La Settimana n. 7 del 17 febbraio 2013

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IL GRANELLO di senape di mons. Alberto Ablondi

Via del Seminario, 61 57122 Livorno tel. e fax 0586/210217 lasettimana.livorno@tiscali.it Notiziario locale

Direttore responsabile Andrea Fagioli Coordinatore diocesano Nicola Sangiacomo Reg. Tribunale Firenze n. 3184 del 21/12/1983

17 febbraio 2013

FAMIGLIA In corsa per la felicità

così triste che spesso gli interessati sposi, sacerdoti, religiosi o lavoÈ ratori non riescano ad approfondire abbastanza la loro vocazione e non la vivano più intensamente. Ed è altrettanto triste che chi incontra queste vocazioni non sappia precisamente che cosa significano; invece di vedere in esse delle testimonianze, ma tutte belle, dell’amore del Signore. Ma mi pare anche che essere vigilanti e attenti voglia dire saper vedere i vari bisogni: e saperli vedere tutti nella Chiesa e nel mondo, nei vicini e nei lontani. Senza essere trattenuti inutilmente da bisogni che forse non ci sono più; e senza essere ciechi di fronte ai nuovi che invece si impongono con urgenza. È questo un problema di carità che nella Chiesa tocca ogni persona ed ogni Comunità, piccola o grande. (Dall’invito al Sinodo 30 novembre 1980)

UN DOCUMENTO per il bene della città

Livorno, amica della Famiglia Quattro proposte concrete di intervento a sostegno delle famiglie del territorio, scritte dal gruppo di cattolici impegnati in politica riuniti con ilVescovo nel Progetto Culturale diocesano. Il documento sarà la base per un’iniziativa politica che esponenti di partiti diversi porteranno in Consiglio Comunale

enerdì prossimo 15 febbraio alle 17.30, nella sala della Provincia di Livorno sarà presente il sociologo Sergio Belardinelli, docente all’Università di Bologna e coordinatore degli eventi del Progetto Culturale Nazionale. Invitato dalla Diocesi a parlare della famiglia, il professore illustrerà un recente studio, realizzato da alcuni specialisti, sulla tipologia di famiglia che secondo le statistiche riesce oggi ad essere un luogo di educazione vera, di formazione dell’individuo, di accoglienza, dove insomma un bambino e poi un giovane può incontrare la felicità e crescere così con le spalle forti per affrontare la vita.

V

Al termine della conferenza, il Vescovo ha invitato i candidati alle prossime elezioni politiche ad esprimersi sul documento per nuove politiche familiari (che trovate in questa stessa pagina ndr), stilato da un gruppo di cattolici impegnati in politica appartenenti a diversi schieramenti, che da tempo si incontrano, alla presenza di monsignor Giusti. Il documento sarà presentato al Consiglio Comunale di Livorno e a quelli dei Comuni del territorio diocesano. In attesa di ascoltare il relatore, pubblichiamo alcuni brani dell’intervista al sociologo Pierpaolo Donati, docente collega di Belardinelli, autore di «La famiglia. Il genoma che fa vivere la società (Rubbettino,

pp. 248, euro 12)», intervista realizzata dal giornalista Zanini, uscita sul quotidiano Avvenire nei giorni scorsi.

La famiglia artificiale «La società contemporanea afferma il sociologo ritiene che il moltiplicarsi delle forme di famiglia sia un aumento di libertà per gli individui e quindi un progresso, invece è un regresso culturale. Un’illusione che non ha alcun riscontro scientifico. Un’illusione collettiva alimentata dall’ideologia e dai media che inseguono un mito di società felice che è in realtà un grande inganno»....«la famiglia intesa in senso naturale è il contesto più logico per far nascere e crescere i valori essenziali alla base di ogni società che si proponga di durare nel tempo. Il libro mostra le ragioni scientifiche per cui questa concezione di famiglia, la famiglia naturale, resta la migliore». «Convivenze, unioni di fatto, coppie gay, aggregazioni opportunistiche... si suppone che siano tutte forme equivalenti, come quando si dice che una coppia omosessuale possa essere anche più capace di cure nei confronti dei bambini rispetto a una coppia etero. Insomma, non c’è più la famiglia, ma le famiglie. Ma dal punto di vista scientifico queste affermazioni sono errate, perché una simile pluralità di forme familiari, per esempio, genera una società più discriminante». «Nel futuro la forma di famiglia sarà sempre più

determinante agli effetti del benessere e della felicità delle persone in quanto è scientificamente dimostrato che le forme familiari non sono equivalenti, ma incidono in modo diverso sulla salute, l’istruzione, il lavoro e in generale sulle possibilità di vita delle persone... esistono decine di studi (fra i più recenti: Mark Regnerus, Università del Texas, su Social science research) che dimostrano che c’è enorme diversità fra i bimbi cresciuti da coppie omosessuali e quelli cresciuti in coppie etero, come ce ne sono fra bimbi nati in una famiglia eterosessuale stabile e quelli nati da matrimoni instabili, da coppie di fatto, da separati e via dicendo». Riguardo ai figli delle coppie gay continua Donati - «Da indagini effettuate su alcune migliaia di adulti cresciuti in coppie omosessuali in Paesi dove queste sono realtà assodate, risultano dati molto negativi: hanno una percentuale tre volte superiore di propensione al suicidio; una propensione tre volte superiore di tradimento del partner; una percentuale cinque volte superiore di disoccupati; ricorrono tre volte di più a terapie psicologiche... non è un

giudizio morale ma una presa d’atto». C’è un nesso fra la crisi della famiglia e la crisi della società? «Diciamo spiega il professore - che l’annullamento di quello che definisco il genoma della famiglia coincide con l’ingresso nella famiglia delle logiche di mercato. Per cui ci si aggrega in funzione della maggiore convenienza o del maggior piacere sessuale. Questo conduce a ciò che Tocqueville definiva una società individualista, in cui viene meno la coscienza sociale, la responsabilità verso il bene comune e dove il sistema politico o quello economico possono agevolmente dominare sulla massa degli individui privatizzati».

1. TUTELA DELLA VITA UMANA. Servizi socio sanitari pubblici e privati per la promozione della maternità e della paternità, sostegno economico alle famiglie con neonati La vita umana è tutelata dalla Costituzione, dalle leggi dello Stato, dall’Unione Europea. Il principio irrinunciabile di qualsiasi politica orientata al benessere della popolazione non può prescindere dal diritto fondamentale alla vita proprio di ciascun essere umano. Vanno quindi evidenziati ed attuati interventi di sostegno alla vita a cominciare dal suo concepimento, nel suo svilupparsi, e sino alla sua fine naturale. Tutelare la vita, incentivare il coraggio di generare figli, sostenere i genitori nell’affascinante avventura dell’educazione dei figli sono fattori che aumentano il benessere di tutta la società. Occorre quindi promuovere politiche di incentivo alla natalità, di estensione dei servizi per la prima infanzia, di assistenza alle famiglie bisognose e di quelle con disabili, di sostegno alle donne in gravidanza che necessitano di accoglienza (valorizzando, ad esempio, il progetto Mamma Segreta realizzato dalla Regione Toscana), di promozione dell’istituto dell’adozione e dell’affido familiare. Nella limitatezza delle risorse disponibili, occorre riqualificare la spesa destinata al sociale e riequilibrarla a favore delle giovani generazioni per offrire una prospettiva di futuro alla città. 2. POLITICHE ABITATIVE FAMILIARI Integrazione nel piano regolatore degli interventi di politiche abitative familiari, di urbanistica ambientale, di individuazione degli spazi associativi per i giovani e per lo scambio intergenerazionale, di accesso ai servizi La città a misura d’uomo e di famiglia è un progetto sostenuto dall’Associazione nazionale comuni italiani (Anci). Negli strumenti di pianificazione urbanistica devono essere introdotti strumenti per migliorare la vivibilità della nostra città, partendo dal principio che la famiglia deve essere posta al centro della società. Ciò comporta che l’amministrazione

comunale sia attenta a tutti gli aspetti attinenti alla vita delle famiglie come le scuole, la formazione, la conciliazione famiglia/lavoro, i trasporti, l’arredo urbano, l’ambiente cittadino. In questo senso promuove, incentiva e sostiene tutte le iniziative, anche non pubbliche, che mirino ad agevolare lo sviluppo armonico delle famiglie, soprattutto di quelle che vivono situazioni di maggiore difficoltà, come le famiglie con disabili e quelle molto numerose, e che rischiano di essere coinvolte nel fenomeno delle nuove povertà 3. INTRODUZIONE DI MISURE DI EQUITÀ FAMILIARE NELLA FISCALITÀ COMUNALE attraverso la revisione delle soglie Isee, l’applicazione della Tares, la modulazione delle rette comunali e delle imposte locali secondo un principio di equità che agevoli le famiglie con carichi familiari, con disabili e le famiglie numerose. Le amministrazioni comunali stabiliscono l’ammontare delle addizionali comunali Irpef e Imu, le tariffe per i servizi e i rifiuti (Tares), quelle per i trasporti, le soglie dell’Isee per l’accesso ai servizi erogati dal Comune in ambito sanitario, sociale, socio-sanitario, tenuto conto delle opportunità consentite dalle leggi promulgate dal Parlamento e/o dalla Regione. I Comuni possono contribuire efficacemente a promuovere il benessere sociale attraverso la valorizzazione della famiglia in quanto portatrice di interessi, istanze economiche. Occorre quindi rafforzare e rimodulare le misure specifiche per il calcolo dei carichi familiari, per le famiglie con figli numerosi, con disabili a carico, con neonati, con bimbi in età scolastica. Tra queste sembra opportuno far riferimento anche al Fattore Famiglia, già adottato da alcune amministrazioni locali in Italia, quale elemento di valorizzazione della risorsa familiare nell’ambito dell’economia complessiva dell’ente pubblico. 4. INTERVENTI DI INTEGRAZIONE CULTURALE PER L’ACCOGLIENZA E LA MULTICULTURALITÀ DELLA SOCIETÀ La società multiculturale in continua evoluzione non può lasciar fuori dall’attenzione dei Comuni le famiglie degli immigrati. Questi cittadini, che hanno il dovere di rispettare i principi della Costituzione italiana, devono godere, come tutti gli altri, di servizi a misura, a partire dalla possibilità di capirsi nel mettersi in relazione con l’ente locale. Quindi occorre che le amministrazioni locali promuovano iniziative concrete per arrivare a una vera città dell’accoglienza.


II

TOSCANA OGGI

LA SETTIMANA DI LIVORNO

17 febbraio 2013

La Messa e la visita in ospedale

Nella giornata del malato a celebrazione della Giornata del LMadonna Malato in occasione della festa della di Lourdes, è stata caratterizzata dalla notizia eclatante delle “dimissioni del Papa”. Monsignor Giusti all’inizio della celebrazione eucaristica che si è tenuta nella cappella dell’ospedale, ha infatti sottolineato come in questa Giornata, a noi cara perché ricordiamo le apparizioni della Madonna a Bernardette, tutta la Chiesa e il mondo intero hanno vissuto momenti di sconcerto e di sconforto, alla notizia che il Papa, dal 28 febbraio prossimo, si ritirerà in preghiera presso le Suore del Carmelo nel Vaticano stesso. Questa notizia va letta invece alla luce di quanto già lui aveva detto in Germania nel 2010 quando in un discorso pubblico presentava i criteri con i quali il Papa può e deve dimettersi quando le circostanze lo richiedono. Se poi guardiamo al messaggio della Quaresima che Benedetto XVI ha scritto, ci accorgiamo come il suo invito a credere nella Carità significa avere fede in Dio stesso che è carità dalla quale nasce da parte nostra un atteggiamento di umiltà dove “tutti siamo importanti, ma nessuno è indispensabile, mentre la preghiera ha il primo posto, e questa il Papa l’ha scelta come modo di vita nel suo ritiro nel monastero”. Il Papa come Mosè continuerà a sostenere la Chiesa; c’è bisogno ora di persone come Giosuè che nella piana affrontino le battaglie con la forza dell’amore. Benedetto XVI ha ben compreso che non è importante il posto che ricopre, ma una vita di fede che vissuta nella preghiera può sostenere la Chiesa e lasciare che Dio provveda ad Essa. Monsignor Giusti durante l’omelia ricordando il secolo

XIX in cui si sono compiute le apparizioni, ha evidenziato come la Chiesa stesse vivendo momenti assai difficili, perseguitata sia dalla Rivoluzione Francese che da Napoleone. Maria fece sentire la sua presenza non solo a Lourdes ma anche a De Lubac e a La Salette. Le persone che Maria sceglie non sono certo i grandi della terra ma gli umili, gli illetterati. Bernardette come Maria può innalzare il Magnificat perché nell’umiltà della sua persona e della sua vita ha sempre e soltanto confidato in Dio e chi si reca a Nevers a visitare la sua salma, può vedere nella seraficità del suo volto l’espressione di colei che ha atteso le braccia di Maria per poter essere presentata al cospetto di Dio. Monsignore ha quindi ringraziato il personale medico e paramedico, le associazioni di volontariato che operano nell’ospedale che come il buon samaritano si fanno prossimi e curano le ferite del corpo e dello spirito di coloro che soffrono. A conclusione della celebrazione il Vescovo ha visitato il reparto di cure palliative e alcuni volontari si sono recati ad ostetricia e ginecologia per dare un omaggio alle neo mamme. Monica Cuzzocrea

■ FEBBRAIO PER LA VITA: SCIENZA E FEDE IN JÉRÔME LEJEUNE

«Un piccolo d’uomo è un uomo piccolo» Al convegno “In nome della verità”è stato ricordato il medico che identificò nella trisomia 21 la sindrome di Down

DI

MAURO DONATEO

a genetica moderna si riassume in questo credo elementare: all’inizio è dato un messaggio, questo messaggio è nella vita, questo messaggio è la vita. Vera e propria perifrasi dell’inizio di un vecchio libro che ben conoscete, tale credo è quello del genetista più materialista possibile…». Così si esprimeva Jérôme Lejeune nei confronti della vita, e da questo discorso si può comprendere la sua persona. Il medico genetista da una parte, e l’uomo di fede dall’altra. Ha difeso la vita, soprattutto i più “deboli”, animato sempre dalla convinzione delle parole di Gesù, «tutto quello che avete fatto a uno dei più piccoli di questi miei fratelli, lo avete fatto a me». Infatti, è con questo spirito che nel 1959, dopo anni di ricerca per curare la sindrome di Down, ne identifica la causa nella presenza di un cromosoma in più nella coppia ventuno, ovvero la "trisomia 21". Lejeune, insomma, è stato un esempio di come la scienza debba essere a disposizione del bene delle persone e non il contrario, come invece hanno fatto suoi diversi colleghi, sfruttando le sue scoperte per fini eugenetici. La Diocesi ha voluto ricordare la figura di questo medico, all’interno degli incontri dedicati al Febbraio per la Vita. Tra i vari ospiti c’era anche l’on. Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita. Il convegno si è tenuto nella Sala della Provincia, di fronte a un discreto pubblico. Prima dell’inizio dei lavori, è stato proiettato il video “Checco, il veloprotto lento”, realizzato da Alessandra Battaglini e Gianluca Neri, in cui tramite la favola si cerca di spiegare ai bambini (ma anche adulti) il valore della diversità. Dopo di che sono iniziati i vari interventi, moderati dal dottor Andrea Rossi, presidente del SAIS di Livorno. Il primo a parlare è stato il dott. Daniele Tornar, presidente dell’Associazione Italiana Persone Down di Livorno, il quale ha sottolineato come lo scopo principale di Lejeune fosse curare la malattia, non sopprimerla e che «occorre difendere la vita da coloro che la minacciano», come, ad esempio, l’ipotesi di una legge danese che favorisca la diagnosi prenatale e l’eventuale aborto, in caso di

«L

feto affetto da sindrome Down. La prof.ssa Lucia Gelli Pratesi, insegnante e biologa, ha illustrato brevemente la vita di Lejeune, evidenziando l’importanza del medico francese per la citogenetica e di come egli fosse convinto di poter curare l’embrione malato tramite l’amniocentesi. Il dottor Luca Mastrosimone, presidente dell’Associazione Cattolica Operatori Sanitari di

Livorno, ha parlato, invece, dei pericoli dell’eugenetica e di chi la promuove in difesa della qualità della vita. Mastrosimone ha messo in evidenza anche la questione dell’obiezione di coscienza da parte dei medici, di fronte a proposte contrarie ai loro principi, «visto che è un diritto e che esiste anche nei casi della vivisezione degli animali, perché criticare chi lo esercita nei confronti delle persone umane?». Infine, è intervenuto l’on. Carlo Casini, il quale ha ricordato che il motto di Lejeune (cha ha conosciuto di persona) era lo stesso che aveva difeso i neri americani contro il razzismo: “A man is a man”, e che il genetista tendeva a tradurlo in “un piccolo d’uomo, è un uomo piccolo”, portando avanti la sua battaglia in difesa della vita sin dal

concepimento e dei “suoi ragazzi”, i down, che amava profondamente. L’onorevole ha continuato il suo discorso parlando del dramma dell’aborto, definendolo, con le parole di Madre Teresa di Calcutta, «il principio che mette in crisi la pace». Infine, ha presentato l’iniziativa “Uno di Noi”, promossa dal Mpv. Si tratta della raccolta di almeno un milione di firme in diversi paesi europei, affinché possa essere discussa a Bruxelles la loro proposta, ovvero che l’Ue interrompa i finanziamenti per la sperimentazione degli embrioni umani e di altre attività che distruggono la vita. A concludere i lavori è stato monsignor Simone Giusti, il quale riferendosi al periodo elettorale (ma anche più in generale), ha ribadito più volte che «l’origine della crisi che stiamo vivendo risiede nella decadenza culturale, e che in Occidente c’è il rischio di un nuovo crollo a causa dei barbari, con la differenza, però, che stavolta l’imbarbarimento venga da dentro. Abbiamo dimenticato che cos’è l’uomo». Il Vescovo ha terminato dicendo che non è questione di schieramenti politici, ma di valori e «uccidere un bambino è un assassinio».

La biografia di Lejeune - 13 giugno del 1926: nasce a Montrouge. - 1944-1951: studia Medicina a Parigi. - 1958: scopre insieme ad altri due colleghi scopre la causa della sindrome di Down, la trisomia 21. L’anno successivo pubblicano ufficialmente le loro ricerche. In seguito Lejeune riuscirà a descrivere anche la Sindrome del grido di gatto, detta poi Sindrome di Lejeune. - 1969: ottiene il premio William Alan. In agosto a San Francisco si pronuncia pubblicamente contro la proposta di legge di far abortire feti affetti da sindrome Down, dirà infatti: "To kill or not to kill, that is the question". La sera stessa telefonando alla moglie, ammetterà "oggi mi sono giocato il Nobel". - 1974: diventa membro dell’Accademia Pontificia delle Scienza. - 1981: è eletto all’Accademia delle Scienze Morali e Politiche. Insieme ad altri colleghi della Pontificia, partecipa alla missione nell’URSS per spiegare le pericolose conseguenze delle armi nucleari. - 1994: nonostante sia gravemente malato, Giovanni Paolo II lo nomina presidente della Pontificia Accademia per la Vita. Dopo un mese, domenica 4 aprile, giorno in cui si celebra la Pasqua, Lejeune muore a Parigi. - 2007: è stata aperta la causa di beatificazione nei suoi confronti. La Chiesa lo ha dichiarato Servo di Dio.


TOSCANA OGGI

LA SETTIMANA DI LIVORNO

17 febbraio 2013

Un giovane a pochi giorni dalle elezioni

UNA STORIA per non dimenticare

LA FAMIGLIA AL CENTRO DELLA POLITICA

Sono viva per il coraggio di chi si è ribellato La testimonianza di Daniela Sarfatti, una donna ebrea che ha conosciuto il dolore del suo popolo e la barbarie della Shoà DI

BENEDETTA AGRETTI

uesta storia, rispetto ad altri racconti di sofferenza, è principalmente una storia di salvezza, una storia a lieto fine. È la storia di Daniela Sarfatti, una signora ebrea, nata a Roma nel 1944, non per caso. Con piglio deciso, intervallato da attimi in cui l’emozione vibra nelle parole, Daniela ricorda gli avvenimenti che hanno portato alla sua nascita, nel contesto storico che tutti purtroppo conosciamo: una storia quindi, sì di sofferenza, ma anche un giusto tributo alla generosità di quelle poche persone che hanno avuto il coraggio di ribellarsi a un sistema marcio e crudele.

Q

LE LEGGI RAZZIALI E LA FUGA Ma per ricostruire tutta la vicenda è necessario fare un salto indietro di qualche anno, fino al 1938 quando furono promulgate le odiose leggi razziali. I genitori di Daniela erano veneziani, il padre era funzionario al Banco di Roma e nel novembre del 1938 venne licenziato in modo repentino e brutale, tanto che gli fu impedito persino di arrivare alla propria scrivania per ritirare gli oggetti personali. Daniela ricorda ancora la rabbia di suo padre quando le raccontava che, lo stesso giorno del suo licenziamento, in Piazza San Marco veniva accolto con una fastosa cerimonia re Vittorio Emanuele: proprio lui, il responsabile della firma sulle leggi razziali. Tuttavia il padre di Daniela aveva attitudini notevoli per l’epoca, parlava tre lingue ed era ragioniere, per cui riuscì a trovare dei lavori clandestini che gli permisero di sopravvivere assieme al fratello minore e alla madre malata. Nel 1943 si sposò con Regina, madre di Daniela. Il matrimonio fu celebrato in casa dei nonni materni da un rabbino ceco, in seguito deportato ed ucciso ad Auschwitz. Dopo poco tempo la situazione precipitò: Regina rimase incinta, mentre le condizioni della nonna paterna peggioravano. Fu allora che un amico di famiglia avvisò il padre di Daniela che erano cominciati i rastrellamenti.

arlare di politica in modo Pprendere distaccato, neutrale e senza posizioni non è affare

La sua vita a Livorno ssendo nata nell’aprile del 44, non ho alcun ricordo «doERoma diretto dell’esperienza vissuta,avevo solo 2 mesi quanfu liberata. Mia madre invece è rimasta segnata tutta la vita, piena di ansie, insonne e depressa per lunghi periodi. Mi ha trasmesso la paura fobica dei cani mai superata, ma per il resto ho avuto una vita serena. Ho conosciuto mio marito a una festa a Firenze. Ci siamo fidanzati nel 67;appena laureata mi sono sposata e son venuta a Livorno dove mio marito risiedeva dal 56». Daniela ha insegnato inglese e realizzato con Margherita Ascarelli e Jenny De Paz la mostra «1938. La scuola ebraica di Livorno: una alternativa alle leggi razziali». È stata guida al Museo ebraico Yeshiva Marini e ha collaborato a vario titolo con la Comunità ebraica di Livorno. Attenta osservatrice dei processi di cambiamento sociale e sostenitrice di politiche a favore delle persone svantaggiate, ha scritto il libro «Luda e le altre. Antologia di autobiografie di donne dell’est. La forza delle donne», Livorno, Belforte, 2007. Ha pubblicato inoltre due raccolte di barzellette: «Ridi che ti passa» e «Non solo barzellette», per Felici editore.

La fuga fu inevitabile: dapprima la famiglia si trasferì a La Favorita, un paesino nell’entroterra tra Mestre e Treviso, per poi fuggire alla volta di Marano Veneto. Nella precarietà di un situazione sempre più pericolosa, fu poi presa la decisione di arrivare fino a Roma, nella speranza di essere accolti in Vaticano. Fu un viaggio terribile, compiuto interamente sotto i bombardamenti, alla fine del quale la speranza di trovare rifugio in Vaticano venne vanificata. Nonostante la sorte avversa, però, il padre di Daniela riuscì a trovare, grazie all’aiuto di un cugino, quello che doveva fungere da appartamento, ma che in realtà era uno scantinato maleodorante. I componenti della famiglia, tutti con identità rigorosamente falsa, cooperavano come potevano per riuscire in qualche modo a sopravvivere in un clima ormai imbevuto di odio e propaganda.

III

UNA NASCITA DIFFICILE Fu in quello scantinato che Daniela vide la luce: fu un parto tremendo, che richiese l’uso del forcipe e36 punti di sutura. Il padre, disperato, andò in cerca di un medico e gli fu indicato il professor Quattrocchi, il quale si precipitò a prestare aiuto senza volere una lira in cambio: si scoprì più tardi che aveva la moglie ebrea. Quando nacque Daniela, gli zii materni vennero a trovarla. La madre, con l’ingenuità di chi non si aspetta che la situazione possa ulteriormente precipitare, li presentò usando dei cognomi ovviamente falsi.

Accadde purtroppo che qualcuno fece una spiata. Si presentarono allora nello scantinato sette soldati della Gestapo e un fascista che rastrellarono la famiglia, mandando il padre a Le Mantellate e la madre a Regina Coeli. Fu in quel frangente che la madre di Daniela fu sottoposta a un durissimo interrogatorio, al fine di estorcerle i nomi e gli indirizzi dei fratelli. Regina resistette alle percosse e al terrore scatenato dalla minaccia di un’ultima misura coercitiva: quella di dare la bambina appena nata in pasto ai cani alsaziani. Purtroppo la conseguenza di tanta violenza fu la perdita del latte. Fu allora che le altre detenute presenti in quella cella comune, tra le quali c’era un’assassina, compirono un atto estremo di generosità: impegnarono le loro collanine dandole alle suore e, così facendo, riuscirono a comprare del latte artificiale. È con commozione che Daniela ricorda le compagne di cella della madre. È anche grazie a loro se è viva. Così come è grazie alla generosità di un cugino che rischiò la vita facendo il doppio gioco e fingendosi fascista, che la famiglia di Daniela riuscì ad ottenere un permesso di scarcerazione. Una volta liberati si rifugiarono in un convento di suore di clausura, le Sacramentine, che si trovava vicino all’Anagrafe. Nello stesso convento avevano trovato rifugio, dall’inizio della guerra, anche la sorella della madre assieme alle sue tre figlie. Lì rimasero per poco tempo, fino a quando il conflitto finì, ponendo la parola fine al più grande sterminio mai concepito dall’uomo. IL PERCHÉ DI UN RACCONTO Perché questa testimonianza? Perché non si può considerare la Shoah una parola astratta o uno sterminio di massa. Che vuol dire" sterminio di massa"? Dietro ogni vita di quelle persone, uomini, bambini, donne, anziani, c’erano amori, legami, sentimenti e aspettative … che sono state spazzate via come carne da macello, in un clima di indifferenza o, peggio, di collaborazione. Se Daniela è viva e oggi può testimoniare è grazie a quelle poche persone che con generosità hanno messo a rischio la propria vita, rifiutando di seguire una propaganda disumana.

semplice. Se è difficile capire a chi dare il proprio voto per un italiano, compito assai più difficile è per un cattolico. Un cattolico dovrebbe votare non in base a particolari indirizzi politici, ma piuttosto in base a determinate politiche sociali, familiari e cittadine che le varie “agende”, mettono in programma. Cerchiamo di fare ordine nella confusione della politica italiana. Una politica incentrata sul ruolo della famiglia nella nostra società Cerchiamo di sarebbe da fare ordine nella incentivare confusione della ed politica italiana. incoraggiare. Capire che per uscire Una politica dalla crisi che incentrata ci sul ruolo della accompagna ormai da famiglia nella qualche anno nostra società è impossibile senza una sarebbe forte chimica da incentivare familiare alle ed incoraggiare spalle. Impegnarsi a saldare la famiglia come principale valore della vita politica e sociale di una città. Forse una soluzione potrebbe essere quella di considerare questo tema centrale all’interno della vita politica, chiedere il parere di chi la crisi la vive in prima linea: famiglie nella necessità, famiglie che nonostante le difficoltà riescono ad andare avanti, spinti dalla fede e dalla loro unità. Questo dovrebbe essere il fondamento della società:”una famiglia unita per una città unita”. Iniziamo “far politica” nel nostro nucleo familiare per poi espanderci e provare a cambiare le cose. Un grande uomo politico come La Pira, uno dei padri della nostra costituzione, sindaco di una città importante come Firenze, fu un grande uomo di stato e allo stesso tempo un grande uomo di fede. Era solito concludere i suoi discorsi con un pensiero a Maria o a Gesù, non per vantarsi o sottolineare la sua appartenenza religiosa, ma per una ragione molto più semplice: era fermamente convinto che esportare i valori della sua fede nell’ambito politico non poteva che giovare a lui e allo stato. E’ bene chiarire che le due dimensioni, quella della fede e quella della politica non devono essere ne antagoniste ne indifferenti fra di loro. Per questo è bene far politica anche in comunità, parlare di politica ai giovani che si formano nelle parrocchie. Un cattolico impegnato e consapevole non può che essere un bene per lo stato e la città. Partecipare sempre, da soli o meglio ancora in gruppo, avere un pensiero autonomo ma ispirato e fondato su solide fondamenta di fede. Cercare infine di testimoniare la gioia di fare qualcosa per il bene comune, per la nostra famiglia e per la grande famiglia della società. Michele Martella


IV

TOSCANA OGGI

LA SETTIMANA DI LIVORNO

17 febbraio 2013

Agenda del VESCOVO

VENERDÌ 15 FEBBRAIO Nella mattina, visita alla Valle Benedetta 17.30 alla sala consiliare della Provincia, nell’ambito delle iniziative per la Settimana per la vita, incontro dal titolo "Quale famiglia oggi" (vd. Locandina a pagina VIII) SABATO 16 FEBBRAIO 8.00 pellegrinaggio mensile diocesano a Montenero e a seguire S. Messa 10.30 alla Camera di Commercio, tavola rotonda "Agiamo contro la povertà: la vecchia, la nuova" 18.00 in vescovado, S. Messa per le giovani coppie DOMENICA 17 FEBBRAIO 10.30 S. Messa e visita alla comunità eucaristica alla chiesa di N.S. del Rosario 15.30 processione mariana per il 50° della parrocchia di Nostra Signora di Fatima (partenza dalla chiesa di San Matteo)

Diocesi informa I Quaresimali del Vescovo

LUNEDÌ 18 FEBBRAIO 10.00 allo Studio Teologico Interdiocesano a Camaiore, consiglio dei Vescovi 21.00 in occasione della visita pastorale al III vicariato, incontro con il consiglio pastorale parrocchiale e il consiglio affari economici alla SS. Trinità

CREDERE NELLA CARITA’ SUSCITA CARITA’

MARTEDÌ 19 FEBBRAIO Nella mattina, udienze clero in vescovado 21.00 incontro con i direttori degli uffici del centro di pastorale per l’evangelizzazione in vescovado

PELLEGRINAGGI MENSILI A MONTENERO Sabato 16 Febbraio e Sabato 16 Marzo, ore 8.10 piazza delle Carrozze , recita del Rosario, salita verso il Santuario e Celebrazione Eucaristica

MERCOLEDÌ 20 FEBBRAIO Nella mattina, udienze laici in vescovado 17.00 al Centro Culturale diocesano, giornata di riflessione ebraico-cristiana (vedi locandina in pagina) 21.00 in occasione della visita pastorale al III vicariato, incontro con il consiglio pastorale parrocchiale e il consiglio affari economici a S.M. Soccorso GIOVEDÌ 21 FEBBRAIO 10.30 Incontro del consiglio direttivo di Memoria Ecclesiae in vescovado VENERDÌ 22 FEBBRAIO 21.00 a Casale Monferrato, incontro con i giovani della diocesi di Alessandria e Casale Monferrato SABATO 23 FEBBRAIO 16.00 in occasione della visita pastorale al III vicariato, incontro con i genitori alla chiesa di S. Agostino 19.00 S. Messa in vescovado con Comunione Liberazione nell’anniversario della morte di don Giussani DOMENICA 24 FEBBRAIO 10.30 S. Messa per la visita pastorale alla chiesa di S. Agostino 15.30 ritiro di Quaresima per operatori di pastorale e scuola di teologia alla chiesa dei Sette Santi

“Abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi”(1 Gv 4,16)

RITIRO SPIRITUALE PER OPERATORI DI PASTORALE E SCUOLA DI TEOLOGIA Domenica 24 Febbraio, ore 15.30, Chiesa Sette Santi VIA CRUCIS Venerdì 8 Marzo, ore 21 Chiesa S. Luca, Stagno Venerdì 15 Marzo, ore 21 Chiesa S. Leopoldo, Vada Venerdì 22 Marzo, ore 21 Chiesa Ss. Pietro e Paolo

BREVI DALLA DIOCESI

EMERGENZA FREDDO a Caritas, SVS, CISOM e le Misericordie con il supporto Lfattodell’Arma dei Carabinieri da martedì 12 febbraio hanno partire l’emergenza freddo. Saranno a disposizione dei posti letto per tutte le persone senza fissa dimora. Il piano sarà operativo nel seguente modo: Ore 18.00 cena calda presso la Caritas "Porto di fraternità" in Via delle Cateratte 15 Ore 19.00 trasporto presso la Sede SVS in Via delle Corallaie - Picchianti, per alloggio notturno Ore 7.30 colazione presso Sede SVS A disposizione degli ospiti ci saranno cambio di biancheria e vestiario, coperte, pasto caldo serale e prima colazione. Il piano freddo sarà valutato giorno per giorno in base alle condizioni atmosferiche. Per segnalazioni varie chiamare SVS 0586888888. Si chiede la collaborazione di tanti volontari oltre a coperte, sacchi a pelo e scarpe, per tale disponibilità contattare Caritas al 0586884693 oppure comunicazione@caritaslivorno.it

Festa dei Sette Santi Fondatori VENERDÌ 15 FEBBRAIO ALLE 21.15 SABATO 16 FEBBRAIO ALLE 16.00 In occasione della festa dei Sette Santi fondatori la parrocchia a loro intitolata e il terzo vicariato organizzano in occasione del 50° del concilio vaticano II una conferenza dal titolo: “CONCILIO VATICANO II: “EVENTO” DA CUI NON SI TORNA INDIETRO!”. Relatore sarà don Ordesio Bellini.

UNITALSI DOMENICA 17 FEBBRAIO ALLE 15.30 Alla parrocchia di Nostra Signora di Fatima (quartiere Corea), celebrazione solenne di Intronizzazione ufficiale dell’immagine della Madonna di Fatima, benedetta a Fatima nella Cappellina delle Apparizioni. Sarà presente in Vescovo mons. Simone Giusti

Chiesa valdese DOMENICA 17 FEBBRAIO ALLE 10.30 Culto e pranzo comunitario in occasione della ricorrenza in cui i valdesi ricordano l’ottenimento dei diritti civili, il 17 febbraio 1848

Incontro SAE

I viaggi di PHARUS Chiesa Livorno informa questa settimana andrà in onda in questi orari: Venerdì 15 ore 19.50 Sabato 16 ore 14.15 e 21.05 Domenica 17 ore 10.15, 21.20 e 00.20

A MEDJUGORIE DAL 09 AL 12 MAGGIO

22 FEBBRAIO ALLE 17,45 Presso la parrocchia della Sacra Famiglia (locali Via Berger), incontro dal titolo "Voi dunque pregate così"; riflessioni sul documento del Gruppo di Dombes sul Padre Nostro. Relatori Marco Fornerone, della Chiesa valdese e Andrea Zargani, insegnante di religione.

Cooperatori Paolini

Quota di partecipazione Euro 565,00 Volo diretto Firenze/Mostar

SABATO 23 FEBBRAIO ALLE 15.45 In via Corcos, incontro con don Bruno Simonetto

Per informazioni rivolgersi a: PHARUS VIAGGI Via Sant’Andrea 69 tel. 0586/211294 email: pharusviaggi@livorno.chiesacattolica.it

UNITALSI SABATO 23 FEBBRAIO ALLE 17.30 Alla parrocchia di San Ferdinando, recita del Rosario e a seguire alle 18.00 S. Messa.


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LA SETTIMANA DI LIVORNO

17 febbraio 2013

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Trent’anni insieme ai livornesi ato a Milano da una famiglia di umili origini (il nonno, lo zio e il padre avevano esercitato la professione di cuoco), si era laureato in lettere classiche con indirizzo archeologico nel 1947, lo stesso anno in cui fu ordinato sacerdote. Nel 1950 prese una seconda laurea, in Filosofia; e nel 1955 la terza, in Giurisprudenza. Alla dimensione intellettuale, Ablondi univa però una forte carica pastorale: fu parroco a San Remo nella chiesa di S.Maria degli angeli, insegnante di religione, assistente della FUCI e dei Laureati Cattolici. Eletto Vescovo alla Chiesa Titolare di Mulli il 13 agosto 1966 dal Papa Paolo VI, consacrato Vescovo il 1 ottobre 1966 ha svolto il ministero come Coadiutore con diritto di successione di Mons. Guano a Livorno e Amministratore Apostolico dal 8 settembre 1970. E’ stato amministratore Apostolico di Massa Marittima dal 1967 al 1969. Il 26 settembre 1970, alla morte di mons. Guano, divenne Vescovo di Livorno. Lo rimase per 30 anni, fino al 2000. Furono gli anni durante i quali Ablondi divenne, all’interno dell’episcopato italiano, una delle punte più avanzate del dialogo ecumenico ed interreligioso e del dialogo con il mondo laico. Del resto, la cattedra di Livorno si prestava bene allo slancio umano e pastorale di Ablondi: a Livorno città di forti tradizioni operaie, convivono da secoli diverse confessioni cristiane (ortodossi, cattolici di rito bizantino, armeno, maronita) e altre comunità religiose (numerosa quella ebraica, ma nutrita anche la presenza musulmana), all’interno di una cittadinanza cosmopolita, che porta tracce evidenti dell’integrazione avvenuta, nei secoli, tra diversi gruppi etnici (olandesi, inglesi,

N

Particolarmente significativo ed intenso fu il rapporto con la comunità ebraica. Nel 1989 Ablondi istituì, per la prima volta in Italia, la Giornata dell’ebraismo greci, francesi, portoghesi, corsi). Particolarmente significativo ed intenso fu il rapporto di Ablondi con la comunità ebraica, che a Livorno ha una radicata e significativa presenza e dove Ablondi istituì, nel 1989, la Giornata dell’ebraismo - la prima iniziativa del genere, non solo in Italia - da celebrarsi il 17 gennaio di ogni anno all’inizio della Settimana per l’unità dei cristiani. Simbolo del

riavvicinamento tra ebrei e cattolici, uno dei frutti più evidenti della stagione postconciliare, fu la sua amicizia con il rabbino capo di Roma (nato e cresciuto a Livorno), Elio Toaff. Ma Ablondi ebbe anche relazioni fraterne con numerosi esponenti del mondo musulmano. Nel corso del suo magistero si è rivolto con una

Le parole della FEDE PER MEZZO DI LUI (GESÙ CRISTO) TUTTE LE COSE SONO STATE CREATE. PER NOI UOMINI E LA PER LA NOSTRA SALVEZZA DISCESE DAL CIELO Prosegue la spiegazione del Credo attraverso la riflessione di don Anibal Reyes Hernandez el prologo del Vangelo secondo GiovanN ni, troviamo come Giovanni ripete per due volte questa verità, cioè, che il mondo è stato fatto per mezzo di Lui (Gesù Cristo) e senza di Lui niente è stato fatto e il mondo fu fatto per mezzo di Lui. Anche San Paolo, nella lettera ai Colossesi (Col 1,16), curiosamente ripete due volte tutte le cose che sono state create per mezzo di Lui. Sembra che questi due apostoli esprimano la necessità di rimarcare che Gesù Cristo non è creatura, che precede tutta quanta la Creazione, e quindi possiede natura divina. Questo è un punto chiave della professione di fede, e viene ripetuto due volte come per dire agli ascoltatori: "guardate che è così, non mi sono espresso male, è una verità nuova, difficile da comprendere, ma è questo che c’è stato rivelato". Il Catechismo della Chiesa Cattolica, nel nr.291 afferma: "Il Nuovo Testamento rivela che Dio ha creato tutto per mezzo del Verbo Eterno, il Figlio suo diletto." Se tutto è stato

fatto attraverso il Figlio, anche il tempo è stato fatto attraverso di Lui, e quindi il Verbo è nell’eternità. La seconda parte: "Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo…" Qui il Credo punta il dito, sottolinea il vero motivo della venuta di Gesù, cioè, per la nostra salvezza. La parola stessa Gesù, vuol dire Il Dio che salva. La missione di Gesù è salarci. Gesù ci salva per riportarci da dove siamo venuti: ci porta nel cuore stesso di Dio. Gesù proprio viene dal cielo per salvarci: Io sono salvato da me stesso, dalle mie scelte sbagliate, del peccato, semplicemente perché peccando muoio, mi spengo, non respiro. Ma soprattutto sono salvato per la vera vita che in cambio mi viene donata, per la grande gioia che ne ricevo, per quel paradiso di Amore che mi attende senza fine dentro la gloria di Dio, e per tutte quelle anticipazioni regalate quaggiù dai doni dello Spirito. don Anibal Reyes Hernandez

quindicina di lettere pastorali alla diocesi Livorno ed a quella di Massa: messaggi per varie occasioni (feste della mamma, il battesimo, S.Giulia, festa del voto, lettere ai giovani, lettere per i Sinodi, o in occasione di eventi particolarmente significativi per la città) Omelie, Circolari, libri. Una vasta produzione di cui l’ultimo tassello è stato il libro A passo d’uomo verso il divino scritto un anno prima della sua morte, quando era ormai Vescovo emerito. Mons. Ablondi è morto il 21 agosto 2010 lasciando un grande vuoto nel cuore di tanti. Il motto da lui scelto per il suo stemma Veritas in Charitate significa che la verità si raggiunge facendo la carità. Il motto non costituisce soltanto un programma di vita pastorale, ma compendia il suo spirito di uomo e di sacerdote che lo vuole prima di tutto caritatevole. Carità con i giovani, con gli studiosi, con i professionisti, con i lavoratori, con gli increduli, e soprattutto con i poveri. Il suo stemma raffigura una lampada che illumina una montagna sopra la quale si spalanca l’azzurro dei cieli ove brilla una stella. Secondo la simbologia cristiana la lampada, di stile romano, rappresenta l’incontenibile carità dei primi cristiani, la montagna l’ascesa faticosa, la stella la verità celeste. Il ricordo di mons. Ablondi è ancora troppo vivo nel cuore delle persone per pensare di poterne parlare in modo esauriente.

I nostri VESCOVI

MONSIGNOR ALBERTO ABLONDI: QUATTORDICESIMO VESCOVO.........


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LA SETTIMANA DI LIVORNO

17 febbraio 2013

SERRA

club

Le settimane di AZIONE CATTOLICA

di Monica Cuzzocrea

MARINERIA E DEVOZIONE MARIANA resso lo Yacht Club è stato organizzato un Pe ilincontro dal Propeller Club–ort of Leghorn Serra Club sulla fede e la devozione mariana nella marineria. Il Dott. Milani, Presidente del Propeller e Comandante dei piloti del porto, nel porgere i saluti ai convenuti ha sottolineato il piacere di poter dar luogo al convegno organizzato col Dott. Tattanelli del Serra perché contrariamente a quanto solitamente si pensa, sulle navi sia militari che mercantili di tutto il mondo, si trovano sempre dei simboli religiosi. Don Luca Giustarini, parroco del Santuario di Montenero, ha presentato una ricca documentazione di devozione marinara alla Beata Vergine delle Grazie di Montenero, dalle origini della presenza del santuario nella nostra città fino ai giorni nostri. La sala degli ex voto presso il Santuario infatti, contiene a tal proposito, tantissime raffigurazioni e simboli che raccontano di marinai, ammiragli, marittimi che hanno costantemente chiesto a Maria protezione aiuti e guarigioni. Il Granduca di Toscana addirittura, fin dal 1496 per liberare le coste dai pirati invocò l’aiuto della Vergine; venendo poi al secolo scorso, nel 1930, quando Ella fu dichiarata Patrona della Marineria, fu progettato un santuario mariano che avrebbe dovuto esser costruito dove attualmente si trova la chiesa di San Jacopo (il progetto è conservato nel museo del Santuario). Don Luca ha pertanto sottolineato il grande valore che hanno le sale che contengono questi ex voto, non solo dal punto di vista storico perché evidenziano come il

Santuario di Montenero sia sempre stato visitato durante i secoli, ma anche perché racchiudono una enorme ricchezza dal punto di vista spirituale in quanto ci presentano una viva religiosità che ci aiuta a ritrovare le nostre radici di fede. L’ammiraglio Luigi Donolo, Comandante della Scuola di Guerra dell’Accademia Navale di Livorno, ha messo in luce anche gli aspetti superstiziosi delle tradizioni marinare che hanno la loro origine dalla storia grecoromana ed erano dovuti anche al fatto che la maggior parte di coloro che si imbarcavano erano così giovani (avevano solitamente dai 10 ai 12 anni), per cui erano soggetti ad allucinazioni che accompagnate alle scarse conoscenze davano luogo a false credenze.Tra le più diffuse ormai desuete, vi sono quelle di non cambiare mai il nome della nave, di non fischiare in mare, il colore sia delle navi che delle barche non deve essere verde, il nome non deve mai iniziare per A, non metter mai per primo il piede sinistro e così pure non portare mai fiori a bordo. La diffusione del cristianesimo ha influito invece soprattutto su alcune decisioni quali di non far partire le navi di venerdì, il sabato invece era ritenuto il giorno più idoneo e in caso di tempesta per la salvezza della nave le preghiere venivano effettuate all’ora nona. Se poi guardiamo ai nomi anche della navi più famose, essi portano nomi di santi e quasi sempre quando esse si trovano nei pressi dei Santuari Mariani, sparano a salve in segno di omaggio. Monsignor Giusti,Vescovo di Livorno, ospite della serata, nel saluto ai presenti ha osservato come la fede vera, non nasce dalla superstizione, ma da un atteggiamento serio di ricerca, libero da preclusioni che alla luce della ragione, aiuta a comprendere anche quei fenomeni che altrimenti rimarrebbero oscuri o chiusi in un ambito che niente ha a che vedere con la religione. Durante la serata, l’artista Paolo Grigò ha informato i presenti sull’ultimazione della “Madonna dei Popoli” che molto probabilmente verrà collocata e inaugurata nel porto labronico il 15 Maggio prossimo. La statua, alta quasi 10 metri è giunta all’ultima fase di lavorazione con un materiale argilloso per poi esser cotta a 1.200° e così poter resistere alle intemperie. (La foto dell’incontro è della Signora Laura Bolognesi)

Se tu credi... la pace verrà! on Tomasz ha la voce emozionata, a volte non trova le parole giuste per spiegare. Sta al suo solito posto, all’ambone, ma non è lì per un’omelia: parla del suo paese, della Polonia, di operai e Solidarnosc, di cosa significhi per lui la parola "pace". Siamo nella parrocchia di San Benedetto e qui si tiene il primo dei cinque incontri che l’Azione Cattolica ha organizzato fino a maggio per le cosiddette "Settimane di AC": momenti di incontro con la Parola e di riflessione su tematiche particolari del quotidiano, per dare radici più solide alla nostra fede, secondo le indicazioni di papa Benedetto per questo Anno della Fede. Incontri svolti in maniera itinerante in alcune parrocchie della diocesi, ma estendendo l’invito anche a tutti gli interessati.

D

Nella parrocchia di San Benedetto, il primo incontro delle «Settimane di AC». Don Tomasz e la sua esperienza giovanile in Polonia. Prossimo incontro il 2 marzo a S.Agostino Si parte, appunto, dal tema della pace, e l’incontro si snoda inizialmente fra beatitudini, salmi e preghiere, secondo un percorso ormai collaudato. Poi don Tomasz svolge la sua riflessione, e i ricordi personali sono la matita rossa per sottolineare quanto gli sta a cuore: la pace - è il cuore del suo messaggio dipende dalla libertà, è il frutto della libertà; se una persona, un popolo non è libero, non può aver pace e prima o poi si ribellerà. Ma la libertà, e la pace con essa, possono costare molto caro a chi ne fa lo scopo della propria vita e lotta per esse, fino a

richiedere a volte il sacrificio della vita stessa, il martirio. I partecipanti all’incontro, adulti giovani e ragazzi di S.Benedetto assieme ad altri venuti da fuori parrocchia, ascoltano interessati, cercando di immaginare nella propria mente il film di quanto don Tomasz sta raccontando. Dopo la riflessione del parroco i partecipanti si dividono: i ragazzi si recano all’oratorio parrocchiale, per sviluppare il tema della pace con giochi e riflessioni, gli adulti si spostano in altri locali per approfondire alcuni passaggi dell’ultimo messaggio del Papa per

Nella chiesa di San Ferdinando una presenza significativa

Frà Josè e i padri Trinitari giunto inaspettato alla chiesa di San Ferdinando, a seguito È della mancata partenza del traghetto che doveva portarlo per una visita al carcere di Gorgona, frà Josè Narlaly ministro generale dell’Ordine della SS.ma Trinità, accolto dal parroco padre Lorenzo Moretti e padre Michele Siggillino. Nella Messa, allietata dai canti della Corale Sarda, officiata nella chiesa di "Crocetta", frà Josè, dopo la lettura del Vangelo che parlava della presenza di Gesù nella sinagoga, nel corso dell’Omelia ricordando che il 14 febbraio sarà festeggiato San Giovanni Battista della Concezione, riformatore dell’Ordine Trinitario che subì angherie, anche da parte di confratelli, per aver ascoltato la voce di nostro Signore che lo invitò a riconvertire l’Ordine Trinitario, proseguendo nell’Omelia ha ricordato:"anche ai giorni nostri, come allora, la conversione e cioè il cambiamento radicale delle nostre abitudini e della nostra mentalità, ci reca disagio. E’ infatti più facile proseguire in comportamenti non proprio in linea con quanto ci insegna il Vangelo, piuttosto che testimoniare nella vita, nel lavoro, nella famiglia, a scuola, nelle conversazioni, atteggiamenti che riescano a trasmettere segnali di speranza e di serenità a chiunque mi avvicini". Ma è nella società contemporanea che frà Josè riscontra il maggior ostacolo alla parola di Dio: "la società contemporanea rifiuta la parola di Dio, perché in essa riscontra dei moniti che tendono a risvegliarla dal torpore e dal male in cui è affossata. Mettendola in guardia dalle vie sbagliate, che molti nostri fratelli hanno intrapreso, la parola di nostro Signore ci invita a cambiare vita rientrando nel solco del Vangelo". Il messaggio di frà Josè Narlaly così prosegue: "a cosa serve dirsi cristiano, se poi rifiuto ogni giorno l’invito di Gesù alla conversione? Una domanda a cui dovremo tutti quotidianamente sottoporci, per capire se i nostri comportamenti verso Dio e verso i nostri fratelli, siano in costante sintonia con quanto richiestoci dal Vangelo". Roberto Olivato

il 1° gennaio scorso, Giornata Mondiale della Pace. E qui emergono altre riflessioni interessanti: la pace dipende dalla libertà ma anche dalla giustizia, perché se vi sono ingiustizie sociali, a livello mondiale come a livello di singolo paese, difficilmente la pace si svilupperà; la pace dipende dalla situazione economica, perché un’eccessiva polarizzazione ricchi/poveri non porta alla pace, e qui la riflessione ha investito anche l’economia locale, con tutte le problematiche che attanagliano la nostra città; infine, la Chiesa è veramente operatrice di pace, perché ogni uomo è immagine di Dio e la fraternità universale richiede relazioni di pace: se ogni uomo è mio fratello, è naturale vivere in pace. Poi tutti di nuovo in chiesa, per il momento finale di condivisione delle riflessioni emerse e per la preghiera

conclusiva, La pace verrà di Charles de Foucauld, da cui prendo a prestito qualche strofa sparsa: Se tu credi che un sorriso è più forte di un’arma, se tu credi che essere diversi è una ricchezza e non un pericolo, se tu credi che il perdono ha più valore della vendetta... allora la pace verrà! Alla fine, come spesso accade, un gran vociare per tutta la chiesa, ma la chiesa questa volta, di questi segni di vita, non sembra dispiaciuta: si commenta, si parla d’altro, ci si saluta, ci si da appuntamento al prossimo incontro. Già, il prossimo incontro delle Settimane di AC, che si terrà sabato 2 marzo presso la parrocchia di S.Agostino; tema in discussione, la pressante richiesta degli Apostoli, che diventa anche quella del cristiano di ogni tempo, "Signore, aumenta la nostra fede!". Gabriele Maremmani


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LA SETTIMANA DI LIVORNO

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Per i bambini indiani e le missioni LE PICCOLE FIGLIE di San Giovanni Gualberto

Festa di beneficienza a Villa Mayer

Un «castello» per la carità Poco prima di arrivare in Piazza delle Carrozze troviamo Villa Von Berger, meglio conosciuta come “Villa Castello”, attualmente gestita dalla Congregazione delle Piccole Figlie di S. Giovanni Gualberto. Alcuni cenni storici sul complesso e sull’attività delle suore

DI FABIO FIGARA

ompletamente immersa nel verde si può scorgere questa struttura ricca di torrioni, di merli ghibellini e di monofore, abbellita da decorazioni in pietra serena, da arcatelle gotiche e da portali vetrati: non manca niente a questa maestosa villa, che il cavaliere Alessandro Von Berger, nel 1870, volle costruire rendendola simile ad un piccolo castello medievale sul terreno un tempo noto come il “Campo al Lupo”. Purtroppo informazioni precise sulla famiglia Von Berger sono difficili da reperire, anche se esiste un carteggio - poche lettere - dello stesso Alessandro nel Fondo “Pietro Vigo” conservato nella Biblioteca Labronica che meriterebbe un approfondimento. Oggi, intorno alla singolare residenza sita in via delle Carmelitane, possiamo ancora trovare importanti appezzamenti di terreno da coltivare e un ampio oliveto, e varie strutture ormai in disuso da anni, probabilmente le case dei fattori alle dipendenze della famiglia. Dopo i Von Berger, la residenza ed il parco passarono alle Monache Benedettine Vallombrosane di Santa Umiltà di Faenza, le quali utilizzarono la villa per le loro attività scolastiche e di apostolato, trasformandola infine in un collegio femminile. Nella seconda metà degli anni ‘80 l’intera struttura fu poi donata alla Congregazione religiosa femminile delle Piccole Figlie di S. Giovanni Gualberto. «In questa struttura ci occupiamo soprattutto di assistenza agli anziani, accogliendoli nell’edificio laterale costruito in epoca successiva alla creazione della villa.» A parlare è suor Giulia Panarareyil, Madre Generale della Congregazione con venticinque anni di apostolato tra l’India e l’Italia. «Nella struttura più moderna abbiamo i dormitori, con punti di ritrovo e una piccola cappella per la S. Messa, mentre la mensa si trova

C

nel grande corridoio che collega i dormitori con la villa, dove viviamo noi. L’assistenza alle persone anziane qui ospitate occupa la maggior parte del nostro tempo anche se, nonostante tutto, riusciamo ad impegnarci anche in altre attività.» E infatti le suore di Villa Castello si occupano anche dell’ausilio alle ragazze portatrici di handicap segnalate dal Santuario, grazie all’aiuto di suore diplomate OSA

provenienti da Villa Mayer, assistono il Vescovo e i sacerdoti in cerimonie ufficiali e si occupano del catechismo con i monaci vallombrosani «Qui, a parte la Madre Superiora, siamo

rimaste solo in sette, tutte provenienti dall’India, su un totale di 46 suore che risiedono attualmente in Italia nelle altre Case: in Toscana abbiamo delle strutture anche a Pescia e a Sorano. Ogni tre anni, secondo dei turni prestabiliti, ognuna di noi può tornare qualche tempo nel proprio paese di origine, permettendo così ad altre sorelle di raggiungere l’Italia». Purtroppo, a causa dei continui impegni, le Suore non riescono ad occuparsi come vorrebbero per il mantenimento di tutta la struttura, che necessiterebbe di una serie di interventi di ristrutturazione e di recupero di alcune parti architettoniche e anche delle ampie zone coltivabili: queste ultime, in particolare, richiederebbero un lavoro costante da parte di agricoltori esperti. «Vorremmo dedicarci maggiormente alla cura della villa - continua suor Giulia – alcune sorelle si occupano di giardinaggio e di curare alcune parti dei campi, ma gli impegni aumentano e noi siamo sempre di meno. Tuttavia non ci arrendiamo, e cerchiamo di affrontare tutto con spirito positivo e di venire incontro alle varie esigenze che si presentano. Quest’anno, da settembre, i monaci vallombrosani hanno progettato l’apertura di un asilo: noi siamo già pronte a fornire loro un aiuto per l’insegnamento e la gestione delle attività». Nelle foto: alcune immagini del castello e le suore Piccole Figlie di San Giovanni Gualberto

Domenica 10 febbraio, nei locali della “Villa del Governatore”a Montenero, si è tenuta la nuova edizione della rassegna “Gusto e Cultura” na manifestazione organizzata U dall’Associazione "La Funicolare" insieme con le suore della Congregazione delle Piccole Figlie di S. Giovanni Gualberto, che anche quest’anno ha visto un nutrito gruppo di partecipanti. Per l’occasione è stata organizzata una sfilata con abiti indiani: Francesco Lamacchia, presidente dell’associazione organizzatrice, ha illustrato e indossato un kurta (conosciuto anche come panjabi), tipico abito maschile indiano, mentre alcune ragazze hanno vestito i tradizionali abiti femminili indiani (Sari), composti da larghe fasce di stoffa lunga tra i quattro e i nove metri, avvolta intorno al corpo dell’indossatrice con vari metodi e spesso stretta in vita o con un capo che avvolge una spalla. Contemporaneamente l’artista Beatrice De Laurentiis della scuola "Keramiké" di Collesalvetti ha allestito una piccola mostra con alcune delle sue ultime opere, mentre le suore indiane hanno organizzato il pranzo di beneficienza, per raccogliere fondi da inviare alle missioni, tutto a base di tipici piatti indiani. A fine manifestazione, mostra di fotografie sulla vita dei bambini indiani nelle missioni della Congregazione. F.F. Nelle foto: un momento del pranzo; una ragazza che indossa il Sari, l’opera della scultrice De Laurentiis "le nuove prigioni".


VIII

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LA SETTIMANA DI LIVORNO


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