francesco trovatelli
Valutazione della vulnerabilità sismica del Campanile di Giotto Metodologie a confronto
tesi | architettura design territorio
Il presente volume è la sintesi della tesi di laurea a cui è stata attribuita la dignità di pubblicazione. “Lo studente ha raggiunto un risultato completo ed esaustivo nell’uso delle metodologie di valutazione delle prestazioni strutturali di architetture storiche mediante l’uso di tecniche tradizionali ed innovative, ha dimostrato la capacità critica ed ha esposto il lavoro con proprietà di linguaggio competenti”. Commissione: Proff. M. Pivetta, G. Tucci, T. Rotunno, M. Paradiso, V. Bonora, T. Matteini, M. Tanganelli, L. Fiorini
Ringraziamenti Alla mia famiglia. Ai docenti Tanganelli e Rotunno.
in copertina Vista del Campanile di Giotto dall'entrata di Via dei Calzaiuoli.
progetto grafico
didacommunicationlab Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze Susanna Cerri Federica Aglietti
didapress Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze via della Mattonaia, 8 Firenze 50121 © 2022 ISBN 978-88-3338-160-2
Stampato su carta di pura cellulosa Fedrigoni Arcoset
francesco trovatelli
Valutazione della vulnerabilità sismica del Campanile di Giotto Metodologie a confronto
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Presentazione
pagina precedente Fig. 1. vista della lanterna della cattedrale da una delle monofore del vano scala del campanile
La pubblicazione della tesi di laurea di Francesco Trovatelli dimostra come la formazione fornita dal corso di Laurea in Architettura 3+2 sia solida e garantisca strumenti per fare ricerca in tutte le discipline proprie dell’architettura, anche in quelle che solitamente sono ritenute ad appannaggio della Scuola di Ingegneria. Il lavoro svolto da Francesco Trovatelli si colloca nell’ambito delle tematiche di studio e di ricerca delle discipline scientifiche, senza però mai tralasciare aspetti e conoscenze, proprie di altre discipline, necessarie per una valutazione completa e critica delle grandi opere del nostro patrimonio architettonico. La tesi ha come oggetto di studio la valutazione delle prestazioni strutturali di uno dei simboli dell’architettura storica fiorentina, il Campanile di Giotto. La tesi si colloca nell’ambito delle attività di ricerca frutto della collaborazione tra il Dipartimento di Architettura e quello di Scienze della Terra dell’Università di Firenze. Il lavoro di tesi evidenzia come la conservazione e la valorizzazione del patrimonio storico artistico monumentale debba necessariamente passare attraverso un approfondito percorso di analisi e conoscenza. Partendo da un’ampia documentazione reperibile in letteratura, il lavoro giunge alla definizione di accurati modelli strutturali su cui vengono condotte dettagliate analisi strutturali, analisi che forniscono una misura delle prestazioni sismiche, allineate alle attuali norme. Inoltre, il risultato del lavoro di tesi non si limita ad una semplice valutazione delle prestazioni sismiche del Campanile di Giotto, ma offre una lettura critica, evidenziandone vantaggi e limiti, delle varie procedure di analisi
Tommaso Rotunno e Marco Tanganelli Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze
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Introduzione
pagina precedente Fig. 2.1. vista della cella campanaria lato Nord-Ovest Fig. 2.2. schema concettuale del percorso generale del lavoro di tesi
Il presente lavoro di tesi tratta le tematiche dell’analisi e la valutazione del comportamento sismico di torri, campanili e strutture snelle in muratura, una tipologia costruttiva ampiamente diffusa su tutto il territorio mondiale in particolare in quello italiano. Prendendo come soggetto di analisi il Campanile di Giotto, la torre campanaria del Duomo di Firenze (Italia), se ne valuterà la vulnerabilità sismica in accordo con la normativa italiana vigente (NTC, 2018; Circolare, 2019) e le Linee guida per la valutazione e la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale (DPCM, 2011). Le basi del lavoro si fondano su una ricca bibliografia riferita a questo edificio dalla quale sono state tratte informazioni come le indagini sui materiali e sul comportamento strutturale, gli aspet-
ti storici, i processi e i caratteri costruttivi del campanile. In particolare, il rilievo estratto da una tesi di laurea magistrale contenuta nell’archivio di tesi consultabili della Facoltà di Architettura permetterà la ricostruzione tridimensionale del modello geometrico del campanile con tutte le sue caratteristiche peculiari. Sulla base del percorso delle conoscenze acquisite nella prima fase, il lavoro si pone l’obiettivo di valutare la sicurezza del manufatto applicando tutti e tre i livelli di valutazione descritti dalle linee guida: LV1, LV2 e LV3. Il modello geometrico fornirà una base comune a tutti e tre i livelli di valutazione. Come primo approccio di analisi strutturale, sarà effettuata una valutazione generica (LV1) attraverso metodi semplificati per stimare un indice di sicurez-
za sismica. Sarà effettuata una verifica a pressoflessione per le principali sezioni orizzontali del campanile. Successivamente si passerà al secondo livello di valutazione (LV2), verrà effettuata un’analisi cinematica ipotizzando alcuni meccanismi di collasso ritenuti più probabili in caso di un evento sismico. Per ogni cinematismo si valuterà la relativa curva di capacità attraverso l’applicazione del principio dei lavori virtuali, e mediante verifiche lineari e non lineari sarà possibile ottenere anche in questo caso degli indici di sicurezza corrispettivi. Infine, sarà effettuata una modellazione agli elementi finiti dell’intera struttura (LV3). Sarà necessario tarare opportunamente i parametri elastici attraverso un’identificazione dinamica svolta in riferimento ad indagini in situ recente-
mente effettuate. A seguito di un confronto di analisi per carichi verticali con materiale lineare e non lineare, saranno effettuate delle analisi statiche non lineari pushover adottando due profili di carico differenti: carico costante e carico crescente. Tutti e tre i metodi di analisi verranno confrontati con lo spettro normativo allo stato limite di salvaguardia della vita, valutato per un periodo di ritorno di 712 anni. Mediante l’utilizzo di questi tre diversi metodi di valutazione del rischio sismico si mira a comprendere a fondo i processi dietro ognuno di questi e attraverso il loro confronto far emergere l’efficacia oppure le eventuali problematiche.
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La conoscenza del manufatto
pagina precedente Fig. 3.0. vista zenitale del vuoto dal primo livello di bifore
La complessità dell’opera conservativa consiste anzitutto nella necessità di riconoscere in tutte le sue implicazioni l’oggetto da conservare, comprese quelle, come si è detto, che esso impone all’utente, e quindi di agire sia nell’intervento che nell’uso con coerenza consapevole. E poiché le valenze delle opere architettoniche sono molteplici, da quelle formali a quelle documentarie, da quelle materiche a quelle simboliche, valenze che rimandano alla vita di chi le ha frequentate ed a quella di chi le ha costruite, per studiarle è necessario un approccio multidisciplinare. (A. Giuffrè, 1995) Come si può leggere in questo breve estratto, nel 1995 Antonino Giuffrè rilevava come la conoscenza di una costruzione storica sia un presupposto fondamentale ai fini della valutazione della sicurezza e dell’intervento. Lo sviluppo di questa linea di pensiero ha portato le Linee Guida a dedicare un intero capitolo a questo argomento e a suggerire quali fossero gli aspetti conoscitivi fondamentali ai fini di una valutazione attendibile. Nel caso di edifici in muratura le problematiche sono solitamente comuni, in particolare per gli edifici culturali è complicato applicare indagini approfondite, si ha quindi la necessità di identificare il grado di
Introduzione alla conoscenza
attendibilità delle conoscenze, il quale è legato al livello di approfondimento dei dati disponibili. La conoscenza di un manufatto è un percorso multidisciplinare che mette in gioco varie competenze. Le informazioni che influenzano il livello di approfondimento della conoscenza possono essere riassunte nei seguenti passi: • Identificazione territoriale: il primo passo consiste nell’identificazione del manufatto nella sua localizzazione sul territorio, questo porterà all’individuazione dei vari rischi ai quali è esposto, in particolare quello sismico. Un altro elemento influente è il tipo e la consistenza del sistema di fondazione unito alla caratterizzazione geotecnica del terreno sul quale è costruito l’edificio. • Analisi storica degli eventi e degli interventi subiti: la ricostruzione dell’intera storia costruttiva del manufatto dalla sua nascita ad oggi, evidenziando le modifiche e le realizzazioni fatte nel tempo. È importante ricostruire anche la storia degli eventi sismici passati e in generale degli eventi che potrebbero aver recato danno al fabbricato. • Il rilievo geometrico: rilievo della geometria strutturale e degli elementi costruttivi, rilevare eventuali aderenze del fabbricato ad altri edifici. Sarà necessario rilevare la geome-
tria di tutti gli elementi in muratura, spessore e profilo delle volte, passi dei solai e pacchetti di copertura, localizzazione di eventuali nicchie o cavità, aperture, canne fumarie, elementi estranei inclusi e la tipologia di fondazione. • Il rilievo materico: permette di individuare completamente l’organismo resistente del fabbricato, tenendo presente dello stato di conservazione dei materiali e degli elementi costruttivi; in particolare si deve fare attenzione alle tecniche costruttive locali individuando caratteristiche delle murature. Caratteristiche di rilevante importanza possono essere: la presenza di diatoni, la disposizione regolare degli elementi, il buon ingranamento degli elementi, l’orizzontalità dei filari, la natura delle malte, la dimensione e la forma dei blocchi, la qualità del collegamento tra pareti verticali, la qualità collegamenti tra pareti e orizzontamenti, le eventuali discontinuità e la presenza di elementi ad alta vulnerabilità. • La caratterizzazione meccanica dei materiali: nella modellazione dei comportamenti strutturali sono richiesti i parametri meccanici dei materiali; non è facile individuare tali parametri in particolare se si tratta di edifici storici culturali. Per l’individuazione delle caratteristiche mec-
caniche di una muratura esistono due principali tipologie di indagini: Indagini non distruttive (indirette) e Indagini distruttive (dirette). Alla luce di quanto riportato in precedenza, questa sezione tratterà le informazioni riguardanti il percorso della conoscenza effettuato per il Campanile di Giotto. In questo caso studio, essendo il campanile un’architettura unica nel contesto mondiale, gran parte delle informazioni è stata estratta dalla ricca bibliografia presente ad oggi. Sono stati essenziali gli storici lavori di Marvin Trachtenberg (Trachtenberg, 1971) e Cesare Guasti (Guasti, 1974) per la ricca quantità di informazioni storiche, grafiche e fotografiche; oltre a questi anche: i successivi studi di Timothy Verdon (Verdon, 1994), i disegni e i ragionamenti sugli aspetti costruttivi e strutturali di Luca Giorgi e Paolo Spinelli (Gurrieri et al., 2017) e i rilievi e le interpretazioni di Giuseppe Rocchi (Rocchi, 1996). Il percorso della raccolta delle informazioni ha gettato le fondamenta per la valutazione del rischio sismico a tutti e tre i livelli di valutazione.
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Roccia Depositi palustri alluvionali del periodo Plio-Pleistocene Depositi alluvionali recenti del fiume Arno Depositi alluvionali antichi del fiume Arno
Faglie attive principali Faglie attive secondarie Epicentri
Aspetti territoriali
pagina precedente Fig. 3.1. mappa geologica della piana Fiorentina e relativa sezione schematica della stratigrafia del suolo; mappa delle faglie attive principali, secondarie e di alcuni dei terremoti storici più rilevanti Tab. 3.1. elenco dei principali terremoti storici dell’area fiorentina dal 1298 secondo il CTPI
La struttura geologica della piana Fiorentina La piana Fiorentina si presenta come una depressione allungata in direzione NO-SE, è circondata da rilievi ed è attraversata dal fiume Arno. La pianura non supera i 50 m s.l.m. e le colline circostanti raggiungono un’altitudine di 300-400 m. Nell’angolo sud-est della piana si trova la città di Firenze, nata da un villaggio romano intorno al 50 a.C. Probabilmente le motivazioni che hanno dato origine al villaggio sono di tipo strategico militare: poiché Fiesole era stata un insediamento militare fu necessario un avamposto che potesse controllare le vie di comunicazione attraverso l’Arno. Nonostante l’espansione e i vari sviluppi edilizi della città nel corso dei secoli, l’impostazione e il bordo della città romana è ancora ben visibile. Oggi Firenze è una città in continua espansione, conta più di 370.000 abitanti, con una densità di circa 3,5 abitanti per km2. Nella zona della piana fiorentina sono disponibili un vasto numero di dati litostratigrafici riferiti a più di 2000 perforazioni che hanno permesso la ricostruzione dell’assetto geologico sotterraneo. I primi 30 m sotto la superficie possono essere considerati ben documentati, ma al di sotto di quello strato soprattutto dove lo strato è roccioso la ricostruzione è stata fat-
ta su ipotesi geologiche. La piana del Valdarno è un bacino sedimentario sviluppatosi per il ruolo svolto dal sistema della faglia di Fiesole (Coli, Rubellini, 2013). Per il complesso religioso di Santa Maria del Fiore, all’interno del quale si trova il Campanile di Giotto, si hanno dei dati geologici derivanti da sei perforazioni con tronchi stratigrafici che sono stati eseguiti per vari progetti civili e sono disponibili nel GeoDataBase pubblico del comune di Firenze. Da questi dati risulta che sotto il manto stradale si trovano circa 2 m di detriti archeologici seguiti da 16 m di depositi recenti del fiume Arno, lo strato roccioso si trova quindi a 18 m di profondità rispetto al manto stradale. La sismicità storica dell'area L’Italia è uno dei paesi mediterranei a maggiore rischio sismico a causa della sua particolare posizione nella zona di convergenza tra la zolla africana e quella euroasiatica. Il rischio più elevato si concentra nella parte centro-meridionale della penisola lungo la dorsale appenninica. Il procedimento che permette di identificare la pericolosità sismica di una zona consiste nel riconoscere le caratteristiche delle fratture (alcune di queste possono essere l’ubicazione, la profondità e la geometria del piano di
faglia) e, sfruttando le conoscenze dei terremoti passati, tentare di fare previsioni delle future attivazioni. Nell’area fiorentina della Toscana le zone sismogenetiche più rilevanti sono quelle della fascia appenninica, dove si riscontrano numerosi movimenti e alcuni dei terremoti storici di magnitudo più elevata, in particolare nella zona del Mugello dove c’è la maggiore densità di rilevamenti in accordo con la concentrazione delle faglie appenniniche. Anche numerose zone del Valdarno Superiore presentano numerose faglie attive ma non si registrano in questa zona record storici (Mantovani et al., 2011). Secondo il Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani (CPTI), la piana fiorentina in epoca storica è stata soggetta a un numero piuttosto limitato di terremoti rispetto alla zona del Mugello. Secondo lo studio del CPTI dall’inizio della costruzione del Campanile di Giotto, i cui scavi di fondazione iniziarono nel 1298, sono 9 i terremoti che hanno superato 4,5 Mw (Rovida et al., 2021). Il territorio fiorentino, nonostante si trovi vicino alle faglie della fascia appenninica, nel corso della storia non è stato soggetto a terremoti di natura particolarmente distruttiva, il picco massimo è stato raggiunto nel maggio del 1895, con un terremoto con epicentro nella zona del Valdarno infe-
Terremoti storici dell'area
Tab.3.1
Data
Area epicentro
Mw
21/05/1325
Firenze
4,40
12/09/1345
Firenze
4, 63
22/12/1345
Firenze
4, 63
04/02/1384
Firenze
4, 16
04/02/1384
Firenze
4, 16
1426
Firenze
4, 40
28/09/1453
Firenze
5, 38
07/04/1469
Firenze
4, 16
17/08/1536
Appennino sett.
5, 12
26/09/1551
Firenze
4, 40
27/11/1554
Firenze
4, 86
13/04/1558
Valdarno sup.
5, 97
06/07/1600
Firenze
4, 63
14/11/1887
Fiorentino
4, 47
18/05/1895
Fiorentino
5, 50
06/06/1895
Fiorentino
4, 55
20/04/1973
Fiorentino
4, 38
riore che ha raggiunto un’intensità di 5,5 Mw. In riferimento a questo evento sismico, forse il più rilevante documentato ad oggi, per la città di Firenze è stata redatta la “Carta della zonazione sismica dell’area urbana di Firenze” (Vannucchi G., Gasperini P., Boccaletti M.). In quest’ultima è stata effettuata una valutazione complessiva del grado di risentimento degli edifici in funzione del grado di danno e della classe di vulnerabilità. Al Campanile di Giotto, in classe di vulnerabilità B, è stato assegnato un grado di danno di II/III, ovvero danni di carattere non strutturale, ottenendo un grado di scuotimento di 4/5. In sintesi, sembra la struttura abbia risposto bene all’evento sismico poiché questa non ha riportato 13 danni preoccupanti.
Basilica di Santa Reparata Battistero di San Giovanni Progetto iniziale della Cattedrale (Arnolfo di Cambio)
Progetto finale della Cattedrale (Francesco Talenti)
Campanile di Giotto Antica cinta muraria Carolingia Edificato preesistente Edificato post demolizioni
La storia costruttiva
pagina precedente Fig. 3.2.1. complesso di Santa Maria del Fiore (1472-1482) (immagine estratta da Rocchi,1996) Fig. 3.2.2. Guido Parigi, Ex-voto di Cosimo de’ Medici, particolare (immagine estratta da Verdon, 1994) Fig. 3.2.3. ricostruzione schematica planimetrica dello sviluppo della piazza
Il complesso di Santa Maria del Fiore Il complesso di Santa Maria del Fiore è costituito da tre delle architetture più iconiche di Firenze, queste sono: la cattedrale diventata il simbolo della città per la maestosa cupola brunelleschiana, il Battistero di San Giovanni e la torre campanaria, comunemente chiamata Campanile di Giotto. Le due strutture che hanno dato origine al centro religioso, risalenti probabilmente all’epoca romana tardo imperiale (IV-V sec d.C.), sono la basilica di Santa Reparata, la quale si trova al di sotto dell’attuale cattedrale, e il Battistero, quest’ultimo verrà consacrato solamente nel 1059. La chiesa antica corrispondeva grossomodo all’attuale ma di dimensioni minori. Rispetto all’abitato antico questa era in posizione periferica ma fece da perno per la successiva espansione diventando il punto di riferimento più centrale del tessuto della città. Nel corso del ‘200 con la definitiva espansione della linea muraria, dove oggi troviamo i viali con Fortezza da Basso, Piazza della Libertà, Piazza Beccaria e Porta Romana, il Battistero e la Basilica non riuscivano più a dominare la città. Firenze sentiva la necessità di avere un nuovo strumento proporzionato alle sue dimensioni e soprattutto visibile. Principalmente per queste ragioni venne affidato
ad Arnolfo di Cambio la progettazione della nuova cattedrale e dell’annessa torre campanaria, progetto al quale lavorò presumibilmente tra il 1294 e il 1296. Questo sarebbe stato reso possibile grazie al crescente afflusso demografico e all’aumento della ricchezza del settore produttivo di quel periodo. La nuova cattedrale arnolfiana doveva avere dimensioni più grandi della precedente, il tema dominante doveva essere quello della costruzione di una grande cupola ottagonale posta al termine del corpo basamentale a tre navate. I lavori iniziarono nel 1296 ma vennero rallentati per la grande complessità dell’opera e per la morte del progettista avvenuta tra 1301 e 1310. Mentre i lavori della nuova cattedrale procedevano a rilento, la costruzione del campanile riuscì a mantenere una certa costanza di cantiere. Vennero concentrate una grande quantità di risorse di denaro e di energie nella sua costruzione. Altre città locali avevano già costruito torri campanarie monumentali, a Pisa la torre di Bonanno e Siena il campanile del duomo. Con questo pretesto, gli operai della Santa Maria del Fiore sentirono l’esigenza di costruire una maestosa e moderna torre campanaria che non potesse essere sminuita da quelle delle altre città all’epoca rivali.
Nel 1334 Giotto sarà incaricato di progettare il campanile per il nuovo duomo, allora il disegno arnolfiano di quest’ultimo non era ancora stato modificato. Il progetto arnolfiano prevedeva una cupola di un diametro minore di circa un terzo rispetto a quella che conosciamo oggi, in questo modo il campanile sarebbe diventato l’architettura dominante della piazza e quindi dell’intera città. Anche l’apparato decorativo diventò un forte elemento di caratterizzazione sottolineato dall’assenza di decorazioni alla ancora incompiuta facciata di Santa Maria del Fiore, in figura 3.2.2 si osserva il contrasto tra il ricco apparato decorativo del campanile e la spoglia facciata della cattedrale. Nel 1364, quando vennero rimosse le impalcature del cantiere, l’elemento spiccante era sicuramente la torre campanaria, costruita in pochi anni rispetto alle strutture analoghe della piazza dall’impresa secolare. I lavori della cattedrale procedettero più a rilento, l’incarico passò da Arnolfo di Cambio ad Andrea Pisano, ma decisivo fu poi il passaggio a Francesco Talenti. Infatti quest’ultimo, oltre a completare l’opera della torre campanaria, fornì un impulso decisivo alla costruzione dell’intero complesso religioso. Dopo una serie di lunghi dibattiti, venne approvato il progetto di ampliamento a favore del Talenti, questo prevede-
va il mantenimento dell’impianto trasversale con la modifica del ritmo longitudinale dei pilastri interni in modo da formare volte a crociera a pianta quadrata. Era inoltre previsto l’ampliamento della parte absidale e l’inserimento del tamburo con grandi oculi, di conseguenza questa variazione avrebbe aumentato il diametro della cupola da 36 e 41 metri. In fig. 3.2.3 si sintetizza schematicamente lo sviluppo della cattedrale e della piazza nel corso dei secoli, a partire dalla vecchia cinta muraria, la prima cattedrale di Santa Reparata, il primo progetto arnolfiano e il progetto finale talentiano. Quando questo progetto colossale si concluse, la parte sommitale dell’abside rimase uno spazio a cielo aperto fino al 1434, quando Filippo Brunelleschi chiuse la cattedrale con la grande cupola a chiave ottagona (Trachtenberg, 1971; Guasti, 1974; Verdon, 1994). Il processo costruttivo del campanile Nel 1298,in parallelo all'inizio della nuova cattedrale, cominciarono gli scavi di fondazione per la costruzione della torre campanaria, allora il campomastro era ancora Arnolfo di Cambio. A causa della mancanza di finanziamenti e della morte del capomastro il cantiere non riuscì ad avviarsi completamente e venne costruita solo la fondazione, que- 15
pagina precedente Fig. 3.2.4. raffigurazione delle tre principali fasi costruttive del campanile, Prospetto est estratto da (Rosa, 2014) Fig. 3.2.5. pergamena raffigurante il progetto giottesco del campanile (Trachtenberg, 1971)
sto fino al 1334 quando l’incarico passò a Giotto di Bondone. Il campanile a lui intitolato sarà l’ultima opera architettonica rimasta della sua grande attività artistica: egli diresse il cantiere fino alla sua morte avvenuta nel 1337, progettò l’intero campanile ma riuscì a vedere compiuta solo la prima metà della fascia basamentale. Successivamente i maestri a cui passerà l’incarico stravolgeranno l’assetto strutturale e il progetto iniziale di Giotto. È comunque possibile immaginare la forma voluta dal progettista grazie al ritrovamento di un grande disegno su pergamena pubblicato nel 1858 (Vedi fig. 3.2.5). Di questa rappresentazione del campanile è innegabile la tendenza verso lo stile gotico, l’insistente verticalismo dell’elemento culminante dà un forte sapore nordico a tutta la torre (Trachtenberg, 1971). I documenti dell’Opera del Duomo individuano come incaricato successore Andrea da Pontedera, detto Andrea Pisano. Egli rimase alla direzione dei lavori fino al 1343 quando gli venne revocato dagli stessi operai della Santa Maria del Fiore l’incarico di campomastro. La causa sembra che fosse dovuta principalmente ad una questione di composizione geometrica; nel disegno del secondo livello Andrea Pisano aveva inserito delle membrature verticali che davano una percezione della struttura molto più snella, una scelta in netto contrasto con i principi geometrici che invece erano dettati dal progetto giottesco e già ben visibili nella prima fascia basamentale, oltretutto allora già costruita. Tralasciando gli aspetti stilistici, Andrea Pisano ha effettua-
to degli interventi sulla struttura muraria di rilevante importanza, ha infatti ampliato la sezione muraria che nel progetto iniziale era solo di 1,6 m, portandola a 3,9 m (vedi fig. 3.2.4); inoltre, per fare spazio alle lesene fece eseguire un’importante rastremazione tra il primo e il secondo livello di circa 20 cm (Gurrieri et al., 2017). È possibile che queste operazioni siano state svolte da Taddeo Gaddi, citato dal Vasari come operatore in questa fase, ma non presente nella documentazione dell’Opera del Duomo. Al di là dell’attribuzione dell’autore di tali operazioni, queste hanno permesso il raggiungimento della quota desiderata ed hanno risolto la gran parte dei problemi statici della struttura. Il processo costruttivo è stato sempre caratterizzato dall’alternanza di anni durante i quali si aveva un frenetico sviluppo verticale, ed anni di totale stallo. È possibile che proprio queste interruzioni possano aver creato delle discontinuità orizzontali nella muratura, la quale come è ben noto ha bisogno di tempi di essiccaggio, ritiro e assestamento, quest’ultima caratteristica vale soprattutto per le fondazioni. Un’interruzione rilevante causata dall’epidemia di peste nera è datata dopo il 1343 all’altezza del secondo livello prima del passaggio di incarico al maestro successivo. L’ultimo maestro, il successore di Andrea Pisano che guiderà il cantiere fino al compimento dell’opera, è Francesco Talenti. Egli riuscì attraverso il disegno delle bifore e dell’ampie aperture della cella campanaria a rispettare l’equilibrio classico voluto da Giotto, ma al-
lo stesso tempo a conferire un modernismo assoluto che supera di gran lunga sia il gotico del duomo di Siena, sia il romanico del battistero di San Giovanni. Dal ricevimento dell’incarico del nuovo capomastro i lavori seguitarono in maniera regolare per lo meno fino al 1357 quando ci fu un brusco rallentamento, intorno a questa data venne infatti deciso di dedicare parte delle maestranze al completamento della cattedrale. In figura 3.2.4 si riportano in sintesi le tre fasi costruttive, differenziate dai tre capomastri, e gli eventi principali che hanno caratterizzato il cantiere del Campanile di Giotto. Stando ai documenti e alle testimonianze del Vasari, il campanile, secondo il progetto giottesco, sarebbe dovuto terminare con una cuspide alta 50 braccia, ma poiché questo risultava ormai un linguaggio del passato venne concluso con la copertura piramidale che vediamo oggi. Probabilmente questo spiega l'insolita presenza, all'ultimo livello, delle quattro basi di pilastri interrotti e del pilastro a sezione quadrata in laterizio al centro dell'ambiente. Il compito di quest'ultimo è quello di sorreggere i puntoni della copertura in legno. È probabile quindi che la proposta del maestro dal quale prende il nome l’edificio non sia mai stata abbandonata fino alla terminazione della costruzione, avvenuta nel 1359.
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I materiali e gli elementi costruttivi caratterizzanti
pagina precedente Fig. 3.3.1. zoom di alcuni nodi strutturali rilevanti: in presenza del vano scala, in presenza delle aperture del primo livello di bifore e all’incontro della muratura con il sistema voltato in laterizio (Sezione estratta da Rocchi, 1996) Fig. 3.3.2. campioni del carotaggio effettuato sul lato interno della muratura in pietraforte
Esistono numerosi documenti d’archivio che trattano di pagamenti, ricevute e accordi di trasporto presi per l’approvvigionamento dei materiali per la costruzione del campanile di Giotto. Da tali documenti emerge che si prestava molta attenzione all’affidabilità dei fornitori, infatti spesso i maestri stessi venivano mandati in cava a controllare di persona la qualità del materiale. In alcuni casi venivano inviati gli operai a lavorare i pezzi direttamente in cava prima dell’invio, probabilmente per alleggerire i trasporti. Il cantiere di Santa Maria del Fiore è stato trattato da maestranze esperte sia nella messa in opera sia nell’organizzazione temporale dell’approvvigionamento di materiali di buona qualità e di affidabile provenienza. È possibile definire tre tipologie di materiali di principale rilevanza strutturale che compongono il campanile: • La muratura in pietra; • Le strutture in laterizio; • Il rivestimento marmoreo. A questi materiali si aggiungono anche i rivestimenti interni degli orizzontamenti e degli ambienti distributivi in pietra serena.
La muratura in pietra I materiali costruttivi interni diversamente dal guscio marmoreo sono tutti materiali provenienti da fonti locali. La sezione muraria perimetrale al primo livello è di 3,20 m, salendo di quota questa non scende mai di spessore sotto 3 m, è quindi logico ipotizzare che la muratura sia a sacco, ovvero composta da due paramenti in conci in pietra sbozzata al cui interno è presente un nucleo con blocchi di dimensione ridotta e con una maggiore concentrazione di malta. Alcune indagini, effettuate sulla muratura perimetrale sul lato interno, hanno confermato l’ipotesi del sistema costruttivo a sacco. In figura 3.3.2 si osserva che si tratta di un sacco di buona qualità con un’elevata concentrazione di conci in pietra nel nucleo interno. Il nucleo può essere intravisto anche in presenza di alcune aperture, da queste sembra che i conci siano ordinati su filari orizzontali e non gettati in opera assieme alla malta come avviene in strutture murarie a sacco meno nobili. Visivamente non è possibile esaminare la tessitura esterna poiché rivestita in lastre di marmo, è logico immaginare che questa sarà più grossolana di quella interna. Quest'ultima è visibile dall’interno e si presenta in blocchi regolari squadrati di pietraforte e giun-
ti di malta molto sottili, è di eccezionale qualità, la superficie è perfettamente piana e ricca di rifiniture e raccordi. In questa muratura è ben visibile la grande capacità di lavorazione della pietraforte della maestranza fiorentina dell'epoca. È possibile ipotizzare che la muratura del campanile sia di elevata qualità alla quale contribuisce in gran parte anche la malta utilizzata, una malta di calce idraulica naturale di elevata compattezza e resistenza, questa si ottiene bruciando un calcare marmoso noto come pietra alberese (di formazione principale su Monte Morello) (Gurrieri, 2017). Recenti studi hanno analizzato campioni di malta estratti da differenti livelli del campanile. È stata effettuata una datazione al radiocarbonio, che ha confermato la datazione delle diverse fasi, un’analisi chimica, mineralogica e una caratterizzazione petrografica. È stata individuata una progressione della resistenza a compressione delle malte all’interno di un intervallo che va da 1,3 MPa, nella fondazione datata 1298, fino a 4,0 MPa nel secondo livello datato 1337 (Cantisani et al., 2020). Questa datazione oltre a fornire importanti valori di resistenza che saranno tenuti di conto per l’attribuzione delle caratteristiche meccaniche, conferma la datazione delle fasi costruttive dei primi due livelli.
Le strutture in laterizio La pietra dei muri perimetrali del campanile, dal primo livello all’ultimo, è la pietraforte, mentre gli orizzontamenti interni sono tutti sistemi voltati in laterizio. Il materiale rimane sempre nascosto poiché coperto da uno strato di intonaco bianco e dai 4 costoloni in pietraforte di rinforzo. Essendo un materiale di lavorazione più agevole e di leggerezza maggiore della pietra, il laterizio si presta bene per la realizzazione di questi ampi sistemi voltati che raggiungono luci di circa 6,20 m. Un altro elemento in laterizio è il pilastro al centro dell’ultimo ambiente che sostiene la copertura e scarica il peso in chiave alla struttura voltata della cella campanaria. Il pilastro è di se19 zione quadrata di lato 1,15 m.
Il rivestimento marmoreo L’ultimo materiale preso in considerazione, probabilmente il meno influente sul contributo strutturale ma sicuramente il più importante e caratterizzante del manufatto, è il rivestimento marmoreo. Nel ‘500 erano numerosi i fabbricati con rivestimento di marmi policromi a Firenze. Dopo un primo periodo di recupero di materiale di spoglio di altri cantieri e a seguito della sconfitta di Fiesole prese campo l’utilizzo di questo materiale come rivestimento, per la prima volta con San Miniato a Monte. Nel caso dei marmi del campanile, l’opera di Santa Maria del Fiore dovette approvvigionarsi altrove poiché gran parte delle risorse locali erano ormai state esaurite, utilizzate anche per il rivestimento del Battistero di San Giovanni. I marmi in questo caso non sono presenti solo in bianco e verde come nel battistero, ma è stato aggiunto un terzo colore, il marmo rosato. La maggior parte dei marmi sembra che sia proveniente da Carrara, veniva trasportato fino a Pisa e poi attraverso l’Arno giungeva fino a Firenze. Sempre per il marmo bianco sembra che il cantiere si sia rifornito anche dalla Montagnola Senese, il marmo nero invece veniva unicamente dal Monte Ferrato, vicino a Prato, dove era situata la cava principale della serpentinite. Il marmo rosso, il quale non è veramente un marmo ma un semplice calcare non cristallino, ha provenienze diverse, la più citata è quella di Monte Rantoli, subito dopo vengono Monsummano e altre zone nella Maremma (Gurrieri et al., 2017).
Le fondazioni Gli scavi delle fondazioni del Campanile iniziarono nel 1298 quando ancora il cantiere era sotto il controllo di Arnolfo di Cambio. Ancora oggi non è chiaro quale sia effettivamente la profondità e la tecnica costruttiva della fondazione, non sono state trovate indagini specifiche a riguardo. L’unico mezzo per poter fare un’ipotesi stratigrafica è il riferimento alla documentazione storica. Le due principali testimonianze sono quella di Giovanni Villani e quella del Vasari: il primo descrive lo scavo di una grande fossa 15,50 m per 15,50 m di circa 6 m di profondità; il secondo, in epoca più tarda, fornisce indicazioni differenti, ovvero di una fondazione di profondità di 20 braccia fiorentine (quasi 12 m) costituita da una muratura apparecchiata sovrapposta a un altro getto, poggiante a sua volta su un letto di pietraforte. Dal confronto delle varie fonti sembra che i dati citati dal Vasari, vissuto due secoli dopo la costruzione del campanile, siano approssimativi e che sia più affidabile la versione di Giovanni Villani, ipotesi sostenuta anche dal fatto che la stessa tecnica è stata adottata nella fondazione dei pilastri della facciata di Santa Maria del Fiore (Guasti, 1974). Per questo studio la fondazione è stata ipotizzata come disegnata in fig.3.3.3, ovvero costituita da tre strati principali: un sottile strato iniziale di conci in pietraforte, il cui compito è quello di mettere in bolla e consolidare lo strato successivo costituito da un getto di malta, pietra e ciottoli di spessore di circa 4,5/5 m, come ultimo strato a contatto con la muratura del cam-
panile un solido muro in pietraforte fatto a mano dello spessore rimanente di circa 1 m. Un totale di profondità di 6 m derivante dalla necessità di trovare lo strato ghiaioso sabbioso inferiore. Nel tempo sono stati ritrovati documenti legati alle fondazioni del campanile, uno di questi è una relazione redatta da Gherardo Silvani del 1639 dove egli controbatte critiche ricevute in relazione alle fondazioni della facciata della cattedrale, descrivendo un rapporto con le fondazioni del campanile. Gherardo Silvani spiega che alcune indagini hanno rilevato il collegamento delle fondazioni della facciata e quelle del campanile attraverso un arcone di cui egli stesso fornisce precise misure. La dimensione della fondazione e la rigidezza del materiale sul quale questa appoggia sono caratteristiche determinanti ai fini delle verifiche sismiche, come anche il collegamento con le fondazioni della cattedrale potrebbe influenzare la risposta sismica del campanile (Gurrieri et al., 2017). La distribuzione degli ambienti e gli orizzontamenti interni Solitamente i visitatori rimangono impressionati dalla enorme ricchezza decorativa esterna che il campanile offre, non da meno è la quantità di singolari accortezze e particolarità degli ambienti interni, sia per il complesso sistema distributivo sia per le innumerevoli cavità e piccole aperture. È possibile immaginare il campanile come costituito da due settori principali: il primo settore è quello basamentale diviso in tre sale, il secondo settore è caratterizzato dalle ampie apertu-
re, i due livelli di bifore e la cella campanaria. Le tre sale del primo settore corrispondono alle prime due fasi costruttive del campanile, la fase di Giotto e quella successivamente di Andrea Pisano. I primi due ambienti sono coperti da sistemi voltati a crociera con archi a sesto acuto ad unghia rialzata, le luci non superano i 6,2 m ma le due sale di differenziano per l’altezza, la prima è 1,7 m più bassa della seconda che misura 10,2 m. Anche il terzo ambiente con un’altezza di circa 8 m è coperto da un sistema voltato a crociera, in questo caso lo spazio in alzato è ridotto per cui la crociera è costituita da archi a sesto ribassato, con unghie forate da aperture rettangolari orizzontali schermate da grate di ferro battuto, inserite con la funzione di arieggiare la seconda sala completamente priva di aperture. La sala del piano terra è uno dei livelli più problematici dal punto di vista dell’impianto murario nonostante questo sia la base di sostenimento dell’intero fabbricato. Il cantiere in questa fase costruttiva ha avuto una complessa evoluzione. Le pareti nord, sud ed ovest della prima sala presentano due archi a sesto acuto; quello sinistro della parete nord è stato tamponato mentre il destro presenta una monofora strombata fuori asse, l’arco sinistro della parete sud presenta un sotto-arco che toglie ulteriore illuminazione alla monofora. Quest’ultimo è stato inserito per sostenere e dare spessore alla scala che le passa al di sopra. Sul lato est si trova la porta di accesso e la soglia di partenza del-
Fig. 3.3.3. pianta del piano terra, sezione del piano di fondazione e fotografie delle indagini del 1969 (pianta estratta da Rocchi, 1996; Sezione fuori terra e fotografie estratte da Trachtenberg, 1971)
la scala, sempre allo stesso livello sulla prima rampa di scale si apre un ambiente cieco illuminato da due piccole monofore opportunamente posizionate in modo tale che esternamente risultino nascoste nelle fasce verdi della serpentina. Quest’accortezza è ripetuta su tutto il campanile, le aperture rimangono nascoste risultando quasi impercettibili. Sempre in questo settore con il passaggio di incarico da Giotto ad Andrea Pisano lo spessore del muro venne raddoppiato. Alcuni saggi pubblicati nel 1969 hanno confermato questa ipotesi (vedi fig. 3.3.3). Venne rimosso uno strato di intonaco all’attacco fra le due pareti, quella di Giotto (155 cm) e quella aggiunta di Andrea Pisano (160 cm), rilevando la mancanza di ammorsamento tra le due (Trachtenberg, 1971). Questa importante discontinuità della muratura, nonostante sia stato un intervento di notevole rinforzo, può rappresentare una possibile debolezza. Inoltre, è probabile che i gradini della scala all’altezza di tutto il primo ambiente siano bene ammorsati verso l’interno, a contatto con la muratura del pisano, e non ammorsati verso l’esterno a contatto con la muratura giottesca. La seconda sala può essere denominata come una vera e propria aula poiché lungo tutte le pareti corre una panca, probabilmente destinata al clero, anche per il fatto che l’accesso principale a questo ambiente avviene attraverso la porta cieca posta sul lato nord che avrebbe dovuto connettere la cattedrale al campanile. Internamente la sala è curata e ricca di dettagli decora-
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tivi, le pareti sono in conci di pietraforte perfettamente squadrati. La terza sala è molto più spoglia, probabilmente concepita come spazio distributivo che metteva in comunicazione i vari ambienti. La parte del secondo settore, costruita sotto la direzione del Talenti, è caratterizzata dalla presenza delle ampie aperture. Le pareti del primo e secondo livello del secondo settore sono scandite da due bifore, mentre al terzo livello è presente un'unica grande trifora che dà origine a quattro pilastri angolari della cella campanaria. Una caratteristica decisiva che avrà sicuramente un grande impatto sulla risposta sismica del manufatto è l’assenza di un orizzontamento tra il primo e il secondo livello del secondo settore. Tra questi due si ha un vano che supera i 25 metri (un’altezza superiore a quella di molte torri campanarie del territorio italiano) diviso solamente da uno stretto ballatoio in pietraforte. Tra il secondo e il terzo livello si incontra il quarto sistema voltato, di nuovo con archi a sesto acuto ad unghia rialzata ma con la presenza di un’importante mancanza dell’unghia ovest. Il foro nella volta permetteva attraverso un verricello in bronzo di sollevare materiale da costruzione lungo tutta l’altezza, addirittura sembra che per un breve periodo il montacarichi sia stato utilizzato anche per il materiale della cattedrale adiacente, questo fa capire come i due cantieri, anche se con tempistiche diverse, si siano sempre sviluppati parallelamente. La presenza di questo macchinario potrebbe far pensare che i sistemi voltati del primo settore
potrebbero essere stati costruiti non contestualmente alle murature perimetrali, per agevolare lo spostamento del materiale in altezza (Rocchi, 1996). Come il vano sottostante anche l’ambiente della cella campanaria raggiunge circa i 25 metri di altezza, occupati per metà dalla struttura delle campane e dei relativi meccanismi. L’ultimo sistema voltato divide l’ambiente della cella campanaria dal sotto copertura, questo si presenta delle stesse geometrie dei precedenti ma leggermente più slanciato verso l’alto e senza mancanze o aperture orizzontali. Tutti questi ambienti posizionati uno sopra l’altro presentano un’ulteriore caratteristica insolita, le dimensioni in pianta delle sale si sovrappongono. Le murature delle sale superiori aggettano rispetto a quelle del pian terreno scaricando parte del carico sul rinfianco della volta sottostante; più precisamente la seconda sala aggetta di 23 cm, la terza sala di 28 cm, la sala delle bifore di 12 cm, quella delle trifore di 14 cm e quella del sottotetto di 11 cm. Questo insolito schema deriva dal fatto che proseguendo il vano scale con la medesima sezione delle rampe del piano terreno, tale vano non poteva essere contenuto nella muratura al di sopra della risega muraria esterna che ne restringeva troppo lo spessore, richiedendo quindi così un allargamento verso l’interno. Il sistema distributivo L’unico modo per spostarsi da un livello all’altro all’interno del campanile è utilizzando il sistema di scale: il piano terra e la terrazza in sommità so-
no separati da più di 400 scalini. I vani scale sono inseriti, per tutto lo sviluppo della struttura, all’interno della sezione muraria. Le scale interne possono essere divise in 3 (fig. 3.3.4): • La prima scala (in azzurro) collega il piano terra con il terzo livello, corre lungo tutte e quattro le pareti ed è costituita da sei rampe interrotte da pochi pianerottoli. Ad ogni cambio di direzione si trova una piccola apertura strombata che arieggia e illumina il percorso. • La seconda scala (in rosso) aveva la funzione di collegare la seconda sala con la cattedrale, adesso è possibile accedervi soltanto dal primo livello di bifore. Questa scala analogamente alla prima scende lungo tutte e quattro le pareti soffermandosi con un pianerottolo all’entrata della seconda sala per poi proseguire fino alla porta che avrebbe dovuto collegare i due edifici. • La terza scala (in arancio) ha caratteristiche diverse dalle prime due, a causa della presenza delle aperture questa è costretta a guadagnare altezza torcendosi all’interno di uno dei pilastri angolari, quello nord-est. Per i primi due livelli di bifore la scala effettua un giro completo nel pilastro angolare proseguendo poi lungo le due pareti e arrivando la prima volta al livello del ballatoio e la seconda al livello della cella campanaria. A questo punto la scala prosegue all’interno di uno dei pilastri della cella campanaria, sempre quello nord-est, effettuando due giri completi su sé stessa per poi proseguire
pagina precedente Fig. 3.3.4. schema tridimensionale del sistema distributivo costituito dalle tre tipologie di collegamenti verticali Fig. 3.3.5. pianta e sezione della copertura
lungo le pareti ed arrivare all’ultimo livello. Si ipotizza che il complesso intreccio di scalinate porta a un’importante asimmetria nella distribuzione del carico nella sezione muraria, specialmente negli ultimi livelli dove questa si concentra all’interno di uno dei quattro pilastri della cella campanaria. L’indebolimento dell’angolo viene comunque esercitato soltanto nella parte finale del campanile quindi nella parte meno gravata dell’iniziale. Inoltre, spesso capita che questa passi vicino alle aperture creando dei punti fragili nella muratura, a volte lasciando soltanto poche decine di centimetri di materiale. Il caso più emblematico è già stato osservato nella prima sala del piano terra dove è stato necessario rinforzare con un ulteriore arco più basso la nicchia sinistra della parete sud, ma si può osservare anche all’altezza del primo e secondo livello di bifore dove le rampe passano molto vicino all’arco della prima bifora, probabilmente quasi in tangenza dello spessore dei conci. La copertura L’ultimo piano del campanile è coperto da una piramide a base quadrata, un tetto a padiglione che lascia uno spazio perimetrale di affaccio sulla città. Al centro della sala coperta è incastrato tra gli otto puntoni in legno (di sezione circa 40 cm per 45 cm) un pilastro quadrato in mattoni (115 cm per 115 cm). Al di sopra della travatura principale si trovano tre file di arcarecci, di sezione 20 cm per 20 cm circa, e al di sopra di questi un’orditura di travetti ad interasse di circa 40 cm(Ber-
nabei at al.,2017). È stato ipotizzato un pacchetto in copertura composto da uno strato di pianelle in laterizio, di spessore 3 cm, e uno strato di malta alleggerita, 5 cm, sulla quale sono stati affogati i coppi del manto di copertura. La sala presenta internamente le quattro basi di quelli che sarebbero dovuti essere i pilastri di sostenimento della cuspide mai realizzata. Dalla sala è possibile accede alla terrazza perimetrale attraverso una rampa di scale presente su due lati. L’intero ambiente è circondato da un muro di uno spessore di circa 40 cm che si interrompe solo in presenza delle due aperture, ad est ed ovest, di accesso alla terrazza, sul suddetto muro scaricano gli otto puntoni che sostengono la copertura. Durante il calcolo del peso della copertura non sono stati considerati carichi esterni ma soltanto il peso proprio degli elementi strutturali e del pacchetto ipotizzato. Il peso della copertura risulta di circa 425 kN, sarà adottato per le successive analisi per tutti i livelli di valutazione.
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Il modello geometrico
pagina precedente Fig. 3.4.1. modello geometrico tridimensionale realizzato
Il presente lavoro di tesi mira principalmente a valutazioni del comportamento strutturale del campanile. Una caratteristica fondamentale per l’attendibilità del risultato è il rilievo geometrico del manufatto: da questo vengono estrapolate infatti tutte le informazioni dimensionali che andranno a descrivere le geometrie e le proporzioni del manufatto. Il campanile è stato soggetto di numerose campagne di rilievo, specialmente negli ultimi anni, mentre alcune delle prime tavole rappresentative della struttura sono state pubblicate nel 1733 da Bernardo Sansone Sgrilli (Trachtenberg, 1971) e a seguito di questo sono state effettuate campagne di rilievo attraverso rilievo topografico e fotogrammetria (Rocchi, 1996). Per la ricostruzione del modello geometrico tridimensionale è stato deciso di utilizzare gli elaborati grafici 2D del lavoro di tesi di laurea magistrale finalizzato al rilievo, lettura e interpretazione del Campanile di Giotto, contenuto nell’archivio di tesi di laurea della Facoltà di Architettura di Firenze (Rosa, 2014). Il rilievo di riferimento è stato eseguito tramite l’impiego della tecnologia laser scanner mobile, la quale ha portato alla costruzione di un modello digitale. Un modello costituito da una nuvola di punti generata dall’insieme di coordinate registra-
te secondo una densità di rilevamento prefissata a 3 mm. Le operazioni di scansione contano un totale di 130 rilevamenti, queste sono state poi allineate attraverso l’utilizzo di target sferici, dall’allineamento delle varie scansioni è stato ottenuto il modello digitale dell’intera costruzione. Dal modello digitale sono state estratte piante prospetti e sezioni per effettuare il ricalco vettoriale. Gli elaborati bidimensionali insieme a una campagna fotografica e chiaramente insieme al bagaglio di conoscenze costruttive acquisite durante la prima fase di conoscenza hanno contribuito alla creazione del modello geometrico. Il modello così ottenuto vuole descrivere in maniera semplificata ma efficace le proporzioni e le geometrie degli elementi strutturali dei quali il manufatto è composto, semplificando quindi la struttura da decorazioni, modanature e tutti quegli elementi che non hanno un contributo strutturale rilevante. Per la costruzione del modello è stato utilizzato un software di modellazione 3D. Il modello geometrico è uno strumento utile ed efficace non solo per la costruzione del modello agli elementi finiti, ma anche per l’effettuazione delle analisi semplificate. Questo permette un’immediata gestione dei dati di input geometrico-dimensionali, come
il calcolo dei volumi o l’individuazione del baricentro geometrico di un volume di geometria complessa. A sinistra sono riportate alcune immagini raffiguranti il modello geometrico ricostruito, questo modello è stato utilizzato come input geometrico dimensionale per tutte le analisi che saranno svolte più avanti.
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pagina precedente Fig. 3.5.1. vista della tessitura muraria interna del pilastro di separazione delle due bifore del quarto livello Tab. 3.5.1. pesi specifici adottati Tab. 3.5.2. resistenza a compressione scelta Tab. 3.5.3. fattore di confidenza Fig. 3.5.2. schema concettuale dei diversi dati meccanici necessari per i tre livelli di valutazione
Ogni livello di valutazione necessita di diverse informazioni per la descrizione del comportamento del materiale. Per primi due livelli, trattandosi di analisi che adottano modelli meccanici semplificati, solitamente è sufficiente conoscere il peso specifico degli elementi strutturali e la resistenza a compressione della muratura. Il terzo livello di valutazione necessita invece informazioni che descrivano la muratura nel suo tratto lineare e nonz lineare. Non essendo disponibili indagini finalizzate all’identificazione delle caratteristiche meccaniche della muratura del campanile è stato necessario fare riferimento a valori presenti in letteratura attribuiti agli edifici in muratura, tenendo di conto dell’insieme di conoscenze acquisite durante il processo di studio conoscitivo del campanile. Il valore della densità della muratura in pietraforte, data la presenza interna di un ampio sacco murario costituito da una buona percentuale di malta, è stato stimato considerando un rapporto malta-pietra di 30-70. Ipotizzando un peso specifico della pietra di 26,5 kN/ m3 e un peso specifico della malta di 17,5 kN/m3 il peso specifico della muratura, rispettando il rapporto 30-70, risulta essere di 23,8 kN/m3. Per i sistemi voltati in laterizio è stato scelto come valore di densità 18 kN/m3.
Le caratteristiche meccaniche dei materiali
Per i valori di resistenza a compressione della pietraforte sarebbe possibile assumere valori di 140 MPa (Gurrieri et al., 2017), mentre per la malta valori di 1,3-4,0 MPa (Cantisani et al., 2020). Per evitare di fare stime arbitrarie poco sicure, è stato deciso di fare riferimento ai valori di resistenza suggeriti dalla circolare del 2019. La circolare 2019 per una muratura in blocchi lapidei squadrati assegna valori di resistenza a compressione compresi tra 5,8 e 8,2 MPa, per l’analisi semplificata LV1 è stato scelto il valore di 6 MPa. In base all’approfondimento dei vari livelli di conoscenza è stato possibile stabilire il fattore di confidenza Fc. Questo coefficiente compreso tra 1 e 1,35 consente di graduare l’attendibilità del modello di analisi strutturale e tenerne conto nella valutazione dell’indice di sicurezza sismica. Per determinare il fattore di confidenza è necessario definire diversi fattori parziali di confidenza Fck (k=1,4) valutabili in tab. 3.5.3. Facendo riferimento alla normativa vigente non è possibile adottare i valori di resistenza così come individuati ma devono essere opportunamente ridotti attraverso il fattore di confidenza e il coefficiente parziale di sicurezza. Se quest’ultimo viene scelto uguale a 2 la resistenza a compressione della muratura si riduce da 6 MPa a 2,48 MPa.
Peso specifico della muratura ( γ )
Muratura in Pietraforte
Tab.3.5.1
Pietra (70%)
26,5 kN/m3
Malta (30%)
17,5 kN/m3
Muratura in laterizio
Parametri adottati
Parametri circolare 2019 (tab. C8.5.I)
23,8 kN/m3
22 kN/m3
18 kN/m3
18 kN/m3
Resistenza a compressione muratura ( fm )
Tab.3.5.2
Parametri adottati (LV1) Muratura in Pietraforte
Parametri circolare 2019 (tab. C8.5.I) Min 5,8 MPa
6 MPa
Max 8,2 MPa
Fattore di confidenza Fc
Tab.3.5.3
Rilievo geometrico
Fc1
0,00
Identificazione delle specificità storiche e costruttive della fabbrica
Fc2
0,06
Proprietà meccaniche dei materiali
Fc3
0,12
Fc4
0,03
Terreno e fondazioni 𝐹𝑐=1+ ∑
𝐹𝐶𝑘=1,21
4 𝑘 =1
Muratu pietraf
Muratu lateri
27
Mur
La fase di analisi
29
0,50
Spettro elastico per lo stato limite SLV 0,142; 0,428 0,426; 0,428
0,45
Fattore di comportamento
0,40 0,35
[LG] 2,8< q < 3,6
Se [g]
0,30 0,25 0,20
q
0,15
2,196; 0,083
0,10 0,05 0,00
0,50
0,0
1,0
2,0
3,0
Periodo [s]
[NTC18] 𝑞𝑙𝑖𝑚=𝑞0 𝐾𝑅 𝑞𝑙𝑖𝑚=2,975
2,9
LV1
4,0
Spettro ADRS
0,45 0,40 0,35
Se [g]
0,30 0,25
LV3
0,20 0,15 0,10 0,05 0,00
5,00
0
2
4
6
SDe [cm]
8
10
12
Spettri di piano (ADRS)
4,50
Spettro al suolo
Se [m/s2]
4,00 3,50
Spettro di piano inelastico a quota 61,62 m
3,00
Spettro di piano elastico a quota 61,62 m
2,50
Spettro di piano inelastico a quota 64,34 m
2,00
Spettro di piano elastico a quota 64,34 m
1,50
Spettro di piano inelastico a quota 72,90 m
1,00
Spettro di piano elastico a quota 72,90 m
0,50 0,00
0,0
0,1
0,2
0,3
SDe [m]
0,4
0,5
0,6
LV2
Valutazione della domanda sismica
pagina precedente Fig. 4.1.1. schema dei tre stadi di trasformazione dello spettro in funzione del relativo livello di valutazione Tab. 4.1.1. parametri sismici assegnati Tab. 4.1.2. metodi adottati per il calcolo del periodo fondamentale
Parametri sismici assegnati 𝑉𝑛
Per valutare la domanda sismica attesa al sito si fa riferimento alla normativa italiana attualmente in vigore. Questa richiede l’individuazione di vari parametri in funzione principalmente della localizzazione dell’area, delle caratteristiche proprie e dell’uso del manufatto preso in analisi. In tabella 4.1.1 si riportano i principali parametri per la costruzione dello spettro elastico, per tutti e tre i livelli di valutazione si farà riferimento allo stato limite di salvaguardia della vita (SLV). Per quanto riguarda la categoria del sottosuolo è stato scelta la categoria B poiché recenti indagini sul sottosuolo del campanile hanno determinato un valore di velocità di propagazione delle onde di taglio media di 360 m/s. Il fattore di comportamento q Nel caso in cui le verifiche agli stati limite non vengano effettuate tramite l’uso di opportune storie temporali del moto del terreno ed analisi non lineari dinamiche, ai fini della verifica delle costruzioni, le capacità dissipative delle strutture possono essere considerate attraverso una riduzione delle forze elastiche. Il fattore di comportamento q, chiamato fattore di struttura dalla precedente normativa, è un coefficiente che rappresenta le capacità dissipative della struttura presa in esame. Per le strutture a prevalente sviluppo verticale, suggeriscono le Linee Guida, il
Tab.4.1.1
Vita nominale (tab. 2.4.I NTC18)
50 anni
𝐶𝑢
Classe d’uso III (punto 2.4.2 NTC18)
1,50
𝑃𝑉𝑅
Periodo di riferimento VR = 𝑉𝑛 𝐶𝑢
75 anni
SLV 10% (tab. 3.3.I NTC18)
𝑉𝑅
𝑇𝑅,𝑠𝑙v
S
𝑉𝑅
Periodo di ritorno 𝑇𝑅,𝑠𝑙 = In(1–𝑃 Lat. Long.
0,10
)
43,77278 11,25583
Categoria del sottosuolo (tab. 3.2.II NTC18)
B
Coeff. di amplificazione topografica
1,20
Tab.4.1.2
A
Frequenza
𝑇1𝑎=
B
Mensola
𝑇1𝑏=
712 anni
𝑉𝑅
fattore di comportamento può essere assunto all’interno di un range che va da 2,8 a 3,6. Sarà scelto tanto più vicino a 2,8 nel caso in cui la costruzione presenti bruschi cambiamenti di rigidezza lungo l’altezza o strutture adiacenti di contatto, si assume tanto più vicino a 3,6 nel caso di strutture regolari in altezza. Poiché il fattore di struttura q determina un elevata influenza sull’analisi semplificata, la sua identificazione deve essere giustificata. Solitamente viene adottato un valore all’interno del range richiesto dalle linee guida (Bartoli et al., 2017; Fornasiero, 2013). In questo caso la struttura del campanile si differenzia dalle classiche, è infatti caratterizzato da un’elevata altezza e una serie di ampie aperture già da metà struttura. Questa irregolarità della sezione muraria può portare a cambiamenti di rigidezza significativi, è stato quindi adottato come fattore di comportamento q= 2,9, un valore individuato attraverso le tabelle di normativa ma che rimane all’interno del range suggerito dalle linee guida.
Metodi di calcolo di T1 1
1,605 s
𝑓
2𝜋 𝐻2 1,8752 𝑗
√√ 𝐴
𝛾
𝐸𝑔
1,518 s
C
NTC 2008
𝑇1𝑐=0,05 ×𝐻3/4
1,395 s
D
Rainieri Fabbrocino
𝑇1𝑑=0,013× 𝐻1,10
1,715 s
Il periodo fondamentale Sono già stati eseguiti studi di individuazione della frequenza del moto del campanile di Giotto installando una rete temporanea di sensori sismici a diversi piani dell’edificio ed effettuando un’identificazione dinamica con rumore ambientale (Lacanna et al., 2019). La struttura è caratterizzata da una prima forma modale traslazionale con tendenza del movimento nella direzione 51°–231° N, e con una frequenza di 0,623 Hz, di conseguenza il valore del periodo fondamentale di vibrazione è di 1,605 secondi. Nel caso in cui queste informazioni non siano disponibili esiste una vasta bibliografia di formule approssimate che consentono l’individuazione del periodo fondamentale di strutture snelle in muratura. In questo caso si è deciso di individuare il periodo fondamentale attraverso tre ulteriori formule semplificate per valutare l'influenza di T1 sull'analisi LV1 (vedi tab. 4.1.2).
Gli spettri di piano Per gli edifici in muratura spesso è necessario valutare lo spettro di risposta di piano, ovvero lo spettro a una determinata quota z della struttura. Nei capitoli successivi si terrà di conto degli spettri di piano per effettuare la verifica dei meccanismi locali che non sono direttamente a contatto con la fondazione, in questi casi è necessario tenere di conto delle vibrazioni della struttura sottostante. La normativa fornisce una relazione semplificata valida per qualsiasi tipologia di edificio, consente di valutare lo spettro di risposta Sez(T,ξ,z) tenendo di conto della quota z di riferimento e dello smorzamento viscoso. Gli spettri sono stati individuati in funzione dello SLV e del periodo fondamentale elastico e inelastico della struttura T1. Gli spettri di piano inelastici, convertiti in termini di spostamenti (ADRS), saranno successivamente confrontati con le curve di capacità dei vari cinematismi analizzati (LV2).
31
Primo livello di valutazione (LV1) verifica a pressoflessione
pagina precedente Fig. 4.2.1. divisione in settori adottata per il primo livello di valutazione Fig. 4.2.2. periodi fondamentali individuati su spettro elastico di riferimento per lo stato limite SLV Tab. 4.2.1. valori dei periodi fondamentali della struttura in fase fessurata e la relativa accelerazione
Le Linee Guida propongono un sistema di valutazione della vulnerabilità sismica condotto attraverso metodi semplificati, che siano tuttavia in grado di stimare un indice di sicurezza sismica. Il livello di valutazione LV1 è indirizzato ad un’applicazione a scala territoriale, da eseguire a un elevato numero di beni culturali tutelati, con lo scopo di stabilire una graduatoria messa a disposizione alle amministrazioni per evidenziare necessità di ulteriori indagini per beni più a rischio. L’indice di sicurezza sismica è dato dal rapporto tra il periodo di ritorno TSL dell’azione sismica che porta al generico stato limite (SLV, SLD o SLA per i beni culturali) ed il corrispondente periodo di ritorno di riferimento TR,SL.In questo caso l’indice di sicurezza sismica è stato calcolato mediante il sem0,50
Se SLV
plice rapporto, in termini di accelerazioni, tra capacità e domanda; la capacità è il valore dell’ordinata dello spettro di risposta elastico corrispondente al raggiungimento dello stato limite SLV nella sezione i-esima, mentre la domanda è il valore dell’ordinata dello stesso spettro corrispondente al periodo fondamentale di vibrazione della struttura considerato.
Se il valore di Is è maggiore o uguale ad uno significa che il manufatto è in condizioni di sicurezza rispetto ai valori assunti come riferimento per vita nominale e classe d’uso. Se i valori sono inferiori ad uno il manufatto merita ulteriori indagini e più attenzione rispetto agli altri in graduatoria. Valori della domanda sismica in funzione di T1
0,45 0,40
Metodo
Periodo inealistico (T1 x1,4)
Acc. periodo inealistico
A
2,247 s
0,080 g
B
2,125 s
0,086 g
C
1,953 s
0,094 g
D
2,401 s
0,070 g
0,35
Se [g]
0,30
T1c T1b T1a T1d
0,25 0,20
T1c inel.
0,15
T1b inel. T1a inel. T1d inel.
0,10 0,05 0,00
0,0
1,0
2,0
Periodo [s]
3,0
4,0
Tab.4.2.1
Modello meccanico semplificato Per la valutazione dell’LV1 prendendo il modello delle torri, campanili o strutture a prevalente sviluppo verticale, le Linee Guida consentono di fare riferimento al collasso per pressoflessione. La torre viene considerata come una mensola sollecitata da un sistema di forze orizzontali ipoteticamente generate dal sisma, oltre che dal proprio peso, che può andare in crisi in una generica sezione per schiacciamento della zona compressa, a seguito della parzializzazione dovuta alla non resistenza a trazione. La verifica a pressoflessione viene eseguita confrontando il momento agente di calcolo con il momento ultimo resistente calcolato assumendo la muratura non resistente a trazione ed una distribuzione delle compressioni secondo uno schema stress-block. Tale verifica viene eseguita secondo le due direzioni principali di inerzia della sezione a diverse altezze, in questo caso è stato verificato soltanto una direzione. La copertura è stata esclusa dal corpo del campanile e considerata come sovraccarico. La scelta delle sezioni nelle quali eseguire la verifica, e quindi la scelta dei conci in cui suddividere la struttura, risponde all’esigenza di ottenere porzioni con caratteristiche geometriche pressoché uniformi, tenendo conto di:
• quota di inizio e fine delle aperture considerate e quota di inizio cella campanaria; • eventuali quote di stacco (dove per quota di stacco si intende quel punto in cui la struttura cessa di essere a contatto con altre eventuali strutture adiacenti); • quota in cui si riscontra una rastremazione nello spessore della muratura; • quota in cui si riscontra una modifica di materiale o una modifica della fase costruttiva. Il momento ultimo resistente (Mu) Il momento ultimo resistente rappresenta il limite di resistenza massima che una sezione muraria riesce a sopportare in funzione, principalmente, della sua geometria e della sua resistenza a compressione. Per il calcolo di Mu è stato adottato il metodo dell'eccentricità. Attraverso il metodo dell’eccentricità si arriva ad una crisi per pressoflessione quando si raggiunge la massima tensione di compressione nello spigolo inferiore del concio analizzato. La compressione viene indotta da un’ipotetica azione sismica che sposta il centro di pressione, carico del peso proprio della struttura sovrastante, dal baricentro della sezione ad una distanza e da esso. Se la tensione 33
Fig. 4.2.3. prospetto e sezione esplicativa dei piani di sezione orizzontali scelti per la divisione dei settori e le rispettive quote Tab. 4.2.2. pesi dei settori e degli elementi costruttivi Tab. 4.2.3. valori di Mui e Se,SLV,i(T1) calcolati per sezione i-esima
Analisi dei carichi
Tab.4.2.2
Orizzontamenti Peso [N] Volta 1
1.101.618
Volta 2
991.638
Volta 3
609.588
Ballatoio
179.214
Volta 4
949.122
Volta 5
1.281.312
Copertura
425.330 Settori
C1
36.208.558
C2
49.770.703
C3
12.741.187
C4
20.739.487
C5
12.686.328
C6
21.482.094
C7
22.399.227
C8
32.455.084
C9
10.430.302
Totale
224.450.793
Capacità delle rispettive sezioni 𝑊=224.450.793 𝑁 𝑞=2,9 𝐹𝐶=1,21
Mui [Nm]
Tab.4.2.3
𝑆𝑒,𝑆𝐿𝑉,𝑖 (𝑇1)[g]
Sez. 1
470.342.742
0,104
Sez. 2
508.114.787
0,143
Sez. 3
270.296.574
0,120
Sez. 4
530.380.608
0,293
Sez. 5
370.905.885
0,269
Sez. 6
438.118.594
0,432
Sez. 7
318.375.493
0,475
Sez. 8
250.344.658
1,097
Sez. 9
84.142.448
6,777
Fig. 4.2.4. sezioni analizzate attraverso il metodo dell'eccentricità
A1= 128,80 m2 Ac1= 90,53 m2
W1= 224450 kN e1= 2,10 m
A2= 120,45 m2 Ac2= 75,48 m2
W2= 187140 kN e2= 2,72 m
A3= 74,70 m2 Ac3= 54,76 m2
W3= 135768 kN e3= 1,99 m
A4= 122,01 m2 Ac4= 49,62 m2
W4= 123027 kN e4= 4,31 m
A5= 74,92 m2 Ac5= 41,18 m2
W5= 102108 kN e5= 3,63 m
A6= 122,00 m2 Ac6= 36,07 m2
W6= 89422 kN e6= 4,90 m
A7= 71,31 m2 Ac7= 27,02 m2
W7= 66991 kN e7= 4,75 m
A8= 122,00 m2 Ac8= 17,99 m2
W8= 44592 kN e8= 5,61 m
A9= 161,29 m2 Ac9= 4,90 m2
W9= 12136 kN e9= 6,93 m
che si raggiunge eguaglia la resistenza a compressione di calcolo della muratura, il momento resistente che si ottiene è il momento ultimo del concio analizzato nella sezione i-esima. Il momento ultimo resistente di ogni sezione scatolare del campanile è stimato attraverso la relazione che identifica Mu come prodotto tra sforzo normale dovuto al peso proprio e l’eccentricità, ovvero la distanza del baricentro in cui è applicata la risultante del carico di compressione. Il momento ultimo è quindi uguale a:
dove: • Ni è lo sforzo normale dovuto al peso gravante sulla sezione; • ei è l'eccentricità stimata in relazione alla sezione di riferimento. Dei seguenti valori è noto lo sforzo normale, ovvero il peso gravante sulla sezione presa in analisi. Per individuare l’eccentricità è necessario valutare il primo luogo l’area della sezione compressa in condizione di momento ultimo resistente:
Mediante l’area compressa sarà possibile individuare la posizione dell’asse neutro. Questo procedimento è stato sviluppato dal gruppo di ricerca dell’università di Genova; il metodo di individuazione dell’asse neutro varia in base alla geometria della sezione e alla presenza o meno di aperture, per ogni sezione sono state individuate le opportune relazioni analitiche geometriche.
Il momento agente (Ma) e la coordinata spettrale Una volta individuato il momento ultimo resistente di ogni sezione i-esima è stato necessario individuare il momento agente di calcolo. Questo può essere valutato considerando un sistema di forze distribuite linearmente in maniera omogenea lungo l’asse della struttura. La forza da applicare in corrispondenza del baricentro di ciascun concio è data dalla formula:
dove: • Fh=(0,85 Se(T1 ) W)/qg , si assume che per una torre il periodo fondamentale sia sempre maggiore di TB , periodo corrispondente all’inizio del tratto dello spettro di accelerazione costante; • wi e wk sono i pesi dei settori i e k rispettivamente; • zi e zk sono le altezze dei baricentri dei settori i e k rispetto alle fondazioni; • Se(T1 ) è l’ordinata dello spettro di risposta elastico, funzione del primo periodo T1 della struttura secondo la direzione considerata; • W è il peso totale; • q è il fattore di comportamento; • g è l’accelerazione di gravità. La risultante delle forze sismiche agenti nella sezione i-esima è data da:
L’altezza zfi cui applicare la forza Fhi viene valutata, attraverso la relazione:
dove:
zk è la quota del baricentro della massa del k-esimo settore rispetto alla base, avente peso Wk; • zi* è la quota della i-esima sezione di verifica rispetto alla base. Imponendo l’uguaglianza tra il momento ultimo e il momento di progetto è possibile ricavare il valore dell’ordinata dello spettro di risposta elastico corrispondente al raggiungimento dello stato limite SLV nella sezione i-esima (tenendo conto del fattore di confidenza Fc): •
La divisione in settori Il campanile è stato diviso in nove settori per ognuno dei quali è stato calcolato il volume e il relativo peso. I sistemi voltati interni in laterizio sono stati calcolati separatamente e aggiunti come sovraccarico al rispettivo settore. Successivamente è stato calcolato il carico Wk che agisce alla base della sezione di ogni rispettivo settore per il quale verrà effettuata la verifica, con wk si intende invece il peso del settore k. Si precisa che all’interno del calcolo dei pesi dei settori in muratura è stata rimossa la volumetria delle aperture più piccole dei primi due livelli e del vano scala. Quest’ultimo nonostante sia un elemento di elevato indebolimento dei maschi murari non è stato considerato all’interno della valutazione dell’LV1 per evitare complicazioni di calcolo nella fase di individuazione del momento resistente. La scala genera un importante asimmetria, specialmente nei li-
velli finali e nelle sezioni 3, 5 e 7, la sua influenza nella risposta strutturale sarà valutata nelle successive analisi. Valutazioni conclusive del primo livello di valutazione Attraverso i dati estratti dalle precedenti analisi è stato possibile valutare l’indice di sicurezza, questo è stato calcolato in maniera approssimativa attraverso il rapporto tra capacità e domanda, ovvero il rapporto tra l’accelerazione individuata tramite la relazione di uguaglianza del momento ultimo resistente e il momento agente della corrispettiva sezione i-esima Se,(T ) e l’accelerazione corrispondenSLV,i 1 te al periodo fondamentale della struttura Se(T1 ). Se l’indice di sicurezza risulta minore di 1,00 significa che in quella sezione la domanda sismica al suolo supera la capacità della struttura e che il manufatto necessita di ulteriori indagini. In figura 4.2.6 si riportano gli indici di sicurezza individuati, si osserva come l’indice si avvicina ad 1,00 (senza però scendere mai al di sotto) soltanto nelle sezioni 1 e 3 considerando il periodo fondamentale C, individuato attraverso il metodo della vecchia normativa (NTC2008). I valori minimi di sicurezza sono quindi localizzati alla base del campanile e all’altezza della base del primo livello di bifore. Inoltre, si osserva come il periodo fondamentale della struttura sia estremamente rilevante ai fini della valutazione. In questo caso il metodo semplificato che si avvicina di più alla risposta reale è metodo B. Dalla verifica a pressoflessione del campanile si nota come uno dei punti
deboli della struttura sia la base del fusto in presenza del primo livello di bifore, dove le aperture, sottraendo buona parte del materiale dai maschi murari, indeboliscono la struttura ad un’altezza di quasi un terzo della totale. Si riporta in figura 4.2.5 il confronto tra i momenti ultimi individuati attraverso il metodo dell’eccentricità delle varie sezioni e i corrispettivi momenti agenti derivanti dallo stato limite SLV e a fianco il grafico della distribuzione delle tensioni verticali individuate per ogni sezione analizzata. In quest’ultimo è possibile osservare come la tensione media verticale alla base del campanile e alla base del primo livello di bifore raggiunga l’intervallo delle tensioni limite opportunamente ridotte attraverso il coefficiente parziale di sicurezza γm posto uguale a 2 ed a 3.
indici di sicurezza
Sez. 1
𝑰𝒔(𝑻𝟏𝒂) 1,297
Tab.4.2.4 𝑰𝒔(𝑻𝟏b) 1,207
𝑰𝒔(𝑻𝟏c) 1,104
4,5 4
𝑰𝒔(𝑻𝟏d)
3,5
1,483
Sez. 2
1,791
1,666
1,525
2,047
Sez. 3
1,499
1,395
1,276
1,714
Sez. 4
3,667
3,411
3,121
4,191
Sez. 5
3,358
3,124
2,858
3,838
Sez. 6
-
-
-
-
3 2,5
Is
Tab. 4.2.4. indici di sicurezza valutati dal rapporto tra capacità e domanda in termini di accelerazioni Fig. 4.2.5. confronto grafico degli indici di sicurezza individuati mediante le diverse relazioni considerate per la valutazione di T1 Fig. 4.2.6. grafici della tensione media verticale e confronto tra Mu e Ma per ogni sezione analizzata
2 1,5 1 0,5 0
1
2
3
Sezione
4
5
pagina precedente Fig. 4.3.1: raffigurazione schematico/ concettuale del cinematismo C
Il secondo livello di analisi trattato consiste nell’applicazione del metodo dei cinematismi. Il procedimento nasce dall’ipotesi di un possibile meccanismo di collasso, questo viene trasformato in un sistema equivalente in modo da poterne valutare la curva di capacità ed effettuare il confronto tra capacità (relativa alle caratteristiche geometriche e meccaniche dell’edificio) e domanda (relativa alle caratteristiche del sito). Una delle fasi più delicate e decisive per l’attendibilità del risultato è l’identificazione del meccanismo. Per poter fare un’ipotesi quanto più sensata possibile è indispensabile avere una conoscenza storica del manufatto, delle fasi costruttive e un rilievo dei quadri fessurativi, se presenti (anche quadri fessurativi di origine non sismica posso essere dei dettagli rilevanti in particolare in presenza di strutture voltate ed archi). Altri aspetti da considerare sono: la qualità della tessitura muraria, gli ammorzamenti tra le pareti e gli orizzontamenti, l’eventuale presenza di catene o altri elementi di assorbimento delle spinte e la presenza di strutture adiacenti. I meccanismi locali si manifestano in maniera analoga per categorie di edifici, è possibile quindi fare riferimento alle esperienze maturate nel passato per definire le varie modalità di collasso.
Secondo livello di valutazione (LV2) analisi cinematica
Per l’applicazione del metodo dell’analisi cinematica si fanno le seguenti ipotesi: • resistenza a trazione della muratura nulla; • assenza di scorrimento tra i blocchi; • resistenza a compressione infinita. L’approccio cinematico consente di valutare le azioni orizzontali che la struttura è progressivamente in grado di sopportare all’evolversi del meccanismo. Le modalità di calcolo assumono significato soltanto se è garantita la monoliticità della muratura, in presenza di collassi puntuali o disgregazioni non posso essere applicate. Una volta ipotizzato il meccanismo è necessario trasformare la parte della costruzione interessata in un sistema labile ad un solo grado di libertà. È possibile in questo modo definire una catena cinematica costituita dai corpi rigidi definiti da piani di frattura ipotizzati per la scarsa resistenza a trazione della muratura. I corpi sono in grado di ruotare e scorrere tra loro, di ogni corpo è necessario conoscere massa e baricentro delle masse (circolare, 2019). La curva di capacità La curva di capacità di un cinematismo descrive l’andamento del meccanismo a partire dall’innesco fino al collasso. In ascissa si riporta lo spostamento orizzontale del punto di controllo scelto dk
e in ordinata il moltiplicatore dei carichi α. Quest’ultimo deve essere valutato sulle configurazioni deformate della catena cinematica. La curva di capacità α-dk permette di valutare: • α0 : Il moltiplicatore che porta all’attivazione del meccanismo, se questo è uguale a zero significa che è stato raggiunto lo spostamento massimo dk,0 e che il sistema è totalmente incapace di sopportare forze sismiche; • dk,0 : Il massimo spostamento del punto di controllo k prima del collasso. Per determinare il moltiplicatore dei carichi orizzontali α0 che porta all’attivazione del meccanismo devono essere considerate tutte le forze che agiscono sui macroelementi rigidi di cui è composta la catena cinematica, queste generalmente sono: • i pesi propri dei blocchi rigidi che partecipano al cinematismo, applicati nei rispettivi baricentri; • i carichi verticali portati; • azioni dovute a cordoli e catene; • azioni dovute ad elementi spingenti. Il moltiplicatore dei carichi orizzontale α0 , detto anche moltiplicatore di azione del meccanismo, è definito come il rapporto tra le forze orizzontali applicate e i corrispondenti pesi delle masse presenti (Vinci, 2018). Esso si ottiene attraverso il principio dei lavori vir-
tuali mediante la relazione:
dove: • α 0 : moltiplicatore della configurazione iniziale del sistema; • n : è il numero di tutte le forze peso dei blocchi della catena cinematica; • m : è il numero di forze esterne, assunte indipendenti dall’azione sismica, applicate ai diversi blocchi; • o : è il numero di forze esterne, non associate a masse, applicate ai diversi blocchi; • Pi : è una generica forza peso applicata; • Pj : è una generica forza peso non direttamente gravante sui blocchi le cui masse, per effetto dell’azione sismica, generano forze orizzontali sugli elementi della catena cinematica; • δx,i : è lo spostamento orizzontale del punto di applicazione dell’i-esimo peso Pi , assumendo come verso positivo quello associato alla direzione secondo cui agisce l’azione sismica che attiva il meccanismo; • δy,i : è lo spostamento virtuale verticale del punto di applicazione dell’i-esimo peso Pi , assunto 39 positivo se verso l’alto;
(A)
• Fn : è la generica forza esterna (n valore assoluto), applicata ad un blocco; • δ n: è lo spostamento virtuale del punto dove è applicata la h-esima forza esterna, nella direzione della stessa, di segno positivo se con verso discorde; • Lfi : è il lavoro di eventuali forze interne. Se le forze che entrano in gioco nel meccanismo rimangono constanti fino al collasso, la curva di capacità può essere associata ad una retta. Vista la linearità del sistema sarà sufficiente calcolare α per una sola configurazione deformata. Noto l’andamento del moltiplicatore orizzontale α e lo spostamento del punto di riferimento dk occorre defini-
(B)
re la curva di capacità dell’oscillatore equivalente. Per trasformare la curva ottenuta in curva di capacità, definibile attraverso l’accelerazione spettrale a* e lo spostamento spettrale d*, si fa riferimento alle seguenti relazioni (Vinci, 2018). La massa partecipante del cinematismo può essere calcolata considerando gli spostamenti virtuali dei punti di applicazione dei diversi pesi associati al cinematismo, come una forma modale del cinematismo:
dove: • δ x,i: è lo spostamento virtuale orizzontale sulla configurazione iniziale del punto di applicazione dell’i-esimo peso Pi , può essere
(C)
individuato attraverso in metodo analitico e il metodo grafico. La frazione di massa partecipante:
L’accelerazione sismica spettrale a* si ottiene moltiplicando per l’accelerazione di gravità il moltiplicatore α e dividendo per la frazione di massa partecipante del meccanismo ed il fattore di confidenza:
Lo spostamento spettrale d* dell’oscillatore equivalente si ottiene, in via approssimata, noto lo spostamento del punto di controllo dk, dalla relazione seguente, con riferimento agli spostamenti virtuali della configurazione iniziale:
(D)
dove: • δxk: è lo spostamento virtuale del punto assunto come riferimento per la determinazione di dk. Verifiche dei cinematismi allo stato limite di salvaguardia della vita Per il secondo livello di valutazione, una volta individuate le curve di capacità dei cinematismi ipotizzati, sono state effettuate due differenti verifiche: • verifica semplificata in quota allo SLV con fattore di struttura q (analisi cinematica lineare); • Verifica in spostamento mediante lo spettro di piano e la curva di capacità (analisi cinematica non lineare).
dk=1.908 2°
k
dk=1.908 2°
k
dk=1.908
k
dk=1.908 1°
2°
k
1°
1° dk=0.956
dk=0.956
k
k
1° dk=0.956
k
1°
dk=0.956
k
dk=0.956
k
k
III
III
αW3
αW3
W3
B αW1
αW1
αW1
kB C B
I
B k C
III
II
k BC
III
W1
W1
54.755
A
W1
W2
W1
A D
A
W1 ααW2 W2 W1
W2
DA
αW2
W1
W2
D
AD A
W1 W2
2.979
1.879
2.979
4.402
A 3.793 4.402
A 3.793 4.402
3.793 4.402
1,00
2,00
3,00
d* [m]
pagina precedente Fig. 4.3.2. meccanismi di collasso ipotizzati Fig. 4.3.3. schemi statici e relative curve di capacità individuate per ogni cinematismo
4,00
5,00
1,00 0,00 0,00
1,00
III
kB C II
W1 ααW2 W2 W1
W1
W2
D A
0.300 m
0
4,00
(B)
1,022
W2
A
0.300 m
4.402
a*[m/s2]
a*[m/s2]
2,962
2,00
D A
3.793
3,00
0,767
αW3 W3
k C
II
I
D A
0.300 m
αW2
II
αW1 αW2
W1 W2
D
αW2 W2
D
D
0.300 m
A
4,00
(A)
αW3
34.973
34.902
34.973
34.902
34.973
34.902
34.973
34.973
34.902
A 3.793
1.879
2,00
0,00 0,00
A 2.979
1.879
3,00
1,00
34.902
A
4,00 a* [m/s2]
31.552
A 2.979
1.879
31.467
31.552
A
I
III
W3
αW1 αW2 αW1 W1
4,272
2,00 3,00 d*[m]
4,00
5,00
Nell’analisi cinematica lineare nel caso in cui il cinematismo non sia a contatto con la fondazione ma posto a una quota superiore, si deve tener conto dell’amplificazione dell’accelerazione sismica rispetto al suolo, per cui occorre verificare la seguente formula (Vinci, 2018):
dove: • Se(T1 ): lo spettro di risposta elastico in corrispondenza del periodo fondamentale della struttura; • q: è il fattore di struttura, in questo caso si assume uguale a 2; • ψ(z) : valore della prima forma modale a quota z; • γ: coefficiente di partecipazione modale.
3,00
3,00
2,00
2,00
1,00 0,00 0,00
2,892 1,00
2,00 3,00 d*[m]
4,00
5,00
Nell'analisi cinematica non lineare occorre valutare correttamente gli effetti di interazione dinamica con la costruzione, in relazione alle sue caratteristiche dinamiche (frequenze proprie) e alla quota alla quale gli elementi di verifica sono collocati. Per la costruzione degli spettri di risposta si fa riferimento alle relazioni riportate al capitolo "Valutazione della domanda sismica". La verifica di sicurezza nei confronti dello stato limite SLV consiste nel confronto tra la capacità di spostamento d*slv e la domanda di spostamento ∆d,ottenuta dallo spettro di risposta in slv termini di spostamento in corrispondenza del periodo Tslv. La verifica sarà soddisfatta se sarà verificata la seguente relazione:
5m 0
4,00
(C)
3,712
a*[m/s2]
2.979 1.879
31.467
31.552
31.467
31.552
31.467
31.467
31.552
A
II
III
αW3
W3
B k C k C
I
αα W1 W2
αW1 αW2
0.300 m
A
W3
B k C B
III
αW3
W3
II
I
III
αW3
αW3 W3
kB C
C
I
αW3 W3
αW1 αW2 αW1
2°
W1
2°
W1
2°
W1
54.755
W1
54.755
W1
W1
54.755
W1
54.590
W1
αW1
54.755
αW1
54.590
W1
αW1
54.590
54.590
54.590
αW1
II
III
III
αW1 αW1
αW1
k
I
III
αW3
W3
2°
αW1
W3
III
2°
dk=1.908 2°
2°
0 5m
5m
0
3,549
1,00 0,00 0,00
50 m
5m
(D)
1,421 1,00
2,00 3,00 d*[m]
4,00
5,00
dove: • d* slv: corrisponde al 40% dello spostamento d*0, per il quale si annulla l’accelerazione spettrale a*. Il periodo equivalente è dato dalla seguente relazione (Circolare 2019C8.7.1.10 e C8.7.1.11):
La verifica cinematica non lineare può essere espressa graficamente all’interno del grafico ADRS, secondo il quale in ordinata si riporta lo spettro in termini di accelerazioni Se e in ascissa lo spettro in termini di spostamenti SDe. Una volta ottenuto il grafico 41 ADRS, per lo stato limite con-
4,50
Cinematismo A
Cinematismo B Spettro di piano elastico a quota 64,34 m
4,00
Spettro di piano inelastico a quota 61,62 m
4,00
Spettro di piano inelastico a quota 64,34 m
3,50
curva di capacità
3,50
Curva di capacità
3,00
d*slv
d*slv
3,00
dslv
Se [m/s2]
Se [m/s2]
4,50
Spettro di piano elastico a quota 61,62 m
2,50 2,00
2,00
1,50
1,50
1,00
1,00
0,50 0,00
0,411 0,0
0,2
0,4
0,6
0,50
1,184 0,8
1,0
1,2
1,4
dslv
2,50
1,6
0,00
1,8
1,709
0,430 0,0
0,2
0,4
0,6
0,8
Cinematismo C
4,50 4,00
4,50
Spettro di piano elastico a quota 72,90 m
4,00
Se [m/s2]
2,50 2,00
1,00
1,00
0,487 0,2
0,4
0,6
1,0
Curva di capacità d*slv
1,2
1,4
dslv
0,00 1,6
1,8
0,487 0,0
0,2
0,568 0,4
0,6
I cinematismi analizzati Solitamente uno dei mezzi più diretti per ipotizzare i meccanismi di collasso di una struttura muraria è il rilievo dei quadri fessurativi. Il Campanile di Giotto, come già detto nel capitolo della conoscenza del manufatto, non presenta fessurazioni impor-
tanti di natura strutturale attraverso le quali poter cogliere suggerimenti per eventuali piani di rottura. In questi casi, dove la struttura si presenta in salute, l’unico modo per ipotizzare dei possibili cinematismi è facendo confronti con strutture analoghe. Non è facile trovare campanili con caratteristiche geometriche dimensionali simili a quelle del campanile preso in analisi, poiché questo rappresenta un caso unico in Italia, ma sicuramente sarà possibile fare riferimento ai meccanismi di collasso tipici dei campanili isolati. Il punto di debolezza principale di questa categoria di edifici è la cella campanaria, questa caratterizzata da ampie finestrature assume un comportamento a telaio con simili mec-
0,8
1,0
1,2
1,4
1,6
1,8
SDe [m]
SDe [m]
siderato, sia al suolo che alla quota rispetto alla quale verificare il cinematismo è possibile far intersecare la retta con coefficiente angolare (2π/Tslv) 2 con i due grafici. La proiezione dell’intersezione con l’ascissa fornisce la domanda di spostamento ∆d,slv. La domanda di spostamento deve essere valutata su uno spettro di spostamento non decrescente con i periodi T.
1,8
Spettro di piano elastico a quota 72,90 m
0,50
1,157 0,8
1,6
2,00 1,50
0,0
1,4
2,50
1,50
0,00
1,2
Spettro di piano inelastico a quota 72,90 m
3,00
dslv
0,50
Cinematismo D
3,50
d*slv
3,00
Se [m/s2]
Spettro di piano inelastico a quota 72,90 m Curva di capacità
3,50
1,0
SDe [m]
SDe [m]
canismi di collasso a quelli delle strutture in cemento armato, per traslazione e rototraslazione (Di Tommaso; Casacci). Un altro meccanismo di collasso possibile è la rotazione verso l’esterno della parte superiore del tronco della torre, dovuta principalmente ad azioni fuori piano (Doglioni, 1994). In questo caso è già emerso dall’analisi LV1 che alla base del primo livello di bifore in caso di spinte orizzontali rispetto agli altri livelli si ha il punto di fragilità più rilevante. Tenendo conto di queste considerazioni per il caso studio sono stati ipotizzati i seguenti meccanismi di collasso: A.Ribaltamento della porzione superiore della parete lato Nord accompagnata dal trascinamento di por-
zioni di struttura muraria appartenenti alle pareti ortogonali e ai sistemi voltati, formazione di una cerniera lineare alla base del primo piano di bifore. I piani di rottura sono stati ipotizzati in funzione delle vie preferenziali fornite dalle aperture. B. Ribaltamento del cantonale lato Nord-Est con formazione di una cerniera all’altezza del primo livello di bifore. C. Rotazione simultanea di tutti i piedritti della cella campanaria, per formazione di cerniere a tutte e quattro le estremità. D. Rototraslazione dei piedritti della cella campanaria, due piedritti slittano in direzione Sud e gli altri due
Analisi cinematica lineare Verifica semplificata in quota con fattore di struttura q
6
Tab.4.3.1
5 𝑎0∗ ≥
𝑆𝑒 (𝑇1) 𝜓(𝑧) 𝛾 𝑞
4 3
az [m/s2]
Is
Cinematismo A
0,767
0,555
1,382
Cinematismo B
1,021
0,580
1,760
Cinematismo C
3,712
0,657
5,650
Cinematismo D
3,549
0,657
5,402
Is
a*0 [m/s2]
2 1 0
𝑏2 𝑇12 (𝑇 𝜉,𝑧) 𝑒𝑧 𝑠𝑙𝑣, 4𝜋2 𝑝𝑒𝑟 𝑇𝑠𝑙𝑣 ≥ 𝑏𝑇1
∆𝒅,𝒔𝒍𝒗 [m]
Is
)
Cinematismo A
1,185
0,411
2,883
Cinematismo B
1,709
0,430
3,974
Cinematismo C
1,157
0,487
2,376
Cinematismo D
0,568
0,487
1,166
pagina precedente Fig. 4.3.4. verifiche grafiche delle analisi cinematiche non lineari Tab. 4.3.1. indici di sicurezza valutati mediante l'analisi cinematica lineare e relativo confronto grafico Tab. 4.3.2. indici di sicurezza valutati mediante l'analisi cinematica non lineare e relativo confronto grafico
ruotano attorno alle rispettive due cerniere. Per ogni cinematismo è stata valutata la curva di capacità attraverso la quale è stato possibile effettuare le verifiche cinematiche lineari e non lineari descritte nel precedente paragrafo. Valutazioni conclusive del secondo livello di valutazione Si riportano i rapporti tra capacità e domanda in termini di accelerazioni e di spostamenti, si nota che tutti i cinematismi presi in considerazione sono ampliamente verificati. Il cinematismo che presenta valori di sicurezza più bassi per la verifica cinematica lineare è quello A (tab. 4.3.1), ma effettuando la verifica cinematica non lineare si os-
4 3
Is
d*slv [m]
(D)
5
∗ 𝒅𝒔𝒍𝒗 ≥ ∆𝒅,𝒔𝒍𝒗 2
(C)
6
Tab.4.3.2
2𝜋 (𝑇𝑠𝑙𝑣 ) (≥𝑆
(B)
Is, (accelerazioni)
Analisi cinematica non lineare Verifica degli spostamenti attraverso lo spettro di piano
∆𝑑,𝑠𝑙𝑣=𝑆𝑒𝑧(𝑇𝑠𝑙𝑣,𝜉,𝑧)
(A)
2 1 0
(A)
(B)
Is, (accelerazioni)
serva che questo è ampliamente verificato (tab. 4.3.2). Risulta interessante anche il confronto dei risultati dei cinematismi della cella campanaria (C e D), di questi varia soltanto lo schema statico. Il cinematismo C è costituito da 4 cerniere mentre il cinematismo D è costituito da 3 cerniere e un doppio pendolo alla base di uno dei due piedritti. Questa semplice variazione dello schema statico, la quale ipotizza che uno dei due piedritti sia libero di traslare orizzontalmente invece che ruotare, genera un dimezzamento dell’indice di sicurezza valutato in funzione degli spostamenti. È importante precisare a questo punto che non essendoci un quadro fessurativo preesistente la formazione dei
(C)
(D)
Is, (spostamenti)
piani di frattura ipotizzati necessiterebbe dell’impiego di energie rilevanti in funzione della superficie di stacco, l’inserimento di queste energie andrebbe a favore della struttura aumentandone ulteriormente la capacità. È infatti improbabile che il cinematismo A, il quale presenta ampie superfici di frattura si attivi prima del cinematismo C. L’intento dell’analisi è rivolto più a comprendere come il Campanile di Giotto in presenza piani di frattura ipotizzati risponderebbe ai tipici meccanismi di collasso delle torri e delle strutture in muratura a prevalente sviluppo verticale.
43
Terzo livello di valutazione (LV3) analisi agli elementi finiti
pagina precedente Fig. 4.4.1. fasi di modellazione geometrica, di creazione della mesh e di assegnazione di vincoli e carichi al modello Fig. 4.4.2. schema concettuale delle analisi effettuate per il terzo livello di valutazione
Taratura parametri elastici
Analisi dinamica lineare MATERIALE LINEARE Analisi statica lineare (peso proprio)
Confronto risultati Analisi statica non lineare (peso proprio)
MATERIALE NON LINEARE
Analisi statica non lineare (pushover)
Per l’ultima fase di analisi al fine della valutazione del comportamento sismico del campanile è stato realizzato un modello agli elementi finiti. Grazie a questo saranno effettuate delle analisi statiche lineari e non lineari, al peso proprio e applicando azioni orizzontali (analisi pushover). L’analisi pushover è una delle tecniche più adottate in letteratura per analizzare gli edifici storici in muratura. Saranno descritti i legami costitutivi del materiale partendo dai parametri elastici, identificati sulla base di indagini sperimentali in situ, fino alla descrizione del comportamento del materiale non lineare. L’obiettivo dell’analisi pushover è quello di individuare la capacità di spostamento della struttura, da confrontare poi con la domanda sismica.
Le fasi di definizione del modello e di analisi saranno entrambe gestite attraverso il software Abaqus CAE Dassault Systemes Simulia. Il modello agli elementi finiti Il modello geometrico, ricostruito attraverso il procedimento descritto precedentemente rappresenta il punto di partenza per la realizzazione del modello agli elementi finiti. La fase di modellazione geometrica può essere eseguita direttamente su Abaqus ma in questo caso, trattandosi di un modello di geometria complessa, si è deciso di adottare un software di modellazione tridimensionale esterno. Una caratteristica fondamentale che deve avere il modello geometrico da importare su Abaqus è che questo sia costituito da
Verifica in ADRS
un'unica poli-superficie chiusa, priva di superfici libere o intersecate. Per poter applicare diversi materiali ai diversi elementi costruttivi del campanile è stato necessario dividere il modello per parti in funzione del tipo di materiale. I materiali in questione sono la muratura in pietraforte (destinata ai muri perimetrali) e la muratura in laterizio (destinata ai sistemi voltati e al pilastro centrale dell’ultimo livello). Un ulteriore suddivisione è stata effettuata sui muri perimetrali, questi sono stati suddivisi in sette parti, in maniera simile alla suddivisione effettuata nell’analisi LV1 (vedi fig. 4.1.1). Questa divisione ha permesso di ripulire le superfici da eventuali suddivisioni interne e ha consentito di gestire il modello in maniera più agevole.
La pulizia delle superfici è un aspetto importante che permette all’algoritmo di generazione della mesh di adattarsi più liberamente alla geometria assegnata. L’importazione su Abaqus delle varie parti è avvenuta tramite IGES files, in seguito è stato possibile assegnare i parametri meccanici dei materiali e assemblare le varie parti tra di loro. Una volta effettuato l’assemblaggio di tutte le parti il modello è stato discretizzato. È stata creata una mesh ad elementi tetraedrici con: dimensione approssimata degli elementi di 1,6, fattore di deviazione massimo h/L di 0,08 e controllo della dimensione minima per frazione della dimensione globale di 0,1. Assegnando i suddetti parametri è stato ot- 45
tenuto un modello mesh di 51173 elementi. I valori dei parametri sono stati gestiti in modo da ottenere una mesh sufficientemente fedele al modello geometrico ma che avesse un numero di elementi contenuto, in modo da non rallentare eccessivamente i tempi di analisi. Un’altra caratteristica da tenere sotto controllo durante la fase di discretizzazione è la presenza di elementi distorti, questi sono inevitabili se si adotta un sistema di meshing tetraedrico e se il modello è costituito da geometrie complesse. Gli elementi distorti presenti nel modello adottato per le analisi sono 2052, in fase di analisi questi potrebbero rappresentare delle debolezze nel modello numerico favorendo eventuali problemi di convergenza, errori ricorrenti nelle analisi non lineari. Per queste ragioni, nonostante le analisi procedano comunque, è bene che gli elementi distorti siano tenuti sotto controllo e ridotti al minimo almeno attraverso i parametri sopra citati. Trattandosi di un campanile isolato, le uniche condizioni di vincolo assegnate sono quelle del contatto della struttura con il terreno. In questo caso come vincolo è stato scelto un semplice incastro. Trattandosi di un modello costituito da elementi solidi, bloccando le traslazioni in x, y e z di tutti i nodi presenti sulla faccia basamentale, è stata ottenuta una condizione di vincolo equivalente a un incastro. Le condizioni di carico applicate sono i soli carichi strutturali: la forza gravitazionale e il peso della copertura. Il peso della copertura è stato distribuito alla base dell’appoggio degli otto puntoni;
il peso totale della copertura è di 425 kN, si attribuisce un carico di 1/8 a puntone il quale, poiché inclinato di circa 15°/20°, s’ipotizza approssimando che scarichi il 40% del peso al pilastro centrale e il 60% al setto perimetrale. Il carico è stato poi assegnato come pressione in funzione dell’area di appoggio del puntone. Questo calcolo è stato effettuato in maniera approssimativa poiché il peso della copertura è poco influente rispetto al peso totale della struttura di circa 22000 tonnellate. Il legame costitutivo della muratura I modelli di materiale che saranno adottati nelle successive analisi sono due (vedi fig. 4.4.2): • Materiale elastico lineare; • Materiale anelastico e non lineare. In tabella 4.4.1 sono riportati i parametri elastici e il peso proprio, i primi individuati e tarati mediante un’identificazione dinamica descritta nei successivi paragrafi. Per poter descrivere il comportamento non lineare della muratura su Abaqus è stato adottato il modello di comportamento chiamato Concrete Dameged Plasticity (CDP). Il CDP è un modello di danno e plasticità isotropo che permette di differenziare il comportamento a compressione del materiale da quello a trazione. Questi comportamenti vengono descritti utilizzando una risposta sforzo-deformazioni monoassiale. In corrispondenza dei valori di tensione massima (trazione o compressione) si formano microfessurazioni. La formazione di microfessurazioni è rappresentata macroscopicamente con una rispo-
sta di softening tensione-deformazione (Abaqus manual, 2014; Valente, Milani, 2019). Anche se concepito per il calcestruzzo, questo modello di materiale è adatto per la descrizione del comportamento non lineare di danneggiamento delle strutture in muratura. Il modello CDP si basa sull'ipotesi di un danno isotropo scalare con parametri di danno distinti in trazione e compressione, quindi particolarmente indicato per applicazioni in condizioni di carico-scarico, e quindi adatto anche per analisi sismiche. Il modello richiede parametri che definiscono il modello plastico del CDP, tali parametri sono riportati in tabella 4.4.2. Al parametro della viscosità è stato assegnato 0,0001, questo valore è di elevata importanza e deve rimanere più contenuto possibile specialmente in metodi di analisi dove viene attivata la stabilizzazione automatica e quindi lo smorzamento in tutto i modello. Solitamente vengono assegnati valori tra lo 0,0001 e lo 0,0002 (Habieb et al., 2019; Valente, Milani, 2019). Per l’angolo di dilatanza è stato assegnato un valore di 30°. Per gli altri parametri vengono adottati i valori di standard suggeriti dal manuale (Abaqus manual, 2014). Poiché non sono disponibili estese indagini sulle murature del Campanile di Giotto, per la caratterizzazione del materiale è stato necessario fare ricorso a valori di riferimento presenti in letteratura (Circolare 2019; Habieb et al., 2019; Valente, Milani, 2019). La caratterizzazione del materiale costituisce un aspetto fondamenta-
le per ottenere un risultato dell’analisi attendibile e che descriva l’effettivo andamento e collasso della struttura analizzata, tuttavia l’assegnazione delle “reali” caratteristiche meccaniche dei materiali è uno dei principali problemi che si riscontrano nelle analisi non lineari. Non sono rari i casi in cui queste informazioni non sono disponibili per varie motivazioni di natura tecnica e strumentale, o queste si portino dietro un elevato carico di incertezza. Accade spesso che si debbano adottare parametri di resistenze e deformazioni standard configurati su famiglie di murature caratterizzate dal tipo di materiale lapideo e dalla malta. La metodologia di descrizione del comportamento dei materiali utilizzata per questo lavoro risulta essere adottata in varie applicazioni nel campo della ricerca per effettuare valutazioni sismiche su torri, campanili e edifici storici in muratura ma il risultato sarà fortemente influenzato dai valori dei parametri meccanici assegnati, i quali non descriveranno effettivamente quel materiale ma semplicemente quel tipo di muratura generica. Per il comportamento a compressione della muratura in pietra si considera come valore di tensione ultima del tratto elastico σc0 il valore iniziale dell’intervallo suggerito dalla normativa (Circolare 2019) di 5,8 MPa e come resistenza massima σcu il valore finale di 8,2 MPa. Lo stesso procedimento è stato applicato al materiale della muratura in mattoni ed è stato assegnato un valore di tensione ultima del tratto elastico di 2,6 MPa e una resistenza a compressione massima di 4,3
pietra
9600
𝜸 [kg/m3]
laterizio
3000
1800
Parametri plastici assegnati ad entrambi i materiali Angolo di dilatanza
E [MPa]
10,00
2380
σ [ MPa ]
Muratura
Muratura in in pietraforte pietraforte Muratura 1,00
Comp.
8,00
0,80
6,00
0,60
σ [ MPa ]
Tab.4.4.1
4,00 2,00
Tab.4.4.2
0,00
Traz.
0,40 0,20
0
0,00
0,005 0,01 0,015 0,02 0,025 0,03
ε [-]
30°
0
0,0004 0,0008 0,0012 0,0016
ε [-]
Muratura Muraturain in laterizio laterizio Eccentricità
fb0/fc0
0,1
1,16
K
0,667
Viscosità
0,0001
10,00 8,00
0,80
6,00
0,60
4,00 2,00 0,00
menti che impediscano il raggiungimento di sforzi di trazione elevati (elementi come le barre d’acciaio presenti nelle strutture in cemento armato), è possibile che il risultato sia influenzato dalla dimensione dell’elemento mesh. Questo accade poiché la deformazione assiale di un elemento è data dal rapporto della variazione della lunghezza dell’elemento δl con la lunghezza dell’elemento stesso l :
Per rendere la soluzione indipendente dalla mesh, è possibile descrivere il comportamento post-failure attraverso l’energia di frattura o descrivendo la curva in termini di tensione-spostamento. L’energia di frattura è una proprietà intrinseca del materiale descritta da una relazione tensione-spostamento σ-u, indica un indebolimento della coesione di due facce all’aumentare della distanza ut tra le due. Quando si raggiunge il valore limite ut0, la separazione è completa e la fessura divide in due parti distinte l’elemen-
1,00
Comp.
σ [ MPa ]
MPa. Per i valori di resistenza a trazione le murature presentano resistenze molto minori, in questo caso sono stati assegnati valori di resistenza massima σtu di 1/10 rispetto a quelli di compressione, quindi per la muratura in pietra 0,82 MPa e per la muratura in laterizio 0,43 MPa. Come per i valori delle resistenze, anche i valori delle deformazioni sono stati ipotizzati in base ai dati presenti in letteratura utilizzati per analisi sismiche su torri storiche in muratura. Per il comportamento a compressione vengono adottati valori compresi tra 0,25% e 0,5% per deformazioni corrispettive alla resistenza massima, con una deformata ultima compresa tra 2,5% e 3%. Per il comportamento a trazione valori corrispettivi alla resistenza massima, compresi tra 0,005% e 0,01%, con una deformata ultima compresa tra 0,11% e il 0,13%. Per entrambi i materiali si sono mantenuti gli stessi intervalli di deformazioni, in particolare è stata assegnata una deformazione: dello 0,5% per la resistenza a compressione massima, del 2,5% per la resistenza a compressione ultima, dello 0,008% per la resistenza a trazione massima e del 0,13% per la resistenza a trazione ultima (vedi fig. 4.4.3). Per il comportamento a trazione l’andamento post-failure su Abaqus può essere descritto in termini di deformazioni ε, energia di frattura Gfi e spostamenti δ. In questo studio è stato descritto mediante la relazione tensione-deformazione σ-ε. Nel caso in cui lo si descriva in termini di sforzo-deformazione e non siano presenti all’interno del modello ele-
Parametri elastici assegnati
σ [ MPa ]
Tab. 4.4.1. modulo di elasticità longitudinale e peso specifico adottato per i due materiali Tab. 4.4.2. parametri plastici del CDP assegnati Fig. 4.4.3. comportamento a compressione e trazione assegnato ai due materiali
0 0,005 0,01 0,015 0,02 0,025 0,03
ε [-]
to. Secondo la proposta di Hillerborg (1976) l’energia di frattura può essere definita come l’area sottesa del tratto post-failure(Abaqus manual, 2014). Descrivendo quindi il comportamento post-failure in termini di spostamenti o direttamente di energia di frattura si assegnerà a tutti gli elementi della mesh lo stesso valore di energia di frattura, indipendentemente dalla dimensione dell’elemento. Durante le fasi di analisi sono stati effettuati più tentavi settando direttamente il parametro dell’energia di frattura o disegnando il decadimento del materiale in termini di spostamenti, ma in entrambi i casi l’analisi si è instabilizzata. Inoltre, il carico di calcolo è aumentato notevolmente e i tempi di analisi si sono dilatati. Per questa ragione si è deciso di adottare il metodo di assegnazione del comportamento del materiale in termini di sforzo-deformazione anche se questo risulta essere meno corretto, decisione condizionata anche dagli strumenti a disposizione.
Traz.
0,40 0,20 0,00
0
0,0004 0,0008 0,0012 0,0016
ε [-]
È possibile comunque valutare approssimativamente il valore di energia di frattura conferita al modello. Poichè durante la fase di modellazione della mesh sono state assegnate dimensioni massime degli elementi di 1,6 m e minime di 0,16 m l’intervallo dell’energia di frattura attribuita va da circa 47,7 N/m, per gli elementi più piccoli, a circa 477 N/m, per gli elementi più grandi. Il parametro che definisce il danno è stato assegnato sia per la compressione che per la trazione. Se il materiale raggiunge la parte di ramo discendente della curva sforzo-deformazione, e quindi cominciano ad insorgere microfessurazioni nel materiale, la risposta in scarico risulterebbe indebolita. Il degrado della rigidezza elastica è descritta dalle due variabili di danno dt e dc, entrambe comprese tra zero e uno, rispettivamente non danneggiato e danneggiato. In questo lavoro il parametro del danno è stato assegnato in forma lineare, in termini di deformazioni assegnando un danneggiamento del 90% al raggiungi- 47
mento della deformazione ultima, nel caso della compressione pari al 2,5% e nel caso della trazione pari allo 0,12%; questi valori sono stati assegnati sia alla muratura in pietra, sia a quella in laterizio. Metodologie di analisi adottate Le metodologie di analisi adottate sono le seguenti: • Analisi dinamica lineare (analisi modale); • Analisi statica lineare; • Analisi statica non lineare. Come prima fase di analisi è stata eseguita un’analisi modale con il fine di tarare i parametri elastici del materiale della muratura. Per effettuare questa operazione bisogna procedere per tentativi, assegnando diversi valori di E ed eseguendo varie analisi modali fino a quando le frequenze dei modi di vibrare del modello numerico corrispondono a quelle individuate dalla campagna di indagine dinamica effettuata sul campanile (Lacanna et al., 2019). Attraverso il modello di materiale lineare è stata effettuata una semplice analisi statica lineare al peso proprio della struttura in modo da poter valutare la distribuzione dello stato tensionale. Attraverso il legame costitutivo del materiale non lineare (CDP) saranno effettuate delle analisi statiche non lineari in due step consequenziali: • Analisi al peso proprio; • Analisi pushover. Nel caso di analisi elastico lineari il problema può essere risolto attraverso un sistema di equazioni lineari, questa metodologia infatti non genera un pe-
sante carico di calcolo o particolari problemi di risoluzione; lo stesso non si può dire per le analisi non lineari. Queste richiedono infatti un onere di calcolo molto più elevato delle analisi lineari e il problema non può essere risolto attraverso un semplice sistema di equazioni lineari. Una delle principali difficoltà che si incontrano nell’effettuare analisi non lineari attraverso software dedicati sta nel superamento dei problemi di instabilità numerica, o problemi di convergenza, causati dalla non linearità stessa del problema. L’obiettivo di un’analisi non lineare è quello di individuare la risposta forza-spostamento. La soluzione si trova specificando un carico che partendo da zero aumenta gradualmente ad ogni incremento. Il software divide la simulazione in un certo numero di incrementi e individua una configurazione di equilibrio approssimata per ognuno di questi attraverso il metodo di Newton-Raphson.
Quando si incontrano problemi di convergenza o di instabilità significa che il software, dopo vari tentativi, non è stato in grado di individuare una condizione di equilibrio. Poiché si tratta di un problema statico la forza netta che agisce su ogni nodo deve essere uguale a zero, per esserci equilibrio le forze interne e le forze esterne devono equilibrarsi a vicenda (Abaqus manual). Nel caso di pushover l'analisi è stata divisa in due step: nel primo vengono applicati i pesi propri e i carichi portati, nel secondo entrano in azione le forze orizzontali. Ogni step viene diviso in incrementi ed ogni incremento viene a sua volta diviso in iterazioni. Un’iterazione è un tentativo di individuazione dell’equilibrio: se il software non riesce ad individuarlo, questo proverà con un’altra iterazione. La gestione degli incrementi e delle iterazioni in Abaqus viene eseguita in maniera automatica, si assegna la dimensione del primo incremento e nei passaggi successivi l’analisi si adegua. Nei problemi non li-
neari può capitare che dopo un limitato numero di iterazioni e incrementi il software non riesca trovare una soluzione equilibrata, solitamente questo capita quando parte del materiale del modello comincia a danneggiarsi e quindi in prossimità della fine del tratto lineare della curva di capacità taglio-spostamento. Uno dei metodi più adottati con Abaqus per la risoluzione dei problemi non lineari e in particolare nelle analisi pushover è il metodo Riks. Il metodo Riks è un metodo di analisi globale, viene solitamente adottato per problemi dove il carico è proporzionale (ovvero dove il carico è governato da un singolo parametro scalare), o problemi in cui vi sono instabilità e cambiamenti di rigidezza significativi. Il metodo utilizza l'entità del carico come un'incognita aggiuntiva; risolve contemporaneamente carichi e spostamenti, per misurare l’avanzamento della soluzione utilizza la lunghezza dell’arco (Abaqus manual, 2014). Inizialmente sono stati effettuati più
pagina precedente Fig. 4.4.4. percorso adottato per effettuare le analisi statiche non lineari Fig. 4.4.5. andamento dei primi due modi di vibrare individuati dall’analisi dinamica effettuata sul modello FE Tab. 4.4.3. confronto tra le frequenze del modello agli elementi finiti e quelle individuate dalla campagna di indagine dinamica
nere contenuto per evitare di aumentare eccessivamente il dominio di resistenza del materiale, portando a sovracapacitare la struttura e andando a falsare il risultato.
Analisi lineare e non lineare (peso proprio) Le analisi del modello soggetto al peso gravitazionale e al peso della copertura sono state effettuate sia mediante il materiale elastico lineare, sia adot-
Modo 1
Modo 2 N
N
N 6°
N
6°
5°
L'analisi modale e la taratura dei parametri elastici Dalle analisi modali è emerso che le frequenze del modello numerico si avvicinano a quelle reali, individuate dalla campagna di indagine dinamica effettuata sul campanile (Lacanna et al., 2019), se si assegnano parametri di 9600 MPa per il modulo di elasticità longitudinale, 2380 kg/m3 per il peso specifico della muratura e 0,1 per il coefficiente di Poisson. Dall’analisi modale è emerso che i primi due modi di vibrare, oltre ad avere frequenze molto vicine tra loro, si muovono in direzione delle due diagonali, il primo modo lungo la direzione diagonale N-E/S-O e il secondo modo in direzione diagonale N-O/S-E. Si osserva come le frequenze dei modi di vibrare individuati per il modello agli elementi finiti si avvicinino molto a quelle individuate nelle indagini in situ con differenze in percentuale di massimo del 3% (vedi tab. 4.4.3). Anche le direzioni rispettano l’andamento in direzione delle due diagonali con una variazione di circa 5° (vedi fig. 4.4.5).
5°
tentativi di analisi adottando il metodo Riks ma con questo sono stati riscontrati problemi di instabilità locale del materiale. In questi casi i metodi di risoluzione globali, come il metodo Riks, potrebbero non funzionare. È possibile però superare tali problemi attraverso il metodo statico generale attivando un opportuno set di stabilizzazione attraverso il quale viene attivato lo smorzamento artificiale su tutto il modello. In questo modo la ricerca della soluzione equilibrata viene agevolata dalla presenza delle forze viscose, le quali dipendono dal fattore di smorzamento. Il fattore di smorzamento può essere assegnato costante o attraverso schemi di stabilizzazione automatica. In questo studio è stato adottato lo schema di stabilizzazione automatica, così che lo smorzamento possa variare nel corso dell’analisi controllato in automatico da Abaqus attraverso il rapporto tra l’energia dissipata dallo smorzamento viscoso e l’energia di deformazione totale. Questo rapporto deve rientrare entro una tolleranza valida per l’intero modello, in questo caso di 0,05. Adottando questo metodo di analisi è stato possibile ottenere le curve di capacità taglio-spostamento del campanile, queste non presentano effetti di softening poiché una prerogativa di questo metodo è che il carico aumenti (vedi fig. 4.4.4). Inoltre, si sottolinea l’importanza del parametro della viscosità del materiale: questo deve rimanere maggiore di zero per permettere l’attivazione del sistema di stabilizzazione automatica ma deve rima-
Confronto delle frequenze del modello numerico con quelle dell'edificio
Tab.4.4.3
Modo di vibrare
Freq. modello
Freq. (Lacanna et al., 2019)
Diff.
1
0,623 Hz
0,623 Hz
0,00 %
2
0,628 Hz
0,647 Hz
-3,03 %
3
2,462 Hz
2,543 Hz
-3,29 %
4
3,146 Hz
3,081 Hz
+2,07 %
5
3,183 Hz
3,156 Hz
-0,86 %
tando il materiale non lineare (vedi fig. 4.4.2). Attraverso la prima analisi, con materiale lineare, è stato possibile osservare: l’abbassamento in sommità e le tensioni massime e minime. Successivamente sono stati confrontati i risultati con quelli ottenuti dall’analisi con materiale non lineare; l’intento è quello di valutare se i due risultati ottenuti presentano analogie o differenze rile-
vanti nello stato tensionale e nelle caratteristiche sopra citate. Dalle analisi lineari è emerso che il modello numerico scarichi a terra un peso totale di 221798064 N, dimensione che rispetta il peso totale del campanile valutato nelle analisi precedenti di circa 22000 ton. La struttura raggiunge un abbassamento massimo in sommità di quasi 1 cm; questa risulterebbe 49
una dimensione particolarmente elevata per una struttura in muratura tuttavia paragonata all’altezza totale del campanile di circa 85 m l’abbassamento in percentuale è dello 0,01%. In merito alle tensioni verticali è possibile osservare che: • Sono presenti delle zone decompresse al di sotto di ogni apertura, in particolare in prossimità delle ampie aperture della cella campanaria; • Sulla superficie basamentale, fatta eccezione per le zone decompresse causate dalle ampie aperture presenti al piano terra, le tensioni verticali sono distribuite in maniera pressoché simmetrica; queste raggiungono valori massimi di 2-2,5 MPa lungo il perimetro esterno della sezione basamentale (vedi fig. 4.4.5) . • In generale, escluse zone esigue, i valori delle tensioni verticali non superano livelli preoccupanti; valori più alti circa 4-5 MPa si riscontrano al piano terra in prossimità dell’imposta delle crociere e dei setti di separazione tra la sala il vano scala (vedi fig. 4.4.5). Per quanto riguarda le tensioni massime principali generalmente si osserva: • un incremento in prossimità delle strutture ad arco, concentrato in particolare nel concio in chiave; • un incremento rilevante in prossimità dei davanzali delle strutture ad arco; in queste zone si superano valori di 1MPa (vedi fig. 4.4.6b). L’insolita presenza di sforzi di trazione sui davanzali è probabilmente dovuta al grande peso della struttura che scarica sui pilastri laterali. Infatti, questo fenomeno si osserva maggior-
mente al primo livello di bifore e si riduce nei livelli superiori. In merito agli sforzi massimi di compressione si osserva in figura 4.4.6c che sezionando all’altezza del primo livello di bifore la distribuzione si concentra principalmente sul perimetro interno raggiungendo valori di circa 2 MPa e abbassa in prossimità dei costoloni angolari. In particolare, si osserva che la distribuzione delle tensioni in questa zona non è perfettamente simmetrica, il pilastro contenente il vano scala ha meno materiale resistente e il pilastro centrale lato nord risulta essere più compresso degli altri tre. In generale la distribuzione delle tensioni su tutto il modello è influenzata dalla presenza del vano scala, questo si nota principalmente nei prospetti in figura 4.4.5, dove è possibile seguire il percorso della scala osservando la distribuzione delle tensioni massime che emergono dalle facciate. Il confronto dei risultati ottenuti dai due metodi di analisi (lineare e non) non ha rilevato notevoli differenze (vedi fig. 4.4.6). I livelli di abbassamento e gli sforzi di compressione sono concordi mentre i valori di trazione sembra che raggiungano valori più bassi nel caso di materiale non lineare. Quest’ultima caratteristica è particolarmente visibile osservando i davanzali del primo livello di bifore (vedi fig. 4.4.6 b-b’).
Prosp. Nord
Prosp. Est
Prosp. Sud
Prosp. Ovest
Prosp. Nord
Prosp. Est
Prosp. Sud
Prosp. Ovest
pagina precedente Fig. 4.4.5. distribuzione delle tensioni verticali (sopra) e massime principali (sotto) sul modello con materiale elastico lineare (peso proprio)
MAERIALE LINEARE
MAERIALE NON LINEARE
Fig. 4.4.6. confronto di alcuni punti salienti tra il modello con materiale lineare e quello con materiale non lineare (peso proprio)
a)
a')
b)
b')
c)
c')
d)
d')
Fig. 4.4.7. le due curve di capacità (MDOF) ottenute dalle analisi pushover in funzione dei due profili di carico assegnati (BFH e BFM dir. +x) e i punti di controllo scelti
L’analisi pushover L’analisi pushover è una procedura statica non lineare impiegata per determinare il comportamento di una struttura a fronte di una determinata azione (forza o spostamento) applicata. Essa consiste nello spingere la struttura fino a che questa collassi o un parametro di controllo di deformazione non raggiunga un valore limite prefissato; la spinta si ottiene applicando in modo incrementale monotono un profilo di forze o di spostamenti prestabilito. L’analisi pushover è una tecnica di soluzione incrementale-iterativa delle equazioni di equilibrio statico della struttura in cui la forzante è rappresentata dal sistema di spostamenti, o forze, applicato (Albanesi, Nuti, 2007). Essa permette di trovare risultati più affidabili e realistici di un’analisi elastico lineare. Poiché tiene conto del legame costitutivo della muratura, permette di valutare zone di fessurazione e la loro evoluzione all’incremento del carico. È opportuno precisare che l’analisi pushover non risulta efficace nel prevedere il danneggiamento globale della struttura, come in un’analisi dinamica non lineare, ma attraverso un onere computazionale più contenuto permette di valutare il livello di danneggiamento localizzato alla base, un’importante caratteristica da valutare per torri e campanili isolati come il seguente caso studio. La capacità della struttura è rappresentata da un grafico forza-spostamento, dove in ordinata si riporta i valori di taglio alla base Vb e in ascissa lo spostamento di un punto di controllo
35000 30000
Vb [kN] [N]
Pagina successiva Fig. 4.4.8. valori delle tensioni massime relativi ad alcuni incrementi rilevanti
40000
25000 20000 15000 10000
BFH (dcP1) ≈ BFH (dcP2) ≈ BFH (dcP3)
5000 0
BFM (dcP1) ≈ BFM (dcP2) ≈ BFM (dcP3) 0
0,2
0,4
0,6
0,8
1
1,2
1,4
dc [m]
dc. Il grafico prende il nome di curva di capacità della struttura a più gradi di libertà (MDOF). Questa sarà influenzata dal profilo di carico adottato e dalla scelta del punto di controllo rispetto al quale saranno valutati gli spostamenti. Cambiando il punto di controllo può cambiare in maniera sostanziale la soluzione, solitamente viene scelto il baricentro delle masse dell’ultimo impalcato (Vinci, 2018). Generalmente la curva assume un andamento monotono crescente finché il materiale lavora in fase elastica, successivamente questa comincerà a curvare fino ad ottenere rami decrescenti. L’incremento del carico prosegue fino a quando la struttura non raggiunge una crisi, generalmente può verificarsi per il collasso di qualche elemento o per la formazione di un meccanismo di piano trasformando la struttura in un sistema labile. I profili di carico adottati nelle analisi pushover intendono rappresentare e delimitare la distribuzione di forze inerziali, indotte da un terremoto, che varia con la severità del sisma (estensione delle deformazioni plastiche) e con il tempo durante il sisma stesso. Quindi, il grado di accuratezza dell’analisi è sensibile al profilo di carico applicato. Secondo la normativa (NTC, 2018), nel caso di analisi pushover, la ri-
sposta della struttura dovrebbe essere valutata lungo gli assi ortogonali geometrici (solitamente X e Y) sia in direzione positiva che negativa; inoltre, vengono prescritti anche due profili di carico: distribuzione delle forze derivata dall’ipotesi di una variazione lineare di variazione lungo l’altezza e distribuzione delle forze uniforme in funzione delle masse. Per quanto riguarda le torri in muratura, solitamente il profilo di carico in funzione dell’altezza prevede il raggiungimento di accelerazioni di collasso minori rispetto a quelle di un profilo di carico uniforme. Esistono anche altri profili di carico che variano in base alle forme modali della struttura che possono tenere di conto di uno o più modi di vibrare. Questi possono variare ad ogni incremento prendendo in considerazione fenomeni di plasticizzazione della struttura (forze adattive) o rimanere invariati (forze non adattive). Il limite dell’assunzione di forze non adattive è il fatto che il profilo mantiene la stessa forma anche in campo non lineare, nel quale il modificarsi della matrice di rigidezza potrebbe fornire nuovi autovettori. L’utilizzo di un profilo di carico fisso implica che la distribuzione delle forze inerziali durante l’evento sismico rimanga costante e che le deformazioni massime ottenute siano confrontabili
con quelle attese durante il terremoto. Queste ipotesi valgono per edifici che non sono fortemente influenzati dagli effetti dei modi di vibrare superiori e solo se la struttura ha un unico meccanismo di snervamento. L’impiego di profili di carico fissi porta solitamente al raggiungimento di risultati approssimati e, in particolare per strutture con periodi lunghi come torri e campanili, possono portare a previsioni fuorvianti. Per questa ragione è opportuno utilizzare almeno due profili di carico: uno proporzionale alle masse e uno proporzionale all’altezza. L’intervallo contenuto tra le due soluzioni in genere dovrebbe contenere la possibile risposta reale dell’edificio. Per queste ragioni i profili di carico assegnati, attraverso il comando Body force, al modello numerico per effettuare le analisi sono i seguenti (vedi fig. 4.4.7): • BFM: body force in funzione delle masse, si assegna all’intero modello delle azioni orizzontali proporzionali alle masse del modello con distribuzione uniforme. • BFH: body force in funzione dell’altezza, si assegna all’intero modello delle azioni orizzontali che aumentano in funzione della quota z. Tutte le analisi pushover in questo lavoro sono state effettuate settando i
40000
40000
35000
35000 0,5%; 0,42; 31.016,29 0,3%; 0,25; 27.792,92
25000
0,2%; 0,17; 23.634,47
20000
0,15%; 0,13; 19.760,13 0,125%; 0,10; 16.667,68 0,1%; 0,09; 14.168,73
15000
25000
15000 10000
5000
5000 0
0,2
0,4
0,6
0,8
1
1,2
1,4
dc [m]
0,1%; 0,084; 20.472,858
20000
10000
0
0,5%; 0,422; 32.398,702 0,3%; 0,255; 30.518,972 0,2%; 0,169; 28.625,460 0,15%; 0,127; 26.942,646 0,125%; 0,106; 24.810,652
30000
Vb[N] [kN] Vb
Vb[N] [kN] Vb
30000
0
0,0
0,2
0,4
0,6
0,8
1,0
1,2
1,4
dc [m] (Pa)
(Pa) dc/H ≈ 0,1 %
dc/H ≈ 0,125 %
dc/H ≈ 0,15 %
dc/H ≈ 0,1 %
dc/H ≈ 0,125 %
dc/H ≈ 0,15 %
dc/H ≈ 0,2 %
dc/H ≈ 0,3 %
dc/H ≈ 0,5 %
dc/H ≈ 0,2 %
dc/H ≈ 0,3 %
dc/H ≈ 0,5 %
due profili di carico in direzione x (corrispondente alla direzione sud). Dalle analisi effettuate con Abaqus è stato possibile estrarre i valori taglio alla base Vb e gli spostamenti dc del punto di controllo per ogni incremento di carico. Il punto di controllo è stato scelto all’altezza dell’ultimo livello, alla base del pilastro centrale che sostiene la copertura. Per evitare letture fuorvianti dovute a fenomeni di torsione sono stati inseriti due ulteriori punti di controllo, questi sono collocati alla stessa altezza del primo punto ai due estremi della struttura in direzione ortogonale al profilo di carico (vedi fig. 4.4.7). Le curve di capacità ottenute risultano praticamente coincidenti per entrambi i profili di carico, ad indicare che questi sono stati assimilati corret-
tamente dal modello generando sforzi di pura flessione. Poiché è stato adottato il metodo di analisi static-general, le curve ottenute sono sempre crescenti e non presentano effetti di softening, effetti che sarebbero stati valutabili attraverso il metodo Riks. Come previsto la curva individuata per il profilo di carico in funzione delle altezze raggiunge accelerazioni di collasso minori rispetto a quella con profilo di carico costante. Un primo dubbio che emerge osservando il risultato di entrambe le curve è la grande capacità di spostamento che la struttura raggiunge, in entrambe le curve si supera il metro come spostamento in sommità. In genere le analisi pushover su torri e campanili in muratura raggiungono sposta-
menti massimi di valori dello 0,4-0,5% rispetto all’altezza totale dell’edificio (Valente, Milani, 2016), in questo caso va ben oltre l’1%. Il tratto lineare della curva di capacità BFH comincia a curvare, e quindi la struttura comincia a plasticizzarsi, in prossimità di spostamenti di 0,125% di H, quindi a circa 10 cm di spostamento in sommità (vedi fig. 4.4.8). Invece, nel caso della curva BFM questo accade per spostamenti dello 0,1% di H, quindi circa 8 cm di spostamento in sommità. Nei grafici e nelle immagini della figura 4.4.8 si osserva lo sviluppo delle due curve di capacità individuate per i due diversi profili di carico e si evidenzia per alcuni incrementi intermedi rilevanti le tensioni massime.
Da questo confronto emerge che il danno comincia a manifestarsi una volta raggiunto il picco a trazione, tuttavia, questi valori delle tensioni massime risultano più alti del previsto. Questo è particolarmente visibile nel caso della BFH; si può osservare che intorno a spostamenti dello 0,1% e 0,125% rispetto ad H alla base del modello cominciano a formarsi tensioni massime al limite della capacità del materiale, e proseguendo per spostamenti dello 0,2% e 0,3% queste aumentano raggiungendo valori oltre il limite prestabilito. Dagli 0,82 MPa ipotizzati per la resistenza a trazione massima si raggiungono valori di 2-2,5 MPa, valori alti per una muratura in pietra. Gli stessi picchi si osservano anche nel caso 53
della curva BFM anche se leggermente più contenuti. Le cause che possono aver portato a triplicare i valori di picco a trazione e generato spostamenti della struttura così elevati possono essere due: • L’energia di frattura è stata assegnata troppo alta; • La viscosità del materiale ha influito eccessivamente sul dominio di resistenza. È possibile che le forze viscose, introdotte per evitare che l’analisi si instabilizzasse, e la viscosità assegnata ai materiali abbiano dilatato il dominio di resistenza dei materiali, portando a sovra-capacitare la struttura. La principale causa che ha alterato lo stato tensionale, probabilmente, è l'energia di frattura.
Il materiale è stato descritto in termini sforzo-deformazione, così facendo l’energia di frattura è stata assegnata in maniera implicita e dipenderà dalla dimensione dell’elemento. Come già descritto al paragrafo del legame costitutivo, per la muratura in pietraforte l’intervallo ottenuto spazia tra valori di circa 47 N/m per elementi di dimensione unitaria di 16 cm, e di circa 477 N/m per elementi di 1,6 m. Nel caso della muratura in laterizio varia invece nell’intervallo di 21 e 210 N/m. I valori ordinari di energia di frattura per murature non rinforzate sono di circa 10 - 20 N/m. Si comprende quindi che l’energia di frattura assegnata è troppo alta, per lo meno per gli elementi più grandi del modello. La conseguenza è che una volta raggiunte le tensioni
di picco nel materiale in questo cominceranno a crearsi delle microfessurazioni, ma queste si separeranno completamente soltanto arrivando a spostamenti molto ampi. Per la muratura in pietraforte la rottura dell’elemento più grande avviene per spostamenti di quasi 2 mm, mentre valori consoni dovrebbero essere di due ordini di grandezza al di sotto questo. Anche nel caso degli elementi più piccoli, i valori di energia di frattura sono alti per una muratura ma rispecchiano almeno i valori di comportamento di un calcestruzzo di bassa resistenza, la quale varia dai 40 N/m ai 120 N/m circa. A livello globale la conseguenza è che la struttura guadagna capacità di spostamento.
In merito allo stato di avanzamento del danno dovuto agli sforzi di trazione sul lato nord della struttura si osserva che questo si differenzia particolarmente in funzione del profilo di carico assegnato. Nel caso della curva BFM il danno si manifesta sotto forma di fratture concentrate del materiale localizzate principalmente alla base del campanile e all’altezza del primo livello di bifore; mentre nel caso della curva BFH il danno risulta distribuito nelle stesse zone ma su una superficie più ampia (vedi fig. 4.4.9). Le zone di danneggiamento in presenza di azioni orizzontali concordano con quelle rilevate precedentemente nelle analisi preliminari (LV1).
pagina precedente Fig. 4.4.9. risposta globale del modello in termini di tensioni massime e danneggiamento a trazione per gli incrementi di carico per cui dc/H = 0,1% , 0,2%, 0,5% e 1% per entrambi i profili di carico.
Verifica dell'analisi pushover Dall’analisi critica delle curve di capacità ottenute è emerso che queste non siano del tutto affidabili poiché l’energia di frattura ha influenzato le analisi andando ad alterare gli stati tensionali. Se si limita però l’osservazione al primo tratto delle curve ottenute, prima che l’energia di frattura distorca il risultato, queste risulteranno ancora affidabili. Come risultato accettabile si considera il primo tratto della curva, in cui gran parte del materiale lavora ancora in fase elastica, e un piccolo tratto di curvatura dove il materiale comincia a plasticizzarsi ma in una parte ancora contenuta, non andando a influire eccessivamente sulla risposta della struttura. In particolare, come spostamento ultimo accettabile è stato scelto: • per la curva BFH lo 0,2% di H; • per la curva BFM lo 0,15% di H. Rispetto a queste curve di capacità, opportunamente ristrette agli unici tratti accettabili, è stato effettuato un confronto normativo su grafico ADRS. Per effettuare tale confronto è stato necessario ricondurre la risposta della struttura a più gradi di libertà (MDOF) ad una struttura equivalente ad un solo grado di libertà (SDOF). Per effettuare tale trasformazione è stato adottato il metodo uni-modale non adattivo, ovvero la risposta della struttura è stata considerata come dominata da un solo modo di vibrare con forma costante per tutta la durata dell’applicazione dei carichi. La trasformazione avviene attraverso il coefficiente di partecipazione individuabile attraverso la seguente relazione:
Dove: • mi : massa dell’i-esimo grado di libertà; • ϕi : i-esima componente del primo autovettore. La trasformazione avviene dividendo l’ascissa dc e l’ordinata Vb della curva di capacità del sistema reale (MDOF) per il coefficiente di partecipazione Γ:
Per effettuare tale trasformazione è stato necessario individuare gli spostamenti in direzione x dei baricentri dei blocchi rispetto al primo modo di vibrare. Questi sono stati valutati direttamente su Abaqus grazie alle analisi modali precedentemente effettuate. Il coefficiente di partecipazione ottenuto è risultato uguale a 1,498. A questo punto il prossimo passaggio dovrebbe essere la bilinearizzazione del sistema. Poiché in questo caso non è noto con certezza l’andamento del tratto anelastico non lineare, si utilizza semplicemente la curva ottenuta dalla trasformazione precedente e la si confronta con lo spettro elastico in termini di spostamenti. Per confrontare i due grafici è necessario trasformare l’ordinata in accelerazioni come descritto nel paragrafo precedente. Attraverso il confronto con il grafico ADRS(vedi fig. 4.4.10), valutato per lo stato limite SLV con periodo di ritorno di 712 anni, si osserva che la verifica può essere comunque effettuata anche in assenza di gran parte del tratto non lineare, poiché le curve individuate per entrambi i profili di carico inter-
cettano il ramo dello spettro. Anche in questo caso la capacità della struttura è elevata poiché le curve di capacità e il ramo dello spettro si incontrano ancora nel tratto in cui la struttura lavora in fase elastica. Nel caso della BFM gli spostamenti richiesti in sommità sono di circa lo 0,1% di H, mentre nel caso della BFH sono di circa lo 0,12% di H. In figura 4.4.10 si riportano le tensioni massime e il livello di danneggiamento per l'incremento relativo al punto di incontro delle due curve di capacità. In generale si osserva che la struttura tende a raggiungere stati tensionali al limite sulla superficie esterna della facciata nord, ma ancora il livello di danneggiamento non ha avuto modo di svilupparsi in entrambi i profili di carico. Di conseguenza è possibile ipotizzare che la struttura del campanile sia in grado di rispondere in maniera positiva a un terremoto atteso nel sito, tenendo presenti le incertezze accumulate durante il processo di analisi, in particolare quelle relative all’assegnazione dei parametri meccanici della muratura. Riduzione della resistenza a trazione della muratura in pietraforte e confronto dei risultati Dai risultati descritti nel paragrafo precedente si comprende che la caratteristica principale che influenza la curva di capacità di questa tipologia di edifici è il comportamento della muratura a trazione. In questo caso si ricorda che per la muratura in pietraforte è stato adottato come valore 1/10 della resistenza a compressione, ovvero un valore di resistenza massima σtu di 0,82
MPa. Poiché questo valore rispecchia una muratura che ha una buona resistenza a trazione, nella realtà potrebbe avere resistenze inferiori; per questa ragione è stato deciso, a parità di condizioni di deformazioni, di abbassare il piccolo da 0,82MPa a 0,41MPa e di valutarne gli effetti sui risultati. Riducendo la resistenza si è ridotta di conseguenza anche l’energia di frattura, la quale dipenderà sempre dalla mesh, raggiungendo però valori di 23 N/m, per gli elementi più piccoli, e 238 N/m per gli elementi più grandi. Come previsto la capacità della struttura si riduce sia in termini di spostamenti che di taglio alla base, quindi di accelerazioni. Dal confronto dei due risultati, sempre in figura 4.4.10, si osserva come logicamente il modello con materiale meno resistente a trazione alla base, a pari spostamenti in sommità, raggiunga sforzi di trazione più elevati. Come per il precedente caso anche in questo il dominio di resistenza è stato ampliato dalla combinazione delle forze viscose e l’assegnazione di un’energia di frattura ancora troppo elevata. In particolare, nel caso della BFH si è ossrvato come per spostamenti in sommità di 0,3% di H buona parte della sezione basamentale abbia già superato i limiti del materiale, e raggiunto valori di tensioni massime a trazione di 1-1,2 MPa; come nel caso precedente sono stati raggiunti valori che corrispondono a circa il triplo di quelli assegnati. Anche in questo caso si considera come tratto accettabile il primo tratto della curva in cui l’energia di frattura e la viscosità non han- 55
σtu= 0,41 MPa 0,45
0,4
0,4
0,35
0,35
0,3
0,3
0,25 0,055; 0,151
0,2
BFM
BFH
0,068; 0,122
0,15
Se ; F*/m* [g]
Se ; F*/m* [g]
σtu= 0,82 MPa 0,45
0,25
0,1
0,05
0,05 0
0,02
0,04
0,06
0,08
0,1
0,12
BFM 0,069; 0,12 BFH
0,15
0,1
0
0,056; 0,147
0,2
0
0
SDe ; d* [m] dc/H ≈ 0,12%
dc/H ≈ 0,10%
0,02
0,04
0,06
SDe ; d* [m] dc/H ≈ 0,12%
dc/H ≈ 0,10%
0,08
0,1
0,12
pagina precedente Fig. 4.4.10. tensioni massime principali e relativo livello di danneggiamento valutati nel punto di intersezione delle due curve di capacità con il grafico ADRS per entrambe le σtu ipotizzate
Indici di sicurezza analisi pushover in direzione +x
Valutazioni concluisive LV3 Al fine di valutare un indice di sicurezza, per effettuare il confronto tra capacità di spostamento umax e lo spostamento richiesto dmax*, è stato scelto come spostamento ultimo della struttura il punto estremo del tratto che è stato considerato accettabile. Lo spostamento ultimo scelto è piuttosto cautelativo nei confronti della verifica, poiché la struttura a questo punto, per tutti i casi analizzati, non è prossi-
ma al collasso bensì ha appena cominciato a plasticizzarsi, e quindi danneggiarsi. Anche in questo caso la struttura raggiunge un buon livello di sicurezza nei confronti dello stato limite di salvaguardia della vita (vedi tab. 4.4.4); questo soprattutto se viene considerato uno spostamento ultimo più ampio e più verosimile per le torri in muratura, per esempio lo 0,3% dell’altezza totale. In generale dal percorso di analisi effettuato in quest’ultimo capitolo sono emerse varie problematiche relative a più aspetti del modello agli elementi finiti, aspetti che vanno dalla caratterizzazione del materiale al metodo di analisi adottato. Alla luce di queste problematiche riscontrate durante questo primo approccio alle analisi statiche non lineari si sintetizzano alcuni aspetti che permetterebbero di ottenere risultati più attendibili: • Avere una caratterizzazione del materiale sotto tutti i suoi aspetti; • Generare un modello mesh più raffinato; • Assegnare l’energia di frattura in modo che questa non dipenda dalla dimensione dell’elemento; • Adottare il metodo Riks. Durante i vari tentativi di analisi effettuati è emerso quanto queste siano sensibili ai parametri che descrivono il comportamento dei materiali. Avere come informazioni di base una buona descrizione del comportamento a trazione e a compressione della muratura che si sta simulando è un requisito fondamentale in grado di ridurre notevolmente l’incertezza del ri-
𝒖𝒎𝒂𝒙 [m]
Is
Is (umax=0,3%)
𝜎𝑡𝑢=0,82 MPa
0,068
0,169
2,485
3,735
0,069
0,127
1,840
3,681
BFM
𝜎𝑡𝑢=0,41 MPa
𝜎𝑡𝑢=0,82 MPa
0,055
0,127
2,309
4,618
𝜎𝑡𝑢=0,41 MPa
0,056
0,106
1,892
4,535
Is per umax accettabile
Is per umax=0,3% di H
5
5
4,5
4,5
4
4
3,5
3,5
3
3
2,5
2,5
Is
no ancora influenzato il risultato. In particolare, come spostamento ultimo accettabile è stato scelto: • per la curva BFH lo 0,15% di H; • per la curva BFM lo 0,125% di H. Le curve di capacità ottenute sono state trasformate in maniera analoga al caso precedente. Dal confronto con grafico ADRS si osserva come la riduzione della resistenza a trazione del materiale non influisca in maniera rilevante sull’esito della verifica. Questo perché le curve intersecano anche in questo caso il grafico in prossimità del tratto elastico lineare. Dal punto di vista degli spostamenti richiesti i valori non si discostano molto dalle precedenti verifiche. In merito alle tensioni massime e al livello di danneggiamento, si è osservato che la situazione più preoccupante è quella della BFH; tutta la superficie esterna della facciata nord fino al livello delle bifore ha raggiunto il limite di resistenza del materiale ed è incominciato a subentrare il relativo danneggiamento, ma questo trovandosi ancora in fase primordiale non rappresenta ancora un rischio effettivo.
∗ 𝒅𝒎𝒂𝒙 [m]
BFH
Is
Tab. 4.4.4. indici di sicurezza ottenuti dall'analisi pushover e relativo confronto grafico
Tab.4.4.4
2
2
1,5
1,5
1
1
0,5
0,5
0
0
Res. Max. trazione = 0,82 MPa
Res. Max. trazione = 0,82 MPa
Res. Max. trazione = 0,41 MPa
Res. Max. trazione = 0,41 MPa
sultato; anche se come più volte detto quest’ultima non può essere mai portata a zero, poiché gli stessi metodi di indagine, invasivi e non invasivi, si trascinano dietro sempre un certo livello di incertezza. Un altro aspetto fondamentale è la mesh. Questa potrebbe essere realizzata attraverso algoritmi che generano elementi esaedrici invece che tetraedrici, riducendo la presenza di elementi distorti e permettendo di gestire in maniera più agevole la dimensione degli elementi, la quale dovrebbe variare il meno possibile. Spesso modellazioni di questo tipo richiedono un grande sforzo applicativo, specialmente in presenza di geometrie complesse, caratteristica comune alla maggior parte degli edifici storici in muratura. Assegnare l’energia di frattura omogenea su tutti gli elementi del modello, come osservato in questa esperienza, rappresenta una prerogativa categorica. Con Abaqus è possibile farlo assegnando il comportamento del materiale a trazione in termini di sposta-
menti o direttamente attraverso l’energia di frattura. Si precisa che, adottando questo sistema, il carico di calcolo e il rischio di inciampo in problemi di convergenza aumentano, situazione che sembra risultare meno problematica assegnando il materiale in termini di tensione-deformazione. Adottare un metodo di analisi globale come il Riks permetterebbe di valutare effetti di softening della struttura, che nelle analisi pushover non sono essenziali ma permettono di valutare in maniera più efficace lo spostamento ultimo della struttura prima del collasso. Nonostante si fosse a conoscenza di questi aspetti già durante lo svolgimento delle analisi, spesso è stato necessario operare variazioni e tentare diverse metodologie, sia per quanto riguarda i metodi di analisi che la caratterizzazione del modello di materiale; questo è accaduto spesso a causa dei problemi di instabilità, più volte citati, ma anche a causa dei lunghi tempi di attesa inevitabili per la lettura 57 del risultato.
Conclusioni
pagina precedente Fig. 5.1. vista esterna zenitale dello spigolo Sud-Ovest
Il percorso di tesi si è confrontato con i metodi e le relative problematiche legate alle analisi di strutture snelle in muratura in presenza di azione sismica. Dal capitolo della conoscenza è emerso che sia i materiali da costruzione, sia le tecniche costruttive adottate fossero di buona qualità, confermando la grande capacità di lavorazione della pietraforte della maestranza fiorentina trecentesca. Inoltre la gestione del cantiere, nonostante i vari passaggi di incarico, è sempre stata sotto il controllo di grandi maestri (Giotto di Bondone, Andrea Pisano e Francesco Talenti) che hanno gestito e risolto numerose problematiche strutturali e variazioni di progetto di carattere stilistico, sempre attraverso grande intuito e competenza. La storia sismica del manufatto dimostra che questo non ha subito nel corso del tempo importanti eventi sismici, escluso il terremoto del 1895, del quale però è noto che il campanile non ha riportato danni strutturali rilevanti. Si può affermare quindi che la struttura abbia superato il cosiddetto collaudo della storia, in maniera per di più ottimale poiché tutt’oggi il campanile non presenta quadri fessurativi preoccupanti. Dalle ricerche effettuate e dal punto di vista visivo il Campanile di Giotto si presenta in salute, probabilmente questo
è il motivo per cui non ha suscitato bisogno di indagini più approfondite. Tutti e tre i livelli valutazione applicati in questo elaborato di tesi (LV1, LV2 e LV3) hanno dimostrato che l’attuale stato del campanile sia in sicurezza. A seguito della verifica di tutte e tre le analisi in termini di spostamenti spettrali su grafico ADRS, la capacità del campanile ha superato la domanda sismica attesa al sito per uno stato limite di salvaguardia della vita con periodo di ritorno di 712 anni. Dal confronto degli indici di sicurezza si osserva che i valori più bassi si riscontrano nelle verifiche a pressoflessione delle sezioni (LV1), mentre adottando metodi più raffinati e specifici come l’analisi cinematica (LV2) o ancor di più l’analisi statica non lineare (LV3) questi valori aumentano ad indicare un maggiore livello di sicurezza della struttura. Le analisi inoltre concordano sulle zone critiche del campanile, ovvero la base della struttura e la base del primo livello di bifore. Per quanto riguarda i primi due livelli di valutazione, si è notato come a influenzare particolarmente questi metodi sia stata la geometria e il parametro del peso specifico. In merito alla parte finale di analisi LV3, la mancanza di dati specifici sul comportamento dei materiali ha aumentato l’incertezza
del risultato ottenuto. Le murature sono infatti materiali dal comportamento complesso che dipende da diversi fattori: il materiale lapideo, la tipologia di malta, le tecniche costruttive, la presenza di diatoni, dall’orizzontalità dei filari e tanti altri caratteri che influiscono in maniera sostanziale sul comportamento della struttura, specialmente in presenza di azioni sismiche. Questo lavoro conferma come il modello di comportamento Concrete Dameged Plasticity sia un modello affidabile a patto che siano assegnati in maniera corretta i parametri meccanici, con particolare attenzione all’energia di frattura e la viscosità. Quest’ultima specialmente se si adotta un metodo di analisi con stabilizzazione automatica. In questo studio si è sempre fatto riferimento a valori di normativa e a comprovati studi scientifici, attraverso i quali è stato possibile valutare il comportamento della struttura costituita da un materiale con resistenze e deformazioni ipotizzate tipiche di questa tipologia di murature, ma che non corrispondono alla reale muratura del campanile. Per poter ottenere risultati più affidabili da un’analisi statica non lineare sarebbe necessario in primis effettuare una caratterizzazione del materiale in tutti i suoi aspetti. Così facendo oltre ad avere la possibilità di appli-
care analisi in maniera più rigorosa, si potrebbero effettuare anche analisi dinamiche non lineari e valutare il comportamento globale della struttura assegnando vari accelerogrammi estratti dal sito. Inoltre, attraverso indagini sul suolo di fondazione, sarebbe possibile valutare la risposta sismica influenzata dall'accoppiamento suolo-struttura, per giungere alla definizione di indici di sicurezza che prendano in considerazione un maggior numero di aspetti limitando le incertezze. Tutto questo per raggiungere un livello di valutazione affidabile per la salvaguardia e la conservazione del bene oggetto di valutazione ed espressione del nostro patrimonio culturale.
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61
Indice
Presentazione Marco Tanganelli e Tommaso Rotunno
5
Introduzione
7
La conoscenza del manufatto
9
Introduzione alla conoscenza
11
Aspetti territoriali
13
La storia costruttiva
15
I materiali e gli elementi costruttivi caratterizzanti
19
Il modello geometrico
25
Le caratteristiche meccaniche dei materiali
27
La fase di analisi
29
Valutazione della domanda sismica
31
Primo livello di valutazione (LV1), verifica a pressoflessione
33
Secondo livello di valutazione (LV2), analisi cinematica
39
Terzo livello di valutazione (LV3), analisi agli elementi finiti
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Conclusioni
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Bibliografia
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Finito di stampare per conto di didapress Dipartimento di Architettura Università degli Studi di Firenze 2022
Il lavoro di tesi tratta le tematiche relative alla valutazione della vulnerabilità sismica delle strutture snelle in muratura. Come oggetto di studio è stato scelto il Campanile di Giotto, la torre campanaria del Duomo di Firenze. Di questo è stato valutato il livello di sicurezza sismica facendo riferimento alla normativa vigente e alle Linee Guida per la valutazione e la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale. Il percorso di analisi ha avuto inizio con un’attenta ricerca conoscitiva facilitata da un’ampia documentazione presente ad oggi sul campanile. Da questa sono state estratte le informazioni e le conoscenze, di vari settori disciplinari, indispensabili ed essenziali ai fini dell’applicazione di metodologie di analisi sismica strutturale in caso di edifici storici. Per ogni livello di valutazione descritto dalle Linee Guida (LV1, LV2 e LV3) la capacità della struttura è stata calcolata attraverso diverse metodologie di analisi e confrontata con la domanda sismica attesa al sito. L’obiettivo della tesi è quello di comprendere a fondo le procedure di analisi e i diversi approcci relativi ai modelli strutturali previsti dalle Linee Guida per i tre livelli di valutazione, facendo così emergere l’efficacia e le criticità riscontrate durante il percorso di tesi per ogni metodologia applicata. Francesco Trovatelli, Firenze 1995. Di formazione artistica, frequenta il corso di Laurea Triennale in Scienze dell’Architettura e a seguire il Corso di Laurea Magistrale in Progettazione dell’Architettura presso l’Università degli Studi di Firenze concludendo il percorso accademico in giugno 2021. Come dimostra questo progetto di ricerca di tesi interessato alla salvaguarda, conservazione e valorizzazione dei beni architettonici. Attualmente svolge attività di ricerca presso il DIDA sulle tematiche della modellazione strutturale e valutazione delle prestazioni sismiche di edifici storici in muratura.
ISBN 978-88-3338-160-2