Piazza Grande Dicembre 2012

Page 1

ANN0 11 - NUMERO 30-31 - www.piazzagrande.info - www.facebook.com/quotidianoweb

QUANDO NON C’ERA LO “SPREAD” Re Faruk, dalla “Dolce vita” a gran gourmet in Abruzzo

La crisi sotto l’albero

DALLA SCRIVANIA ALLA BOTTEGA




Mirtia Cerasani Mirtia Cerasani è morta a Teramo a 69 anni, vinta da un male inguaribile, che l’ha strappata al marito Luciano, noto farmacista della città, e alla famiglia. La signora Mirtia era arrivata in città giovanissima sposa. Subito si era inserita nella vita culturale e sociale, portandovi una nota di stile ed eleganza veronese. Docente di lingua inglese, mamma e moglie, Mirtia ha vissuto con pienezza e spiccata dedizione tutte le fasi della sua vita. A Teramo contava moltissime amicizie, ed era spesso in prima fila in occasione di eventi culturali e sociali. Ovunque Mirtia Cerasani si distingueva per la sua eleganza e l’interesse per le attività artistiche e culturali. Dopo la parentesi degli studi e della giovinezza a Verona, si era trasferita a Teramo, per seguire suo marito Luciano Cerasani, appartenente a una nota e stimata famiglia, titolare della omonima farmacia del centro storico. A Teramo Mirtia ha vissuto gli anni migliori della sua vita, interamente dedicata alla scuola, ai giovani, e in particolare ai figli e alla famiglia. Ma non si era mai allentato il forte legame con la sua Verona. Dove ha voluto far ritorno fra i suoi cari nella cappella di famiglia. Ai teramani e a quanti l’hanno conosciuta, ha lasciato il ricordo e il rimpianto d’una persona gentile, colta e sensibile. Al marito Luciano, ai figli Donatella, Cristina e alla famiglia, la partecipazione e il cordoglio di “Piazza Grande”.

IL DUELLO PER RISOLVERE QUESTIONI DI CUORE TITOLO-Corrado Santoro, Il Duello - Storia,Diritto,Costume ,Legislazione. Scienze e Lettere - Roma, pagg.400, € 35,00. AUTORE- Corrado Santoro, ex magistrato, scrittore e storico. Fra le sue precedenti opere di narrativa e poesia:Donne,cavalli e cavalieri,1984;Sul filo della memoria,1985;Lungo antiche strade,1988;Dalla casa delle ginestre,1992;La stagione di Lilì Marleen,1994. Fra gli studi storici:Prete Brigante,1999;Ancarano e il suo confine attraverso i secoli,2000; I Normanni nell’Italia meridionale:il sacco e la distruzione di Teramo,2006;Marco Celio Rufo:un processo clamoroso nella Roma di fine repubblica, 2010;Lo stemma melatino: appunti per una rilettura, 2011. PREFAZIONE- Berardo Pio, Docente di Storia del pensiero politico medioevale nell’Università di Bologna: ”Un’opera sul duello di carattere antologico fin qui manchevole, arricchita da immagini tratte da antichi testi storici,che ripropongono momenti suggestivi di vita medioevale ed illustrano le tecniche e le armi usate -in successione di tempi -negli scontri sul terreno”. CONTENUTI- E’ lo scontro armato sul terreno che rivive in una unga cavalcata attraverso i secoli, dal crollo dell’Impero di Roma alle invasioni barbariche;dal Feudalesimo all’Umanesimo e al Rinascime nto;dall’Illuminismo all’epoca moderna e a quella postmoderna. E’ la storia di uno dei più singolari fenomeni umani che si svolge sotto i nostri occhi, come

in una pellicola ingiallita dal tempo,attraverso il ricordo di duelli che suscitarono vivissime emozioni collettive e attraverso le principali normative,dalla legge emanata nell’anno 502 dal borgognone re Gundobado a quella del 25 giugno 1999 n. 205 che cancellava definitivamente il duello dal nostro codice penale. Una lettura affascinante. Racconto di avvenimenti storici,comportamenti umani, di norme di legge che hanno contribuito a fare la storia del mondo. DUELLANTI- Fra i “duellanti” più famosi: Garibaldi, d’Annunzio, Mussolini,Ungaretti, Pacciardi. DUELLO A TERAMO- Il “Caffè Tripoli” gestito da Federico Siniscalchi aveva al suo interno sale e salette e in esso gli habitués amavano trattenersi fino a tardi,facendo poi ritorno a casa con la lucerna in mano. In una di quelle salette era nata una liaison non gradita al principale interessato, lo stesso gestore,che pensò bene di interromperla prima che fosse troppo tardi,sfidando a duello l’intruso.



Sognando una scuola

Mi presento, sono Jorjia, ho 18 anni. Abito in provincia di Teramo ormai da 8 anni. Inglese d’origine. Di Londra (“Che bello”, direte) Sì, sicuramente, se ci vai in vacanza una volta all’anno e solo chi ci ha vissuto sa com’è davvero. Spesso mi chiedo come sarei ora se fossi rimasta a Londra, dove una su cinque amiche di classe ha un figlio (c’è anche chi ne ha tre). Oppure, si sono buttate via nella droga o altro... Io insegno da un mesetto ad Ancona. Con cinque lingue in tasca (inglese,italian o,francese, spagnolo e arabo), mi sono buttata nel mondo del lavoro. Ho una mia idea e una strada già in vista... Subito ho iniziato un corso Tefl (teaching english as a foreign language). Per capirci: un diploma che mi permette di insegnare inglese come madrelingua all’estero. Ho deciso questo perché, avendo impartito lezioni ad amici e conoscenti, ho visto che per questo mestiere ho una particolare predisposizione: amo trasmettere informazioni agli altri. Cosa che ti fa sentire davvero “importante”, non nel senso che mi reputo migliore, ma so che così aiuto a migliorare la vita degli altri, bimbi di tre anni, ragazzi o adulti. I quali arricchiranno le loro opportunità nel lavoro e nella vita.

PAOLA COLLABORATRICE DI SUCCESSO Non è nostra abitudine parlare di noi, ma questa volta è necessario per un apprezzamento e un riconoscimento a Paola Manente, che con impegno e dedizione si dedica alla raccolta delle inserzioni pubblicitarie su “Piazza Grande”. Un lavoro non semplice e facile, specialmente in tempi di grande crisi come quelli che stiamo vivendo. Ma Paola non si scoraggia. Crede nel lavoro che fa e lo svolge con grande passione, al servizio di attività e aziende che resistono, nonostante le difficoltà del momento. Anzi, si affidano al supporto pubblicitario di PIAZZA GRANDE per mantenere e allargare giro commerciale e numero di clienti. Siamo il primo periodico “free press” locale, che da circa tre lustri rappresenta sul territorio e in città un prestigioso presidio di pulita e onesta informazione al servizio della comunità e delle aziende. “Proprio questo- spiega la sempre brava e dinamica Paola- è il segreto che dà forza Per il momento lavoro ad Ancona. Ogni giorno mi alzo la mattina, esco: pullman, treno e dopo due ore e trenta minuti sono al lavoro. Idem la sera e sono di ritorno alle 22.30. Un viaggio pazzesco per non parlare dei costi. Vorrei trovare un lavoro in Abruzzo, per aiutare i miei cari genitori, visto che per loro faccio questa vita. Sono cresciuta con l’etica e i valori di mio padre. Si lavora, si guadagna, si aiuta il prossimo. Così procede la mia vita. Trovare un lavoro è stato difficile ed è un problema per mol-

al nostro lavoro. Al rapporto di fiducia e stima che siamo riusciti a stabilire con gl’inserzionisti”. La bravissima e graziosa Paola, oltre che sull’esperienza e sulla professionalità (ma anche sulla capacità di sorridere sempre), punta sull’affidabilità di un giornale come “Piazza Grande”, operando con successo e crescente soddisfazione fin dalla fondazione. Stima e fedeltà di lettori e inserzionisti sono i cardini importanti di un risultato che, anche in tempi di crisi, si mantiene su livelli soddisfacenti. Grazie, Paola, per i traguardi raggiunti e buon lavoro! Che il 2013 sia migliore e avanti con ottimismo. Come sempre. ti, in questo momento, che come me vorrebbero lavorare e farsi un futuro. Io sono “straniera” e non sono sempre stata accettata bene. Infatti, non sono ancora riuscita a realizzare il mio sogno più grande. Quello di avere una scuola d’inglese tutta mia. Vorrei avviarla,vederla crescere, per aiutare gli altri. Fino ad ora non ho provato per paura di fallire e mancanza di mezzi. Posso solo continuare a sognare. Buon Natale a tutti! Jorjia Ann Brewster


In questo numero

Piazza Grande Free Press Direzione Redazione Amm.ne Via dell’Arco, 26 Cp 81 64100 Teramo redazione@piazzagrande.info www.piazzagrande.info Fondatore: Massimo Martelli Direttore Responsabile Marcello Martelli Redattore Capo Tiziana Mattia Foto: Photo Marco Patrizia Manente Pubblicità : Patrizia Manente - 339.56.53.704 patrizia.marketing@alice.it Paola Manente - 338.54.91.531 CristianoDido (progetto grafico) Valerio Stranieri (grafica pubblicitaria)


La Crisi sotto l’albero La situazione economica e il “dimagrimento” delle tredicesime favoriscono un clima generale di sfiducia, che porta a una riduzione della spesa complessiva.

P

enalizzati soprattutto i regali che subiscono un taglio record dell’8,6% e i divertimenti (-0,3%), mentre tiene l’acquisto di cibo (+2,1%). Con il primo week end di dicembre inizia lo shopping di Natale per quattro italiani su dieci, che fanno acquisti proprio nei primi quindici giorni del mese. Secondo lo studio Coldiretti il 30% degli italiani ha già “fatto affari” mentre il restante 30% li farà a ridosso del Natale. Se negli Stati Uniti le vendite di Natale sono iniziate il 23 novembre con un “black Friday” che ha fatto segnare un calo delle vendite dell’1,8% secondo l’Istituto di ricerca Shoppertrack, le prime indicazioni,

Con la crisi gli italiani spenderanno per il Natale il 3,7% in meno” sottolinea la Coldiretti, non sono positive neanche in Italia, dove la spesa per la shopping natalizio in regali, cibo e divertimento è stimata in calo del 3,7%. LE ABITUDINI La crisi camb ia le abitudini, aumenta i prezzi e, qualche volta, li abbassa.

Cena del 24 dicembre e pranzo del 25 dicembre saranno all’insegna dell’imprevisto. A cominciare dai prezzi dei vari cibi, che sono variati rispetto allo scorso anno. Non resta che dedicare una particolare attenzione alla spesa natalizia. Ecco un piccolo aiuto a chi si appresta a fare la spesa più importante dell’anno, scegliendo con cognizione di causa e risparmiando: 1) Tortellini. Quest’anno un chilo di tortellini ci costerà il 21% in meno rispetto allo scorso Natale. 2) Cotechino e lenticchie. Il tipico secondo piatto del 25 dicembre per alcuni e per altri del cenone di Capodanno, invece, è aumentato del 31%. 3) Frutta secca. Per chiudere il pranzo sono di rito noci, pistacchi e datteri, ma le prime sono in calo del 6%, i secondi in salita del 5%, mentre gli esotici frutti zuccherini segnano un +28%.


4) Dolci. Anche i golosi dovranno fare attenzione a scegliere tra cioccolatini (+20%), torroncini (+40%), tavolette di cioccolato (+5%) e torrone (-35%). 5) Dessert d’obbligo. Il panettone costa il 12% in più rispetto all’anno scorso, mentre il pandoro solo il 6%. IL PEGGIOR NATALE I dati ormai sono inequivocabili: sarà il peggior Natale degli ultimi dieci anni. La crisi è un fiume in pie-

na e trascinerà i nostri consumi, il nostro stile di vita giù a valle. Codancons e Federconsumatori parlano di un crollo a doppia cifra in molti comparti. Eppure c’è una voce in controtendenza: l’elettronica di consumo. La combinazione di crisi del debito in Europa – con le fluttuazioni dei mercati – e le manovre lacrime e sangue dei governi, compreso quello italiano, stanno producendo una contrazione generalizzata che in Italia si fa sentire particolarmente.Tra i settori più colpiti abbigliamento, calzature, arredamento, persino gli alimentari e purtroppo anche il turismo. Con perdite che vanno dal 24 al 10 per cento. E i saldi serviranno a poco, anzi. Il Codacons stima una riduzione record degli acquisti durante i saldi, con picchi del 30-40% rispetto allo scorso anno. Unica voce in attivo: la tecnologia.

Trainato dal passaggio al digitale terrestre in alcune regioni e dalla vendita degli smartphone, il tecnoconsumo è cresciuto dell’1%. In altri tempi si sarebbe definito scarso, oggi sembra un dato positivo. Il taglio nella spesa in regali di Natale (-8,6%) penalizza soprattutto l’abbigliamento per il quale, secondo l’indagine Coldiretti/Swg, il 53% degli italiani ha rinunciato o rimandato gli acquisti. Si stima che le famiglie spenderanno in media 551 euro dei quali 197 euro in cibo e bevande per imbandire le tavole, 90 euro per i divertimenti e 264 euro per i regali. Da sottolineare che ai bambini in Italia è destinato il 39% della spesa per regali. hio contraffazione CONTRAFFAZIONE La crisi economica taglia i budget di spesa per i regali di Natale del 9 per cento e l’esigenza di risparmiare


aumenta il rischio contraffazione per i prodotti più gettonati sotto l’albero, dalla moda ai giocattoli, dalle nuove tecnologie agli alimenti. Per le feste di fine anno le famiglie italiane - sottolinea la Coldiretti - spenderanno per regali in media 263,6 euro, con un calo del 9 per cento rispetto allo scorso anno. Il 39 per cento della spesa è destinato ai più piccoli, e prevalgono i giocattoli e le nuove tecnologie, mentre tra i più grandi abbigliamento ed accessori la fanno da padroni, anche se in calo rispetto allo scorso natale. Si tratta di oggetti a forte rischio contraffazione, sottolinea Col diretti, che rileva peraltro, attraverso un sondaggio sul suo sito, come gli italiani si dicano nel 52 per cento dei casi disponibili ad acquistare prodotti contraffatti, con una netta preferenza per i capi di abbigliamento e gli accessori taroccati delle grandi

firme moda (29 per cento). CRISI La situazione di crisi ed il contenimento delle tredicesime favorisce un clima di sfiducia che porta a una riduzione della spesa complessiva che penalizza soprattutto i regali che subiscono un taglio record dell’8,6 per cento ed i divertimenti (-0,3 per cento), mentre tiene l’acquisto di cibo (+2,1 per cento). Si stima che le famiglie italiane spenderanno in media 551 euro dei quali 197 euro in cibo e bevande per imbandire le tavole, 90 euro per i divertimenti e 264 euro per i regali. Da sottolineare che ai bambini in Italia è destinato il 39 per cento della spesa per regali. MERCATINI. Il taglio nella spesa in regali di Natale penalizza soprattutto l’abbigliamento Con il mese di dicembre aprono i tradizionali mercatini di Na-

tale, dove un numero crescente di italiani acquista prodotti tipici e artigiani ad originalità garantita da servire in tavola o da regalare a parenti e amici. CAMPAGNA AMICA. Non mancano le iniziative di solidarietà come la possibilità offerta dalla Coldiretti attraverso il Consorzio dei produttori di “Campagna Amica” di acquistare in tutta Italia, in vista del Natale, alcune delle migliori specialità che hanno reso la Toscana celebre in tutto il mondo, per aiutare i produttori colpiti dall’alluvione. La scelta riguarda tre diverse opzioni di cesti solidali. Una iniziativa apprezzata dagli italiani, conclude la Coldiretti, che nonostante la crisi, infatti, in un caso su tre (32 per cento) si dimostrano attenti ai meno fortunati anche nel momento di fare la spesa con l’acquisto di prodotti solidali.


NEL BORGO DI MIANO LA MAGIA DEL PRESEPE VIVENTE

Il Presepe vivente si svolgerà Sabato 29 Dicembre 2012 dalle ore 17.00 circa alle ore 20.00. Sarà predisposto un servizio di bus navetta


A MIANO LA MAGIA DEL PRESEPE VIVENTE di Patrizia Manente Anche quest’anno a Miano si svolgerà la V edizione del presepe. L’iniziativa nasce nel 2009 per volere del parroco e di un gruppo di persone decise a valorizzare il suggestivo ambiente che il borgo di Miano presenta e soprattutto per proporre un momento di preghiera e di riflessione sull’Incarnazione di Dio sulla terra. I primi anni sono stati faticosissimi,data l’inesperienza, ma adesso tutto si svolge con maggiore serenità. Il nuovo Parroco , don Enzo Pichelli, molto volentieri ha sposato l’iniziativa cercando

anche di dare uno slancio ogni anno nuovo. Il presepe consiste nell’allestimento di numerose scene, dalla reggia di Erode al campo dei pastori, all’accampamento dei soldati Romani, passando per i vicoli del Borgo dove sono proposte varie scene di vita quotidiana. Il percorso culmina nella contemplazione della capanna della Santa famiglia che riceve la visita dei Re magi.Quasi tutti i personaggi sono rappresentati dagli abitanti di Miano e il bambino Gesù sarà come sempre uno o più bambini nati negli ultimi mesi che si alterneranno sulla mangiatoia

Il presepe quest’anno non sarà solo una contemplazione delle varie scene, ma al termine della sacra rappresentazione, al suono della campana, tutti i personaggi e ospiti si muoveranno, muniti di una fiaccola , per raggiungere la capanna che quest’anno sarà posizionata fuori dal borgo. Sarà un mini pellegrinaggio in questo Anno della Fede. Attorno alla capanna contemplazione, preghere e canti del coro “The Blue Voices Gospel Choir. Il presepe si svolgerà Sabato 29 Dicembre 2012 dalle ore 17.00 circa alle 20.00. Sarà predisposto un servizio di bus navetta.





A tavola fra antichi e nuovi gusti

La Vigilia di Natale nella tradizione giuliese

di Martina Palantrani Quando tutto è in continua evoluzione ed ogni traguardo non è altro che un punto di partenza verso nuovo obiettivi, che fine fanno le tradizioni? Quelle condotte che accomunano generazioni lontane eppure unite da un sentire comune? In occasione del Natale, abbiamo messo a confronto la tradizione culinaria della cena della Vigilia di una storica famiglia giuliese e di un altrettanto storico ristorante della stessa cittadina. Vediamo. A casa Ferrari, la sera della Vigilia, c’è tutta la famiglia riunita: genitori, figli e figli dei figli. Tutti insieme per gustare piatti che da sempre vengono preparati con passione e collaborazione. PESCE- Il menu a base di pesce offre una variegata serie di antipasti freddi e caldi, un primo ed un secondo, variabili in base alle disponibilità del mercato, ma quello che non può mancare mai a tavola nella sera della Vigilia di Natale è la “Minestra di Natale”. Un brodo, che probabilmente i nonni avevano inventato per non buttar niente, neanche teste e lische, arricchito da seppie, calamari, pannocchie, cozze e vongole e da una

manciata di ditalini a testa. RISTORANTE-Anche al Bellavista si cucina pesce la sera della Vigilia di Natale ed anche qui abbondano frutti di mare e pesci d’ogni taglia. Né può mancare il brodo di pesce, ma con una variante, che prende il nome di “Tagliolini e ceci con frutti di mare”, che la cuoca raccomanda, esclusivamente fatti in casa, solo con sale e farina. Ma nella stessa sera la cucina propone anche carne e pizza per chi ignora la tradizione della vigilia, che – senza preparazione spirituale, digiuno e astinenza dalle carni- si sta trasformando via via nel suo opposto.

E’ bello notare che tra le due realtà gastronomiche esaminate vi sia un filo conduttore, che assume un aspetto conservatore, come veicolo di antichi ricordi, in un caso ed un aspetto innovativo, pronto a reinventare nuovi sapori, nell’altro. Ma almeno un dato è sopravvissuto indenne al volgere della storia: il detto “ Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi”. Alla fine, per la Vigilia di Natale, quel che conta, al di là del luogo e delle pietanze, è trascorrere la notte più attesa e misteriosa dell’anno con le persone care, il cui sentimento d’affetto è naturale e immutevole.


REDAZIONALE


Teramo e l’enogastronomia

Il“piatto forte” di turismo e sviluppo di Marco Martini

I

l turismo italiano, è noto, ha perso occasioni d’oro. Nel settore abbiamo fatto di tutto e di più, sbagliando purtroppo. Nel nostro Paese non si abolisce niente, a cominciare dalle Province. Ma nel 1993, il 94,10% degli italiani alle urne (e basta questo dato per dire tutto), ha votato un referendum per cancellare il ministero del Turismo e delle Spettacolo. Poi, è accaduto persino l’impossibile:siamo andati avanti con il “marketing fai da te” e ogni Regione o Comune a inventarsi la propria promozione turistica. Con tutti gli errori, le improvvisazioni e gli sprechi visti e rivisti. Fortunatamente, si sta ora girando pagina e questa tavola rotonda, con presenze e contributi così qualificati, ce ne offre ulteriore conferma. Auguriamoci adesso di poter vincere le ultime reticenze e incertezze. Visto che a casa nostra, in Abruzzo, siamo ancora indecisi se puntare sulla “Regione dei Parchi” (non solo parchi: aggiungerei anche mare e montagna). Oppure, ahinoi!,vogliamo dedicarci alla coltivazione e all’estrazione degli idrocarburi?

“Abbiamo fatto di tutto, sbagliando”

Legambiente e Wwf hanno denunciato “che quasi la metà del territorio abruzzese è interessato da attività legate alla ricerca, all’estrazione e allo stoccaggio di idrocarburi, con un coinvolgimento di 221 comuni su 305”. Auguriamoci che così non sarà, decidendo in fretta,però, su cosa vogliamo farne di questo nostro territorio con una spiccata e riconosciuta vocazione turistica. Tutto da recuperare il tempo perduto in questi ultimi 50 anni , ora che la cosiddetta “industria delle vacanze” sta cambiando e, in particolare, sta cambiando l’offerta turistica. L’attenzione della domanda si sta spostando dalle mete tradizionali a quelle ancora sconosciute e da scoprire.


Proprio qui è la chiave del nostro Abruzzo, che girando finalmente le spalle al mito delle “cattedrali nel deserto”, non può non privilegiare la scelta d’una nuova politica del turismo. A cominciare dal lancio e dalla valorizzazione di città e paesi d’arte, di centri e itinerari con una ricca e variegata offerta enogastronomica, prodotti tipici e dell’artigianato. Ma non basta dirlo. In Abruzzo urge soprattutto un progetto per studiare le potenzialità esistenti e le offerte che possiamo proporre alla luce della domanda e dei cambiamenti in atto. Le premesse ci sono tutte, ma dobbiamo crederci e mobilitarci, con un’azione valida e condivisa. La concorrenza, sia interna che esterna, è fortissima. Dobbiamo definire gli interventi da promuovere per risolvere, in primis, tutti i problemi strutturali. Con particolare attenzione alle questioni della stagionalità, della qualità di chi lavora nelle strutture turistiche e ricettive, della tutela delle risorse naturali e paesaggistiche. Come pure dobbiamo essere attenti alla valorizzazione del patrimonio storico e culturale. La svolta in atto coinvolge, finalmente, con “un profondo mutamento di prospettiva”, anche le imprese di ristorazione. Vale a dire i ristoranti, che vengono per la prima volta individuati “tra i principali attori che producono ricchezza nell’economia turistica italiana”. Una definizione, a mio avviso indovinata, coniata dal redivivo ministro del Turismo, Michela Vittoria Brambilla (adesso il ministro è tornato ed è già un riconoscimento, per uno dei comparti più importanti dell’economia nazionale). Non a caso il 21 giugno scorso è stata solennizzata l’entrata in vigore della “Riforma del Turismo”, alla presenza del gotha della ristorazione italiana, con alla testa Gualtiero Marchesi, maestro della tavola e della convivialità italiane. Nell’occasione, avviando una strategia che darà molti frutti, è stato sottolineato

che “i ristoranti sono imprese turistiche a tutti gli effetti, in quanto contribuiscono alla valorizzazione dell’immagine del paese e del suo Made in Italy, e rivestono il ruolo di primi ambasciatori dell’Italia nel mondo”. Un profondo mutamento di prospettiva, dunque, che finalmente include la ristorazione come fiore all’occhiello della nostra offerta turistica. Non solo. Punta anche a correggere gli errori del passato, quando le tante risorse spese per promuovere il “Made in Italy” e le nostre “eccellenze” enogastronomiche, non trovavano, poi, quasi mai, un raccordo fra domanda e offerta. Mi spiego meglio: non basta reclamizzare una specialità o un prodotto tipico, se poi non ci sono ristoranti, punti di ristoro e di commercializzazione qualificati e facilmente reperibili. Ora, si vuol porre rimedio ad un “cortocircuito” evidente, attribuendo “alle imprese della ristorazione un ruolo primario all’interno del firmamento dell’economia turistica”. Tutto questo, per la prima volta, non a chiacchiere: i ristoranti saranno incentivati a raggiungere livelli di professionalità sempre

più apprezzati, con contributi,ag evolazioni,sovvenzioni e benefici appropriati. Una commissione ministeriale provvederà ad attribuire riconoscimenti, attestati e premi, nell’ambito di una grande manifestazione dedicata alla Ristorazione il 27 settembre prossimo a Milano. Quando saranno riconosciute, incoraggiate ed esaltate le cosiddette “eccellenze turistiche” con al centro il ristorante non più struttura mummificata e ferma nel tempo, come cattedrali o santuari immutabili, ma fonte di professionalità, ricerca, qualità…Come offerta diversificata delle tipicità locali per un turista sempre più esigente e sensibile alle novità. Un progetto di sviluppo, che farà sicuramente bene al turismo nazionale, ma anche di ogni territorio che vorrà e saprà battersi. Per assicurare, nel nostro caso, un contributo determinante al progresso locale, considerato l’effetto moltiplicatore del turismo, capace di stimolare, fra l’altro, l’economia correlata attraverso l’artigianato, i prodotti tipici, i servizi di animazione e ricreazione. Senza dimenticare i posti di lavoro creati dall’indotto.


Re Faruk, dalla “Dolce vita” a “gran gourmet” in Abruzzo

A

di Marcello Martelli za di personaggi del cinema di via Veneto e della mondani-

quanti capita ritrovarsi un sovrano per vicino di casa? E’ accaduto nella Roma attorno agli anni ’60, quando abitai casualmente in un piccolo appartamento di via Archimede, ai Parioli, allora quartiere di rango della Capitale, residen-

internazionale e della societàbene. In un elegante attico poco distante era andato a vivere re Faruk d’Egitto, esiliato in Italia. Spesso capitava vedere la piccola corte regale con Irma Capece Minutolo, promessa del canto lirico e amante giovane del blasonato personaggio. Era il tempo della “Dolce vita” di Federico Fellini, dei paparazzi

tà all’eccesso. Nella canzone irrompevano gli urlatori e il debutto dei The Beatles per una nuova stagione ricca di grandi eventi. Come la morte di Fausto Coppi, l’inizio delle tribune elettorali e l’elezione di John Kennedy con il sogno di una “Nuova frontiera”. Un contesto frenetico e forte protagonismo, specie in via Veneto, dove


il mondano re Faruk si trovava perfettamente a suo agio. Usciva a tarda sera per le sue scorribande romane e non solo. Uno dei punti preferiti il “Cafè de Paris” di via Veneto con Anita Ekberg, Ava Gardner, Sofia Loren e Gregory Peck, nella Capitale per girare il film “Vacanze romane”. Personaggi continuamente inseguiti dai “paparazzi” (come li battezzò Flaiano), a cavallo delle loro veloci lambrette per lo “scoop” del giorno. Erano della partita Marcello Mastroianni, Walter Chiari e, spesso, Frank Sinistra, circondato dagli uomini della guardia del corpo, sempre pronti a mandare in frantumi macchine fotografiche “indiscrete”. Da qualche anno

nell’esilio dorato di Roma, una sera re Faruk si rese protagonista di una vicenda riportata il giorno dopo, in prima pagi-

na, da “Il Giorno” diretto da Gaetano Baldacci. A farne le spese Tazio Secchiaroli, notissimo fotografo romano, vio-


lentemente strattonato dall’ex re d’Egitto, per aver insistentemente infastidito con i suoi flash Irma Capece Minutolo e il piccolo gruppo di cortigiani. In tempi di calma piatta, piacevole ricordare un’altra novità di quegli anni. La nascita de Il Giorno, innovativo quotidiano per la prima volta a colori, voluto dall’editore Cino Del Duca, contro l’egemonia del Corriere della Sera. Tanto da far dire spesso al direttore Baldacci:” « Se abbiamo fatto una prima pagina uguale o simile a quella del ‘Corriere’, dobbiamo chiederci dove abbiamo sbagliato». Fra i redattori più giovani, Sandro Morriconi, amico e collega di precedenti esperienze professionali a Il Tempo di Roma. Fra le trasferte di Faruk, un viaggio a L’Aquila per una visita alle 2 di notte, nell’omonima strada del centro storico, a “Le Tre Marie”, celebrato tempio della cucina abruzzese. Qualcuno della comitiva chiese la riapertura del ristorante per ospitare l’ex re e il suo seguito. Peppe Scipioni, il titolare, faticò molto per credere che non fosse uno scherzo. Ma non passò tanto che Faruk

in persona fece il suo ingresso nello storico locale. Nell’attesa di far onore a prelibati piatti della tavola abruzzese, il corpulento ex monarca chiese un po’ di musica, per rendere più allegra la serata. Peppe Scipioni, in cucina già all’opera con alcuni dei collaboratori appena svegliati: “Maestà- spiegò con rammarico- adesso, in questo ristorante, l’unico strumento che può funzionare è la chitarra per fare i nostri maccheroni”. Faruk sorrise alla battuta e, divertito, osservò con curiosità lo strumento che i gourmets delle “Tre Marie” gli stavano mostrando. Fu una tavolata degna di un re, che sapeva essere sempre cortese. Né dimenticò, da vero buongustaio, di esprimere il suo gradimento, prima di riprendere la strada per Roma. Dove l’ex sovrano finì i suoi giorni nel 1965. Pare in seguito ad un banchetto eccessivo, ma sono ancora molti i punti oscuri della morte. Un personaggio leggendario, l’ex sovrano, che aveva attirato l’attenzione e l’arguzia di Ennio Flaiano, collaboratore e amico di Federico Fellini, sceneggia-

tore del film-capolavoro “La dolce vita”. Pare che lo scrittore abruzzese si sia ispirato a Faruk per il personaggio-barbone di uno dei suoi romanzi più noti. Amante del lusso e della bella vita, l’ex re arrivò nel suo esilio romano “su un magico tappeto-annotarono le cronache- di tesori, cortigiani e odalische, suscitando curiosità eccessive, assalti di paparazzi e autentici deliri mondani”. Il clima della dolce vita romana fece di Faruk un presenzialista gaudente e insaziabile. Fra donne, sbronze e paparazzi scatenati. Fino a non fare più notizia e a scomparire nell’indifferenza dei suoi amici della notte. Nel tritacarne mediatico del momento tenevano banco le avventure di Valter Chiari e Ava Gardner. Tanto che, prima di piegare la testa sulla sua scrivania, l’ex monarca in esilio concluse l’ultima notte romana fra l’indifferenza di tutti. Solo un vecchio posteggiatore del Caffè Rosati, in Piazza del Popolo, lo riconobbe e frettolosamente gli gridò in romanesco: “’A re Faruk, salutammece!…”. Ma non sapeva che era un addio.



“VENDESI BORGO ABBANDONATO RIFUGIO DI LUCREZIA BORGIA” Contro i rischi dello sviluppo turistico di massa si batte l’unico abitante rimasto, dopo che il terremoto ha allontanato il resto della popolazione di Marcello Martelli

N

on solo L’Aquila. Il terremoto ha seminato danni anche più in là, a Castiglione della Valle, piccolo borgo ai piedi del Gran Sasso. Tutti gli abitanti in fuga, quella notte, senza più tornare indietro. Tranne uno, Antonio Di Luigi, 83enne forte e determinato, rimasto nel paesino medievale come se niente fosse accaduto. La realtà attorno dice tuttavia il contrario, con quelle case diroccate e puntellate, i muri crollati e il silenzio profondo di un paese abbandonato. Qui l’unica compagnia che non abbandona ha le sembianze di una bionda principessa fra storia e leggenda, Lucrezia Borgia, che qui soggiornò con il marito Alfonso d’Aragona, in momenti dif-

ficili della loro storia d’amore e conflitti. Da quel dì tutto è fermo, ma ora sono piombate le mire di una multinazionale londinese. Il borgo da risollevare è da prendere in blocco: grandi potenzialità turistiche, con case cadenti e leggende del passato annesse. La proposta, accompagnata con isoliti grandiosi progetti di sviluppo, ha fatto scattare subito l’opposizione decisa di uno contro tutti. “Da borgo semidiroccato –spiega Antonio, il crociato solitario- non vorrei diventasse teatro di una già vista invasione barbarica di cemento e posti-letto. No ai soliti miraggi sbagliati di un turismo ormai superato, che comunque non vogliamo”. Lontano dallo “spread” e dallo “spending revew” dei tem-

pi della signora Merkel, qui è come trovare la chiave della felicità fra case cadenti e resti dell’antica Castrum ad Vallem Sicilianae, in un mondo appartato ed esclusivo. Dove è abbastanza facile arrivare, ma è come tornare indietro di qualche secolo. Ai tempi di Lucrezia Borgia, appunto. Pochissimi chilometri dal casello di Colledara sull’autostrada Roma-Teramo, appena un’ora e mezza dalla Capitale. Poi, l’emozione di un incontro, una scoperta, un viaggio a ritroso nel borgo di pietre e memorie, un tempo protetto da “possenti mura” di cinta” e baronia alla fine del 1700 con 1018 abitanti. Nel paesino sotto il Gran Sasso, neppure sfiorato dalle seduzioni della modernità e del turismo di massa, suggestioni e


testimonianze vengono incontro come saluto di benvenuto, mentre si va lungo la strada un po’ sconnessa che attraversa il Parco naturale del Fiume Fiumetto, fino alla piazzetta-salotto, linda e silenziosa, che in questi giorni profuma di mosto. Tra casette cadenti e palazzotti d’impronta medioevale, muri con fregi e scritte che nessuna intemperie è riuscita a cancellare. In quello che fu teatro di grandi eventi neanche tanto conosciuti ed approfonditi. A confermarlo edifici e vicoletti decrepiti, stemmi sbiaditi e segni nobiliari lungo le strade malridotte. Una dedicata a “I Borgia”. Rifugio lontano e sicuro, nel 1499, per Lucrezia e Alfonso d’Aragona, arrivati fin qui per sfuggire alle vendette del Duca Valentino. Facile al-

lora, durante la primavera, passando per L’Aquila e Vado di Corno, raggiungere a Castrum ad Vallem il castello “inespugnabile” della Valle Siciliana. Oggi ne vediamo i resti e, nell’ala forse adibita a carcere, la dimora dell’unico abitante qui vivente, Antonio Di Luigi, roccioso 83nne in piena forma. Il terremoto del 6 aprile 2009, che ha portato lutti e distruzioni a L’Aquila, non ha risparmiato queste pluripuntellate case attorno alla piazza medioevale. Tanto da segnare una svolta per Castiglione della Valle. Seriamente danneggiata la chiesa di S.Michele Arcangelo, gioiellino del XII secolo, dove pregò Lucrezia Borgia. Don Giovanni Mantozzi, giovane parroco di Colledara-Ornano, oggi qui in missione per portare le sue

P

opolato sin dalla preistoria, il paese medievale di Colledara è situato nell’antica Valle Siciliana. La sua storia è tutta racchiusa nell’incantevole borgo di Castiglione della Valle, dove secondo leggenda si rifugiò Lucrezia Borgia durante la fuga del fratello Cesare. E proprio le turbinose peripezie dei Borgia rivivono a Castiglione, ogni anno nel mese di agosto, grazie ad una suggestiva rievocazione storica.


cure spirituali, non dimenticando, almeno lui, l’unico abitante rimasto. I lavori di messa in sicurezza della chiesa sono stati completati e don Giovanni lo annuncia con soddisfazione. La Storia è passata davvero da queste parti, come dai tanti documenti rinvenuti negli archivi di Castiglione, sede municipale fino agli inizi del ‘900, poi trasferita a Colledara. Particolarmente importanti i preziosi manoscritti latini del secolo XVI vergati da P. L. Azzunos: due fogli asportati da un volume di grossa mole, a giudicare dal numero dei capitoli e dalla copertina di carta pecora, che indica il nome dell’autore e il titolo dell’opera: “A Romani Imperii Eversione Castri Leonis Vallis Historia”. Notizie apprese da chi scrive da Ulderico Martelli, medico umanista e studioso, che ebbe la fortuna di fare la sorprendente scoperta durante una delle sue ricerche storiche. Alla vicenda di fine secolo XV, il medico-scrittore dedicò un libro gustoso e stimolante, sicuramente meritevole di ulteriori approfondimenti. Un racconto ben ricostruito: dall’arrivo dei due principi “nel castello con numeroso seguito” alla entusiastica accoglienza dei nobili dell’epoca “ammirati della grazia e della bellezza eccezionali dei principi”. Fino alla dettagliata descrizione della “principessa sorridente”, vestita “di seta bianca ricamata d’oro,di media statura, gli occhi a mandorla fosforescenti e capelli biondi in una rete d’oro tempestata di gemme, collo circondato tre volte da una collana di perle, ogni giorno nel fiume a lavare i meravigliosi capelli, quando sciolti le cadevano fino ai piedi come un vello d’oro…”. Religiosa e portata alle opere buone, Lucrezia “rogò una cospicua somma per l’erezione di una cappella al SS. Sacramento nella Chiesa di S.Michele, promettendo di ottenere la bolla papale”. Mai arrivata. Una

chiesa fin da allora sfortunata, per i ricorrenti interventi di messa in sicurezza e restauri, compresi i più recenti. Il terremoto, accentuando i problemi del progressivo spopolamento, ha trasformato l’antica Castrum ad Vallem in un borgo fantasma e rassegnato, forse, fra puntelli e macerie. Nell’attesa di una rinascita che stenta a farsi strada nel groviglio delle dimenticanze e dei fondi che non si trovano. Sulla piazzetta bussiamo alla porta del palazzetto di fronte alla duecentesca chiesa di S. Michele e ci accoglie l’unico qui rimasto. Abituato alle incursioni frequenti di curiosi visitatori, Antonio è aperto e disponibile. La vita da solo non gli pesa, assicura. Dopo qualche anno dall’esodo dei suoi compaesani, è ormai abituato. Più difficile i primi tempi, quando arrivava la sera e, spenta ogni luce, si sentiva in un deserto un po’ inquietante. Vecchio e in buona salute, saggio e felice, non ha rivendicazioni da fare. Non poco, nell’Italia delle proteste e degli scontenti. Solo un garbato appello da lanciare: un no netto e deciso a chi vorrebbe vendere il suo piccolo paese. Per il resto, dopo una vita di sacrifici e di lavoro anche all’estero, Antonio è un uomo soddisfatto e tranquillo: ”Qui vivo come un papa” svela, mentre controlla la pentola che bolle per il pranzo e apparecchia la tavola monoposto. Le sue giornate scorrono serenamente, fra una passeggiata e una battuta di caccia. Una volta a settimana la spesa nel

negozio del paese vicino. A letto presto e sveglia all’alba per la colazione e la cura dell’orto. Suo malgrado, l’ultimo dei castiglionesi è diventato un personaggio leggendario in tutta la vallata. In molti vanno a conoscerlo per strappargli i segreti della sua vita in solitudine nel borgo ora un po’ abbandonato anche da Lucrezia Borgia. Da quando, per motivi di sicurezza e agibilità, hanno cancellato la rappresentazione in costumi d’epoca. Annuale appuntamento assai popolare che, rievocando la leggenda della principessa, attirava per un giorno centinaia di ospiti. Un “revival”, cui non vorrebbe proprio rinunciare. L’unico rimpianto del vecchio Antonio, sempre più solo a difendere passato e presente, specie ora che il borgo vorrebbero cederlo agli inglesi. “Il passato pesa- riflette- e qui sta diventando ingombrante. Non sanno che farsene ed è meglio venderlo. Anzi, svenderlo...”. Ma il vecchio Antonio, finché sarà in vita, non permetterà speculazioni e stravolgimenti, spalancando le porte a un turismo invadente e distruttivo. Pronto a combattere contro la forza delle sterline e dei dollari. In difesa dell’antico rifugio della mitica Lucrezia, che a Castiglione della Valle ha lasciato l’impronta del fascino e della bellezza. Incentivo e spinta straordinari per chi volesse svegliare il borgo dal sonno delle sue rovine, riannodando nel giusto modo il filo interrotto della vita e della storia.



DALLA SCRIVANIA ALLA BOTTEGA Tornano di moda gli antichi gloriosi mestieri di Mila Martelli

I

l primo segnale tanti anni fa, nella bottega di un vecchio ramaio. Ero in un piccolo borgo ai piedi del Gran Sasso, che del nobile mestiere aveva fatto un emblema, conquistando il titolo di “paese dei ramai”. Quel giorno scoprii che, dopo una tradizione centenaria, era rimasto soltanto quel solo artigiano. Dopo che neppure i figli, entrambi ingegneri, avevano voluto continuare l‘attività paterna. Chiusa l’unica bottega sopravvissuta, finiva un antico mestiere tramandato gloriosamente per generazioni. In un territorio che, al pari di altri, aveva preferito rincorrere i miraggi della modernità, disperdendo il prezioso patrimonio d’arte artigiana dei padri. Non so se tutti quei laboratori scomparsi riapriranno adesso i

battenti. Potrebbe essere, visto che si torna a parlare di “arti e mestieri scomparsi” o in via di estinzione come risorsa per il futuro dei giovani. Avvocati, architetti, impiegati… Insomma, tutto l’affollatissimo “partito della scrivania” sta pensando che, forse, un ritorno al passato sarebbe necessario e interessante, tutto considerato. Molti lo hanno già fatto e non si sono

pentiti della scelta, anzi…Come quel giovane, figlio di professionisti, che ha detto addio all’università, affollata e senza prospettive, per abbracciare il lavoro del pastore. Il suo sogno? Arrivare a possedere almeno 500 pecore, per rendere produttiva e autosufficiente l’azienda. La pastorizia? Una magnifica attività imprenditoriale, che può dare molte soddisfazioni. Basta crederci, ripudiando la solita opzione del “dottore ad ogni costo”, spesso voluta e imposta da mamma e papà. Come accaduto a Giovanni (ma le storie di vite cambiate, ormai, sono molte), giovane avvocato, che ha preferito chiudere con


le aule giudiziarie e le troppe delusioni della professione, per diventare cercatore di tartufi e funghi. Una vecchia passione, ora motrice di una piccola e fiorente attività commerciale. Che rende quattro volte più della precedente professione forense. Con più soddisfazione e che si svolge- “benefit” incalcolabile- a contatto con il verde e l’aria pura dei boschi. A Teramo- città abruzzese con rinnegate tradizioni contadine e “diplomificio universitario” con record di avvocati, e altri laureati di incerto avvenire- ha fatto clamore la scelta audace e coraggiosa di un giovane con regolare titolo accademico, che

in pieno centro ha aperto un moderno laboratorio di calzolaio. Dove i clienti fanno la fila. Un successone, confermato dall’inatteso interesse della stampa e persino della trasmissione di Maurizio Costanzo, che si sono precipitati ad intervistare il dottore-ciabattino autoconvertito. Interessante pure l’esperienza di quel signore che, puntualmente, telefona ogni due anni. E’ lo spazzacamino, che propone il suo intervento professionale. Né aspettative il mitico personaggio con la faccia tinta e i vestiti sporchi di fuliggine, com’era lo spazzacamino dei vecchi tempi. A presentarsi in casa è un signore dall’aspetto

distinto, un ex impiegato, che ha lasciato la scrivania per cambiare lavoro, accrescendo i guadagni insieme al tempo libero. Tante altre potrebbero essere le storie da raccontare. Ma torniamo al territorio, il nostro. Dove non mancano le tradizioni dimenticate di botteghe artigiane nella lavorazione del ferro,dei tessuti,delle ceramiche… Arti e mestieri scomparsi o in via di estinzione con una storia esaltante, e un ricco patrimonio di professionalità ed esperienze. Da non perdere, incoraggiando una inversione di tendenza per fortuna già in atto. Per il domani dei figli e il recupero della qualità della vita.


Bye-bye movida In lontananza le rovine fumanti dei paesi distrutti dalla guerra

S

di Marcello Martelli

ul lungomare oleandri fioriti e un pungente aroma di liquirizia. Immagini e sensazioni di una vacanza a Silvi Marina, in Abruzzo, fra sapori e colori. Un’estate del primo dopoguerra, quando guardavamo i fumi che si levavano verso Ortona, alti sull’orizzonte, dalle macerie dei paesi distrutti dai bombardamenti lungo la Linea Maginot. Si chiamava villeggiatura quella che, estate dopo estate, era fatta per il riposo, intrecciando amicizie e primi amori indelebili nella memoria. Vacanze e ferie non erano state ancora inventate. Eravamo ospiti, quell’agosto, della fresca casa di Biagio, roccioso contadino silvarolo, che usciva la mattina all’alba con la carrozza e il cavallo per il suo quotidiano appuntamento con la campagna. Il sole, salendo sull’Adriatico, accendeva luci sulle pigre vele dei pescatori, mentre noi ragazzi più mattinieri andavamo in spiaggia a respirare aria salmastra. Per un nuovo giorno di scherzi e divertimento, aspettando che il vecchio coltivatore,

QUELLE VACANZE A SILVI MARINA al calar del sole, arrivasse dai campi, con la carrozza carica di primizie. Una gran festa ogni volta: frutta, pomodori, peperoni, verdure per le ricche insalate di mamma Rosa. Per colorare le allegre tavolate sotto il pergolato meglio di come avrebbe fatto il mitico Arcimboldo. No, la “movida” no: quella ancora non c’era. Nella vicina Pescara andava l’intera famiglia e solo una volta durante l’estate per la solita passeggiata a Corso Umberto. I ragazzi non avevano fretta di scappare per serate impossibili fra fumi e fracassi da sballo. Altre le attrazioni.

Fra le più avvincenti, la visita al villino fronte mare di don Ulderico, mio zio, carismatico medico umanista. L’attesa, sulla spiaggia, del rientro dei motopescherecci e le donne dei pescatori come ritratte nei quadri di Celommi. Ancora meglio il dopocena, nella piccola stazione di Silvi dal profumo di carbone che ogni sera raccoglieva un gruppetto di villeggianti con noi bambini allegri e curiosi, per un grande evento da raccontare. Un po’ timorosi guardavamo i treni che scivolavano rumorosamente sui binari, neri e veloci, come potevano


essere neri e veloci i treni di allora. Sfrecciavano verso Nord, ma non erano carichi, come oggi, di vacanzieri stressati. Ai finestrini i volti un po’ tristi dei viaggiatori. All’interno, grandi valigie di cartone accatastate, stracolme di viveri e speranze. Le speranze dei lavoratori che stavano andando all’assalto delle fabbriche, pronte a ricominciare, a Milano e Torino. Via dal vecchio Sud, povero e dimenticato. Cominciò così la favola ingannevole del benessere e del consumismo. Tra ciminiere fumanti, quartieri dormitorio e il rimpianto nel cuore. A far dimenticare tutto, c’era l’elisir della rinascita e del progresso. Con la Seicento Fiat fiammante per tutti e la vita in condominio. I meno fortunati restavano nelle baracche e una casa popolare da sognare. Le strade, intanto, si riempivano di caos motoristico e arrivavano in soccorso le prime autostrade. E’ il “boom”. E ora sta per esplodere il turismo, quello che, in Abruzzo e ovunque, cancella la villeggiatura dei tempi di Biagio, dispensando ferie a tutti. E siamo al turismo detto di massa. Ma torniamo all’ultima estate a Silvi e all’avventura iniziata all’alba dal nostro paesino sotto il Gran Sasso e conclusa al tramonto sulle rive dell’Adriatico, con noi ragazzi contenti ed emozionati. Da raccontare anche questo ai compagni della scuola elementare “Rosa Maltoni”, che il mare non lo avevano mai visto né toccato e perciò, forse, quei loro occhi sorpresi. Neanche in tv, che non c’era, lo avevano potuto scoprire. La grande distesa azzurra era solo nelle loro fantasie di bambini e

sulle cartoline illustrate con i “saluti da…” Tempi con pochi benestanti e moltissimi poveri, quelli. Di villeggiatura che non si chiamava ancora ferie, a guerra mondiale appena conclusa e la Fiat “Balilla” nera della famiglia ferma in garage, senza gomme, requisite per usi militari, dicevano. Si andava alla meta sognata dell’estate con la carrozza a noleggio e lunghe ore di galoppo. Poi, le emozioni dell’arrivo nel pomeriggio e i bagagli da scaricare, in cucina Adelina per la cena in fretta del cocchiere e di Antonio, il ragazzo primogenito suo compagno di viaggio. Giusto il tempo per sgranocchiare qualcosa e via sulla lunga strada polverosa del ritorno. Verso il paesello sotto il Gigante degli Appennini, rientrando a notte fonda. Stanchi dalla testa ai piedi e il cavallo da sistemare nella stalla. Ma ecco la novità di questi nostri giorni incerti: nell’ estate canicolare, tra spread e tasse, stiamo tornando a quel modello di vacanze. Ora che persino le stagioni sono cambiate, le vecchie case di campagna, dimenticate troppo a lungo, hanno già riaperto porte e finestre cigolanti, per accoglierci, ritrovarci e stare insieme sull’aia,

respirando meglio. Per le ferie sobrie del tempo di Mister Monti è scattata la rivincita del soggiorno campagnolo. Dal resort ultimo grido alla casa fra il verde di parenti e amici che non hanno mai chiuso con i campi, nonostante tutto. In alternativa, gli intatti borghi attorno al Gran Sasso o all’ombra della torre con il vecchio orologio mai stanco ed è come se il tempo non fosse mai passato. Lo confermano i numeri e lo stiamo facendo anche noi. Un italiano su tre, quest’anno, andrà a vivere una settimana di relax da amici e parenti. Depressi, insicuri, stressati?La paura del futuro e del crollo finale ci porta il “revival” delle vecchie villeggiature. A causa di una crisi, quella che è dentro di noi, più forte e urticante dell’altra, tutta economicam, dello “Spending Review”. Che finirà per giovare, forse, allo spirito e alle tasche. Stiamoci buoni, in questa estate insicura, e andiamo da nonno Giuseppe, in campagna. Addio alberghi, pensioni, bagnini e affitti alle stelle, almeno per questa volta. Bye-bye movida. C’è lo “spread”. Meglio il paradiso degli ortaggi per un relax dal sapore antico. A raccogliere pomodori e zucchine km. zero.


QUANDO NON C’ERA LO “SPREAD” Vita spensierata fra “giovani leoni” e mitici personaggi della notte, dalla “Lanterna” di Giulianova al “Mirella” di Roseto di Marcello Martelli

M

iti che trionfano e altri che crollano. Idoli che tramontano o tornano. Come ha confermato l’ultima estate, entrata nella storia contrassegnata da un “revival” ad ampio spettro, con il riemergere di modelli, scelte e abitudini che sembravano tramontati. Abbiamo capito che la vacanza non è più quella. Dal benessere all’eccesso, da forzati del weekend con tavole luculliane e diete rigeneranti in costose “beauty farm” alla moda; dal turismo delle doppie e triple case o in isole esotiche e lontane, siamo alla vacanza in campagna o al mare “mordi e fuggi”. Dal Bel Paese quinta potenza del mondo e del Grande Benessere alla lesina del “passo indietro”. Da rendere incancellabili le va-

canze straordinarie dell’album dei ricordi. Estate dopo estate, dal bikini di Brigitte Bardot e la “voglia matta” di Catherine Spaak, siamo alla farfalla erotica di Belen e alle curve neppure tanto travolgenti di Nicole Minetti. Andavamo al mare delle ferie lunghe, con il rito della spiaggia il giorno e poi “notti brave”, tirando tardi. Ma niente sballo, solo divertimento. Tempi mitici della celebre “Bussola”, palcoscenico in Versilia della musica italiana e internazionale. A Giulianova l’alternativa per “giovani leoni” di provincia. Più sobria e contenuta, ma sempre di forte attrattiva. Per vacanze tutte da vivere. Ogni sera ad accoglierci “La Lanterna” dell’estroso Mimì Di Carlo. A pochi km. Roseto e il “Mirella”, ritrovo estivo della

Roma-bene, “vip” molteplici e belle rosetane. Una per il ballo di una vita. Vacanze del “miracolo economico” e dei ricordi. Quando le generazioni del juke box sapevano divertirsi e, con tanti progetti nella testa, coltivavano il sogno di un futuro promettente. Il personaggio centrale della girandola estiva era Mimì, il migliore. Come a Viareggio Sergio Bernardini nel suo tempio per i grandi del momento. Da Carosone a Ornella Vanoni e Fred Buongusto; da Luigi Tenco a Mina e Celentano. Persino Marlene Dietrich con il suo talento e i suoi misteri. Il patron della “Lanterna”, intraprendente e amico degli artisti più in voga, sapeva giocare alla grande le sue carte, da degno alter ego del collega della Versilia. E ne dava prova ogni sera con il


successo della ”Lanterna”, tra bella gente e serate alla grande. In un locale fra i più gettonati e noti della costa adriatica. Dove era d’obbligo farsi notare d’estate, almeno una volta. Un onore, poi, entrare nella lista dei fedelissimi, fra “vip” e celebrità. Mimì l’imprevedibile, oltre alle novità del giorno, offriva agli ospiti una vincente specialità permanente. Il complesso di Nino Dale e di un suo giovanissimo allievo, Ivan Graziani. Elegante e distinto il pubblico dei “tiratardi”. Con un campionario sempre aggiornato di nuovi arrivi. Fra questi, immancabile e puntuale, il principe dei “latin lover”, Sergio il poliglotta, colto ed estroso. Brillante conversatore, aveva sempre molto da raccontare sulle sue scorribande in giro per il mondo. Una delle ultime

volte, la novità della sua estate era bionda e giovanissima: Ilonka, splendente valchiria dal fascino particolare. Come le tante che l’avevano preceduta nell’harem del “maestro della seduzione”. Il “latin lover”, di gran moda, era un fondamentale soggetto d’arredo delle nostre spiagge. Immortalato nel cinema e nelle cronache mondane, riusciva a dare una mano importante al turismo nazionale. Agli alti vertici di gradimento, i felliniani bagnini del celebrato mare di Rimini e Riccione, rinomati protagonisti di abbordaggio esotico e amori estivi. Potente calamita sentimentale ed erotica per schiere di romantiche tedesche e svedesine dal “fascino biondo” (né il colore era tassativo). Modello Brigitte Bardot. Ma personaggi e miti

delle “notti brave” erano pure altri: Vittorio Gassman e il suo sorpasso; Edoardo Vianello con pinne, fucile e occhiali. O il sognante Fred Buongusto della rotonda sul mare e Tony Dall’Ara con il suo urlato ghiaccio bollente. Pagine estive impresse nella memoria (spesso anche nel cuore). Quando l’amore, almeno nelle canzoni, aveva la A maiuscola. Né separazioni e adulteri erano ordinaria attualità. Tradimenti e adulteri, spesso, si consumavano fra feste e champagne, trasformandosi in capitoli di cronaca nera e giudiziaria. Come quell’ estate che da cronisti ci precipitammo dalle parti di Sulmona, sulle tracce di Pia Bellentani, contessa pazza d’amore e gelosia. Nella dorata cornice di Villa Este, a Cernobbio, la nobildonna abruzzese, estratta la pistola dalla borsetta, senza esitare la scaricò contro un noto e ricco imprenditore, suo impossibile amante-playboy. Fabrizio Corona e Nicole Minetti, protagonisti di ordinarie storie senza passione, erano di là da venire. Dalla guerra del Duce a questa dei magnati della finanza. Dalle tragedie passionali dell’alta società al gossip mediatico ed effimero di Dagospia. E’ il salto davvero olimpionico di questa oscura stagione dello spread, che sta cambiando tutto. Persino scandali e passioni di protagonisti in sedicesimo. Troppo patinati e virtuali. Mediatici e inflazionati. Come l’euro e lo spread. Come le nostre vacanze “mordi e fuggi”. Anzi, più “fuggi” che “mordi”. Con una “voglia matta” (forse obbligata?) di tornare alla villeggiatura lenta e alle serate al “Mirella”, cercando l’amore di una vita. Non il “flirt”di una estate, che neanche ci piace più.


Fanciullo Rapacchietta Per il mondo con il cavallo “trainante” dei poveri: l’organetto di Cristiano Davide

F

anciullo Rapacchietta è un giovanotto di novantasette anni le cui spalle e la cui mente non avvertono il peso delle tante primavere vissute, è il prodigio della memoria, è il nastro senza interruzioni di un film che non ti stancheresti mai di guardare. Ti accoglie con un sorriso rassicurante e dolce e con la sigaretta che troneggia tra le dita come una fedele compagna di vita ( “Ne fumo circa quaranta al giorno”, sussurra con orgoglio). Sulle pareti del suo accogliente appartamento campeggiano numerosi premi che attestano la sua eccezionale carriera di maestro di organetto ( il famoso du botte). << L’organetto era definito il cavallo trainante dei poveri; – puntualizza subito il signor Fanciullo- ho iniziato a suonarlo all’età di sette anni>>. L’incontro tra Fanciullo Rapacchietta e lo strumento che l’ha reso celebre in tutto il mondo è davvero particolare. << Un giorno, presso la mia abitazione, si fermò un signore che chiese a mia madre di lasciare l’organetto a casa nostra; così, nelle settimane successive, iniziai a cimentarmi con lo strumento e riuscii subito a comporre alcune canzoni>>. Quel giorno segnò l’inizio di una carriera indimenticabile. << Studiai musica e cominciai a insegnare in molte scuole del teramano e in alcuni locali. Ricordo che i clienti

si avvicinavano per chiedermi di prolungare le canzoni per poter ballare più tempo con le ragazze. Successivamente iniziai a esibirmi con grandi soddisfazioni fuori dall’Italia>>. L’esperienza americana degli anni ottanta rappresentò l’acme del suo straordinario percorso musicale e portò in dote celebri conoscenze. << Suonavo in un famoso locale di Los Angeles frequentato dall’attore Jack Palance ( premio oscar nel 1992, ndc). Veniva a cenare in questo ristorante e si sedeva sempre accanto a me. Non desiderava altro che ascoltare la mia musica e diceva di voler imparare a suonare l’organetto; in occasione dei miei due viaggi in

America mi sono esibito anche nel locale del padre di Claudio Baglioni>>. America e non solo. Il campione del mondo di organetto ha seminato successi in ogni Paese europeo, alimentando anche tante gelosie tra i suoi colleghi << Ho suonato in Inghilterra, Francia, Germania, Svizzera, Belgio. I concorrenti mi temevano; molti, appena mi vedevano arrivare, andavano via e rinunciavano alla gara. In alcune occasioni, prima d’iniziare la performance musicale, le forze dell’ordine effettuavano controlli sul mio strumento per verificare se avessi un registratore>>. Eccezionali incontri non sono mancati neanche in Italia. << Al Festival dei due


Mondi di Spoleto ho avuto il piacere di conoscere Brigitte Bardot . Donna davvero affascinante e intelligente Rimase molto colpita dalla mia musica e volle conoscermi>>. Gli occhi che s’illuminano nel momento in cui nomina la splendida attrice francese, rivelano che il signor Fanciullo ha fatto capitolare più di una donna con i suoi modi eleganti e la sua straordinaria musica. La musica, già. Il suo forte e innato richiamo non tarda a farsi vivo. << Provo a suonare qualcosa, ma non so se riesco. Almeno un piccolo accenno>>. L’accenno si trasforma in uno, poi in due e infine in quattro- cinque brani che il maestro esegue con grande maestria e leggiadria. E lo spettacolo a cui si assiste non ha prezzo. Suona, Fanciullo. Suona, eclissandosi dalla realtà, immergendosi in un’atmosfera magica che crea amabilmente e nella quale ti coinvolge con estrema delicatezza. Suona mentre il suo sguardo si perde, rivisitando, forse, qualche istantanea del suo emozionante passato; suona mentre sul suo viso si disegna un sorriso che vale più di mille parole. L’esibizione termina, le note pervadono ancora il piccolo appartamento, ma il signor Rapacchietta ha tanto da raccontare. << Voglio mostrarti una cosa. Prendi quel giornale, si trova lì, sotto la custodia dell’organetto>>. L’articolo a cui il signor Fanciullo fa riferimento è datato 16 giugno 1945 e fu pubblicato nella rivista “ La Riscossa”. Il titolo è “ Profilo di un partigiano”. Il protagonista è lui. E’ possibile, allora, comprendere il motivo per cui quel foglio di giornale si trovi proprio accanto all’organetto. Si, perché oltre alla

musica i grandi amori di Fanciullo Rapacchietta sono la verità e la giustizia. << Mi sono arruolato tra i partigiani per il forte desiderio di giustizia che mi ha sempre contraddistinto e, soprattutto, perché non sopportavo i soprusi e le prepotenze>>. La tematica è delicata, il tono del nostro ospite muta impercettibilmente e le parole, scandite sempre con precisione e trasporto, sono misurate e pronunciate con cura. <<Dopo le prime esperienze con alcuni partigiani, ho creato un mio gruppo composto da circa venti- venticinque persone; operavamo nella zona del Vomano>>. Brillanti azioni sono state compiute dal signor Rapacchietta nel corso della sua attività da partigiano contraddistinta sempre dal rispetto verso il nemico e da un codice d’onore imposto a tutti i suoi commilitoni. << Ordinavo ai miei di non sparare e di non fucilare i militari tedeschi giovani; anche se m’imbattevo in gruppi nemici più folti e pericolosi imponevo di non utilizzare le armi se io e i miei compagni eravamo al sicuro. Devo riconoscere che questo mio comportamento era apprezzato dagli stessi tedeschi. Naturalmente se venivamo aggrediti eravamo costretti a reagire>>. Proprio in quei difficili anni si registrò un episodio che rivelò l’amore del Rapacchietta per la sua famiglia e il suo innato coraggio. << Ero ricercato da tutta la polizia repubblichina e per costringermi a presentarmi presero in ostaggio mia moglie, mia figlia e mia sorella. Ero con le spalle al muro, non potevo far finta di niente così mi presentai volontariamente. Fui condannato a morte>>. Il signor Fanciullo apre il suo cuo-

re e la sua mente divenuti negli anni straordinarie incubatrici di eventi e ricordi emozionanti come quello che sta rivelando con grande trasporto. << Fui vessato, umiliato e rinchiuso in una camera sorvegliata da un tedesco. Riuscii a convincerlo a mandarmi al bagno la cui porta aveva una piccola fessura. Controllai i movimenti del soldato che, a un certo punto, appoggiò il fucile sul muro. Capii che avrei dovuto agire rapidamente; uscii dal bagno, colpii la sentinella e fuggii>>. Il racconto è così dettagliato e così vivo che sembra quasi di poterlo rivivere dinanzi ai propri occhi. E come se si trattenesse il fiato per tutto il tempo in attesa del lieto fine. Un piccolo lembo di storia raccontato in diretta, live, dalla voce del protagonista. Novantasette anni da raccontare, da ammirare, da vivere tutti d’un fiato. Novantasette anni e una mente moderna, non ancorata soltanto al passato, ma aperta a tutte le novità. << Credo che ogni epoca vada vissuta per quella che è. Ogni periodo nasconde aspetti positivi e negativi. Non sono uno di quelli che passa il tempo a criticare il presente e le sue novità ; amo il progresso, amo i tempi moderni>>. La chiacchierata purtroppo volge al termine. Ormai è ora di pranzo di una domenica mattina che ha regalato un incontro davvero eccezionale. Ma, forse, l’insegnamento più grande è in realtà una conferma. La lucidità, la passione, la precisione nella cronologia degli eventi e dei dettagli, la capacità di far rivivere esperienze straordinarie di questo piccolo grande uomo quasi centenario, confermano che la vita, a volte, regala dei miracoli. Fanciullo Rapacchietta è uno di questi.


Eccellenze dell’Università “sotto casa” LAUREE MAGISTRALI IN ECONOMIA E FINANZA A TERAMO di Massimo Tivegna Docente di Politica Economica ed Econometria

L

’Università di Teramo è stata al centro dell’attenzione dei media teramani negli ultimi mesi con molto gossip sulla presunta sfiducia al Rettore e sui professori dell’Università che non fanno lezione. Ai non-addetti ai lavori occorrerebbe ricordare che il Rettore è un “primus inter pares” e che in genere l’Università la fanno molto di più i “pares” del “primus”. E questo è tanto più vero in un’Università, come la nostra, di solide tradizioni democratiche. “Il Centro” ha dato giorni fa informazione su vari episodi di eccellenza internazionale prodotti dalla facoltà di Biotecnologie. Sono qui oggi a raccontarvi altri episodi di impegno e di ottimo lavoro professionale prodotto su lidi diversi. La scorsa settimana, nel palindromo 12.12.12,

ultimo del secolo, tre studenti magistrali, Gianapaolo Asprini, Daniela Di Nicola e Giuseppe Iezzi hanno discusso la loro tesi di laurea in Econometria Finanziaria – svolta sotto la mia supervisione, in argomenti molto avanzati. Correlatrice Valentina Meliciani, la “prof indagata”, secondo quanto sguinzagliato da un giornale locale, che ha presentato, di suo, cinque tesi. Temi – i miei - che originano all’interno di un’attività di ricerca e di pratica operativa pluriennali presso l’Università ed in uno studio di consulenza finanziaria nella città di Teramo, la Fi.Me.S. (Financial Metrics Solutions). Gli studenti hanno avuto accesso agli archivi di dati finanziari e di news rilevanti per il mercato dei cambi, oltre che

ai programmi di calcolo ed ai modelli econometrici di news, sviluppati durante questa attività di ricerca. Gli argomenti di tesi sono stati scelti all’interno del filone di ricerca menzionato e sulla base degli interessi professionali dei candidati. Ma anche in relazione agli interessi di ricerca e sviluppo prodotti, manifestatisi all’interno di FIMES, che è una realtà di eccellenza professionale teramana, sconosciuta ai più Gianpaolo ASPRINI ha presentato una tesi su “Il Bootstrap di regole di trading nel mercato dei cambi”. In questo lavoro, Gianpaolo ha effettuato test di affidabilità molto rigorosi su un’equazione, basata sulle news, che viene usata all’interno di FIMES per la previsione di Euro-Dollaro. Questi test


vengono discussi all’interno del tema della validazione di strumenti statistico-matematici da utilizzare per il trading in medio-alta frequenza nel mercato dei cambi. All’interno di questo complessivo schema di riferimento, il candidato ha effettuato simulazioni e ha impostato un protocollo di trading molto semplice ed agevolmente trattabile. Ha infine adattato programmi di Bootstrap che ho sviluppato in precedenti ricerche. Daniela DI NICOLA ha scritto una tesi su “L’Intelligenza Artificiale ed il trading nel mercato dei cambi con un modello econometrico basato sulle news”. Daniela (la prima laureata triennale in Architettura che intraprende una laurea magistrale in Economia e Finanza all’Università di Teramo) ha scelto di inserirsi in un filone di ricerca molto attivo da noi - per merito del Dott. Danilo Pelusi, ricercatore nella Facoltà di Scienza della Comunicazione - quello dell’informatica delle tecniche di Intelligenza Artificiale (IA). Queste tecniche sono state applicate negli scorsi anni anche al trading in cambi, incentrato sull’Analisi Tecnica, un tema suggerito ed inizialmente sviluppato dal Dott. Fabio Scacciavillani, Chief Economist del Fondo Sovrano dell’Oman (già Dubai Financial Authority, Goldman Sachs, IMF). Dopo questo stimolo iniziale, l’argomento è stato portato avanti - in contributi di letteratura ed in relazioni e seminari – da Danilo e da me. Il brand preferito da noi, all’interno della IA, è stato quelle degli Algoritmi Genetici

(AG). La tesi di Giuseppe IEZZI è su “Sistemi automatizzati di trading. Teoria e pratica, applicate al mercato dei cambi”. Giuseppe è un appassionato di trading, anche in incarnazioni pre-universitarie. Vari docenti della Facoltà di Scienze Politiche – me tra questi - lo ricordano attento ai temi delle lezioni ma allo stesso tempo con un PC aperto accanto, da cui ogni tanto sbircia l’andamento dei mercati e l’esito dei suoi investimenti. La tesi che abbiamo scelto di pieno e comune accordo, consentirà un importante guadagno di professionalità in un soggetto, già trader a tutto tondo all’inizio del suo lavoro. Il trading automatizzato è agli inizi nel nostro Paese. Questa tecnica è molto importante ma ha bisogno – per non sprofondare nel più bieco empirismo – di forte disciplina di disegno del layout di trading e di esecuzione. Ma soprattutto di sofisticatissime tecniche statistiche di valutazione dei risultati dei trade realizzati e del relativo rischio finanziario, con protocolli automatici, in mercati volatili e proni a frequenti mutamenti di umore Giuseppe si è confrontato con le necessarie caratteristiche tecniche dei protocolli potenzialmente automatizzabili e con i software disponibili per il trading automatizzato. Individuatone uno, Giuseppe si è messo in contatto con il distributore internazionale a Miami dell’importante piattaforma “Trade Station”, per un conto di prova per la durata del suo lavoro di tesi. All’interno di

questa è contenuto il linguaggio di programmazione Easy Language, che Giuseppe ha imparato ad utilizzare in pochissimo tempo. Nella tesi sono descritte le interazioni tra scelta di una regola di trading, sua programmazione in Easy Language, misurazione della performance e successivo ritorno alla regola di trading per modifiche e miglioramenti, poi via ancora di seguito. E’ sempre stato considerato anche in questa tesi, secondo le mie sollecitazioni, l’obiettivo di mantenere sotto controllo il rischio, pur senza individuare una combinazione ottimale rischio-rendimento. Questi sono tre fra i nostri ragazzi, che dall’intera provincia Teramana si rivolgono verso l’Università del loro Capoluogo per cominciare a scrutare cosa c’è oltre il loro semplice – ma saldo – quotidiano, spesso su per i monti e le colline. La nostra realtà accademica è piccola e con tutti i problemi della pendolarità, ma con aree di inimmaginabile eccellenza, con ritorni sul territorio importanti, con occasioni di contatto con l’istruzione superiore che molte famiglie del Teramano nemmeno immaginerebbero se non avessero la loro Università “sotto casa”, come fortissimamente voluto dalla Costituzione della Repubblica Italiana, con le sue prescrizioni sul diritto allo studio. Riflettano, i nostri impallinatori di professione, sui danni che possono fare.


SEZIONE DI TERAMO

FORUM SUL TEMA:

â€?Per digerire lo spread difendiamo (e valorizziamo) la cucina tradizionaleâ€? VENERDĂŒ 21 DICEMBRE 2012 ORE 17,00 ISTITUTO D’ISTRUZIONE SUPERIORE “DI POPPA-ROZZIâ€? VIA BARNABEI, 2 TERAMO PROGRAMMA

/REü üsü&ORUMüSULüTEMA �PER DIGERIRE LO SPREAD, DIFENDIAMO (E VALORIZZIAMO) LA CUCINA TRADIZIONALE�.

Partecipano: Ernesto DI RENZO UniversitĂ Tor Vergata Roma Mauro TEDESCHINI, direttore de “Il Centroâ€? Silvia MANETTA, preside Scuola alberghiera “Di Poppa-Rozziâ€? Esperti ed operatori del settore

/REĂĽ ĂĽsĂĽ0RESENTAZIONEĂĽDELĂĽLIBROĂĽ “ITINERARI D’AMORE E SAPORI. Viaggio a tappe nella cucina della tradizione abruzzeseâ€? di Mirna IANNETTI

/REĂĽ ĂĽsĂĽ3ELEZIONEĂĽDIĂĽPIATTIĂĽEĂĽRICETTEĂĽDELLAĂĽCUCINAĂĽLOCALEĂĽ a cura di Docenti e Allievi dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Di Poppa-Rozziâ€? sÂŹ#!.4).%ÂŹ-!2!./ sÂŹ!: ÂŹ!'2 ÂŹ-/.4)

Per prenotazioni (entro il 14.12.2012) telefonare al numero 328 3427161 - circolostampate@gmail.com Quota di partecipazione â‚Ź 20,00

SIETE INVITATI A PARTECIPARE


Diario “all’arrabbiata” di Marcello Martelli

LA GIUSTIZIA“DISUGUALE”

Caso Tortora” e “caso Sallusti”, due pesi e due misure che certificano il livello di civiltà di una nazione. Se la giustizia si muove a tutela del prestigio e della reputazione offesi di un magistrato, si va fino in fondo. Scattano persino le manette, anche quando il reato è di diffamazione. Se vittima di un errore giudiziario è un cittadino qualunque (anche se chiamasi Enzo Tortora), distruggendogli vita e onorabilità, ecco che tutto tace e diventa normale. Senza che qualcuno risarcisca o chieda almeno scusa. Alessandro Sallusti, direttore de “Il Giornale” di Milano, andrà in carcere. Ci resterà più di un anno a causa d’un articolo scritto da un altro, se chi può farlo non interverrà per cancellare in tempo utile un principio barbarico. Quello che, per punire un reato fatto di parole o diffamazione che dir si voglia, fa scattare le manette, come sotto le dittature pacificamente riconosciute. Noi che più facciamo uso e abuso della parola “democrazia”, senza mai preoccuparci di modificare o azzerare leggi incivili e aberranti. Stesso brivido di sgomento e vergogna assale davanti alla tv, quando una fiction ricorda un dramma umano ormai dimenticato: quello di Enzo Tortora, popolare personaggio televisivo, che all’apice della carriera si ritrovò catapultato nel mezzo

d’una vicenda che gli distrusse la reputazione e la vita. Marco Pannella e il partito radicale seppero essere solidali e vicini a Tortora. Fino ad eleggerlo nel parlamento europeo. Né servì rinunciare all’immunità per salvarsi da una giustizia malata e irresponsabile, oltre che impunita e arrogante. Quei magistrati non sono stati mai chiamati a rispondere del loro operato. Anzi, premiati o lasciati al loro posto, senza alcun risarcimento alla famiglia e neppure un piccolo segno di pentimento o di scusa. E nessuno che,

in questi giorni, abbia dedicato uno dei tanti inutili talk show a temi così seri e sconvolgenti. Ancora oggi accettati e tollerati, quando “pure i giudici soffrono di simpatie e antipatie”. Come ammette Michele Morello, il magistrato benemerito che, con scrupoloso impegno, condusse l’indagine conclusasi con l’assoluzione piena di Tortora. Un atto di giustizia, sia pure tardivo, che non è servito tuttavia per restituire al nostro Paese sacrosanti principi e tutele di civiltà umana e giuridica.


Dopo secoli di storia, è in arrivo la vendetta della geografia che trasforma i teramani in aquilani, i chietini in pescaresi.

A

bbiamo visto che la riformetta delle Province non piace a nessuno. Non serve, crea nuovi problemi, e non si dice precisamente se e quanto farà risparmiare. Abbiamo capito che il governo dei Professori non è molto ferrato nei conti e, quando prova a farli, sbaglia (vedi pasticcio esodati). Per non far capire una decisione dannosa e parziale (pur se attesa da più di 40 anni), hanno…non spiegato a noi incolti che tutto dipende dalla “spending review”. Che sarà mai? Insomma, si sono trincerati dietro l’ inglesorum, come un tempo facevano con il latinorum i vecchi curati di campagna per mettere in soggezione i peccatori renitenti. I “tecnici governanti” sono così riusciti a non farci capire molto. Semmai, hanno confuso di più le idee di noi che non abbiamo frequentato la Bocconi e neppure blasonate università di oltre Oceano. Provinciali soltanto e, fra non molto,senza neppure la Provincia. Appiedati del tutto e privati del vecchio usbergo di

Provincicidio premeditato cittadini d’un piccolo dignitoso Capoluogo carico di Storia. Sicché, la riformetta che non serve dovremo solo accettarla senza capirla. Né azzardiamoci a trovare un colpevole se, a giostra conclusa, l’azzeramento del nostro secolare assetto territoriale si rivelerà farmaco più disastroso del male da guarire. E’ la “spending review”, bellezza! “Provincia closed”, direbbe Elsa Fornero la dotta. E se, come prevedibile, il “riordino” cosiddetto fa solo danni, la colpa non è del premier Monti e men che meno del governatore Chiodi. Già lo sappiamo: tutto dipende dalla cura “spending review”. E se davvero non ce la facciamo a capire, aggiorniamoci con un corso accelerato “ad hoc” (anzi,“fitted”). Dal latinorum all’inglesorum, il salto è d’obbligo. Vogliamo finalmente metterci in testa che il progresso cammina, nonostante tutto, e noi cittadini per primi dobbiamo affrettarci al salto qualitativo verso le nuove frontiere globalizzate? Vogliamo o no essere all’altezza dei raffinati nostri governanti? Almeno, capirli quando si decidono a parlarci? Un tempo, per essere o apparire colti e autorevoli, bastava condire il discorso con qualche citazione di latino maccheronico pescata fra sbiadite reminiscenze scolastiche. Ma adesso che neppure i vescovi conoscono più

la lingua morta dei padri? Urge l’inglesorum, di cui ci danno quotidiana lezione gli eruditi di Palazzo Chigi, Elsa Fornero in testa. Aggiorniamoci in fretta. Dopo secoli di Storia, è in arrivo la vendetta della Geografia e porta con sé una rivoluzione copernicana, che trasforma i teramani in aquilani, i chietini in pescaresi. In nome della “spending review” benedetta. Nessuno capisce forse perchè e, soprattutto, sa dire come finirà. Importante è mostrarsi europei. E a morte i provinciali, nel Paese dei conti sbagliati, che ha dimenticato la tabellina, non solo il latino. P.S.-A rifletterci bene, latinorum o inglesorum? Provinciali o europei? Le distanze restano sempre le stesse. Immutabili fra sovrani e sudditi di ieri. Come fra provinciali e élites bocconiane di oggi. Tanto da far concludere ad un acuto commentatore:”Quando ho sentito choosy, ho pensato a quale e quanta distanza ancora separa, dopo 60 anni di democrazia, le classi colte dalla gente comune, anzi, ordinary people,come direbbe Fornero…”. A noi della “Provincia closed” non resta che chiudere con linguaggio démodée: “Ave Caesar, morituri te salutantt”. Così maccheronicamente tradotto: “Ave Governo spending review, li mortacci di quelli che osano salutarti”.


ALLEANZA STRATEGICA PER TERAMO Un patto in grado di dare risposte alle esigenze di crescita e sviluppo. Quale futuro per una città che ha perso occasioni e sta per perdere il capoluogo di provincia? Sindaco, cittadini e opinion leader s’interrogano, cercando risposte e strade percorribili. Avanti, dunque, con “Teramo s’è desta”. E’ il momento del “fare”, più che della distribuzione delle responsabilità per le troppe occasioni mancate. La città va risollevata dalla crisi e dal declino, che non sono di oggi e arrivano da lontano. Da quando non venne indicata una direzione di marcia e il futuro lasciato nelle mani del caso. La crescita, che pure ci è stata, ha avuto il suo sbocco nel provvisorio e nel caos. Ma ora, sindaco Brucchi in testa, si vuole ricominciare e tutti si dicono pronti a partecipare alla ricerca di un piano di rilancio che non c’è e, finalmente, potrebbe esserci. Di questo si è dibattuto in città, sia pure con superficialità e scarsa convinzione, fidu-

ciosi tutti nell’indicare le ricette giuste per invertire la tendenza. Il sindaco Brucchi pensa alla bicicletta e a una pista fra le più moderne d’Europa, alla enogastronomia e ai novemila studenti di una Università da avvicinare di più alla città, colmando il fossato scavato in questi anni di quasi totale incomunicabilità. Con l’auspicio che anche altre istituzioni importanti del territorio (Zooprofilattico, liceo musicale, Collurania, Biblioteca,ecc.) facciano altrettanto, costruendo insieme un progetto vincente. Idea ampiamente condivisa ed approfondita da Luciano D’Amico, il preside-manager impegnato con altri nella costruzione di un progetto in grado di riempire l’attuale vuoto strategico. Si è parlato non a caso di “Consorzio”, ma con un significato diverso e alla rovescia rispetto al passato. Quando il “consorzio” altro non era che un carrozzone di sperperi e clientele assortite. Da costruire, ora, un contenitore di valori e, in primis, un progetto che si sposi con il territorio.

Punto d’incontro di meriti e professionalità derivanti dalla sinergia fra la città, l’università e il mondo delle imprese. Condividere non è difficile. Segnali d’incoraggiamento e partecipazione sono arrivati da ogni parte. Urge adesso approfondire su come realizzare questo “mix” di energie e valori. Fra non molto l’Università rinnoverà i suoi vertici e sicuramente al centro delle future strategie non potrà mancare una più forte alleanza con la città e le sue forze migliori. Non c’è dubbio:si è capito finalmente che se Teramo non potrà vivere senza il suo Ateneo, lo stesso dicasi per l’Università, che in futuro dovrà ricevere tutti i sostegni e l’impegno non avuti in passato. Un ruolo importante tocca alle banche locali, che non potranno solo attingere dal territorio. Mentre continueranno ad avere particolare peso l’apporto e il contributo della Fondazione Tercas, che già in passato ha inciso positivamente sulla realtà culturale e sociale del capoluogo e della provincia. Importante è trovarsi pronti alle nuove sfide, in un patto rinnovato e unitario.


PRESENTAZIONE DOMANDE DI CONTRIBUTO VENERDI’ 21 DICEMBRE 2012

è il termine unico per la presentazione di tutte le domande di contributo alla FONDAZIONE TERCAS per progetti da realizzarsi o avviarsi nell’anno 2013.

Le istanze dovranno pervenire inderogabilmente entro il suddetto termine al seguente indirizzo: Fondazione Tercas, Largo Melatini, 17/23, 64100 Teramo.

Non farà fede il timbro di accettazione postale per cui non saranno prese in considerazione domande pervenute oltre il suddetto termine anche se accettate dall’ufficio postale entro la medesima data. Nel caso di consegna manuale, la proposta dovrà pervenire negli uffici della Fondazione Tercas entro le ore 12.00 del giorno venerdì 21 dicembre 2012. Per leggere gli Avvisi, scaricare i Modelli di Domanda e conoscere le Modalità di Presentazione di ogni tipo di richiesta e/o progetto consultare il sito:

www.fondazionetercas.it


Sprechi delle Regioni (scandali inclusi) Teniamoci i costi delle Regioni e anche gli scandali. La Casta in Parlamento ha detto no alla mannaia per gli sprechi negli enti locali. Le venti Italie, nonostante tutto, non si toccano. La storiaccia, iniziata sabato 1 aprile di 40 anni fa, continua. I “pieni poteri” scattarono sotto una cattiva stella e l’avventura regionale cominciò nel peggiore dei modi. Un autentico “pesce d’aprile”fra perplessità e, fin da allora, cattivi presagi. Molti i problemi emersi alla nascita delle Regioni rimasti irrisolti e ora enormemente più gravi. I debiti di Comuni e Province erano arrivati allora a 10 miliardi di lire, mentre davanti agli occhi c’era già il cattivo esempio delle Regioni a statuto speciale. I riformatori, senza fermarsi, andarono avanti al buio, sperando forse in futuri accomodamenti e, in particolare, sullo Stellone italico. Settori come l’ambiente e l’urbanistica, il turismo e la sanità trasferiti ai nuovi enti senza criteri di razionalità, con il rischio di accrescere disordine e costi. Come in effetti è avvenu-

to. Avvertimenti e perplessità, persino assai autorevoli, non mancarono. Fra tutti, quelli di Luigi Einaudi, che pure ammonì a non creare “altri scatoloni vuoti e carrozzoni dispendiosi”. “Prediche inutili”, le sue. In un articolo di commento su quell’infausto evento del 1972, anno di nascita delle Regioni, è scritto:”...auspicare non basta: occorrono il coraggio e la serietà che sinora hanno fatto clamorosamente difetto. Il rischio che oggi altre 15 repubbliche regionali si aggiungano a quelle nate con gli statuti speciali è serio. Guai se lo Stato si dimostrasse solo l’involucro formale di 20 Italie separate e polemiche”. Mai previsione fu più azzeccata

e adesso ricorda che i “padri fondatori” non si mostrarono più oculati e attenti dei successori sulla scena, che hanno portato a livelli disastrosi una riforma sbagliata e fallimentare, fin dalla prima ora. Dopo le vicende più recenti, sarebbe saggio e opportuno tornare alla radice, azzerando (altro che Province) le venti Italie fuori controllo. Unica via d’uscita, per finirla con i disastri del pesce di aprile di 40 anni fa, liberandoci da una palla al piede che rende il nostro Paese sempre più povero e arrabbiato. Ma è inutile sperarci. “Niente tagli”, insiste la Casta, e avanti con il prossimo scandalo.


LA PALLA A SPICCHI RISORGE CON PENTAPALLA

C

di Franco Massignani

hiusa l’avventura in serie A, il basket teramano riparte dalla C2 grazie alla PENTA BASKET, piccola società supportata da grande entusiasmo con fondate speranze di ben figurare nel prossimo torneo. E’ troppo poco per soddisfare gli esigenti palati di chi era abituato a ben altri scenari? Valga per tutti l’esempio di Gianluca Lulli, che non ha esitato un solo istante ad accogliere l’invito della società e che sarà il punto di forza della squadra insieme ai “vecchi” Matteo Maggioni e Francesco Ciardelli. Emozionanti ed emozionate le parole di Gianluca, grande e umile gladiatore di questo sport, che garantisce tutto il suo impegno e quello dei compagni ma ammette candidamente di non conoscere... la categoria! E allora, forza ragazzi! E’ l’augurio che ci sentiamo di esprimere a chi porta avanti un nuovo progetto con tanta passione, al presidente Raffaele Sannicandro, al coach Giosue Passacquale e ai consiglieri Angelo Albi, Francesco di Giorgio, Adriano Vannucci e Simone Stirpe. Quest’ultimo è il responsabile tecnico del settore giovanile e ci

ricorda che, a dispetto delle difficoltà iniziali, l’attività è ripartita con successo per ogni fascia d’età. Grande cura sarà dedicata ai ragazzi teramani, sui quali la società punta con un progetto di qualità che guarda al futuro. E’ straordinario che l’ultimo giovane portato nel gruppo sia il senegalese Mustafa Diop, scoperto da Stirpe mentre giocava... all’Acquaviva! E’ un piccolo particolare ma la dice lunga su quanto i tempi siano cambiati. Il campionato che ci aspetta non sarà una passeggiata, negli organici di C2 vi sono giocatori stranieri di qualità che scelgono di partire dal basso per fare fortuna.

Tranquilli, la Penta basket Teramo rispetta tutti ma non teme nessuno. Signori, la tessera sostenitore per il prossimo campionato costa 50 euro, in serie A con questi soldi non vi pagavate neanche la poltrocina del magazziniere! Se volete bruciare i tempi, forniamo i numeri a cui potete rivolgervi: 393.5785551.


I PROBLEMI DI MISTER CAPPELLACCI (E QUELLI DEL SIMPATICO CAMPITELLI) di Franco Massignani La Roma fatica perchè ha difensori che perdono palla sulla tre quarti innescando mortiferi contropiedi, il Teramo fatica per la stessa ragione. Ora, i casi sono due: o la Roma ha difensori da serie C o i difensori del Teramo possono giocare tranquillamente in serie A. Noi siamo per la via di mezzo, il calcio è calcio ovunque, in qualsiasi categoria possiamo assistere a gol fantastici o svarioni inenarrabili. Sì, ma con una differenza, i nostri ragazzi del pacchetto arretrato devono cantare e portare la croce. Hanno il compito di difendere, d’impostare il gioco e poi salire in area avversaria per fare gol. Già, perchè se non ci pensano loro, per la squadra sono guai. Gli attaccanti sono in infermeria, se non stanno lì da qualche parte saranno e prima o poi li staneremo. I centrocampisti fanno quello che possono, ma se davanti mancano punti di riferimen-

to non è facile neanche per loro. Chi, invece, a Chieti ci porta alla vittoria è Chovet, un difensore. Noi, inguaribili difensivisti, ci siamo chiesti che cavolo ci stesse a fare un difensore, a tempo ormai scaduto, dall’altra parte del campo invece di presidiare la propria area per incassare un prezioso pareggio! Sono i miracoli dei moduli, degli schemi, degli allenamenti durante la settimana, delle urla dell’allenatore o di coraggiosa incoscienza? Non lo sappiamo, fatto sta che oggi il reparto arretrato biancorosso è sicuramente il migliore della squadra per impegno, spirito di sacrificio e dedizione alla causa. E se i difensori talvolta commettono errori, signori, pensiamo alla Roma di Zeman

e tranquillizziamoci. Come è vergognoso incolpare Zeman per la demenza dei propri difensori, che evidentemente non sono all’altezza della categoria, così è assurdo dare colpa a mister Cappellacci, se la squadra non tira in porta, perchè a questo scopo sono designati principalmente gli attaccanti, ma questi non ci sono. Vogliamo ricordare al simpatico presidente Campitelli, a cui auguriamo tutte le fortune del mondo, che un allenatore non fa le nozze coi fichi secchi, e se l’organico non si rimpingua con un paio di giocatori tosti, cambiare panchina sarà perfettamente inutile. Mala tempora currunt...





Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.