Anno della fede 2013 Omelia ordinazioni 29 giugno
La fede del sacerdote
Credere in Cristo Carissimi, siamo nell’Anno della Fede e in questo tempo siete ordinate nel giorno in cui si ricordano i due grandi apostoli, Pietro e Paolo. Persone che le Scritture ci tramandano in tutta la loro umana povertà, con i loro peccati, le loro debolezze ma anche la loro grande fede. Appunto sono grandi per la loro fede. Hanno creduto in Cristo e per mezzo della loro fede in Gesù hanno vinto le loro debolezze. Ma cosa significa credere in Cristo se non vivere di Lui? La fede cristiana non è soltanto un’adesione intellettuale al Vangelo è incontro, evento, esperienza di Cristo Gesù. E’ folgorazione, è intimità è comunione sino al punto di fare nostro in tutto il cuore i sentimenti di Gesù. Credere in Cristo per un sacerdote come per ogni altro cristiano quindi vorrà dire non soltanto confessarlo, non soltanto ricevere da lui, ma innanzitutto ascendere a lui con tutto se stessi. Questo è il senso del comando della sequela e dell’ascesi soprattutto per un sacerdote. E non c'è altro modo di credere in Cristo se non quello di accettare la sua fede come nostra fede, il suo amore come nostro amore, il suo desiderio come nostro desiderio. Non vi è Cristo, infatti, al di fuori di questa fede, di questo amore, di questo desiderio; solo se condividiamo i suoi sentimenti possiamo conoscerlo, lui che è la fede e l'obbedienza, l'amore e il desiderio. Credere in lui e non credere a ciò in cui egli ha creduto, non amare ciò che egli ha amato e non desiderare ciò che egli ha desiderato, significa non credere in lui. Separarlo dal contenuto della sua vita, attendere da lui miracoli e aiuto senza fare ciò che egli ha fatto, chiamarlo «Signore» e adorarlo senza fare la volontà del Padre suo, non è credere in lui. Noi siamo salvati non perché crediamo nel suo potere «soprannaturale» - di una tale fede, non sa che farsene! -, bensì perché accettiamo con tutto il nostro essere e facciamo nostro il desiderio che riempie la sua vita, che è la sua vita stessa, e che lo porta a discendere nella morte e a sopprimerla.
Cristo è stato incoronato di spine, non pensi un sacerdote di essere incoronato di rose Cristo ha salvato e salva con la sua morte e resurrezione. Il cuore della fede cristiana è appunto il mistero pasquale significato dal sacramentale sacrificio eucaristico, segno e simbolo di tutta la vita sacerdotale, luogo di epifania e di salvezza per tutta l’umanità.
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Ma il mistero pasquale è mistero di morte e resurrezione e credere in Gesù vorrà dire rendersi disponibili come Gesù ad una kenosi, ad una umiliazione senza limiti, obbedienti sino alla morte e alla morte di croce. Il desiderio quindi di vivere la propria fede in modo tale che questo possa essere realmente definito e sperimentato come morte e risurrezione è dunque il primo frutto, il primo effetto della fede stessa, dell' assimilazione alla fede di Cristo. Non è possibile, in effetti, conoscere Cristo senza desiderare di essere liberati completamente da questo mondo che, come Cristo ci ha rivelato, è asservito al peccato e alla morte e al quale egli stesso, pur vivendovi, è realmente morto, morto alla sua sufficienza, alla concupiscenza della carne, alla concupiscenza degli occhi e alla superbia della vita (cf.1Gv 2,16), che riempiono e determinano questo mondo, morto alla morte spirituale che vi regna. “Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio!” 1 Non è possibile conoscere Cristo senza desiderare di essere con lui là dove egli è. (cf. Col 3, 3). Insomma, non è possibile conoscere Cristo se non si desidera bere il calice che egli ha bevuto ed essere battezzati con il battesimo con cui egli è stato battezzato (cf. Me 10,38); in altre parole, se non si desidera quell'ultimo incontro e quell'ultima lotta con il peccato e la morte che gli ha fatto dare la propria vita per la salvezza del mondo. Così la fede non solo ci spinge a voler morire con Cristo, ma è essa stessa questo desiderio. E senza questo desiderio la fede non è più fede, ma semplice ideologia, inattendibile e aleatoria al pari di qualsiasi altra ideologia. È la fede che richiede il battesimo, è la fede che sa che il battesimo è realmente la morte e la risurrezione con Cristo.2 “Cari Ordinandi, è là che ci vuole condurre il Buon Pastore! E’ là che il sacerdote è chiamato a condurre i fedeli a lui affidati: alla vita vera, la vita «in abbondanza» (Gv 10,10). «Il buon pastore dà la propria vita per le pecore» (Gv 10,11). Gesù insiste su questa caratteristica essenziale del vero pastore che è Lui stesso: quella del «dare la propria vita». Lo ripete tre volte, e alla fine conclude dicendo: «Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio» (Gv 10,17-18). E’ questo chiaramente il tratto qualificante del pastore così come Gesù lo interpreta in prima persona, secondo la volontà del Padre che lo ha mandato. La figura biblica del re-pastore, che comprende principalmente il compito di reggere il popolo di Dio, di tenerlo unito e guidarlo, tutta questa funzione regale si realizza pienamente in Gesù Cristo nella dimensione sacrificale, nell’offerta della vita. Si realizza, in una parola, nel mistero della Croce, cioè nel supremo atto di umiltà e di amore oblativo. “3 Diceva l’abate Teodoro Studita: «Per mezzo della croce noi, pecorelle di Cristo, siamo stati radunati in un unico ovile e siamo destinati alle eterne dimore»4. 1
Colossesi 3,1-3 A. Schmemann, D'eau et d'esprit, pp. 106-108 3 Benedetto XVI, 29 aprile 2012 2
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Sia così anche per voi cari Luca, Luigi, Michele e Rosario. Scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi dunque di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Ma sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in modo perfetto. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete grazie! La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. 5 C'è un aspetto particolare nei martiri dei nostri giorni ad esempio don Pino Pugliesi essi sono uccisi non tanto perché credono, ma perché amano; non in odio della fede, ma in odio dell'amore. Sia questa la vostra testimonianza: martiri dell’Amore. + Simone, Vescovo
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Discorso sull’adorazione della croce: PG 99, 699 Colossesi 3, 12-16
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