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Tate dieci sorelle? Chi sono?
di PIERGIANNIAMERIO, foto P. AMERIOe WIKIMEDIA
Da molti anni colleziono libri e stampe di scienze naturali degli ultimi cinque secoli. Qualche tempo fa sfogliavo il volume di Arthur Gardiner Butler intitolato Foreign Finches in Captivity, edito a Londra da Brumby & Clarke nel 1894, quando mi è capitata sotto gli occhi la litografia di Frederick William Fro - hawk intitolata The Bengalee, cioè “il Bengalese”, con i vecchi nomi scientifici diAidemosyne malabarica e Uroloncha striata. Quando ero ragazzo, negli anni Sessanta, il termine “Ben
A. G. Butler, F. W. Frohawk. London 1894. The Bengalee
galino” era usato per indicare diverse specie di uccellini esotici. La mia prima coppia di Bengalini era in realtà formata da due Diamanti mandarini, che con il Bengala hanno poco da spartire, essendo loro di provenienza australiana. Bisogna osservare che un paio di secoli fa la navigazione era a vela, non esisteva il canale di Suez, quindi tutte le navi, soprattutto britanniche, ma anche olandesi e portoghesi che provenivano da oriente, cioè da Cina, Australia, Sud Est asiatico, facevano evidentemente scalo nei porti indiani situati nel golfo del Bengala, da cui questo termine, poco scientifico, ad indicare diversi tipi di uccellini esotici. Sarà il vizio contratto da ingegnere di pormi degli interrogativi, quando i conti non tornano, per cui mi sono chiesto: come mai in Inghilterra vengono chiamati “Bengalese finches” e analogamente, guarda caso, anche in Giappone, mentre in Francia e Belgio “Moineaux du Japon”, in Germania “Japanische Mövchen”, in Italia “Passeri del Giappone”? Inoltre, in Inghil-
terra vengono chiamati “Bengalesi” gli originali Passeri del Giappone, mentre sono chiamati “Bengalesi continentali” i moderni Passeri del Giappone, in quanto è documentata la loro origine ibrida, avvenuta qualche decennio fa in Belgio e Olanda accoppiando fra loro diverse specie di Lonchuraquali atricapilla, maja ecc..In un articolo pubblicato sull’Avicultural magazine del febbraio 1922, il principe Nabusuke Taka-Tsukasa di Tokio dice di aver scoperto in un vecchio libro l’origine cinese di questi uccelli, senza però approfondire il problema. In Giappone non sono mai esistiti in natura uccelli del genere Lonchura. Questo genere è presente, con varie specie e sottospecie, in un vasto areale che va dall’India al Sud Est asiatico, alla Cina meridionale verso l’Oceano Pacifico fino a Taiwan, cioè molto più a Sud del Giappone. Questo Paese per molti secoli era geograficamente considerato una feudale provincia orientale del grande impero cinese. Era quello che Marco Polo chiama Cipango e che descrive come molto chiuso agli stranieri. E’noto il fatto che per farsi pagare le tasse dai signorotti locali, l’imperatore cinese Kubilai Khan, conosciuto da Marco Polo, approntò una piccola flotta, di sole 4000 navi e 140.000 soldati, che venne bloccata da un gigantesco tifone noto come Vento divino, in giapponese “Kamikaze”. Quindi è chiaro che per approfondire la ricerca bisogna andare in Cina. Ricordo che i famosi bonsai, la cui traduzione è “coltivare in ciotola”, furono introdotti in Giappone da monaci buddisti che erano andati a studiare in Cina circa 1500 anni fa. Le famose carpe Koi, che divennero in Giappone un simbolo della religione Zen, esistevano in Cina da più di due millenni. E che dire della grande varietà di pesci rossi e di cani come i pechinesi, i chow chow ecc.? Ma torniamo all’argomento dello scritto. La dottoressa Erica Elsner lavorò su un folto gruppo di Bengalesi ad Oxford e pubblicò un completo studio sull’Avicultural magazinenei mesi di maggio e giugno 1957. Produsse esperimenti accoppiando varie sottospecie di uccelli del genere Lonchura e specie striata provenienti da aree geografiche diverse, concludendo che il Bengalese è una forma domestica “pura” della Lonchura striata squamicollis (Sharpe, 1890), dimorante nel Sud Est della Cina e non il risultato di supposte ibridazioni con altre specie. In internet
Sharp-tailed Munia (Lonchura striata squamicollis) in libertà. Immagine tratta da: Wikimedia.org, autore: Dibyendu Ash
sono visibili fotografie della Lonchura striata squamicolliscioè la sharp-tailed munia, in italiano Munia dalla coda appuntita, in libertà, scattate in Cina, a gruppi di qualche decina di esemplari. Oggi, cosa che non poteva eseguire la dottoressa Elsner, esiste l’esame del DNA che può confermare questo studio. Qualora i risultati fossero gli stessi, il nome scientifico del Bengalese, o se si vuole Passero del Giap - pone “puro”, dovrebbe essere Lonchura striata squamicollis domestica. Naturalmente lo stesso nome scientifico non può essere attribuito ai Bengalesi continentali, o moderni Passeri del Giappone, poiché si tratta di specie ibride. Una spedizione di questi uccellini risulta effettuata dal porto di Zhapu, situato in Cina nella provincia dello Zhejiang, verso Nagasaki in Giappone, nel 1763. L’acquirente era un monarca federa to, della prefettura di Kyusyu, appassionato collezionista di uccelli. Penso che il motivo dell’acquisto di questi uccellini, più che per motivi estetici, fosse utilitaristico, cioè per usarli come balie per specie più restie ad allevare la prole. Successive importazioni dalla Cina verso il Giappone avvennero, con il crescere degli appassionati giapponesi, fra il 1804 ed il 1829. In Cina questi uccellini sono noti come shÍ jiĕ-mèiche si gni - fica “dieci sorelle”. Negli attuali cataloghi online di alcuni commercianti di uccelli di questo paese sono presenta - te in inglese come ten sisters nannies, cioè “tate dieci sorelle”, grazie alla loro indole, come già detto, di fare da balia ad altre specie più problematiche. Sono presentati nel classico colore marrone della specie selvatica, oppure bianco pezzato con varie tonalità del nero e del marrone, total - mente bianchi con occhi neri o rossi, ciuffati. Considerazioni sull’allevamento di specie in ambiente controllato, dove poi hanno presentato mutazioni, pur restando sempre geneticamente pure, possono essere fatte per il Canarino selvatico. Cosa ha spinto secoli fa gli appassionati ad allevare un abbastanza insignificante uccellino verde come tanti altri? Una caratteristica che i profani doman - dano sempre agli allevatori: canta
bene? Duemila anni fa i latini usavano il verbo canĕreper dire “cantare melodiosamente”. Pertanto è chiaro che i Canarini si chiamino così non perché vengono dalle isole Canarie, ma perché sono i piccoli canori cantori verdi ad aver dato il nome a quelle isole! Già più di quattro secoli fa erano avvenute in cattività mutazioni gialle, bianche, brune. Accoppiando un canarino con i colori della specie selvatica con un lipocromico giallo si ottenevano dei più o meno pezzati giallo verdi come gli Harzer roller. Tuttavia, si trattava sempre di individui geneticamente puri, cosa poi scomparsa nell’ibridazione con il Cardinalino del Venezuela fatta per introdurre il fattore rosso. Personalmente possiedo, da molto tempo, un gruppetto di Bengalesi che uso come balie per i Diamanti di Lady Gould, quando questi rifiutano di allevare la loro prole. Le piccole tate sono commoventi nella cura che dimo stra -
J. L. Frisch (1666-1743).Canarino bianco, giallo, bruno, selvatico, ibrido con Cardellino
no verso creature non sempre loro. Meriterebbero più rispetto da parte di molti allevatori. La stessa dedizione non l’ho osservata, ma anche alcuni amici mi hanno confermato la medesima impressione, nei cosiddetti moderni Passeri del Giappone. Per con cludere: perché Moineaux du Ja - pon, Japanische Mövchen, Passero del Giappone? A mio parere nella seconda metà dell’Ottocento qualcuno ha importato in Europa dal Giappone alcuni di questi uccellini. Probabilmente non era al corrente dei nomi precedenti, per cui decise di chiamarli con il nome del paese esportatore ed il termine si è diffuso anche in Italia. Ma quanto trovo poetico il loro vero nome di “Tate dieci sorelle”!
BIBLIOGRAFIA Jim Warburton: The Origins and History of the Bengalese Finch. http://sibagu.com/china/estrildidae.
Conoscere i volatili Visita presso l’allevamento “Diamanti di Gould” di Fabrizio Cortinovis, socio A.O.B. (Torre De’ Roveri, BG)
La scuola dell’infanzia di Torre De’ Roveri è stata invitata dall’allevatore a trascorre una mattinata diversa, all’insegna del divertimento e della curiosità. Erano circa 70 i bambini accompagnati dalle loro maestre che, intorno alle ore 11 di un venerdi dello scorso Maggio, sono arrivati all’allevamento; qui si sono divisi in gruppi da 10 e hanno pian piano incominciato i diversi tour, seguiti da Fabrizio e dalla figlia Veronica. I restanti gruppi, intanto, attendevano incuriositi. Durante i minitour i bambini sono stati davvero partecipi: vi era chi domandava, chi aiutava e chi invece in silenzio ascoltava e apprendeva; le domande più frequenti, dati anche i colori di questi uccellini, sono state: - Come e quando si riproducono gli uccellini? - Perché sono così colorati? - Chi è il maschio e chi la femmina? - Cosa mangiano? Altri invece erano anche interessati alle attrezzature da lavoro. Alla fine della visita, Fabrizio e la sua famiglia hanno offerto una merenda ai bambini che, ancora increduli per lo splendore di questi volatili, si sono radunati in cerchio per porre ulteriori domande. Fabrizio ha regalato ai piccoli vari opuscoli FOI, nei quali vengono illustrate le storie dei vari uccelli. È stata una mattinata di pura ornitologia e di insegnamento, sperando che le accurate spiegazioni dell’allevatore Fabrizio portino, in un futuro, qualche bimbo ad appassionarsi come lui.