IL GRANELLO di senape Via del Seminario, 61 57122 Livorno tel. e fax 0586/210217 lasettimana.livorno@tiscali.it Notiziario locale
Direttore responsabile Andrea Fagioli Coordinatore diocesano Nicola Sangiacomo Reg. Tribunale Firenze n. 3184 del 21/12/1983
di mons. Alberto Ablondi
o sono la vite e voi i tralci. Se uno rimane in me e io in lui, produce Iglimolto frutto (Gv 15,5) la vite che è Cristo e i giovani tralci che sono adolescenti dovrebbero portare molto frutto nella Chiesa e nel mondo se nel loro incontro si realizzasse l’invito di Gesù: "rimanete". Per provocare questo incontro occorre insistere su un’azione pastorale che si intoni al momento adolescenziale, valorizzando soprattutto la sua forte ed esuberante carica di amore. Diversamente l’adolescenza sarebbe portata a scaricarsi su poveri e provvisori "amori-attaccapanni", invece che esaltarsi e maturare con i grandi amori di Cristo, che sono poi anche i grandi amori dell’uomo. (relazione sulla Pastorale catechistica dei ragazzi -1982)
13 aprile 2014
Nella foto qui sopra il momento della celebrazione del Mercoledì Santo in cui il Vescovo alita sull’olio perché lo Spirito del Signore scenda su di esso e lo consacri.
Siate profumo di Cristo nel mondo arissimi Ragazzi e Ragazze, voglio invitarvi tutti quanti mercoledì 18 aprile in Cattedrale, Certamente vi domanderete: "Perché?". Vorrei essere attorniato da voi in una delle celebrazione importante della nostra Diocesi, direi la più importante: la Messa del Crisma.
C
Sento già il coro di quelli che dicono: "No! È una celebrazione lunga!!!!!", Sì è vero, è una celebrazione lunga, ma anche bellissima, perché in quel giorno potrete stare vicino ai vostri preti e sostenerli attraverso la vostra presenza nel rinnovo delle loro promesse presbiterali, sì rinnoveranno davanti a me le promesse che hanno detto il giorno della loro ordinazione, e pensate alcuni di loro le hanno fatte 50 anni fa. Sarà quindi un bellissimo gesto per ringraziarli del loro lavoro e del loro amore per Gesù e la nostra Chiesa. L’altro avvenimento che caratterizza questa Messa, è certamente il Crisma, infatti in questa celebrazione insieme ai nostri presbiteri, preparerò per voi l’olio che vi ungerà la fronte quando verrò nelle vostre parrocchie a celebrare la Cresima. Sì vedrete con i vostri occhi che nell’olia metterò il profumo, che renderà il Crisma diverso dagli altri due olii (quello dei catecumeni e quello degli infermi), perché deve significare un elemento importante del nostro essere cristiani: "essere profumo di Cristo"nel mondo. Un altro gesto che però
rende ancora più speciale questo olio sarà che aliterò si di esso tre volte, per sottolineare la discesa dello Spirito Santo e la consacrazione attraverso la preghiera che reciterò in comunione con tutti i preti, mentre imporranno la loro mano. Sarà il Trionfo dello Spirito che aleggerà su di noi e che attraverso la successiva presenza reale di Cristo ci farà Chiesa, comunità, famiglia diocesana. Penso che tutto questo possa valere anche l’annoiarsi un poco, ma nonostante tutto sarà l’occasione per partecipare ad un momento importante della Chiesa della quale siete parte. Non aspettate, non indugiate venite con i vostri catechisti, vi aspetto perché la vostra presenza è preziosa per noi grandi, perché ci dite una cosa molto importante: "aiutateci a far si che anche noi possiamo diventare un profumo di Cristo, grazie alla vostra testimonianza!" Sì vi ringrazio ragazzi perché mi ricordate che devo essere io, come vescovo, a darvi per primo l’esempio, quindi se verrete non sarà solo per voi un’occasione, ma anche per me e per tutta la comunità diocesana che sarà chiamata a riflettere se siamo una Chiesa capace di sostenervi nel vostro cammino. Vi abbraccio tutti quanti, no ad uno, vi aspetto!!! Ciaooooo! Il vostro Vescovo Simone
Con una simpatica lettera inviata a tutti i ragazzi che faranno la Cresima quest’anno, il Vescovo Simone, ha invitato i più giovani a partecipare alla celebrazione della Messa del Crisma in Cattedrale, il Mercoledì Santo Un’occasione per tutti di riflettere sull’importanza di quell’olio profumato, segno impresso sulla fronte di chi è Confermato in Cristo
SABATO 12 APRILE
A Montenero dove si contempla la città da servire Il Vescovo incontra i politici in preparazione alla Pasqua DI
NICOLA SANGIACOMO
nche in questa Quaresima il vescovo Simone invita i A cattolici impegnati in politica a un giorno di preghiera e riflessione in preparazione alla Pasqua. E’ diventata una bella consuetudine, introdotta da monsignor Giusti dall’inizio del suo episcopato a Livorno, quella di incontrare i politici cattolici nei tempi liturgici dell’Avvento e della Quaresima. L’appuntamento è per sabato 12 aprile al Santuario di Montenero, luogo particolarmente caro ai livornesi, dal quale si contempla dall’alto la città: un luogo simbolo anche per quanti sono chiamati a servire il bene comune dove, al raccoglimento spirituale, si accompagna l’occasione opportuna per chiedere la protezione della Madonna per tutta la città. Dal colle di Montenero i politici hanno la possibilità di contemplare dall’alto la città che sono chiamati a servire. Si tratta quindi di un’opportunità straordinaria per ciascuno di loro: salire in pellegrinaggio al colle, sostare in preghiera davanti all’icona della Madonna di Montenero, fare una riflessione spirituale guidati dal Vescovo, sostare in contemplazione della città che, da lassù, si può abbracciare con lo sguardo in tutta la sua bellezza e complessità. Il tema della riflessione di quest’anno sarà l’ "Evangelii Gaudium" di Papa Francesco, l’esortazione apostolica scritta al termine dell’Anno della Fede, uno testo estremante ricco che sintetizza bene i temi testimoniati dal Papa nel suo primo anno di pontificato. Tra questi un’attenzione speciale dedica a chi ha il compito di amministrare la cosa pubblica: vi si legge, ad esempio, che "la politica - tanto denigrata - è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune". E su questa linea Papa Francesco scrive ancora, con il suo stile sorprendente: " Prego il Signore che ci regali più politici che abbiano davvero a cuore la società, il popolo, la vita dei poveri. E’ indispensabile che i governanti e il potere finanziario alzino lo sguardo e allarghino le loro prospettive, che facciano in modo che ci sia un lavoro degno, istruzione e assistenza sanitaria per tutti i cittadini". E il Papa indica anche una strada da percorrere in questo servizio così complesso: "E perché non ricorrere a Dio affinché ispiri i loro piani? Sono convinto che a partire da un’apertura alla trascendenza potrebbe formarsi una nuova mentalità politica ed economica che aiuterebbe a superare la dicotomia assoluta tra l’economia e il bene comune sociale". Questa convinzione del Papa, a Livorno, porta spontaneamente a guardare al colle di Montenero dove la trascendenza si incontra con i bisogni e le aspirazioni della città.
II
TOSCANA OGGI
LA SETTIMANA DI LIVORNO
13 aprile 2014
Un ringraziamento speciale
Un container di aiuti per l’Eritrea arissimi, C ed anche il container con il materiale scolastico è partito con destinazione le missioni della Congregazione Eritrea delle Figlie della Carità di San Vincenzo dè Paoli. L’arrivo nella missione di Decamare in Eritrea, è previsto fra circa 30/40 giorni. Grazie prima di tutto ancora alla Cooperativa p.za Ciardi che il 1° aprile ha caricato il container ed ha messo a disposizione il magazzino ed il personale necessario per tutta l’operazione. Un 40 piedi (un container di 12 ml) è stato riempito con tutti i materiali arrivati in donazione od acquistati grazie al contributo di tanti. Quaderni, penne, cartelle, carta A3 ed A4, lavagne, arredi scolastici, cattedre, sedie, armadi, computer, stampanti e fotocopiatrici, carta igienica, rotoloni di carta asciugamani, e tanto altro materiale che con pazienza certosina è stipato dentro al container per non perdere nemmeno un cm cubo di spazio utile. Il GRAZIE è per tutti ma vuole essere anche particolare ed unico per tutte le persone, parrocchie, associazioni, aziende, Figlie della carità, Missionari Vincenziani che hanno reso possibile tutto questo. Un altro grande GRAZIE ai tanti volontari che hanno speso il loro tempo libero per permettere la
raccolta di tutti i materiali. Davvero l’unione fa la forza, un carico di 63 mc circa, poco per noi qui nell’opulenta Europa, tanto, tantissimo per chi vive in quella parte del pianeta dove manca tutto, dall’assistenza sanitaria, al cibo, all’acqua, all’istruzione. Il materiale scolastico assicurerà il funzionamento della scuola di Decamare frequentata ogni giorno da circa 1450 bambini e ragazzi dalla scuola materna alla scuola media. Approfitto per ringraziare anche chi ha permesso di inviare medicinale, di acquistare pannelli solari, il pozzo di Keren, e altri microprogetti che man mano le suore ci chiedono di sostenere. Grazie per il dono che siete per il popolo Eritreo, un abbraccio sr Raffaella, P. Francesco
La parola alla... CARITAS DIOCESANA
Il Vangelo nelle periferie esistenziali l tema scelto per il Convegno era Con il Vangelo nelle periferie esistenziali, quindi in perfetta sintonia con le indicazioni della Chiesa, come pure l’icona biblica "rivestitevi di sentimenti di misericordia, di bontà, di mansuetudine, di pazienza" (Col 3,12). Lo svolgimento, nelle quattro giornate, ha richiamato la disponibilità di chi opera nella Caritas, ma potremmo dire di ogni cristiano, a seguire una stella, con cuore aperto, docile alle novità, in grado di mettersi in viaggio da un centro verso le molteplici periferie esistenziali e geografiche dell’umanità. Un cammino molto simile a quello dei tre sapienti - i Magi - di cui si racconta nel Vangelo di Matteo (cap. 2). La meta del cammino è riconoscere che la novità assoluta della storia si rintraccia in una Persona indifesa come un bambino e ci chiede la relazione come chiave di lettura e di scoperta del senso dei fatti e della storia.
I
COSTRUIRE UN CAMMINO COMUNE Le parole del direttore di Caritas Italiana, don Francesco Soddu Un convegno che proseguiva un cammino iniziato dalle Caritas diocesane lo scorso anno e continuato attraverso il rapporto costante con Caritas Italiana. In quel frattempo, infatti, ha visitato tutte le delegazioni regionali e con loro ha concordato piste di lavoro comuni per l’avvicinamento all’evento. Se il Convegno dell’anno precedente indicava i nuovi problemi, durante l’anno non si poteva che rinnovare anche la metodologia di approccio agli stessi. In questo ha aiutato il magistero papale con il suo invito ad uscire da noi stessi, dai nostri schemi mentali e dalla ripetitività delle nostre azioni, per andare a ricercare qualcosa di diverso, partendo da noi stessi, da quello che siamo e da quello che vorremo o vorremmo essere. Ecco allora la guida del segno-cammino dei Magi. Sostanzialmente un invito al cambiamento per ricollocare opere e stili nelle nuove realtà, alla ricerca di Gesù nei poveri. Da qui è nata la riflessione che, con grande realismo, ha fatto preparare le Caritas diocesane al confronto sul metodo, lo stile e le prospettive dell’ azione che sono chiamate a svolgere. Due mattinate nei gruppi di confronto hanno portato a rispondere, in maniera comunitaria alle tre domande chiave del Convegno: 1. che cosa possiamo aggiungere alla nostra azione? 2. che cosa merita di trasformare di quanto già facciamo? 3. con coraggio, che cosa dobbiamo lasciare di quanto fin’ora fatto? Da questo lavoro svolto da tutti i 660 partecipanti sono emerse alcune indicazioni su cui si concentrerà l’azione della Caritas Italiana per sostenere le Caritas diocesane e, di conseguenza, le Caritas parrocchiali: a) Costruire un piano formativo strutturato, coerente, continuativo, che recepisca le indicazioni di un bisogno di maggiore conoscenza e capacità di intervento da parte degli operatori e volontari di base. Investire percià nella formazione come leva per il cambiamento. b) Accogliere i luoghi indicati dai gruppi di confronto e cioè: famiglia, giovani, parrocchie in uscita, in un percorso di
Si è svolto a Quartu S.Elena, nella diocesi di Cagliari, l’annuale Convegno Nazionale delle Caritas Diocesane progettazione partecipata. c) Dare agli operatori gli strumenti per poter costruire alleanze sul territorio (reti), in grado di dar voce ai poveri e di offrirsi come interlocutori rispetto alle Istituzioni, ecc. … per essere portatori di quella profezia che appartiene alla Chiesa, alla Caritas, a ciascun cristiano. COME EVANGELIZZARE LE PERIFERIE ESISTENZIALI L’intervento del priore della Comunità di Bose Enzo Bianchi Il priore di Bose ha ricordato i molti interventi di Papa Francesco che hanno fatto divenire di uso comune l’espressione periferie esistenziali come luogo in cui c’è sofferenza, sangue versato, cecità che crede di vedere, abitati da chi ha povertà fisica, morale, materiale …; luoghi di chi è più lontano e/o indifferente; luoghi dove Dio non c’è, ma ce ne è bisogno. Luoghi dove abbiamo difficoltà ad andare. Non sono una novità; nella scrittura troviamo le isole dei lontani, i confini, i luoghi periferici dove Jahvè non c’è. Gesù, nel Vangelo, non usa questa espressione ma ha incontrato uomini e donne in situazioni che ben rappresentano le periferie esistenziali. Qui una indicazione importante per chi opera nella carità: non definirle prima. se non sono state viste, sperimentate da dentro, ascoltate e capite: come fa Gesù. Nessun preconcetto, ne predefinizione. Rischiamo altrimenti di fare domande sbagliate, tipo quella del dottore della legge; chi è il mio prossimo? Domanda sbagliata come quella della periferia. Gesù gliela capovolge, perché
non possiamo guardare il bisogno (la periferia), ma la persona: chi si è fatto prossimo? Nella sua vita il Signore ha conosciuto sconosciuti con cui si è messo in relazione. Sappiamo vedere e guardare? Lui si fa vicino o si fa avvicinare, mano nella mano, occhio nell’occhio dell’altro: così scopre il bisogno: cosa vuoi che io ti faccia?. Sappiamo come Gesù non si è preoccupato del peccato ma della sofferenza del peccatore; non è venuto per i sani ma per i malati, per i peccatori e non per i giusti. Sappiamo anche che se non ci sentiamo bisognosi noi di Lui, non ha senso andare agli altri. Perché Lui, al contrario di Budda o Maometto, si è presentato mettendosi in fila indiana con i peccatori ed è finito in mezzo a due peccatori.
Oggi, continua poi Enzo Bianchi, si fa carità più di prima ma non siamo capaci di prossimità come prima; manca la connessione pastorale. Passare dall’eucaristia all’uomo per trovarne il bisogno è faticoso, è un cammino umiliante. Andare dove dice il Vangelo (ai crocicchi) non è facile perché dimentichiamo che tutti abbiamo attraversato periferie o vi transiteremo. Dobbiamo dunque ricuperare lo stile della diaconia, del
uscire da noi stessi, dai nostri schemi mentali e dalla ripetitività delle nostre azioni servizio perché il Vangelo è buona notizia anche nello stile; perché così si mostra la carità di Dio. La Chiesa può essere per i poveri solo se è povera. Gesù era povero (non misero!). È urgente per la Chiesa (per la Caritas) non aggiungere opere ma crescere nello stile di povertà. È necessario, poi, essere umili come i poveri. Gesù aveva simpatia per la prostituta, per, per …., perché peccatori manifesti. Mitezza, dolcezza accompagnano l’azione del cristiano, come dice la Evangelii Nunziandi di Paolo VI, il più grande testo di evangelizzazione. Infine il Priore di Bose riflette sulla necessità di decentrarsi, una espressione di Papa Francesco che trae dal Vangelo; Gesù infatti si chiama Figlio dell’uomo e parla in terza persona: è la sua volontà di decentrarsi. Per noi, per la Chiesa non è facile; siamo
tentati di stare al centro, magari assediati e timorosi. Invece dobbiamo uscire e lasciare Cristo al centro. Non chiusi nella memoria e nella conservazione. Con una esegesi fantasiosa, Papa Francesco interpreta lo sto alla porta e busso, come un voler uscire di Gesù. Dobbiamo vincere, allora, la nostra incapacità di cambiare, di novità. Non ci ricordiamo che veniamo dal Concilio Vaticano II? perché abbiamo paura? Perché siamo minoranza? Mai stati maggioranza ma sempre piccolo gregge. Uscire dunque per essere persone del dialogo che nasce dalla discesa dello Spirito Santo. Uscire per essere Chiesa di dialogo, della parola, della conversazione. Non separati ma capaci di parlare a tutti (lettera a Diogneto).
LE ALTRE VOCI Padre Maurizio Teani s.j. ha aiutato l’assemblea a pregare con le sue meditazioni. Dalla lectio sul profeta Osea (6,1-6) è venuto un richiamo ad una conversione del cuore: non una apparente fedeltà a Dio fatta di pratiche religiose. Senza culto si può vivere, senza giustizia non si può vivere. Il Signore vuole Amore, non sacrificio, ne vittime. Con il brano di Matteo (12,1-8), soffermandosi sulla vita separata dei giudei, ha messo in evidenza come Gesù non vivesse separato dalle persone. Così, facendosi commensale, esprimendo solidarietà e vicinanza con i peccatori, ha rivelato il volto misericordioso di Dio. L’esigenza delle persone, ha sottolineato, non può essere superata dall’osservanza della legge. La dott.ssa Chiara Giaccardi docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ha svolto il suo intervento, incentrato su La povertà oggi: sintomo, metodo, profezia. Viviamo una crisi non solo economica, non solo culturale ma dell’uomo; una crisi che può distruggere l’uomo, ed essendo l’uomo immagine di Dio, la crisi è molto profonda e, per certi versi, sconvolgente. Si è poi soffermata sulla Povertà, partendo dalla sua etimologia, distinguendola subito dalla miseria. Se la miseria è da combattere, la povertà è invece una via da seguire per condividere, essere solidali, fidarsi di Dio. Ha proseguito vedendo nelle periferie esistenziali la miseria, per ritornare al tema della povertà che diventa metodo e profezia, un cammino sulla via della misericordia. Da qui occorre ripartire per immaginare vie generative. Mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Milano, presidente del comitato preparatorio del Convegno Ecclesiale di Firenze 2015, ha raccontato la preparazione all’evento che è si teologico ma guarda all’uomo totale, partendo dall’affermazione che Gesù Cristo è il nuovo umanesimo. L’iter della preparazione è partito dalle diocesi, con il racconto della loro vita e della loro ricerca di guardare alla periferie esistenziali. In autunno verrà affidato a tutte le comunità il documento di preparazione al Convegno. La celebrazione darà spazio, come richiesto da Papa Francesco, a Giovani e Poveri. Mons Youssef Soueif, arcivescovo di Nicosia e presidente di Caritas Cipro e Jorge Nuno Mayer, segretario generale di Caritas Europa, moderati da Lorena Bianchetti, conduttrice di A Sua Immagine, sono intervenuti alla Tavola rotonda Con il Vangelo nel centro dell’Europa. Hanno aperto una interessante finestra sul nostro continente; se non può essere sottaciuto il momento di forte crisi delle istituzioni europee, non può essere dimenticata la nascita e la crescita di un sogno di unione, basato sulla libertà e i diritti delle persone, capace di contagiare il mondo intero. Gli interventi, nella loro versione integrale, si possono trovare sul sito di Caritas Italiana: www.caritasitaliana.it. diacono Enrico Sassano ufficio diocesano per la pastorale della Carità
TOSCANA OGGI
LA SETTIMANA DI LIVORNO
13 aprile 2014
ELETTO IL NUOVO RETTORE GENERALE dei Salesiani
III
Nel teatrino delle suore Calasanziane
«Mi abbandono al Signore»
La «Meghillà di Estèr»
È spagnolo il nuovo rettore della Congregazione Salesiana. Si chiama don Angel Fernandez Artime ed ha 53 anni. Don Gino Berto racconta il momento emozionante dell’elezione
I bambini della classe 5ª B della scuola statale Benedetto Brin hanno rappresentato un’opera ebraica che viene letta in tutte le comunità ebraiche del mondo il giorno 14 del mese di Adar
DI
BENEDETTA AGRETTI
umata bianca per i salesiani, il 27° Capitolo generale ha eletto il nuovo Rettor Maggiore: don Angel Fernandez Artime. Spagnolo di 53 anni, nato a Gozòn Luanco, ha percorso la sua formazione salesiana, nel campo filosofico e teologico con specializzazione in Teologia pastorale. Sacerdote dal 1987, delegato della pastorale giovanile dell’ispettoria di Leon e successivamente ispettore dal 2000 al 2006, nel 2009 su obbedienza del rettor maggiore don Pascual Chavez, va a Buenos Aires (Argentina) come ispettore di quella terra salesiana, dove don Bosco ha inviato i primi missionari, in Patagonia, nel 1875. Proprio a Buens Aires ha modo di conoscere e collaborare personalmente con l’allora arcivescovo Jorge Mario Bergoglio, col quale condivide, parola di chi lo conosce, lo stile di evangelizzazione. Abbiamo chiesto a don Gino Berto, segretario capitolare e parroco della comunità dei Salesiani di Livorno, di raccontarci dalla sua posizione privilegiata i retroscena di questo "conclave in miniatura". Queste le sue parole:
F
giornalisti assiepati fuori, i quali hanno pensato bene di irrompere nell’aula prima ancora che il nuovo Rettor Maggiore potesse dirsi tale. Chiaramente hanno poi dovuto batter di nuovo in ritirata e aspettare l’ufficializzazione della nomina. Alla sera, poi, nello stile salesiano, una grande serata dove ogni regione del mondo si è esibita in canti e danze, espressione della gioia grande del dono del nuovo rappresentante di don Bosco, oggi. In linea con il clima del momento, concludendo la giornata con il pensiero della buonanotte, don Angel ha affermato: "Non è il momento per parole programmatiche, ma solo per dare spazio al cuore e ai sentimenti per esprimere fiducia e gratitudine. Oggi, più che mai, ho compreso i tanti passi vocazionali della Bibbia dove
Il 12 aprile si concluderà il Capitolo con l’approvazione di un documento programmatico offerto alla Congregazione, per i prossimi sei anni, dal titolo: «La radicalità evangelica nello stile di don Bosco per essere mistici nello spirito, profeti di fraternità, servi dei giovani»
«Don Angel è una persona semplice e intelligente, grande capacità di relazione, di animazione e di governo. Appena eletto, il presidente dell’assemblea capitolare che era don Pascual Chavez gli ha detto: "Caro don Angel, Dio attraverso i confratelli ti ha chiamato oggi per essere successore di don Bosco, accetti?". La sua risposta in spagnolo, piena di commozione è stata: "Mi
abbandono nel Signore e chiediamo a Don Bosco e a Maria Ausiliatrice che ci accompagnino e mi accompagnino, nella fraternità dei salesiani e con la Congregazione, e con fede accetto". Poco prima, tuttavia, un simpatico diversivo aveva messo a soqquadro l’assemblea capitolare: prima che don Chavez ponesse al successore la domanda di rito per l’accettazione, era partito spontaneamente un applauso che aveva tratto in inganno i
IL 13 MAGGIO ALLA CHIESA DI N.S. DI FATIMA
30 nuovi laici consacrati al cuore immacolato di Maria Inviati come messaggeri per il mondo l 13 maggio, giorno della ricorrenza della prima apparizione di Nostra Signora di Fatima, presso la parrocchia che porta il suo nome, ci saranno le prime consacrazioni al Cuore Immacolato di Maria. Trenta laici iscritti al Movimento del Messaggio di Fatima si consacreranno, questi provengono da diverse parrocchie della diocesi e fuori diocesi e sono stati preparati in questi mesi dal sacerdote don Giorgio Splendido con delle catechesi ispirate dal “Trattato della Vera Devozione Mariana del Monfort”. Il consacrarsi al Cuore Immacolato di Maria è accogliere Maria nella propria vita, un impegno ad imitarla e un mezzo per far vivere in pienezza la prima consacrazione a Dio, che è quella battesimale. Attraverso la consacrazione al Cuore Immacolato di Maria i laici si impegnano ad essere i Suoi messaggeri nel mondo per il risveglio della fede per il Trionfo del Suo Cuore Immacolato . Alessandra -Silvia M.M.F.
I
i chiamati sentono che il Signore chiede qualcosa che supera le loro forze, ma alla fine si compie la realtà della fede, dove si comprende che basta la grazia di Dio. Alla fiducia in Dio si accompagna la gratitudine ai tanti salesiani che sono la cosa più preziosa che la Congregazione possieda, per la loro vita e la loro vocazione donata generosamente per i giovani". Dopo il Rettor maggiore è stato eletto eletto tutto il Consiglio generale, composto di 13 persone che affiancano don Angel nel governo della Congregazione. La loro diversa provenienza geografica esprime la mondialità della Congregazione: due gli italiani, due gli indiani, per il resto un rappresentante proveniente dalla Spagna, Cile, Corea, Stati Uniti, Germania, Mozambico, Argentina, Messico, Polonia. Lunedì mattina (31 marzo) udienza privata di tutti i 220 capitolari da papa Francesco, è un momento molto atteso per rinnovare la nostra fedeltà di missione e di testimonianza, nello stile di Don Bosco, alla Chiesa. Il 12 aprile, infine, si concluderà il Capitolo con l’approvazione di un documento programmatico offerto alla Congregazione, per i prossimi sei anni, dal titolo: "La radicalità evangelica nello stile di don Bosco per essere mistici nello spirito, profeti di fraternità, servi dei giovani".
d una settimana precisa A dalla festa ebraica del Purim (14 Adar- 16 Marzo), presso il teatrino delle Suore Calasanziane di Via del Bosco, i bambini della classe 5ª B della scuola statale Benedetto Brin hanno rappresentato la Meghillà di Estèr, un’opera ebraica che per il 14 di Adar in tutte le comunità ebraiche del mondo viene letta e rappresentata a memoria della salvezza dallo sterminio ottenuta grazie all’aiuto della regina di origine ebraica, Ester andata in sposa al re persiano Assuero. È stato questo un vero evento perché almeno in Italia, è la prima volta che dei bambini che non appartengono ad una comunità ebraica rappresentano
la storia di Purim. I bambini, insieme alla loro insegnante di Religione e coadiuvati da una professoressa della Comunità Ebraica, Loretta Modigliani hanno approfondito l’ebraismo cominciando dalla visita della Sinagoga e alle "Pietre d’Inciampo", per poi proseguire con lo studio dell’Antico Testamento e della Shoà, che ha avuto due momenti significativi con il Maestro di Musica Carlo Golstein ( ha diretto Tosca al Goldoni nello scorso novembre) che ha spiegato loro la musica ebraica liturgica e non e poi con la Giornata della Memoria al Liceo Niccolini Palli. Questa rappresentazione è stata dunque il compimento di un percorso dove i bambini hanno potuto mostrare la loro approfondita conoscenza accompagnata da una buona padronanza della mente e del corpo, recitando, cantando e ballando testi che non fanno parte della propria tradizione. Sul piano educativo questa esperienza ha contribuito ad una crescita morale e spirituale, improntata al dialogo, all’amicizia, al rispetto e all’amore reciproco nei confronti dell’altro. Anche il rabbino Capo della Comunità Ebraica di Livorno, Rav Yair Didi ha voluto esprimere il proprio ringraziamento nei confronti di coloro che hanno reso possibile questo evento. Mo.C.
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TOSCANA OGGI
LA SETTIMANA DI LIVORNO
13 aprile 2014
Agenda del VESCOVO
VENERDÌ 11 APRILE Nella mattina, udienze laici in vescovado 17.30 S. Messa con i volontari Caritas alla chiesa di Torretta 21.00 Via Crucis cittadina dalla chiesa della Madonna alla chiesa di S. M. del Soccorso SABATO 12 APRILE 8.10 pellegrinaggio mensile al Santuario di Montenero e a seguire S. Messa (locandina in pag.) 10.00 ritiro di quaresima dei cattolici impegnati in politica al Santuario di Montenero 16.00 S. Messa all’Istituto "Ferrari" in via dell’Ambrogiana DOMENICA 13 APRILE 10.30 Domenica delle Palme: S. Messa in cattedrale LUNEDÌ 14 APRILE 8.30 S. Messa allo stabilimento ENI 12.00 incontro con la Misericordia in via Verdi 21.00 incontro con il Serra club "La fede nell’arte contemporanea" a Cascina MARTEDÌ 15 APRILE 9.30 S. Messa di precetto della Polizia alla chiesa della Madonna Udienze clero 12.00 auguri di pasqua con i rappresentanti delle chiese e delle diverse confessioni religiose di Livorno MERCOLEDÌ 16 APRILE 9.30 Giornata presbiterale, ritiro del clero al Santuario di Montenero 17.30 S. Messa crismale in cattedrale GIOVEDÌ 17 APRILE 12.00 incontro con i seminaristi 21.30 S. Messa in Coena Domini in cattedrale 23.00 adorazione eucaristica conclusiva animata dai giovani VENERDÌ 18 APRILE 9.00 in cattedrale, ufficio delle letture 10.30 visita ai sacerdoti e diaconi anziani ed ammalati 15.00 liturgia della Passione in cattedrale 21.15 Via Crucis a Montenero SABATO 19 APRILE 9.00 ufficio delle letture in cattedrale 22.30 veglia di Pasqua in cattedrale DOMENICA 20 APRILE 8.45 Domenica di Pasqua- S. Messa al carcere de " Le Sughere" 10.30 in cattedrale S. Messa, pontificale di Pasqua e benedizione dei bambini e delle uova
Libri da LEGGERE
di Mo.C.
Frisina M. - Resurrexit. Canti per le celebrazioni del Tempo Pasquale - CD+ Libro-spartito Ed. Paoline Marco Frisina, Presidente della Commissione Diocesana per l’Arte Sacra e i Beni culturali di Roma, autore di numerosi canti liturgici conosciuti ed apprezzati in Italia e all’estero, nel 1884 ha fondato il Coro della Diocesi di Roma con il quale anima le più importanti liturgie diocesane, alcune delle quali presiedute dal Papa. Ha composto oltre venti Oratori sacri ispirati a personaggi biblici o alla vita di grandi santi, l’opera teatrale "La Divina Commedia", prima trasposizione musicale dell’omonimo capolavoro dantesco e nel 2013 ha musicato "In Hoc Signo", rappresentata a Belgrado in occasione del millenario dell’Editto di Milano. In occasione della Santa Pasqua periodo in cui la Chiesa canta il trionfo di Cristo sulla morte, con il Coro presenta i testi della Liturgia Pasquale ai quali ha aggiunto il Salmo 23 "Domunus pascit me" e il canto eucaristico "Adoro te devote". Le parti dell’Ordinario sono tratte dalla Messa VIII "De Angelis" realizzata in forma dialogata alternando il canto gregoriano dell’Assemblea con la polifonia della Schola.Tutti i brani possono anche essere valorizzati come meditazione e ascolto per aiutare la preghiera personale e dilatare il nostro cuore dinanzi al volto del Risorto.
Diocesi informa La Caritas cerca AIUTI CERCASI VOLONTARI PER AUSILIO SERVIZIO MENSA CARITAS DURANTE IL PERIODO PASQUALE In particolare, è richiesto aiuto nelle seguenti date: 18, 19, 20 (Pasqua), 21 (Pasquetta), 25 Aprile e 1 Maggio. Il servizio si svolge nella fascia oraria tra le ore 9.30 e le 13.15. Per aderire contattare la segreteria al numero telefonico: 0586-884693. SORGENTI DI CARITÀ IN CERCA DI BICICLETTE La Caritas Diocesana di Livorno avrebbe urgente bisogno di biciclette in disuso (anche rottami) e componentistica da donare al corso di ciclofficina per la Scuola dei Mestieri. Potete consegnare ciò che avete in Via Donnini, 165 dal lunedì al venerdì dalle 9:00 alle 12:00 e dalle 15:00 alle 18:00. Vi ringraziamo anticipatamente per la disponibilità, l’aiuto e il continuo sostegno.
I tre nuovi inquilini dell’Acquario di Livorno ell’auditorium dell’Acquario sono state presentate alla stampa le novità N della stagione 2014, la presentazione è stata preceduta dall’intervento dell’assessore Darya Majidi in rappresentanza del sindaco e dell’assessore alla cultura Mario Tredici. L’assessore ha voluto subito ricordare il suo legame affettivo che la univa alle vicende dell’Acquario perché la mamma aveva lavorato in quel luogo per alcuni anni della sua vita. Ha poi sottolineato che il territorio livornese ha, da sempre, una particolare cultura del mare e l’Acquario è una delle principali componenti che la caratterizzano. La struttura, che ha avuto un notevole sviluppo, si avvale della gestione della Costa Edutmainment che gestisce anche l’Acquario Village di Genova e, insieme ad altre società, l’Acquario di Cattolica e quello di Cala Gonone in Sardegna. L’Acquario livornese è dunque un investimento impiegato sul territorio che contribuisce a creare lavoro perciò è opportuno aumentare il target di riferimento con campagne pubblicitarie appropriate. Nel corso dell’incontro è poi emerso che i risultati finora ottenuti sono molto promettenti, infatti lo scorso anno i visitatori sono stati 110 mila con un aumento del 41% rispetto all’anno precedente. Ma quali sono le novità? La prima grande novità è l’arrivo dall’Acquario di Genova di Ari, uno splendido esemplare femmina di tartaruga verde, a suo tempo importata illegalmente da un turista e per questo sequestrata dal Corpo Forestale dello Stato. Perché si chiama Ari? Il suo nome deriva dall’atollo Ari, una delle isolette delle Maldive, in cui l’incauto turista italiano si era recato in vacanza. Ari che quando venne consegnata all’Acquario di Genova 11 chili oggi ne pesa 180, si nutre ogni giorno di quattro chili di cibo tra verdure e molluschi. Ari si va così ad aggiungere ad un altra tartaruga verde già presente nella struttura, "Cuba", che è un maschio di 150 chili, le femmine infatti raggiungono sempre dimensioni maggiori rispetto ai maschi, dall’incontro potrebbero nascere tante tartarughine e se son rose … fioriranno! Le due tartarughe nuotano nella vasca "Indo-pacifico" e sono in buona compagnia: due esemplari di pesce napoleone, alcuni esemplari di squalo pinna nera, pesci scorpione i cui aculei sono velenosi ma non mortali, e pesci farfalla bandiera. La seconda novità è costituita dall’arrivo di alcuni esemplari di cavallucci tropicali "muso lungo" che saranno visibili dal pubblico a partire dalla metà di aprile, attualmente i cavallucci, provenienti dall’Oceano Atlantico, stanno seguendo un periodo di acclimatamento nell’area tecnica, dietro le vasche espositive, dove viene purificata l’acqua e preparato il cibo per i pesci, a questi simpatici e colorati pesciolini che riscuotono un notevole successo da parte dei bambini verrà dedicata una vasca che sarà allestita nella galleria tropicale. E le tariffe d’ingresso? Per gli adulti il costo del biglietto è di 13 euro e per i ragazzi 7, il prezzo è invece di 6 euro per le scolaresche, mentre l’ingresso è gratis per i bambini al di sotto del metro di altezza, per i disabili e i portatori di handicap. Nell’acquario si può anche festeggiare in modo originale e divertente il proprio compleanno, sono disponibili due opzioni: una riguarda i bambini di 4-6 anni e la seconda quella da 712 anni. Gianni Giovangiacomo
PARROCCHIA SANTA ROSA
Prepararsi alla Pasqua In preparazione della Pasqua queste sono le iniziative che si terranno presso la Parrocchia S.Rosa. Da giovedì 10 aprile a sabato 12 il predicatore passionista Padre Giocondo, rappresentante ufficiale del movimento "Rinnovamento dello Spirito" di cui è stato uno dei fondatori negli anni ’70, animerà gli esercizi spirituali in preparazione alla settimana santa. Il calendario è il seguente: Giovedi 10 aprile alle ore 17,00 Invocazione dello Spirito e catechesi. Alle ore 18,00 Adorazione della croce. Alle ore 19,00 Santa Messa. Alle ore 21,00 Adorazione eucaristica. Venerdi 11 alle ore 17,00 Invocazione dello Spirito e catechesi. Alle ore 18,00 via Crucis animata dagli scout. Alle 19,00 Santa Messa. Alle 21,00 Adorazione della Croce. Sabato alle ore 17,00 Invocazione dello Spirito e catechesi. Alle ore 18,00 Adorazione della Croce. Alle ore 19,00 Santa Messa. Alle ore 21,00 incontro e cena con il consiglio pastorale. La Santa Messa da questa data, per tutto il periodo estivo fino alla festa di S.Rosa, che quest’anno sarà celebrata il 28 settembre, verrà spostata dalle ore 18,00 alle ore 19,00. Sabato 12 aprile alle ore 19,00 S. Messa prefestiva della Domenica delle Palme con distribuzione dell’ulivo benedetto. Domenica 13 aprile alle ore 10,00 ritrovo dei parrocchiani al "triangolo" di via Schiavazzi, il prato davanti alla centrale elettrica. Alle 10,30 saranno benedetti i ramoscelli di ulivo e le palme. La comunità in processione raggiungerà la chiesa dove alle 11,00 sarà celebrata la S. Messa. Giovedì Santo Messa in "Cena Domini" alle ore 19,00; alle 20 Adorazione della Croce. Alle 21,00 Adorazione Eucaristica. Venerdì Santo alle ore 19,00 commemorazione della Passione e Morte di Gesù. Alle ore 20,00 Adorazione della Croce; seguirà alle ore 21,00 La via Crucis animata dai ragazzi del catechismo. Sabato alle ore 22,30 inizierà la Veglia Pasquale nel corso della quale verranno battezzati due adulti e tre bambini. Domenica di Pasqua S. Messa alle ore 8,30, 11,00 e 19,00. Come per Natale Padre Maurizio pranzerà con la comunità parrocchiale nel salone Giovanni Paolo II. Lunedì dell’Angelo la Parrocchia si recherà in pellegrinaggio a Viterbo dove incontrerà il Vescovo e visiterà i luoghi di Santa Rosa.
TOSCANA OGGI
LA SETTIMANA DI LIVORNO SPUNTI DI RIFLESSIONE: LA DOMENICA DELLE PALME.........
«Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» XV. PER MEZZO DI FIGURE ISRAELE IMPARAVA A CONOSCERE DIO E PERSEVERARE NEL SUO SERVIZIO (Dal trattato "Contro le eresie" di sant’Ireneo, vescovo. Lib. IV, 14, 23; 15, 1; SC 100, 542. 548) 1. DIO SI PREPARA UN POPOLO PER EDUCARLO Dio creò l’uomo fin dal principio allo scopo di colmarlo dei suoi doni, scelse i patriarchi per dar loro la salvezza, si preparò per tempo un popolo per insegnare a servire Dio a coloro che lo ignoravano, predispose il ministero dei profeti per educare gli uomini a portare in sé lo Spirito e a godere della comunione con Dio. Egli, che non ha bisogno di nessuno, concesse la comunione con sé à coloro che avevano bisogno di lui. Per coloro che gli erano graditi disegnò l’edificio della salvezza, come farebbe un architetto. Fece egli stesso da guida a coloro che non conoscevano la strada in Egitto. 2. DIO GUIDA IL SUO POPOLO A coloro che andavano errando nel deserto diede una legge quanto mai adatta. Concesse a quelli che entrarono nella terra promessa una degna eredità. Infine in favore di coloro che si convertono al Padre, uccise il vitello grasso e donò loro la veste più bella. Così, in varie maniere, dispose il genere umano in vista della grande "sinfonia" della salvezza. San Giovanni nell’Apocalisse dice: "E la sua voce era simile al fragore di grandi acque" (Ap 1, 15). E veramente sono molte le acque dello Spirito di Dio, perché il Padre è ricco di infinite risorse. Il Verbo, passando attraverso queste acque offrì con liberalità la sua assistenza a coloro che gli erano sottomessi, prescrivendo a ogni creatura una legge adatta e appropriata. Così diede al popolo le leggi per costruire il tabernacolo, edificare il tempio, eleggere i leviti, come pure per i sacrifici, le offerte e le purificazioni e ogni altra cosa per il servizio del culto. 3. DALLE FIGURE ALLA VERITÀ Egli, a dire il vero, non aveva alcun bisogno di tutto questo. Da sempre fu ricolmo di ogni bene, avendo in se stesso ogni soave odore e profumo, anche prima che venisse Mosè. Ma voleva educare il popolo, portato continuamente a tornare agli idoli. Voleva disporlo, con molti interventi e sussidi, a perseverare nel servizio di Dio, richiamandolo per mezzo delle cose secondarie alle primarie, con le figure alle verità, con le cose temporali alle eterne, con quelle carnali alle spirituali e con quelle terrene alle celesti, come fu detto a Mosè: "Guarda ed eseguisci secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte" (Es 25,40). Infatti in quei quaranta giorni Mosè imparò a ritenere le parole di Dio, il suo stile caratteristico, le immagini spirituali e le prefigurazioni delle cose future come anche Paolo dice: "Bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era Cristo" (1 Cor 10, 4). E di nuovo accennando alle cose che sono prescritte nella legge aggiunge: "Tutte queste cose accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per ammonimento nostro, di noi per i quali è
arrivata la fine dei tempi" (1 Cor 10, 11. Per mezzo di figure, dunque, Israele imparava a temere Dio e a perseverare nel suo servizio. Perciò la legge per loro era insieme una regola di vita e una profezia delle cose future.
XVI. CELEBRIAMO LA VICINA FESTA DEL SIGNORE CON AUTENTICITÀ DI FEDE Dalle "Lettere pasquali", di Sant’Atanasio, vescovo. Lett. 14,12; PG 36,1419-1420). 1. CRISTO NOSTRA PASQUA Il Verbo, Cristo Signore, datosi a noi interamente ci fa dono della sua visita. Egli promette di restarci ininterrottamente vicino. Per questo dice: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). Egli è pastore, sommo sacerdote, via e porta e come tale si rende presente nella celebrazione della solennità. Viene fra noi colui che era atteso, colui del quale san Paolo dice: "Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato" (1Cor 5,7). Si verifica anche ciò che dice il salmista: O mia esultanza, liberami da coloro che mi circondano (cfr. Sal 31,7). Vera esultanza e vera solennità è quella che libera dai mali. Per conseguire questo bene ognuno si comporti santamente e dentro di se mediti nella pace e nel timore di Dio. Così facevano anche i santi. Mentre erano in vita si sentivano nella gioia come in una continua festa. Uno di essi, il beato Davide, si alzava di notte non una volta sola ma sette volte e con la preghiera si rendeva propizio Dio. Un altro, il grande Mosè, esultava con inni, cantava lodi per la vittoria riporta sul faraone e su coloro che avevano oppresso gli Ebrei. E altri ancora, con gioia incessante attendevano al culto sacro, come Samuele ed il profeta Elia. Per questo loro stile di vita essi raggiunsero la libertà e ora fanno festa in cielo. 2. PREPARARSI ALLA GRANDE FESTA Per prepararci, come si conviene, alla grande solennità che cosa dobbiamo fare? Chi dobbiamo
seguire come guida? Nessun altro certamente, o miei cari, se non colui che voi stessi chiamate, come me, "Nostro Signore Gesù Cristo". Egli per l’appunto dice: "Io sono la via" (Gv 14,6). Egli è colui che, al dire di san Giovanni, "toglie il peccato nel mondo" (Gv 1,29). Egli purifica le nostre anime, come afferma il profeta Geremia: "Fermatevi nelle strade e guardate, e state attenti a quale sia la via buona, e in essa troverete la rigenerazione delle vostre anime" (cfr. 6,16). Un tempo era il sangue dei capri e la cenere di un vitello ad aspergere quanti erano immondi. Serviva però solo a purificare il corpo. Ora invece, per la grazia del Verbo di Dio, ognuno viene purificato in modo completo nello spirito. Se seguiremo Cristo potremo sentirci già ora negli atri della Gerusalemme celeste e anticipare e gustare anche la festa eterna. Così fecero gli apostoli, costituiti maestri della grazia per i loro coetanei ed anche per noi. Essi non fecero che seguire il Salvatore: "Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito" (Mt 19,27). Seguiamo anche noi il Signore, cioè imitiamolo, così avremo trovato il modo di celebrare la festa non soltanto esteriormente, ma nella maniera più attiva, cioè non solo con le parole, ma anche con le opere.
XVII. SE QUALCUNO HA PECCATO, ABBIANO UN AVVOCATO PRESSO IL PADRE Dal "Commento ai salmi" di san Giovanni Fisher, vescovo e martire. Sal 129; Opera omnia, ed. 1579; p. 1610) 1. GESÙ È IL NOSTRO PONTEFICE Gesù Cristo è il nostro pontefice, il suo prezioso corpo è il nostro sacrificio, che egli ha immolato sull’altare della croce per la salvezza di tutti gli uommi. Il suo sangue, versato per la nostra redenzione, non era sangue di vitelli e di capri, come nell’antica legge, ma dell’innocentissimo agnello Gesù Cristo nostro salvatore. Il tempio, nel quale il nostro pontefice celebrava il sacrificio, non era stato costruito da mano
di uomo, ma soltanto dalla potenza di Dio. Infatti egli versò il suo sangue al cospetto del mondo, che davvero è il tempio costruito solo dalla sola mano di Dio. Ma questo tempio ha due parti: una è la terra, che noi ora abitiamo; l’altra parte è ancora sconosciuta a noi mortali. 2. FONTE DI MISERICORDIA Ed egli immolò il sacrificio dapprima qui sulla terra, quando sopportò una morte acerbissima, e poi quando, rivestito con l’abito nuovo della immortalità, entrò con il proprio sangue nel santuario, cioè in cielo. Qui presentò davanti al trono del Padre celeste quel sangue d’immenso valore che aveva versato a profusione per tutti gli uomini schiavi del peccato. Questo sacrificio è così gradito e accetto a Dio, che egli non può fare a meno - non appena lo guarda - di avere pietà di noi e di donare la sua misericordia a tutti quelli che veramente si pentono. Inoltre è un sacrificio eterno. Esso viene offerto non soltanto ogni anno, come avveniva per i Giudei, ma ogni giorno per nostra consolazione, anzi, in ogni ora e momento, perché ne abbiamo un fortissimo aiuto. Perciò l’Apostolo soggiunge: "procurandoci una redenzione eterna" (E9,12). 3. CONTRIZIONE E PENITENZA Di questo santo ed eterno sacrificio divengono partecipi tutti coloro che sono veramente contriti e fanno penitenza dei peccati commessi, e che sono fermamente decisi a non riprendere più i loro vizi, ma a perseverare con costanza nella ricerca della virtù. È quanto insegna l’apostolo san Giovanni con queste parole: "Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre, Gesù Cristo giusto. Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo" (1Gv 2,1). Dal terzo fascicolo dei Quaderni di Santa Giulia, a cura di mons. Mauro Peccioli. Adattamento dalla seconda lettura dell’Ufficio delle Letture della Liturgia delle Ore secondo il Rito Romano, Tempo di QUARESIMA
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Speciale QUARESIMA
13 aprile 2014
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TOSCANA OGGI
LA SETTIMANA DI LIVORNO
13 aprile 2014
Sul caso dell’Associazione “I Baluardi”
C’è matrimonio e matrimonio a recente vicenda dell’Associazione "I Baluardi" Linterrogativo.Vorrei mi induce a proporre una riflessione con qualche indirizzare e limitare questa riflessione all’ambito ecclesiale, utilizzando la vicenda appena richiamata soltanto come un pretesto per ragionare in termini generali (come peraltro mi pare che alla stregua di un pretesto ne abbiano fatto uso anche altri), e lasciando da parte il piano costituzionale, nella convinzione che come cristiani siamo chiamati ad annunciare il Vangelo prima che a difendere la Costituzione (e lo dico io che quotidianamente pratico il diritto costituzionale). La domanda di fondo che vorrei porre è la seguente: come comunità ecclesiale, quale famiglia vogliamo/dobbiamo difendere? E, di conseguenza, quali modelli familiari dobbiamo combattere? La convinzione che si è diffusa, mi pare, è che il nostro riferimento debba essere la famiglia fondata sul matrimonio: pertanto, dobbiamo contrastare ogni convivenza che non sia fondata sul matrimonio. Se dunque le cose stanno così, ciò che è decisivo è il matrimonio, qualunque esso sia (ovvero: sia religioso, e tra questi cristiano, o civile), mentre la differenza tra un matrimonio-sacramento e un matrimonio celebrato davanti all’ufficiale dello stato civile scalerebbe ad una differenza "minore" (essendo entrambi comunque funzionali alla costituzione della famiglia). Se così è - e mi pare che sia - si tratterebbe di un netto cambiamento rispetto all’epoca in cui un autorevole monsignore definiva coloro che si sposavano soltanto civilmente dei "pubblici concubini": quei "pubblici concubini" oggi sono ritenuti un modello da difendere da parte dei cristiani, e da additare secondo il Vangelo. Ma siamo davvero sicuri che debba esser così? Perché come cristiano mi devo sentire impegnato a difendere un matrimonio celebrato da un sindaco, regolato da leggi che magari prevedono la possibilità di divorziare senza alcuna formalità, che magari non garantiscono adeguatamente le parti deboli della famiglia, e così via? E solo perché si chiama "matrimonio"? E’ davvero questo che ci chiede il Vangelo? Ed ancora: non è che questa tendenza conduce a non valorizzare adeguatamente ed efficacemente la differente bellezza e importanza del matrimonio come sacramento? L’altro dubbio che vorrei rappresentare è il seguente: difendere la famiglia fondata sul matrimonio presuppone contrastare con ogni forza altre forme di convivenza? Forse anche questa domanda ci porta al punto appena toccato: se una convivenza, ancorché non ufficializzata, formalizzata, celebrata, ecc. davanti ad un ufficiale di stato civile, fosse idonea a costituire quella "intima communitas vitae et amoris" che la Costituzione pastorale Gaudium et Spes (n. 48) afferma deve essere il matrimonio, come cristiano mi dovrei sentire obbligato a contrastarla? E ciò, ancora un volta, sarebbe coerente con il Vangelo di Gesù? La mia personale e modesta opinione, in definitiva, è che non può essere l’utilizzo del nome "matrimonio" (comunque questo sia regolato dalle leggi statali) a risultare discriminante: piuttosto, è la sostanza della regolamentazione che viene in considerazione, al di là del termine che viene utilizzato. E come cristiani dovremmo preoccuparci allora di diffondere (più che di difendere) la grandezza del matrimonio cristiano come dono reciproco di amore fedele e indissolubile aperto alla fecondità: questa sì mi parrebbe essere la nostra missione, che ci impegna a essere testimoni credibili, e ci richiede di conoscere e comprendere a fondo le persone e le loro storie, non limitandosi ad esaminarle alla luce di un certificato anagrafico. Emanuele Rossi
SECONDO noi ccogliamo volentieri l’intervento del A professor Emanuele Rossi, ordinario di diritto costituzionale presso la Scuola Superiore S,. Anna di Pisa, a proposito della vicenda dell’associazione I Baluardi e del dibattito che ne è seguito. Ci piace evidenziare che la questione è stata da noi affrontata sul piano politico - civile cercando di evidenziare i contrasti manifesti con i principi costituzionali vigenti. Non intendiamo farne una campagna di ortodossia religiosa ma semplicemente difendere, innanzitutto come cittadini, i valori che la Costituzione nazionale riconosce propri dello Stato italiano. Ogni normativa umana è perfettibile, ma riteniamo che le istituzioni pubbliche locali, e gli uffici che ne sono loro emanazione, abbiano il dovere di operare in coerenza con tali principi. Quanto al dovere di cristiani di diffondere la bellezza del matrimonio cristiano non si può non essere d’accordo; credo che avvenga quotidianamente con la testimonianza personale di chi lo vive convinto di quanto sia importante e bello e non è questione che può essere affrontata nel dibattito politico per evitare di dare a Cesare quello che è di Dio e viceversa. n.s.
L’intervista al DIACONO FRANCO CACCAVALE Mentre continuano gli incontri di formazione per i diaconi permanenti della Diocesi, è ripreso anche il cammino di formazione per gli aspiranti. La Diocesi ha recentemente pubblicato anche un nuovo direttorio proprio sull’Ordine Sacro del Diaconato iacono Franco, con la promulgazione e l’entrata in vigore del Direttorio Diocesano sul Diaconato riprende ufficialmente il cammino di formazione per aspiranti al Diaconato Permanente. Quanti sono gli uomini in cammino e da quali comunità provengono? «L’invito ai parroci per la presentazione di persone che a loro parere abbiamo i requisiti per poter iniziare un percorso di discernimento per accedere all’Ordine Sacro del Diaconato Permanente è stato fatto dal Vescovo ai parroci meno di un mese fa e al momento non abbiamo ancora ricevuto alcuna segnalazione. In verità qualcuno si è proposto, ma lo ha fatto ad esclusivo titolo personale e pertanto non avendo avuto l’assenso del parroco e della comunità di appartenenza non è stato preso in considerazione».
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In questi ultimi anni perché si è fermata questa formazione? Non c’erano aspiranti? «Quando il Vescovo nominò mons. Paolo Razzauti e me come delegati al diaconato permanente assieme a lui valutammo e decidemmo che era necessario fare una sosta sul cammino per nuovi aspiranti al diaconato perché in quel momento forse era necessario un momento di riflessione di tutta la Chiesa livornese, e in particolare dei Diaconi, per una rilettura dell’identità di questo grado del Ministero Ordinato e dei benefici che esso aveva prodotto nella comunità diocesana. C’erano alcuni aspiranti in cammino da anni sui quali i delegati e le commissioni che ci avevano preceduto avevano già espresso una valutazione di non idoneità e che noi, in sintonia con il parere del Vescovo, non facemmo altro che confermare». In cosa consiste la formazione di un Diacono permanente e quanto dura? «Innanzitutto occorre distinguere diversi aspetti di formazione. Come è possibile leggere al punto 3.6 del nostro Direttorio, che richiama un interessante documento della CET sul Diaconato del 1990, tutto l’itinerario di formazione in vista del ministero "ha lo scopo di promuovere, sostenere, sviluppare nel candidato, attraverso l’approfondimento
IL DIACONO: SERVO CHE SI CHINA A CURARE LE FERITE DELL’UMANITÀ biblico, teologico e spirituale il dono dello Spirito e di far prendere coscienza delle implicazioni del Diaconato nella Chiesa e nel mondo". Pertanto se da un lato è previsto ed è indispensabile un itinerario di formazione teologica di livello quasi uguale a quello di coloro che si preparano al sacerdozio, dall’altro è necessaria una formazione in grado di verificare, per quanto sia possibile, la maturità umana, cristiana ed ecclesiale raggiunta e che pongono la persona in grado di assumere consapevolmente una determinante, definitiva e pubblica responsabilità
nella Chiesa locale». La comunità diaconale continua ad incontrarsi periodicamente. A quale tema avete dedicato gli appuntamenti di quest’anno? «Quest’anno abbiamo pensato di toccare alcuni di quegli ambiti che rendono particolarmente visibile la dimensione del Diacono come Ministro della Carità. Ambienti come la strada, gli ospedali, le carceri, i campi nomadi sono luoghi dove la presenza della Chiesa di Gesù che consola e dà speranza è quanto mai urgente e per certi aspetti direi quasi esclusiva. Il Diacono, per sua stessa natura,
chiamato all’impegno anche nelle cosiddette pastorali di frontiera, è una delle figure ecclesiali che meglio di altre rendono visibile il volto di Cristo servo che si china a curare le ferite di questa umanità sofferente. Coloro che ci stanno aiutando in questa riflessione sono tutti autorevoli ministri della Chiesa impegnati in prima linea ed in prima persona nei luoghi che richiamavo prima. Gli incontri, ovviamente interattivi, ci aiutano perciò a crescere nel ministero e soprattutto ci
stimolano ad assumerci le nostre responsabilità di credenti cristiani di fronte alle povertà contemporanee». c.d. Nelle foto: un momento della processione di S. Giulia con alcuni diaconi della Diocesi; il diacono Franco Caccavale e sotto S. Giuseppe Cottolengo
Incontro di Formazione DEI DIACONI PERMANENTI
L’amore al fratello come risposta all’amore di Dio in San Cottolengo amore al ’risposta fratello come
«L
all’amore di Dio nella spiritualità e nella vita di San Giuseppe Benedetto Cottolengo». Questo è il tema dell’Incontro di Formazione dei Diaconi Permanenti tenuto da Suor Ernesta Alberto, suora cottolenghina da 40 anni, che ci ha portati a condividere «cose di casa nostra» partendo dal mondo della Piccola Casa della Divina Provvidenza fondata nel 1832 da San Giuseppe Cottolengo. Una breve ma significativa carrellata sulla vita e il contesto storico in cui è vissuto il Cottolengo, santo sociale torinese dell’800, ci ha fatto riflettere su alcuni aspetti della sua esperienza con la svolta decisiva e l’ispirazione carismatica che parte da un tragico episodio. Chiamato al capezzale di una donna francese al sesto mese di gravidanza, affetta da tubercolosi e morente, rifiutata dagli ospedali e abbandonata presso la Chiesa del Corpus Domini, il Cottolengo, dopo averla assistita e battezzato la sua piccola che poi muore con la madre, sentì la necessità di creare un ricovero dove potessero essere accolti i bisognosi che non trovavano risposta assistenziale altrove. Si comincia con quattro stanze nel “Deposito della Valle Rossa” nel centro di Torino e poi la “Piccola Casa” di Valdocco, una realtà che sullo stile dei primi cristiani cerca di dare una risposta concreta alla necessità dei poveri, dei malati abbandonati, degli emarginati per un’esperienza
evangelica stabile. Nasce la Piccola, ma grande cittadella della Carità, affidata alle suore sotto la guida della fondatrice Marianna Nasi, con lo stile del Cottolengo: “i più poveri sono i padronissimi e chi si dedica a loro sono i servi perché i poveri sono Gesù in persona”. Suor Ernesta ci ha portati a riflettere sulla spiritualità specifica cottolenghina che parte dalla Preghiera costante. La “Laus Perennis” che è ricerca di Dio nel compimento della sua Divina Volontà è la “ruota maestra” che fa camminare la Piccola Casa. Ci sono oggi sei monasteri cottolenghini contemplativi di cui uno in Africa. L’abbandono alla Divina Provvidenza è l’altro aspetto importante nella spiritualità del Cottolengo. Un Padre Buono e Provvidente che veglia e ama intensamente i suoi figli. “Chi straordinariamente confida in Dio, Dio straordinariamente provvede” ricordava il Cottolengo che si definiva “Strumento e manovale
della Divina Provvidenza”. Infine il servizio gratuito al povero, al sofferente è considerato come vero atto di culto al Cristo. “Charitas Christi urget!” scriveva il Cottolengo riprendendo le parole di San Paolo. Questo è diventato il motto della Piccola Casa: “L’amore di Cristo ci possiede”. L’amore di Cristo ci spinge ed è la molla che ci porta all’amore universale. L’amore di Cristo ci spinge a riconoscerlo nei poveri. L’amore di Cristo ci spinge allo spirito di sacrificio e al dono totale di sé. L’amore di Cristo ci spinge a condividere gioie e dolori dei nostri fratelli e a dare amore anche a chi non riesce a percepirlo. “La Carità del Cottolengo deve avere un’unica fiamma che parte da Dio e che è diretta verso il povero, il prossimo”. L’attualità dello spirito e dell’opera del Cottolengo è rivolta oggi anche verso le nuove povertà emergenti: anziani, malati terminali, tossicodipendenti, extracomunitari, barboni, depressi, giovani senza speranza. È la sfida di oggi che coinvolge tutte le Piccole Case presenti in ogni parte d’Italia e nel mondo, in particolare in Africa e Asia con centri sanitari, assistenziali, di riabilitazione, consultori familiari. È la Fraternità, Accoglienza e senso di Appartenenza che accompagna l’opera del Cottolengo, avendo sempre presente come ai tempi di Don Giovanni Cottolengo: “l’amore di Cristo ci possiede, l’amore di Cristo ci spinge”. diacono Roberto Bargelli
TOSCANA OGGI
LA SETTIMANA DI LIVORNO
13 aprile 2014
VII
■ L’APPROFONDIMENTO STORICO a cura di padre Luca Giustarini osbv
a appena due mesi l’Italia era entrata in guerra, a fianco delle Potenze alleate contro gli Imperi centrali, quando il 20 Luglio 1915 fu istituita, come abbiamo già accennato, la Santa Lega Mariana. Questa Santa Lega Mariana, ispirandosi al momento storico in cui nacque, oltre ad esercitare gli altri atti di pietà, comuni ad ogni pia associazione, innalzò preghiere speciali per la Patria, promosse funzioni solenni coll’intervento delle società politiche, civili, militari e delle Miilizie che dovevano partire per il fronte, infondendo così forza, coraggio e rassegnazione tanto ai soldati come alle loro famiglie. Si dedicò all’assistenza dei figli dei richiamati, aprì un Segretariato per l’invio dei pacchi-vestiario, pacchiprovvigione ai prigionieri di guerra; per la corrispondenza coi combattenti, per rintracciare i dispersi, per raccogliere notizie sui morti e feriti. Offrì ai Santuario un Piviale, due Tonacelle ricamate in seta e oro, e raccolse il fondo necessario per due Messe perpetue, mensili, una per i soldati, morti in guerra, e l’altra per le vedove e gli orfani di guerra. La Signora Dina Galeotti affacciò l’idea di una lampada votiva alla Madonna di Montenero per la cessazione del flagello, e la proposta fu accolta da tutti con entusiasmo, sicuri che questo atto di ossequio avrebbe attirato sull’Italia la benedizione della Vergine Santissima. Persone volenterose e piene di zelo si misero subito all’opera, con una costanza degna di ammirazione, e in quattro anni con modeste offerte raccolte tra il popolo, poterono mettere. insieme la somma necessaria per l’offerta del dono. Questa Lampada fu offerta il 1 Agosto 1920 con una festa indimenticabile, con un entusiasmo così grande da parte dei cattolici che fece fallire l’ostruzionismo col quale i nemici della Religione tentarono di ostacolare e diminuire la imponente dimostrazione. La Santa Lega Mariana promosse una santa veglia in onore della Madonna, onde il Santuario per tutta la notte risuonò di canti e di preghiere per l’ alternarsi di lodi e suppliche. All’una dopo mezzanotte, l’Abate Viscardi fece solenne
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Dalle pagine dell’epoca dell’«Eco del Santuario di Montenero» la memoria storica della Lampada della Pace ancora appesa davanti all’altare principale del Santuario Con la forma di un’antica galea livornese
PROTEGGI VERGINE, L’ITALA GENTE a lampada della Pace ha la forma di una antica galea livornese che porta sul Linginocchiata ponte un altare, dove perennemente arde una fiamma: davanti all’altare sta uno nobile matrona (la Patria riconoscente), appoggiata ad un’ancora (la Speranza cristiana), e mesce da un’anfora l’olio che dovrà perpetuare la vivace fiammella (simbolo della Fede divina e della perennità della Patria). L’altare reca nella sua facciata, corrispondente alla prora della nave, l’Immagine della Madonna di Montenero con in alto l’iscrizione: Italos protege, Virgo: - Proteggi,Vergine, l’Itala Gente. Ai due lati reca lo stemma nazionale e quello di Livorno e di faccia alla nobile matrona è incisa la seguente iscrizione, dettata dal compianto Padre Manni: A ringraziare della guerra vinta, a suffragare i caduti, a rassicurare il mondo pacificato, arde questa lampada, dono dei tuoi fedeli, a te, o Stella del mare. MCMXIX. Tre mostri, rappresentanti la guerra di terra, di mare e dell’aria, sono incatenati in poppa e ai due lati della prora e tutto intorno alla nave è un’aureola di 15 lampadine elettriche, simbolo dei 15 misteri del Rosario e la seguente iscrizione: In simbolo della sua fede inestinguibile in Maria SS. Livorno cattolica volle viva in perpetuo la fiamma di questa lampada, che la Santa Lega Mariana ideò, promosse e condusse a termine. In alto sotto al globo cui sono attaccate le tre catene che, legando il collo dei mostri di guerra, sostengono la lampada, una colomba con sul petto un monogramma di Cristo e nel becco un ramoscello di olivo, porta l’annunzio della pace vittoriosa, per la quale la S. Lega Mariana scioglie grata e festante il suo voto. La lampada che misura 90 cm per 60 è tutta in argento e pesa con l’armatura 45 Kg. Il sig. Giacomo Cavalletti di Montenero ne tracciò il primo disegno, che fu poi sviluppato e completato dallo scultore Sebastiano Italo Leonardi ed eseguito dal gioielliere fiorentino Silvio Vincenti.
pontificale, a cui seguì ininterrottamente la celebrazione di Messe basse fino al mattino. Alle 9,30 dall’inizio della salita cominciò lo sfilamento del lungo interminabile corteo, composto da tutte le Parrocchie della Diocesi di Livorno, con tutte le Associazioni Maschili e Femminili, con i propri vessilli: numerose Associazioni di varie Diocesi della Toscana erano largamente rappresentare.
Dietro al Vescovo, Mons. Gialli che. accompagnato da numeroso clero, seguiva il corteo, un bel numero dr bambine, vestite da angelo portavano i doni in danaro, la pergamena degli Zelatori della Lampada votiva, il piviale e altri paramenti sacri. In quell’occasione la Santa Lega Mariana offrì pure un bassorilievo allusivo al trionfo della pace, eseguito dal Sig. Cavalletti e
rappresentante un cocchio tirato da focosi destrieri, calpestanti il malefico genio della guerra. raffigurato in un drago: un angelo, sospeso in aria, sorregge la Lampada votiva, che viene portata al Santuario, mentre, ritta sul cocchio, la Vittoria guida un carro trionfale, il cui passaggio è annunziato da squilli di trombe, che chiamano a raccolta il popolo festante. In quel giorno il carro
riccamente infiorato, su cui era stata posta, sotto un arco di verde, la Lampada, dono non solo di Livorno, ma di tutta l’Italia, grata alla Vergine per la pace vittoriosa, non fu trascinato sul monte dai noleggiati bovi, perché, all’ultimo momento, il proprietario intimidito e spaventato dai fermenti anticlericali, non mantenne la promessa, e tutti gli altri contadini, sebben pregati e ripregati, si rifiutarono, per lo stesso fenomeno di ingenua paura. di prestare i loro bovi e i loro cavalli. Vinta la prima sorpresa dell’inaspettato rifiuto, si alza una voce che suscita un entusiasmo nei giovani, i quali, lasciati i propri vessilli, con quelle braccia robuste che trasportarono i cannoni sulle alture di Asiago e del Grappa. prendono il carro fra i canti e gli evviva del popolo che fa ala lungo la salita, cantando essi pure, e via di volata sulla strada faticosa. Giunti alta gradinata, non si arrestano, e dove non sarebbero potuti giungere i bovi, giungono i giovani: il carro sale rapido la gradinata e si ferma presso l’altare, preparato in piazza. La vittoria della fede è completa; e applauso echeggia dalla folla immensa si agitano i gonfaloni, le bandiere. In quel giorno i giovani delle nostre Associazioni Cattoliche scrissero una bella pagina di storia che fa onore alla loro fede viva, al loro sincero amore di Patria. Le autorità intervenute avevano già preso posto alla sinistra dell’altare, e la massa del popolo si dispone in bell’ordine dietro un quadrato, formato da un plotone di Fucilieri del 226° Fanteria, che facevano il servizio di onore, al comando del Tenente Filippo Di Franco. Trasportata che fu la Santa Immagine sull’altare dì piazza, Mons. Giani cominciò la celebrazione della Messa: al Vangelo pronunziò un discorso con alta espressione di fede e profondo amore di Patria. All’Offertorio ha luogo la cerimonia della offerta dei doni, che alcune gìovanette, il nome del popolò, presentano a Mons. Vescovo, il quale a sua volta li consegnava al Superiore del Santuario. Terminata la Messa, e, data la benedizione, la Santa Immagine, al canto del Te Deum, fu riportata in Chiesa, e subito le fu accesa davanti la Lampada della Pace.
Nell’anno di MARIA
La storia della Lampada della Pace
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TOSCANA OGGI 13 aprile 2014
LA SETTIMANA DI LIVORNO