La Settimana - n. 11 del 20 marzo 2011

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IL GRANELLO di senape Via del Seminario, 61 57122 Livorno tel. e fax 0586/210217 lasettimana.livorno@tiscali.it Notiziario locale

Direttore responsabile Andrea Fagioli Coordinatore diocesano Nicola Sangiacomo Reg. Tribunale Firenze n. 3184 del 21/12/1983

20 marzo 2011

di Eleazar

Bisogna annunziare di nuovo con vigore e gioia l’evento della morte e risurrezione di Cristo, cuore del cristianesimo, fulcro e sostegno della nostra fede, leva potente delle nostre certezze, vento impetuoso che spazza via qualsiasi paura e indecisione, qualsiasi dubbio e calcolo umano. (BENEDETTO XVI) Tornare all’essenziale è prioritario in certe stagioni della vita, come della storia. Per il cristiano ciò significa riscoprire nella Pasqua di Gesù il centro dell’esperienza di fede. Ed è proprio quando corriamo il rischio di perderci e disperderci in mille direzioni e in tante iniziative, che lo Spirito ci richiama a ricentrare la nostra vita ecclesiale e personale a partire dall’annuncio del Vangelo di Gesù Signore. E il vigore e la gioia con cui siamo invitati a immergerci nel cuore di questo evento sono gli stessi con i quali diventare, per chi incontriamo, dei buoni e fedeli testimoni di questa riscoperta.

L’UNITÀ:

un valore da preservare Fondamenti di una nazione sono l’essere un popolo, sia pure con etnie diverse; amare la patria quale casa comune, territorio condiviso e tutelato, l’avere e costruire una storia comune e possedere una cultura comune». Parte dalle basi monsignor Giusti per riflettere sul 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Fondamenti basilari, su cui si innesta il cristianesimo, quale sviluppo naturale di quella cultura latina a cui si fa riferimento. «Oggi la Chiesa che è Italia – afferma il Vescovo - vuole continuare a offrire una solida base culturale all’unità nazionale ma non è semplice dinanzi a spinte disgregatrici dell’unità culturale della nazione. Occorre il coraggio di abbandonare gli steccati ideologici per avviare un profondo dialogo al fine di edificare una nuova sintesi antropologica condivisa. Le forze più responsabili della Nazione debbono avere il coraggio di compiere quest’opera coraggiosa quanto indispensabili per ridare forte coesione alla nazione. Il lavoro è culturale e dovrà essere sviluppato dai cosi detti corpi intermedi evitando quindi protagonismi ideologici da parte di forze politiche o altre istituzioni dello stato». D’altra parte questi principi fondamentali non possono prescindere dal valore della solidarietà, che è propria di tutte le società democratiche. Ma oggi questo valore è profondamente minato da due pericoli: la paura dello straniero e la visione individualistica della vita.

«I

CREARE UN NUOVO SENTIMENTO DI APPARTENENZA ALLA NAZIONE «Il filosofo francese Rémi Brague – spiega monsignore riconosce la peculiarità dell’Europa sul fatto che essa è l’unica grande civiltà che dall’inizio ha compreso se stessa come un soggetto secondario. Questo sentimento sorse nel Rinascimento, con l’idea che vi era un’ altra

Oggi la Chiesa che è in Italia vuole continuare a offrire una solida base culturale all’unità nazionale ma non è semplice dinanzi a spinte disgregatrici dell’unità culturale della nazione sorgente di conoscenza negli antichi e che tale sorgente doveva essere fatta rinascere di nuovo. Il senso che abbiamo qualcosa da imparare al di fuori del nostro stesso contesto è parte integrale del genio europeo. Per questo motivo mi sembra che abbiamo un grande compito davanti a noi: sedare le paure "culturali" circa il fatto che le nostre tradizioni vengano minate; riconoscere e sentire vicine le persone che stanno arrivando qui; trovare un modo di ricreare la nostra etica politica intorno a un nucleo di principi, che includa i diritti umani, l’uguaglianza, la non discriminazione e la democrazia. Se avremo successo nel far ciò, allora potremo creare un sentimento di appartenenza che vada anche oltre al fatto che le ragioni che ciascuno di noi potrebbe sottoscrivere possono essere differenti. L’idea che una moderna società democratica possa sorgere e reggersi intorno a un’etica basata su una giustificazione singola, per quanto profonda, rappresenta una notevole illusione. In altre parole, dobbiamo considerare la sfida presente alla nostra solidarietà, capendo che essa deve essere fondata su una pluralità di possibili basi e fondamenti. La comprensione e il dialogo con l’altro sono assolutamente parti integranti della nostra sopravvivenza come democrazie». CONTRO LA VISIONE INDIVIDUALISTICA DELLA VITA Come possiamo ricreare un senso di solidarietà di fronte all’individualismo imperante della società moderna?

Occorre – sostiene il vescovo Simone - appellarsi ai principi della filosofia o della religione. «Il senso di solidarietà in una società complessa può essere mantenuto solo se tutte le diverse famiglie spirituali che costruiscono una società trovano tale sentimento al loro interno, in modo da dedicarvi nuova attenzione. Ovvero, se i cristiani vedono che questo valore (la solidarietà) è centrale nel loro cristianesimo, se i musulmani lo scoprono fondamentale nel loro islam, se le diverse tipologie di filosofie laiche lo vedono come cruciale per il loro pensiero». IL COMPITO FONDAMENTALE DELLA RELIGIONE «La religione consente alla solidarietà di avere una profonda e potente base valoriale, e i filosofi e i politici laici che vorrebbero marginalizzare la religione stanno facendo un grande errore, cosi come quando si cerca di rendere marginali le filosofie atee o non credenti. Le nostre società, nella loro enorme diversità, sono rafforzate dalle spinte, molto diverse, di impegno verso un’etica comune: e non possiamo permettere di metterle sotto silenzio. Ognuna di quelle motivazioni, che siano religiose o laiche, è ciò che rende le nostre società vivibili, uguali, democratiche e solidali». «Ci troviamo – insiste il Vescovo - in un territorio finora sconosciuto. Siamo di fronte a una sfida inedita nella storia umana, che consiste appunto nel perseguimento di una forte etica politica della solidarietà basata coscientemente su diversi

Nella foto: particolare della cupola della chiesa di Santa Caterina a Livorno

punti di vista. Questa visione può avere successo solamente se siamo capaci di creare un forte scambio fra gli uni e gli altri, in modo da costruire una tipologia di rispetto reciproco fra tali diverse prospettive; un rispetto che altrimenti sparisce. Gli atei hanno bisogno di parlare con i credenti e i credenti hanno bisogno di parlare con gli atei». Nella riflessione di monsignor Giusti emerge dunque in tutto il suo rilievo il concetto espresso da Benedetto XVI a proposito della «laicità positiva», che congiunge all’autonomia delle attività umane e all’indipendenza dello Stato dalla Chiesa non già la preclusione ma l’apertura nei confronti delle fondamentali istanze etiche e del senso religioso che portiamo dentro di noi. Alla laicità così intesa si collega il rapporto con quei laici – nel senso che questa parola ha oggi nel dibattito pubblico – che condividono tale apertura: Benedetto XVI , ha apprezzato e valorizzato con decisione questo rapporto, che non si limita a un corretto dialogo ma diventa concreta collaborazione per il perseguimento di finalità comuni. Ciò fa tutt’uno con la forte etica politica di cui parlavo prima, che si basa coscientemente su diversi fondamenti; noi dunque staremo insieme solo se ci parleremo con apertura, con franchezza, e con un certo senso - appunto – di solidarietà. «A questo proposito - conclude il Pastore - l’Italia dovrebbe valorizzare ben di più quello che rimane un suo grande punto di forza, e cioè la profondità e la tenacia dei legami familiari i quali stanno mostrando tutta la loro forza e vitalità dandoci l’energia per resistere all’attuale crisi economica, capacità che per l’Italia dipendono in larga misura dal ruolo e dal risparmio delle famiglie. Edificare una nuova solidarietà per una più grande coesione nazionale e Europea, è questa la sfida a cui siamo chiamati»». c.d.

Il messaggio del Vescovo in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Nella chiesa di S. Caterina, patrona d’Italia, la celebrazione e la preghiera per la nazione Preghiera di Giovanni Paolo II

PER L’ITALIA Dio, nostro Padre, O ti lodiamo e ringraziamo. Tu che ami ogni uomo e guidi tutti i popoli accompagna i passi della nostra nazione, spesso difficili ma colmi di speranza. Fa’ che vediamo i segni della tua presenza e sperimentiamo la forza del tuo amore, che non viene mai meno. Signore Gesù, Figlio di Dio e Salvatore del mondo, fatto uomo nel seno della Vergine Maria, ti confessiamo la nostra fede. Il tuo Vangelo sia luce e vigore per le nostre scelte personali e sociali. La tua legge d’amore conduca la nostra comunità civile a giustizia e solidarietà, a riconciliazione e pace. Spirito Santo, amore del Padre e del figlio con fiducia ti invochiamo. Tu che sei maestro interiore svela a noi i pensieri e le vie di Dio. Donaci di guardare le vicende umane con occhi puri e penetranti, di conservare l’eredità di santità e civiltà propria del nostro popolo, di convertirci nella mente e nel cuore per rinnovare la nostra società. Gloria a te, o Padre, che operi tutto in tutti. Gloria a te, o Figlio, che per amore ti sei fatto nostro servo. Gloria a te, o Spirito Santo, che semini i tuoi doni nei nostri cuori. Gloria a te, o Santa Trinità, che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen


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