IL GRANELLO DI SENAPE per gli sposi di mons. Ezio Morosi
Via del Seminario, 61 57122 Livorno tel. e fax 0586/210217
uando dobbiamo fare un viaggio è sempre bene avere una Q guida. Il matrimonio è un po’ come un viaggio che due persone fanno insieme: nella lunga traversata della vita, verso un futuro ancora sconosciuto ma pieno di speranze. Per questo è opportuno fornirsi di una guida sicura. Chi meglio del Signore può guidare in questo cammino? Lui, come il pastore, guida il suo gregge e accompagna la coppia nei momenti felici ed in quelli difficili. Gli sposi cristiani credono nell’amore di Dio per loro, sentono il bisogno della sua protezione, dell’ascolto della sua voce e seguono il sentiero che il Signore indica loro.
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Direttore responsabile Andrea Fagioli Coordinatore diocesano Nicola Sangiacomo Reg. Tribunale Firenze n. 3184 del 21/12/1983
10 giugno 2012
LA FAMIGLIA è il futuro della Chiesa
FAMILY 2012
La testimonianza dei partecipanti all’incontro mondiale della famiglie: i responsabili dell’Ufficio diocesano per la Famiglia ed una volontaria raccontano
Il senso di famiglia Il souvenir originale portato a casa di una volontaria livornese i hanno portato a vedere l’aeroporto dove sabato e C domenica arriveranno le famiglie e il Papa. Faccio servizio in uno degli ultimi settori dell’immensa spiaensando a come avremmo potuto intitolare questo breve pensiero sull’incontro mondiale delle famiglie che si è svolto a Milano dal 30 maggio al 3 giugno ci è venuto spontaneo pensare proprio a questa affermazione: la famiglia è il futuro della chiesa. Sembrerebbe un controsenso affermare questo in un periodo temporale dove la famiglia sta soffrendo molto, schiacciata da mille difficoltà, da mille problemi, ma invece è proprio questa verità che mi porto nel cuore al mio ritorno dalla “Festa delle testimonianze” celebrata sabato 2 giugno con il Santo Padre nella spianata dell’aeroporto di Bresso, insieme a centinaia di migliaia di famiglie gioiosamente ritrovatesi e provenienti da ogni parte del globo. La giornata è cominciata con la partenza alle 9 di mattina con il pullman organizzato dalla Diocesi. Subito all’arrivo a Milano abbiamo capito che non eravamo soli, nel senso che un grandissimo dispiegamento di forze dell’ordine e della protezione civile, volontari, personale della Atm (la locale azienda dei trasporti) ci attendeva pronta a fornirci tutta l’assistenza necessaria per raggiungere il Parco Nord di Bresso dove si sarebbe svolto l’incontro. Era un’assistenza molto discreta e gentile oltre che concreta e fattiva che ci ha permesso di raggiungere il posto, dopo aver posteggiato il bus a S.Donato ed aver utilizzato metropolitana e bus navetta, entro le 15,00 come da programma. Dopo un breve spuntino in attesa dell’apertura dei cancelli ci siamo finalmente proiettati all’interno della spianata raggiungendo il settore più vicino possibile all’immenso e ben costruito palco dove si sarebbero svolti nel pomeriggio il Jubiliation Family fest e dalle 20,30 l’incontro con il Papa Benedetto XVI.
P
Dopo essersi accampati e preso possesso dell’area a ridosso delle barriere è subito iniziata una bellissima integrazione con le altre famiglie vicine che provenivano da varie città italiane (vicino a noi molti provenivano da Lodi, da Verona) tutte riconoscibili dalle innumerevoli bandiere e cartelli che erano il riferimento sicuro per i pellegrini al fine di non perdersi nei percorsi di avvicinamento e all’interno dell’area. Il cartello che mostrava orgoglioso i simboli della nostra Diocesi e dell’incontro oltre al foulard amaranto annodato alla base per arricchirlo è stato subito sistemato in bella vista a ricordare a tutti che là vicino si raccoglievano le famiglie provenienti dalla città labronica. Ad onor del vero nel nostro pullman era presente anche una piccola schiera di «cugini pisani» che dopo una iniziale «doverosa» diffidenza si è subito ben integrata e cogliendo lo spirito dell’incontro si è fatta uno con lo spirito labronico indossando perfino il foulard amaranto (senza ovviamente rinnegare comunque le origini…). Nel corso del pomeriggio la spianata si è andata man mano riempiendo fino a perdita d’occhio e contemporaneamente cresceva l’integrazione tanto che ormai non esistevano più gruppi, diocesi, città e nazioni di provenienza, ma tutti eravamo riusciti a formare veramente un’unica grande famiglia di famiglie. È stato questo il clima che ha trovato il Papa al suo ingresso sul palco e subito lui stesso deve averlo percepito perché fin dalle prime parole è sembrato molto diverso dagli altri suoi interventi pubblici. Anche il programma
così come è stato organizzato ha facilitato questo «ciak» tra il Santo Padre e l’immensa assemblea. Le domande molto concrete, sulla vita e le difficoltà di tutti i giorni, rivolte al padre hanno trovato delle risposte illuminanti, anche molto concrete, offerte a braccio e con spontaneità. Le domande presentate da famiglie provenienti da più parti del globo sono state inserite nel racconto delle loro esperienze e sono state quindi radicate nel vissuto reale, eliminando qualsiasi spiritualismo nel quale a volte questi incontri rischiano
di cadere. L’ora con il Santo Padre è praticamente volata via stupendoci tutti come il tutto fosse passato in così breve tempo. Un attimo dopo per precedere la grande marea che si sarebbe riversata a breve verso le uscite con un breve passaparola ci siamo messi subito in marcia per raggiungere il pullman. Ancora una volta la macchina organizzativa ha funzionato perfettamente permettendoci di raggiungere il pullman intorno alle 11,00 e fare così rientro a casa intorno alle 2,45. Per fare un bilancio di tutto questo torniamo al titolo dell’articolo. Riflettevamo durante il viaggio di ritorno come in un momento di difficoltà abbastanza importante qual è quello vissuto in questi ultimi mesi dalla
società ma anche dalla Chiesa stessa, questo evento di Milano può essere davvero una fonte di grande speranza. La famiglia, sia pure con tutti i suoi problemi, è ancora la cellula fondamentale della società ed esistono ancora famiglie, moltissime, che credono in questo valore, nel valore del sacramento del matrimonio e che sono state disposte a lunghi viaggi, lunghe camminate, lunghe attese pur di essere presenti a Milano per gridare a tutto il mondo la loro fede in Dio ed il loro amore al Papa ed alla Chiesa. A questo punto sta alla Chiesa ed ai pastori che la guidano a credere a loro volta nella famiglia e farla essere più protagonista nelle scelte pastorali. Sono anni che diciamo che le parrocchie devono essere una famiglia di famiglie ma in quante di esse poi questo accade? Quanto tempo è dedicato alla pastorale familiare, all’accompagnamento delle giovani coppie? Quanto tempo ancora dovrà passare perché la catechesi familiare diventi la forma principale di iniziazione cristiana? La famiglia è lì pronta con il suo stesso essere ad essere sostegno ai parroci per far crescere le nostre comunità parrocchiali verso quella comunione che è base essenziale per l’evangelizzazione (“che siano uno perché il mondo creda” Gv 17,21). La famiglia è trasversale a tutte le pastorali ed è la base delle nostre comunità ecco perché può essere davvero la salvezza della nostra Chiesa. Non cerchiamo altrove! Famiglie forti fanno una Chiesa ed una società forte. Se dimentichiamo questo molto del nostro lavoro sarà vano e non lascerà traccia nel prossimo futuro. Antonio e Rita Domenici condirettori ufficio di pastorale familiare diocesano
nata. Uno di quelli che probabilmente nemmeno si riempirà. Per arrivare vicino al palco ci vogliono, a piedi, più di 5 minuti. Da qui certo non vedrò il Papa. E invece Benedetto XVI lo vedo addirittura vicinissimo, due volte. Immaginate un vialone di Milano con tutto il suo traffico da metropoli. Immaginate una decina di persone con la stessa maglietta bianca e rossa con la scritta “volontario” che si tengono per mano stretti su un piccolo marciapiede tra due corsie. E immaginate infine la faccia delle persone che passando le sente recitare il “Padre nostro”. Per un milanese, immagino io, deve essere al quanto insolito. Ma per oggi il nostro compito, creare un cordone al passaggio della Papa-mobile è finito e quello che dobbiamo ricordarci è perché siamo qui. Il suggerimento della nostra “team leader” è il migliore per sentirsi famiglia. Così come lo è recitare una preghiera con degli sconosciuti di fronte al Santissimo in una cappella improvvisata in un palazzo dei congressi, un momento che ti fa scoprire che esiste qualcosa in grado di farti sempre sentire a casa. “Festa e lavoro, gioia e fatica” cantano sul palco all’aeroporto di Bresso. Così recita l’inno dell’incontro e così è stato vivere questi miei giorni da volontaria. Una festa della famiglia del mondo accorsa in questo luogo dopo aver percorso almeno due chilometri a piedi, sotto il sole caldo o di mattina presto, quando il sole non è ancora sorto. E anche il mio settore si riempie. Sento un brivido mentre dalle colline tutto intorno vedo arrivare un fiume di gente, non si distinguono più le singole persone, è come se fossero un’unica corrente attirata in una direzione. Le solite poche facce dei nostri incontri in parrocchia sembrano così lontane da qui, tutte le diversità di colore, lingua e opinioni politiche che ci separano sembrano essere rimaste fuori dai varchi di ingresso all’aeroporto. È domenica mattina e tutti i volontari sono impegnati nell’accoglienza ai pellegrini in arrivo. Basta un “buongiorno” per far sorridere una signora non più giovane che non ce la fa più, una caramella per far felice un bimbo che si chiede quando arriverà e potrà finalmente sedersi. In fondo non è un grande servizio, portare un po’ d’acqua o dei libretti per seguire la messa, prendersi per mano per deviare il flusso di persone, non ha mai ucciso nessuno, ma sulla strada di ritorno, dopo alcune ore, tanti di loro ci ringraziano, ci cantano “bravi bravissimi”. Ma grazie poi di cosa? Quel grazie dovremmo farcelo l’un l’altro perché è grazie a tutti che questa festa ci ha ridato la carica per i prossimi giorni, per tornare nelle nostre parrocchie e provare a far rivivere quello spirito di famiglia che lì si è così facilmente creato e mostrato. Torno a casa e mi rendo conto che per la prima volta non ho comprato nessun souvenir di questo mio viaggio. Eppure sono convinta che ricorderò comunque… Giulia Sarti