L'ex Fabbrica Banci nel nuovo sistema della 'Declassata' | Culicchi Pirrello

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lisa culicchi selene m. pirrello

L’ex Fabbrica Banci nel nuovo sistema della ‘Declassata’



tesi | architettura design territorio


Il presente volume è la sintesi della tesi di laurea a cui è stata attribuita la dignità di pubblicazione. “Per la particolare ampiezza e compiutezza del percorso metodologico e delle soluzioni progettuali declinate sia alle varie scale coinvolte, sia in merito alla matura esaustività dei molteplici approfondimenti disciplinari affrontati, sintetizzati in una enunciazione urbano architettonica connotata da significativa originalità”. Commissione: Proff. P. Bellia, G. Cellai, P. Costa, P. Di Nardo, F.M. Lorusso, T. Matteini, L. Sgrilli, G. Tempesta, G. Tucci

in copertina Disegno del progetto architettonico.

progetto grafico

didacommunicationlab Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze Susanna Cerri Sara Caramaschi

didapress Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze via della Mattonaia, 8 Firenze 50121 © 2018 ISBN 9788833380407

Stampato su carta di pura cellulosa Fedrigoni Arcoset


lisa culicchi selene m. pirrello

L’ex Fabbrica Banci nel nuovo sistema della ‘Declassata’



Intersezioni

pagina precedente Foto ex fabbrica Banci Ottobre 2016

Progettare vuol dire, al suo apice, pensare, operare, esprimere sul confine. Implica e persegue il mettere in forma l'attitudine trasformatrice: comporta un mutamento, una rivelazione, un’utopia perfino. Luogo limite, non può che accadere sul limite: di tempi, concetti, estetiche. Tra idee, discipline, forme e tecniche. Tra reale e possibile, detto e dicibile, costituito e configurabile: tra eredità e futuro. Saggio ed espansione del limite, arte dell’anticipazione e della mutazione, il progetto irrompe naturalmente come ricerca, come inedito e plausibile superamento critico del reale dato. E’ linea di frontiera e insieme soglia, che individua e ad un tempo fa incontrare. Per proiettare oltre, per progredire. Portato liminare cruciale ed imprescindibile che ha fondato la configurazione interdisciplinare della didattica della Laurea Magistrale in Architettura, biennale, con l’invenzione di quattro laboratori progettuali integrati basati ognuno sulla concertazione organica e paritaria di tre discipline, convergenti su specifiche chiavi tematiche e formative. Un percorso di formazione nel quale ancor di più e naturalmente la tesi si fa inerentemente campo ed enunciazione esplorativi: è, con i migliori allievi, una credibile forma di ricerca. Specie nel caso in cui raggiunga, tra le tante, un riconoscimento distintivo per i valori in quel senso espressi, che la promuova a più ampia visibilità, anche oltre la Scuola. Qualità di ideazione critica, di espressione formale, di racconto affinato, fino a tratti di invenzione, di originalità. Questa tesi ne rappresenta un esito ritenuto esemplare per la declinazione informata e approfondita, articolata e ricompositiva dell’intreccio complesso delle tre cifre disciplinari a sua premessa: la progettazione urbano-architettonica, il progetto strutturale e le tecniche di controllo ambientale, tra loro strettamente ed abilmente interrelate nella sintesi finale della previsione progettuale. Riuscito intreccio ancora, questa stessa, di più temi e delle rispettive scale, secondo un’escursione rilegatrice in cui l’urbano di un ampio masterplan di riqualificazione per una intera parte di città indirizza e inquadra l’architettonico della rigenerazione di un nobile complesso di archeologia industriale, intessendone e approfondendone più dettagliatamente i molteplici ed innovativi adattamenti funzionali e tipologici. Per proseguire accertandone ulteriormente, con meritevole esigenza di meticolosa compiutezza, la congruenza ed efficacia dell’impianto strutturale e l’efficienza ambientale della configurazione tecnico-costruttiva. Sullo sfondo, la città di Prato con la sua specifica individualità di città dalle tante fabbriche, attualmente proiettata a reinventare il proprio destino a partire anche da quello stesso patrimonio in parte senza più ruolo: una ri-figurazione di sé che questa tesi concorre paradigmaticamente a indagare e simulare nella cornice di uno scambio continuativo di confronto ed iniziative di studio che da alcuni anni viene coltivato fiduciosamente ed esemplarmente tra il Comune e il Dipartimento di Architettura. Flaviano Maria Lorusso Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze

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Testimonianza delle preesistenze industriali



Archeologia industriale

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“Parlare di archeologia industriale non significa limitarsi ad esaminare i resti di impianti di quel solo specifico settore produttivo […], rientrano perciò nel campo dell’archeologia industriale tutti i resti materiali di quelle forme di produzione urbane e rurali derivanti dagli innovamenti tecnologici introdotti nel periodo della rivoluzione industriale o antecedenti, funzionali in maniera diretta”. (Mainini, Rosa, Sajeva, 1981, pp.19-20)

Il termine archeologia industriale è stato coniato in Inghilterra da Michael Rix, docente universitario di Birmingham, all’interno di un articolo intitolato ‘Industrial Archeology’ e pubblicato nella rivista The Amateur Historian, nella prima metà degli anni Cinquanta, periodo in cui, terminato il secondo conflitto mondiale, molte nazioni europee erano coinvolte in un’attività di ricostruzione delle cittadine distrutte dai bombardamenti, che avevano causato anche una perdita del patrimonio del periodo della Rivoluzione Industriale. Tra gli anni Sessanta e la metà degli anni Settanta ci furono i primi significativi sviluppi in merito a questo campo d’indagine, sia con la presentazione ad una conferenza nazionale del tema da parte del Council for British Archaeology sia con la pub-

blicazione da parte del giornalista Kenneth Hudson del volume ‘Industrial Archaelogy’, la creazione del National Records of Industrial Monuments (Catalogo nazionale dei monumenti industriali) e l’uscita della rivista “The Journal of Industrial Archeology” (1963). Negli anni successivi si cercò di riflettere sul senso e sullo scopo dell’archeologia industriale in modo più approfondito, passando da un’impostazione descrittiva ad un approccio storico. E’ in questo periodo che la disciplina inizia a diffondersi e a muovere i primi passi anche in Italia e in altre nazioni europee. Emerse infatti una forte sensibilizzazione per un processo culturale ed organizzativo che portò al riutilizzo degli edifici. In Italia, nel 1977, si forma la Società Italiana per l’Archeologia Industriale assieme al Centro di Documentazione e Ricerca Archeologia Industriale. Nel 1985 nasce poi l’Istituto di Cultura Materiale e Archeologia Industriale, per coordinare le iniziative di recupero e salvaguardia del patrimonio industriale; mentre nel 1994 viene istituita la Commissione Nazionale per i Beni Culturali Industriali. Ci si stava rendendo conto che in tutte le regioni italiane, pur con significative differenze, erano presenti tracce del processo di trasformazione industriale del paesaggio e della cultura, come i luoghi e gli oggetti della vita operaia.

“Sono essenzialmente la conoscenza dei monumenti industriali – e cioè la loro localizzazione e l’individuazione delle loro peculiarità dai punti di vista diversi della storia dell’architettura e della tecnologia, ma anche del costume e della vita sociale – e la formulazione di ipotesi e proposte per la tutela e la eventuale rivitalizzazione di questo patrimonio”. (Negri, 1989, pp. 7-14)

Interventi urbanistici sulle aree dismesse Il Italia il problema delle aree dismesse nasce verso la fine degli anni Settanta, con la crisi della grande industria e la dismissione dei grandi complessi industriali, che comporta processi di degrado fisico, ambientale e anche sociale. Si pone quindi con urgenza il problema della riconversione. Fino a metà degli anni Novanta, però, gli interventi sono pochissimi, tra cui Pirelli — Bicocca a Milano, FIAT — Lingotto a Torino, ILVA — Campi a Genova. Questo a causa di un problema economico, legato sia ai costi che ai ricavi degli interventi. La svolta si verifica nella seconda metà degli anni Novanta, quando sul piano urbanistico ci si rende conto che la questione delle aree industriali dismesse, che rappresentano una fonte di degrado ambientale e sociale, può diventare

un processo di rinnovamento della città. Infatti, per la loro posizione strategica nel contesto urbano, si qualificano come sede privilegiata per le funzioni terziarie. In Italia la maggior parte degli interventi sono stati di trasformazione radicale: vengono abbattuti gli edifici industriali preesistenti sostituendoli con nuovi insediamenti urbani, destinati ai mix funzionali di tipo residenziale, terziario e grandi servizi. Un intervento del genere presuppone quasi sempre la distruzione totale dei complessi industriali pre esitenti. Questo è il caso di Torino Spina centrale, Milano Bagnoli, Genova Campi, Firenze Novoli. Quasi sempre, però, all’interno dei complessi industriali c’è qualche fabbricato o qualche elemento che, per ragioni di tipo architettonico, o più semplicemente come memoria storica, vale la pena mantenere. La riqualificazione industriale apre un dibattito riguardo al confronto con le preesistenze. Così, i Comuni e le Soprintendenze esaminano gli edifici esistenti e decidono quali complessi dovrebbero essere conservati, quali complessi demoliti eccetto per alcune unità e, infine, quali complessi conservati in elemento singolare come testimonianza del passato, ma anche come segno del territorio.

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Distretto tessile pratese La Toscana vanta un ricco patrimonio di archeologia industriale, nato durante lo sviluppo delle attività produttive e lavorative. Nel territorio esistono interessanti testimonianze architettoniche e storico — culturali delle tradizioni di creatività e operosità tecnico — produttive. Dal punto di vista territoriale, la maggior concentrazione dei progetti e delle iniziative riguarda le province di Pistoia, Livorno, Pisa, Firenze, Siena e Prato. La realtà pratese, in particolare, presenta opportunità e risorse di evidente interesse per lo sviluppo delle conoscenze e delle iniziative nel campo dell’architettura industriale e della cultura del lavoro. Nel distretto operano oltre 9.000 imprese tessili, di cui 5.000 artigiane: una delle maggiori concentrazioni di attività tessili d'Europa. Attualmente, nel settore lavorano oltre 50.000 addetti, ovvero il 30% della popolazione attiva ed il 60% degli occupati nell'industria. Le aziende di Prato sono specializzate nella produzione di filati per maglieria, tessuti per abbigliamento, altri articoli tessili per l'industria dell'abbigliamento, delle calzature, dell'arredamento e per impieghi tecnici, e coprono tutte le lavorazioni del settore, dalla finitura al finissaggio dei tessuti. Un fenomeno rilevante è dato dalla massiccia presenza di immigrati, tra cui spiccano

i cinesi, 4.000 lavoratori regolari e una comunità di circa 15.000 persone per la gran parte insediati nella Chinatown di via Pistoiese e di via Bologna. I nuovi immigrati cinesi sono impegnati a dar vita ad una sorta di secondo distretto industriale nel settore della confezione e della maglieria. Imprese pratesi Un’immagine eloquente della capillarità della distribuzione delle imprese pratesi fra le due guerre si ha nella ‘Carta dei Bruzzi’ e nella localizzazione di 151 stabilimenti tessili nell’area di Prato ripresa nell’illustrazione proposta in “Prato Storia di una città”. Da questi elementi scaturisce l’immagine che, con felice definizione, è stata indicata come la ‘città mono orientata’ che, sotto il profilo territoriale, si consoliderà nel paesaggio urbano equi distribuito della ‘città diffusa’. La città diffusa è il naturale approdo degli addensamenti suburbani e dell’espansione a macchia d’olio degli anni Sessanta e Settanta, che nelle estreme esemplificazioni concettuali sarà diffusa nei due morfotipi della ‘città fabbrica’ e della ‘fabbrica diffusa’, stereotipi nei quali la città tutta, compresi luoghi centrali e frazioni, è piombata nel corso della crescita urbana abnorme nei modi perseguiti e anonima nei

risultati acquisiti, assumendo anche la scomoda immagine scaduta di luogo obsoleto e degradato. Dall’inizio degli anni Ottanta sono state effettuate ricerche sugli edifici e sulle aree dismesse del comune di Prato. Un primo studio del 1984 ha individuato un primo gruppo di fabbriche abbandonate, lanifici a ciclo completo e altri stabilimenti risalenti alle prime fasi dell’industrializzazione. Una successiva ricerca sulle aree di ristrutturazione urbanistica residenziale, commerciale e direzionale del piano Sozzi — Somigli ha individuato un secondo gruppo di impianti dismessi ubicati all’interno di queste zone. Nel 1944 l’Iris, ha effettuato una nuova rilevazione delle aree e degli edifici dismessi. In totale, sono stati rilevati 198 edifici industriali non più utilizzati o che comunque hanno perso la loro funzione originaria. Facendo riferimento all’epoca di costruzione del corpo di fabbrica principale si sono potuti distinguere dei gruppi principali, quali: • lanifici a ciclo completo e fabbriche risalenti alle prime fasi dell’industrializzazione, quindi tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi decenni del XX sec.; • stabilimenti che hanno iniziato la loro attività dal 1930 o durante la ricostruzione del secondo dopoguerra;

• impianti costruiti nel periodo 19511965, con la prima ondata di industrializzazione leggera del secondo dopoguerra; • impianti costruiti dopo il 1965; • impianti costruiti dopo il 1979. Su 198 casi di dismissione rilevati nel 1994 il 66% risulta non utilizzato, mentre i casi in cui gli edifici erano interamente riutilizzati ammontavano al 16%. Il rimanente 18% era composto per la metà di immobili solo in parte riutilizzati e per metà di immobili demoliti e dove era in corso la costruzione di nuovi edifici. Per quanto riguarda le trasformazioni e le modalità di riuso delle aree dismesse sono state distinte tre forme di intervento. In primo luogo, vi sono stati interventi di sostituzione di attività produttive originarie con nuove produttive, legate al settore tessile o che operano anche in settori diversi, senza modificazioni sostanziali delle struttura edilizia originaria; in secondo luogo, si sono avuti interventi di ristrutturazione degli edifici dismessi, che hanno comportato modificazioni nella struttura degli edifici originari. Questi non sono stati in parte conservati, in parte modificati e riadattati per funzioni nuove e diverse, in parte demoliti. Le funzioni produttive originarie sono state spesso per lo più sostituite da attività commerciali, uffici e ser-


Impianti industriali pratesi

Abbandono Sottoutilizzo Riutilizzo Rigenerazione In attività • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

Ex opifici Lanificio Ricceri Ex opifici Ex lanificio Vannucci Ex lanificio Mazzini Il Fabbricone (oggi industria e Teatro Fabbricone) Lanificio balli ruggero (ex fabbricone) Ex lanificio figli di michelangelo Ex lanificio Ciabatti Ex lanificio Valaperti Ex lanificio Maresina Ex rifinizione Vannuccioni Ex lanificio Rosati Ex lainificio Forti Manifattura fil. Pa. Ex lafinicio società Calamani Inustria tessuti pratesi Ex capannone Lanificio Marco Giardi Verian Titoria Silli Ex Filatura Nannicini Ex lanificio Umberto Bini Ex macelli pubblici Ex lanificio Lucchesi Marco Lucchesi Cimatoria Leopoldo Campolmi (oggi sede della biblioteca Lazzerini e del Museo del Tessuto) Ex lanificio Caverni Camera di commercio di prato Lanificio Kreative Ex lanificio Meoni Fedora Group Tintoria Fada Industria Biagioli Ex lanificio Walter Banci

vizi, che talvolta si combinano anche con nuove funzioni produttive; in terzo luogo, vi sono stati numerosi interventi di demolizioni degli edifici dismessi e di ricostruzione di nuovi edifici, destinati prevalentemente ad abitazione, attività commerciali, banche, uffici e altri servizi. Il Piano Sozzi — Somigli perseguiva il disegno dell’amministrazione di promuovere il trasferimento delle attività produttive cosiddette improprie dalle zone di ristrutturazione urbanistica alle aree periferiche di espansione industriale e di avviare contemporaneamente un processo di riqualificazione del tessuto urbano attorno al centro storico. Tra il 1994 e il 1997, con la preparazione e l’adozione del Piano Strutturale di Bernardo Secchi si è tentato di rimettere in discussione contenuti, parametri e forme dei

progetti per le aree dismesse. La strategia di intervento elaborata da Secchi abbandona l’idea di smobilitare l’intero complesso delle attività produttive localizzate nell’area urbana centrale. Si propone invece di procede in modo selettivo, allontanando soltanto le lavorazioni nocive inquinanti e cercando di attribuire un significato diverso alle differenti zone della città. E’ da tenere presente che se le attività svolte possono essere evidentemente conservate è però possibile recuperare le popolarità sottratte con funzioni altrettanto forti, di respiro urbano e territoriale, e anche nel caso in cui il recupero conservativo del manufatto non sia perseguibile, il progetto urbano sull’area dismessa dovrebbe comunque garantire un alto livello qualitativo in funzione dell’assetto infrastrutturale e delle

valenze paesaggistiche da confermare e semmai meglio affermare. Il recupero di ‘corridoi verdi attrezzati’ e di assi viari ciclabili o pedonali di attraversamento, interni ai lotti, potrebbe consentire non solo un recupero dei segni territoriali preesistenti, ma anche la costituzione di un articolato sistema di relazione tra i vari sedimi recuperati con le aree dismesse. Inoltre, prendendo spunto dalla grande risorsa idrica e dalla sua forza propulsiva, si possono meglio comprendere le ragioni e le particolarità del paesaggio antropico costruito intorno all’industria, fino a fissare le condizioni dello sviluppo del più grande sistema produttivo a scala territoriale della regione. Per queste motivazioni, occorre non isolare le preesistenze dell’industria dal sistema ambientale di riferimento. Da questa

impostazione discende uno strumento urbanistico molto più attento alla conservazione e riuso del manufatto produttivo e dove la salvaguardia, in un ambito di flessibilità compatibile, viene estesa non solo agli edifici di pregio, ma anche ad una diffusa quantità di immobili che ripropongono luoghi caratterizzati da nuove centralità.

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Ex fabbrica Banci

pagina precedente Foto aerea ex fabbrica Banci 1989 Archivio Rafagni Vista di progetto di una proposta di impianto della fabbrica Collezione privata Rodolfo Banci

L’area ex Banci, di proprietà della Estra Energie, è posta a sud del viale Leonardo da Vinci, la ‘Declassata’. Questo asse di attraversamento urbano, che nasce come tratto autostradale della Firenze Mare alla fine degli anni Trenta, viene così definito da quando viene sostituito da un semianello più a sud, che declassò appunto il tratto urbano a strada di attraversamento urbano. Oltre che per questo, la declassata si configura anche come elemento di divisione tra le parti della città che corrispondono oggi alla ‘città densa’, posta a nord, e all’area della piana, a sud, un tempo prevalentemente agricola ed oggi occupata dai grandi macrolotti industriali e dai nuovi insediamenti residenziali. Lungo questo asse, contemporaneamente alle funzioni di attraversamento est-ovest, si sono sviluppate anche quelle di distribuzione dei prevalenti carichi urbani e di importanti nuove funzioni (da est: il nodo per il macrolotto due e per l’asse direzionale di viale della Repubblica, il Centro per L’Arte Contemporanea Luigi Pecci, i megastore Marco Polo Expert e De-

cathlon, la Questura, gli assi terziari di via Valentini e via Carlo Marx, la sede dell’Azienda di servizi Consiag, altre attività terziarie tra cui il Centro Direzionale Leonardo e il centro commerciale di Capezzana, fino alle nuove aree produttive e direzionali vicine alla barriera di Prato Ovest, punto in cui il semianello autostradale si ricongiunge al vecchio tracciato dell’autostrada Firenze Mare) e di parcheggi di interscambio per il trasporto pubblico locale, aggiunte a quelle produttive (fabbriche Biagioli, Bigagli e Banci). Con il piano Secchi, poi, ne è stato modificato il ruolo all’interno della città, dotandola di controviali, sottopassi in corrispondenza delle strade di attraversamento nord – sud e destinando gli edifici produttivi presenti a funzioni terziarie, alternati a spazi aperti. Alla realizzazione delle grandi rotatorie che incrociano gli assi trasversali nord – sud, hanno fatto seguito diversi sottopassi, come quello di Pratilia e di Capezzana, a causa dei crescenti flussi di traffico. Con il PTC provinciale, si insiste sulla necessità di far svolgere alla stra-

da la funzione primaria di distribuzione del traffico urbano, in quanto l’asse più a sud dovrebbe invece supportare il sistema produttivo, spostando così il traffico industriale. Avendo dunque la centralità della Declassata, all’interno dell’area metropolitana Firenze – Prato – Pistoia, un importante ruolo di attrattore di flussi e funzioni, è necessario valorizzare l’area interessata in prospettiva di una nuova evoluzione della città di Prato. A sud dell’ex area Banci, si trova invece il quartiere delle Badie (fino agli anni Ottanta area agricola), in cui sono presenti involucri edilizi di recente costruzione residenziale misti a blocchi di edilizia popolare, oltre che fabbriche e aziende. Il panorama risulta dunque vario e caratterizzato principalmente dai grandi involucri dei capannoni industriali e delle residenze alte anche 18 metri. Questa area è delimitata a sud da via Ferraris (caratterizzata da filari di alberi, orti urbani, piste ciclabili e parcheggi su entrambi i lati, e considerata anche uno degli ingressi alla città in quanto ricollegata al casello di Prato Est), a sud est

da via delle Fonti e a nord ovest da via Fiorentina Vanno (sulle quali si affacciano magazzini e servizi di recente costruzione). Infine, la demolizione dello storico centro commerciale di Pratilia ha fatto posto ad un nuovo supermercato di grandi dimensioni, diventato riferimento visivo lungo l’asse della Declassata. A nord della Declassata si trovi invece il quartiere del Soccorso, caratterizzato da un’identità completamente differente da quella si riscontra nel quartiere delle Badie: molto simile a quella del centro storico, con una maggiore agglomerazione edilizia e poca presenza di aree agricole.

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1950-1960

1960-1970

1980-1990

2000-2010

un’entità da proteggere e con cui creare un legame in giusto equilibrio. Negli anni Cinquanta Banci era dunque intenzionato a costruire non una fabbrica, ma un immenso oggetto architettonico di pregio che avrebbe avuto la funzione di fabbrica tessile a ciclo completo di lavorazione. Ma negli anni Settanta, il periodo di lotte sindacali e scioperi politici e aziendali, portò Walter Banci ad una sofferta decisione: chiudere. Egli aveva però intuito il potenziale della sua fabbrica a nuova destinazione d’uso, e per molti anni si adoperò nel riuscire a realizzare questo nuovo progetto: trasferire l’esposizione fieristica della fortezza di Firenze nella sua fabbrica riconvertita. Ma purtroppo la politica, la crisi e forse una sorte avversa non furono a favore. La fabbrica pratese andò così incontro ad un destino segnato, che l’avrebbe poi resa oggetto di aste poco chiare dal momento che erano legate allo scandalo di fallentopoli che colpì la città di Firenze negli anni Novanta.

Gruppo Consiag per 14 miliardi di vecchie lire ma, per oltre un decennio, la società proprietaria non mise in vendita gli originari 250.000 mq di area. Nel 1999, l’allora Consiag bandì il concorso per l’affidamento della progettazione definitiva ed esecutiva dell’edificio dei nuovi uffici, che sarebbe dovuto sorgere sull’area. Nel 2005 venne incaricato l’architetto Massimiliano Fuksas per dar forma ad un progetto di spicco attraverso un masterplan che in realtà sarebbe dovuto diventare parte integrante di un progetto più ampio coordinato dalla società Urban s.p.a. — consorzio trasformazioni urbane — di Prato. Chiaramente, tutto questo non ha avuto luogo.

nica intorno ad esso: un insieme di volumi immersi in una specie di bosco urbano impiantato dallo stesso Banci. Suggerite dal committente, presero forma una serie di capannoni disposti sia perpendicolarmente che parallelamente all’attuale viale Leonardo da Vinci, quindi in prossimità della ‘declassata’, che taglia di netto il paesaggio urbano. La prima concessione edilizia è del dicembre del 1952 dove è leggibile l’impianto originario. Negli anni successivi si sono susseguite una serie di richieste di concessioni che hanno apportato modifiche allo sviluppo planimetrico, mentre l’impianto che oggi leggiamo risulta invariato dal 1971. La minuziosa cura nei particolari e l’utilizzo di questi grandi blocchi di pietra alberese, legata al territorio di Prato, che vanno a compattarsi e a stringere le lunghe pareti vetrate, comunicano un forte equilibrio tra natura e costruito. I fronti inclinati delle vetrate sembrano cascate d’acqua contenute dai pesanti volumi in pietra locale. Gli interni, completamente svuotati, con una distribu-

Storia Nel panorama di rinascita, a seguito della seconda guerra mondiale, emerge la figura di Walter Banci, giovane pratese che decise di intraprendere la strada dell’imprenditore tessile. All’inizio degli anni ’50, con l’allargamento del mercato italiano dell’esportazione, Banci, viaggiando per lavoro, rimase affascinato dal ‘self-made man’, l’uomo che con le sue mani, la sua forza e la sua volontà diventava artefice del proprio destino. Grazie ad un primo finanziamento dall’ente di finanziamento italiano (EFI banca) di 50 milioni di lire, nel 1952 Walter Banci acquistò i 21 ettari e mezzo di terreno agricolo della contessa Baciocchi Roselli del Turco di Firenze, che andavano dall’odierna Questura fino a dove oggi sorge la fabbrica. Si trattava di un enorme podere agricolo, dalle potenzialità illimitate, che però Banci non voleva assolutamente edificare nella sua totalità, con l’idea di preservare e mantenere un sistema di vivai e piantagioni che appare visibile ancora oggi: già allora la natura era vista come

La fabbrica venne venduta all’allora

Progetto originario Gli edifici che ospitavano le diverse fasi di lavorazione dovevano risultare spazi aperti e sempre interconnessi a quel verde che circondava la fabbrica, andando a smaterializzare perimetri del costruito e rendendo questo un tutt’uno con la natura che si sviluppa armo-


zione degli spazi in funzione delle esigenze lavorative, sembrano proiettati verso l’esterno e, a loro volta, rigettati all’interno: un gioco di compenetrazione caro all’architetto Frank Lloyd Wright e alla sua architettura, e che successivamente renderà la fabbrica Banci un oggetto di studio anche per la sua scuola organica americana. Il progetto di Walter Banci è un prodotto complesso, a lungo meditato, generato dall’incontro e dalla frequentazione che egli stesso ebbe, non saltuariamente, con Wright, incontrato a New York. Prese così forma una pianificazione progettuale di una fabbrica esemplare in cui, oltre ai problemi di produzione, venisse considerato il rispetto per l’architettura storica e, attraverso i linguag-

gi dell’architettura organica, per la natura, in un ambiente da ricreare per realizzare una collocazione che considerasse l’uomo, il lavoratore tessile, come il maggior protagonista della scena nello stabilimento. Nonostante l'accuratezza del progetto, non si poterono evitare i due incendi che si propagarono per la fabbrica. Il primo, il più grande, risalente agli anni Sessanta, portò alla distruzione di tutto il lato sud del primo padiglione, quello contenente i telai. Questo lato è visibilmente diverso, anche in copertura, rispetto agli altri. Sul finire del 2007, un’expertise sull’area Banci del professor architetto Brian Spencer (American Institute of Architects) ha gettato una nuova luce circa l’importanza urbanistica ed

architettonica dell’ex lanificio Walter Banci, riconoscendone indiscutibili valori estetici e funzionali, e lanciando al tempo stesso un accorato appello per la salvaguardia del sito. Ciò nonostante i padiglioni giacciono ancora oggi in uno stato di degrado, in cui si è venuta a creare una nuova tipologia di paesaggio, dove la natura sembra aver preso il sopravvento. Uno dei più noti paesaggisti europei, Gilles Clèment, ha definito tale fenomeno come ‘terzo paesaggio’. Per egli, infatti, tutti i luoghi abbandonati dall’uomo, come i parchi, le riserve naturali, le grandi aree disabitate del pianeta, ma anche spazi più piccoli e diffusi come le aree industriali dismesse dove crescono rovi e sterpaglie, costituiscono il ‘terzo paesaggio’.

pagina precedente Evoluzione urbana ex area Banci In alto a sinistra Foto storica ex fabbrica Banci In alto a destra Foto storica ex fabbrica Banci In basso Mostra all'interno di un padiglione Collezione privata Rodolfo Banci

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Il ruolo urbano della Banci all'interno del sistema della Declassata

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pagina precedente Masterplan di progetto urbano Iter progettazione urbana In alto Workshop Beyound the Boundary Prato, 16-23 luglio 2017 5+1 AA, Iotti+Pavarani, Labics, Alessandro Martinelli CCU Taipei, Benjamin Reynolds AA School London In basso Laboratorio di tesi

La prima fase è stata quella di ricucitura del territorio di Prato, attualmente separato da un segno territoriale molto forte: il viale Leonardo da Vinci. Ci troviamo davanti ad un percorso nato per connettere velocemente le città di Pistoia, Prato e Firenze, ma che per adempiere a tale funzione è diventano elemento di separazione all’interno della stessa città di Prato. Un contributo sostanziale all’analisi delle problematiche sono state le critiche riportate dai cittadini pratesi all’interno del workshop “Beyond the Boundary” (tenutosi a Prato dal 16 al 23 luglio 2017), in cui sono state evidenziate fondamentali criticità legate alla mobilità: infatti, la ‘declassata’ facilita l’attraversamento longitudinale della città, ma al tempo stesso non quello trasversale, poiché l’intero flusso cittadino si inca-

Ricucitura di un tessuto frammentato

nala in quel tratto. Altra criticità è data dalla saturazione dell’edilizia nella parte a nord di Prato, poiché la ‘declassata’ ha bloccato l’espansione urbana creando una scissione quasi naturale tra edificato urbano e infrastrutturale. Il Comune di Prato ha già deciso di intervenire attraverso l’interramento di un tratto di 500 m di ‘declassata’. “La statalizzazione è il presupposto per l’avvio dei lavori per la realizzazione del sottopasso in viale Leonardo da Vinci a cura di Anas. L’atto di statalizzazione segna un punto di non ritorno rispetto alla scelta di realizzare un sottopasso per migliorare la viabilità e la qualità urbanistica e ambientale in zona Soccorso, con un progetto che porterà a risolvere i problemi di traffico e a creare un’ampia zona verde in superficie”. (Il Tirreno — Edizione Prato, 2018)

Si è quindi deciso di dare una nuova identità a questa importante strada, ricercando e ricreando una sua appartenenza urbana al territorio, in cui la ‘declassata’ effettiva sarà interrata in modo da creare nella sua parte sovrastante un sistema verde urbano, un’intera area ciclopedonale, in cui si vanno ad innestare e ampliare i cinque corridoi individuati nel Piano Secchi e sue trasversali, progettando in una logica ambientale una nuova fruizione della città. Si è guardato alle connessioni non più come spazi di attraversamento per arrivare da un punto ad un altro della città, ma come spazi di destinazione, dove si esprime la socialità umana, dove le persone vanno per incontrare gli altri e dove si definisce un elemento centrale dell’identità della città. Le trasversali che attualmen-

te la attraversano con sovrappassi e sottopassi, creando problemi di flussi di mobilità urbana, saranno incanalate nella parte interrata, mentre il restante flusso stradale extraurbano sarà distribuito nelle parallele confinanti con la città: il tratto che costeggia la ferrovia (da Via Federigo a via Firenze) a nord e l’autostrada a sud, prevedendo comunque degli svincoli diretti alle principali centralità di Prato. Questa arteria vegetale tende a diramarsi e connettersi ai vuoti urbani esistenti, attualmente occupati da verde incolto e campi agricoli. Si è immaginato il verde della città come una vera e propria infrastruttura vegetale, che prescinda dalla proprietà pubblica o privata e dalla sua natura di giardino, bosco o area di altro tipo. 19


L’elaborazione del masterplan nasce dalla percezione di una linea (la ‘declassata’) che deve appartenere ai diversi brani di territorio che incontra: • territorio urbano, dal Centro Pecci a via del Purgatorio, dove l’ex area Banci diventa punto focale; • territorio infrastrutturale, da via del Purgatorio all’incrocio con via Chang Zhou, con volumi e funzioni di scala maggiore (centri commerciali, poli scolastici) • territorio rurale, verso Pistoia, in cui il territorio ritorna alle sue trame geometriche e orizzontali. La presenza di filari di pini marittimi della vecchia Firenze Mare preannuncia l’inizio di un tracciato pedonale tratteggiato da filari alberati e piazze, che si diramano e connettono con il territorio urbano e rurale di Prato, delimitando i margini della città e separandola dal caos autostradale. Trama che va ad espandersi nei vuoti urbani circostanti ed ha la sua maggiore propagazione nell’area dell’ex fabbrica Banci e la sua zona antistante. La tessitura è stata realizzata tenendo conto delle preesistenze, sia in termini di edificato che di vegetazione, e proseguendo idealmente le linee che definivano il sedime degli edifici per realizzare un’orditura verticale che idealmente collegasse, come un ponte, via Ferraris con la prosecuzione di via Luigi Ten-

co e che, di conseguenza, costituisse una sorta di ricucitura del tessuto urbano. La linearità del parco è sottolineata dalla disposizione dei filari di alberature e delle siepi affiancate ai percorsi principali, che enfatizzano l’espansione nord-est sud-ovest, e che seguono anche l’andamento di elementi naturali, come le gore ormai tombate e la direzione dei campi. Una trama vegetale più fitta è stata posizionata ai margini dell’area di riqualificazione, in modo da schermare determinati elementi edilizi e favorire così la creazione di nuovi corridoi visuali.

In alto Schema funzionale del nuovo parco urbano A sinistra Foto modello architettonico Pagina successiva In alto Schema sezione stradale della Declassata esistente e di progetto A destra Sezioni ambientali tipo Parco della Declassata Agri Art Park Giardino ex Banci Estensione Parco della Declassata


Connessioni urbane e vegetali L’interramento previsto ha inizio poco dopo l’uscita del Casello di Prato Est, nelle immediate vicinanze del Centro Pecci, e termina in via Nenni, estendendosi per circa 3 km, con l’inserimento di rampe per consentire il collegamento di ogni trasversale, risolvendo così i problemi di traffico senza inserire ulteriori fratture urbanistiche. Al di sopra di questo vi è la presenza di un parco urbano, che connette, attraverso un sistema lineare viabilistico le zone in disuso della città. Il nuovo corridoio verde, oltre ad ospitare piazze e percorsi pedonali, è anche attraversato da una pista ciclabile che percorre non solo l’estensione della ‘declassata’ ma anche l’intero parco urbano, riallacciandosi alle già presenti piste ciclabili. I percorsi pedonali sono interconnessi da piazze dislocate in tutta l’estensione del parco, caratterizzate da una pavimentazione in asfalto colorato, in modo tale da distinguere e caratterizzare i vari punti di sosta. Per garantire un facile accesso al parco urbano sono stati posizionati nuovi parcheggi a raso alberati, in aree strategiche di connessione all’edificato urbano. Il Nuovo Parco Urbano si distingue in più aree, tra loro collegate grazie all’arteria principale sopra alla ‘declassata’. Al suo inizio è stata prevista un’area di connessione tra tessuto urbano e agricolo, re-

alizzando percorsi ciclopedonali lungo le strade sterrate che si diramano tra i campi. È stato quindi ideato un parco agricolo, l’‘Agri Art Park’, il quale, con opere temporanee e non di molteplici artisti, introduce il tema culturale e artistico. I percorsi proseguono fino a raggiungere la prima vera centralità di questo Parco, il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, a cui è stata infatti riservata una area verde ad esso antistante per eventi ed esposizioni all’aperto. Proseguendo lungo l’arteria verde si incontra, nell’area nord-est, il Parco della Declassata, che si estende per circa 280000 mq, creando un parco urbano che va a connettersi con il quartiere residenziale retrostante, articolato da percorsi pedonali e ciclabili, piazze attrezzate e skate park, aree verdi alberate. Seconda centralità è data dall’area Banci, che si innesta all’interno del parco come punto focale del progetto. L’ingresso è evidenziato da una folta cortina vegetale che si apre verso i padiglioni che circoscrivono l’effettiva piazza. I percorsi pedonali del parco proseguono esternamente alla piazza, superandola e creando nuovamente, a sud dell’area Banci, il disegno lineare scandito da piccole piazze e vegetazione regolare presente nel resto del parco. Stesso tema ma riproposto ad una più piccola scala.

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pagina precedente Masterplan di progetto architettonico Da sinistra: Social Housing, Coworking e Business Cube, Rudere e Ristorante, Fashion Academy, Student House

Identificazione di una nuova centralità

Prospetto

La riqualificazione dell’intera area Banci, che si estende per 21 ettari, ha non solo uno scopo di rifunzionalizzazione dei vecchi padiglioni, ma anche un preciso intento sociale, ovvero quello di rendere l’area non solo un fulcro imprenditoriale, nuova realtà formativa e di accoglienza, ma anche un luogo di aggregazione, una nuova centralità attrattiva che unisca il quartiere delle Badie e il Nuovo Parco Urbano della Declassata. La progettazione dell’area ha tenuto conto della vecchia posizione dei padiglioni, mantenendola invariata. Ciò ha portato all’elaborazione di uno spazio il più possibile aperto e fluido, coerentemente caratterizzato dalla stessa linearità del parco, e che definisce, tramite la tessitura della pavimentazione e la disposizione degli arredi, degli spazi che hanno come origine la maglia lineare creata naturalmente dai padiglioni. L’articolazione della piazza è suddivisa in tre fasce principali, come proseguimento dei padiglioni. La centrale accoglie le preesistenze industriali: le testate in pietra di due padiglioni più piccoli e la ciminiera, vero e proprio monumento industriale. Ai lati vi sono invece le due fasce pubbliche con gli edifici di nuova realizzazione. La pavimentazione, realizza in listelli di

gres effetto ardesia, in tre tonalità di grigio, evidenzia idealmente lo schema prima descritto, accogliendo i fruitori e invitandoli a percorrere la piazza verso le sue attrattive. La piazza viene così suddivisa in tre aree: • al centro, la spina è caratterizzata da una pavimentazione con tessitura più fitta con prevalenza di listellature grigie e nere, che esalta e inquadra le preesistenze; • ai lati una pavimentazione più leggera, ma pur sempre contraddistinta dalla stessa tessitura, con tonalità più morbide di bianco e grigio, a proseguimento dei padiglioni pubblici; • alla sinistra della spina centrale, dal lato di via Ferraris, il cambio di pavimentazione, con pochi ricorsi di listellature bianche e regolari, diventa una nuova grande piazza dedicata agli eventi. Accessibilità L’area risulta molto permeabile e percorribile in varie direzioni. L’accesso principale è visivamente riconoscibile poiché mantiene la larghezza della fascia centrale della piazza fin da via Ferraris e si conclude immergendosi nel bosco vegetale retrostante i padiglio-

ni. Accessi secondari sono posizionati ai margini della piazza, proseguendo la linearità dei percorsi del giardino antistante l’area, e a collegamento degli accessi principali dei padiglioni. Ai lati della piazza altri percorsi, idealmente distaccati dall’area pubblica centrale, si estendono parallelamente ai padiglioni esterni, accompagnandoli per tutta la loro lunghezza. Esternamente alla piazza, ai lati est e ovest sono stati previsti due parcheggi a raso alberati, collegati ulteriormente da un percorso trasversale, piastrellato ma carrabile per un eventuale accesso dei mezzi di soccorso. Arredo urbano La piazza prevede un arredo fisso, posizionato secondo un ritmo geometricamente definito, con sedute e rastrelliere in legno, trattato color grigio, lasciando liberi i passaggi tra i padiglioni e creando invece delle zone di sosta di fronte ad essi, nelle aree antistanti agli ingressi. In queste aree è stata prevista un’illuminazione tramite corpi illuminanti a terra, che seguono il ritmo geometrico delle sedute, e tramite corpi illuminanti verticali lungo i percorsi principali e ai lati dell’area eventi.

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Nuova percezione della Banci Rigenerazione di uno spazio residuale

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Progetto architettonico

pagina precedente Foto modello architettonico Planivolumetrico In alto Concept architettonico In basso Schema funzionale

Il progetto architettonico si articola in due modalità: • Recupero architettonico industriale; • Ristrutturazione edilizia in sagoma.

Il primo, prevede il mantenimento e il consolidamento delle testate in pietra dei vecchi padiglioni industriali. Il secondo, la realizzazione di nuovi padiglioni secondo la L.R. 52/99, che rende possibile la demolizione e la successiva fedele ricostruzione, che sostanzialmente viene poi percepito nella Legge Regionale 1/2005 per quanto concerne la collocazione e lo stesso ingombro planivolumetrico, ove, all’art. 79, lo stesso tipo di intervento, prevede anche le demolizioni e le ricostruzioni in sagoma, riproducendo l’involucro edilizio iniziale ma ottenendo, tramite l’inserimento di interpiani, una maggiore superficie di calpestio con conseguente aumento del carico urbanistico. Concept architettonico Rispetto alla progettazione degli edifici in sé stessi, l’idea concettuale alla base della costruzione consiste nell’utilizzare la griglia di rette generatri-

ci data dai padiglioni – in particolare di quello centrale – e dai loro elementi costitutivi, ovvero muri e pilastri, simbolicamente intesi come ‘frammenti’ di un’epoca industriale passata, per ricavare un modulo, cioè un elemento seriale da poter replicare e ‘innestare’ nel vecchio. L’elemento modulo è stato interpretato in maniera volumetrica, diventando così una scatola – che potremmo anche definire come una sorta di ‘incubatrice’ – che contiene al suo interno tutti i possibili elementi funzionali che le verranno assegnati in seguito e che provvederanno a definirla in modo più specifico. Queste volumetrie sono state a loro volta inglobate da un rivestimento bianco forato e ammorbidito negli angoli per contrapposizione alle forme squadrate e scure delle testate originarie, le quali, consolidate, sono enfatizzate dall’inserimento di volumi nuovi leggeri e vetrati al loro interno. Inoltre, mentre alcuni creano una sorta di cortina edilizia, alcuni, invece, lasciano una continuità della piazza, tanto da sembrare appoggiati sulla pavimentazione attraverso una sottile piattaforma interna.

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Rudere, Ristorante e Ciminiera La fascia centrale, come già detto, affronta il tema del recupero industriale. La ciminiera diventa il fulcro fondamentale di quest’area, elemento che, slanciato rispetto al resto dei prospetti, si impone visivamente, sia per la sua altezza che per il suo colore peculiare, dato dalla struttura in laterizio rosso. Altro elemento architettonico industriale, recuperato e lasciato a memoria della vecchia Banci, sono le testate in grandi blocchi di pietra alberese. Esse erano disposte perimetralmente ai prospetti corti dei padiglioni, a chiusura dei lati interamente vetrati, e ospitavano gli accessi e un vuoto centrale al cui interno era posizionata una imponente vetrata, elemento caratterizzante di tali padiglioni. Dopo aver consolidato tali elementi, si è deciso di riutilizzarli per realizzare due diverse aree. Il modulo di ristoro sfrutta le testate sul suo prospetto nord, le quali abbracciano idealmente un parallele-

pipedo vetrato che si estende fino a ricreare la vecchia volumetria. Si realizza così una sorta di teca interna per poter godere di tale reperto anche dall’interno del ristornate. Per non schermare nessun elemento, si è optato per la realizzazione di un vano centrale che ospitasse tutti i servizi necessari, e distribuirvi intorno i tavoli e le sedute. Sono stati ricreati gli accessi nelle vecchie facciate in pietra, e inseriti quelli nuovi simmetricamente nel lato opposto. Il vecchio padiglione retrostante invece ha ricevuto un trattamento diverso: si è deciso di mantenere anche il vecchio scheletro strutturale ad ali di gabbiano, anch’esso opportunamente cerchiato e consolidato, incastrando ad esso una struttura in acciaio che, oltre a collaborare al consolidamento delle testate, sostiene una nuova copertura in policarbonato compatto per rendere fruibile lo spazio sottostante.

Dettaglio vista frontale Rudere VIsta interna Ristorante Vista interna Rudere pagina successiva Prospetto e pianta


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Co working e Business Cube Il padiglione con dimensioni minori, di 33,60mx60mx10m, ospita due funzioni commerciali, distinte internamente. Da un lato, un’area coworking: un intero piano a doppia altezza estremamente versatile, la cui posizione dell’arredo può essere facilmente modificata a seconda delle necessità, assecondando le esigenze lavorative e di cooperazione. Solo al centro è presente un modulo scatolare che ospita una sala riunioni isolata dal resto dell’ambiente. Dall’altro lato, è previsto un incubatore di imprese, progettato come una galleria vetrata al coperto da cui poter accedere alle varie botteghe. Esso si sviluppa su due livelli, collegati da una sinuosa scala posta ai due ingressi, realizzati nei due lati corti del padiglione. I dieci incubatori sono ideati in Dettaglio vista frontale Vista interna Coworking Vista interna Business Cube Prospetto pagina successiva Piante e sezione

modo da ospitare una parte di esposizione e vendita al pubblico e un retro per la realizzazione dei prodotti. Realizzati con strutture in acciaio scatolari su due livelli, sono rivestiti anch’essi in policarbonato compatto per una migliore distribuzione dell’illuminazione naturale. La divisione funzionale è ben visibile anche dall’esterno, poiché vi è una differenziazione di facciata: il lato che ospita il Business Cube è interamente vetrato, in modo da lasciare visibili anche dall’esterno le vetrine degli incubatori; mentre quello del coworking è schermata da pannelli di microforato bianco, con un diverso numero di forature appropriato alla funzione interna dell’area. Altre aperture per l’illuminazione naturale sono poste in copertura.



Fashion Academy La scuola di moda, concepita per 250 studenti, è ospitata nel secondo padiglione pubblico, di 33,60mx128mx10m. In esso viene ripreso il concetto di fruibilità dello spazio attraverso l’uso del modulo scatolare che costituisce l’involucro per tutte le attività inerenti all’ambito scolastico e attorno alle quali si distribuisce il flusso di persone. La sua base e i sui multipli sono occupati dalle aule per la didattica frontale e aule per lo studio individuale a piano terra, e dai vari laboratori al primo piano, insieme ad uffici e segreteria. Le aule didattica e i laboratori sono disposti sul prospetto vetrato, per permettere un maggiore afflusso di luce naturale, grazie al loro rivestimento traslucido. Solo la parte centrale del padiglione, in cui sono posizionati i moduli scatolari, è disposta su due livelli, collegati da una scala centrale e da due ascensori laterali, che affaccia da un lato sull’atrio di ingresso e dall’altro sulla biblioteca a doppia altezza, posizionata sulla parte nord del padiglione. La parte opposta è occupata da un audi-

torium di 300 posti, che oltre ad avere una funzione di aula magna, può essere utilizzato anche per eventi pubblici. È stato infatti studiato un sistema di chiusura interna del corridoio scolastico, attraverso dei pannelli in lamiera bianchi, i quali bloccano il transito verso l’area didattica e lasciano libera la fruizione dell’atrio di ingresso da cui si può accede all’auditorium. La sua presenza è enfatizzata da una parete in cartongesso inclinata e ricurva nella parte più alta, che lo isola dall’ambiente universitario vero e proprio. L’ambiente ha una forma ricurva sia lateralmente, che abbraccia le gradonate, che in copertura, grazie a una struttura in pannelli fonoassorbenti agganciata alle travi reticolari, che ne favorisce e migliora l’acustica. Dettaglio vista frontale Vista interna Ingresso Vista interna Biblioteca Prospetto pagina successiva Piante e sezione



Social Housing L’housing sociale è un programma integrato di interventi che comprende l’offerta di alloggi, servizi e strumenti rivolti a coloro che non riescono a soddisfare sul mercato il proprio fabbisogno abitativo, con la finalità di migliorare le condizioni abitative attraverso la formazione di un contesto residenziale di qualità. Gli interventi di housing sociale si caratterizzano per: l’interazione tra soggetti pubblici e privati; la considerazione di diverse fasce della popolazione, con riferimento al reddito o alle varie esigenze; l’offerta di differenti soluzioni abitative; lo sviluppo di interventi con destinazioni miste; l’apertura a servizi di varia natura; il coinvolgimento dei residenti nei processi decisionali per la gestione della comunità e delle residenze.

sa grandezza distribuiti su tre livelli. Il padiglione è organizzato in tre moduli (‘block’) comprendenti più tipologie di appartamenti, intervallati da un ingresso, nonché vano scale, dotato di un proprio carattere, come luogo di esperienza spaziale o di possibile incontro e aggregazione, in uno spirito di condivisione dei luoghi e di appartenenza ad una comunità, grazie alla creazione di spazi comuni al suo interno come palestre, asili d’infanzia, sale lettura. Inoltre, agli estremi del padiglione sono stati creati dei veri e propri giardini, uno con sedute rivolto verso la piazza e uno, nel lato opposto, con la previsione di un parcheggio bici per gli abitanti. Orti sociali sono stati previsti a piano terra, frontalmente agli ingressi dei vari alloggi.

I padiglioni esterni, vista la loro maggiore estensione di 34mx180mx10m, sono stati adibiti a funzioni private. Quello alla sinistra della spina centrale ospita 86 appartamenti di diver-

Gli ambienti comuni risultano completamente vetrati, visibili anche dall’esterno del padiglione, in modo da lasciare una relazione ideale e visiva con l’area circostante.

Dettaglio vista frontale Vista corte interna Prospetto pagina successiva Piante e sezione



Student House Secondo la normativa, con residenze per studenti si indica l’edificio o il complesso di edifici destinati alle funzioni di residenza per studenti universitari e relativi servizi (D.M. 43/2007, Allegato A, punto 2, Definizioni). Il valore sociale della residenza studentesca è confermato dal decreto legge 112/2008, che introduce i contenuti fondamentali di un nuovo piano nazionale di edilizia abitativa, il Piano Casa, finalizzato a garantire i livelli minimi essenziali di fabbisogno abitativo. Questo provvedimento colloca a pieno diritto le residenze per studenti universitari nel campo degli interventi di social housing. Il carattere temporaneo delle residenze è riconducibile poi alla forma d’uso, in quanto si riferisce ad un’utenza con ricambio continuo. Il secondo padiglione esterno, di 34mx180mx10m, ospita 64 alloggi per studenti di diverse tipologie, per un totale di 256 posti letto. Esso ripropone la stessa impostazione del precedente padiglione, ma con solo due piani di alloggi, poiché al piano terra ospita aree

comuni a servizio degli studenti, come mensa, caffetteria, lavanderia, palestra e area studio. Questi ultimi sono stati concepiti come parallelepipedi vetrati accessibili da ogni lato, al cui esterno si distribuiscono i flussi orizzontali lungo corridoi ventilati che si relazionano con lo spazio esterno al padiglione. Quelli verticali, invece, vengono accolti dalla sinuosa scala metallica che crea un interessante vano scale con affaccio sui piani inferiori, accogliendo anche aree studio e lettura comuni completamente vetrate, che affacciano sia sull’interno che sul panorama esterno. Nei piani superiori sono distribuiti gli alloggi per gli studenti: un alloggio di metrature maggiori posto al di sotto di uno con metrature minori, in modo da creare un gioco di volumi interni e uno spazio di transito e affaccio al piano inferiore. I moduli presentano anch’essi una copertura ventilata in modo da far entrare maggiore luce possibile nella corte, ma creando un ambiente riparato seppur ventilato.

Dettaglio vista frontale Vista giardino interno Prospetto pagina successiva Piante e sezione



Gli appartamenti sono generati dallo stesso modulo scatolare utilizzato per i padiglioni pubblici, con multipli e sottomultipli di essi, e posizionati in modo che quello inferiore abbia una lunghezza maggiore del superiore, così da poter creare un gioco di volumi interno. Si è lavorato soprattutto sul concetto di ballatoio, che mette in relazione luoghi posti a quote diverse, caratterizzandoli tramite l’idea di corte interna semi-pubblica ventilata, distaccandoli in determinate aree dal muro esterno dell’edificio e creando dei lunghi corridoi che innervano piccoli ponti di passaggio assegnati a ogni abitazione. Questi, in un certo senso, contribuiscono a marcare la soglia finale di accesso al singolo alloggio per definirne la privacy, e creare, inoltre, un pozzo di luce per l’alloggio sottostante. Ogni alloggio presenta delle caratteristiche formali che si ripetono: l’ingresso arretrato e schermato da un cancelletto per creare un’area riservata, sfruttabile a seconda delle proprie necessità; grandi vetrate opache per far filtrare molta luce anche dall’interno della corte;

una terrazza con schermatura apribile di lamiera microforata e una grande finestra aggettante a tutta altezza che da sull’esterno, che si collega agli altri due piani, così da creare un unico grande bowindow. Le tipologie abitative si distinguono in: • Quadrilocali di 100mq calpestabili, di

cui 16,5mq esterni. Presentano una stanza accessibile dal giardino privato e idealmente sperata dall’abitazione (switch room); • Trilocali di 80mq calpestabili, di cui 11mq esterni che accolgono un’area del soggiorno che può essere chiusa all’evenienza per creare uno spazio aggiuntivo con altre funzioni, accessibile solamente dall’interno; • Bilocali di 50mq calpestabili, di cui 9mq esterni, con ampia zona giorno allestita con pareti attrezzate; • Monolocali di 50mq calpestabili, di cui 13mq esterni, che presentano un solo ambiente suddiviso tramite pareti attrezzate a seconda delle esigenze. In esso non è presente il bowindow ma un unico grande terrazzo.


Gli alloggi sono impostati sempre sullo stesso modulo, con multipli e sottomultipli di essi. Ogni alloggio presenta al suo ingresso una free room, allestibile secondo le necessità degli studenti, e un terrazzino, accessibile dalla zona giorno e da una delle due camere, schermato con lamiera microforata apribile, che può assumere la stessa funzione. La zona giorno è concepita come uno spazio semi-privato in gestione condivisa tra gli studenti (swicth room), che presenta, per metà, una piccola cucina con tavolo e che prosegue con una parete attrezzata, tavoli per lo studio e un divano, da distribuire secondo le proprie necessità. Tale area è a contatto con il grande bowindow che permette un maggiore afflusso di luce per un migliore comfort abitativo. Anche il vano servizi è concepito come

uno spazio fruibile da più studenti contemporaneamente, grazie alla suddivisione in piccoli ambienti interni.

pagina precedente In alto Dettaglio frontale prospetto interno Social Housing

In alto Dettaglio frontale prospetto interno Student House

Al centro Esploso assonometrico modulo abitativo In basso Piante tipo

Le tipologie abitative si distinguono in: • Alloggio da 6 studenti di 98mq cal-

pestabili, di cui 6,3mq esterni; due camere da 3 posti letto ciascuno, con due vani servizi; • Alloggio da 4 studenti di 75mq calpestabili, di cui 6,3mq esterni; strutturato secondo due diverse soluzioni: con due camere, da due posti letto ciascuno oppure con tre e un posto letto, e un vano servizi; • Alloggio da 2 studenti di 48mq calpestabili, di cui 6,3mq esterni; due camere da un posto letto ciascuno e un vano servizi.

Al centro Esploso assonometrico modulo abitativo In basso Piante tipo

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pagina precedente Foto modello architettonico Dettaglio Coworking e Business Cube, Rudere, Fashion Academy

Progetto strutturale

In alto Concept strutturale In basso Esploso maglie strutturali

Concept strutturale Alla base del progetto strutturale ritroviamo il concetto di modulo, dal quale sono state ideate delle volumetrie scatolari autoportanti, diversamente distribuite nei vari padiglioni. Questi moduli sono stati poi inglobati all’interno di una particolare struttura principale, affinché, in base alla loro disposizione funzionale, si potesse riprodurre l’involucro volumetrico originario. La diversificazione funzionale del padiglione effettivo viene espressa quindi da una differente maglia strutturale. Difatti, i centrali presentano una maglia strutturale molto semplice e regolare, a sostegno però del consolidamento realizzato per le preesistenze. I padiglioni pubblici, invece, presentano una struttura più articolata, in cui è stata realizzata una sovrastruttura a portali con travi reticolari, per ottenere una maggiore fruibilità dell’ambiente senza ingombri centrali, con aggiunta delle sottostrutture scatolari modulari, prima descritte, con la possibilità di

essere rimosse per un eventuale cambio di funzione. Gli edifici più esterni, con funzione privata, invece, presentano una maglia regolare intervallata da un diverso modulo destinato ai flussi verticali. Le scatole sono state disposte in base all’utilizzo migliore rispetto alla loro funzione interna. Il sistema strutturale di progetto varia, come già accennato, in base alle categorie di funzioni di ogni padiglione. Pertanto, mentre i padiglioni a destinazione pubblica, quali il coworking – business cube e la scuola di moda, sono caratterizzati da una struttura che permette di avere luci maggiori, invece i padiglioni a destinazione privata, ovvero il social housing e la student house, sono costituiti da una maglia regolare e più fitta. Infine, il sistema strutturale del blocco centrale, ospitante il rudere ed il ristorante, è stato pensato sia come elemento di sostegno dei muri perimetrali esistenti sia in base alla necessità data dalla nuova funzione.

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Nel rudere e nel ristorante viene inserito un nuovo sistema strutturale in relazione a quello attuale. I muri esistenti sono stati oggetto di consolidamento tramite tondini di tiraggio trasversali, ristilatura e due cordoli esterni di fondazione in cemento armato connessi da tiranti. Per quanto riguarda il rudere, la struttura di travi e pilastri in cemento armato, ancora oggi presente, è stata consolidata con una cerchiatura esterna di fibre di carbonio. Lo scheletro strutturale è stato fortificato nei punti nodali, aumentando la coesione tra gli elementi trave e pilastro. La struttura di copertura è staccata rispetto alle parti consolidate: essa si dispone superiormente alle travi e, tramite una maglia indipendente di travi e pilastri cavi scatolari di 200x200mm, ha la funzione di proteggere la parte sottostante, per evitare ulteriori danni alle strutture. I sostegni di copertura, dal punto di vista statico, funzionano come pareti reticolate, sostituendo ai controventi dei tiranti in acciaio di 10mm di diametro. Per quanto riguarda il ristorante, invece, una maglia regolare in acciaio di travi e pilastri di 400x400mm sostiene la copertura del nuovo modulo funzionale. Le pareti perimetrali, in vetro strutturale, sono sorrette da un sistema di cavi in acciaio in tensione, a cui si ancora il consolidamento dei muri esistenti. La struttura del privato è stata studiata in funzione dei requisiti abitativi. E’ composta da una maglia regolare in acciaio costituita da profilati HEB 300, intervallata da un sistema strutturale a sé stante per i collegamenti verticali, costituita da travi e pilastri HEB 500 al

fine di ottenere una maggiore fruibilità dell’area. E’ anche essa, per motivi regolamentari, suddivisa in moduli. Precisamente, ogni padiglione è suddiviso in tre moduli abitativi, intervallati centralmente dai moduli di flussi verticali ed esternamente dai moduli destinati a giardino. Con l’obiettivo di mantenere uno spazio flessibile in vista di adattabilità nel tempo, è stato deciso di realizzare la sovrastruttura con portali, collegati tra loro da travi costituite da profilati cavi scatolari di 300x300mm. Ciascun di questi è costituito da due pilastri, anche essi scatolari cavi, delle dimensioni di 400x600x8000mm, ai quali è saldata, tramite moncherini, una trave reticolare di 2000mm di altezza. Questa è composta da elementi cavi scatolari di 300x300mm, ad eccezione di quelli diagonali che sono di 300x150mm. L’orditura secondaria, invece, è stata realizzata con elementi, sempre cavi scatolari, di 300x300mm. Per quanto riguarda invece la sottostruttura, sono stati utilizzati moduli scatolari con maglia in acciaio, costituita da profilati HEB 300. Questi moduli, delle dimensioni di 8x7m, sono stati poi composti in base alle esigenze. Infatti, se nel business cube i moduli sono stati raddoppiati e sovrapposti tra loro, nella scuola di moda, invece, sono stati in parte semplicemente sovrapposti, in parte sovrapposti e affiancati a moduli in aggetto. Tenendo presente le normative sismiche, è stato ritenuto opportuno suddividere le strutture in moduli ed inserire, in fondazione, dei dissipatori sismici, collocati tra il dado di fondazione e il pilastro di cemento armato su travi rovesce.


pagina precedente In alto Dettaglio consolidamento testate esistenti in pietra Al centro Dettaglio stratigrafico Ristorante A sinistra Dettaglio stratigrafico Coworking e Business Cube e Fashion Academy Dettaglio strutturale rapporto tra struttura esistente e nuova

1. Muro esistente consolidato 2. Vetro fotovoltaico armato 70mm 3. Infisso 4. Profilato cavo scatolare 300x300x6mm 5. Collegamento tra sistema di tiraggio e muro esistente 6. Profilato cavo scatolare 400x400x8mm 7. Tenditore cavo in acciaio 200x100mm 8. Sistema di tiraggio 9. Ragnetti di collegamento tra sistema di tiraggio e vetro 10. Vetro selettivo basso emissivo quadrupla camera 11. Pacchetto solaio piano terra 12. Piastra quadra 200x200x5mm 13. Bullone M10 14. Cavo di tiraggio 10mm 15. Armatura ÎŚ8 16. Cordolo di consolidamento in cemento armato 17. Muro di contenimento 200mm 18. Griglia metallica per smaltimento delle acque spessore 25mm 19. Piastra di aggancio griglia metallica 50x50x20mm 20. Bullone M8 21. Sostegno griglia metallica 100x50x20mm 22. Dado di calcestruzzo armato prefabbricato per alloggio travi di fondazione 640x640x500mm 23. Armatura ÎŚ8 24. Armatura ÎŚ16 25. Trave HEB 300 26. Dissipatore sismico 200x210mm 27. Piastra forata di collegamento 300x262mm 28. Pilastro in cemento armato 300mm 29. Pacchetto solaio piano interrato 30. Iglu per vespaio areato 450mm 31. Trave rovescia perimetrale 32. Magrone

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Dettaglio strutturale padiglione Coworking e Business Cube

1. Scossalina 4mm 2. Gronda metallica di scolo delle acque piovane 200x100mm 3. Pacchetto solaio copertura 4. Pannello prefabbircato di cartongesso spessore 10mm 5. Profilo UPN 280mm di chiusura con isolante interno 6. Piastra di collegamento angolare 150x300x5mm 7. Bulloni M8 8. Profilato cavo scatolare 80x80x5mm 9. Struttura reticolare primaria 10.Infisso 11. Vetro selettivo basso emissivo tripla camera 12. Lastra di vetro strutturale 600x100mm 13. Tenditore cavi in acciaio 50x200mm 14. Cavo in acciaio verticale 20mm 15. Cavo in acciaio orizzontale 8mm 16. Morsetto in acciaio 50x50mm 17. Pannello in lamiera microforata spessore 20mm 18. Fissaggio puntuale vetro 19. Pacchetto solaio piano terra 20. Profilo cavo scatolare 30x50x2mm 21. Profilo scatolare 30x270x5mm 22. Attacco a terra pilastro sovrastruttura 23. Dado di calcestruzzo armato prefabbricato per alloggio travi di fondazione 1000x1000x720mm 24. Armatura ÎŚ8 25. Armatura ÎŚ16 26. Trave HEB 300 27. Bullone M24 28. Bullone M20 29. Dissipatore sismico 500x200mm 30. Piastra forata di collegamento 600x297mm 31. Pilastro in cemento armato 600mm 32. Rivestimento 20mm 33. Massetto livellante 20mm 34. Isolante 80mm 35. Massetto di calcestruzzo con rete elettrosaldata 50mm 36. Iglu per vespaio areato 450mm 37. Trave rovescia perimetrale 38. Pavimentazione esterna 20mm 39. Manto impermeabile 40. Massetto livellante 20mm 41. Pannello di polistirolo espanso a protezione del manto impermeabile spessore 30mm 42. Muro controterra 300mm 43. Manto impermeabile 44. Massetto di calcestruzzo di pendenza 45. Tubazione di deflusso acque 46. Massetto di calcestruzzo 200mm 47. Griglia metallica per smaltimento delle acque spessore 25mm 48. Piastra di aggancio griglia metallica 100x100x10mm 49. Bullone M8 50. Sostegno griglia metallica 150x150x3mm 51. Muro di contenimento 300mm


Dettaglio strutturale padiglione Student House

1. Lastra di rivestimento 2. Fissaggio lastra rivestimento con profilato scatolare 40x100mm 3. Bullone M8 4. Trave HEB 300 5. Piastra forata quadra di collegamento 300x300x20mm 6. Trave secondaria IPE 240 7. Piastra forata quadra di collegamento 240mm 8. Bulloni m10 9. Profilato in Acciaio IPE 160 10. Profilato in Acciaio UPN 140 11. Bullone M16 12. Profilato scatolare in Acciaio 70x70mm 13. Infisso 14. Vetro appeso doppia camera 15. Policarbonato Alveolare 60mm 16. Infisso di appoggio policarbonato 17. Profilo scatolare cavo 100x100mm 18. Profilo scatolare cavo 100x100mm 19. Profilo scatolare cavo per aggancio struttura 200x100mm 20. Pilastro HEB 500 21. Trave ricalata in acciaio HEB 500 22. Piastra di collegamento angolare 500x300x19mm 23. Fissaggio lastra microforato (profilato scatolare 40x100) 24. Bullone M10 25. Lastra Microforato 26. Pilastro HEB 300 27. Ali 300x150mm 28. Piastra forata di colegamento 29. Bulloni m24 con tirafondi 30. Fissaggio a terra microfortato 31. Pacchetto solaio piano terra 32. Trave HEB 300 33. Dado in calcestruzzo armato prefabbricato per alloggio travi di fondazione 640x640x500mm 34. Armatura ÎŚ8 35. Armatura ÎŚ16 36. Trave HEB300 37. Dissipatore sismico 200x210mm 38. Piastra 300x262mm 39. Pilastro in calcestruzzio armato 300x300mm 40. Trave rovescia 41. Magrone 42. Doppio carrello scorrevole 43. Lastra microforato spessore 20mm 44. Trave in acciaio HEB 300 45. Piastra forata quadra di collegamento 270x270x20mm 46. Bulloni M16 47. Pilastro in acciaio HEB 300 48. Piastra di collegamento 300x300x20mm 49. Profilato in acciaio Upn 240

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In alto a destra Esploso assonometrico struttura reticolare In alto a sinistra Esploso assonometrico aggancio trave HEB500 In basso a destra Esploso assonometrico attacco sovrastruttura a fondazione In basso a sinistra Esploso assonometrico dado prefabbricato di fondazione pagina successiva Analisi strutturale stato di deformazione e stato di tensione in condizione di carico complessivo con coefficienti di sicurezza Dall'alto: Nuova struttura Rudere, Teca Ristorante, Sovrastruttura Coworking e Business Cube, Modulo abitativo Student House


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Progetto illuminotecnico ed impiantistico

pagina precedente Foto modello architettonico Planivolumetrico

Daylighting, strumenti e metodi Il benessere visivo delle persone, sia in ambienti residenziali che lavorativi, è espressa dalla qualità e quantità dell’illuminazione naturale (Dayligting). Questa è importante sia dal punto di vista del benessere fisiologico e psicologico degli individui, sia per quando riguarda il risparmio energetico, poiché riduce la necessità di uso di luce artificiale. Tali aspetti sono regolati in modo rigoroso dalla vigente legislazione sanitaria. Particolarmente complessa è poi la valutazione degli effetti schermanti prodotti dalle soluzioni progettuali adottate, ed in particolare l’uso di pannelli microforati in facciata, che ha posto un ulteriore impegno nel quantificare l’illuminazione naturale. In particolare il rapporto areante di 1/8 di superficie in pianta apribile verso l’esterno non è garanzia per assicurare il Fattore medio di luce diurna (FLDM), variabile dal 2% al 3% secondo le destinazioni. I suddetti parametri, che definiscono la ventilazione e i requisiti dell’illuminazione naturale, sono, pertanto, fondamentali e de-

Gli strumenti, uso del software vono essere opportunamente verificati, anche perché il loro dimensionamento influisce direttamente sui prospetti oltre che sui consumi energetici e l’isolamento acustico di facciata. Per entrambi, sono decisivi le dimensioni delle finestre e le caratteristiche del vetro. Gli effetti qualitativi del vetro sono espressi dall’indice di resa cromatica (Ra), che al fine di non produrre alterazioni nei colori deve essere non inferiore a 90, mentre quelli quantitativi dal valore di Tv (trasmissione luminosa). Poiché l’illuminazione naturale non è solo quantità di luce (Tv) ma anche qualità della luce trasmessa (Ra) occorre tener presente entrambi i suddetti parametri e le proprietà spettrali dei vetri. Infine, si devono tener presenti anche glia spetti energetici per giungere alla scelta finale del vetro, vincolata dalla protezione all’irraggiamento solare, anch’essa oggetto di norme di legge, espressa dal fattore solare g, parametro che in assenza di schermature non può essere superiore a 0,35.

Le scelte operate sulle chiusure trasparenti devono essere oggetto di verifica al fine di soddisfare la normativa. La verifica dell’illuminazione naturale e dell’uniformità dell’illuminamento, preceduta dalla valutazione preliminare della superficie vetrata come descritto, è stata fatta mediante l’uso del software open access VELUX Daylight Visualizer appositamente sviluppato per tale funzione. Il software è in grado di simulare la luce naturale nella sua complessità e in tutte le variabili correlate, con output che consentono di determinare sia la quantità che la qualità della distribuzione della luce negli ambienti. Il calcolo è stato condotto su ambienti tipo rappresentativi del progetto, per i quali si ottengono i parametri prestazionali in termini di Luminanza (cd/m2), Illuminamento (lux) e Fattore di Luce Diurna (%).

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Coworking Nel padiglione del Coworking e Business Cube si è deciso di analizzare lo spazio di lavoro in comune, essendo un open space a doppia altezza, con la facciata esterna completamente vetrata e schermata, a seconda delle necessità, con pannelli microforati. Essendo luogo di lavoro si è preso a riferimento la normativa UNI EN 12464-1 riguardante gli uffici, che prevede un illuminamento di 500 lx di cui, in una

giornata di cielo coperto, 300 lx ottenuti da luce naturale e i restanti 200 lx da luce artificiale. Ovviamente in qualsiasi condizione di cielo coperto, in ore serali e notturne, il sistema di illuminazione artificiale è dimensionato per assicurare l’illuminamento richiesto. Analisi illuminazione naturale area di lavoro Coworking In basso a destra Foto modello architettonico


Fashion Academy Nel padiglione scolastico si è deciso di analizzare un’aula-laboratorio, poiché ospita una funzione che richiede un maggior apporto di luce naturale. Questa infatti, posta al primo piano, riceve sia luce diffusa attraverso le pareti in policarbonato traslucido sia illuminazione zenitale proveniente dai lucernari. Secondo la normativa UNI 10840 nei laboratori didattici sono richiesti non meno di 500 lx. Anche in questo caso

l’apporto di luce naturale è stato assicurato per circa 300 lx da luce naturale e la quantità rimanente con l’illuminazione artificiale.

Analisi illuminazione naturale biblioteca Fashion Academy In basso a sinistra Foto modello architettonico

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Social Housing Nel padiglione Social Housing sono stati analizzati gli appartamenti, nel particolare il quadrilocale, alloggio con maggior metratura, in quanto potenzialmente più critico per l'illuminazione naturale. A parità di superficie illuminante, si è scelto una finestratura a bow-window che permette una penetrazione della luce in maggiore profondità, una distribuzione luminosa che interessa una maggiore porzione

del locale servito e una riduzione delle zone d’ombra e dei contrasti di luminanza. Analisi illuminazione naturale camera alloggio quadrilocale Social Housing In basso a destra Foto modello architettonico pagina successiva Analisi illuminazione naturale zona giorno alloggio studenti Student House In basso a sinistra Foto modello architettonico


Student House Secondo l’art. 5 del D.M. 5 luglio 1975 “Tutti i locali degli alloggi, eccetto quelli destinati a servizi igienici, disimpegni, corridoi, vani-scala e ripostigli debbono fruire di illuminazione naturale diretta, adeguata alla destinazione d’uso. Per ciascun locale d’abitazione, l’ampiezza della finestra deve essere proporzionata in modo da assicurare un valore di fattore luce diurna medio non inferiore al 2%, e co-

munque la superficie finestrata apribile non dovrà essere inferiore a 1/8 della superficie del pavimento”. E' stato dunque considerato l’alloggio con maggiore metratura, secondo lo stesso principio adottato nel precedente caso. Lo studio preliminare ha portato ad una distribuzione delle zone di vita e studio nelle aree più luminose, mentre la cucina ed i servizi sono state collocati nelle aree più sfavorite.

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Impianti meccanici ed idrico-sanitari La scelta della tipologia degli impianti di climatizzazione influenza la loro collocazione e gli spazi che si devono mettere a disposizione per le centrali tecnologiche e le distribuzioni delle condotte dell’aria. A tal fine, la scelta è caduta sulla generazione dei fluidi caldi e freddi mediante unità a pompa di calore condensate ad aria, con centrali poste in seminterrato aerato su intercapedine e distribuzione ai piani delle sottocentrali di trattamento dell’aria mediante cavedi verticali e in controsoffitto. Per i locali a funzione pubblica si è deciso di adottare impianti di condizionamento a tutta aria con ricircolo. Per il dimensionamento di massima sono stati considerati 8 ricambi/ora, necessari per controllare i carichi termici e assicurare la ventilazione meccanica. La portata dell’aria

così calcolata è stata utilizzata per dimensionare le unità di Trattamento aria (UTA) e determinare la potenza frigorigena (kW) delle pompe di calore, in via empirica ottenuta moltiplicando la portata per 0,008. Particolare attenzione è stata posta per la distribuzione ai piani ed in cavedio delle condotte dell’aria, di mandata e ripresa, poste in controsoffitto fino ai terminali di immissione (anemostati e bocchette).Per i locai destinati a funzione privata si sono previsti impianti di climatizzazione di tipo centralizzato, con sistemi di distribuzione a zone e contabilizzazione indipendente dei consumi di tipo condominiale. I terminali scelti per il controllo della temperatura estiva e invernale sono a ventilconvettori, poiché permettono una migliore regolazione della

temperatura ambiente, possono essere collocati a parete o in controsoffitto anche di tipo canalizzato e, soprattutto, possono essere alimentati con acqua a bassa temperatura prodotta dalle pompe di calore, che provvedono anche alla produzione di acqua calda sanitaria. Per quanto riguarda l’impianto idrico-sanitario, nel rispetto delle norme, le acque reflue domestiche e le acque piovane sono smaltite in sistemi di scarico separati, poi canalizzati all’esterno dell’edificio e portati alla rete fognaria urbana. I locali sanitari e le cucine sono stati distribuiti in modo da avere colonne di scarico verticali, poste in appositi cavedi, e con ventilazione, primaria o parallela diretta a seconda delle necessità, portata allo sbocco in copertura.

Infine, considerando la distribuzione dei locali e l’affollamento presente negli stessi, ai fini della prevenzione incendi, sono stati valutati i percorsi di esodo e calcolati i relativi moduli di uscita, assicurando adeguate vie di esodo fino alle uscite in sicurezza (tramite scale antincendio e vie di fuga dirette).

A sinistra Impianto di areazione meccanica e percorsi di esodo padiglione Fashion Academy A destra Impianto di areazione meccanica e percorsi di esodo padiglione Coworking e Business Cube pagina successiva A sinistra Sezione con ventilazione naturale e modulo con percorsi di esodo padiglione Social Housing A destra Sezione con ventilazione naturale e modulo con percorsi di esodo padiglione Student House


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pagina precedente Foto ex fabbrica Banci Ottobre 2016

Architettura, concezione costruttiva e progetto strutturale Il progetto strutturale negli interventi di recupero funzionale e strategico di aree e manufatti destinati ad usi precedenti, successivamente dismessi, che si differenziavano in maniera marcata, per natura e finalità da quelli di nuova previsione, presenta la difficoltà ineliminabile di misurarsi con la generale inadeguatezza delle strutture esistenti, della loro sicurezza e con la più che probabile caratteristica di una congenita inaffidabilità dei materiali. L’aspetto prevalente del progetto strutturale diviene quindi quello di saper distinguere con chiarezza, nell’apparato costruttivo preesistente, quanto sia possibile conservare o in qualche modo riutilizzare da quanto, al contrario, sia necessario adeguar, rinforzare o al limite sostituire. Del resto, la definizione di una nuova destinazione d’uso che si configuri non solo come intento di riqualificazione generalizzata ma addirittura come riconfigurazione di una nuova identità del manufatto, in grado di superare il concetto stesso di genius loci, non può prescindere dalla progettazione di elementi di chiara addizione strutturale e quindi dal confronto, spesso assai complesso, insito nelle problematiche di interazione tra vecchio e nuovo. Il contenuto di questa complessità assume a sua volta implicazioni con aspetti propri non solo del linguaggio architettonico ma anche con la varietà possibile dei dispositivi di connessione strutturale tra gli elementi costruttivi dell’impianto preesistente e quelli di nuova concezione. Ecco quindi che il progetto strutturale non può ridursi al mero tema del calcolo ingegneristico o del semplice dimensionamento degli elementi portanti, ma deve in ogni caso partecipare alla sintesi globale del progetto, alla sua concezione, riuscendone a cogliere ed assecondare il principio ispiratore. Il tema progettuale che ha come oggetto l’intervento nell’Ex Area Banci all’interno del Nuovo Sistema della Declassata, sviluppato nel tema di Tesi di Lisa Culicchi e Selene M. Pirrello, contiene, di fatto, tutti gli elementi di complessità sopra ricordati fornendo un’interpretazione molto curata ed approfondita del rapporto tra vecchie e nuove strutture, offrendo una interessante varietà di soluzioni la cui valenza non si è sottratta all’approfondimento specifico del calcolo e del dimensionamento di nuovi elementi costruttivi. L’approccio strutturale proposto è costruito su un concept generale che ha previsto operazioni di sottrazione e di addizione, declinate in un’ottica che ha tenuto conto da un lato il tema del recupero, previo consolidamento, di alcuni elementi strutturali della precedente fabbrica, dall’altro dell’inserimento sistematico di ampie parti di nuova concezione, destinate all’articolazione dichiarata di nuove funzioni. Particolarmente sentito e curato appare il tema sismico che ha molto influito sulle scelte progettuali dei dispositivi di collegamento tra elementi costruttivi, della distribuzione delle unità architettoniche nell’intento di annullarne possibili interazioni dissimmetriche, ma che soprattutto è stato sviluppato nell’idea generale di utilizzo dei sistemi di isolamento alla base, finalizzati alla riduzione degli effetti delle accelerazioni sismiche sulle parti di strutturali fuori terra, permettendo quindi a quest’ultime di mantenerne una sostanziale e diffusa leggerezza dimensionale. Giacomo Tempesta Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze

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pagina precedente Foto ex fabbrica Banci Ottobre 2016

La sostenibilità del progetto Strumenti e metodi applicati ad un caso studio

La complessità del progetto architettonico può essere valutata da diversi punti di osservazione: oggi è ineludibile la valutazione degli aspetti fisico-tecnici ed impiantistici che, se recepiti correttamente nel progetto, soddisfano alle esigenze che possiamo sintetizzare nell’acronimo anglosassone IEQ – Indoor Environmental Quality, ovvero la sostenibilità declinata in tutti i suoi aspetti, dal risparmio di risorse al benessere degli individui. L’insoddisfazione di tali esigenze mina irrimediabilmente il progetto portando nella peggiore delle ipotesi alla mancata soddisfazione dei requisiti minimi di legge. E’ raro trovare nei laureandi una sensibilità così elevata, come quella delle studentesse Lisa e Selene, che fin dalla concezione iniziale del progetto hanno avvertito la necessità di verificare la fattibilità e la coerenza delle loro proposte sui temi sopra richiamati, oltre che sulla sicurezza e la concezione strutturale delle opere. La tesi ha così assunto una valenza professionale strutturata su un percorso metodologico arricchito dagli strumenti normativi e valutativi acquisiti e messi in campo dalle studentesse. Al fine di far comprendere al lettore il livello di attenzione posto, mi limito a richiamare le esemplari simulazioni in daylighting di alcune tipologie tipo (abitazioni e uffici), al fine di valutare il soddisfacimento della quantità di luce naturale e della qualità della stessa, legate necessariamente alla comprensione delle proprietà ottiche dei vetri, delle superfici dei locali e alla rispettiva resa cromatica. Sono stati altresì valutati gli effetti delle aperture sulle facciate ai fini della ventilazione naturale, nonché l’effetto schermante del rivestimento in pannelli di lamiera microforata in facciata. In sintesi l’impegno profuso, premiato con la dignità di pubblicazione, ha espresso compiutamente strumenti e metodi che devono essere bagaglio tecnico e culturale di ogni architetto, chiamato nella professione a farsi carico della sostenibilità del progetto in tutti i suoi aspetti, così come esemplarmente dimostrato negli elaborati della Tesi.

Gianfranco Cellai Dipartimento di Ingegneria Industriale Università degli Studi di Firenze

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Riferimenti

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DL 112/08 in materia di “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria”. DM 22/04/2008 in materia di “Definizione di alloggio sociale ai fini dell’esenzione dall’obbligo di notifica degli aiuti di Stato, ai sensi degli articoli 87 e 88 del Trattato istitutivo della Comunità europea”. DLgs 81/08, Testo Unico in materia di “Sicurezza e salute sul lavoro”. DPCM 16/7/2009 in materia di “Piano nazionale di edilizia abitativa”. DPR 151/11 in materia di “Regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi”. DPCM 10/7/2012 in materia di “Piano nazionale di edilizia abitativa di cui all’articolo 11 del decreto-legge 26 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”. D.M. 11/4/2013 in materia di “Norme tecniche-quadro, contenenti gli indici minimi e massimi di funzionalità urbanistica, edilizia, anche con riferimento alle tecnologie in materia di efficienza e risparmio energetico e produzione da fonti energetiche rinnovabili, e didattica indispensabili a garantire indirizzi progettuali di riferimento adeguati e omogenei sul territorio nazionale”.

61



Indice

Intersezioni Flaviano Maria Lorusso

5

Testimonianze delle preesistenze industriali

7

Archeologia industriale

9

Ex fabbrica Banci

13

Il ruolo urbano della Banci all'interno del Sistema della Declassata

17

Ricucitura di un tessuto frammentato

19

Identificazione di una nuova centralitĂ

23

Nuova percezione della Banci Rigenerazione di uno spazio residuale

25

Progetto architettonico

27

Progetto strutturale

41

Progetto illuminotecnico ed impiantistico

49

Architettura, concezione costruttiva e progetto strutturale Giacomo Tempesta

57

La sostenibilitĂ del progetto. Strumenti e metodi applicati ad un caso studio Gianfranco Cellai

59


Finito di stampare per conto di didapress Dipartimento di Architettura UniversitĂ degli Studi di Firenze Luglio 2018



Questa tesi si propone come occasione di indagine su alcune problematiche irrisolte della città di Prato. L’asse di viale Leonardo da Vinci, denominato ‘Declassata’, si presenta come un sistema lineare che attraversa la città creando una connessione diretta tra Pistoia e Firenze ma, al tempo stesso, risulta un elemento di separazione del tessuto urbano pratese. Lo stesso complesso ex Banci, attualmente simbolo di degrado urbano, rappresenta una cerniera determinante nella sua potenziale riconfigurazione, essendo collocato a ridosso di esso, in un’area di grande interesse urbanistico e storico. La strategia adottata prevede una rigenerazione urbana ed architettonica effettuata tramite una ricucitura delle centralità di Prato, attualmente disconnesse tra loro. L’interramento di un tratto di Declassata ha dato la possibilità di creare una vera e propria infrastruttura vegetale, che si estende lungo i vuoti urbani esistenti, creando margini arborei e nuovi corridoi visuali.

Lisa Culicchi, Montepulciano (SI) 1992. Si forma presso l’Università degli Studi di Firenze, prima laureandosi in Scienze dell’Architettura nel 2015, poi in Progettazione dell’Architettura nel 2018 con il relatore professor Flaviano Maria Lorusso. Selene M. Pirrello, Palermo 1991. Si forma presso l’Università degli Studi di Palermo laureandosi in Scienze dell’Architettura nel 2015, conclude gli studi in Progettazione dell’Architettura presso l’Università di Firenze nel 2018, laureandosi con il relatore professor Flaviano Maria Lorusso.

ISBN 978-88-3338-040-7

ISBN 978-88-3338-040-7

9 788833 380407


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