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Allevare un tordo che viene da lontano

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Spazio Club

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di LUCAGORRERI, foto L. GORRERIe D. ZANCHI

Il Tordo Grigio Giapponese, denominato scientificamente Turdus cardis dal 1830 (da Temminck), abita nel Giappone, appunto, e in parte della Cina e dell’Indocina e a volte si può trovare in Cambogia, Vietnam e Tailandia (dove l’ho visto proprio nel 2019). È un Tordo quindi esotico per noi, con una lunghezza di circa 21 cm e un peso medio di circa 60-70 grammi e presenta notevole dimorfismo sessuale. Infatti il maschio, più bello tra i due sessi, è quasi tutto nero con

Il maschio è quasi tutto nero con petto bianco con macchie nere, mentre la femmina è scura tendente al marrone

petto bianco con macchie nere, mentre la femmina è scura tendente al marrone (dorso bruno-olivastro) con addome molto striato e colorazione ruggine chiara ai lati del petto che, nella parte centrale bassa, è bianco con striature scure. Entrambi hanno anello perioculare e zampe di colore giallo, così come il becco che però nella femmina è più scuro nella parte inferiore. I giovani assomigliano alla femmina ma con dorso striato e lati del petto camoscio con chiazze. Il canto assomiglia a

Piccoli di cardis

quello del comune Tordo bottaccio (T. philomelos) ma è maggiormente spezzato. È un alato che migra verso il sud della Cina a partire dalla primavera, mentre in inverno frequenta anche i giardini giapponesi alla ricerca di cibo. Spesso, in inverno, si associa nelle foreste di sempreverdi con il Tordo siberiano (Geokichla sibirica) caratterizzato da una visibile striscia bianca sopra l’occhio che lo differenzia da molti turdidi. Frequenta foreste dense collinari o montuose tra i 400 ed i 1500 mt. di altezza, predilige ambienti ben ombreggiati. In natura, frequenta i boschi con ricca vegetazione dove si ciba di insetti, di frutticini e di piccoli invertebrati che ricerca sul terreno e nella parte bassa del sottobosco dove predilige rifugiarsi. Uno dei frutti che predilige è quello della Schefflera octophylla, pianta presente nei climi tropicali e pianta da appartamento ornamentale usata anche da noi ma che, nei nostri climi, non riesce a fruttificare.

Costruisce un nido a coppa, di solito negli arbusti, formato da radichette, fili secchi erbacei e muschio, che mescola un poco alla terra. Le uova deposte nel nido sono di colore celeste sporco con macchiette da 3 a 6mm che schiudono a 13 giorni; le covate annue sono in media due, a volte tre, in funzione dell’andamento climatico e delle zone di nidificazione. I piccoli escono dal nido a circa 15 giorni dalla nascita ma vengono alimentati ancora dai genitori fino al totale svezzamento. In tali boschi, spesso la notevole presenza di serpenti, che attua una forte predazione di uova e pulli anche di tale specie, condiziona logicamente il numero di covate; inoltre, gli eventi climatici estivi avversi (tipo nubifragi o fortissimi venti) che possono distruggere la covata, inducono la femmina a “ricovare” velocemente. Di tali negatività noi allevatori invece siamo esenti (o quasi, in quanto a volte l’intrusione di un serpente o di un ratto può essere letale per i nostri amici alati) e quindi le covate sono proficue, dandoci la soddisfazione di far crescere dei soggetti sani che rappresentano un turdide di bell’aspetto e colorazione che, se ben accudito, saprà essere docile e ci allieterà con il suo piacevole canto primaverile. Ma vediamo come al meglio poterlo detenere ed allevare.

I piccoli escono dal nido a circa 15 giorni dalla nascita ma vengono alimentati ancora dai genitori fino al totale svezzamento

Essendo una specie esotica e non in Cites, quindi non autoctona, non necessita di autorizzazione alla detenzione anche se è consigliabile detenere soggetti anellati, utili per riconoscere i riproduttori e per dimostrare la nascita in allevamenti amatoriali. I soggetti esotici di solito non possono essere trasportati in aereo e quindi introdotti nella nostra nazione (tramite tale mezzo) già da diversi anni, quindi è ovvio che i soggetti che oggi deteniamo provengono dai nostri allevamenti oppure, se trasportati ed introdotti (es: auto), da allevamenti europei. Questa specie, cosi come la maggior parte dei turdidi, necessita per riprodursi di voliere, meglio se esterne anche se non di rado alcuni allevatori hanno allevato e allevano turdidi in volierette interne. Le voliere devono essere protette dai venti; infatti, il vento rappresenta un fattore climatico molto dannoso per gli alati. Non male il prevedere una parte (1/3) del tetto aperto per far passare pioggia e luce. Mi ricordo, nelle molteplici visite che ho fatto ad allevatori di turdidi comuni, di aver visto in Toscana un allevatore che aveva realizzato, all’interno di stanze di un vecchio casolare rurale, alcune voliere di circa un metro di larghezza e uno e mezzo di lunghezza, alte circa un metro. In tali voliere si riproducevano i sasselli ed uno dei motivi di questa scelta era la difesa dalle zanzare (con semplici zanzariere apposte alla finestra delle stanze), inoltre il minor sbalzo di temperature tra giorno e notte (rispetto a voliere esterne) e la possibilità di intervenire meglio con la luce artificiale per anticipare di due mesi le cove. Infatti, con un idoneo piano programmato di regolazione dell’intensità e quantità di luce artificiale (circa 17 ore), riusciva a far entrare in estro amoroso le coppie dei tordi comuni allevati già dal mese di febbraio, quando invece il periodo naturale è aprile/inizio maggio. In questo modo, giungeva al pieno periodo del caldo estivo con le cove già terminate poiché anticipate con la tecnologia.

Nido con pullus di tordo g. giapponese Coppia di cardis in riproduzione

Logicamente il fotoperiodo può essere applicato anche in voliere esterne dove, partendo dall’inverno, si allungano proporzionalmente i minuti di luce al giorno, inducendo così le coppie a covare. Infatti, in natura (e in voliere anche interne) è la luce che determina la produzione di estrogeni negli uccelli e, quindi, lo stimolo riproduttivo. L’alimentazione aiuta ma in maniera assai minore. Ai turdidi quindi si forniscono alimenti con maggior presenza proteica e lipidica proprio prima della riproduzione (circa un mese e mezzo prima) come i pastoni con insetti. Il fornire gli insetti è, oltre che apporto nutrizionale, stimolo ed eccitazione negli alati che iniziano anche le parate nuziali dei maschi (in molte specie), i quali proferiscono alle femmine gli insetti come atto di “gentilezza”. Da non da dimenticare il fornire integratori con la vitamina E utile per aumentare la fecondità delle uova. Io mi sono trovato bene con diversi prodotti del commercio da aggiungere nel pastoncino da insettivori nelle dosi indicate sulle etichette. Importante anche mettere a disposizione erbe secche e crini, in quanto stimolano alla costruzione dei nidi. La tipologia di materiale da fornire per la costruzione del nido non è da sottovalutare. Nella mia esperienza di allevatore di turdidi esotici e comuni mutati, ho spesso fatto errori che ho anche descritto su alcuni testi e guide sull’allevamento dei turdidi che ho realizzato. Infatti, spesso ho citato di usare i fili di cocco (che usavo anche io in quanto assai presenti negli habitat di molti tordi esotici) che però poi mi sono accorto di essere a volte non idonei in quanto li ho ritrovati nello stomaco dei piccoli, i quali magari a circa 2025 giorni deperivano e morivano proprio a causa della presenza di piccole palline di fili di cocco che si attorcigliavano e non venivano evacuate dagli stessi, creando dimagrimento e deperimento a volte letale. Accadevano due negatività: la prima, che qualche filo del nido entrava all’apice nel becco del pullus che, sentendolo, lo stimolava a continui movimenti di apertura-chiusura bocca ed ingerimento del filo. Oppure, accadeva che frammenti dei fili di cocco rimanevano sul fondo delle voliere e si appiccicavano agli insetti forniti vivi (ecco altro errore, che poi vi illustrerò di seguito). I genitori, infatti, per ucciderli o spezzettarli, sbattevano gli insetti, tipo il prelibato lombrico o la camola, sul fondo delle voliere dove si legavano, appunto, ad un filetto di cocco che quindi andava a finire in bocca al nidiaceo. Anche una elevata carica batterica veniva ingerita, dovuta ai residui terrosi e altresì allo sterco presente sul fondo delle voliere che si appiccicava all’insetto. Fondi delle voliere che logicamente non possono, soprattutto nel periodo riproduttivo, essere pulite molto spesso per non disturbare la riproduzione in atto che potrebbe andare male. Per il Tordo cardis occorre fornire anche una vaschetta con argilla inumidita in modo che possa usarla per impastare un po’ il materiale del nido; questo turdide, a differenza del comune Tordo bottaccio che usa argilla internamente al nido, lo riveste solo esternamente.

Importante anche mettere a disposizione erbe secche e crini, in quanto stimolano alla costruzione dei nidi

Disegni di Turdus cardis (sessi ed età) dal testo Thrushes di P. Clement e R. Hathway della Helm Uno stamm di cardis ad un Mondiale olandese

Femmina di cardis

Per riprendere l’argomento sull’uso di insetti vivi, dopo anni di prove e di confronto con diversi amici allevatori, tra cui ricordo l’esperto Danilo Zanchi della Val Seriana che alleva anche tale specie, a parer mio è consigliabile utilizzare durante la riproduzione (nel restante periodo si possono anche utilizzare con razionalità) insetti congelati come i pinkiese i buffalonei primi 4-5 giorni e poi anche le tarme della farina, i bigattini, i grilli e le camole del miele, lombrichi (sempre tutti congelati logicamente) nei successivi 45 giorni; io poi, a circa 8-9 giorni, li tolgo ai genitori e li allevo a mano per meglio farli addomesticare e renderli più docili. Insetti congelati perché, grazie alla preventiva bollitura, asciugatura e successiva veloce congelazione, sono privi di batteri rispetto agli insetti vivi, batteri deleteri per la poca immunità nei primi giorni dei pulli che subirebbero contaminazioni dannose e a volte letali (pance gonfie, fegato ingrossato, intestino infiammato, presenza di Escherichia colietc. etc.). Da ricordare anche l’utilità dei pinkies o larva di mosca soldato che sono insetti di dimensioni piccole, quindi proprio idonei per l’imbecco dei primi giorni. Altro accorgimento importante da consigliare è quello di spargere almeno 2 volte durante la riproduzione (prima della prima covata e poi prima della seconda, per non disturbare) sul fondo delle voliere un buono strato di torba acida di sfagno da spruzzare ogni tanto con aceto diluito nell’acqua (50 ml litro), in modo da rendere tale fondo acido e quindi tenere lontani i batteri che non prediligono l’acidità. Tale torba è in vendita presso le agrarie o i negozi di giardinaggio, ha un colore mattone ed è venduta anche in sacchi da 50 litri; con 50 litri ci si fanno circa 5 voliere (mt 2 per mt 11,50), proviene dalle sfagnete acide del nord europa (e va usata questa tipologia non altre). Tornando all’imbecco dei pulli(una volta tolti ai genitori all’età di circa 8 giorni) somministro con apposita siringa con tubicino pappa ogni 2 ore circa, dalle 6,30 alle 23 circa, composta da Ornizym Estroso o Gemme (50%) da Cuore di bue macinato (25%) e da Pellet con il 20% di proteine (25%); a volte aggiungo un po’ di ortica essiccata. Ottime anche le Gemme e l'Artificial Insect con le quali ho iniziato una sperimentazione con altri allevatori di turdidi come alimento in sostituzione totale degli insetti congelati durante l’imbecco dei genitori. Ottime per la composizione (circa 35% di proteine) e per la forma poiché, quando bagnate, assomigliano ad un piccolo insetto con forma lunga e fine. Ma riaffronterò tale argomento al termine delle prove, in quanto tale tecnica potrebbe veramente cambiare molto il modo di allevare dei turdidi e degli insettivori. Stiamo lavorando per far abituare gli uccelli ad usare tale alimento per imbeccare direttamente i nidiacei. Un accenno anche alle patologie, sebbene occorra evidenziare che i turdidi sono uccelli robusti che, se ben alloggiati e puliti ed alimentati

I turdidi sono uccelli robusti che, se ben alloggiati e puliti ed alimentati con cura, non presentano poi molte malattie

con cura, non presentano poi molte malattie. Una patologia che si può presentare (dovuta spesso all’ingerimento di insetti vivi) è la verminosi che si combatte usando 2 volte all’anno (prima della riproduzione e prima della muta o ai pullia circa 15-20 giorni di età) il tetramisole in 5 gr nell’acqua da bere per 2 giorni consecutivi. Le batteriosi più comuni, tipo quella da Escherichia coli, si potranno combattere usando un antibiotico (es. gentamicina ma secondo prescrizione veterinaria) per circa una settimana, seguito da un vitaminico (logico in questi casi fare tamponi e poi antibiogramma). Non male nebulizzare nelle voliere 3-

4 volte la settimana, durante la riproduzione, un ottimo disinfettante antibatterico che si può usare anche in presenza dei soggetti (come l’F10). Per evitare la presenza di acari, occorre immettere nel solco scapolare una goccia di ivermectina o fipronil verso marzo e verso luglio, oltre a spruzzare ogni tanto nelle voliere (pareti, posatoi, corridoi, etc.) prodotti ornitologici a base di piretroidi. Per le acariasi delle zampe, che vanno sempre controllate (da scagliosità, rigonfiamenti, etc.) occorre o un po’ di pomata ad uso ornitico. Per ingrossamento del fegato (si nota soffiando sull’alto ventre dove termina lo sterno) ottimo fornire prodotti a base di cardo mariano, fumaria e zinco. Importante non far mancare dei buoni probiotici ai genitori e ai piccoli,

Non dimenticare neppure, nel periodo pre-muta, di fornire sali minerali e molta verdura, soprattutto melanzane, mele e se possibile bacche fresche

Particolare di un maschio di cardis

poiché aiutano ad aumentare le difese immunitarie. Non dimenticare neppure, nel periodo pre-muta, di fornire sali minerali e molta verdura, soprattutto melanzane (aiutano la muta) cachi, fichi,, mele e se possibile bacche fresche. Ma è fondamentale essere seguiti da un bravo veterinario che possa spesso visitare il vostro allevamento; è possibile visualizzare sul sito www.foi.it l’elenco dei veterinari di prossimità specializzati in patologie aviarie. Questi tordi eseguono una muta parziale al primo anno, quando in autunno i maschi mutano il dorso e le ali grigie che poi diventeranno nere per la completa muta dal secondo anno di età; ecco il motivo per cui, visto che il massimo splendore del piumaggio dei turdidi si riscontra a partire dal secondo e terzo anno, sarebbe auspicabile che si consentisse di poter partecipare alle mostre ornitologiche almeno con soggetti con anello di tre anni. Ciò perché fino ai due anni, spesso le dimensioni ed il piumaggio non sono perfetti; da ricordare che anche la maturità sessuale avviene a circa 30 mesi, cioè nella primavera del secondo anno di età. Infatti, a volte le femmine non covano ancora o covano molto tardi. Ci auguriamo che gli organi federali FOI possano affrontare presto anche tali aspetti tecnico-scientifici, così come quello delle categorie dei turdidi comuni mutati che oggi sono carenti, in quanto i giudici e gli allevatori non sono gratificati a dover esporre o giudicare, ad esempio, un Tordo bottaccio satiné a confronto con uno bruno; spesso si decide di non esporre tali soggetti in quanto mancano le categorie appropriate, ma noi allevatori siamo fiduciosi che venga risolta la questione.

La parte conclusiva dell’articolo di Luca Gorreri, lancia un appello verso gli organi Federali FOI, al fine di affrontare il problema delle Categorie a concorso dedicate ai Turdidi che a dir suo risultano numericamente insufficienti ed andrebbero allargate. In due precedenti articoli pubblicati su I.O. (Le Categorie a Concorso che tutti Vorrebbero - Aprile 2020 e Maggio 2020) la CTN-EFI ha avuto modo di dimostrare, at tra verso i dati espositivi degli ultimi due Campionati Italiani (Parma 2018 e Bari 2019), la carenza di soggetti esposti fra Tordi e Storni Indigeni. Infatti a Parma 2018, nonostante nella sezione G delle categorie a concorso EFI fossero state dedicate 6 categorie a concorso per i singoli e 6 per gli stamm fra Tordi e Storni, i soggetti esposti sono stati soltanto 13 distribuiti su tutte e 6 le categorie a concorso. Addirittura, nella categoria Merli a fenotipo classico c’era un solo soggetto esposto, così come nella categoria Merli mutati un solo altro soggetto. Nella categoria Storni a fenotipo classico addirittura, così come in quella Storni mutati, nessun soggetto esposto. Ancora peggio sono stati i numeri dei soggetti esposti a Bari 2019: nonostante nella sezione G siano state dedicate le medesime 6 categorie a concorso per i singoli e 6 per gli stamm, fra Tordi e Storni, i soggetti esposti sono stati soltanto 6 distribuiti su tutte e 6 le categorie a concorso. Addirittura nelle due categorie dedicate ai Merli, e nelle altre due dedicate agli Storni, non c’era esposto nessun soggetto, soltanto 3 soggetti esposti nella categoria Tordi Indigeni (escluso il Merlo) e 3 nella medesima categoria dedicata ai mutati. Se è vero che gli allevatori non espongono in quanto vorrebbero che si dedicassero delle categorie specifiche per ogni mutazione, come mai neanche le categorie a fenotipo classico trovano riscontro di partecipazione a concorso in queste specie? La verità è che queste specie sono molto poco allevate e allargare le categorie a concorso per incentivarne la loro esposizione non risolverebbe il problema!

CARMELO MONTAGNO (Presidente C.T.N.-E.F.I.)

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