IL GRANELLO DI SENAPE per gli sposi Via del Seminario, 61 57122 Livorno tel. e fax 0586/210217 lasettimana.livorno@tiscali.it Notiziario locale
Direttore responsabile Andrea Fagioli Coordinatore diocesano Nicola Sangiacomo Reg. Tribunale Firenze n. 3184 del 21/12/1983
18 marzo 2012
di monsignor Ezio Morosi
La famiglia è la palestra naturale dell’uomo di ogni età: in essa il bambino vive l’esperienza della sua serena fanciullezza, il giovane si apre alla vita scoprendone tutti i valori, l’adulto realizza la sua maturità umana, l’anziano porta la sua esperienza. utte le età hanno bisogno del calore familiare, facendone reciprocaT mente dono, comunicandolo in modo diverso ma sempre necessario, desiderato ed atteso. Nella famiglia di Nazareth troviamo un esempio da imitare. In essa brilla la luce della fede, la presenza della grazia divina, il valore della preghiera, l’amore reciproco, il servizio, la semplicità, l’umiltà, la pace, la serena accettazione delle difficoltà e il desiderio vivo di adempiere la volontà di Dio.
In alcune parrocchie della Diocesi già da diverso tempo, durante l’orario della Messa si è riservato uno spazio particolare ai più piccoli, perché possano rimanere in chiesa senza annoiarsi e magari iniziando a conoscere Gesù. Un ambiente accogliente, disegni, colori, musica per favorire l’incontro con la fede e «sentirsi a casa» anche quando siamo in chiesa.
I piccoli amici di Gesù
Su questa linea alla parrocchia del Sacro Cuore (Salesiani) si è iniziato un vero e proprio percorso di «catechesi», chiamato «LudoMessa»: un’idea per coinvolgere i bambini in un cammino di fede, imparando a seguire gli insegnamenti cristiani attraverso il gioco I PASSI DELLA LOBBY
BENEDETTA AGRETTI
cominciano ad interagire. Spesso na delle ultime vengono fatte delle iniziative nella realtà piccole parrocchiale dei drammatizzazioni salesiani, porta il nelle quali ognuno nome di LudoMessa. Nata ha un ruolo, come durante il periodo di Avvento è stato ad esempio del 2010, ha cominciato ben per la storia del presto a riscuotere un discreto quarto re magio, successo. Il piccolo gruppo di Artabano, che ha bambini compresi tra i 2 e i 6 accompagnato i anni, a cui è destinata bambini durate il l’iniziativa, si è decisamente periodo d’Avvento. ingrandito nel giro di pochi Sempre, quando incontri, fino ad arrivare alla viene introdotta cifra attuale di 30 partecipanti. una storia, Ma cos’è più precisamente la vengono anche dati Ludo Messa? Per sgombrare il dei disegni da campo da eventuali dubbi, non colorare e da è un servizio di baby sitteraggio attaccare su un con il compito di custodire i cartellone, simbolo bambini durante la Messa, del pezzo di strada onde evitare che la naturale percorso. vivacità dei pargoli disturbi i Così è stato per la partecipanti alla funzione. storia iniziale, No, la LudoMessa è quella del granello di senape e decisamente tutt’altra cosa. È dell’albero generoso. Un seme un’iniziativa nata soprattutto piccolo e deriso da tutti gli per coinvolgere i più piccoli in altri, a cui i bambini avevano un cammino di fede che sia dato il nome “Bumba,”che alla loro portata, al fine di farli però è stato in grado di dar vita diventare parte attiva della all’albero più grande che si comunità. fosse mai visto. E i bambini, che albero Così, tra canzoni, Un notoriamente speciale, che ha cuscini colorati, hanno un cuore donato tutto se grande, hanno stesso al bambino giochi e mani risposto con protagonista del sporche di generosità ed racconto. Un entusiasmo. La albero speciale, pennarello, Gesù domenica, prima rappresenta la si fa strada in quei che della Messa delle figura di chi ci piccoli cuori 10.30, vengono ama più di ogni accompagnati dai altro: non solo i genitori nella sala della genitori e i nonni, ma biblioteca, dove trovano un soprattutto Gesù. Non a caso le ambiente accogliente, fatto di foglie di questo albero portano musica, cuscini colorati e i nomi dei bambini, a giochi. Lì vengono lasciati da significare la loro importanza papà e mamma che vanno in agli occhi di Dio, importanza chiesa, mentre i piccoli, paragonabile a quella dei santi. guidati da un gruppo di Così è stato anche per il quattro catechiste, ascoltano cartellone su don Bosco, santo delle storie inerenti al periodo che per ovvie ragioni occupa liturgico, a volte guardano dei uno spazio di rilievo. Durante brevi film e quindi il mese di gennaio, per DI
Dal porto un aiuto per i poveri
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Derrate alimentari e vestiario dal commercio portuale ed un fondo di solidarietà per pagare gli affitti arretrati n altro passo avanti per la Lobby per i poveri si è concretizzato grazie all’aiuto di un’azienda del porto, la Savino Del Bene. Impegnata nel settore import export di derrate alimentari e vestiario, l’azienda ha proposto il proprio contributo nella donazione di una parte di generi di prima necessità in transito dal porto di Livorno, perché possano giungere ai servizi della Fondazione Caritas diocesana. Un accordo con la Procura della Repubblica e le Forze dell’Ordine permetterà inoltre alla Caritas di poter accedere ai materiali sequestrati nel porto perché possano essere messi a disposizione dei più poveri. Sul fronte dell’emergenza abitativa continua intanto il dialogo con le istituzioni e gli istituti di credito cittadini per la riconversione degli immobili messi a disposizione dalla Diocesi. E per quanto riguarda gli aiuti alle famiglie in difficoltà si fa strada anche la realizzazione di un fondo di solidarietà a cui potranno accedere quei nuclei familiari in cui entrambi i coniugi hanno perso il lavoro e sono in arretrato con il pagamento dell’affitto. Tutte le offerte raccolte nella quarta domenica di Quaresima nelle parrocchie e nella Messa per il XXX anniversario della visita di Giovanni Paolo II a Rosignano Solvay, saranno devolute proprio a questa causa.
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prepararsi alla sua festa che si celebra il 31, i bambini hanno preparato un cartellone riguardante il sogno che Giovannino fece a 9 anni e che segnò la sua vita. Hanno così riflettuto sul tema non facile della vocazione, raffigurata nel cartellone con una strada da percorrere che, in quel caso terminava con una chiesa, simbolo della vita di quel sacerdote. Inoltre i bambini hanno aggiunto anche la foto di don Marco, che sarebbe stato ordinato sacerdote di lì a pochi giorni, per poter portare orgogliosamente quel cartellone all’altare, come dono per la sua prima Messa. Così, tra canzoni, giochi e mani sporche di pennarello, Gesù si fa strada in quei piccoli cuori. I bambini sono attenti e sensibili alle storie raccontate, spesso rapportano quelle storie alla loro vita di tutti i giorni, immedesimandosi nei protagonisti. Inoltre partecipano con entusiasmo alla costruzione dei cartelloni,
impegnandosi a colorare, ritagliare ed incollare «con le loro mani» i lavori fatti. Poi arriva il momento della benedizione finale della Messa, durante il quale abitualmente i bimbi vengono portati davanti all’altare, formando un cordone di piccoli “amici di Gesù”che compitamente fa il segno della croce,magari non sempre in modo ortodosso ma, c’è da crederci, sicuramente gradito agli occhi di Dio. Nostro Signore diceva che bisogna farsi piccoli come bambini per entrare nel Regno dei Cieli: l’esperienza della Ludo messa insegna proprio questo. Accompagnare i bambini in questo cammino fa imparare a chi li segue che la fede è semplice e pura come i loro occhi. La fede ha il chiasso delle loro voci e l’entusiasmo dei loro giochi, la fede è persino le domande, spesso tenere e strampalate, dei più piccoli. Per chi sa guardare, è facile vedere Gesù giocare in mezzo a loro.
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TOSCANA OGGI
LA SETTIMANA DI LIVORNO
18 marzo 2012
Incontro delle religiose con il Vescovo
Non si va in Paradiso se non tenendosi per mano al mercoledì delle ceneri inizia per D i cristiani, un tempo dedicato alla riflessione, al digiuno, alla conversione per una rinascita che trova nella Pasqua di Cristo il suo culmine. In questo tempo si inserisce l’incontro che il Vescovo mons. Simone Giusti ha avuto con le religiose della diocesi presso l’Istituto S. Maria Maddalena. La riflessione offerta dal Vescovo, è stata un’occasione di approfondimento della tematica della conversione come cammino personale di autoanalisi con l’aiuto della preghiera e del quotidiano incontro con Cristo Parola, a partire da una prospettiva centrale nel cristianesimo: la pienezza di vita promessa da Cristo nella nostra vita «oltre». Può sembrare fuori moda parlare del Paradiso o dell’Inferno oggi, tuttavia, per chi crede la vita piena è lì e si costruisce a partire dal nostro presente. I punti trattati, hanno preso spunto dalla Filocalia, un testo del XVIII secolo il cui titolo vuol dire letteralmente «amore della bellezza» (http://www.esicasmo.it/FILOCALIA/ Filocalia.htm) e dai «Racconti di un pellegrino russo» (http://www.esicasmo.it/pellegrino.h tm). Spesso uno scritto così lontano da noi può mostrare la sua sorprendente attualità nell’analisi della natura umana e dei consigli pratici per la vita cristiana. La conversione personale parte dall’amare Dio «stando» alla sua presenza. La preghiera quotidiana è l’espressione di un cuore innamorato che gode della vicinanza di Dio, Parola ed Eucarestia, ascolto e adorazione. Essa è la forza e la luce che regala uno sguardo positivo e sereno sulla vita quotidiana, sugli avvenimenti e situazioni, sulle prove e sulle gioie. Credere nel Vangelo vuol dire permettere a Dio di essere efficace nella nostra vita e in quella delle persone che avviciniamo. Ecco perché amore di Dio e amore del prossimo non possono essere separati, ma sono un unico movimento dell’amore vero e della vera fede. Spesso la vita dell’uomo è segnata dall’orgoglio, dall’egoismo, dall’indifferenza, dalla durezza di cuore … S. Paolo nei suoi scritti ci dà una direzione per il cambiamento: «Ora, tutto ciò che è stato scritto prima di noi, è stato scritto per nostra istruzione, perché in virtù della perseveranza e della consolazione che ci vengono dalle Scritture teniamo viva la nostra speranza». (Rom 15,4) Affidarsi alla Parola e alla preghiera, significa comprendere i desideri di Dio nella nostra vita. Il frutto di questo cammino è la «conversione», il cambiamento personale che non è e non può non essere ponte che porta agli altri. Péguy sottolinea come non si va in paradiso se non insieme, tenendoci per mano. Nella nostra società spesso impastata di indifferenza, questo è il messaggio più controcorrente e indispensabile che un cristiano può comunicare con la sua vita. MSC
La preghiera quotidiana è l’espressione di un cuore innamorato che gode della vicinanza di Dio, Parola ed Eucarestia, ascolto e adorazione
Ricordando ancora WALLY SELLER SGHERRI
Lavoro e carità: un’unica passione uò sembrare una esagerazione, per chi non l’ha conosciuta, ma non è così: moglie, madre, insegnante, impegnata nella chiesa e nella carità è stata una donna di eccellenza in tutte le espressioni della sua vita. Chi l’ha conosciuta, negli ambienti dove ha operato, ha sempre lasciato forti segni positivi. Ho conosciuto Wally tantissimi anni fa. Ero all’ultimo anno delle Superiori e lei, giovanissima laureanda, ebbe un incarico di insegnamento nelle sue materie di laurea, Diritto ed Economia. I pochi anni di differenza di età e l’inesperienza potevano essere una difficoltà, ma la sua spiccata personalità impediva a noi studenti qualsiasi comportamento men che corretto. La sua presenza elegante e sobria, le sue spiegazioni puntali e precise, i suoi interventi disciplinari, mai banali, incutevano rispetto. Ricordo come una volta, l’unica volta per me, a causa di un mio atteggiamento da lei ritenuto non conforme, mi chiese di uscire dall’aula. Rimasi perplesso perché non mi ero reso conto dell’ambiguità del gesto fatto, poi guardai il mezzo sorriso sul suo viso e mi rassegnai ad uscire (approfittai della pausa per fumare una sigaretta, allora non era peccato). La incontrai nuovamente quasi venti anni dopo, nella chiesa del Sacro Cuore dei salesiani, dove si stava svolgendo l’Assemblea sinodale. Come me, era una rappresentante parrocchiale. La vidi e mi avvicinai facendomi riconoscere, meravigliandomi che anche lei si ricordasse di me. Non era cambiata: stesso fare gentile, un po’ didattico, stessa figura ben curata, con in più una passione, che non mi aspettavo, per la Chiesa. Ci augurammo reciprocamente di corrispondere all’impegno esigente a cui eravamo stati
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eletti e di vedere nascere bei risultati dal Sinodo; poi la persi nuovamente di vista. A poco meno della metà degli anni novanta la ritrovai nella Caritas Diocesana che don Gino Franchi continuava a dirigere da quando era stata costituita. Eravamo insieme nella Segreteria e li cominciai ad apprezzarne maggiormente le qualità «ecclesiali». Davvero una donna esemplare nel suo impegno nella comunità cristiana. Racchiudeva in se due doti che difficilmente troviamo nella stessa persona: la passione per i poveri, per lei in particolare i carcerati, e la professionalità con cui si impegnava in loro favore. Gli studi fatti le permettevano razionalità di ragionamento e capacità di individuare le strade per ottenere le cose di cui aveva bisogno per i suoi; la passione per i poveri, il suo coinvolgimento personale nelle loro vicende, le davano la forza di non mollare mai, di non essere soddisfatta sino a che tutto quello che si poteva fare fosse fatto. Il mio servizio nella Caritas, salvo due intervalli è continuato sino ad oggi dandomi la possibilità di apprezzarne le doti di guida della Commissione Caritas
per il Carcere: sempre in armonia con i volontari della commissione, capace di coinvolgerli e di trovarne dei nuovi volontari per il servizio interno ed esterno all’istituto di pena. Tante le proposte da lei fatte, moltissime delle quali attuate ed apprezzate dall’intero mondo carcerario. Un ultimo pensiero va al tempo finale della sua vita, periodo in cui l’ha presa il male fisico. Fino alla fine, quando non era ricoverata
per cura, ha partecipato alle riunioni, sempre battagliera, sempre inappuntabile; il suo stato di salute non era minimamente percepito, sempre proiettata verso il mondo esterno, non ci rendevamo conto del male che la stava divorando. Quando non era presente si faceva sentire per telefono: le attività dovevano continuare e, soprattutto, i suoi amici assistiti dovevano ricevere quello che era giusto. Quando le telefonate si sono diradate abbiamo intuito che la sua battaglia terrena era al termine. Abbiamo pregato per lei e continueremo a farlo perché resti ad operare con noi: il servizio ai poveri prima di tutto. Se, ricordandola, viene da pensare che non incontreremo più una come lei, ci conforta il fatto che il costruttore non vanificherà le cose belle compiute in lei. diacono Enrico Sassano, direttore Ufficio pastorale per la carità
Le parole di WALLY n un’intervista del 2006 sulle pagine de «La Settimana» Wally I«Non raccontava l’importanza del servizio di assistenza ai detenuti: sempre le persone conoscono la realtà carceraria – raccontava Wally - C’è molta ignoranza sulle condizioni dei detenuti e sulla possibilità di aiutarli. L’opera di volontariato, sia di ispirazione laica che cattolica, è importantissima ed in crescente considerazione da parte dei responsabili delle case di reclusione. Il volontario ha un colloquio diretto con il detenuto (spesso viene preferito ad un educatore perché viene visto come persona disinteressata), fa da tramite con il mondo esterno, ha voce in capitolo nelle richieste di misure alternative, a volte è l’unica persona a cui rivolgersi per un qualsiasi bisogno, soprattutto per gli stranieri che non hanno alcun familiare in città o addirittura in Italia. Adesso siamo un bel gruppo e lavoriamo bene insieme. Ci aiuta anche la solidarietà di chi è sensibile a questi problemi».
UNA PERSONA CHE SAPEVA SORRIDERE ANCHE NEI MOMENTI DI DIFFICOLTÀ’
Serenità, serietà ed umiltà a conoscenza ed il rapporto con Wally risalgono a Lcometanti anni fa, praticamente da sempre la ricordo volontaria. Un punto di riferimento per tutti, una roccia, una certezza assoluta. Non era una volontaria «normale», anzi si discostava molto dal clichè del volontario. Si è sempre distinta, infatti, per la sua serietà, per il suo rigore, la sua «professionalità», caratteristiche che a prima vista potevano rischiare di creare distanza e freddezza rispetto al calore tipico di tanti volontari. Ma questo era il suo stile che, unito alla costanza ed alla fermezza, hanno fatto di Wally uno dei punti fermi e sicuri in tutti questi anni, ed ognuno di noi sapeva che su di lei si poteva con certezza contare. Aveva fatto del volontariato con le persone con problemi di giustizia la sua ragion d’essere nel sociale. E perciò non la Caritas, non il carcere, non noi che l’abbiamo conosciuta, ma tutta Livorno perde una delle sue donne più vere. Wally ha dato tanto a Livorno perché ha fatto tutto bene, con passione e professionalità insieme. Ricordo tante battaglie portate avanti insieme, e ricordo soprattutto la sua determinazione una volta individuato un obiettivo.Tra le tante, in particolare la ricerca di percorsi formativi e lavorativi seri per chi deve scontare una pena, che ad un certo punto ci fece individuare dei settori con possibilità occupazionali ma poco battuti a Livorno, e così, grazie anche all’aiuto di don Roberto Corretti, nacque la Cooperativa MareLive, che poi negli anni prese strade diverse ma che è un tipico esempio
dell’impegno di ricerca e della determinazione di Wally, perché fu soprattutto lei, più di me e più di altri, a tessere sapientemente le fila di questo progetto. E, come di questo, anche di tanti altri. La ricordo sempre assolutamente libera ed autonoma ma insieme assolutamente rispettosa dell’autorità e delle istituzioni. Mai l’ho vista porsi in termini lamentosi o conflittuali ma sempre in termini propositivi, costruttivi, collaborativi. E poi, e forse soprattutto, è stata una volontaria «vera»: pur avendo portato avanti mille e mille iniziative e progetti, mettendo sempre in campo tutto il suo impegno e tutta la sua professionalità, lei ha sempre fatto tutto a titolo assolutamente gratuito, senza un minimo compenso o rimborso spese, solo e soltanto per amore. Non possiamo non ricordare, infine, l’ultimo periodo, quello dell’avanzare della malattia, che l’ha vista andare avanti e continuare a fare del bene con la stessa forza d’animo di prima, anche se con meno forze di prima. L’abbiamo così vista ancora più ostinata di prima nel fare del bene anche laddove le circostanze non erano favorevoli. Ricordiamo, solo per fare un esempio, che si è fatta carico di una persona difficile, con una situazione personale complessa, dedicandogli tempo, denaro e soprattutto energie ed entusiasmo. Ed il sopraggiungere e l’avanzare della malattia non le ha impedito di continuare ad essere presente con la sua instancabile attività di sostegno e vicinanza a questa persona in un’ottica di amore gratuito.
Concretamente e veramente attenta sempre più all’altro che a se stessa fino agli ultimi giorni. E non posso non ricordare anche l’ultimo incontro con lei, nel mio ufficio per una riunione tra Ufficio Esecuzione Penale Esterna e Caritas, uno di quei periodici momenti in cui ci si confronta, si condividono le difficoltà, si concordano miglioramenti: credo che mi rimarrà sempre vivo come lei, nonostante le sue serie difficoltà di salute, sia stata presente in quella riunione, ed abbia affrontato tutte le questioni, alcune anche delicate e complesse, con il suo solito stile di serenità, serietà, umiltà.Tanto da farmi dire, tra me e me, «Wally è sempre la stessa, nonostante tutto». E, dopo, mi sono ricordato che di S.Vincenzo de’ Paoli si diceva: «Il signor Vincenzo è sempre Vincenzo», perché in ogni situazione, favorevole o avversa, era sempre colla faccia serena, sempre eguale a se stesso, poiché sempre ugualmente non centrato su di se ma in un atteggiamento di fiducia e di Amore per Dio e per l’uomo. E mi viene perciò da pensare che anche per Wally si possa dire lo stesso. Noi, che abbiamo avuto la fortuna di averla avuta accanto in tanti anni di impegno comune, non possiamo che mandarle un grande Grazie per quello che è stata sia per le moltissime persone che ha aiutato e amato tra coloro che sono considerati gli ultimi anche nella nostra città, sia per noi, per la sua amicizia e per la sua testimonianza, così preziosa che non può andar persa e che perciò, siamo fiduciosi, porterà sicuramente frutto. Salvatore Nasca e l’Ufficio Esecuzione Penale Esterna
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LA SETTIMANA DI LIVORNO
18 marzo 2012
«Il Maestro e Margherita» al Portico di Salomone
LAVORARE CON LA fantasia Una vita speciale quella di Lorenzo Loviso, un uomo che ha fatto della sua passione e della sua fantasia il suo lavoro. Oggi trasmette tutte le sue conoscenze a chi come lui continua a sognare
DI
ALICE CARPENTIERE
n una fabbrica occupata della Milano degli anni ’70, Lorenzo o più semplicemente Renzo Lovisolo, conosciuto oggi come il maestro delle bolle di sapone, apprende l’arte del mangiafuoco. Nasce in questo modo la sua vocazione di artista sui generis. Un giorno un ragazzo olandese si presentò alla fabbrica e domandò chi volesse imparare a fare giochi col fuoco, Renzo subito alzò la mano, forse perché quest’arte ce l’aveva nel sangue o perché, come lui stesso ci racconta, aveva ancora vivo il ricordo di quando la tata lo portò in un mercato di Milano, e là rimase colpito da un vecchio mangiafuoco che gridava e cercava di attirare la gente, urlando che per dodicimila lire non avrebbe acceso neanche un cerino. Alcuni anni dopo Renzo si trasferì in Israele, in un Kibbutz, dove imparò l’ebraico e come lavoro puliva le uova delle galline. I soldi però non bastavano e decise di inventarsi la professione di mangiafuoco, prima facendo spettacoli per strada poi
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LA FIGURA DI PILATO TRA LE RIGHE DI BULGAKOV uando leggere è un incontro che attraversa il Q tempo e dal passato ci raggiunge nel presente restituendoci una coscienza più matura di
La magia della vita nella bolle di sapone
diventando un vero e proprio artista ingaggiato da un impresario, e nel giro di un anno divenne «Lorenzo il famoso mangiafuoco». Dovette però smettere a causa di un problema ai denti, e fu grazie ad uno spettacolo in tv che decise di iniziare a fare bolle: una sera alla televisione israeliana fu trasmesso il video di un americano che realizzava piccole bolle di sapone con dei bastoncini, era un figlio dei fiori, un certo Tom Noddy. Seguendo il suo esempio Renzo decise così di passare dal fuoco all’acqua, sperimentando negli anni saponi sempre migliori e riuscendo a realizzare bolle sempre più grandi. «Con le bolle si possono fare moltissime cose- ci spiega- si possono far rimbalzare, mettere bambini all’interno, giocare a ping pong e fargli prendere fuoco». Le bolle in questi anni stanno avendo un notevole successo, tanto che Renzo ha deciso di diventare un vero e proprio maestro: ragazzi e ragazze di tutta Italia lo vanno a trovare nella sua casa e in circa otto ore apprendono le basi per creare bolle; riuscendo a formare allievi che arrivano a
«Dobbiamo cercare di capire che cos’è una bolla, tutti sono abituati a vederla in aria per qualche istante, cadere per terra e scoppiare, senza però poterla osservare veramente»
cimentarsi perfino in programmi televisivi, come il mago Paolo, protagonista in questo periodo del talent show «Italia’s got talent». Renzo ha inoltre realizzato importanti spettacoli che hanno avuto un grande riscontro di pubblico, formato sia da bambini che da adulti. Ne è un esempio «Ribolle» rappresentato per la prima volta a Effetto Venezia e approdato poi in molti teatri italiani, uno spettacolo che non rappresenta semplicemente un gioco di bolle, ma è il racconto di una vera e propria storia, di un’esperienza di vita caratterizzata dall’effimerità e caducità delle bolle stesse, e che si snoda con l’aiuto dei tre attori presenti sulla scena. Renzo è però anche un cantante di canzoni popolari, e ci racconta la sua storia che lo ha portato a stretto contatto con Dario Fo e Franca Rame: «Nel 1968 mi trovavo a Varese, era il periodo delle lotte studentesche e insieme ad un gruppo di amici avevo fondato il partito comunista d’Italia “Linea Rossa”, eravamo i cosiddetti maoisti. All’interno del partito avevamo deciso di istituire un gruppo che si occupasse di cultura, per fare propaganda attraverso gli spettacoli. Dario Fo in quegli anni era stato cacciato dalla televisione perché aveva presentato, nonostante la censura, un testo sulle morti bianche. Dopo questo episodio divenne ancora più famoso e fondò una compagnia teatrale
mettendo in scena uno spettacolo chiamato “Ci ragiono e canto”, composto da musiche popolari italiane. Io imparai a memoria i testi delle canzoni e andai a fare un provino per la comune di Dario Fo. Franca mi fece entrare in una stanza e mi chiese di cantare. Ma come? Così senza musica, le dissi? E lei gridò: canta, canta! Nella stanza accanto alla nostra era in corso un’importante riunione politica, da giovane avevo un voce molto potente e appena iniziai a cantate rimasero tutti in silenzio e alla fine mi fecero un grande applauso, Franca a quel punto mi disse che ero stato assunto. Così iniziai la tournee con Dario fo portando nei teatri “ Mistero Buffo”. Quattro o cinque anni dopo decisi che la politica non faceva più per me, mi convinsi che il cambiamento doveva avvenire prima di tutto in me stesso, doveva partire dall’interno. Andai allora a vivere in un paesino di montagna composto da cinque abitanti. Da quando vivo a Livorno faccio l’artigiano e continuo a fare spettacoli». L’interesse principale della vita di Renzo è rappresentato in questo momento dalle bolle di sapone, spera così di contribuire a sviluppare la fantasia dei bambini, invitandoli a costruire con le proprie mani i giocattoli, proprio come era consuetudine una volta, anziché passare il loro tempo chiusi in casa davanti alla televisione e ai videogiochi. Renzo ultimamente ha deciso di diventare lui stesso protagonista dello spettacolo, mettendo in scena «A lezione fantastica di bolle» dove lo vediamo interagire col pubblico, portando sul palco alcuni spettatori che diventano così parte integrante dello spettacolo e imparano come si crea una bolla di sapone. «Dobbiamo cercare di capire che cos’è una bolla - dice Lorenzo durante la sua lezionetutti sono abituati a vederla in aria per qualche istante, cadere per terra e scoppiare, senza però poterla osservare veramente. Si possono fare bolle con attrezzi di tutti i tipi e di tutte le forme, ma io preferisco quelle che non necessitano di nulla, solo delle mani. Le bolle non hanno fretta, è come se fossero già presenti nell’aria». Caratteristica fondamentale per realizzarle è la serenità e la rilassatezza, se i movimenti sono rigidi e affrettati le bolle possono non venire o scoppiare subito. Tema di fondo dello spettacolo è non a caso la leggerezza.
noi stessi, allora la lettura diventa un’esperienza appassionante. Per questo il Centro Culturale Il Portico di Salomone giovedì 8 marzo ’12 ha presentato presso la Fondazione San Carlo Borromeo, il capolavoro della letteratura russa il maestro e Margherita di M. Bulgakov. Un libro di non facile lettura soprattutto per la sua struttura narrativa che improvvisamente, da un capitolo all’altro, ci proietta in una dimensione temporale diversa dal presente e ci proietta nel passato, ma non in un passato qualunque, un passato senza il quale non ci sarebbe neppure il presente, o parafrsando Eliot, «un momento del tempo dal quale il tempo prese il significato». Si tratta del momento in cui Pilato – il procuratore della Palestina – condanna Yoshua Ha Nhazri alla crocefissione. Infatti «il maestro e Margherita» è la vicenda di questo maestro che ha scritto la vicenda vera della Passione di Cristo e che l’associazione dei letterati russi di Mosca non ha voluto pubblicare e allora, in un momento di disperazione, decide di bruciare il manoscritto. La storia è il salvataggio del manoscritto dalla distruzione ad opera di due protagonisti abbastanza particolari: Margherita, la donna innamorata e amante del «maestro» e il diavolo nelle sembianze di un professore di magia nera e la sua cricca di diavoli. Questi ultimi metteranno in subbuglio la giovane Mosca della rivoluzione (ed è per questo che il regime sovietico impedì la pubblicazione del libro), mascherando ipocrisie e falsità e mostrando così che «l’uomo nuovo sovietico» non è altro che l’uomo di ogni tempo con le sue menzogne e incapacità di sempre. Il maestro e Margherita è fatto col procedimento del romanzo nel romanzo ma con un particolare rapporto tra contenitore e contenuto: il contenuto contiene, a sua volta una terza scatola cinese, ossia un altro testo narrativo: il Vangelo appunto come testo di riferimento. Il romanzo contenitore e il romanzo contenuto, sono due sistemi narrativi diversi, non solo nello stile, ma anche nella modalità spazio-temporale: sacro quello di Gerusalemme, sede del Mistero cristiano; non soltanto profano, ma dissacrato quello di Mosca del 1929, centro di un’ideologia atea. Per questo il romanzo subì traversie rovinose, tanto che potè essere salvato – il manoscritto – così come la sorte del romanzo del “maestro” finì bruciato e poi recuperato. Margherita è l’artefice di questo salvataggio, così come Elena Sergeevna moglie dell’autore al pari di Margerita dedicò la vita a Bukgakov e al suo romanzo. Oltre al passato - la Palestina di 2000 anni fa - e il presente della Mosca sovietica, c’è un altro tempo che non è il futuro, anzi questo è del tutto assente, ed un terzo sistema narrativo, sovratemporale: l’eterno.Wolland (il diavolo) il personaggio misterioso inviato a Mosca «dal cielo» per salvare colui che ha intuito e servito la verità il «maestro», rappresenta quella forza che vuole costantemente il Male e opera costantemente il Bene. C’è in questa terza dimensione un aspetto che riguarda particolarmente Margherita: lei è l’unica personalità che tiene testa a Satana non perché è buona, ma perché ama (anche lei vive di falsità, ma è trasfigurata dall’amore che la proietta fuori di sé. Cfr. E. Exitu Tracce, Marzo 2012). Se questa salvezza avviene per una forza ultraterrena venuta dal cielo è pur tuttavia necessario che vi sia la collaborazione anche dell’energia tutta terrena, ossia quella di una donna, Margherita appunto. B. è strapotente e credibile nelle sue invenzioni: vuole e cerca senza sosta il fondo della realtà più che ancorato ad essa per scelta ideologica, sembra ininterrottamente risucchiato dal Mistero della sua attrattiva. Continuo è il riferimento alla vita di Gesù come fatto realmente esistito o inventato dai suoi seguaci. Nel libro entra in gioco anche la figura di Pilato: il protagonista del racconto non è Cristo ma il procuratore romano che si «lava le mani». Ma B. non sceglie questa prospettiva innanzitutto per puntare il dito e condannare il colpevole, bensì, per mettere in luce tutta la tragicità di questo gesto e i tormenti che dilaniano quanti lo compiono. Lo scrittore vuol guardare queste persone fino nel profondo, come Dio solo è capace di vedere l’uomo, ed essere misericordioso nei loro confronti, come lo è Dio[cfr G. Parravicini,Tracce, marzo 2012]. Allo stesso tempo, però, non è risparmiata a ciascun uomo che viene al mondo quella presa di coscienza che caratterizza il «fatto» cristiano così come don Giussani evidenzia ne «I demoni»: «Un uomo colto, un europeo dei nostri giorni, può credere, credere proprio, alla divinità del figlio di Dio, Gesù Cristo?». Di fronte a questa domanda prima o poi si dovrà sporcarsi le mani. A cura di Andrea Capaccioli
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TOSCANA OGGI
LA SETTIMANA DI LIVORNO
18 marzo 2012
Agenda del VESCOVO
VENERDÌ 16 MARZO Nella mattina, udienze laici in vescovado 21.00 Via Crucis al V vicariato alla chiesa di S.Andrea a Castiglioncello
Diocesi informa
SABATO 17 MARZO 8.00 pellegrinaggio mensile diocesano a Montenero e a seguire S. Messa al Santuario 10.00 a Firenze, convegno CET Delegazione Regionale Pastorale Sociale e del Lavoro su “ Un’agenda di speranza per il futuro del paese”
Sabato 24 MARZO
La festa di San Disma
DOMENICA 18 MARZO 11.00 nell’ambito della visita pastorale al I vicariato, S. Messa alla chiesa della Madonna 15.00 nell’ambito della visita pastorale al I vicariato, incontro con le famiglie alla parrocchia della Madonna LUNEDÌ 19 MARZO 10.00 S. Messa per il 30° della visita di Giovanni Paolo II nello spazio antistante il teatro di Rosignano Solvay (vedi locandina pag.8) 17.00 a Roma per il comitato dei progetti per i beni culturali MARTEDÌ 20 MARZO A Roma per il comitato dei progetti per i beni culturali MERCOLEDÌ 21 MARZO Nella mattina, udienze sacerdoti in vescovado
abato 24 Marzo al Santuario di Montenero, Festa di San Disma, protettore dei carcerati dei prigionieri e dei condannati a morte. Alle 11.00 presso il Santuario si celebrerà una funzione religiosa per ricordare il santo protettore. Saranno presenti le autorità civili e religiose e una rappresentanza di carcerati. La cerimonia sarà trasmessa in diretta da Telegranducato
GIOVEDÌ 22 MARZO 9.30 ritiro spirituale del clero all’istituto San Giuseppe a Quercianella
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VENERDÌ 23 MARZO 18.15 in seminario, Lectio Divina per i seminaristi e i giovani della diocesi 21.00 il Vescovo presiede la Via crucis per i martiri missionari nella chiesa di Sant’Andrea Apostolo SABATO 24 MARZO 9.30 inaugurazione della sede del corpo di soccorso dell’ordine di Malta in via Fagiuoli 11.00 S.Messa per San Disma al Santuario di Montenero DOMENICA 25 MARZO 11.00 in occasione della visita pastorale al I vicariato, S. Messa alla chiesa di San Benedetto 16.00 a Pontedera, incontro con i genitori sull’ “emergenza educativa”
Libri da LEGGERE
di Mo.C.
Sussidio Liturgico Pastorale – Quaresima e Pasqua 2012. Sono risorto e sono sempre con te.Ed. San Paolo, euro 1,50 La preparazione alla Pasqua è un momento importante per il cristiano e deve essere profondamente compreso e vissuto insieme alla comunità dei fedeli. Questo sussidio vuole riportare la nostra piena attenzione sul significato delle celebrazioni che vanno dalla prima domenica di Quaresima alla Pentecoste. Per ogni celebrazione ci sono tre sezioni: nella prima (Comprendere la Parola) vengono analizzate le letture in modo da trarne una riflessione sugli elementi dell’identità cristiana che vengono affrontati; nella seconda sezione (Vivere nella Chiesa)vengono approfondite le questioni liturgico-pastorali che interessano la comunità di fede dei cristiani; l’ultima sezione (Testimoniare) è dedicata a un pensiero o ad una testimonianza capace di spingerci ad una riflessione più profonda sul tema domenicale.
I viaggi di PHARUS
Cortona e Castiglione del lago re 06,00 partenza dai punti stabiliti per Cortona. All’arrivo, tempo libero a O disposizione per la visita a piedi dell’antico borgo di Cortona. La cittadina ha conservato meravigliosamente l’aspetto e la struttura della città medievale assieme a pregevoli architetture rinascimentali. Il centro cittadino nella suggestiva Piazza della Repubblica, è fiancheggiato dal duecentesco Palazzo Comunale e a pochi passi dal Museo dell’Accademia Etrusca si trova il Duomo, eretto sui resti dell’antica Pieve Romanica di Santa Maria. Visita del Santuario di Santa Margherita. Il Santuario sorge nella parte alta della collina di Cortona, in una incantevole posizione, ed è dedicato alla figura di S. Margherita, patrona della cittadina. Santa Messa. Pranzo. Nel pomeriggio proseguimento per il lago Trasimeno e visita del centro storico di Castiglione del Lago, piccolo borgo di origine etrusca. Qui normalmente, nel giorno di Pasquetta, viene organizzata una fiera del fiore con esposizioni di diverse specie. Tempo a disposizione e al termine partenza per il rientro a Livorno con arrivo previsto in serata. QUOTA EURO 60,00 - min. 35 partecipanti La quota comprende: bus - pranzo con bevande - accompagnatore e assicurazione La quota non comprende: mance - extra in genere ISCRIZIONI E SALDO ENTRO IL 25 MARZO Per informazioni e prenotazioni : 336 535354
BREVI DALLA DIOCESI
Via Crucis a San Pietro e Paolo VENERDI 16 MARZO ALLA 21.00 Ogni anno le suore Figlie del Crocifisso e il gruppo "Amici di Don Quilici dedicano una sera della quaresima a ripercorrere la Via Crucis cercando di ricordare, nella riflessione e nella preghiera, la particolare spiritualità del Servo di Dio Don Giovanni Battista Quilici. L’appuntamento per tutti coloro che vogliono partecipare è presso la chiesa dei Santi Pietro e Paolo, nello piazza omonima.
30°anniversario della visita dal Papa LUNEDÌ 19 MARZO ALLE 9.30 30° anniversario della visita di Giovanni Paolo II in Diocesi, presso lo stabilimento della Solvay (vedi programma Locandina pag.8)
Ritiro Diaconi DOMENICA 25 MARZO ALLE 9.00 Alla parrocchia del Sacro Cuore (Salesiani), ritiro di Quaresima per i diaconi. Meditazione offerta da don Gino Berto
Apostolato della preghiera LUNEDÌ 26 MARZO ALLE 9.00 Ritiro di Quaresima alla parrocchia di S.E. Seton secondo il seguente programma: Lodi, Meditazione, S. Messa, pausa pranzo, Via Crucis con meditazione spontanea dei partecipanti
TOSCANA OGGI
LA SETTIMANA DI LIVORNO ....
Il Vescovo che venne processato lla morte di Mons. Gavi venne eletto dal Capitolo Vicario Capitolare per l’ordinaria amministrazione della Diocesi il Vescovo Ausiliare del defunto vescovo mons. G..B. Bagalà Blasini, ma la nomina, bene accetta al Vaticano, non venne mai ratificata dal ministro di Grazia e Giustizia, che era anche ministro per il Culto, che contestava la validità della sua nomina a Vescovo per la quale non c’era stato il previo consenso del Governo. Tutto questo avveniva per il timore di una sua elezione a vescovo di Livorno invisa ai liberali. Dopo un lungo braccio di ferro, la S.Sede decise di nominare vescovo di Livorno Mons. Giulio Metti. In passato il vescovo veniva scelto in una rosa di nomi presentati dal Granduca e che erano tutti di appartenenti all’aristocrazia. Questa volta il Papa scelse sua sponte. Giulio Metti era nato a Firenze il 9 luglio 1816. Uomo di cultura, ma di famiglia semplice, aveva studiato nel collegio fiorentino dei Padri Scolopi ed aveva esercitato il suo ministero sacerdotale presso la Congregazione fiorentina di S.Filippo Neri.: Essendo anche poeta, per i giovanetti che frequentavano detto Oratorio aveva scritto vari drammi sacri: Daniele, Ismaele, Giuseppe, Davide, Ester , il salmo 56 di Davide, S.Pietro di Roma, Tobia. Aveva anche scritto la vita di Suor Maria Teresa di Gesù, carmelitana, al secolo Cintia Rosselli Del Turco ed alcuni poemi inneggianti alla Vergine Maria. Il suo apostolato fra i giovani si era dimostrato molto efficace. L’Arcivescovo di Firenze lo nominò Penitenziere della Cattedrale e Vicario ad Moniales (Cappellano delle Suore. Era di salute molto cagionevole. Fin da piccolo trascorreva alcuni periodi dell’anno a Livorno per godere dell’aria di mare). Il 22 maggio 1872 venne eletto Vescovo di Livorno e consacrato a Roma nella Chiesa dei Santi Vincenzo e Atanasio il 11 agosto 1872. In questo periodo non c’erano buoni rapporti tra la S. Sede e il Governo, quest’ultimo con le leggi delle Guarentigie, aveva stabilito che avrebbe riallaciato i rapporti amministrativi con le diocesi a patto che i Vescovi richiedessero il Regio Exequatur per le loro nomine. Pio IX non accettò la legge che, togliendogli la sovranità territoriale, gli riconosceva soltanto il godimento dei Palazzi del Vaticano, del Laterano e della Villa di Castelgandolfo e che, in cambio, gli avrebbe garantito una ricca dotazione annua. Proibì ai Vescovi la richiesta dell’exequatur. Le diocesi che non avevano beni propri, come
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«Nonostante l’inizio burrascoso Mons. Metti procedette con il suo piano pastorale che prevedeva la cura del Clero e la organizzazione del laicato per un suo maggiore impegno nella vita sociale attraverso una testimonianza di carità»
stipendio mensile di 500 Lire. Fu in questo periodo da parte vaticana venne istituita la raccolta annuale dell’Obolo di S. Pietro (detto anche la Carità del Papa) con il quale il Papa poteva fare la carità anche ai Vescovi poveri.
quella di Livorno, private in tal modo dello stipendio per la Mensa, si trovarono in gravi difficoltà economiche. Mons. Gavi provvedeva con le proprie sostanze a dare lo stipendio al proprio segretario. Anche Mons. Metti, che non aveva beni di famiglia. era in gravi ristrettezze Il Papa gli venne in aiuto stabilendo per lui uno
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Il giorno della sua ordinazione vescovile Mons. Metti indirizzò ai Livornesi la sua prima lettera pastorale in latino. Nella lettera, tradotta per i fedeli, intesseva le lodi della città che da tempo conosceva e gli era cara, manifestava il suo rammarico nel vedere come, al presente, in ogni luogo le leggi divine fossero disprezzate, i sacri Templi profanati, i Religiosi e le Religiose cacciati dalle loro case, i patrimoni della chiesa e della S.Sede confiscati e concludeva rivolgendo al Clero ed ai Religiosi superstiti che chiamava “piccolo gregge” il suo saluto affettuoso. Come era prevedibile la lettera suscitò le ire dell’Autorità civile, spalleggiata dalle stampa locale. Venne ordinata la confisca della lettera e il Vescovo venne mandato sotto processo unitamente al
traduttore della lettera, professore al Seminario, al Cappellano del Duomo reo di aver consegnata la lettera allo stampatore, al direttore della stamperia. Tutti si presentarono in Tribunale tranne il Vescovo che si giustificò affermando che la sua coscienza gli imponeva di obbedire ai Sacri canoni della Chiesa e che, rivestito com’era del carattere episcopale, si sarebbe sottoposto al giudizio del tribunale solo dietro autorizzazione della Sede Apostolica. Con un certo ritardo l’autorizzazione venne concessa. Gli atti vennero inviati alla Corte di Assise di Lucca, ma dopo alcuni mesi di dibattiti la Corte d’Appello sentenziò l’assoluzione del Vescovo e degli altri imputati. Nonostante l’inizio burrascoso Mons. Metti procedette con il suo piano pastorale che prevedeva la cura del Clero e la organizzazione del laicato per un suo maggiore impegno nella vita sociale attraverso una testimonianza di carità. Fondò anche a Livorno la società cattolica promotrice di buone opere (nata a Roma) la cui prima iniziativa fu quella di aprire nella parrocchia del Soccorso una nuova scuola femminile privata retta dalle Suore della Carità. Il 10 febbraio 1873 scrisse la seconda lettera pastorale nella quale affermava che, a prescindere dalle lotte politiche, la Chiesa livornese era viva ed attiva con le molte confraternite e le associazioni cattoliche. Infaticabile, effettuò un’accurata visita pastorale alle parrocchie della diocesi dall’aprile 1873 al maggio 1874 e scrisse in questo stesso anno la terza lettera pastorale dal titolo Vigilate: “perché non avvenga di confessare Cristo con le parole e negarlo con i fatti”. Scrisse anche un appello per far riflettere sul problema della scarsità delle vocazioni. Il Seminario si trovava in estrema povertà Per rimediare in qualche modo pensò di fondare l’Associazione di Nostra Signora del Sacro Cuore per un impegno quotidiano nella preghiera ed un obolo mensile a beneficio dei Seminaristi poveri. Terminata la visita pastorale il Vescovo si spense improvvisamente nella notte del 5 settembre 1874. A cura di Maria Luisa Fogolari, direttrice dell’Archivio storico diocesano
I nostri VESCOVI
MONS. GIULIO METTI, QUINTO VESCOVO DI LIVORNO.....
18 marzo 2012
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TOSCANA OGGI
LA SETTIMANA DI LIVORNO
18 marzo 2012
L’ASSOCIAZIONE ABLONDI
LA SCELTA DEL DIALOGO el Teatro Filicchi, l’Associazione Alberto Ablondi ha N tenuto un incontro di riflessione su un tema molto caro al Vescovo Alberto: «La scelta del dialogo». Il professor Emanuele Rossi, presidente dell’Associazione, ha coordinato gli interventi. Il Vescovo Simone: Ipotesi per nuove ricercheSarei contento, ha detto monsignor Giusti, presente all’incontro, se questa Associazione potesse “scandagliare”sempre di più alcuni aspetti della figura di monsignor Ablondi. Ad esempio: il suo ecumenismo da dove nasceva? Certamente da un pensiero fucino, ma quale influenza ha avuto la vicinanza con monsignor Guano? Quanto è stato in sintonia con la «Nostra aetate» e come è andato oltre? Quanto è stato un ripetitore del pensiero conciliare e quanto ne è stato un innovatore? Quali altri orizzonti preannunciava? Quali potevano essere le altre prospettive ecumeniche che avrebbe voluto portare avanti? Sarebbe interessante cercare di capire da dove venivano le sue intuizioni, sicuramente dai buoni rapporti che intesseva con le persone, rapporti che si basavano sulla reciproca fiducia, sulla quale si fonda il dialogo. Riusciva ad oltrepassare le barriere più insormontabili, l’ho percepito -ha detto il Vescovo- da un colloquio recente con alcuni ebrei che mi hanno fatto presente che in una particolare occasione, Lui aveva pronunciato delle parole più profonde dello stesso Rabbino! Il dialogo e le identità Il professor Rossi ha illustrato che la scelta del tema del dialogo ha lo scopo di «fare memoria dell’esperienza pastorale del Vescovo Alberto», perché il suo è stato «un insegnamento di vita e non solo di dottrina». Il fine del dialogo è la verità, è un valore in se stesso, dobbiamo chiederci come la verità che egli ha contribuito a rivelare possa ancora crescere. Rossi ha invitato i relatori ad inquadrare il dialogo come «rispettosa relazione» e come conciliare l’idea del dialogo con il rispetto delle identità che si radicano su valori non negoziabili, e come può avvenire il dialogo tra Chiesa e società civile che si radicano su piani diversi in quanto «indipendenti e sovrani». L verità si costruisce insieme Il professor Adriano Fabris, docente all’Università di Pisa, ha aperto il suo intervento dicendo che «il problema del dialogo oggi è dovuto al fatto che non si dialoga più, è passato di moda!». Bisogna cercare di capirne il perché tenendo conto che il dialogo è fatto per la verità e per una ricerca comune della verità. Molti trovano che nel concetto di dialogo sia racchiusa una sorta di debolezza, una via di mezzo che tradisce la verità in cui si crede, oppure che accoglie la verità del primo che passa, quindi alternativa a ciò che si professava oppure determinata da una convinzione contingente, insomma una prospettiva relativista. Invece il dialogo vero deve essere fedele alla verità e ciascun interlocutore deve riconoscere che anche l’altro ha le sue buone ragioni, c’è dunque la necessità di mettere in gioco se stessi. Il rischio del dialogo è quello di perdere la propria identità, il risultato non è mai scontato, è una dinamica, è animato da una speranza: quella di una intesa. Oggi si vive in una immediata contrapposizione o in una immediata adesione, spesso percepiamo noi stessi nella dimensione del «muro», cioè «non mi importa degli altri e non mi metto in gioco». Oppure in maniera più subdola quello dello «specchio», che ci fa dire «io ho ragione». Se non dialogo -ha continuato Fabris- chi ci perde sono io, non cresco, non mi metto alla prova, non mi confronto, la verità si raggiunge rischiando, è questa infatti la condizione contraria alla mentalità fondamentalista, sia religiosa che laicista. Gli uomini e le donne credenti hanno un aggancio imprescindibile alla dimensione del dialogo: la Bibbia, lì troviamo un Dio che dialoga con l’uomo, un Dio che chiama. Perché non si dialoga più? Perché siamo immersi in una comune mentalità che mette al centro l’individuo: chiuso, isolato, autosufficiente, che non ha bisogno degli altri. Ma questa è una descrizione sbagliata della nostra identità perché siamo essere relazionali. La relazione -ha concluso Fabris- si realizza attraverso le parole, quindi con il dialogo proiettato verso la verità. La nostra Chiesa pratica il dialogo, si pensi al Cortile dei Gentili, dunque non bisogna aver paura ma usare metodi e pratiche basati sulla testimonianza che si esprime in «una attitudine aperta» anche verso coloro che sono chiusi in se stessi. Il dialogo come valore Claudio Frontera, già assessore comunale, poi Presidente della Provincia, come uomo impegnato nella politica ha ricordato il dialogo intrattenuto, molti anni fa, da monsignor Bettazzi,Vescovo di Ivrea, con il segretario del PCI Enrico Berlinguer, e ha ammesso che il rapporto tra laici e cattolici è oggi diverso da come lo era parecchi anni fa. Frontera ha ricordato il suo sintonizzarsi sulla lunghezza d’onda del Sinodo diocesano e la novità di quell’incontro con monsignor Ablondi e con monsignor Savio, «un rapporto che mi ha cambiato». Negli anni ’70 il dialogo era uno strumento per superare conflitti e differenze. Martin Buber e monsignor Ablondi ci hanno spiegato che non è solo un mezzo, è un valore in sé, perché è nel dialogo che si struttura l’essere umano. Quindi né muri, né specchi, ma nemmeno individualismo e nemmeno collettivismo. Il dialogo è allora «empatia», è relazione non formale. Il dialogo è scoprire la dignità in colui che è diverso da noi. Il dialogo è «il valore che fa crescere l’umanità che è in noi». La cultura nel mondo contemporaneo è reciprocità, perciò il dialogo è anche valore sociale in quanto capacità di rapportarci con l’altro e valore morale, perché è già verità in sé e arricchisce la verità che si possiede. La potenzialità delle nuove tecnologie comunicative spingono il dialogo ad avere ancora una maggiore importanza nel futuro, «il mondo futuro non potrà essere figlio se non del dialogo». Gianni Giovangiacomo
La presentazione del volume GLI ARGENTI DEL MUSEO DIOCESANO
«La bellezza è il nostro petrolio» Un nuovo allestimento per il museo e un volume sugli argenti per dare nuova vita all’esposizione con i tesori della Diocesi. La Fondazione Cassa di Risparmi al fianco della Chiesa livornese per recuperare e proteggere il patrimonio artistico «La bellezza è il nostro petrolio», con queste parole Monsignor Pietro Basci, direttore dell’ufficio beni culturali della Diocesi di Livorno, ha esordito presentando il nuovo catalogo del museo diocesano dedicato agli argenti, contenuti nelle teche della mostra permenente allestita in vescovado. «Questa pubblicazione - ha continuato - è il segno di un’operazione culturale più grande che consentirà di dare spazio a tante altre opere, tra cui anche la ricca collezione di tessuti pregiati, già censiti». I ringraziamenti del Vescovo Il vescovo monsignor Simone Giusti ha ringraziato tutti coloro che hanno partecipato al progetto e tutti coloro che, sempre più
funzione dei musei ecclesiastici nel loro significato pastorale. Il museo ecclesiastico, infatti, non è solo raccolta ed esposizione di beni, ma ha il compito di narrare la storia della chiesa locale». «Un Museo diocesano deve essere pensato non come una semplice raccolta di opere d’arte, ma come un luogo per mantenere la memoria. Il volume sugli argenti offre, quindi, la chiave di lettura, sottolineando la duplice funzione del museo: tutelare il patrimonio e tramandare la storia della spiritualità del territorio, attraverso gli oggetti in esso contenuti».
numerosi, partecipano con le loro donazioni: «persone cha hanno opere d’arte in casa e che vogliono condividere la loro bellezza con gli altri». come il consigliere comunale Salvatore Capuozzo che ha donato al museo una natività di Capodimonte (nella foto). «Siamo disponibili – continua il Vescovo – ad accogliere esposizioni e donazioni in modo che le opere d’arte siano fruibili sempre da più persone. Gli spazi utilizzati possono essere triplicati. Vorremmo creare un polo museale per la città, per aiutare la crescita di Livorno come città turistica e dare priorità al lavoro. La Diocesi, insieme alle Istituzioni, è pronta a collaborare per preservare i beni culturali della città». L’ambizione dei sostenitori «Il percorso che stiamo sostenendo, chiude il suo primo cerchio con la presentazione di questa agile guida per il visitatore del Museo, ma va ancora sviluppato, perché i luoghi della cultura hanno ancora bisogno di essere valorizzati e collegati tra loro». Questo, in sintesi, il messaggio che ha lasciato il presidente della Fondazione Cassa di Risparmi di Livorno, Luciano Barsotti, grazie alla quale è stato realizzato il volume e la guida museale. L’entusiasmo della Regione Il coordinatore dell’area cultura della Regione Toscana, Dr. Gian Bruno Ravenni è intervenuto alla presentazione con entusiasmo: «Ho trovato che questo sia un bel libro, che vuole spiegare anche il ruolo e la
Le motivazioni di fondo secondo la Soprintendenza La Dr.ssa Loredana Brancaccio, funzionario della Soprintendenza di Pisa e Livorno, ha svelato le motivazioni che sono state alla base del progetto del Museo diocesano: «La volontà di creare una raccolta che, estrapolando dal loro contesto alcune opere, sia testimonianza della vita artistica, societaria ed economica della città. La prima cosa da fare era procedere ad una selezione accurata delle opere. La scelta si è rivolta, così, a quelle opere dalla valenza artistica maggiore o a quelle a maggior rischio furto o a quelle a maggior rischio di conservazione. Contemporaneamente non volevamo depauperare le parrocchie, infatti le opere per il culto devozionale non sono state prelevate. Le parrocchie coinvolte, invece, in qualsiasi momento possono riprendere possesso delle opere esposte al Museo». Il lungo lavoro di restauro La Soprintendenza ha provveduto a presentare le opere occupandosi del loro restauro. A illustrare l’intervento è stata la Dr.ssa Severina Russo nella veste di direttrice del Laboratorio di restauro. La visita al Museo con una guida di eccezione Antonella Capitanio, curatrice del volume sugli argenti, ha poi guidato i presenti nella visita alle teche. Davanti ad ogni opera ha invitato ad approfondire la storia di ogni oggetto, leggendo quanto scritto nel nuovo volume da Valentina Campedrer, Daria Gastone e Giorgio Bacci. Una lettura ed una visita che consigliamo anche ai nostri lettori. Angela Blanco
La conferenza di Andrea Tornielli invitato dal Serra club di Livorno
Le scelte di Pio XII l salone della Parrocchia della Rosa il noto vaticanista e storico Andrea Tornielli ha parlato della controversa figura di Pio XII. In attesa che si aprano gli Archivi Vaticani, Tornielli, con una ricerca storica molto precisa ha cercato di riportare nei giusti binari una questione sorta negli anni ’60 all’interno di una guerra degli organi di informazione: la Pravda e l’Isvetia. Che Pio XII non sia stato ritenuto nemico degli ebrei lo attestano le dichiarazioni stesse di importanti rabbini pronunciate nel 1958 alla sua morte. Il rabbino capo di Londra disse: «Noi ebrei abbiamo ragioni particolari per dolerci di una personalità, la quale in ogni circostanza, ha dimostrato coraggiosa e concreta preoccupazione per le vittime della sofferenza e della persecuzione», e ancora il Rabbino Capo di Roma Elio Toaff: «Più di chiunque altro noi abbiamo avuto modo di beneficiare della grande e caritatevole bontà e magnanimità del rimpianto Pontefice, durante gli anni della persecuzione e del terrore». Andando ad indagare negli anni pre-bellici e durante la Seconda guerra Mondiale, vediamo come
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le dichiarazioni di Pio XII specie nei radiomessaggi, denuncino in modo netto la «situazione di centinaia di migliaia di persone, le quali senza veruna colpa propria, talvolta per ragione di nazionalità o di stirpe, sono destinate a morte o a un progressivo deperimento». Molte furono le dichiarazioni con questi sentimenti; anche nell’Enciclica Mystici Corporis del giugno 1943 il Papa scriveva che «riconosciamo tutti gli uomini come nostri fratelli in Cristo secondo la carne, chiamati insieme con noi alla medesima salvezza». Molti però si domandano come mai Pio XII non abbia pronunciato l’anatema contro Hitler. La causa di questa scelta va ricercata nella data del 26 luglio 1942 in Olanda, dove a seguito della protesta dei vescovi, vi fu la deportazione di ancora più ebrei e anche di quelli convertiti al cristianesimo come Edith Stein e sua sorella. Quando il Papa si rese conto che furono deportati 40.000 ebrei, bruciò alla presenza di suor Pascalina, il discorso nella stufa della cucina in Vaticano e rivolgendosi ai vescovi nel giugno del 1943 disse ai cardinali che ogni parola rivolta alle autorità per mitigare le sofferenze e «migliorare le condizioni di chi soffre, e ogni
nostro pubblico accenno dovevano essere da noi seriamente ponderati e misurati nell’interesse dei sofferenti stessi, per non rendere, pur senza volerlo,più grave e insopportabile la loro situazione». Anche Paolo VI nel 1965, quando si recò alle Catacombe di Domitilla, ricordando quella Chiesa che soffriva nei Paesi a regime ateo e totalitario, sottolineò come fosse necessario che la Santa Sede si astenesse «dall’alzare con più frequenza e veemenza la voce legittima della protesta e della deplorazione, non perché ignori o trascuri la realtà della cosa, ma per un pensiero riflesso di cristiana pazienza e per non provocare mali peggiori». Questi dunque gli atteggiamenti ufficiali di sano realismo della Chiesa che però non le impedirono dall’agire poi concretamente a favore degli ebrei. Ad esempio si ricordano gli aiuti economici e i numerosi certificati di
Battesimo falsi; l’ebreo Pinchas Lapide in suo libro arriva addirittura a quantificare sugli 800.000 ebrei salvati dalla Chiesa Cattolica; al Museo della Liberazione di via Tasso a Roma, c’è una lapide che ricorda che 155 case religiose ospitarono 4.447 ebrei e che Papa Pacelli fece togliere la clausura. Alla luce di quanto esposto, si evince come sia importante cercare sempre la verità storica; la Chiesa non ha paura della verità. Monsignor Simone Giusti, che è voluto essere presente, ha sottolineato come la storia sia opinabile; la Chiesa è abituata alle mistificazioni; c’è un diritto di cronaca e di replica. L’atteggiamento deve essere sempre sereno con tutti e i cattolici hanno il diritto-dovere di informarsi perché l’ignoranza dà luogo a pregiudizi e ha concluso citando un’espressione dello storico Jemolo che diceva: " La Chiesa con i nemici di ieri combatte gli alleati di domani". Mo.C.
TOSCANA OGGI
LA SETTIMANA DI LIVORNO
18 marzo 2012
Ritiro spirituale PER GLI OPERATORI PASTORALI
Li amò sino alla fine
Guidato dal Vescovo il ritiro spirituale di Quaresima per tutti gli operatori pastorali della Diocesi incentrato sugli insegnamenti di San Paolo DAL 30 MAGGIO AL 3 GIUGNO
A Milano per l’incontro mondiale delle famiglie 2012
LA FAMIGLIA, IL LAVORO E LA FESTA
a Croce intronizzata sull’altare esposta all’adorazione quale segno della Redenzione annuncia al mondo che solo in Cristo morto e risorto c’è la salvezza. È questo il messaggio che è risuonato nella Chiesa di Santa Caterina durante il ritiro per gli operatori pastorali, guidato dal Vescovo. La croce è dunque l’emblema dell’amore oltre ogni limite, capace di sconfiggere il nemico più grande: la morte. Monsignor Giusti, a partire dalle parole di Paolo agli Efesini che invita ciascuno di noi a farci imitatori di Dio, camminando nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, ha indicato un itinerario per «vivere nell’amore». È un cammino ascetico, fatto di fatica e impegno perché la carità non è spontanea, ma se abbiamo Cristo come modello, diventiamo capaci d’amore. Ma non siamo imitatori di
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un santo qualsiasi, perché il santo di per sé è esterno a noi, e volendone riprodurre gli atteggiamenti o sentimenti, rimane al di fuori di noi. Ogni cristiano invece col Battesimo partecipa della vita stessa di Cristo resuscitato e forma un tutt’uno con Lui. Quanto più saremo capaci di fare spazio a Dio e ci lasceremo amare da Lui, tanto più saremo capaci d’amore. Il padre della Chiesa Gregorio Nazianzeno
Il catalogo dei «Teatri del Sacro»
La fede va in scena teatri del sacro» è un festival dedicato alla spiritualità, che «tembre Iconta già due edizioni, entrambe svoltesi a Lucca nel set2009 e 2011. Compagnie teatrali professionistiche e amatoriali hanno presentato durante i sette giorni della manifestazione 27 spettacoli, mettendo in evidenza i temi della tradizione sacra, per ricordare che il teatro è un’importante occasione di cultura e di fede. Un teatro di tutti e per tutti che va incontro a un’esigenza di unione tra una delle più popolari forme di comunicazione e la ricerca spirituale e religiosa. Un susseguirsi di prosa , danza e musica organizzati dalla Federgat e dalla Fondazione Comunicazione e Cultura, che adesso rivivono con l’uscita di un catalogo diviso in aree tematiche e di un documentario in dvd, che riporta le tracce essenziali di ogni spettacolo, e che è possibile reperire presso la curia vescovile. I teatri del sacro non si fermano però al solo festival di Lucca, gli spettacoli andranno in scena in tutta Italia per la stagione 2012-2013, valorizzando così piccoli teatri, Sale della Comunità e chiese. Alice Carpentiere Chiunque fosse interessato al catalogo degli spettacoli può trovarlo nella biblioteca diocesana. (via del Seminario 61 - aperta ogni mattina)
descrive con parole sublimi l’uomo che si lascia afferrare da Cristo: «Pensa o uomo divino di chi sei creatura. Imita pertanto la filantropia di Dio. Nulla nell’uomo è più divino che il far del bene. Tu dunque hai la possibilità di diventare Dio senza grande sforzo: non lasciare passare quest’occasione di ’divinizzazione’». Mo.C.
partito il countdown per È l’incontro mondiale delle famiglie a Milano. Chiunque volesse partecipare può consultare il sito: http://www.family2012.com /it/ oppure contattare i responsabili dell’ufficio famiglia della Diocesi Antonio e Rita Domenici tel. 0586 501418 cell. 335 354216 e-mail anto.dome@alice.it Massimo e Rosy Gualandi tel. 0586 888245 cell. 340 2603551 e-mail rosetta.p@email.it La Diocesi organizzerà dei pullman per la giornata del 2/6 (Festa delle Testimonianze con Benedetto XVI) con partenza nella prima mattina e rientro nello stesso giorno in tarda serata. Per informazioni e/o prenotazioni contattare l’Ufficio per la Pastorale della Famiglia.
ECCO UN AIUTO PER I POVERI PIÙ PICCOLI
VII
L’incontro della Consulta delle Aggregazioni Laicali
Tutti gli appuntamenti incontro della Consulta delle Lvescovo ’Aggregazioni Laicali è stato aperto dal Simone che ha ringraziato i partecipanti per gli intensi appuntamenti della passata «Settimana per la vita» e ha comunicato la prossima nascita del Consultorio familiare come centro di primo ascolto, così come era stato annunciato durante la settimana. Il Consultorio sarà operante nei locali dell’immobile di via Donnini e sarà portato avanti insieme agli uffici della Caritas, che all’interno della struttura organizzeranno anche una scuola di arti e mestieri, mentre la gestione tecnica sarà curata da un gruppo di persone della Pastorale sanitaria facenti capo a Suor Costanza Galli che potrà avvalersi della collaborazione delle associazioni di volontariato. Dalla verifica della Settimana per la vita è emersa anche la scarsa partecipazione delle parrocchie alle iniziative e si è auspicato un maggiore coinvolgimento dei ragazzi delle scuole sia pubbliche che cattoliche e per una maggiore sensibilizzazione del tema, anche il coinvolgimento dei Gruppi del catechismo. È emerso anche che il prossimo anno sarebbe opportuno un aggiornamento dei sacerdoti sui temi della bioetica. Il Vescovo ha invitato tutte le associazioni della Consulta ad andare, il 17 marzo a Firenze nella Basilica di San Lorenzo, dove si terrà l’incontro “Cattolici protagonisti nella Toscana di oggi”, organizzato dalla Delegazione regionale per la Pastorale Sociale e il Lavoro, in cui saranno presentate le proposte per l’attuazione della 1ª Settimana sociale dei cattolici della Toscana, tutto ciò in vista, come ha detto il Vescovo,“di una assunzione di responsabilità dei cattolici in tutti i campi”. Nel prospettare le iniziative delle associazioni, il Movimento dei Focolari ha fatto presente che il 12 maggio a Bruxelles, 240 fra movimenti ed associazioni cristiane sono convocate per testimoniare “l’anima cristiana dell’Europa”, con musiche, canti, interventi, progetti, nello stesso giorno un collegamento audiovisivo sarà fatto con Livorno dalle 17 alle 18 presso l’auditorium del Museo di Storia naturale concesso dall’Amministrazione Provinciale. Anche Livorno potrà dunque vivere questa giornata di gioia e di festa affrontando le tematiche relative alla nostra città. Una scadenza immediata è invece l’incontro organizzato dal Centro Italiano Femminile il 15 marzo nei locali del vescovado sul tema: “Il carcere luogo di punizione o di recupero: dialogo tra passato, presente e futuro”. Al Convegno, oltre al Vescovo, saranno presenti, tra gli altri, la Presidente Nazionale del CIF Maria Pia Campanile Savatteri, il giornalista Angelo Montonati, Enrico Sassano e suor Raffaella Spiezio della Caritas livornese, le conclusioni saranno tratte dal direttore della rivista Jesus, don Antonio Tarzia, mentre Antonello Riccelli guiderà il dibattito con il pubblico. Il 27 maggio la Veglia di Pentecoste diocesana sarà guidata da don Emanuele Zippo, una Veglia, ha sottolineato il Vescovo, che si concluderà con l’eucarestia come solenne professione di fede e a cui tutte le associazioni laicali sono invitate a dare il loro contributo, mentre il 31 maggio si svolgerà la serata ecumenica di Pentecoste, preparata dal SAE. Monsignor Giusti ha poi evidenziato altri due importanti momenti: il 20 maggio si terrà l’Assemblea Diocesana alla quale è stato invitato il Cardinale Dionigi Tettamanzi. Saranno presentate le schede relative al fidanzamento che proporranno il passaggio “da un corso ad un percorso”. Un percorso cristologico dunque che sia fondativo anche di una moralità cristiana. Il secondo avvenimento è l’indizione dell’ “Anno della fede”, a 50 anni dal Concilio Vaticano II e alla luce del catechismo della Chiesa cattolica. L’Anno si aprirà con il pellegrinaggio dell’8 settembre a Montenero e la consegna della Lettera Pastorale del Vescovo alla Diocesi, proseguirà con il Convegno missionario del 7 ottobre e vedrà l’apertura dell’Anno vera e propria nel pomeriggio del 28 ottobre, mentre la chiusura sarà nella domenica di Cristo Re 2013. Altre assemblee diocesane si terranno a novembre e a maggio 2014, in quest’ultima si parlerà del ruolo dei laici alla luce della Apostolica Actuositatem. Un Convegno catechistico sarà indetto per verificare la ricezione del Vaticano II e vi saranno anche altri incontri ispirati al “Cortile dei gentili” con la partecipazione dei Cardinali Ruini e Ravasi. Gianni Giovangiacomo
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TOSCANA OGGI 18 marzo 2012
LA SETTIMANA DI LIVORNO