ** nella ‘Manutenzione straordinaria’ sono compresi gli interventi di adeguamento e adattamento funzionale degli spazi e delle aule didattiche emergenza Covid-19 per 1.300.000 €.

proprio Centro Civico. Molto complesso è quindi il ruolo dell’architetto che nella rigenerazione degli spazi deve tener conto di attività svolte da una pluralità di soggetti, in orari differenti e senza soluzione di continuità durante l’anno solare. In questo complesso ragionamento il Comune di Firenze non pone in secondo piano la ricerca del benessere dei fruitori della scuola. Se nei tempi passati le strutture e gli impianti erano considerati di ‘rango inferiore’ rispetto alle scelte architettoniche dell’edificio, oggi essi fanno parte integrante delle scelte progettuali primarie ed influenzano il progetto architettonico globale e la dislocazione delle diverse funzioni. Non si tratta riduttivamente di fare adeguamenti impiantistici per minimizzare i consumi ed i costi dell’energia - il Comune di Firenze ha già affrontato tale argomento riconvertendo le ultime 7 centrali da gasolio a metano nel periodo 2017-18, nell’ambito più generale del Patto dei Sindaci che prevedeva la riduzione delle emissioni di CO2 del 20% entro il 2020 - ma di prendere atto che una nuova coscienza ecologica rende i cittadini consapevoli della necessità di limitare le emissioni di anidride carbonica in atmosfera, principale causa dell’effetto serra, migliorando il benessere della persona nello svolgimento delle proprie attività.


sul futuro dell’edilizia scolastica nell’area metropolitana fiorentina • michele mazzoni

La collaborazione fra Comune di Firenze ed il Centro interuniversitario di ricerca ABITA, finalizzata ad analizzare la struttura e gli impianti esistenti di più scuole, è stata fondamentale per conoscere tutti i punti di debolezza e programmare un intervento che persegua la sostenibilità, il risparmio energetico e l’integrazione delle energie rinnovabili. In tale ottica il corretto dimensionamento dell’impianto, lo studio di un involucro performante, l’inserimento di materiali ecologici, la presenza di una sensoristica che regola l’impianto in funzione del fabbisogno, vanno pienamente incontro a questa nuova sensibilità civica, proiettando la scuola nel futuro. Chissà che vivere la scuola in un edificio accogliente, ecologico, tecnologicamente avanzato non offra ai ragazzi l’esempio di una progettazione “virtuosa” da replicare nelle loro future scelte. Infine, l’esplosione della recente pandemia ha imposto ulteriori necessità per le scuole fiorentine come, a titolo d’esempio, il distanziamento nelle classi, gli accessi ampli o in numero adeguato, i percorsi differenziati, le aule attrezzate anche per una didattica a distanza e non ultimo il ricambio d’aria senza ricircolo e la pulizia dei filtri. Se in via transitoria sono state trovate soluzioni tampone, queste esigenze devono essere valutate dall’architetto sotto tutti i punti di vista - funzionale, distributivo, impiantistico ecc. - per stabilizzarle nei futuri progetti. In conclusione in questi ultimi anni le scuole fiorentine sono state oggetto di profonde trasformazioni per soddisfare molteplici e nuove esigenze diventando, come dicevo all’inizio, le più ‘dinamiche fra gli immobili’: il complesso lavoro dei tecnici coadiuvati dagli studi e dalla ricerca degli esperti del Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze, è stato svolto con lo sguardo rivolto al futuro, assicurando la flessibilità e l’adattabilità degli spazi, l’innovazione tecnologica, la sostenibilità e sempre sotto l’occhio attento e vigile del genitore/cittadino che giustamente esige il meglio per i propri figli.

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Res publica (2021)


riscritture. la scuola don milani di firenze Rosa Romano, Carla Balocco, Simone Barbi

Il rapporto di Legambiente del 2018 ci mostra un’Italia a più velocità, con alcuni capoluoghi proiettati verso una scuola sicura, accessibile e sostenibile, in linea con le norme europee e le prescrizioni dei CAM. Tra le grandi città, Firenze si posiziona nella parte più alta della classifica (18º), prima di Torino (20º), Milano (27º) e Napoli (32º). L’attenzione alla cura ed alla manutenzione degli edifici destinati all’educazione primaria del capoluogo toscano è evidente anche nei numerosi progetti (inerenti interventi di: demolizione e ricostruzione; messa in sicurezza e riqualificazione energetico-strutturale profonda) che l’Amministrazione Pubblica ha avviato nelle ultime due decadi. La necessità di sviluppare proposte progettuali capaci di rispondere alle normative vigenti in termini energetico-ambientali, innovando al contempo la dimensione spaziale ed architettonica di questo comparto immobiliare, ha inoltre determinato l’avvio di collaborazioni scientifiche con centri di ricerca e strutture universitarie, finalizzate a costruire un quadro sinottico delle criticità inerenti lo stato dell’arte e avviare una gestione programmatica degli interventi capace di dare risposta ad un’emergenza, quelle scolastica, con esempi virtuosi e replicabili. È in questo contesto che ha preso vita nel 2019 una collaborazione tra il DIdA e la Direzione Tecnica del Comune di Firenze, siglata con un accordo di intenti di cui sono referenti le prof.sse R. Romano e P. Gallo e l’ing. M. Mazzoni, finalizzata a realizzare e promuovere iniziative legate alle tematiche del costruire e dell’apprendere sostenibile. Tra le tante attività avviate in questi anni, merita attenzione quella relativa al coinvolgimento degli studenti dei corsi di laurea della Scuola di Architettura dell’Università di Firenze nella redazione di analisi energetiche e ambientali e di proposte progettuali che prevedano l’adozione di tecnologie innovative, finalizzate a dare risposta alle richieste dell’Amministrazione Pubblica, in un’ottica di sostenibilità in grado di travalicare i confini dell’edificio e interessando l’intero comparto urbano in cui questo è inserito. L’esercitazione annuale del Laboratorio Architettura e Ambiente presentata nelle pagine successive è stata sviluppata in questo contesto di collaborazione ed ha riguardato nello specifico la scuola primaria Don Milani, collocata nel quartiere dell’Isolotto, un realtà urbana rosa romano, simone barbi, carla balocco


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ri-progettare l'architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Foto aerea del plesso scolastico Don Milani

Blackplan dello stato di fatto


riscritture. la scuola don milani di firenze • rosa romano, carla balocco, simone barbi

da sempre al centro di numerose forme di associazionismo e impegno sociale che hanno trovato, negli anni settanta, manifestazione nell’attività pastorale di Don Mazzi. La scuola, che fa parte dell’Istituto Comprensivo “Piero della Francesca”, è collocata in posizione baricentrica rispetto all’insediamento urbano e si innesta in un sistema di spazi pubblici e aree verdi che sono testimonianza della vecchia vocazione agricola del quartiere. Attualmente il plesso scolastico Don Milani ospita 11 classi per un totale di circa 250 alunni, ai quali si aggiungono 66 insegnanti e 23 collaboratori ATA. Il corpo di fabbrica, che non presenta nessuna peculiarità architettonica di pregio, si articola su due livelli, aventi un’altezza di vano netta di circa 3,00 m e una superficie totale di circa 3800 mq. Il volume riscaldato è pari a 13.300 mc. La struttura portante è di tipo puntiforme in acciaio, poggiante su un cordolo di fondazione perimetrale in cemento armato. I solai sono costituiti da lamiere grecate in acciaio su telaio metallico, chiuse all’intradosso da controsoffitti in alluminio. I vani scala sono realizzati interamente in cemento armato con rampe in acciaio. Gli ascensori, che non erano previsti nel progetto originale, sono stati aggiunti dopo la costruzione dell’edificio, posizionandoli all’interno della piccola corte posta a est del corpo di fabbrica. Le chiusure esterne verticali sono realizzate con pannelli prefabbricati, montati su montanti e traversi in alluminio, dello spessore di 6,00 cm. La partitura delle facciate è caratterizzata dalla presenza di tamponamenti opachi (costituiti da pannelli sandwich formati da due fogli di lamiera esterni con interposto strato di riempimento e isolamento in poliuretano espanso) e infissi superiori in alluminio a taglio freddo, spessore 6 cm, con anta a scorrere o vasistas, a seconda del posizionamento. Il vetro delle finestrature ha uno spessore di 4 mm senza interposta pellicola protettiva di sicurezza. I tramezzi interni sono realizzati con gli stessi pannelli opachi presenti nelle chiusure verticali opache esterne. Dal punto di vista distributivo-funzionale la scuola è caratterizzata da un ampio ingresso a vetri con quattro portoni di accesso su piazza C. Dolci e si affaccia nella parte Sud su un ampio giardino che presenta una zona asfaltata e una zona a prato con alcuni alberi. Oltre alle aule sono presenti: una stanza LIM, una biblioteca, un’aula di sostegno, un’aula degli audiovisivi, un’aula per esperienze matematico-scientifiche, un’aula di informatica, una stanza per la presidenza, una per la vice-presidenza, e un’unica aula per il pre e il post scuola. Il plesso scolastico è inoltre provvisto di: due sale mensa, poste al piano terra, le quali sono servite da una cucina dove avviene esclusivamente lo sporzionamento del cibo preparato all’esterno; uno spazio polivalente al piano superiore; una palestra con relativi spogliatoi, che viene utilizzata anche in orario extra-scolastico.

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pagina a fronte Una delle corti interne dell’edificio esistente Immagine di una delle aule allo stato di fatto

L’edificio è attualmente servito da un impianto di riscaldamento, che è stato oggetto di continue modifiche nel corso del tempo. Il sub-sistema di generazione è costituito da due caldaie a gas naturale collegate tra loro in serie: la più vecchia, di tipo tradizionale, è stata implementata successivamente da una caldaia a condensazione. La palestra invece è climatizzata attraverso una UTA, collegata ad un circuito separato. I terminali dell’impianto sono costituiti quasi totalmente da radiatori in alluminio. L’impianto di riscaldamento è stato dotato negli ultimi anni di un sistema di gestione e regolazione controllato da remoto, direttamente dagli operatori del Comune di Firenze. L’edificio, costruito negli anni Settanta come struttura provvisoria, presenta numerose disfunzioni funzionali e strutturali, oltre a registrare consumi energetici elevati. Inoltre, molte aule risultano sottodimensionate rispetto a quanto previsto dal D.M. 18/12/1975, poiché il corpo di fabbrica era stato edificato, come edificio volano, qualche anno prima dell’entrata in vigore di tale strumento normativo. Nonostante tali carenze, la scuola Don Milani continua a rimanere una polarità all’interno del quartiere dell’Isolotto ed alcuni suoi spazi, come la palestra, sono utilizzati anche in orario extra-scolastico per promuovere attività a servizio di tutta la comunità. Da questa riflessione e dalla necessità di dotare il comparto urbano di una nuova polarità sociale, che possa essere utilizzata come Centro Civico, nasce il programma operativo che è alla base dell’esercitazione annuale del Laboratorio Architettura e Ambiente e che ha previsto la riqualificazione dell’edificio scolastico attuale, nonché la demolizione e ricostruzione del corpo di fabbrica che ospita la palestra, promuovendo un elevato grado di innovazione tecnologica e qualità spaziale. Nello specifico gli studenti sono stati chiamati a immaginare un intervento che, mantenendo inalterata la struttura portante, fosse finalizzato alla totale sostituzione dei sistemi di involucro e di impianto, e permettesse la rifunzionalizzazione degli spazi educativi con la realizzazione dei seguenti ambienti: venti aule (max. 25 bambini cad.), destinate a quattro cicli didattici di scuola primaria, ovvero a studenti di età compresa tra 6-11 anni; un'aula di sostegno; quattro spazi per attività laboratoriali (Aula LIM, attività matematico-scientifiche, informatica, materiali audiovisivi); un nucleo per la direzione e l’amministrazione (presidenza, vice-presidenza, segreteria); un'aula insegnanti; uno spazio per il pre e post-scuola; uno spazio polivalente da destinare alle attività collettive; una palestra, con spogliatoi e servizi di pertinenza; una biblioteca; un locale infermeria; una mensa e locale sporzionamento; un locale tecnico; servizi igienici per studenti e personale docente, dimensionati in accordo alle normative vigenti; nuove aree gioco esterne in corrispondenza dell’area verde a sud; un nuovo ingresso urbano in corrispondenza di piazza C. Dolci.


riscritture. la scuola don milani di firenze • rosa romano, carla balocco, simone barbi

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ri-progettare l'architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Pianta del piano terra allo stato di fatto

Come ricordato nei paragrafi precedenti l’esercitazione progettuale si è concentrata sul tema della deep renovation. Tematica questa che ha comportato per gli studenti un’attenzione particolare alla logica insediativa e alla natura profondamente civile che qualsiasi istituzione scolastica incarna, cogliendo l’occasione sia per disegnare a scala urbana nuove relazioni col quartiere, attraverso il progetto degli spazi terzi di filtro tra interno ed esterno, città e paesaggio, sia per lavorare in dettaglio sull'espressività della dimensione costruttiva dell’edificio e del suo involucro, sfruttando le potenzialità compositive dei vincoli imposti dalle logiche di intervento scelte per questo esercizio progettuale. Pur nelle molte limitazioni imposte dalla struttura esistente, da conservare e ridefinire in funzione del ripensamento generale degli spazi e dell’involucro esterno, ogni gruppo di studenti ha messo sul foglio da disegno dei ragionamenti differenti che hanno prodotto un'interessante varietà di approcci. La gestione degli spazi interni, più di ogni altro aspetto, si è dovuta confrontare con la pesante eredità di una struttura intelaiata non sempre regolare e con la mancanza di una linea pedagogica definita a priori, alla quale ogni studente ha sopperito lavorando con discreta autonomia nella interpretazione del D.L. ’75, delle Linee guida del 2013 e nel confronto con la legislazione sull’edilizia scolastica di Bolzano, sviluppando interpretazioni progettuali originali frutto di numerose e appassionate discussioni preliminari svolte nelle prime settimane di revisione. La radicalità iniziale delle scelte, auspicabile per le


riscritture. la scuola don milani di firenze • rosa romano, carla balocco, simone barbi

citate condizioni di partenza, si è però successivamente affievolita per non tradire le normative vigenti, soprattutto in termini di gestione degli spazi-aula. In generale, osservando i layout delle sette proposte presentate nelle pagine successive si riconoscono traduzioni interessanti in termini spaziali di una considerazione ancora attuale, posta come incipit dei ragionamenti sui progetti, che C. Khun pubblica su The Architectural review il 29 marzo del 2012, e che recita: "Nell’era industriale le scuole erano sviluppate come ambienti altamente controllabili, per instillare la disciplina necessaria al lavoro nelle industrie della machine age. Ora per preparare i pupilli per il successo nell’economia della conoscenza la tipologia spaziale delle scuole è più fluida e concepita per ottenere, e sostenere, flessibilità, connettività e spazi per incontri, scambi sia educativi che puramente sociali” (Khun, 2012). I progetti che sono scaturiti dall'esercizio progettuale svolto sulla scuola Don Milani sono da inquadrare come dei tentativi di riassumere in un’opera compiuta sia le questioni sopra descritte che le tematiche disciplinari specifiche discusse coi docenti dei singoli moduli, nel corso dei numerosi confronti e revisioni svolti durante il semestre. Si potrebbero definire come dei modelli, o meglio, come sette variazioni sul tema della riqualificazione urbana, architettonica ed energetica di un fabbricato in attesa di poter dare un contributo sostanziale al quartiere in cui è insediato. Ogni gruppo di lavoro ha di fatto individuato un tema con cui caratterizzare il progetto, che è stato poi riassunto nel titolo e giustificato nel breve testo a corredo dei disegni che qui presentiamo.

151


ri-progettare l'architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

ABC Arturo Ambrogini, Jacopo Battisti, Marco Cardini

Carapace Arianna Fusi, Beatrice Nardi, Eleonora Oppoliti

Campinfiore Chiara Damiani, Ming Yang

Palazzo Rosso Lorenzo Conoscenti, Michela Ferrini, Giovanni Gubitosa


153

Sette variazioni sul tema della riscrittura

Girasole Parisa Salamat, Vito Zichitella

Loggia Francesca Mecacci, Anna Laura Petracci

Campus 4s Claudia Mecacci, Matteo Pasqual



abc Arturo Ambrogini, Jacopo Battisti, Marco Cardini

Il progetto di riqualificazione si basa sulla scelta di trasformare la scuola esistente in un catalizzatore di idee e senso civico, capace di formare generazioni di giovani cittadini sui temi della salvaguardia ambientale e dell’inclusività, in linea con gli obiettivi dei programmi Europei Horizon 2020 e Next Generation EU. Inoltre, l’intervento è finalizzato a configurare un luogo che divenga una nuova polarità urbana all’interno del quartiere dell’Isolotto, in grado di superare la dimensione scolastica attraverso il coinvolgimento attivo della comunità. Il progetto prevede la totale riorganizzazione degli spazi esterni, che attualmente versano in stato di degrado e abbandono. L’ingresso della scuola si apre e ingloba l’attuale parcheggio di piazza Carlo Dolci, trasformato in piazza urbana in cui vengono integrate alberature e vegetazione oltre ad una nuova fermata per lo scuolabus. Le aree verdi adiacenti alla scuola, collocate nella zona sud, così come la grande copertura piana dell’edificio riqualificato, sono trasformate, invece, in spazi accessori all’attività didattica e riorganizzati per ospitare funzioni, quali aree gioco e orti urbani, che permettano ai bambini ed alle loro famiglie di recuperare il rapporto con la natura, attraverso percorsi sensoriali ed educativi. La riqualificazione dell’edificio, che prevede lo smontaggio del sistema di involucro esistente, è finalizzata a rimodellare completamente la distribuzione degli spazi interni in un’ottica di flessibilità e ammodernamento delle attività didattiche, riorganizzando la suddivisione funzionale tra gli ambienti per l’apprendimento e i luoghi utilizzabili anche nelle ore pomeridiane da utenti esterni. In tal senso: • le aule sono progettate come clusters riconfigurabili spazialmente e funzionalmente attraverso l’adozione di pareti mobili e arredi leggeri; • gli spazi connettivi si prestano all’allestimento temporaneo di luoghi da destinare allo studio o ad altre attività ricreative mediante la collocazione di partizioni realizzate con tessuto fonoassorbente; • la palestra, che è oggetto di intervento di demolizione e ricostruzione, è trasformata in una struttura sportiva utilizzabile da tutti gli abitanti del quartiere, ed è pensata come un


156

ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi


abc • arturo ambrogini, jacopo battisti, marco cardini

volume semi-ipogeo in cui il campo da gioco risulta perfettamente visibile anche dal parco attraverso le ampie vetrate perimetrali. Dal punto di vista tecnologico il focus principale del progetto è lo sviluppo di una soluzione di involucro architettonico modulare, prefabbricabile e assemblabile a secco, con l’obiettivo di ridurre i tempi e i costi di messa in opera, garantendo la totale reversibilità e riciclabilità dei suoi componenti alla fine del ciclo di vita utile dell’edificio. I nuovi elementi di facciata, opachi e trasparenti, tutti della larghezza di un metro, sono caratterizzati dalla presenza di un telaio in alluminio e da tamponamenti multistrato in cui si alternano isolanti in fibra di legno e canapa. Particolare attenzione è stata posta alle scelte tecnologiche e impiantistiche (impianto fotovoltaico; pannelli solari termici per la produzione di acqua calda sanitaria; sistema di recupero delle acque piovane; riscaldamento con pavimento radiante; sistema di ventilazione meccanica con scambiatore di calore, ecc.), nell’ottica del raggiungimento degli obiettivi energetico-ambientali previsti dal Decreto Criteri Ambientali Minimi. Tali soluzioni hanno permesso all’edificio di raggiungere una classe energetica elevata, con consumi pari a 32,10 KWh/mq anno.

Vista del nuovo parco urbano posto nell’area verde a sud dell’edificio scolastico

157


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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Vista dell’ingresso del nuovo edificio scolastico da Piazza Carlo Dolci Vista interna della palestra


abc • arturo ambrogini, jacopo battisti, marco cardini

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Sezione trasversale


160

ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Pianta piano terra


abc • arturo ambrogini, jacopo battisti, marco cardini

Pianta piano primo

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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Analisi delle prestazioni energetiche della scuola Don Milani

Progetto di Bilancio Energetico MWh/a

[MWh] Energia Energiafornita fornitaper persettimana settimana

18,4 15 10 5

1 4

8

12

16

20 24

28 32 36 40 44 48 52

0 0 5 10 15

Energia emessa per settimana

Illuminazione e dispositivi

11503,1

Guadagno Calore Umano

310784,8

Servizio Riscaldamento Acqua

3231,3

Guadagno Solare

179899,0

Riscaldamento

120352,6

Ventilazione

22117,8

Trasmissione

37725,4

Infiltrazione

611919,1

Liquame

3231,3

Raffreddamento

2520,2

Energia Latente Aggiunta

363,2

Blocchi Termici Blocco Termico

Zone Assegnato

Profilo Operazione

Area Lorda m²

Volume m³

001 aule e mensa

12

Aula Scolastica

848,31

2213,18

003 bagni

7

Bagni e Servizi

285,04

796,81

004 uffici

7

Uffici

235,31

634,82

005 laboratori

6

Uffici

268,51

728,29

001 palestra

2

Palestra

1221,29

3699,13

002 polifunzionali

16

Connettivo atrio

2468,95

6987,83

Totale:

50

5327,41

15060,06


abc • arturo ambrogini, jacopo battisti, marco cardini

Sorgenti Energetiche

Consumo energia per destinazioni Energia

Rinnovabile

CO2 Quantità

Primario

Costo

Emissione

Solare (Termico & PV)

kWh/a

kWh/a

EUR/a

kg/a

Aria Esterna

Riscaldamento

120352

126334

187

0

Raffreddamento

2520

4458

30

0

Servizio Acqua Calda

3231

3638

19

153

Unità di Ventilazione

22117

66353

1383

0

Illuminazione e Dispositivi

11503

34509

719

0

Totale:

159723

235292

2338

153

Nome destinazione

Fossile Gas naturale Secondario Elettricità

74%

Quantità: Destinazione Energia: Sorgente Energetica: [kWh/a]

13%

0

50000

11503,1

100000

160694 28%

53%

117361,5 0

7%

22117,8

117361,5

Primario: Destinazione Energia: Sorgente Energetica: [kWh/a]

163

50000

14%

66353,5 100000

150000

34509,4 200000

235294

Quantità per Primaria per [kWh/a] 0 Costo: Destinazione Energia: Sorgente Energetica:

159725

235294

7%

59%

30%

EUR/a 187,1

1383,7

719,6

0

500

1000

CO2: Destinazione Energia: Sorgente Energetica: kg/a

1500

2000

2340

100%

153,4 0

50

100

153


164

ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Sezione tecnologica terra e tetto


abc • arturo ambrogini, jacopo battisti, marco cardini

S3

S3 Pannello fotovoltaico policristallino Strato drenaggio in ghiaia sp. 10 cm Membrana impermeabile sp. 0,25 cm Massetto alleggerito autolivellante sp. 10 cm Barriera al vapore sp. 0,25 cm Pannello isolante in fibra di legno sp. 15 cm Soletta in cls armato sp. 15 cm Lamiera grecata in acciaio h. 6 cm Trave IPE 120 Pannello isolante in fibra di legno sp. 10 cm Impianto di riscaldamento radiante a soffitto Controsoffitto in lastre di cartongesso 1,5 cm S2 Pav. Lastre resina sp. 0,26 cm Materassino fonoassorbente sp. 2,5 cm Massetto alleggerito autolivellante sp. 10 cm Soletta in cls armato sp. 15 cm Lamiera grecata in acciaio h. 6 cm Trave IPE 120 Pannello isolante in lana di roccia sp. 10 cm Impianto di riscaldamento radiante a soffitto Controsoffitto in lastre di cartongesso 1,5 cm

S2

S1

S1 Pav. Lastre resina sp. 0,26 cm Massetto alleggerito autolivellante sp. 10 cm Barriera al vapore sp. 0,25 cm Pannello isolante in fibra di legno,sp. 15 cm Soletta in c.a. sp. 15 cm IGLU h. 40 cm Magrone sp. 20 cm

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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Prospetti


abc • arturo ambrogini, jacopo battisti, marco cardini

Vista della scuola da via del Ronco Lungo

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carapace Arianna Fusi, Beatrice Nardi, Eleonora Oppoliti

La proposta progettuale è caratterizzata dalla volontà di riqualificare la preesistenza architettonica, mantenendo inalterata la struttura portante e sostituendo totalmente i sistemi di chiusura orizzontale e verticale, con l’obiettivo di ridurre drasticamente i consumi energetici dell’edificio (come indicato dai CAM) e cambiare completamente la sua immagine architettonica. L’intervento, inoltre, vuole trasformare la scuola Don Milani in una nuova polarità urbana del quartiere Isolotto, attraverso la riqualificazione delle zone verdi adiacenti, convertite in parchi pubblici aperti alla città ed alla vicina Scuola dell’Infanzia Bruno Ciari. Rispetto alla conformazione planimetrica attuale la proposta architettonica prevede la separazione dell’edificio in due volumi distinti, che ospitano le funzioni didattiche e le attività sociali aperte alla comunità ed al quartiere, tenuti insieme da una corte semi-pubblica che, in orario extra-scolastico, si candida a divenire una ‘soglia’ urbana di collegamento tra il quartiere e il parco. Il corpo di fabbrica esistente, che mantiene la funzione scolastica, è organizzato in clusters (aule e laboratori orientati a Nord-Est e Sud-Ovest) collocati intorno ad un’Agorà centrale, pensata come un volume a doppia altezza, su cui si affacciano anche gli uffici amministrativi e le aule degli insegnanti. La palestra, la biblioteca e la mensa si trovano invece nel nuovo corpo di fabbrica, che si sviluppa in modo speculare rispetto al volume preesistente. Tutti gli ambienti interni della scuola sono riorganizzati per favorire la fruizione dell’edificio da parte di utenti diversi durante l’intero arco della giornata, adottando strategie volte a favorire l’inclusività ed il comfort fisico e psicologico degli utenti, con una particolare attenzione al tema della presenza e valorizzazione della luce naturale. Particolare attenzione è posta, infatti, alla definizione delle caratteristiche delle finestre, delle finiture superficiali interne e dell’impianto di illuminazione artificiale (pensato per essere realizzato con corpi illuminanti disposti secondo una matrice 3x2 e controllabile elettronicamente da un luxmetro e da un sistema DALI), valutando per ogni ambienarianna fusi, beatrice nardi, eleonora oppoliti


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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi


carapace • arianna fusi, beatrice nardi, eleonora oppoliti

te il raggiungimento del fattore medio di luce diurna e l’assenza di fenomeni di abbagliamento, come indicato dalla normativa. Il nuovo involucro è ispirato alle schermature a carabottino ed alle finestre gnomoniche. Nel dettaglio, la strombatura di questi originali elementi di tamponamento è progettata e dimensionata per schermare in modo adeguato le chiusure trasparenti verticali in essi integrate, favorendo l’illuminazione e la ventilazione naturale all’interno dello spazio confinato. Inoltre, nelle applicazioni in copertura, le superfici inclinate sono utilizzate per integrare pannelli fotovoltaici in silicio amorfo e produrre parte dell’energia rinnovabile necessaria all’edificio scolastico. In conclusione, i risultati delle simulazioni e la comparazione con le prestazioni energetiche attuali della scuola Don Milani, dimostrano il raggiungimento degli obiettivi del progetto di deep renovation e validano la capacità delle soluzioni compositive e tecnologiche adottate di rigenerare in modo sostenibile il comparto urbano di intervento, cambiandone l’immagine e le prestazioni sociali in un’ottica Life Cycle.

Vista della scuola dal nuovo parco pubblico collocato a Sud

171


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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Sezioni trasversale


carapace • arianna fusi, beatrice nardi, eleonora oppoliti

Vista dello spazio Agorà Vista dello spazio Agorà dalla mensa

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174

ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Pianta piano terra


carapace • arianna fusi, beatrice nardi, eleonora oppoliti

Pianta piano primo

175


176

ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Sezione terratetto del sistema di facciata a carabottino


carapace • arianna fusi, beatrice nardi, eleonora oppoliti

S1 Pavimentazione in linoleum 1 cm Massetto di sottofondo 7 cm Isolante termico in vetro cellulare 10 cm Guaina impermeabilizzante 0,2 cm Soletta in CLS 10 cm Cassetti modulari a perdere in polipropilene 25 cm Strato di magrone 10 cm Terreno naturale

S3

S2 Pavimentazione in linoleum 1 cm Massetto di alleggerimento 7 cm Isolante acustico 5 cm Lastra in gessofibra 2 cm Massetto di sottofondo a secco 10 cm Lamiera grecata 12 cm Intercapedine d’aria 20 cm Controsoffitto in cartongesso 1,5 cm

S2 M1

S1

S3 Facciata stampata in 3D con plastica riciclata Struttura in legno del guscio di copertura 10,0 cm Tessuto non tessuto 0,02 cm Guaina impermeabilizzante 0,02 cm Isolante in fibra di legno 5 cm Isolante in lana di roccia 10 cm Isolante in fibra di legno 5 cm Barriera vapore 0,02 cm Intercapedine d’aria per impianti 5 cm Isolante in lana di roccia 8cm Pannello in cartongesso 1,5 cm M1 Doppia lastra in gesso fibra 2,5 cm Intercapedine d’aria per impianti 5 cm Pannello in OSB s. 2 cm Isolante in lana di roccia 20 cm Pannellato in legno di abete a 45° 2 cm Isolante in di legno mineralizzata 5 cm Sottostruttura in acciaio 10 cm Facciata stampata in 3D con plastica riciclata

177


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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

8. Pannelli fotovoltaici in silicio amorfo-film sottile

7. Rivestimento in plastica stampata 3D

6. Pannellato in legno a supporto del rivestimento

5. Struttura di sostengo in legno lamellare

4. Pacchetto tamponamento shed in legno con isolante in vetro cellulare e lana di roccia 3. Pacchetto solaio di copertura in acciaio con isolante di lana di legno mineralizzata e lana di roccia

2. Struttura portante shed a sezione quadrata 10x10

1. Facciata a carabottino in plastica ricilata stampata 3D

Schema di realizzazione del modulo a carabottino di copertura


carapace • arianna fusi, beatrice nardi, eleonora oppoliti

Schema di messa in opera dei nuovi elementi di involucro

179


180

ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Modello Tridimensionale Sezione Terra-Tetto, scala 1:20

pagina a fronte Simulazione finalizzata a valutare l’efficacia dei sistemi di schermatura integrati nel modulo di facciata


carapace • arianna fusi, beatrice nardi, eleonora oppoliti

Aula A20- Con sistemi di facciata. Ore 16:00

Aula A20- Con sistemi di facciata. Ore 18:00

Aula A20- Senza sistemi di facciata. Ore 18:00

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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Aula A1 - Dicembre

Simulazioni Cielo Sereno dell’illuminaIlluminamento. mento e della luminanza in un’aula tipo Ore 8:00 in condizioni di luce naturale il 21 dicembre (individuato come giorno critico)

Cielo Coperto Illuminamento.

Cielo Sereno Luminanza.

Nel piano di calcolo di 0,65m si ha in media 28 lx con cielo sereno Ore 10:00

Nel piano di calcolo di 0,65m si ha in media 102 lx con cielo sereno Ore 13:00

Nel piano di calcolo di 0,65m si ha in media 65,5 lx con cielo sereno Ore 16:00

Nel piano di calcolo di 0,65m si ha in media 13,2 lx con cielo sereno

Cielo Coperto Luminanza.


carapace • arianna fusi, beatrice nardi, eleonora oppoliti

Illuminamento. Ore 8:00

Medio: 470 lx Min: 464 lx Max: 483 lx Emin/Emed: 0,98 Emin/Emed (area circostante):0,8

Luminanza. Ore 8:00

Medio: 474 lx Min: 470 lx Max: 478 lx Emin/Emed: 0,99 Emin/Emed (area circostante):0,79

Illuminamento. Ore 13:00

Medio: 436 lx Min: 429 lx Max: 443 lx Emin/Emed: 0,98 Emin/Emed (area circostante):0,82

Medio: 94,6 cd/m2 Min: 93,8 cd/m2 Max: 95,4 cd/m2 Contrasto luminanza: 1,4

Luminanza. Ore 13:00

Medio: 499 lx Min: 495 lx Max: 501 lx Emin/Emed: 0,99 Emin/Emed (area circostante):0,81

Illuminamento. Ore 16:00

Medio: 495 lx Min: 488 lx Max: 501 lx Emin/Emed: 0,98 Emin/Emed (area circostante):0,79

Medio: 94,2 cd/m2 Min: 94,4 cd/m2 Max: 95,8 cd/m2 Contrasto luminanza: 1,4

Medio: 86,4 cd/m2 Min: 93,8 cd/m2 Max: 87,9 cd/m2 Contrasto luminanza: 1,3

Medio: 99,4 cd/m2 Min: 98,6 cd/m2 Max: 100 cd/m2 Contrasto luminanza: 1,4

Luminanza. Ore 16:00

Medio: 491 lx Min: 485 lx Max: 496 lx Emin/Emed: 0,99 Emin/Emed (area circostante):0,79

Medio: 98,7 cd/m2 Min: 97,4 cd/m2 Max: 100 cd/m2 Contrasto luminanza: 1,4

Simulazioni della luce artificiale all’interno di un’aula tipo nel giorno più critico (21 dicembre)

Medio: 95 cd/m2 Min: 96,8 cd/m2 Max: 99 Contrasto luminanza: 1,4

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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Prospetti


carapace • arianna fusi, beatrice nardi, eleonora oppoliti

Vista della scuola da via del Ronco Lungo

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campinfiore Chiara Damiani, Ming Yang

Dopo un’attenta analisi urbana e storica del sito in esame, il progetto di riqualificazione è stato sviluppato con particolare attenzione al raggiungimento dei target nZEB. Il quartiere dell’Isolotto nasce con una vocazione agricola che la proposta progettuale ripropone in chiave contemporanea, attraverso l’integrazione di spazi verdi e orti urbani nell’area del nuovo edificio scolastico, ripensato, non più come un luogo monofunzionale, ma come uno spazio di aggregazione sociale a servizio dell’intera comunità. Il volume della nuova scuola si caratterizza per il dialogo tra pieni e vuoti, distribuiti sui quattro fronti per denunciare la logica dispositiva dei volumi interni. Il tema geometrico e la variazione cromatica tipici dei paesaggi agricoli diventano ispirazione per il disegno delle facciate, composte da nuovi elementi modulari opachi, realizzati in diversi colori, montati a secco, punteggiati da finestre aggettanti e grandi vuoti d’ombra. Gli spazi interni ed esterni, ottenuti dal ridisegno della scuola danno ordine al progetto, strutturando i rapporti tra ambienti comuni e specialistici. Le aule si distribuiscono intorno ad una grande corte attrezzata; mentre l’atrio interno della scuola è caratterizzato da un patio alberato che illumina e qualifica lo spazio dell’Agorà e lo scalone con cui si accede al piano primo. Il cortile alberato che separa il plesso scolastico dalla palestra si apre a sud verso le isole verdi, attrezzate con ampie sedute perimetrali, in cui sono stati organizzati i ‘campi’ e gli ‘orti’ didattici. Il corpo d’ingresso principale, alto un piano, oltre a saldare i due edifici principali, permette di recuperare una vista privilegiata sul quartiere, il parco e le colline, grazie al grande terrazzo-belvedere in copertura, accessibile dalla scuola, utilizzabile come spazio per attività all’aperto, in diretta correlazione con la biblioteca, aperta tutto il giorno.


188

ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Pianta piano terra


campinfiore • chiara damiani, ming yang

189

Pianta piano primo


190

ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Fascia 8/14

Profili temporali di utilizzo per numero di occupanti nelle varie fasce orarie di una giornata tipo

Fascia 14/18

Fascia 18/24

PT

P1


campinfiore • chiara damiani, ming yang

191

Vista all'interno della corte Est


ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Risultati dell’analisi termofisica eseguita attraverso il software di simulazione ProCasaClima. Simulazione dinamica annuale

simulazione dinamica

novembre

[°C], [g/kg]

192

gennaio

febbraio

aprile

giugno

luglio

settembre

novembre

dicembre

temperatura esterna

febbraio

temperatura percepita

60 50 40 30

umidità assoluta esterna temperatura operante

20

temperatura percepita “con movimento aria”

10 0 -10 -20

umidità assoluta interna

valutazione globale Firenze

Firenze

Fabbisogno termico riscaldamento

33

27

kWh/m2a

A

Fabbisogno raffrescamento sensibile

9

15

kWh/m a

Verificato

Fabbisogno deumidificazione

10

10

kWh/m a

Fabbisogno raffrescamento e deumidificazione

19

25

kWh/m2a

Nature

1728

punti

Indice di impianto idrico

87%

emissioni di CO2 riferite alla superfice netta riscaldata

14

13

classificazione

2 2

kg CO2 e/m2a

Gold

Adaptive Comfort 0,0%

0,0%

0,0%

0,0%

0,0%

0,0%

I+++

I++

I+

I

II

III

Adaptive Comfort Class

Discomfort

Discomfort

100,0%

Franger Comfort Mean value

A

B

C

Discomfort

PMV (summer)

6,2

0,0%

0,0%

0,0%

100,0%

PPD (summer)

100,0%

0,0%

0,0%

0,0%

100,0%


campinfiore • chiara damiani, ming yang

Temperature interne

temperatura ambiente

temperatura operante

temperatura percepita

giorno dell’anno

ora

massima

53,8 oC

53,8 oC

44 oC

189

16

43

7

minima

20,0 C

19,7 C

19,4 C

ore sopra 26oC

77 oC

77 oC

Discomfort

ore sopra 28oC

70 oC

70 oC

ore sopra 20oC

0 oC

0 oC

o

o

o

Umidità relativa interna

U.R.int

giorno dell’anno

ora

massima

87%

0

16

minima

9%

192

5

ore sopra 70%

2%

ore sotto 30%

42%

Temperatura esterna

Text

giorno dell’anno

ora

massima

33,7 oC

187

15

minima

-9,2 C

42

3

Umidità assoluta esterna

U.A.ext

giorno dell’anno

ora

o

massima

18 g/kg

181

21

minima

0 g/kg

7

16

100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0

umidità relativa / Relative Feuchte [%]

edificio comfort minimo comfort

16

18

20

22

24

26

28

30

temperatura percepita / Empfundene Temperatur [oC]

32

193


194

ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Sezione trasversale


campinfiore • chiara damiani, ming yang

Vista del nuovo ingresso da Piazza Carlo Dolci

195


196

ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Prospetti


campinfiore • chiara damiani, ming yang

Vista dagli orti urbani

197


198

nuovi modelli progettuali energetico-ambientali per ripensare lo spazio educativo • r.romano, c.balocco, s.barbi

Vista dalla copertura verso gli orti urbani


campinfiore • chiara damiani, matteo columbano, ming yang

199



palazzo rosso Lorenzo Conoscenti, Michela Ferrini, Giovanni Gubitosa

Il progetto si pone come fulcro di un processo di riqualificazione dell’intero quartiere dell’Isolotto, partendo dall’intervento sulla scuola Don Milani per poi allargarsi in direzione del parco retrostante e verso i principali assi infrastrutturali adiacenti l’edificio. La nuova scuola è immaginata come centro civico, un riferimento della comunità, identificazione tra luogo ‘casa’ e luogo ‘scuola’, e di conseguenza intesa proprio come ‘casa di tutti’, ‘casa della comunità’. Un luogo che agli occhi dei bambini diventa accogliente e familiare, così che i cittadini di domani siano abituati a percepire lo spazio pubblico come bene comune, da curare e preservare. Sul piano architettonico ‘l’anello’, la forma chiusa della copertura che cerca di legare in sé l’intero edificio mediante le falde inclinate che corrono su tutti i lati, nasce dalla volontà di ridefinire il profilo irregolare dell’edificio esistente, saturandolo con dei volumi aggiuntivi. Il risultato è un volume compatto, caratterizzato fortemente dal colore rosso delle superfici: un palazzo civico la cui mole dialoga bene sia con la scala del parco posto a sud che col tessuto minore delle case affacciate su piazza Carlo Dolci. La biblioteca, che rompe la continuità del prospetto nord, instaura un dialogo visuale tra la piazza, lo spazio della corte interna e il parco. Nei giorni festivi e nelle ore extra-scolastiche questa sequenza di spazi diventa percorribile e fruibile da tutto il quartiere, trasformando la scuola in un frammento di città. La rottura serve soprattutto a definire una duplice soglia-ingresso grazie alla quale differenziare i flussi interni, definendo due ingressi distinti per la scuola e per gli spazi comuni, quali palestra e bar. Il cotto smaltato utilizzato per rivestire le falde di copertura e la facciata, contribuisce a dare uniformità alle facciate dell’edificio. Le aperture finestrate sono disegnate come ampi tagli nell’involucro opaco e, per distribuzione e profondità della strombatura, caratterizzano in modo diverso i quattro prospetti in base alla loro esposizione. L’aggetto degli infissi è, infatti, pensato per funzionare come sistema di schermatura e di conseguenza cambia per dimensione e forma in funzione dell’orientamento dell’apertura.


202

ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi


palazzo rosso • lorenzo conoscenti, ferrini michela, giovanni gubitosa

Nella definizione degli spazi interni della scuola si è scelto di organizzare i volumi distinguendo i diversi cicli didattici, cosicché classi di pari livello di età possano agevolmente interfacciarsi in occasione di attività scolastiche condivise. Gli spazi distributivi orizzontali, sono pensati per diventare ambienti accessori delle aule grazie alla possibilità di aprire le grandi pareti semimobili utilizzate come partizioni interne. Questo espediente permette di moltiplicare lo spazio didattico a disposizione della scuola e di sperimentare forme didattiche innovative. Il progetto delle tre grandi sale comunitarie - l’agorà-auditorium; la mensa; la palestra -, così come quello delle aule del secondo piano, hanno trovato nel dialogo attento con la luce naturale l’ambito di sperimentazione ideale con cui caratterizzare lo spazio costruito ed esprimere i temi e le qualità spaziali specifici individuati per i singoli ambienti.

Vista della scuola dal parco posto a Sud

203


204

ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Sezione trasversale


palazzo rosso • lorenzo conoscenti, ferrini michela, giovanni gubitosa

Vista dell’Agorà Vista della mensa

205


206

ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Pianta piano terra


palazzo rosso • lorenzo conoscenti, ferrini michela, giovanni gubitosa

207

Pianta piano primo


208

ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Simulazione 01-12-2019 cielo coperto – illuminamento Luce naturale, senza schermature

Luce naturale, con tendaggi se necessari

Ore 8:00

Ore 13:00

Ore 16:00

Simulazione 01-12-2019 cielo sereno – illuminamento Ore 8:00

Ore 13:00

Ore 16:00

Luce naturale e artificiale con tendaggi


palazzo rosso • lorenzo conoscenti, ferrini michela, giovanni gubitosa

Simulazione 01-12-2019 cielo coperto – luminanza Luce naturale, senza schermature

Luce naturale, con tendaggi se necessari

Ore 8:00

Ore 13:00

Ore 16:00

Simulazione 01-12-2019 cielo sereno – luminanza Ore 8:00

Ore 13:00

Ore 16:00

Luce naturale e artificiale con tendaggi

209


210

ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Simulazione 27-05-2019 cielo intermedio – illuminamento Luce naturale, Luce naturale, con tendaggi se necessari senza schermature Ore 8:00

Ore 13:00

Ore 16:00

Simulazione 27-05-2019 cielo sereno – illuminamento Ore 8:00

Ore 13:00

Ore 16:00

Luce naturale e artificiale con tendaggi


palazzo rosso • lorenzo conoscenti, ferrini michela, giovanni gubitosa

Simulazione 27-05-2019 cielo intermedio – luminanza Luce naturale, Luce naturale, con tendaggi se necessari senza schermature Ore 8:00

Ore 13:00

Ore 16:00

Simulazione 27-05-2019 cielo sereno – luminanza Ore 8:00

Ore 13:00

Ore 16:00

Luce naturale e artificiale con tendaggi

211


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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Vista da corridoio verso l’aula con tramezzo mobile aperto Vista interna di un’aula tipo


palazzo rosso • lorenzo conoscenti, ferrini michela, giovanni gubitosa

Vista della palestra

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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Dettaglio Sezione terratetto.


palazzo rosso • lorenzo conoscenti, ferrini michela, giovanni gubitosa

S1 Pavimentazione in linoleum 1 cm Sottofondo ligneo per pavimentazione 2 cm Intercapedine porta impianti 10 cm Massetto in cls alleggerito 6 cm Isolante in vetro cellulare 12 cm Guaina impermeabilizzante 0,2 cm Soletta in CLS 10 cm Cassetti modulari a perdere in polipropilene 25 cm Strato di magrone 10 cm Terreno naturale

S3

S2 Pavimentazione in linoleum 1 cm Sottofondo ligneo per pavimentazione 2 cm Intercapedine porta impianti 10 cm Massetto di sottofondo a secco 10 cm Lamiera grecata 12 cm Trave IPE 250 in acciaio strutturale Intercapedine per alloggio sistema VMC 30 cm Isolante Acustico 4 cm Controsoffitto in lastre di cartongesso 1,5 cm S2

M1

S1

S3 Pannelli fotovoltaici 5 cm Intercapedine d’aria 30 cm Membrana impermeabilizzante 0,4 cm Isolante in vetro cellulare 8 cm Pannello OSB 2 cm Isolante in lana di roccia 16 cm Pannello OSB 2 cm Intercapedine d’ara a spessore variabile Isolante Acustico 4 cm Controsoffitto in lastre di cartongesso 1,5 cm M1 Cartongesso in lastre rinforzate 1,5 cm Intercapedine per passaggio cavi 5 cm Barriera al vapore 0,4 cm Isolante plastica riciclata 5,5 cm Pannello OSB 2 cm Isolante plastica riciclata 16 cm Pannello OSB 2 cm Isolante plastica riciclata 8 cm Membrana impermeabilizzante 0,4 cm Intercapedine d’aria 35 cm Lastre in cotto smaltato 1,5 cm

215


216

ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Prospetti


palazzo rosso • lorenzo conoscenti, ferrini michela, giovanni gubitosa

Vista dell’edificio scolastico verso via del Ronco Lungo

217



girasole Parisa Salamat, Vito Zichitella

Il progetto è stato sviluppato con l’obiettivo di aprire la scuola primaria Don Milani verso l’area verde posta a sud dell’edificio, trasformata in parco, favorendo l’interazione sociale tra i bambini e i cittadini del quartiere Isolotto. Il nuovo complesso scolastico è stato inoltre progettato per offrire, oltre ai servizi scolastici, anche nuovi spazi utilizzabili durante tutto l’arco della giornata e dell’anno, quali: la palestra, l’Agorà, la mensa-ristorante. Il nuovo corpo di fabbrica si presenta come un edificio flessibile dotato di capacità di adattamento, distribuito su due piani. Al piano terra sono collocati: gli uffici amministrativi, l’Agora, i laboratori, la mensa e la palestra, aperti verso il nuovo parco. Al piano primo sono invece localizzate le aule didattiche, tutte disposte verso sud, che si affacciano verso una terrazza continua dotata di orti didattici, pensata per incrementare il benessere psicofisico dei piccoli utenti e stimolare la loro sensibilità verso le tematiche ambientali. La nuova scuola è ideata come un edificio energeticamente efficiente, attraverso l’adozione di strategie di captazione solare attive (integrazione di pannelli fotovoltaici sulla copertura verde) e passive (grandi aperture vetrate orientate a sud-est e sud-ovest) e il ricorso a sistemi di involucro con ottime caratteristiche termoigrometriche, realizzati con materiali a basso impatto ambientale. Gli spazi didattici sono stati progettati per beneficiare della ventilazione e dell’illuminazione naturale, e sono caratterizzati da grandi finestre schermate con lamelle orizzontali e piante rampicanti caducifoglie. La validazione delle scelte progettuali è stata accompagnata da un’attenta modellazione energetica che ha permesso di parametrizzare l’impatto delle scelte tecnologiche e spaziali adottate, con l’obiettivo di raggiungere consumi energetici globali vicini allo zero.


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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Vista della terrazza del primo piano


girasole • parisa salamat, vito zichitella

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Sezione trasversale


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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Pianta piano terra


girasole • parisa salamat, vito zichitella

Pianta piano primo

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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Analisi delle prestazioni energetiche

Progetto di Bilancio Energetico MWh/a Illuminazione e dispositivi

19049,8

Energia Latente Aggiunta

1225,4

17,3

Guadagno Calore Umano

343855,7

10

Servizio Riscaldamento Acqua

1558,0

5

Guadagno Solare

359099,1

0

Riscaldamento

9240,4

0

Trasmissione

53626,2

5

Infiltrazione

578492,2

10

Ventilazione

47691,0

15

Liquame

1558,0

Raffreddamento

56195,2

[MWh] Energia fornita per settimana

1 4

8

12

16

20 24

28 32

36 40 44 48 52

Energia emessa per settimana

Blocchi Termici Blocco Termico

Zone Assegnato

Profilo Operazione

Area Lorda m²

Volume m³

001 aule e mensa

21

00aula

1216,54

3827,45

005 trazione tecnico

11

00aula

354,72

1103,04

006 extrascolastico

4

Spazi ausiliari

703,63

3104,01

007 extrascolastico servizi

4

00uffici

155,70

523,63

008 spazi comuni abitabili

6

00uffici

2293,27

7912,98

009 uffici

7

00aula

120,18

355,64

010 connettivi

10

00aula

545,69

1836,47

011 ripostiglio e locale tecnico

4

00aula

175,21

569,03

012 sport

1

00aula

378,47

2879,06

Totale:

67

5565

19232


girasole • parisa salamat, vito zichitella

225

Consumo energia per destinazioni Energia

CO2

Nome destinazione

Quantità

Primario

Costo

Emissione

kWh/a

kWh/a

EUR/a

kg/a

Riscaldamento

9

12

0

0

Raffreddamento

56

156

0

0

Servizio Acqua Calda

1

1

0

0

Unità di Ventilazione

95

285

0

0

Illuminazione e Dispositivi

19

57

0

0

Totale:

180

511

0

0

24%

Quantità: 3% Destinazione Energia: Sorgente Energetica: [MWh/a] 7,6

81,3

25,1

50

100

0 Primario: Destinazione Energia: Sorgente Energetica: [MWh/a] 0

30%

81,3

75,4 200

41%

8%

95,2

19,0

150

200

231

55%

11%

285,7

57,1 400

513

Quantità per Primaria per [MWh/a]0

181

513


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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Prospetto Nord, Ovest, Sud


girasole • parisa salamat, vito zichitella

Vista della scuola, aperta verso il parco Sud

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loggia Francesca Mecacci, Anna Laura Petracci

Il progetto di riqualificazione della Scuola Don Milani è stato sviluppato per rigenerare l’edificio e tutto il lotto in cui esso è inserito, attraverso la ristrutturazione del corpo di fabbrica e la riorganizzazione della grande area verde che si trova a sud, attualmente inutilizzata. L’intervento ha infatti previsto di trasformare questa zona di margine in un nuovo parco urbano, destinato ad ospitare attività a servizio della scuola e del quartiere (aree gioco e orti didattici) e una water square, concepita come un anfiteatro che, in occasione di piogge abbondanti, si trasforma in un bacino di drenaggio e stoccaggio dell’acqua in eccesso, grazie all’integrazione di una cisterna di accumulo che alimenta durante tutto l’arco dell’anno il sistema di irrigazione esterna e l’impianto idrico a servizio degli scarichi dei wc dell’edificio scolastico riqualificato. L’obiettivo dell’intervento è quello di rigenerare l’esistente in modo sostenibile, recuperando il rapporto architettura-natura e adattando funzionalmente l’intero plesso scolastico alle esigenze della società contemporanea, attraverso: l’utilizzo di materiali riciclabili o provenienti da materiale riciclato; la scelta di soluzioni tecnologiche di involucro assemblabili a secco e totalmente reversibili, caratterizzate da ottime prestazioni termoigrometriche; l’integrazione di tecnologie per la produzione di energia rinnovabile. Dal punto di vista compositivo, la proposta di riqualificazione si caratterizza per la scelta di riunire sotto ad una grande copertura tutti gli spazi funzionali, organizzati intorno a quattro corti interne di varie dimensioni su cui si affacciano gli ambienti didattici (aule e laboratori), pensati come spazi flessibili e confortevoli e orientati in modo opportuno per favorire l’ingresso della luce naturale. Rispetto alle destinazioni funzionali attuali, sono stati aggiunti: una biblioteca; un auditorium; spazi destinati ad ospitare attività ricreative a servizio degli abitanti del quartiere. Il nuovo volume della palestra è realizzato adottando una soluzione semi-ipogea, che permette di trasformare la copertura di questo corpo di fabbrica in una terrazza praticabile con vista su piazza Carlo Dolci e il Monte Morello, oltre che sul nuovo parco e le colline di Scandicci. Si tratta di un luogo iconico, uno spazio coperto ma aperto, che si configura sia come


230

ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi


loggia • francesca mecacci, anna laura petracci

una piazza urbana sopraelevata, sia come luogo destinato ad ospitare attività didattiche dedicate all’ecologia ed alla salvaguardia della natura. L’elemento caratterizzante l’intervento di riqualificazione è la sovrastruttura di acciaio che avvolge tutti i corpi di fabbrica, in un gioco di pieni e di vuoti, caratterizzati dall’integrazione di sistemi di raccolta delle acque piovane, pannelli fotovoltaici di diverso colore e fattura, schermature solari, tendaggi, pannelli in alluminio e vegetazione. Questo originale espediente architettonico cambia completamente l’immagine dell’edificio, trasformandolo in un luogo attrattivo, un centro di ritrovo, uno spazio di benessere per le diverse fasce d’età, al passo con il concetto stesso di sostenibilità.

Vista del nuovo ingresso da piazza Carlo Dolci

231


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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Sezione trasversale


loggia • francesca mecacci, anna laura petracci

• Vista di uno dei corridoi interni che si affacciano sull’Agorà Vista della palestra

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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Pianta piano terra


loggia • francesca mecacci, anna laura petracci

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Pianta piano primo


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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Risultati illuminotecnici: simulazione con sola luce naturale 21 Marzo ore 13:00 cielo sereno

21 Settembre ore 13:00 cielo sereno

• Illuminamento medio perpendicolare su piano di lavoro h. 0.73 m: 69.3 lux • Luminanza h. 0.73 m: 11 cd/m2

• Illuminamento medio perpendicolare su piano di lavoro h. 0.73 m: 52 lux • Luminanza h. 0.73 m: 8.30 cd/m2

21 Marzo ore 17:00 cielo coperto

21 Settembre ore 8:00 cielo coperto

• Illuminamento medio perpendicolare su piano di lavoro h. 0.73 m: 11.4 lux • Luminanza h. 0.73 m: 1.82 cd/m2

• Illuminamento medio perpendicolare su piano di lavoro h. 0.73 m: 17 lux • Luminanza h. 0.73 m: 2.79 cd/m2


loggia • francesca mecacci, anna laura petracci

Risultati illuminotecnici: simulazione con sola luce naturale, artificiale e tenda 27 Maggio ore 13:00 cielo sereno

• Illuminamento medio perpendicolare su piano di lavoro h. 0.73 m: 43 lux • Luminanza h. 0.73 m: 6.97 cd/m2

21 Marzo ore 17:00 cielo coperto

• Illuminamento perpendicolare su piano di lavoro h. 0.72 m: min. 283 lux med. 563 lux max. 848 lux • Luminanza h. 0.72 m: min. 67 cd/m2 med. 108 cd/ m2 max. 135 cd/m2 • UGR max: 13.5 • Rapporto di luminanza: 0.63 • Rapporto di illuminamento: 0.63

21 Marzo ore 17:00 cielo coperto

21 Settembre ore 8:00 cielo coperto

• Illuminamento medio perpendicolare su piano di lavoro h. 0.73 m: 17.3 lux • Luminanza h. 0.73 m: 2.75 cd/m2

• Illuminamento perpendicolare area scaffalatura h. 1.60 m: min. 38.1ux med. 272 lux max. 5702 lux • Luminanza h. 1.60 m: min. 11 cd/m2 med. 25 cd/m2 max. 62 cd/m2 • UGR max: 19 • Rapporto di luminanza: 0.34 • Rapporto di illuminamento: 0.11

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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Prospetto Ovest, Sud, Nord


loggia • francesca mecacci, anna laura petracci

Vista della corte interna della scuola

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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Dettaglio Sezione terratetto


loggia • francesca mecacci, anna laura petracci S3 S3 Profili in acciaio HEA 200 Ghiaia sp. 8 cm Guaina impermeabile sp. 0,2 cm Massetto in cls alleggerito sp. 7 cm Isolante in lana di legno sp. 15 cm Soletta in cls armato sp. 10 cm Lamiera grecata h. 8 cm Intercapedine d’aria sp. 30 cm Lastra isolante in EPS sp. 3,5 cm Controsoffitto radiante sp. 1,5 cm Intonaco ignifugo sp. 2 cm S2 Pavimento flottante h. 1 cm Intercapedine d’aria sp. 10cm Massetto in fibra di legno posato a secco sp. 6 cm Isolante acustico in PET sp. 5 cm Soletta in cls armato sp. 10 cm Lamiera grecata h. 8 cm Intercapedine d’aria sp. 30 cm Lastra isolante in EPS sp. 3,5 cm Controsoffitto radiante sp. 1,5 cm Intonaco ignifugo sp. 2 cm

S2

M1

S1

S1 Pavimentazione autoposante in gres sp. 1,5 cm Massetto in fibra di legno posato a secco sp.6 cm Isolante in vetro cellulare sp. 15 cm Massetto in cls armato sp. 10 cm Casseri modulari in polipropilene riciclato h.28 cm Magrone sp. 10 cm M1 Sistema modulare di pannelli in policarbonato sp. 3 cm Intercapedine d’aria sp. 10 cm Pannello in cartongesso impermeabile sp. 3 cm Guaina impermeabilizzante riciclata sp. 0,4 cm Isolante termoacustico in poliestere sp. 3 cm Isolante in polistirene espanso sp. 16 cm Tessuto non tessuto sp. 0,2 cm Pannello in cartongesso sp. 2 cm Intonaco ignifugo sp. 2 cm

241


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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Vista della terrazza con tetto giardino e schermature solari


loggia • francesca mecacci, anna laura petracci

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campus 4s Claudia Mecacci, Matteo Pasqual

Il progetto di riqualificazione Campus 4S (Structure/Society/Sustainability/Solidarity) è finalizzato a trasformare l’edificio scolastico Don Milani in un Civic Center multidisciplinare, in cui trovano collocazione non solo spazi per le attività didattiche, ma anche una biblioteca pubblica e una palestra, fruibili da tutti gli abitanti del quartiere. La proposta architettonica si rapporta al contesto urbano instaurando una connessione spaziale e visiva con la Scuola dell’Infanzia Bruno Ciari, attraverso la sistemazione di un nuovo assetto del parco nel quale sono collocate una biopiscina e un’area organizzata ad orto sociale. La nuova distribuzione dei volumi del plesso scolastico e della palestra disegna un inedito sistema urbano, composto da scenari di permeabilità, sia visive che spaziali, donando al quartiere nuovi spazi per la collettività. La piazza interposta fra i tre corpi di fabbrica (scuola, palestra, asilo) è concepita come il fulcro compositivo dell’intervento di rigenerazione urbana e si configura come un nuovo centro di aggregazione, protetto dalla strada carrabile e accessibile solo pedonalmente. La scuola è ripensata come un luogo pubblico dove imparare a crescere, in modo responsabile e consapevole, all’interno della comunità. L’assetto spaziale interno è caratterizzato dalla presenza di ambienti fluidi e multifunzionali: le aule, che durante le varie ore del giorno possono assumere diverse configurazioni spaziali (aula canonica e aula Plus); gli spazi distributivi, progettati come ambienti multiuso nei quali poter organizzare attività didattiche non tradizionali; l’Agorà, fulcro dell’edificio, concepita come una cavea a doppia altezza e caratterizzata da una grande scala centrale, intorno alla quale si affacciano tutti gli altri ambienti. L’intervento di riqualificazione energetica profonda è sviluppato adottando i principi dell’architettura bioclimatica, che tiene conto delle caratteristiche ambientali del sito e mira al raggiungimento di elevati target energetici. Per garantire il ‘diritto al sole’, tutte le nuove aule sono orientate a est e sud, mentre gli uffici amministrativi, l’aula insegnanti e la biblioteca sono collocati nel corpo di fabbrica orientato a nord, e schermati dai venti freddi invernali da un filare di alberi sempreverdi.


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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi


campus 4s • claudia mecacci, matteo pasqual

Le grandi aperture che caratterizzano i prospetti principali dell’edificio scolastico riqualificato, presentano un sistema di schermatura caratterizzato da lamelle verticali e orizzontali, che si intersecano formando un reticolo che varia per posizione, dimensione ed inclinazione, con l’obiettivo di ridurre, schermando, i fenomeni di surriscaldamento interno e di abbagliamento sul piano di lavoro, connotando esteticamente il nuovo corpo di fabbrica. Il progetto 4S è, inoltre, sviluppato per soddisfare i requisiti CAM in relazione a: prestazioni di isolamento e capacità termica areica delle superfici verticali e orizzontali, opache e trasparenti; parametri di comfort indoor e outdoor; risparmio idrico, attraverso la realizzazione di cisterne di accumulo e di un invaso di fitodepurazione nel parco comune ai due edifici scolastici; produzione di energia da fonti rinnovabili, mediante l’integrazione sui tetti piani di pannelli fotovoltaici in silicio amorfo; ciclo di vita dei materiali, scegliendo quelli a filiera corta e realizzati con materia prima riciclata e utilizzando il materiale recuperato dalla demolizione selettiva di alcune parti dell’edificio esistente per la realizzazione del nuovo involucro in schiuma di alluminio; riduzione dei consumi energetici invernali, attraverso l’adozione di strategie per favorire la produzione passiva di calore (pavimento con finitura scura in corrispondenza delle aperture delle aule e della grande copertura vetrata della serra).

Vista della scuola da via del Ronco Lungo

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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Pianta piano terra


campus 4s • claudia mecacci, matteo pasqual

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Pianta piano primo


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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Vista della terrazza coperta Vista del portico e del cortile a nord


campus 4s • claudia mecacci, matteo pasqual

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Sezione trasversale


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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Viste dell’Agorà e degli spazi comuni


campus 4s • claudia mecacci, matteo pasqual

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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Prospetti Nord, Ovest, Est


campus 4s • claudia mecacci, matteo pasqual

Vista della biopiscina collocata nel parco a Sud

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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Vista diurna del fronte Ovest


campus 4s • claudia mecacci, matteo pasqual

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Vista notturna del fronte Ovest


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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

Dettaglio Sezione terratetto


campus 4s • claudia mecacci, matteo pasqual

S3

S1 Pavimento flottante 1 cm Intercapedine d’aria 6 cm Isolante in vetro cellulare 12 cm Guaina impermeabilizzante 0,2 cm Soletta in CLS 10 cm Cassetti modulari a perdere in polipropilene 42 cm Strato di magrone 10 cm Terreno naturale S2 Pavimento flottante 1 cm Intercapedine d’aria 6 cm Isolante acustico 5,0 cm Massetto di sottofondo a secco 10 cm Lamiera grecata 12 cm Intercapedine porta impianti 50 cm Controsoffitto radiante in cartongesso 4 cm

S2

S3 Pannelli fotovoltaici in silicio amorfo 0,5 cm Membrana impermeabilizzante 0,2 cm Massetto delle pendenze 6 cm Isolante in vetro cellulare 13 cm Massetto di sottofondo a secco 10 cm Lamiera grecata 12 cm Intercapedine porta impianti 50 cm Controsoffitto radiante in cartongesso 4 cm

M1

S1

M1 Pannello di schiuma di alluminio 4 cm Sottostruttura telaio in acciaio 5 cm Tessuto non tessuto 0,5 cm Isolante in fibre di legno 3 cm Isolante in lana di roccia 10 cm Isolante in fibre di legno 3 cm Intercapedine per passaggio cavi 5 cm Cartongesso in lastre rinforzate 1,5 cm

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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

21.03 9:00

Simulazione dell’illuminamento in un’aula tipo per valutare l’efficacia delle schermature solari in tre giorni tipici dell’anno e in due fasce orarie (9:00; 12:00)

21.03 12:00


campus 4s • claudia mecacci, matteo pasqual

1.12 9:00

27.05 9:00

1.12 12:00

27.05 12:00

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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

21.03 9:00 - cielo sereno

21.03 12:00 - cielo coperto

Illuminamento perpendicolare (min): 253 lx Illuminamento perpendicolare (max): 785 lx Illuminamento perpendicolare (medio): 394 lx Luminanza (min): 34.7 cd/mq Luminanza (max): 124 cd/mq Luminanza (media): 64.6 cd/mq Rapporto di illuminamento: 0.64 Contrasto di luminanza (piano lavoro): 0.91 UGR: 14.6 Illumiamento perpendicolare (parete lavagna): 365 lx

Simulazioni illuminamento e luminanza per un’aula tipo in condizioni di cielo sereno e coperto alle ore 9.00 e 12.00


campus 4s • claudia mecacci, matteo pasqual

21.03 9:00 - cielo coperto

21.03 12:00 - cielo sereno

Illuminamento perpendicolare (min): 227 lx Illuminamento perpendicolare (max): 517 lx Illuminamento perpendicolare (medio): 336 lx Luminanza (min): 23.2 cd/mq Luminanza (max): 121 cd/mq Luminanza (media): 54 cd/mq Rapporto di illuminamento: 0.67 Contrasto di luminanza (piano lavoro): 0.98 UGR: 15.2

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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

La scuola vista dal nuovo giardino a Nord


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Queste indicazioni bibliografiche sono state redatte pensando ad un percorso formativo che non per forza deve completarsi interamente entro i pochi mesi del Laboratorio, non ve ne è la pretesa né la necessità. È un invito a considerare il fatto che nel progetto è il pensiero che deve guidare l’azione, come un corrimano aiuta la salita o la centina sostiene la costruzione dell’arco. La lettura di saggi, articoli, manuali, così come la revisione, la lezione e l’autocritica, sono momenti complementari della formazione del giovane architetto, nessuno di questi deve mancare. I riferimenti qui riportati sono divisi per argomenti, e in ordine alfabetico per autore. .


bibliografia

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simone barbi


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ri-progettare l’architettura scolastica • r.romano, c.balocco, s.barbi

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Finito di stampare da Officine Grafiche Francesco Giannini & Figli s.p.a. | Napoli per conto di didapress Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze Aprile 2022



Architettura e Ambiente sono elementi imprescindibili di una dicotomia programmatica indispensabile a generare e realizzare edifici sostenibili e resilienti, in sintonia con il genius loci di un luogo ed ispirati dalle sue caratteristiche morfologiche e climatiche. Da questa riflessione nasce questo libro, frutto della rielaborazione di appunti e lezioni svolte all’interno del Laboratorio integrato di Architettura e Ambiente del Corso di Laurea Magistrale in Architettura del DIdA, tenuto durante l’anno accademico 2020-2021, a partire dalla collaborazione e dal dialogo interdisciplinare tra gli autori docenti dei rispettivi moduli afferenti al Laboratorio: Rosa Romano (Progettazione Ambientale), Carla Balocco (Tecniche del Controllo Ambientale), e Simone Barbi (Progettazione Architettonica).

Rosa Romano, Professore Associato di Tecnologia dell’Architettura. La sua ricerca si focalizza sui temi inerenti la sostenibilità ambientale e il risparmio energetico degli edifici, approfondendo il tema della progettazione ambientale applicata ai sistemi insediativi nuovi ed esistenti ed alla gestione dei processi edilizi complessi. Carla Balocco, Professore Associato di Fisica Tecnica Ambientale, si occupa di ricerca in termofisica dell’edificio e dei suoi componenti, analisi del sistema integrato edificio-impianto con particolare attenzione al microclima e alla qualità dell’aria, conservazione e retrofitting impiantistico, di illuminotecnica con particolare attenzione alle soluzioni di controllo della luce naturale ed artificiale. Simone Barbi, Architetto e dottore di ricerca. Docente a contratto presso il Dipartimento di Architettura di Firenze e presso la Università Cattolica “Nostra Signora del Buon Consiglio” di Tirana. Si occupa di Cultura del progetto del XX secolo in rapporto alla tradizione disciplinare, studiando con particolare interesse la relazione tra linguaggio strutturale, luce naturale e il potenziale espressivo dell’ombra.

ISBN 978-88-3338-165-7

€ 35,00 € 25,00


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