La Settimana n. 12 del 23 marzo 2014

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IL GRANELLO di senape Via del Seminario, 61 57122 Livorno tel. e fax 0586/210217

di mons. Alberto Ablondi

“aprire le porte” vuol dire: accogliere dentro, vuol dire offrirsi al di E fuori. Il mondo, tutti abbiamo bisogno di una famiglia “a porte aperte” che

Coordinatore diocesano Nicola Sangiacomo

accolga il Signore Gesù imparando da Lui un modo di amare che la renda viva affettivamente, sessualmente, comunitariamente, spiritualmente; che accolga la vita non solo quando nasce ma anche quando presenta difficoltà e i drammi della crescita, per non creare degli emarginati, in quanto denutriti di amore; che accolga i vecchi senza posteggiarli troppo facilmente in istituti; che accolga i poveri aggiungendo (“in tante maniere”) un “posto a tavola”.

Reg. Tribunale Firenze n. 3184 del 21/12/1983

Messaggio per l’anno 1979- Una missione d’accoglienza

lasettimana.livorno@tiscali.it Notiziario locale

Direttore responsabile Andrea Fagioli

23 marzo 2014

Don Gino Berto, parroco e direttore della comunità del Sacro Cuore della nostra città è a Roma per partecipare, in qualità di segretario del Capitolo, al Conclave dei Salesiani. Un appuntamento importante per la Congregazione: 220 salesiani di 90 ispettorie rappresentanti 132 nazioni. Un mosaico di volti, tanti tasselli che insieme esprimono l’unico volto di don Bosco NELL’ANNIVERSARIO DELL’ELEZIONE DEL PAPA

Il conclave dei Salesiani DI

I

BENEDETTA AGRETTI

n questi giorni a Roma si sta tenendo un conclave speciale, quello dei Salesiani. Un’esperienza particolare, un’avventura ricca e impensabile che sta vivendo, in qualità di segretario del Capitolo, don Gino Berto, parroco e direttore della comunità del Sacro Cuore della nostra città. Il Capitolo Generale, come accade in tutte le congregazioni, viene convocato ogni sei anni per pensare e programmare il domani della vita consacrata alla luce dell’esperienza carismatica del proprio santo fondatore, in questo caso don Bosco. Al termine dell’assise, che si concluderà il prossimo 12 aprile, verrà eletto il Rettor Maggiore che guiderà la congregazione nel successivo sessennio. Un compito importante dunque, un impegno allo stesso tempo gravoso ma stimolante, come descrive lo stesso don Gino: «Siamo 220 salesiani di 90 ispettorie rappresentanti 132 nazioni. Un mosaico di volti, tanti tasselli che insieme esprimono l’unico volto di don Bosco. Si riflette, si verifica, si sogna, si progetta insieme, cercando di costruire quella comunione necessaria per guardare al futuro. E’ una positiva Babele salesiana, dove oltre le tre lingue ufficiali, inglese, spagnolo e

italiano, ci vogliono tanti sorrisi e gesti per riuscire a capirsi. C’è in tutti un grande desiderio di incontro e di dialogo, consapevoli anche dell’unicità del momento». E, proprio nello spirito di don Bosco, il pensiero di questo Capitolo si rivolge ai giovani, maggiormente in un tempo come questo, dove la ricerca della vera felicità viene deviata e ostacolata da tanti idoli

inconsistenti. «I giovani oggi - continua don Gino - sono una sfida dentro una cultura dove il primo posto è occupato da ciò che è esteriore, immediato, visibile, veloce, superficiale, provvisorio. Come i salesiani possono essere profeti del nuovo che rende nuova la vita? Come essere uomini che illuminano il futuro di tanti giovani? Ci è chiesto di essere audaci e creativi

nel ripensare obiettivi, strutture, stile, metodi di educazione e di annuncio della vita. Speriamo di riuscirci». Una sfida non facile, accompagnata da una conoscenza e una consapevolezza della realtà mondiale che non può non far riflettere ... «In questa conoscenza della realtà mondiale, un notevole apporto ce lo offrono le "buonanotti" (che sono i saluti che si danno fra di loro alla sera, in svariate lingue, i partecipanti al Capitolo, che danno l’idea della vastità della Congregazione) si spazia dalla Cina alla Siria, da Haiti al Congo, sono un buon termometro per conoscere il cuore pulsante della Congregazione, con le difficoltà ad essere salesiani con il rischio della vita o con l’entusiasmo di constatare che il piccolo seme sta diventando albero grande, in certe situazioni di frontiera del mondo". «Sento la mia presenza a questo Capitolo - conclude don Berto - come un infinito dono di Dio che chiede la responsabilità di vivere con intensità questa opportunità e poterla poi condividere con tutta la comunità. Un intenso, fraterno e affettuoso saluto a tutti , accompagnato da quel legame nella fede che si esprime nella preghiera».

Francesco: il suo linguaggio e quella simpatia immediata he la simpatia fosse immediata, reciproca e destinata a creC scere lo si è capito subito. Sin da quel primo buonasera geniale e originalissimo nella sua apparente banalità. Un saluto

semplice come quel Pontefice venuto «quasi dalla fine del mondo» e che adesso chiedeva silenzio e invitava a pregare il Padre Nostro e l’Ave Maria. Da allora è stata un’escalation di affetto e sintonia, di feeling come direbbero gli inglesi. Di papa Francesco piace il pollice che si alza in segno di saluto, le volte in cui rompe il protocollo, lo sguardo sorridente mentre scambia lo zucchetto bianco o indossa il cappello da alpino. Il suo è un vocabolario alla portata di tutti, ricco di esempi e di immagini tratte dalla vita quotidiana. Non è raro sentirlo parlare degli insegnamenti della nonna, e quando un concetto gli sta particolarmente a cuore chiede «per favore» come l’amico educato che non vuole disturbare. «Per favore» ripete e la gente sa che può credere a chi preferisce l’utilitaria all’auto blindata e in piazza San Pietro strappa un sorriso al malato chiedendogli se la moglie cucina bene. Si fida di un «parroco del mondo» che consiglia i libri che legge, regala le misericordine come un farmacista dell’anima e alla fine di ogni Angelus augura «buon pranzo» a tutti. Il suo è un linguaggio che pesca a piene mani dalla strada, in cui la soave musicalità dell’italiano si sposa con la rotondità delle «esse» spagnole, confinando se non proprio eliminando ogni asprezza di pronuncia. E allora diventa facile imparare concetti complessi come «globalizzazione dell’indifferenza» o «cultura dello scarto», meno complicato capire che le periferie, geografiche ed esistenziali, non vanno confinate ma messe al centro e che l’ultimo dei poveri è il prediletto del Signore. Valori di sempre, si dirà ed è vero, ma che ripetuti da Bergoglio sembrano ogni volta nuovi. Come il continuo richiamo alla misericordia. Come i frequenti rimandi alla tenerezza da intendere come capacità di ascolto, di accompagnamento, di accoglienza. Agli sposi, papa Francesco raccomanda di imparare ad usare le parole «permesso», «grazie» e «scusa». Con gli anziani sottolinea che la vecchiaia è l’età della sapienza. Ai giovani chiede di non aver paura di fare «passi decisivi». Perché solo «l’amore sa colmare i vuoti» e a «volte le lacrime sono gli occhiali per vedere Gesù». Ecco allora che diventa logico, quasi inevitabile l’invito, rivolto a tutti, ad aprire le porte e uscire da se stessi per incontrare il fratello. Un giorno Bergoglio commentando il suo motto: "Miserando atque eligendo", ha detto che gli piace tradurlo in "misericordiando". Un gerundio che in italiano non esiste però profuma di perdono, di braccia aperte, di gioia, che non a caso in spagnolo si dice alegría. Una parola nuova per arricchire quel dizionario della vita che, grazie a Francesco, sta portando aria fresca alla Chiesa. E al mondo. RICCARDO MACCIONI (Da Avvenire del 12 Marzo 2014 - Un anno con Papa Francesco)


II

TOSCANA OGGI

LA SETTIMANA DI LIVORNO

23 marzo 2014

TESTIMONI Angèle Lieby

Una lacrima mi ha salvato uesta è la storia di una lotta”, è «Angèle QLieby questo il succo del volume di “Una lacrima mi ha

salvato”, pubblicato dalle Edizioni San Paolo e scritto con la collaborazione del giornalista Hervè de Chalendar. Un volume redatto “perché i malati si facciano sentire e i medici si interroghino”, l’avventura dell’autrice inizia lunedì 13 luglio 2009 a Strasburgo, vigilia della festa nazionale francese, con un formicolio alle dita delle mani e un terribile mal di testa. Il marito Roy la porta al pronto soccorso dell’ospedale, i medici non capiscono cosa abbia e la vogliono dimettere, ma Angèle non riesce a deglutire, si sente soffocare, perde conoscenza, la intubano e la mettano in coma farmacologico. Ha continuamente gli occhi chiusi, vive nel buio, vorrebbe parlare ma non ci riesce, dice a se stessa “devo assolutamente mandare un segnale, ma non posso né urlare né muovermi”. Sente quello che succede vicino a lei, la voce dei medici, quelle delle infermiere, di tutti coloro che vengono a farle visita, le parole usuali “solamente due per volta”, in pratica la credono già morta. Scrive Angèle “Oggi so che è essenziale parlare anche a chi si crede morto. Oggi so che un malato lasciato solo è condannato alla morte”. Le medicazioni che le fanno, come quella della pulizia dei setti nasali, diventano per lei delle torture insopportabili, sente una infermiera che dice “francamente non ha senso accanirsi: tirerà presto le cuoia. L’ha detto il primario”, la credono ormai morta, al marito e alla figlia Cathy i medici dicono “Bisogna pensare a togliere la spina” e spingono il marito ad andare alle pompe funebri per scegliere la bara. Ma il marito si impone: “Non accetteremo mai di staccare la spina ad Angèle. Mai, capito?”. E ha ragione, dopo dodici giorni di permanenza in ospedale al reparto rianimazione, Angèle riesce a far scendere una lacrima sul viso e a muovere il dito mignolo, apre gli occhi, ma resta paralizzata. Da quel momento è un susseguirsi di eventi positivi, lenti, molto lenti, con il linguaggio del dito e dell’occhio fa addirittura intendere al marito, che le sta sempre vicino, che vorrebbe scrivere un libro. Finalmente i medici capiscono quale sia la sua malattia, si tratta della sindrome di Bickerstoff, la degenerazione della mielina che protegge le fibre nervose. Ma bisogna “avere fiducia, credere nel futuro”, il 14 agosto riesce a sedersi su una sedia “i progressi fisici generano spesso un miglioramento morale”, il 2 settembre le tolgono il respiratore artificiale, comincia ad assumere il cibo per bocca, ma le ci vogliono “due ore per inghiottire uno yogurt”. Ha purtroppo una ricaduta che le fa dire “la sofferenza è una esperienza solitaria, non si può condividere”, poi i miglioramenti continuano e il 24 novembre è trasferita in un nuovo centro ospedaliero dove inizia la rieducazione e il 2 dicembre le staccano definitivamente la cannula della tracheotomia, in seguito viene ricoverata al centro di riabilitazione Clemenceau , è il 9 dicembre, dice: “ho una volontà feroce di migliorare” e finalmente il 21 dicembre le tolgono anche la gastrostomia, il 23 dicembre riesce a fare trenta minuti di cyclette e il giorno dopo torna a casa. Cosa ci vuol dire questo libro? E’ la stessa Angèle che ce lo dice: “il mio caso insegna una importante lezione: una persona può essere perfettamente cosciente anche se in apparenza sembra in coma irreversibile”. “In realtà il problema è forse che ciò che prova un paziente non è sempre la maggiore preoccupazione dei grandi medici”. “Con la mia storia spero di diventare la portavoce di coloro che non possono comunicare”, “questo libro non ha altra ambizione se non di raccontare la sofferenza dal punto di vista del maggior protagonista: chi soffre”. Gianni Giovangiacomo

La parola alla... CARITAS PARROCCHIALE

Seguendo l’esempio di San Francesco Da cinquant’anni, in piazza Gavi, sono attivi numerosi servizi per aiutare i parrocchiani in difficoltà

I volontari della Caritas della parrocchia SS.maTrinità: Bardi Antonella, Bargelli Maria Paola, Bianchi Alida, Borsellini Anna, Cuzzocrea Giovanni, De Batte Bruno, Gelli Franco e Gabriella, Lepori Carla,Tobia Carlo,Tolotti Mirella

DI FABIO FIGARA

È

un punto di riferimento storico per gli abitanti del quartiere, un luogo in cui, in linea con i principi francescani, poter avere una parola di conforto, un sostegno morale e materiale. Agli inizi furono la Compagnia di S. Vincenzo de’ Paoli e il gruppo delle “Dame della Carità” ad offrire sostegno agli indigenti, poi furono direttamente i Francescani della Parrocchia con alcuni volontari, come Piero Funari, a gestire vestiario e pacchi alimentari. E, ancora oggi, la Caritas di S. Trinità offre aiuto a più di 60 famiglie, circa 170 utenti. «Una volta al mese, per tre giorni, ci occupiamo della distribuzione del pacco alimentare - spiega Carlo Tobia, referente della Caritas parrocchiale - composto spesso da un litro d’olio, un pacco di zucchero, uno di caffè, latte, pasta, pelati o conserve, se possibile biscotti, e altro. Sappiamo bene che un pacco al mese, per famiglie che, a volte, arrivano ad essere composte da sei individui, è poco, ma non possiamo operare diversamente: purtroppo importanti Enti quali Agea e Banco Alimentare, a causa della riduzione dei fondi, si trovano impossibilitati a far pervenire a

tutti i punti di riferimento come il nostro quanto offerto negli anni passati. E ciò limita fortemente le nostre capacità d’intervento». La crisi economica incide così sulle possibilità delle Caritas, che però risultano sempre più affollate. Se prima erano gli stranieri a bussare alla porta della Parrocchia, adesso molti Italiani si recano in Caritas, vincendo paura e vergogna nel voler usufruire di un servizio simile. «Quando ho iniziato, circa quattro anni fa, insieme al precedente parroco seguivamo una ventina di famiglie: poi la situazione è peggiorata notevolmente, in particolare dal secondo semestre dello scorso anno. Inoltre, ciò che preoccupa maggiormente, è

l’affollamento “italiano”: circa metà delle famiglie che aiutiamo sono livornesi». Anziani che non raggiungono la fine del mese, e che spesso mantengono figli quarantenni disoccupati, “esodati” che non hanno più l’età da lavoro ma che non possono raggiungere la pensione, disoccupati con figli a carico e individui con problemi di tossicodipendenza: un quadro chiaro di una realtà non solo di quartiere ma che abbraccia l’intera città. E per affrontare tale emergenza gli operatori volontari chiedono ai parrocchiani di dare una mano. «Oltre alle offerte ricevute dai frati continua Tobia - siamo riusciti, grazie ai catechisti, a sensibilizzare i ragazzi e le famiglie di questi per la raccolta alimentare: ogni domenica i giovani delle classi del catechismo consegnano alla Caritas uno o più generi alimentari, che contribuiscono

a mantenere attivo il servizio di distribuzione. E poi abbiamo un’iniziativa con il supermercato “Dico”, la “spesa nel cesto”, e prossimamente dovrebbe iniziare un’importante collaborazione anche con il vicino “Conad”. Stiamo anche pensando di riprendere un vecchio progetto, l’ “Armadio dei poveri”, di cui si occupavano le Dame della Carità, per la distribuzione di indumenti per bambini. Questo è un momento di necessità estrema: chi ha da offrire di più non può tirarsi indietro». Ma non è tutto: a breve la Caritas di S. Trinità inaugurerà un Centro di Ascolto nei vicini locali parrocchiali, in cui offrire assistenza e consulenza per varie situazioni d’emergenza e di degrado sociale. Gli operatori stanno attualmente frequentando i corsi appositi nelle aule della Caritas di via Donnini. «È un servizio fondamentale commenta padre Mario Giovacchini, parroco di S. Trinità - e proprio per questo sarebbe auspicabile un incremento di volontari e una maggiore coesione con le altre attività parrocchiali: in questo modo si crea una comunità in aiuto dei fratelli bisognosi».

SERRA CLUB: LA CONFERENZA DEL TEOLOGO DON RAFFAELLO SCHIAVONE

«I divorziati bussano alle porte della Chiesa» a oltre trent’anni all’interno della Chiesa D e su interesse diretto dei Papi l’argomento sui divorziati risposati ha

suscitato un dibattito molto contrastato. Proprio per questo alla luce della richiesta di Papa Francesco di trovare strade innovative che non scardinino il principio dell’indissolubilità del matrimonio, il Presidente del Serra Club di Livorno, Paolo Lugetti, ha invitato il teologo don Raffaello Schiavone, docente di Teologia Morale presso l’Istituto di Scienze Religiose Niccolò Stenone di Pisa a fare chiarezza su una questione che sta interrogando le coscienze di molti.Tante infatti sono state le persone che hanno affollato la sala Alberto Ablondi della Parrocchia della Leccia, di cui don Schiavone è parroco. “Il titolo della dibattito è menzognero” ha esordito don Raffaello, in quanto i divorziati, specie quelli che hanno subito il divorzio non sono mai stati esclusi dalla Chiesa; pertanto si deve parlare per alcuni casi di esclusione dalla partecipazione ai sacramenti, cosa questa ben diversa dall’esclusione piena dalla Chiesa. La Chiesa è una comunità dove ciascuno si sente al suo posto e nella Preghiera eucaristica vi è un’espressione dedicata ai “figli dispersi”, quindi i divorziati non devono sentirsi degli allontanati perché “chi è senza peccato scagli la prima pietra”. Pertanto è quanto mai necessario come dice Papa Francesco porre l’attenzione alle periferie non solo locali ma anche esistenziali e i divorziati purtroppo vivono questa esperienza e bisogna accompagnare e

non condannare il fallimento dell’amore. Le situazioni sono diversissime e anche i teologi stanno riprendendo in considerazione il fatto che pur restando il matrimonio sacramentale indissolubile in quanto rappresenta l’amore di Cristo per la Chiesa, e il coniuge che rimane fedele è testimone dell’amore crocifisso di Cristo che rimane fedele fino all’abbandono e alla morte, non va dimenticato che la legge è fatta per l’uomo e non viceversa. Già nel 1981 Giovanni Paolo II nella Esortazione apostolica Familaris consortio trovandosi di fronte ad un progressivo aumento di divorzi, ritenendola una piaga che purtroppo si andava allargando anche in ambito cattolico, esprimeva come “ La Chiesa, istituita per condurre a salvezza tutti gli uomini, e

soprattutto i battezzati, non può abbandonare a se stessi coloro che –già congiunti col vincolo matrimoniale sacramentale- hanno cercato di passare a nuove nozze. Perciò si sforzerà, senza stancarsi di mettere a disposizione i suoi mezzi di salvezza…;sappiano i pastori per amore della verità ben discernere le situazioni”. Papa Francesco riprendendo il magistero dei suoi predecessori, nel proporre al sinodo dei vescovi il questionario di 38 domande, vuole a livello collegiale cercare nuove risposte che non si basino sull’autoritarismo ma vogliono essere una riflessione sulla differenza tra dottrina e disciplina e dunque capire come agire con i divorziati risposati. Ecco che in attesa di ulteriori pronunciamenti, vi sono degli atteggiamenti da assumere quali quello di non colpevolizzare, ma di accogliere con una pastorale integrata senza ghettizzare.Va data molta attenzione cura alle coppie in crisi e soprattutto aiutare le giovani coppie a celebrare nella piena consapevolezza le nozze e tutti infine devono cercare la maternità nella Chiesa che cerca di mostrare il volto di Dio innamorato dell’uomo e che lo sostiene anche nei momenti di difficoltà. Il dibattito che è seguito è stato molto vivace e don Raffaello con la chiarezza e la precisione che lo contraddistingue è riuscito a presentare l’attenzione della Chiesa a questi temi con un discernimento che è ben lungi da quanto molto spesso i mass media ci propongono. Monica Cuzzocrea


TOSCANA OGGI

LA SETTIMANA DI LIVORNO

23 marzo 2014

CONOSCIAMO IL TEAM DI Music city

Una squadra affiatata che crede in un grande sogno! Un’agenda di speranza per Livorno DI FABIO

Tre amici hanno raccolto la sfida di gestire il negozio di musica «Tony», all’insegna di una grande passione e continuando una tradizione pluridecennale. Nonostante la crisi economica

FIGARA

T

utto è cominciato quando Tony Mazzone, chitarrista Jazz torinese di fama e fondatore dell’attività, chiede all’amico Vanni Draghetti, titolare di uno studio commerciale, musicista e collezionista di chitarre e bassi elettrici, di prendere la gestione del negozio che per più di quarant’anni ha portato il suo nome. Inutile rifletterci, la decisione è già presa: un paio di telefonate ad altrettanti amici amanti della musica, Andrea Leonardi e Valter Romagnoli, oggi soci nell’attività, continuando così una tradizione decennale, e diventando "Music City". «Per noi è stato un grande onore e un immenso privilegio poter gestire questo negozio, un punto di riferimento in città, e non solo, per tutti gli appassionati di musica come noi - spiega Andrea, libero professionista ma anche voce e chitarra del duo "TrentaCorde" Considerando il rispetto che abbiamo per Tony stesso, che continua a venire in negozio e a suonare con noi ogni giovedì, abbiamo preferito rispettarlo, subentrando "in punta di piedi", senza fare slogan e appendere cartelli con sopra scritto "nuova gestione". Vogliamo vivere in continuità con l’operato di questo grande musicista». Il subentro ha permesso di evitare una lunga trafila burocratica, e il nome rappresenta ormai una garanzia di qualità; ma non tutto è stato così semplice. «Sicuramente abbiamo dovuto guadagnarci la fiducia di clienti e fornitori, i quali conoscevano personalmente Tony da anni e che, da un anno a questa parte, hanno dovuto relazionarsi con la nostra società: ciò ha comportato un grande impegno e un cospicuo investimento, ma oggi possiamo dirci soddisfatti, dato che siamo riusciti a guadagnarci la stima di tutti e a tessere rapporti di collaborazione importanti con altri esperti del settore, come Renato Napoli e Brilli di Stagno». La crisi economica e le esigenze di mercato hanno però imposto diverse strategie per rimanere ai massimi livelli. «Oggi tutto il mondo della musica è in pasto al web continua Andrea - molti

Nelle foto: in alto da sxVanni Draghetti, Gabriele Draghetti, Maurizio Montanari e Andrea Leonardi; Sotto due punti del negozio con le chitarre e altri strumenti in vendita o in riparazione

Considerando il rispetto che abbiamo per Tony , che continua a venire in negozio e a suonare con noi ogni giovedì, abbiamo preferito subentrare «in punta di piedi» vendono tramite internet, spesso con prezzi fuori mercato, e senza avere spese di gestione come noi. E dato che la crisi ha colpito anche i consumi del nostro settore, abbiamo deciso di dedicarci maggiormente alla vendita di articoli per la scuola, offrendo lezioni di musica e concordando convenzioni mirate, interessandoci così al settore Start-up, cioè seguendo dalle basi chiunque voglia avvicinarsi al mondo della musica. Posso dire che siamo una squadra molto affiatata che crede in un grande sogno!»

E infatti, con la collaborazione dell’Associazione "Palladio", vengono offerte lezioni di musica individuali, anche a bambini. «Tony ha sempre puntato molto sulla formazione, e oggi cerchiamo di fare altrettanto - spiega Maurizio Montanari, insegnante di pianoforte e tastiere, già collaboratore nella precedente gestione - Gli orari delle lezioni sono molto liberi, e sono decisi di volta in volta per venire incontro alle esigenze di tutti. Gli strumenti che si insegnano, e si vendono, maggiormente sono le chitarre

classiche, le tastiere, i violini, i fiati e qualche batteria». Ma nel negozio è possibile trovare ancora qualche rarità. «In vetrina abbiamo esposto una Gretch, una chitarra appartenuta al chitarrista dei Camaleonti - racconta Gabriele Draghetti, collaboratore - un Basso EB01 Gibson della metà degli anni ’60 e una chitarra acustica americana Superstone degli anni ’30 con il cartellino originale ancora legato!" Una parte dei locali è stata oggi adibita a sala per piccoli concerti. "É una grande passione che portiamo avanti non senza sacrifici - spiega Vanni - ma, nonostante sia trascorso solo un anno dalla "riapertura", abbiamo avuto già grosse soddisfazioni, come avere ospiti cantanti e musicisti di fama». È possibile rimanere aggiornati sulle attività del negozio posto sugli Scali degli Olandesi 2/10 visitando la pagina www.facebook.com/pages/Mu sic-City o cercando su Google+ "Music City Livorno".

III

L’associazione livornese DoReMiao

Se gli animali rendono «liberi» A cura dell’associazione livornese DoReMiao, a gennaio è partito il corso per la formazione di operatori volontari di pet therapy all’interno degli istituti di pena, in collaborazione con la Casa Circondariale “Don Bosco”, il Cesvot, la Provincia e il Cif di Pisa cani hanno il grande pregio di inse«come Irirsi in vari contesti, seppur difficili la realtà carceraria.» arbara Bellet-

tini, presidente dell’Associazione “Do Re Miao”, introduce così il corso di formazione “scodinzolando”, rivolto a volontari attivi, formatori ed educatori volontari di OO.VV. ed aspiranti volontari per applicare i principi della pet-therapy all’interno degli istituti di pena. La pet-therapy è una terapia gentile che prevede il coinvolgimento di animali da compagnia per supportare il recupero di persone con disagio psico-fisico o in situazioni di fragilità, come appunto le persone detenute. Numerose esperienze dimostrano ampiamente l’effetto positivo della pet-therapy come coadiuvante delle terapie educative, cliniche e farmacologiche ed è da tempo acquisito, che il rapporto con gli animali genera benefici psico-fisici, facilita la socializzazione e la comunicazione, sviluppa il senso di responsabilità, riattiva abilità volte al recupero dell’autostima e diminuisce l’aggressività. L’idea è nata dopo un periodo di sperimentazione da parte degli istruttori di Do Re Miao all’interno della Casa Circondariale “Don Bosco” di Pisa. «Tutto è cominciato proponendo un corso di chitarra e danze etniche all’interno della struttura carceraria - continua Barbara - considerata la risposta positiva al percorso formativo musicale, abbiamo pensato di provare con “Scodinzolando”. Ed è stato un successo, per noi, ma soprattutto per i detenuti che vi hanno collaborato». Soddisfatto il direttore del carcere pisano Fabio Prestopino, intervenuto all’inaugurazione del corso. «Purtroppo la situazione degli istituti di pena italiani è gravissima - spiega - anzitutto per il problema del sovraffollamento, che causa situazioni di disagio notevoli sia per chi deve scontare una pena, sia per il personale che vi lavora. E poi gli effetti della spending review si sentono ogni giorno: mancano carta igienica, spazzolini e molti altri beni di primaria necessità. Fortunatamente la Toscana è una terra “ricca di volontari”, esperti e capaci come i ragazzi di Do Re Miao che, con grande professionalità, hanno saputo comprendere tale difficile realtà, con risultati sorprendenti. Ogni attività che si inizia in carcere è una scommessa: e loro, l’hanno vinta». E con notevoli risultati: per tutto il periodo in cui è durata l’attività, è stata evidenziata una regressione dell’aggressività in soggetti abituati a delinquere. «Noi vorremmo che il carcere fosse trasparente, non chiuso in sé stesso come sta purtroppo accadendo. E facendo il volontariato all’interno di esso ci si può rendere conto che anche persone che abbiano effettuato delitti efferati siano pur sempre esseri umani, con un passato e un futuro davanti.» Il corso, iniziato a fine gennaio, permetterà ai volontari di acquisire le capacità per favorire il processo di autostima, responsabilità e socializzazione tra le persone detenute, il personale di custodia e tutti i soggetti a vario titolo coinvolti tramite le Attività Assistite dagli Animali (A.A.A.), in particolare con l’ausilio dei cani. Le attività di Do Re Miao non si fermano qui, ma continuano con altri progetti con la Facoltà di Veterinaria di Pisa, e promuovendo attività di ludo agility, sportive e di educazione con i bambini, nonché in case di riposo. Fabio Figara


IV

TOSCANA OGGI 23 marzo 2014

LA SETTIMANA DI LIVORNO

Agenda del VESCOVO

VENERDÌ 21 MARZO Nella mattina, udienze laici in vescovado 19.00 vespri e lectio divina in seminario 21.15 consiglio pastorale diocesano in vescovado SABATO 22 MARZO 11.00 S. Messa per i Cavalieri Costantiniani alla chiesa di S. Caterina 18.00 S. Messa e cresime alla parrocchia della SS.ma Trinità DOMENICA 23 MARZO 11.00 S. Messa e cresime alla parrocchia di S. Stefano a Castelnuovo della Misericordia LUNEDÌ 24 MARZO 9.30 in vescovado, incontro con i dirigenti scolastici MARTEDÌ 25 MARZO Nella mattina, udienze clero in vescovado 18.00 il Vescovo, a Firenze, partecipa all’ordinazione episcopale di mons. Stefano Manetti, nuovo vescovo di Montepulciano MERCOLEDÌ 26 MARZO 10.00 in occasione della visita pastorale al VI vicariato, visita ai malati della parrocchia di S. Ranieri a Guasticce 21.15 incontro con la consulta missionaria diocesana in vescovado GIOVEDÌ 27 MARZO 10.00 a Camaiore, consiglio dei vescovi allo Studio Teologico interdiocesano 21.15 incontro con l’ufficio famiglia e gli animatori dei corsi per fidanzati VENERDÌ 28 MARZO Nella mattina, udienze laici in vescovado 12.00 cerimonia della posa della prima pietra del nuovo complesso parrocchiale Beata Madre Teresa di Calcutta SABATO 29 MARZO 11.00 S. Messa per la festa di S. Disma (vedi box in pagina) 16.00 Convegno diocesano "Carità a la carte? No! Dimensione dell’azione ecclesiale" presso il nuovo centro caritas Sorgenti di Carità in Via Donnini DOMENICA 30 MARZO 9.45 S. Messa e cresime alla chiesa della SS.ma Trinità (Cappuccini) 14.30 incontro con i genitori dell’AC di Pisa al Santuario di Montenero 18.30 S.Messa e ammissione agli ordini sacri di Lorenzo Bianchi e Claudio Votino, alla chiesa di San Sebastiano

BREVI DALLA DIOCESI

Borgo di Magrignano: Posa della prima pietra della nuova chiesa VENERDÌ 28 MARZO ALLE 12.00 Presso il Borgo di Magrignano, cerimonia della posa della prima pietra del nuovo complesso parrocchiale "Beata Madre Teresa di Calcutta" (ingresso da via della Padula)

Run4life SABATO 29 MARZO ALLE 10.00 Ritrovo presso il Gazebo della Terrazza Mascagni, camminata di 3km e corsa di 6 km, per aiutare i bambini del Caritas Baby Hospital di Betlemme

Diocesi informa

NEL 450° ANNIVERSARIO DELLA MADONNA DI MONTENERO “Ero carcerato e siete venuti a trovarmi”

FESTA DI SAN DISMA Protettore dei detenuti SABATO 29 MARZO ALLE 11.00 Santuario di Montenero S. Messa presieduta da mons. Simone Giusti In quest’occasione sarà presentato il libro dal titolo "L’altra libertà" Premio Nazionale "Emanuele Casalini" 12ma edizione- Bollate 2013

SABATO 28 MARZO ALLE 21.00

KAROL WOJTYLA La Vera Storia “Ci sono storie che meritano di essere raccontate perché narrano di uomini che cambiano per sempre la nostra vita, illuminano la nostra esistenza e danno un senso nuovo a tutto ciò che siamo”. Sarà rappresentata al PalaModigliani di Livorno (doveva andare in scena lo scorso 9 Gennaio ma per alcuni problemi era stata annullata) l’Opera Musical dal titolo "KAROL WOJTYLA La Vera Storia": un viaggio intenso e commovente che ripercorre la straordinaria ed imperdibile vita di un Uomo, ancora molto distante da quel destino unico che lo avrebbe portato a conquistare un posto nella storia e a meritare un trono nell’alto dei Cieli. Gli episodi personali della vita di Karol Wojtyla si intrecciano con le pagine drammatiche ed indelebili della storia dell’umanità. La colonna sonora originale dell’Opera Musical è stata affidata all’artista internazionale Noa che ha lavorato a questa entusiasmante esperienza, assieme al suo direttore musicale e chitarrista Gil Dor e ai Solis String Quartet. La storia di Karol Wojtyla è narrata in centoventi minuti divisi in due atti in cui la visione registica di Duccio Forzano, eclettico e creativo regista della televisione italiana, ha reso l’intera Opera come un amalgama, unica e singolare, tra la musica, il testo e l’azione scenica. La narrazione comincia da quell’evento drammatico che avrebbe voluto cambiare la storia dell’Uomo destinato a cambiare la storia degli uomini: 13 maggio 1981 Piazza San Pietro. I ricordi del Santo Padre, sospeso tra la vita e la morte, riaffiorano e lo cullano in quel sottile istmo di tempo, riportandolo sempre più indietro nella memoria sino alla sua infanzia, alla natia Wadowice perché, come ha scritto Lui stesso: "da qui è cominciato tutto: è cominciata la vita, è cominciata la scuola, gli studi, è cominciato il teatro...e il sacerdozio." Con un susseguirsi di suggestivi ed emozionanti flashback, riviviamo l’intensa storia umana e spirituale di Karol Wojtyla. Gli episodi più significativi del suo passato prendono vita sulla scena: il piccolo Lolek rivede l’adorata madre "Emilia", l’eroico fratello "Edmund", il devoto padre "Karol". Questi i prezzi dei biglietti con offerte per le parrocchie Prezzi Interi: platea euro 46,00 1° anello euro 36,50 2° anello euro 28,75 3° anello euro 23,00 Promo biglietto singolo platea euro 42,00 1° anello euro 33,00 2° anello euro 26,00 3° anello euro 22,00 Promo gruppi (con un minimo di 15 persone) platea euro 30,00 + 2,00 come contributo alla parrocchia 1° anello euro 23,00 + 1,50 come contributo alla parrocchia 2° anello euro 18,00 + 1,00 come contributo alla parrocchia 3° anello euro 15,00 + 1,00 come contributo alla parrocchia info line è 392 4308616


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LA SETTIMANA DI LIVORNO SPUNTI DI RILFESSIONE: TERZA DOMENICA DI QUARESIMA.........

Una fede da coltivare con la preghiera e la carità 2. TUTTI PARTECIPI DELLA GLORIA DEL SIGNORE Ma, secondo un disegno non meno previdente, egli dava un fondamento solido alla speranza della santa Chiesa, perché tutto il Corpo di Cristo prendesse coscienza di quale trasformazione sarebbe stato oggetto, e perché anche le membra si ripromettessero la partecipazione a quella gloria, che era brillata nel Capo. Di questa gloria lo stesso Signore, parlando della maestà della sua seconda venuta, aveva detto: « Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro» (Mt 13, 43). La stessa cosa affermava anche l’apostolo Paolo dicendo: «lo ritengo che le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura, che dovrà essere rivelata in noi» (Rm 8, 18). In un altro passo dice ancora: «Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio. Quando si manifesterà Cristo, vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria» (Col 3, 3. 4).

VI. LA PREGHIERA È LUCE PER L’ANIMA (Dalle Omelie di san Giovanni Crisostomo, vescovo. Om. 6 sulla preghiera; p. G 64, 462-466) 1. LA PREGHIERA COMUNIONE CON DIO La preghiera, o dialogo con Dio, è un bene sommo. È, infatti, una comunione intima con Dio. Come gli occhi del corpo vedendo la luce ne sono rischiarati, così anche l’anima che è tesa verso Dio viene illuminata dalla luce ineffabile della preghiera. Deve essere, però, una preghiera non fatta per abitudine, ma che proceda dal cuore. Non deve essere circoscritta a determinati tempi od ore, ma fiorire continuamente, notte e giorno. 2. IL RICORDO DI DIO Non bisogna infatti innalzare il nostro animo a Dio solamente quando attendiamo con tutto lo spirito alla preghiera. Occorre che, anche quando siamo occupati in altre faccende, sia nella cura verso ipoveri, sia nelle altre attività, impreziosite magari, dalla generosità verso il prossimo, abbiamo il desiderio e il ricordo di Dio, perché, insaporito dall’amore divino, come, da sale, tutto diventi cibo gustosissimo al Signore dell’universo. Possiamo godere continuamente di questo vantaggio, anzi per tutta la vita, se a questo tipo di preghiera dedichiamo il più possibile del nostro tempo. 3. LUCE DELL’ANIMA La preghiera è luce dell’anima, vera conoscenza di Dio, mediatrice tra Dio e l’uomo. L’anima, elevata per mezzo suo in alto fino al cielo, abbraccia il Signore con amplessi ineffabili. La preghiera funge da augusta messaggera dinanzi a Dio, e, nel medesimo tempo, rende felice l’anima perché appaga le sue aspirazioni. Parlo, però, della preghiera autentica e non delle sole parole. Essa è un desiderare Dio, un amore ineffabile che non proviene dagli uomini, ma è prodotto dalla: grazia divina. Di essa l’Apostolo dice: «Non sappiamo pregare come si conviene, ma lo Spirito stesso intercede per noi con gemiti inesprimibili» (Rm 8, 26b). Se il Signore dà a qualcuno tale modo di pregare, è una ricchezza da valorizzare, è un cibo celeste che sazia l’anima; chi l’ha gustato si accende di desiderio celeste per il Signore, come di un fuoco ardentissimo che infiamma la sua anima. 4. PREPARA LA PREGHIERA Abbellisci la tua casa di modestia e umiltà mediante la pratica della preghiera. Rendi splendida la tua abitazione con la luce della giustizia; orna le sue pareti con le opere buone come di una patina di oro puro e al posto dei muri e delle pietre preziose colloca la fede e la soprannaturale magnanimità, ponendo sopra ogni cosa, in alto sul fastigio, la preghiera a decoro di tutto il complesso. Così prepari per il Signore una degna dimora, così lo accogli in splendida reggia. Egli ti concederà di trasformare la tua anima in tempio della sua presenza.

VII. LA CARITÀ FRATERNA DEVE CONFORMARSI ALL’ESEMPIO DI CRISTO

(Dallo «Specchio della carità» di sant’Aelredo, abate. Lib. 3, 5; PL 195, 582)

1. CONTEMPLARE LA PAZIENZA DI CRISTO Non c’è niente che ci spinga ad amare i nemici, cosa in cui consiste la perfezione dell’amore fraterno, quanto la dolce considerazione di quella ammirabile pazienza per cui «Egli, il più bello dei figli dell’uomo» (Sal 44, 3) offrì il suo bel viso agli sputi dei malvagi. Lasciò velare dai malfattori quegli occhi, al cui cenno ogni cosa ubbidisce. Espose i suoi fianchi ai flagelli. Sottopose il capo, che fa tremare i Principati e le Potestà, alle punte acuminate delle spine. Abbandonò se stesso all’obbrobrio e agli insulti. Infine sopportò pazientemente la croce, i chiodi, la lancia, il fiele e l’aceto, lui in tutto dolce, mite, e clemente. Alla fine fu condotto via come una pecora al macello, e come un agnello se ne stette silenzioso davanti al tosatore e non aprì bocca (cfr. Is 53, 7). 2. PERDONARE I NEMICI Chi al sentire quella voce meravigliosa piena di dolcezza, piena di carità, piena di inalterabile pacatezza: «Padre, perdonali» non abbraccerebbe subito i suoi nemici con tutto l’affetto? «Padre», dice, «perdonali» (Lc 23, 34). Che cosa si poteva aggiungere di dolcezza, di carità ad una siffatta preghiera? Tuttavia egli aggiunse qualcosa. Gli sembrò poco pregare, volle anche scusare, «Padre, disse, perdonali, perché non sanno quello che fanno ». E invero sono grandi peccatori, ma poveri conoscitori. Perciò «Padre, perdonali». Lo crocifiggono, ma non sanno chi crocifiggono, perché «se l’avessero conosciuto, giammai avrebbero crocifisso il Signore della gloria» (1 Cor 2, 8); perciò «Padre, perdonali». Lo ritengono un trasgressore della legge, un presuntuoso che si fa Dio, lo stimano un seduttore del popolo.

3. AMARE I NEMICI È PIENEZZA DELL’AMORE «Ma io ho nascosto da loro il mio volto, non riconobbero la mia maestà». Perciò: «Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno». Se l’uomo vuole amare se stesso di amore autentico non si lasci corrompere da nessun piacere della carne. Per non soccombere alla concupiscenza della carne, rivolga ogni suo affetto alla dolcezza del pane eucaristico. Inoltre per riposare più perfettamente e soavemente nella gioia della carità fraterna, abbracci di vero amore anche i nemici. Perché questo fuoco divino non intièpidisca di fronte alle ingiustizie, guardi sempre con gli occhi della mente la pazienza e la pacatezza del suo amato Signore e Salvatore

VIII. LA TRASFIGURAZIONE SUL MONTE TABOR

(Dai «Discorsi» di san Leone Magno, papa.Disc. 51, 3-4. 8; PL 54, 310-311. 313) 1. IL SIGNORE MANIFESTA LA SUA GLORIA Il Signore manifesta la sua gloria alla presenza di molti testimoni e fa risplendere quel corpo, che gli è comune con tutti gli uomini, di tanto splendore, che la sua faccia diventa simile al fulgore del sole e le sue vesti uguagliano il candore della neve. Questa trasfigurazione, senza dubbio, mirava soprattutto a rimuovere dall’animo dei discepoli lo scandalo della croce, perché l’umiliazione della Passione, volontariamente accettata, non scuotesse la loro fede, dal momento che era stata rivelata loro la grandezza sublime della dignità nascosta del Cristo.

3. LE TESTIMONIANZE Ma, per confermare gli apostoli nella fede e per portarli ad una conoscenza perfetta, si ebbe in quel miracolo un altro insegnamento. Infatti Mosè ed Elia, cioè la legge e i profeti, apparvero a parlare con il Signore, perché in quella presenza di cinque persone si adempisse esattamente, quanto è detto: «Ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni » (Mt 18, 16). Che cosa c’è di più stabile, di più saldo di questa parola, alla cui proclamazione si uniscono in perfetto accordo le voci dell’Antico e del Nuovo Testamento e, con la dottrina evangelica, concorrono i documenti delle antiche testimonianze? Le pagine dell’uno e dell’altro Testamento si trovano vicendevolmente concordi, e colui che gli antichi simboli avevano promesso sotto il velo viene rivelato dallo splendore della gloria presente. Perché, come dice san Giovanni: «La Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo» (Gv l, 17). In lui si sono compiute le promesse delle figure profetiche e ha trovato attuazione il senso dei precetti legali: la sua presenza dimostra vere le profezie e la grazia rende possibile l’osservanza dei comandamenti. 4. RINVIGORITE LA VOSTRA FEDE All’annunzio del Vangelo si rinvigorisca dunque la fede di voi tutti, e nessuno si vergogni della croce di Cristo, per mezzo della quale è stato redento il mondo. Nessuno esiti a soffrire per la giustizia, nessuno dubiti di ricevere la ricompensa promessa, perché attraverso la fatica si passa al riposo e attraverso la morte si giunge alla vita. Avendo egli assunto le debolezze della nostra condizione, anche noi, se persevereremo nella confessione e nell’amore di lui, riporteremo la sua stessa vittoria e conseguiremo il premio promesso. Quindi, sia per osservare i comandamenti, sia per sopportare le contrarietà, risuoni sempre alle nostre orecchie la voce del Padre, che dice: «Questi è il mio Figlio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto: Ascoltatelo» Dal terzo fascicolo dei Quaderni di Santa Giulia, a cura di mons. Mauro Peccioli. Adattamento dalla seconda lettura dell’Ufficio delle Letture della Liturgia delle Ore secondo il Rito Romano, Tempo di QUARESIMA

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Speciale QUARESIMA

23 marzo 2014


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LA SETTIMANA DI LIVORNO

23 marzo 2014

Il sorteggio dei gironi eliminatori del 1° Torneo di calcio a 5 in memoria dell’Ammiraglio Raimondo Pollastrini

Un torneo speciale

Pane, Casa, Lavoro e Educazione Le intenzioni della Caritas Diocesana per la raccolta della Quaresima di Carità 2014

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«Abbiamo deciso di organizzare questo torneo per ricordare un uomo amante dello sport ma che, soprattutto, aveva una grande attenzione per coloro che vivono situazioni di disagio». Spiega così l’iniziativa Pier paolo Sardi, capogruppo del comitato livornese del Cisom, il Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta. Il Cisom intende così ricordare un uomo che, nato a Milano, si è sempre sentito livornese e che ha culminato la sua brillante carriera in Marina, fatta di passione e di studio, ricoprendo dal 2007 al 2010 l’incarico di Comandante Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto. In tale periodo mostrando lungimiranza e attenzione ai più deboli, ha firmato un protocollo d’intesa che permette oggi a sanitari e logisti del CISOM di prestare la loro opera a bordo delle motovedette della Guardia Costiera nella difficile attività a favore dei migranti a Lampedusa. «Il Trofeo “Memorial Ammiraglio Raimondo Pollastrini”, donato da Maria Gloria Giani Pollastrini, è composto da due gironi da 4 squadre con formula “all’italiana”, senza partita di ritorno, con inizio martedì 18. Si svolgerà sui campi de “Le 5 querce”, in collaborazione con Promosport, per i 4 martedì successivi, culminando con le finali che si terranno la Domenica delle Palme. La coppa verrà assegnata alla squadra che vincerà per tre volte il torneo, in modo da dare una continuità negli anni». I fondi raccolti dai supporters del torneo saranno devoluti al Progetto Ljubljù, organizzato dal Raggruppamento Toscana del CISOM e dalla Delegazione di Firenze dell’Ordine di Malta. Il progetto permetterà ad un gruppo di bambini dai 7 ai 14 anni, provenienti dalla zona contaminata prossima alla tristemente nota centrale atomica di Chernobyl, di trascorrere un mese presso una struttura in provincia di Livorno. Durante la permanenza i bambini bielorussi verranno sottoposti ad esami sanitari tra cui il più rilevante è quello alla tiroide. Ancor oggi infatti il contatto con l’ambiente radioattivo o l’ingerimento di cibi contaminati causa alla popolazione bielorussa l’insorgere di molte patologie, tra cui tumori e leucemie. La permanenza per almeno un mese l’anno lontano dalle zone contaminate abbatte in percentuali superiori al 60% l’insorgere di dette malattie. Al torneo parteciperanno le squadre di CISOM- Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta, Croce Rossa Italiana, Misericordia Antignano Montenero, Società Volontaria di Soccorso, Capitaneria di Porto Guardia Costiera di Livorno, volontari Paracadusti del Col Moschin, Corporazione Piloti del Porto di Livorno e Gruppo Ormeggiatori e Barcaioli di Livorno. «Il torneo crea anche un’occasione per conoscersi tra i vari operatori del settore di volontariato di soccorso - conclude Sardi - in questo modo potremmo in futuro collaborare tutti per gestire emergenze e situazioni a rischio, traendone grande beneficio». F.F.

cco le intenzioni di Carità per questa Quaresima 2014, il ricavato, inviato dalle Parrocchie, dai singoli, da gruppi o altre realtà ecclesiali, andrà esclusivamente a beneficio dei bisogni qui indicati. Grazie di tutto quello che potrete fare. Lo staff della Caritas PANE: PERCHÉ NESSUNO MANCHI DELL’ESSENZIALE nel corso del 2013 grazie al progetto “il Pane Quotidiano” sono state raggiunte 2.231 famiglie e i minori interessati sono circa un migliaio. Sono 27 le parrocchie inserite nel progetto e il valore dei beni distribuiti lo scorso anno ammonta a 23.400 Euro circa di cui 7.700 Euro riguardano distribuzioni straordinarie per soddisfare impellenti nuove necessità. CASA: PERCHÉ RESTI SEGNO DELLA FAMIGLIA nel corso del 2013 il sostegno economico alle famiglie ha dato buoni risultati: il progetto Caritas “contrasto povertà” ha raggiunto circa 250 nuclei familiari. Le persone interessate sono dunque oltre 450 e di queste 115 sono minori. Il percorso di contributo economico messo in atto si è strutturato sia a sostegno delle spese di

affitto sia a sostegno del pagamento delle utenze domestiche. Sono stati impiegati in questo progetto quasi 16.000 Euro divisi equamente nelle due tipologie di sostegno. LAVORO: PERCHÉ NESSUNO PERDA LA DIGNITÀ Grazie al progetto “Borse Lavoro” al 31 dicembre 2013 sono state attivate 13 borse lavoro andate per lo più a buon fine (9/13) indirizzate a persone che hanno avviato con Caritas il loro progetto di vita in un’ottica di riscoperta e attivazione delle risorse personali nonché autonomia economica. Questa possibilità si è resa possibile grazie ad un contributo/finanziamento di circa 30.000 Euro. EDUCAZIONE: PERCHÉ RESTI SALDA LA SPERANZA Il centro di aggregazione “Cantiere Giovani” è rivolto a ragazzi di età compresa tra 9 e 16 anni ed è incentrato su

attività di recupero scolastico oltre che di attività ludico-ricreative volte a favorire lo scambio tra pari nonché la socializzazione tra i partecipanti. Nel corso del 2013 il servizio ha visto la partecipazione di circa 80 minori alcuni con partecipazione sporadica, mentre altri inseriti in un percorso più assiduo e costante. Giornalmente il centro ospita 25 ragazzi e il servizio copre 5 pomeriggi a settimana. Nel corso dello scorso anno si stima che il servizio sia costato circa 53.000 Euro per lo svolgimento delle attività ordinarie a cui poi si sommano le attività di “centro estivo” e “soggiorno estivo” che l’associazione organizza grazie alla partecipazione dei Salesiani.

PICCOLI CALCIATORI INCONTRANO IL VESCOVO

«Catechesi e attività sportiva devono procedere insieme!» Dopo la presentazione ufficiale nei locali della Parrocchia Nostra Signora di Lourdes con i giocatori del Livorno Calcio, monsignor Giusti ha incontrato le due squadre partecipanti al pre-gara di Livorno-Bologna er il Vescovo di Livorno è Ppiacevole stato un momento di intrattenimento con

i piccoli “Angels” di NugolaParrana S. Martino e i rappresentanti dell’oratorio “Don Bosco” di Marina di Pisa, le due squadre che si sono affrontate, il giorno seguente, nell’incontro, valevole per l’accesso alle fasi successive della “Junior TIM Cup - Il Calcio negli oratori”, il noto torneo di calcio a 7 promosso da Centro Sportivo Italiano, TIM e Lega Serie A per i giovani under 14, che vede protagonisti gli oratori delle 15 città le cui squadre militano nella Serie A TIM 2013-2014. «È fondamentale promuovere lo sport all’interno delle Parrocchie - ha spiegato Mons. Giusti - catechesi e attività sportiva devono necessariamente andare di pari passo, perché gli oratori siano anche dei luoghi di divertimento. Sto spingendo molto in questa direzione, perché ci sia un’offerta ampia e, soprattutto, annuale, riconfermando le attività già ben radicate come Amichiamoci. Già con il Provveditore scolastico, in accordo con Coni, Uisp e ovviamente Csi, abbiamo deciso di valutare l’apertura di palestre e attrezzature scolastiche inutilizzate nel

pomeriggio, per far sì che i ragazzi livornesi che hanno già raggiunto i 14 anni possano usufruire di tali spazi per intrattenersi e praticare attività sportiva dilettantistica extra scolastica». Perché la fascia di età più “a rischio” è proprio quella compresa nel periodo di passaggio tra scuole medie inferiori e superiori, in cui alcuni sono riusciti a rientrare in squadre o circuiti competitivi legati alle federazioni nazionali, mentre tutti gli altri, trovandosi esclusi da questo sistema, sono abbandonati sotto l’aspetto dell’attività ludico-motoria. Inoltre è molto più alto il rischio che molti giovani si ritrovino a trascorrere i pomeriggi in strada, senza

finalità e senza principi che, invece, lo sport trasmette. «La fascia di disagio si allarga giorno dopo giorno - ha spiegato Carlo Faraci, presidente regionale del Csi, intervenuto per l’occasione - e dobbiamo intervenire immediatamente, promuovendo sempre nuove iniziative e coinvolgendo le Parrocchie. Manifestazioni come la Junior Tim Cup, in accordo con la Lega Calcio Serie A Tim, ci riempiono di soddisfazione. Su Livorno abbiamo avuto una buona tradizione, interrotta per varie vicissitudini: proprio per questo mi sento di ringraziare il Vescovo per l’nteresse che dimostra verso l’attività sportiva».

E proprio per l’occasione, insieme al presidente del Csi di Livorno Gianni Zanazzi, è stato consegnato a Mons. Giusti il “Discobolo al merito CSI”, un riconoscimento che rappresenta uno dei più alti attestati di stima per tutti coloro che nel corso degli anni hanno generosamente dedicato un’ampia parte della loro vita all’Ente di promozione ed ai suoi ideali, favorendone lo sviluppo e promuovendo la sua proposta sportivo-educativa. Il giorno seguente, il 16 marzo, allo stadio “Armando Picchi” di Livorno, si è tenuto così il pre-gara tra le due squadre. L’incontro, svoltosi in un clima di amicizia e cordilità, all’insegna del vero spirito sportivo, ha visto la vittoria del “Don Bosco” e il conseguente accesso alle fasi successive della competizione. Quest’anno, in occasione del settantesimo anniversario della fondazione del Csi, sono previste moltissime manifestazioni su tutto il territorio nazionale. In Toscana il prossimo appuntamento è per il 10 e 11 maggio, a Firenze; manifestazioni di rilevanza regionale verranno organizzate anche nella nostra città. A seguire, il 7 giugno, l’incontro con Papa Francesco a Roma. Fabio Figara


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LA SETTIMANA DI LIVORNO

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■ L’APPROFONDIMENTO STORICO a cura di don Luca Bernardo Giustarini

Nel centenario della nascita di don Giuseppe Zambernardi, Abate Generale Emerito dei Monaci Vallombrosani OSB e Fondatore delle Piccole Figlie di San Giovanni Gualberto

l 15 marzo alla “Villa Mayer” di Montenero , Casa Madre delle Piccole Figlie di San Giovanni Gualberto, il Padre Abate Generale dei Vallombrosani Don Giuseppe Casetta ha aperto il Centenario della Nascita del compianto Abate Don Giuseppe Zambernardi. Il P. Abate era nato a Santa Caterina, in provincia di Grosseto, nel comune di Roccalbegna, nella Diocesi di Pitigliano-Sovana-Orbetello, il 15 marzo 1914 da onesti genitori Pasquino e Maria Grazioli. Gli fu messo al santo fonte battesimale il nome di Loris.Grazie al Parroco di Vallerona Don Giovanni Miglionico il piccolo redo non sia Loris entrò nel probandato anstato facile, nesso al Santuario di Monteper chi ha nero e nel 1933 rivestì l’abito avuto a che monastico e gli fu messo il nofare con lui, vivere e me di don Giuseppe; il giovastabilire un rapporto ne don Giuseppe emetteva la umano, che andasse sua Professione Monastica oltre o ignorasse il nella Basilica Vallombrosana ruolo che rivestiva, di Santa Prassede Roma il 14 nel quale esprimeva ottobre 1934, ricevette,sempre la sua forte in S.Prassede, l’Ordinazione personalità e forse Presbiterale per le mani del gran parte della sua Servo di Dio il Vescovo Rafvocazione. Così faello Carlo Rossi Cardinale almeno è capitato a Prete di S.Prassede dell’Ordine me negli oltre dei Carmelitani Scalzi. Dopo cinquant’anni in cui l’Ordinazione Sacerdotale la mia vita si è Don Giuseppe venne mandato intrecciata, più o al Probandato di Montenero meno intensamente, come padre Maestro per un con la sua. ventennio, poi a Vallombrosa Ero un ragazzino – oggi crisi, non era mai povero come P.Priore, nel 1959 di forse si direbbe bambino di umanità, perché nuovo a Montenero come pa– quando fui portato dai sostanzialmente fondato dre Priore e nel 1962 come miei genitori e dal ed espresso su criteri di Abate. L’Abate di Montenero parroco del mio paese qui onestà, di rigore morale, nel 1971 veniva eletto Abate a Montenero, in di correttezza e di Generale e nel 1975 fondava a probandato, dove lui, don giustizia. Vallombrosa le Piccole Figlie Giuseppe, ancora giovane Lo vedevamo lontano, di San Giovanni Gualberto. sacerdote, era già non perché assente o Nel 1977,scaduto da Abate responsabile della nostra separato da noi, ma Generale,Don Giuseppe si deformazione, come “padre perché troppo grande, dicò sino alla morte,avvenuta maestro”: così nei quattro troppo alto perché il 21 giugno 2010 a Villa anni della mia esperienza potessimo confrontarci Mayer,completamente alle sue nel seminario minore lo con lui o prenderlo come Piccole Figlie di S.Giovanni chiamavo, lo consideravo, esempio concreto, Gualberto. lo vedevo. Da parte mia, raggiungibile, di vita. Ecco l’elenco dei lavori eseun atteggiamento di Ricordo l’impressione che guiti nel complesso monastirispettoso timore; da provammo quando, una co di Montenero dall’abate parte sua, un’attenzione volta, durante una sua Zambernardi, il cui motto, vigile, responsabile, che assenza prolungata, ci fu che precedeva ed accompanon indulgeva a detto di fare un po’ di gnava queste opere, spingenconfidenze o a ordine e pulizia dolo a non fermarsi, era: ‘cedimenti’, mai offerti e straordinaria nella sua SEMPRE DI PIU’ PER LEI : mai cercati. Quel camera. Ben nascosto -Gelleria PIO XII, attuale sala distacco, quella mancanza sotto il materasso delle confessioni; di confidenza con noi vedemmo uno strumento -le sale del nuovo parlatorio ragazzi facevano parte metallico di penitenza che per i monaci; del suo stile personale di lui assai probabilmente -la Cappella del Crocifisso rapportarsi e sicuramente usava… Anche questo, -le due piccole capche esprimeva una pelle di S.Benedetto scelta di vita e S.Scolastica; improntata alla -la Galleria dei Coausterità, insieme muni Toscani; alla sua pietà -restauro delle antinella preghiera e che Gallerie; alla serietà con cui -il monumentale trattava Dio e la Organo a canne nel Vergine Maria, ci Santuario; diede la misura -il chiostro di S.Giodella sua statura vanni Gualberto,la spirituale e perciò Biblioteca,la Foredella credibilità steria della sua -lo Studium di San testimonianza in Benedetto ed il nuoquanto sacerdote vo Seminario Monae monaco. Era stico; severo e a volte la -la Sala del Pellegrisua severità ci no: sembrava -la Farmacia del Moesagerata, mai nastero; però ingiusta, -il consolidamento frutto del Sacro Colle e la d’improvvisazione sua straordinaria ero di antipatia, mai borazione; dettata dall’umore Nelle foto: in alto l’abate, sotto 1970 l’arcivescovo di -i cippi della Reden- Siena Mons Castellano visita le opere in costruzione del del momento o dal zione ed il Piazzale Santuario e poi l’abate con Giovanni Paolo II durante la non saper delle Beatitudini dominare le visita del Papa al Santuario del 1982 -le Grotte; situazioni anche -il locale Monteroso; più impreviste. -il locale Villa Azzurra; anche di metodi D’altra parte ogni -i locali “Vecchie Scuole” per i educativi, presenti allora ragazzo, poi, tende a pellegrini; in ogni ambiente - a trasgredire, a farla franca, -i locali “Vecchia Caserma”. cominciare dalla famiglia a rivendicare una sua -l’Atrio del Santuario ed la si- improntati alla severità autonomia che, stemazione del Sagrato e non immuni da soprattutto Infine il personale interessaautoritarismo o nell’adolescenza, spesso mento dell’Abate Zambernarpaternalismo. In lui però assume carattere di di per la costruzione della tutto questo, anche negli contestazione. Nella vita Strada Panoramica ed il granaspetti, che nei decenni del probandato non si de parcheggio nel Viale Gioseguenti sarebbero stati sfuggiva a queste regole. vanni XXIII. messi in discussione e in Ricordo la storia dei

Al di là del ruolo Un ricordo del padre Abate

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capelli… Era abitudine che i capelli fossero tagliati a zero. Noi ragazzi vedevamo che diversi monaci sacerdoti non rispettavano questa regola e avevano chiome più o meno fluenti. Così un giorno ci rifiutammo, tutti, di tagliarceli. Eravamo a quei tempi una sessantina. L’Abate del tempo fece la voce severa e ci punì, privandoci per un anno del bicchiere di vino concesso nei giorni di festa. Il padre maestro, pur nella sua severità, capì la nostra contestazione e assunse nella sfida un atteggiamento neutrale, che noi apprezzammo molto. Già si addensavano all’orizzonte le turbolenze degli anni ’60. Il padre maestro passò come priore nella casa madre di Vallombrosa e poi, proprio agli inizi di quel decennio, tornò come abate a Montenero. Così ebbe modo di esprimere il suo ‘genio’ imprenditoriale, ereditato certamente dalla famiglia. Furono quelli gli anni in cui la nostra piccola congregazione, dovunque lui si trovasse, si trasformava in cantiere. Il che naturalmente continuò e s’incrementò quando, nel 1971, fu eletto abate generale. Proprio quando fu investito di questa massima responsabilità, mi diede l’opportunità di riavvicinarmi a lui e di seguirlo molto da vicino, in pratica come segretario e accompagnatore nelle sue continue, inarrestabili iniziative. Mi affidò il compito di maestro dei novizi e giovani professi e anche di incaricato dell’ospitalità. Furono gli anni in cui cominciò a muoversi per dar vita poi alla nuova congregazione delle Piccole Figlie di san Giovanni Gualberto. In molte cose, durante quegli anni di vita insieme a Vallombrosa, ebbi modo di assecondarlo, di collaborare con lui, di

stargli vicino. Non potevo non riconoscergli un coraggio straordinario nell’intraprendere iniziative e nel portarle avanti con determinazione e competenza, così come sarebbe stato difficile non vedere in lui un’autorevolezza di fronte a tutto e a tutti, che non trovavo in nessun’altra persona con la quale avevo modo di incontrarmi nella cerchia ristretta di conoscenze e di rapporti umani che quel monastero offriva. C’erano anche cose di lui che non condividevo. Ricordo la discussione molto accesa che avemmo, una volta, tornando in macchina da un viaggio che ci aveva portato a San Vittorino Romano e a Santa Prassede… La discussione – che aveva come argomento proprio lo stile educativo della formazione monastica proseguiva da troppo tempo e non se ne veniva a capo, anzi si accalorava sempre più e stavamo per giungere al monastero, dove naturalmente si sarebbe interrotta, ma non conclusa. Lui mi disse di fermare la macchina, di cercare una piazzola di sosta, entrando un po’ nella foresta: lì avemmo modo di continuare la discussione e di terminarla. Quando accadevano cose come questa, la mia stima per lui cresceva, perché dimostrava di non temere il confronto.Temeva il silenzio, il rifiuto del dialogo, e credo invece fosse grato verso chi non glielo negava. Il suo atteggiamento forse non incoraggiava i più a prestarvisi, ma se il ghiaccio si rompeva, ci si accorgeva che la persona sapeva dire le sue ragioni e non rifiutava di ascoltare e comprendere anche quelle altrui. Sono grato al Signore per essere stato compagno di vita per tanto tempo, sia pure a grande distanza, della sua straordinaria figura di uomo, di sacerdote e di monaco. La serietà e l’impegno con cui ha svolto gli incarichi a lui affidati nella nostra famiglia monastica meritano certamente una memoria imperitura. A me piace ricordarlo nei suoi aspetti più umani dove, accanto a limiti e debolezze, ho trovato una grande ricchezza che lo ha fatto grande e prezioso ai miei occhi. Don Alessandro Paradisi

Nell’anno di MARIA

Il suo motto: «Sempre di più per Lei» I


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TOSCANA OGGI 23 marzo 2014

LA SETTIMANA DI LIVORNO


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