La Settimana n. 12 del 23 marzo 2014

Page 1

IL GRANELLO di senape Via del Seminario, 61 57122 Livorno tel. e fax 0586/210217

di mons. Alberto Ablondi

“aprire le porte” vuol dire: accogliere dentro, vuol dire offrirsi al di E fuori. Il mondo, tutti abbiamo bisogno di una famiglia “a porte aperte” che

Coordinatore diocesano Nicola Sangiacomo

accolga il Signore Gesù imparando da Lui un modo di amare che la renda viva affettivamente, sessualmente, comunitariamente, spiritualmente; che accolga la vita non solo quando nasce ma anche quando presenta difficoltà e i drammi della crescita, per non creare degli emarginati, in quanto denutriti di amore; che accolga i vecchi senza posteggiarli troppo facilmente in istituti; che accolga i poveri aggiungendo (“in tante maniere”) un “posto a tavola”.

Reg. Tribunale Firenze n. 3184 del 21/12/1983

Messaggio per l’anno 1979- Una missione d’accoglienza

lasettimana.livorno@tiscali.it Notiziario locale

Direttore responsabile Andrea Fagioli

23 marzo 2014

Don Gino Berto, parroco e direttore della comunità del Sacro Cuore della nostra città è a Roma per partecipare, in qualità di segretario del Capitolo, al Conclave dei Salesiani. Un appuntamento importante per la Congregazione: 220 salesiani di 90 ispettorie rappresentanti 132 nazioni. Un mosaico di volti, tanti tasselli che insieme esprimono l’unico volto di don Bosco NELL’ANNIVERSARIO DELL’ELEZIONE DEL PAPA

Il conclave dei Salesiani DI

I

BENEDETTA AGRETTI

n questi giorni a Roma si sta tenendo un conclave speciale, quello dei Salesiani. Un’esperienza particolare, un’avventura ricca e impensabile che sta vivendo, in qualità di segretario del Capitolo, don Gino Berto, parroco e direttore della comunità del Sacro Cuore della nostra città. Il Capitolo Generale, come accade in tutte le congregazioni, viene convocato ogni sei anni per pensare e programmare il domani della vita consacrata alla luce dell’esperienza carismatica del proprio santo fondatore, in questo caso don Bosco. Al termine dell’assise, che si concluderà il prossimo 12 aprile, verrà eletto il Rettor Maggiore che guiderà la congregazione nel successivo sessennio. Un compito importante dunque, un impegno allo stesso tempo gravoso ma stimolante, come descrive lo stesso don Gino: «Siamo 220 salesiani di 90 ispettorie rappresentanti 132 nazioni. Un mosaico di volti, tanti tasselli che insieme esprimono l’unico volto di don Bosco. Si riflette, si verifica, si sogna, si progetta insieme, cercando di costruire quella comunione necessaria per guardare al futuro. E’ una positiva Babele salesiana, dove oltre le tre lingue ufficiali, inglese, spagnolo e

italiano, ci vogliono tanti sorrisi e gesti per riuscire a capirsi. C’è in tutti un grande desiderio di incontro e di dialogo, consapevoli anche dell’unicità del momento». E, proprio nello spirito di don Bosco, il pensiero di questo Capitolo si rivolge ai giovani, maggiormente in un tempo come questo, dove la ricerca della vera felicità viene deviata e ostacolata da tanti idoli

inconsistenti. «I giovani oggi - continua don Gino - sono una sfida dentro una cultura dove il primo posto è occupato da ciò che è esteriore, immediato, visibile, veloce, superficiale, provvisorio. Come i salesiani possono essere profeti del nuovo che rende nuova la vita? Come essere uomini che illuminano il futuro di tanti giovani? Ci è chiesto di essere audaci e creativi

nel ripensare obiettivi, strutture, stile, metodi di educazione e di annuncio della vita. Speriamo di riuscirci». Una sfida non facile, accompagnata da una conoscenza e una consapevolezza della realtà mondiale che non può non far riflettere ... «In questa conoscenza della realtà mondiale, un notevole apporto ce lo offrono le "buonanotti" (che sono i saluti che si danno fra di loro alla sera, in svariate lingue, i partecipanti al Capitolo, che danno l’idea della vastità della Congregazione) si spazia dalla Cina alla Siria, da Haiti al Congo, sono un buon termometro per conoscere il cuore pulsante della Congregazione, con le difficoltà ad essere salesiani con il rischio della vita o con l’entusiasmo di constatare che il piccolo seme sta diventando albero grande, in certe situazioni di frontiera del mondo". «Sento la mia presenza a questo Capitolo - conclude don Berto - come un infinito dono di Dio che chiede la responsabilità di vivere con intensità questa opportunità e poterla poi condividere con tutta la comunità. Un intenso, fraterno e affettuoso saluto a tutti , accompagnato da quel legame nella fede che si esprime nella preghiera».

Francesco: il suo linguaggio e quella simpatia immediata he la simpatia fosse immediata, reciproca e destinata a creC scere lo si è capito subito. Sin da quel primo buonasera geniale e originalissimo nella sua apparente banalità. Un saluto

semplice come quel Pontefice venuto «quasi dalla fine del mondo» e che adesso chiedeva silenzio e invitava a pregare il Padre Nostro e l’Ave Maria. Da allora è stata un’escalation di affetto e sintonia, di feeling come direbbero gli inglesi. Di papa Francesco piace il pollice che si alza in segno di saluto, le volte in cui rompe il protocollo, lo sguardo sorridente mentre scambia lo zucchetto bianco o indossa il cappello da alpino. Il suo è un vocabolario alla portata di tutti, ricco di esempi e di immagini tratte dalla vita quotidiana. Non è raro sentirlo parlare degli insegnamenti della nonna, e quando un concetto gli sta particolarmente a cuore chiede «per favore» come l’amico educato che non vuole disturbare. «Per favore» ripete e la gente sa che può credere a chi preferisce l’utilitaria all’auto blindata e in piazza San Pietro strappa un sorriso al malato chiedendogli se la moglie cucina bene. Si fida di un «parroco del mondo» che consiglia i libri che legge, regala le misericordine come un farmacista dell’anima e alla fine di ogni Angelus augura «buon pranzo» a tutti. Il suo è un linguaggio che pesca a piene mani dalla strada, in cui la soave musicalità dell’italiano si sposa con la rotondità delle «esse» spagnole, confinando se non proprio eliminando ogni asprezza di pronuncia. E allora diventa facile imparare concetti complessi come «globalizzazione dell’indifferenza» o «cultura dello scarto», meno complicato capire che le periferie, geografiche ed esistenziali, non vanno confinate ma messe al centro e che l’ultimo dei poveri è il prediletto del Signore. Valori di sempre, si dirà ed è vero, ma che ripetuti da Bergoglio sembrano ogni volta nuovi. Come il continuo richiamo alla misericordia. Come i frequenti rimandi alla tenerezza da intendere come capacità di ascolto, di accompagnamento, di accoglienza. Agli sposi, papa Francesco raccomanda di imparare ad usare le parole «permesso», «grazie» e «scusa». Con gli anziani sottolinea che la vecchiaia è l’età della sapienza. Ai giovani chiede di non aver paura di fare «passi decisivi». Perché solo «l’amore sa colmare i vuoti» e a «volte le lacrime sono gli occhiali per vedere Gesù». Ecco allora che diventa logico, quasi inevitabile l’invito, rivolto a tutti, ad aprire le porte e uscire da se stessi per incontrare il fratello. Un giorno Bergoglio commentando il suo motto: "Miserando atque eligendo", ha detto che gli piace tradurlo in "misericordiando". Un gerundio che in italiano non esiste però profuma di perdono, di braccia aperte, di gioia, che non a caso in spagnolo si dice alegría. Una parola nuova per arricchire quel dizionario della vita che, grazie a Francesco, sta portando aria fresca alla Chiesa. E al mondo. RICCARDO MACCIONI (Da Avvenire del 12 Marzo 2014 - Un anno con Papa Francesco)


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.