La Settimana n. 22 del 8 giugno 2014

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IL GRANELLO di senape di mons. Alberto Ablondi

Via del Seminario, 61 57122 Livorno tel. e fax 0586/210217 lasettimana.livorno@tiscali.it Notiziario locale

Direttore responsabile Andrea Fagioli Coordinatore diocesano Nicola Sangiacomo Reg. Tribunale Firenze n. 3184 del 21/12/1983

8 giugno 2014

Voglio aggiungere però una parola che si rivolge soprattutto a chi ha la "fortuna" di avere un lavoro. Se è vero che il lavoro deve essere sempre "rispettato" da una economia non solo mirata al profitto ed insieme dall’intervento di una politica previdente e autorevole, p altrettanto vero che il lavoro deve essere "amato". Forse, anche per salvare l’occupazione, non basta che chi lavora…in qualche modo lavori. Bisogna "amarlo" il lavoro : per difenderlo nella sua dignità dalle ingiustizie, dalla insicurezza dell’ambiente, dall’artidità dei rapporti; per scoprirlo nei suoi fini di collaborazione a tutta la Società; per svolgerlo non come lavoro forzato solo in vista di una vacanza estiva; per offrirlo onestamente, quanto onestamente deve essere retribuito; per presentarlo ai giovani come un valore personale e sociale. Rispettare e amare il lavoro, 1990- Una missione d’accoglienza

Speciale elezioni del sindaco

Domenica 8 giugno si torna alle urne per eleggere il sindaco di Livorno.

Chi vuol esser... PRIMO CITTADINO a scelta del prossimo sindaco passa attraverso un ballottaggio tra due candidati: una situazione inedita a Livorno che porta gli elettori a scegliere tra due sole persone chi guiderà la prossima amministrazione comunale. Come abbiamo fatto prima delle elezioni amministrative, abbiamo pensato di proporre un confronto tra i due candidati sulle questioni che riteniamo essenziali per il futuro governo della città e lo abbiamo fatto attraverso alcuni video che in questi giorni sono stati pubblicati online sul blog «La Settimana tutti i giorni». Le risposte che abbiamo raccolto da Marco Ruggeri e Filippo Nogarin sono tuttora disponibili per chi non le avesse ancora viste; con questa iniziativa pensiamo di offrire un servizio utile a chi vuole farsi un’idea personale su chi votare il prossimo 8 giugno, superando il sentito dire o il giudizio di seconda mano. Ai due candidati abbiamo posto le stesse domande:

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1. Come sostenere l’occupazione a Livorno: cosa intende fare come sindaco al proposito? 2. La famiglia ha limitato i danni della crisi: cosa si impegna a fare per sostenerla in particolare per quanto riguarda le imposte comunali, le tariffe dei servizi, l’ambito educativo scolastico? 3. Crede in Dio? 4. Burocrazia amministrativa: quali provvedimenti intende prendere per renderla più snella e amica dei cittadini? 5. Come pensa di affrontare la grave emergenza abitativa che caratterizza la nostra città? 6. Perché vuole fare il Sindaco?

Domande e risposte sulla città e non solo ai due candidati in lizza per il ruolo di sindaco di Livorno 7. Perché uno che non l’ha votata al primo turno dovrebbe votarla adesso? 8. Quali provvedimenti ha in mente per rispondere alla sfida della povertà crescente nella nostra città? 9. Quali sono le priorità che intende affrontare subito da sindaco? Come potete leggere sono domande che riguardano gli ambiti su cui anche il Vescovo ha insistito molto negli ultimi tempi, per farsi voce dei più poveri, di chi in questo momento sta vivendo il dramma della disoccupazione, dello sfratto, è vittima delle lentezze della burocrazia, di chi sta perdendo la speranza. Le risposte dei due candidati sono certo da ascoltare, ci piace metterne in evidenza alcune, tra queste la risposta alla domanda sulle priorità dei primi 100 giorni da Sindaco: Nogarin vorrebbe innanzitutto “sburocratizzare” la macchina comunale perché i cittadini possano avere risposte certe e veloci e contemporaneamente

intercettare fondi, europei, ma non solo, per portare nuova linfa alla città, per realizzare progetti non con soldi provenienti da una ulteriore tassazione dei cittadini, quanto piuttosto con contributi dall’esterno. Ruggeri invece sottolinea il lavoro come priorità ed in particolare fa riferimento al turismo e al piano congiunto con Collesalvetti per rilanciare le aree industriali disponibili e al porto per velocizzare il problema degli escavi. Alla domanda sulla povertà crescente, invece i due candidati hanno risposto in modo diverso: Nogarin pensa a far crescere il lavoro innanzitutto per regredire la situazione di povertà in cui Livorno si trova e fa riferimento all’welfare di comunità, con il progetto "Livorno bene comune", per mettere al centro l’individuo e suscitare nuova solidarietà tra le persone. Ruggeri invece vorrebbe riscrivere il bilancio del Comune per il sociale in modo da attuare iniziative come quella delle family card e attuare un riaccompagnamento delle

LE REGOLE DEL BALLOTTAGGIO Si torna a votare la seconda domenica successiva alla data delle elezioni per scegliere uno tra i due candidati che al primo turno hanno ottenuto il maggior numero di voti (ballottaggio). Al secondo turno viene eletto Sindaco il candidato che ottiene il maggior numero di voti. Per stabilire la composizione del Consiglio si tiene conto dei risultati elettorali del primo turno e degli eventuali ulteriori collegamenti nel secondo. In pratica, se la lista o l’insieme delle liste collegate al candidato eletto Sindaco nel primo o nel secondo turno non hanno conseguito almeno il 60% dei seggi ma hanno ottenuto nel primo turno almeno il 40% dei voti, otterranno automaticamente il 60% dei seggi. I seggi restanti saranno divisi tra le altre liste proporzionalmente alle preferenze ottenute.

famiglie per uscire dal circolo della povertà. Anche la domanda sul sostegno alle famiglie ha visto risposte diverse: Ruggeri sostiene che il Comune abbia bisogno di ricostruire con le famiglie il percorso di tassazione, il cui gettito va a sostenere soprattutto le spese del sociale, mentre in ambito scolastico ci sia bisogno di ripensare una collaborazione stretta con i privati e il mondo dell’associazionismo. Nogarin invece confessa di non voler fare promesse di nessun genere su tariffe, percentuali fiscali ecc, ma di voler prima vedere il bilancio comunale, eliminare tutti gli sprechi e ridurre al minimo tutti i costi, come è stato fatto a Parma, perché un atteggiamento accorto nella gestione del bilancio potrà sicuramente portare ad una riduzione fiscale importante nei confronti delle famiglie. Tra le diverse domande che riguardavano la città abbiamo voluto inserire anche una questione più personale, che però visto il nostro target ci riguardava da vicino, ovvero se i candidati credessero in Dio. Una domanda che forse ha messo un po’ in imbarazzo entrambi, perché appunto riguardante la sfera più privata. Ruggeri ha semplicemente risposto che non crede in Dio, mentre Nogarin ha rivelato di credere e di affidarsi a Dio nella preghiera, anche se da tempo non è più un assiduo frequentatore della Chiesa. n.s. - c.d.

Marco Ruggeri e Filippo Nogarin a confronto sulle questioni essenziali per il futuro governo della città. Sul blog «La Settimana tutti i giorni» le risposte dei due candidati. IL VESCOVO SULLA SCELTA DEL SINDACO

Risposte chiare su lavoro, casa e burocrazia Nella trasmissione Chiesa Livorno Informa, visibile anche sul sito della Diocesi, mons. Giusti invita a scegliere chi presenta risposte concrete l nuovo sindaco dovrà rispondere ai tanti problemi che ci sono in questa città, in particolare a quelli espressi dai poveri a cui voglio dare voce anche alla vigilia di questo ballottaggio» è quanto ha dichiarato monsignor Giusti nel corso della trasmissione “Chiesa Informa” in onda su Granducato TV. Intervistato da Chiara Domenici su questa vigilia elettorale, il Vescovo di Livorno ha detto: «Io non devo e non voglio assolutamente entrare nelle scelte che faranno con la loro testa gli elettori, ma posso dire che quanto emerso nel confronto che abbiamo fatto con i tutti i candidati sindaco alla Caritas è un po’ poco rispetto alle grandi emergenze che vive questa città a proposito di lavoro, casa e burocrazia». «E’ stato proposto - ha proseguito – infatti di creare una task force per monitorare come vengono spesi i tanti soldi del bilancio comunale destinati al sociale. Ma la politica deve dare risposte concrete alle domande essenziali di tanti cittadini livornesi a proposito del lavoro (come favorire l’arrivo di nuovi imprenditori e di nuove opportunità di occupazione), della casa (come risolvere questa emergenza in modo da evitare che qualcuno sia ancora costretto a dormire in macchina) e della burocrazia (come rendere più trasparenti e semplici le procedure burocratiche per facilitare la vita ai cittadini)». «Gli elettori – ha aggiunto – dovrebbero poter scegliere il sindaco sulla base delle risposte chiare che questi danno alle domande urgenti della città». n.s.

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Le TESTIMONIANZE Nella giornata della pace della pace dopo l’inizio in piazza Lperdelalegiornata Municipio è proseguita con una marcia vie del centro cittadino: “l’itinerario della memoria” che ha fatto una prima sosta davanti alla Cattedrale, e durante il cammino è stato bello vedere i bambini, di razze ed età diverse, che portavano i cartelli con i nomi degli Stati in cui ci sono ancora tensioni e focolai di guerra: Terra Santa, Afghanistan, Siria, El Salvador, Colombia, Pakistan, Iraq, Ucraina, Nigeria, Eritrea, Somalia, Congo, Repubblica Centroafricana, Birmania, Kashmir, le due Coree, e l’Isola di Mindanao nelle Filippine. PRIMA TAPPA Davanti alla Cattedrale, Leonella, che nel maggio 1943 aveva 19 anni, ha detto: “C’era la fame e la paura, ma ricordo anche che ci si aiutava, perché eravamo tutti nella stessa situazione. Molti pensano che queste cose sono inventate, invece sono realtà, sono cose che io ho vissuto e so che tanta gente, in tanti Paesi dove c’è la guerra, le vive anche ora … Quando oggi vedo alla televisione tanti che

scappano dalla guerra, li capisco, perché stanno vivendo quello che abbiamo vissuto noi in quegli anni”. Poi è stata la volta di Nina, una giovane ucraina, che ha detto: In Ucraina in questo momento si sta vivendo una grande tragedia. Noi ucraini siamo qui, ma i nostri pensieri sono sempre laggiù. Quando sentiamo i nostri parenti per telefono ci dicono che sono molto preoccupati, a volte ci raccontano che qualcuno che conoscono è stato ucciso e la nostra preoccupazione cresce. Bisogna prendere la strada della democrazia e non scegliere la violenza: i nostri politici devono parlare, le persone devono parlare, mai la violenza! LA SECONDA TAPPA Seconda sosta dell’itinerario è stata Piazza Cavour, qui ha preso la parola la dottoressa eritrea Alganesh Fessaha, responsabile dell’Associazione Gandhi, che si prodiga per i profughi provenienti dal Sudan, dalla Somalia, dall’Eritrea, dall’Etiopia e dalla Nigeria, profughi che sono preda dei trafficanti beduini di schiavi e di organi. Grazie alla sua opera è riuscita a liberare circa 650 persone dalle tribù beduine che gestiscono la lucrosa tratta di esseri umani: Se si fermano le guerre -ha detto- si ferma la fame, nasce l’armonia e la solidarietà tra tutti. Basta al massacro degli innocenti, ho fiducia nei bambini che saranno il futuro di un mondo nuovo. Quattro bambini, in rappresentanza dei quattro continenti, hanno poi letto alcuni pensieri: Vogliamo dire che è più importante salvare la terra che avere tanti soldi. E’ meglio una maglietta e un paio di scarpe in meno che permettere che i bambini in tante parti del mondo lavorino come schiavi. I bambini e le bambine devono andare a scuola, tutti, perché il futuro di tutti sia più bello e il mondo diventi migliore. Siamo amici degli anziani perché ci hanno insegnato quanto è importante la pace. E ancora: Siamo tanti ma non siamo tutti uguali. Siamo di tanti colori e di tutte le età, ma non siamo per farci la guerra. Ci piace stare insieme a scuola, al parco, in questa città. Ci impegniamo a crescere insieme e a diventare amici di tutti, anche di chi ci sta antipatico! LA CONCLUSIONE E LA FESTA La Giornata della pace e l’itinerario della memoria si è concluso agli Scali D’Azeglio, dove nella seconda guerra mondiale era esistente “un rifugio”, con l’omaggio floreale alla targa che ricorda le vittime di tutte le guerre. Qui Anna Aiello, della Comunità di Sant’Egidio, ha ricordato che quest’anno ricorre il centenario dello scoppio della I Guerra Mondiale. Si tratta della prima guerra di massa perché tutta la popolazione civile ne fu coinvolta. Il numero delle vittime fu terrificante: 17 milioni, ma fu solo l’inizio, perché 70 milioni furono i morti della II Guerra mondiale. Ma questi cento anni di distanza sono l’occasione per ribadire il rifiuto assoluto della guerra e la scelta della pace. Alla sera alle 21 in Fortezza Vecchia i bambini hanno partecipato con giochi, canti e balli all’incontro “W la Pace”. Gi.Gi.

LA 11° GIORNATA PER LA PACE PROMOSSA DALLA COMUNITÀ’ DI S. EGIDIO

Ora e per sempre mai più la guerra! Un itinerario della memoria lungo le strade di Livorno con testimonianze di chi ha vissuto gli orrori della guerra e la parecipazione dei bambini a Giornata per la pace», istituita dal Consiglio Comunale nell’aprile del 2004, su esplicita richiesta della Comunità di Sant’Egidio per ricordare i tragici bombardamenti su Livorno del 28 maggio 1943 è giunta quest’anno alla sua undicesima edizione e mantiene tutta la sua validità e importanza in quanto la pace è una conquista che molti popoli non hanno ancora conseguita. L’incontro ha avuto inizio, come è ormai tradizione, nella piazza antistante il Comune, con la presenza del sindaco Cosimi e dell’Ammiraglio Cavo Dragone.

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L’INIZIO DELLA MANIFESTAZIONE Sabatino Caso a nome della Comunità di Sant’Egidio ha ringraziato i presenti per la loro partecipazione. Mons. Giusti ha messo in rilievo che il tema della pace è ritornato di grande attualità grazie anche alla recente visita del Papa in Terra Santa, in quella occasione il Papa ha detto di non essere competente a risolvere le problematiche politiche riguardo ai conflitti, ma è competente nell’indicare le vie del cuore che uniscono i credenti in un solo Dio, cristiani, ebrei, musulmani, e per questo ha offerto ai responsabili politici di Palestina ed Israele di venire a pregare insieme a lui a Roma, nella sua abitazione, affinché Dio conceda la pace. E’ necessario -ha continuato il Vescovo- che si trovino sempre dei punti di convergenza perché le armi si possono e si devono sostituire

Serra Club LIVORNO

con l’incontro, con il dialogo e la concordia. Monsignor Giusti con voce veemente ha poi gridato: “No, ai servizi segreti!”, sono stati i servizi segreti delle grandi potenze che hanno voluto la guerra in Siria, è evidente a tutti che ci sono delle strategie militari che creano e alimentano le tensioni tra popolazioni che invece vorrebbero vivere in pace. Basta con la demonizzazione dell’altro, del nemico, e tutto questo per un motivo semplice: “perché l’altro è nostro fratello”. L’assessore Maria Teresa Sposito ha poi portato il saluto dell’Amministrazione Provinciale che ha sempre creduto nella Giornata della pace e nell’inclusione sociale e anche in passato si è sempre battuta per dare la cittadinanza italiana ai bambini stranieri nati in Italia. La diversità -ha aggiunto- è sempre un arricchimento, la pace si fa con i piccoli gesti, aiutandoci l’uno con l’altro, mi rivolgo perciò ai bambini perché credano sempre nella pace. Gli interventi sono stati conclusi dall’assessore alle Culture del Comune, Mario Tredici, che ha ricordato come Livorno abbia sofferto tantissimo a causa della guerra, infatti i segni dei bombardamenti sono ancora visibili lungo la Via Borra, ai Bottini dell’Olio, in Piazza del Luogo Pio e in

Piazza Cavallotti, le ferite si possono vedere anche in certi edifici che sono stati ricostruiti. Ma alle ferite materiali si aggiungono le ferite umane che permangono ancora oggi, i parenti delle tante vittime, le fughe da una città abbandonata e distrutta che ha creato migliaia di sfollati per tutta la Toscana. Le testimonianze e i ricordi di quelle persone ci fanno ricordare che la pace nella democrazia è un bene essenziale. Oggi l’Europa -ha concluso- vuol dire pace, democrazia, progresso, futuro, difendiamo allora questa Europa nello stesso modo con cui difendiamo la pace. La Giornata livornese è stata dedicata a tutti coloro che ancora oggi vivono l’incubo della guerra. La pace infatti non è una parola scontata, la Siria e l’Ucraina ce lo dimostrano e noi vediamo la realtà di queste guerre attraverso la gente che è fuggita e che in questo momento è approdata sulle nostre coste. Gianni Giovangiacomo

In vescovado, l’incontro con il diacono Andrea Zargani

I laici nella storia della chiesa livornese L’

aggregazione laicale del Serra Club di Livorno ha ospitato per l’ultimo incontro dell’anno sociale il diacono, dr. Andrea Zargani che è intervenuto sul tema della presenza dei laici nella storia della Chiesa di Livorno; un’occasione per conoscere meglio anche la storia della radici religiose della nostra città. A Livorno, voluta dai granduchi di Toscana come porto fiorentino vi era anticamente, nel XIII secolo una pieve, quella di Santa Giulia in piazza Guerrazzi prima che si insabbiasse il porto pisano, con il fonte battesimale che accreditava anche le indulgenze. Gli Angiò la distrussero e fu istituita la nuova plebe col nome di Santa Maria e Giulia . Nel 1525 col il Buontalenti che vuole una città dalla pianta ottagonale, viene posta una nuova chiesa in via san Giovanni affidata ai Padri agostiniani; si chiamerà S. Antonio. Intanto la città cresce a livello esponenziale e nel 1620 vi erano già un ventimila abitanti perché facilitato dalle leggi Livornine. I primi abitanti furono i greci bravi marinai, poi gli ebrei. Le norme erano molto precise e rispettose per le molte presenze religiose. Addirittura vi era un inquisitore francescano per mantenere il rispetto. La tolleranza poi si esplicava con certi atteggiamenti tipo il fatto che le balie ebraiche potevano allattare bimbi cristiani e viceversa. Altro aspetto da considerare la presenza dei laici dediti ti alle opere di misericordia con le arciconfraternite che erano una grande ricchezza. Nel 1806 Livorno diventa sede vescovile e in quegli anni era un porto importantissimo nel Mediterraneo, si parlava francese. Il Papa nell’emanazione della bolla dovette però contenere il territorio perché le diocesi locali circostanti non vollero cedere le loro parrocchie; furono tolte le confraternite locali e il laicato aveva solo forme dedicate al

culto e alle feste popolari come che ostacolava l’episcopato. l’adorazione del Sacro cuore o Essa favorì il formarsi di vari l’adorazione eucaristica perpe- circoli che facevano catechesi, tua e il culto alla Madonna di animavano la liturgica e operaMontenero. vano nelle confraternite. Con I vescovi nella prima metà Papa Leone XIII e col vescovo dell’800 crearono alcune par- Giani molto severo, ci furono rocchie e nel 1852 fu istituita molte critiche e nel 1906 le orla Società di san Vincenzo De ganizzazioni cattoliche divenPaoli che si occupava dei pove- tano giunte cattoliche dove i ri e si organizzò con Conferen- laici autonomamente lavorano ze e differenza con i papi e pardelle arciconfraroci. Va ricordaternite invitavano Una storia molto to come le nuil ceto cattolico ricca e vivace che merose presenze ad entrare in un va riletta per essere religiose che forcontatto diretto marono i memcon le persone. Le da stimolo alla bri dell’Azione sacche di povertà realtà attuale Cattolica e semerano notevoli, pre in quegli anfra prostitute e orni vediamo il fani il numero era altissimo. sorgere di gruppi scout. Istituirono le scuole aiutando i Con il fascismo abbiamo una cattolici a vivere la fede non in nuova partecipazione e nonomodo chiuso ma aperta ai bi- stante che nel 1931 i prefetti sogni del territorio. fanno chiudere i circoli, abbiaOltre la san Vincenzo si orga- mo figure di rilevo come don nizzano le donne che acquista- Angeli che si ribelleranno al no una villa e realizzano una nazismo. Don Angeli stesso fu palestra di religione che è l’at- assistente dell’ Azione Cattolituale Istituto delle suore del- ca nonostante gli orientamenti l’Immacolata dove si occupa- politici non concordi. Pio XII vano delle ragazze povere. Na- era convinto che potesse nascesce poi l’Azione Cattolica nel re un grande laicato legato a 1885, una delle più grandi As- questa istituzione. Contemposociazioni laicali italiane a raneamente vengono fondate fronte della presenza di una altre aggregazioni, tra queste il massoneria ben consolidata Cif, le ACLI, gli Scout: la Chie-

sa è presente in ogni ambito e cultura della città dovuta anche alla vittoria della democrazia cristiana nel dopoguerra. A Livorno viene fondato il CLA centro più laico dedicato alla carità . Si arriva agli anni 50 dove i cattolici danno luogo ad un convegno con tutti i cattolici della Toscana. Con monsignor Guano nel 1962 Livorno ha un grande respiro e si mantiene l’impianto del dopoguerra, ma dopo il Concilio il mondo cattolico si sfrangia e gli anni settanta registrano un grande abbandono. L’Azione cattolica diventa più snella e non più legata alla parrocchia, la san Vincenzo De Paoli perde rilevanza a favore dalla Caritas senza che tra loro venga creata una osmosi. Nuove aggregazioni si formano vedi i carismatici, neocatecumenali, Comunione e Liberazione, Sant’Egidio ancorati alle esigenze del momento, ma non si riesce ancora oggi a cogliere questo cambiamento senza guardare ai lontani e si perde l’unità all’interno della Chiesa, nonostante la ricchezza dei carismi che queste aggregazioni posseggono. In ultima analisi va ricordato l’aspetto ecumenico sviluppato dal compianto Monsignor Ablondi che si espande al di là dei confini diocesani e scriverà una pagina fondamentale della Chiesa Italiana per il dialogo sia con gli Ebrei che con le altre confessioni religiose. Una storia dunque molto ricca e vivace che va riletta per essere da stimolo alla realtà attuale che deve continuare quell’apertura che è la caratteristica precipua di una Chiesa accogliente e misericordiosa. Alla conferenza era presente il vicario episcopale don Ivano Costa e un Vescovo messicano reduce dalla Visita ad Limina al Papa, molto amico di don Antonio Marini con il quale ha studiato per cinque anni al Pontificio Ateneo di sant’Anselmo. Mo.C.


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una proposta per L’ESTATE

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Un nuovo volume su San Giovanni Paolo II

HO VISSUTO CON UN SANTO

“L’amore porta amore” DI

MARTINA BONGINI

a chiesa livornese ma soprattutto i giovani della nostra città, stanno per vivere un’esperienza unica e particolare, proposta dai Salesiani. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con don Francesco Galante, responsabile dell’oratorio salesiano, per farci raccontare che cosa accadrà durante l’estate.

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Don Francesco, per chi ancora non ti conosce…presentati! «Sono don Francesco Galante, prete salesiano da quasi un anno, il 23 giugno infatti festeggerò il mio primo anno di sacerdozio. Se dovessi fare un bilancio direi che è stato un anno di osservazione, di scoperta e meraviglia, durante il quale mi sono messo al servizio dei bambini, dei ragazzi e dei giovani occupandomi delle attività dell’ oratorio».

n questi giorni della canonizzazione di Papa IsulGiovanni Paolo II ci sembra opportuno riflettere volume "Ho vissuto con un santo", pubblicato

Don Francesco Galante ci spiega in cosa consiste la prossima missione giovani in programma nel mese di luglio nella nostra città

A proposito di oratorio, quali saranno i programmi per l’estate? «Stiamo lavorando per ultimare il programma dell’Estate ragazzi ma soprattutto stiamo finendo di programmare la missione giovani, una sfida che lanceremo a tutti i giovani della città per scoprire e riscoprire la fede» In che cosa consiste di preciso questa missione? «Nel mese di luglio, precisamente dal 5 al 20, alcuni missionari, insieme ad altri ragazzi, si aggireranno nei luoghi di aggregazione più conosciuti della nostra città per mostrare la bellezza della fede, per raccontare loro che la fede non è solo possibile ma che rende la vita bella. Non ci sono pretese ma semplicemente vogliamo raccontare ciò che di bello abbiamo incontrato. Saranno proprio i giovani livornesi a farsi loro stessi annunciatori verso i propri coetanei lasciandosi coinvolgere in una dinamica di annuncio evangelico di forte impatto e di profonda riflessione. Sarà un’esperienza molto forte per tutta la chiesa livornese, infatti noi non saremo soli in questa sfida ma verremo accompagnati dalle diverse realtà presenti nel territorio a partire ad esempio dalla Caritas. Sono fermamente convinto infatti che debba essere un’occasione di condivisione, un punto di partenza per costruire qualcosa di grande, insieme». Che cosa succederà in concreto? «Vorrei aiutarmi con una canzone di Ligabue che dice "credo che ci voglia un Dio e anche un bar" perché dobbiamo andare a "stanare" i giovani nei luoghi di aggregazione,è necessario incontrarli e ancora "qua

In alto: il gruppo dei ragazzi dei Salesiani Qui sopra: don Francesco Galante Sotto: un’immagine della Missione Giovani del 2013

nessuno c’ha il libretto d’istruzioni" perché non sappiamo come risponderanno anche se sono convinto che qualcosa si muoverà e infine "credo a quel tale che dice in giro che l’amore porta amore" perché non andiamo a portare Dio nel cuore di un giovane perché Dio già c’è, è Lui che lo ha creato, noi dobbiamo solo fare in modo di farlo uscire. Per questo verranno proposte ai giovani diverse attività che si svolgeranno nel tardo pomeriggio, o la sera, degli incontri per far conoscere e toccare con mano che cosa di bello li circonda. Il lavoro più difficile sarà poi dopo, quando i missionari andranno via, starà a noi e ai ragazzi creare dei punti di riferimento e dei meccanismi saldi». Tu hai conosciuto diverse realtà giovanili, quali sono le differenze principali con i giovani livornesi? «Sono stato a contatto con giovani a Roma, Torino, nell’Abruzzo, nelle Marche e quello che mi ha colpito di più dei giovani livornesi è che sono più diretti, se c’è qualcosa che non va loro te lo fanno capire, anche con il silenzio, e questo può essere un difetto ma per me è un grande pregio.

C’è una grande voglia di verità ma la verità va di pari passo con la misericordia e forse è questo l’aspetto su cui dobbiamo lavorare! Ci sono giovani che spesso vivono di opere ma di poca sostanza mentre altri che sono poco interessati, ma che una volta "folgorati" non si tirano più indietro». Che cosa ti auguri per il futuro? «Innanzitutto che la chiesa torni ad essere casa; per far questo dobbiamo lavorare tutti insieme e creare delle sinergie perché tutti siamo al servizio della Chiesa. Mi auguro che si riesca a

proporre una pastorale di esperienza che permetta ai giovani di vivere in modo costante la fede piuttosto che una pastorale di eventi molto spesso fine a se stessa. Molte volte poi ci troviamo ad accogliere ragazzi e giovani che vivono nel disagio soprattutto perché non trovano un lavoro; il nostro compito è quello di riuscire ad essere per loro un sostegno, un supporto che possa in qualche modo alleviare le loro fragilità». Non ci resta dunque che augurare un buon lavoro a don Francesco e ai giovani che si lanceranno in questa missione!

Per saperne DI PIÙ ORATORIO L’oratorio dei Salesiani è aperto tutti i giorni dal lunedì al sabato dalle 16.00 alle 19.00 L’ora dalle 15.00 alle 16.00 dal lunedì al sabato è dedicata al doposcuola MISSIONE GIOVANI La Missione giovani avrà inizio sabato 5 luglio e terminerà domenica 20 luglio. Le attività proposte si svolgeranno per lo più nel tardo pomeriggio e durante la sera.

recentemente dalla Rizzoli RCS, del Cardinale Stanislao Dziwisz, frutto di una lunga conversazione con il giornalista Gian Franco Svidercoschi. L’inizio del volume è di una chiarezza esemplare: "Ho vissuto accanto a una santo. O almeno, per quasi quarant’anni, ogni giorno, ho visto la santità come ho sempre pensato dovesse essere … Poi, negli anni, ho visto una santità segnata costantemente dalla croce, com’era stata del resto l’esistenza di Karol Wojtyla fin dalla gioventù. Una santità che ha rasentato l’eroismo, se non il martirio, quando hanno tentato di ucciderlo, e per quella terribile malattia che, impedendogli di camminare, addirittura di parlare, lo ha portato alla morte. E lui ha accettato tutto con serenità, abbandonandosi nelle braccia del Signore...". Dziwisz dice ancora: "Karol Wojtyla parlava di Dio con lo stesso linguaggio dell’uomo d’oggi, con la sua stessa maniera di pensare e, nel medesimo istante, si lasciava interrogare da quest’uomo, dai suoi problemi, ma anche dalle sue contraddizioni, e finanche dalle sue infedeltà". Wojtyla era stato il suo insegnante di Etica in seminario e anche lì il futuro Papa aveva saputo mostrare tutta la sua umanità: "era Wojtyla voleva evidente già essere un allora come il testimone di rispetto per l’uomo, per ogni speranza: viva, uomo, lo avesse concreta, reale, innato". Divenuto per una umanità poi Arcivescovo di Cracovia, chiamò impaurita, don Stanislao a divisa, ricoprire l’incarico di suo segretario attraversata personale da ingiustizie (Dziwisz ha svolto immani la stessa funzione di mons. Capovilla riguardo a Papa Giovanni XXIII), "vivendo accanto a lui maturai il senso profondo di essere sacerdote". Svidercoschi nel sottolineare l’impegno di Wojtyla in difesa della dignità umana che lo fece diventare il nemico numero uno del regime comunista, ne ha avuto conferma da don Stanislao con queste parole chiarificatrici: "Gli agenti dei servizi di sicurezza erano presenti a tutte le sue funzioni, a tutti i suoi incontri pubblici e ne registravano i discorsi, perfino le omelie, tant’è che se ne è conservata una vastissima documentazione, oggi anche accessibile, negli archivi segreti". Eletto Papa -chiede Svidercoschicosa voleva essere Wojtyla? Voleva essere -precisa Dziwisz- "un testimone di speranza. Speranza viva, concreta, reale, per una umanità impaurita, divisa, attraversata da ingiustizie immani, e sempre sotto l’incubo di una guerra nucleare. Ma speranza anche per una Chiesa che era allora ripiegata su se stessa, sui propri problemi interni". E i viaggi? Spiega Dziwisz: "Giovanni Paolo II andava in cerca dell’uomo, di ogni uomo, delle persone in carne ed ossa. Diceva sempre che non bastava che il Papa stesse a Roma, in Vaticano, ad attendere che la gente venisse da lui. E lui, quindi, andava a trovare la gente nei luoghi in cui essa vive, lavora e soffre. E la gente lo sentiva sincero, capiva che lui credeva in quel che diceva quando parlava di Dio e del vangelo... I viaggi rappresentarono così un grande sostegno per le Chiese locali, per gli episcopati. Nello stesso tempo, esercitarono un notevole influsso soprattutto nei Paesi ancora sotto una dittatura, sotto un regime militare, perché la presenza e le parole del Papa davano alla gente il senso della libertà e del rispetto che era dovuto sia ai diritti di quegli uomini e di quelle donne sia ai diritti di quelle nazioni". Sono tanti gli argomenti che Svidercoschi sottopone a Dziwisz: le Giornate Mondiali della Gioventù, i rapporti con i paesi comunisti, la nascita di Solidarnosc, l’attentato di Alì Agca, la Chiesa per il terzo millennio, i viaggi in Nicaragua e a Cuba, la sua predicazione della pace. Per arrivare infine a parlare di un Papa colto nella sua intimità dove "la preghiera per lui era l’immergersi in Dio, lo stare con Dio". A conclusione, a questo proposito, vogliamo citare il mensile culturale di "Avvenire": "Luoghi dell’infinito", interamente dedicato alla canonizzazione di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II in cui monsignor Dziwisz scrive: Come descrivere la santità di Giovanni Paolo II? Con la santità della preghiera. "Posso dare testimonianza della sua preghiera quotidiana a Cracovia. La sua giornata iniziava con la meditazione, seguita dalla celebrazione dell’Eucarestia … la preghiera si intrecciava con il lavoro creativo e diventavano una cosa sola. Lo stesso succedeva durante i lunghi viaggi in auto. Egli pregava e scriveva ...Il Santo Padre pregava ogni giorno nel suo "stanzino" secondo le indicazioni del Vangelo … Pregava da solo e insieme a coloro cui prestava servizio. Pregava come solo un vero pastore sa fare". Gianni Giovangiacomo


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Agenda del VESCOVO

VENERDÌ 6 GIUGNO 10.00 consiglio dei vescovi allo studio teologico interdiocesano a Camaiore 18.30 il Vescovo incontra i cresimandi, i genitori, i catechisti e i parroci in vescovado 21.15 incontro con la segreteria di pastorale giovanile alla Casa S. Giuseppe a Quercianella SABATO 7 GIUGNO Nella mattina, il Vescovo partecipa ad un convegno a Volterra 18.15 saluto e canto del vespro all’incontro dei diaconi permanenti alla chiesa della SS.ma Annunziata dei Greci alla Leccia 21.15 veglia di pentecoste alla chiesa di S. Lucia ad Antignano (vedi locandina pag. VIII) DOMENICA 8 GIUGNO 11.00 S. Messa e cresime alla chiesa di S. Caterina 16.00 a villa Tirrena, riflessione all’assemblea dell’USMI 17.30 saluto e conclusione della settimana mariana alla parrocchia di S. Ferdinando 21.15 il Vescovo è alla parrocchia di S. M. del Soccorso per impegni pastorali

Diocesi informa La veglia di preghiera ed il ricordo alla Messa delle 11 di Domenica 8 Giugno nella chiesa dei Ss. Pietro e Paolo

Nell’anniversario di don Quilici

Dal 9 al 12 Giugno, il Vescovo partecipa al viaggio ecumenico in Grecia con la delegazione episcopale VENERDÌ 13 GIUGNO 9.30 incontro con il clero giovane alla parrocchia di S. Giovanni Gualberto alla Valle Benedetta 17.30 S. Messa per inaugurazione e benedizione nuovi locali del Centro di Ascolto Caritas del V vicariato "Sorgente del Villaggio"a Rosignano Marittimo (Via Gramsci 84/A) 20.30 il Vescovo partecipa all’incontro conviviale di fine anno con il Serra Club SABATO 14 GIUGNO Nella mattina, impegni pastorali in vescovado 18.30 S. Messa per l’Unione Italiana ciechi al centro le Torri al Calambrone

UN NUOVO PADRE TRINITARIO

DOMENICA 15 GIUGNO Nella mattina saluto al Dalai Lama al Modigliani Forum

Libri da LEGGERE

di Mo.C.

Hériard C. - Sposiamoci!- Ed Paoline, pp. 112, euro 11,50 Fin dal titolo, un inno alla gioia, alla bellezza della vita di coppia che sembra fare eco alle continue sollecitazioni di papa Francesco sull’argomento "famiglia". Claude Hériard propone una guida per le coppie, per accompagnarle nel dialogo e nelle scelte. L’amore, il piacere, la libertà, la fiducia, la gioia, il perdono, la fecondità, l’impegno sono rivisitati in maniera dinamica e personale. È lo stesso autore a spiegare chiaramente nell’introduzione destinatari, struttura e finalità del libro che si rivolge a tutti, credenti e non credenti. Può essere letta partendo dall’inizio, ma anche scegliendo i capitoli che più ispirano. Ogni sequenza è con commenti, domande, parole e testimonianze che possano permettere a chiunque di affrontare i vari temi, senza prerequisiti o particolari conoscenze in campo religioso. Anche le persone che hanno meno familiarità con la fede cristiana potranno così avvicinarsi a questo percorso, senza perdere nulla della sostanza di quanto proposto e senza sentirsi fuori luogo. Inoltre vengono proposti brani relativi a ciò che la Bibbia dice dell’amore: a prescindere dalle convinzioni personali, perchè il filo conduttore di questo libro è e rimane la volontà di condividere con il lettore l’avventura della vita di coppia che è una fortuna, e racchiude in sé un’occasione! Il libro che esce anche in vista del Sinodo straordinario sulla famiglia, previsto per il prossimo ottobre, mette in luce l’importanza della formazione come vicinanza ai fidanzati e alle coppie.

Comunicare la speranza della fede 6-9 GIUGNO 2014

100 PIAZZE PER IL VANGELO Per celebrare il centenario della famiglia Paolina Venerdì 6 Giugno 18.00 Il Vangelo secondo gli italiani Incontro dibattito con: Aldo Maria Valli (scrittore e giornalista RAI) Francesco Anfossi (scrittore e giornalista di Famiglia Cristiana) Introduce e modera: Antonello Riccelli (giornalista di Ganducato TV, presidente UCSI Toscana) Cripta dei Salesiani- Livorno Sabato 7 Giugno 21.15 Veglia diocesana di Pentecoste Intronizzazione della Grande Icona di Gesù Maestro e del Vangelo e Santa Messa presieduta da Mons. Simone Giusti Vescovo di Livorno Parrocchia S. Lucia- Antignano Lunedì 9 Giugno 21.00 Lo Sport di vivere Dialogo multimediale di e con Carlo Nesti Regia di Luciano Somma Intervengono: Carlo Nesti (giornalista sportivo e scrittore) Roberto Tancredi (dirigente sportivo ed ex portiere di Juventus e Livorno) e altri sportivi e allenatori livornesi Cinema Teatro Salesiani- Livorno Info: info@100piazzeperilvangelo.it /0266075219 Libreria Paoline: 0586/899534 libreria.li@paoline.it 3333708791

rano molti i fedeli presenti nella chiesa di S.Ferdinando E sabato 31 alla celebrazione della prima S. Messa del giovane padre vietnamita Anthony Mai Quoc Phong, ordinato sacerdote il 24 maggio. Oltre a don Donato Mollica segretario del vescovo di Livorno Simone Giusti, il Ministro Provinciale dei Trinitari Padre Gino Buccarello, padre Michele Siggillino cappellano delle carceri , il parroco Emilio Kolaczyk ed il superiore dei Trinitari livornesi, padre Cosimo Pleve, che ringraziando Padre Buccarello per avergli concesso la parola, ha portato il saluto della famiglia Trinitaria e di tutti i parrocchiani a padre Anthony, ricordandogli le difficoltà del sacerdozio: “ con l’ordinazione non otteniamo un privilegio, ma una promessa di costante servizio alla comunità assegnataci. Lo stare fra la gente- ha proseguito padre Cosimo- ci offre l’opportunità di conoscere i reali problemi, le ansie, i dubbi e le difficoltà della nostra gente, che noi dovremo alleviare con la speranza nella Fede non solo pronunciata ma da noi praticata nell’umiltà e carità, sapendo che dal nostro esempio di amore verso il prossimo potranno essere alleviate molte sofferenze, che ci permetteranno di tornare a sera nella nostra camera, impregnati di odore di pecora del nostro gregge, come ricordato da Papa Francesco, riuscendo ad entrare in sintonia con le anime affidateci, diventando sempre più i loro sicuri punti di riferimento “. L’emozione che traspariva nella voce dell’anziano Trinitario e negli occhi dei presenti, si scioglieva in un vibrante applauso che avvolgeva in un unico grande abbraccio il giovane festeggiato. R.O.


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8 giugno 2014

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Il Papa: com’è il nostro cuore, fisso nello Spirito o ballerino?

«Facciamo questo esercizio, oggi, di domandarci com’è il nostro cuore: è fermo o no? E se è fermo, dove si ferma? Nelle cose o nello Spirito Santo? Ci farà bene!»

Il cristiano abbia un cuore fisso nello Spirito Santo, non un cuore ballerino che va da una parte all’altra. E’ quanto sottolineato da Papa Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Pontefice ha incentrato la sua omelia su San Paolo che, ha detto, fu capace di evangelizzare senza sosta perché il suo cuore riceveva fermezza dallo Spirito Santo. Com’è il nostro cuore? Papa Francesco ha svolto la sua omelia sul binomio "movimentofermezza" nel cuore dei cristiani. Il Papa ha preso spunto dalla Prima Lettura, tratta dagli Atti degli Apostoli, dove possiamo ammirare l’impegno per l’evangelizzazione di San Paolo, che ha "cuore fermo ma in continuo movimento". L’Apostolo delle Genti viene, infatti, da Icònio dove hanno tentato di ucciderlo, ma non si lamenta per questo. Va avanti ad evangelizzare nella zona della Licaònia e, nel nome del Signore, guarisce un paralitico. Succede così che i pagani, avendo visto questo miracolo, pensano che Paolo e Barnaba, che lo accompagna, siano degli dei scesi sulla terra, siano Zeus ed Hermes. Paolo, ha osservato il Pontefice, "ha fatto fatica per convincerli che loro erano uomini". Queste, ha proseguito, "sono le vicende umane nelle quali Paolo viveva": "E noi ne abbiamo tante, tutti noi; noi siamo fra tante vicende, che ci muovono da una parte all’altra. Ma abbiamo chiesto la grazia di avere il cuore fisso, come lo aveva Paolo: per non lamentarsi di quella persecuzione andò a cercare in un’altra città; incominciare a predicare lì; guarire un malato; rendersene conto che quell’uomo aveva la fede sufficiente per essere guarito; poi, calmare questa gente entusiasta che voleva fargli un sacrificio; poi, proclamare che c’è un solo Dio, con il linguaggio culturale loro. Ma, una cosa dietro l’altra... E questo soltanto viene da un cuore fisso". "Dove aveva il cuore Paolo - è la domanda di Francesco - per fare tanti cambiamenti in poco tempo e venire incontro alle situazioni in un modo adeguato?" Nel Vangelo, ha affermato il Papa, Gesù ci dice che lo Spirito Santo, inviato dal Padre, "insegnerà ogni cosa" e "ricorderà tutto ciò" che Lui aveva detto. Il cuore di San Paolo, dunque, "è fisso nello Spirito Santo", questo

"dono che Gesù ci ha mandato". E tutti noi, ha avvertito, "se vogliamo trovare fermezza nella nostra vita" dobbiamo "andare da Lui. Lui è nel nostro cuore, lo abbiamo ricevuto nel Battesimo". Lo Spirito Santo, ha riaffermato, "ci dà forza, ci dà questa fermezza per andare avanti nella vita fra tante vicende". E Gesù, ha soggiunto, ci dice "due cose" dello Spirito Santo: "Vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò" che ho detto. Ed è proprio quello che accade con San Paolo: "gli insegna e gli ricorda" il "messaggio di salvezza". E’ lo Spirito Santo che dà fermezza al suo cuore:

vicende col cuore fisso, che sa dove è? E l’unico che dà fermezza al nostro cuore è lo Spirito Santo. Ci farà bene pensare che noi abbiamo un bel dono, che ci ha lasciato Gesù, questo Spirito di fortezza, di consiglio, che ci aiuta ad andare avanti in mezzo, andare avanti fra le vicende di tutti i giorni. Facciamo questo esercizio, oggi, di domandarci com’è il nostro cuore: è fermo o no? E se è fermo, dove si ferma? Nelle cose o nello Spirito Santo? Ci farà bene!"

"Con questo esempio, possiamo oggi chiederci: com’è il mio cuore? E’ un cuore che sembra un ballerino, che va da una parte all’altra, che sembra una farfalla, che oggi piace questo..., che va sempre in movimento; è un cuore che si spaventa delle vicende della vita, e si nasconde e ha paura di dare testimonianza di Gesù Cristo; è un cuore coraggioso o è un cuore che ha tanto timore e cerca sempre di nascondersi? Di che cosa ha cura il nostro cuore? Qual è il tesoro al quale il nostro cuore è attaccato? E’ un cuore fisso nelle creature, nei problemi che tutti abbiamo? E’ un cuore fisso negli dei di tutti i giorni o è un cuore fisso nello Spirito Santo?"

La gioia è "il sigillo del cristiano", anche nei dolori e nelle tribolazioni. E’ quanto affermato da Francesco nella Messa mattutina a Casa Santa Marta. Il Papa ha ribadito che è impossibile un cristiano triste ed ha sottolineato che è lo Spirito Santo che ci insegna ad amare e ci riempie di gioia.

Il Papa ha affermato che ci farà bene domandarci "dov’è la fermezza del nostro cuore". E anche "fare memoria di tante vicende che noi abbiamo ogni giorno: a casa, nel lavoro, con i figli, con la gente che abita con noi, con i compagni di lavoro, con tutti": "Io mi lascio portare da ognuna o vado a queste

La gioia sigillo del cristiano

Gesù, ha esordito Papa Francesco, prima di andare in Cielo, ha parlato di tante cose, ma si soffermava sempre su "tre parole chiave": "Pace, amore e gioia". Sulla pace, ha ribadito, "ci diceva che non ci dà una pace, come la dà il mondo", ma ci dà una "pace per sempre". Sull’amore, ha proseguito, ha detto tante volte "che il comandamento era amare Dio e amare il prossimo" e ha fatto quasi un "protocollo", in Matteo 25, "sul quale noi tutti saremo giudicati". Nel Vangelo odierno, ha quindi osservato, "Gesù sull’amore dice una cosa nuova: ’Non solo amate, ma rimanete nel mio amore’": "La vocazione cristiana è questo: rimanere nell’amore di Dio, cioè, respirare, vivere di quell’ossigeno, vivere di quell’aria. Rimanere nell’amore di Dio. E con

questo chiude la profondità del suo discorso sull’amore e va avanti. E com’è l’amore suo? ’Come il Padre ha amato me, anche Io ho amato voi’. E’ un amore che viene dal Padre. Il rapporto d’amore fra Lui e il Padre è anche un rapporto d’amore fra Lui e noi. E a noi chiede di rimanere in questo amore, che viene dal Padre". "Una pace - ha ripreso - che non viene dal mondo, la dà Lui. Un amore che non viene dal mondo, che viene dal Padre". Quindi, Papa Francesco si è soffermato sull’esortazione di Gesù: "Rimanete nel mio amore". Il segno che noi "rimaniamo nell’amore di Gesù", ha evidenziato, "è custodire i Comandamenti". Non basta seguirli. "Quando noi rimaniamo nell’amore - ha detto - sono i Comandamenti che vengono da soli, dall’amore". L’amore, ha ribadito, "ci porta a compiere i Comandamenti, così, naturalmente. La radice dell’amore fiorisce nei Comandamenti". E questi, è stata la sua riflessione, sono "come il filo" che lega una "catena: il Padre, Gesù, noi". Francesco ha così rivolto l’attenzione alla gioia: "La gioia, che è come il segno del cristiano. Un cristiano senza gioia o non è cristiano o è ammalato. Non c’è un’altra! La sua salute non va bene lì! La salute cristiana. La gioia! Una volta ho detto che ci sono cristiani con la faccia da peperoncino in aceto… Sempre la faccia così! Anche l’anima così, questo è brutto! Questi non sono cristiani. Un cristiano senza gioia non è cristiano. E’ come il sigillo del cristiano, la gioia. Anche nei dolori, nelle tribolazioni, nelle persecuzioni pure". Dei primi martiri, ha rammentato, si diceva che andavano "al martirio come se andassero a nozze". E’ la gioia del cristiano, ha detto, "che custodisce la pace e custodisce l’amore". Pace, amore e gioia, "tre parole che Gesù ci lascia". E chi fa questa pace, questo amore, "chi - si è domandato il Papa - ci dà la gioia? E’ lo Spirito Santo": "Il grande dimenticato della nostra vita! Io avrei voglia di domandarvi - ma non lo farò, eh! - di domandarvi: quanti di voi pregate lo Spirito Santo? Non alzate la mano... E’ il gran dimenticato, il grande dimenticato! E Lui è il dono, il dono che ci dà la pace, che ci insegna ad amare e che ci riempie di gioia. Nella preghiera abbiamo chiesto al Signore: ’Custodisci il tuo dono’. Abbiamo chiesto la grazia che il Signore custodisca lo Spirito Santo in noi. Il Signore ci dia questa grazia: di custodire sempre lo Spirito Santo in noi, quello Spirito che ci insegna ad amare, ci riempie di gioia e ci dà la pace".

dalla CASA

Rimanere nell’amore di Dio

S. MARTA

LE OMELIE DI ...PAPA FRANCESCO.........


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8 giugno 2014

RIFLETTIAMO insieme di don Piergiorgio Paolini

IL VALORE DELLA SUA AMICIZIA oi siete miei amici» (Gv 15,14). «rivolge VCon queste parole Gesù si ai suoi discepoli per prospettare loro una relazione nuova che supera quella tra maestro e discepoli. Il motivo di questo cambiamento di prospettiva è dovuto a quello che Gesù ha fatto: «vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi» (Gv 15,15). Gesù non ha tenuto niente per sé ma ha rivelato tutto il segreto che il Padre gli aveva affidato: ora i discepoli suoi amici ne sono a parte. Non si ferma qui l’amicizia di Gesù per i discepoli ma si spinge molto più avanti: «nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Gv 15,13). Gesù è l’amico che dà la vita per i suoi amici; egli li ama e si spinge sino a donare la sua vita per loro. Lo aveva già mostrato quando aveva loro lavato i piedi e quindi facendosi loro servo; lo mostrerà morendo sulla croce. Essere suoi amici è dunque un dono, frutto della sua scelta: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» (Gv 15,16). È stato lui a sceglierli: un dono di cui essi debbono essere coscienti. Tuttavia Gesù pone una condizione al dono della sua amicizia e di tutti i segreti che essa porta con sé: «voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando» (Gv 15,14). Qual è il comando di Gesù? «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi» (Gv 15,12). L’amore di Gesù è prima di tutto un dono che va accolto; non può però essere tenuto per sé ma va scambiato: gli amici di Gesù si amano e mostrano questo amore nello stesso modo con cui lo ha vissuto Gesù, cioè donando la vita. Tutti questi sono elementi che ho ripreso dal vangelo di Giovanni (Gv 15,12-17). Essi definiscono la nostra vita cristiana L’amore di Gesù perché sono è prima di tutto parole un dono che va rivolte a noi, accolto; non può però essere tenuto discepoli del tempo per sé ma va presente. Tutto parte scambiato: dalla gli amici di Gesù coscienza di essere si amano da lui e mostrano questo scelti come suoi amore nello stesso amici: lo siamo per modo con cui un dono lo ha vissuto che ci è stato fatto Gesù, cioè nel donando la vita battesimo. Gesù ci mostra la sua amicizia donandoci la sua parola: mette a parte i suoi segreti con noi; ma noi ci poniamo in ascolto serio e profondo della sua parola? Poi Gesù ci dona se stesso nell’Eucarestia: è il segno del suo amore compiuto una volta sola ma perennemente presente nella Chiesa. Anche qui la domanda: siamo coscienti della grandezza di questo dono? Infine Gesù ci detta la condizione per rimanere nella relazione con lui come amici: amarci come lui ci ha amato. Facile a dirsi ma difficile viverlo! Eppure è questo il tratto distintivo dei suoi amici: capaci di recepire il suo dono per condividerlo con gli altri.

All’Istituto L’IMMACOLATA Come ogni anno all’Istituto L’Immacolata bambini, genitori e insegnanti si sono riuniti per fare festa: la festa dedicata alla famiglia! gni anno è un tripudio di colori, di sapori, di volti sorridenti: 300 bambini e ragazzi della scuola materna e elementare Immacolata, con i loro insegnanti, genitori, nonni e amici, si danno appuntamento nel giardino della scuola per fare festa. Ed ogni anno è una festa davvero grande: nella mattina ogni classe allestisce il suo stand, secondo il tema del programma scolastico: «Il Giardino», per questo 2014, e poi nel pomeriggio via alla festa. Tanti giochi da fare insieme, bancarelle con destinazione beneficienza, bontà culinarie preparate da mamme e babbi, cuochi sopraffini pieni di fantasia, il saluto del grande capo il Vescovo Simone e poi il momento finale, tanto atteso da tutti: i giovanissimi "fiori" della scuola schierati nel prato a cantare tante canzoni dense di significato. E la conclusione: due mongolfiere con appesi desideri e foto dei ragazzi lanciate in aria verso il cielo, affidando a Dio la vita di questi giovanissimi e ricordando chi non c’è più, ma accompagna e sostiene lo stesso, anzi, lo fa ancora più da vicino! In questa data ogni anno una quinta classe saluta la scuola, preparando un piccolo momento di festa nella festa, ed ogni volta anche questo è un tempo di emozione e commozio-

2 Giugno: Festa della Famiglia

A scuola...in famiglia!

O

ne e sono molte le lacrime che rigano i volti di grandi e piccoli, perché l’Immacolata non è una scuola come le altre: è un posto dove ci si sente a casa, è una famiglia dove ci si vuol bene, si discute e si fa la pace, dove si cresce insieme, bambini, famiglie, insegnanti, e le suore...che se non ci fossero, non sarebbe la stessa cosa! c.d. Si ringrazia Orietta Caponera, Ilaria Banchini e David Bozzi per le foto.Tutte le foto e i video della festa sulla pagina facebook Scuola L’immacolata

La festa della MADONNA DEL BUON RIMEDIO

I padri Trinitari e il loro impegno a liberare gli uomini da ogni schiavitù er la chiusura del mese mariano, la Madonna del Buon Rimedio, protettrice dell’Ordine dei Padri Trinitari della Parrocchia di San Ferdinando in Crocetta, ha visitato tutto il quartiere della Venezia per poi salire sul gozzo messo a disposizione dalla Cantina del Venezia e giungere così davanti alla Capitaneria di Porto dove sono stati ricordati tutti i caduti del mare al suono della tromba che ha intonato «Il silenzio». Questa processione giunta al quindicesimo anno di vita, è stata voluta dai Padri Trinitari per ricordare la prima redenzione da loro operata, quando venuti a Livorno su invito del Granduca Ferdinando, si insediarono nel quartiere della Venezia e nel 1653 guidati dal Padre Francesco di San Lorenzo, riportarono dalla Tunisia 28 schiavi liberati dai musulmani. E’ quella dei Trinitari una bellissima e travagliata storia che ha visto molti frati offrire la loro vita durante i secoli per riscattare i cristiani e a tutt’oggi il loro impegno è per liberare l’uomo dalle nuove schiavitù: alcool, droga, prostituzione ecc. e il padre trinitario Michele Siggillino, cappellano alle carceri di Livorno, con tanta abnegazione offre il proprio aiuto ai carcerati perché la dignità di ciascuno sia sempre preservata e difesa. La processione ha visto una folta partecipazione di persone che hanno pregato e cantato insieme alla corale Sarda. Il Vescovo mons. Simone Giusti a chiusura della commovente cerimonia ha

P

Le foto gentilmente concesse da Roberto Olivato raffigurano la statua della Madonna del Buon Rimedio durante la processione nel Quartiere, e poi a bordo del gozzo delVenezia

chiesto alla Madonna del Buon Rimedio di liberare l’uomo dalla schiavitù dell’egoismo. La società odierna ha dimenticato il «noi» e parla sempre in

prima persona: «I Trinitari, offrirono e offrono la loro vita perché hanno la coscienza del bene comune, di una comunità che deve essere aiutata e protetta!» Purtroppo oggi è l’Io a prevalere per cui con il relativismo etico si arriva alla follia di uccidere anche i propri figli perché diversamente abili o "non programmati"; così pure nella politica non c’è da stupirsi se non vengono riconosciuti i diritti degli altri e abbiamo avuto il XX secolo che è stato un secolo di morte e devastazione. La Madonna può dunque aiutarci a ritornare alla cultura del dono, della gratuità, alla liberazione dall’egoismo per ritornare ad essere persone capaci d’amore. Monica Cuzzocrea


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■ L’APPROFONDIMENTO a cura di Fabio Figara

Jacopo di Michele è l’autore del quadro trecentesco di S. Maria delle Grazie, oggi esposto all’attenzione dei fedeli all’interno del noto Santuario livornese vvolta da uno sciame di stelle su uno sfondo dorato, il manto azzurro come il cielo, la tunica rossa come il Sangue del Suo amatissimo Figlio, l’attenzione rivolta al Bambino che ne afferra l´orlo del collo alla ricerca del seno materno: una simbologia fortissima in cui la "Madonna Odighitria" di Montenero (oppure Odigitria, dal greco od?géin, “condurre, guidare”, molto cara alla tradizione orientale) rappresenta la Chiesa che si rivolge a Dio per indirizzare l’Umanità verso la Salvezza. L’attribuzione dell’opera è stata a lungo dibattuta finché lo storico dell’arte Mario Salmi non vi scorse la mano del pittore pisano Jacopo di Michele. Il XIV secolo è una vera e propria “età dell’oro” per la pittura pisana, in cui maestranze toscane (e non solo) si trasferiscono nella città d’Arno ottenendo commissioni importanti, e stimolando idee e fermenti culturali che influenzano notevolmente gli autori locali: e così troviamo

A

artisti come Giotto (pala con “San Francesco riceve le stimmate” per la chiesa dedicata al Santo di Assisi) e Cimabue (decorazione dell’abside del Duomo), Simone Martini (Polittico di S. Caterina) e i suoi collaboratori, Bonamico Buffalmacco, che lavora in Camposanto per il noto ciclo di affreschi del “Trionfo della Morte”, e Taddeo Gaddi con le sue “Storie di Giobbe”. E ancora, almeno dalla metà del secolo, Agnolo Gaddi, Spinello Aretino, Taddeo di Bartolo e Francesco di Neri da Volterra: a lui fa capo un gruppo di artisti, tra cui, probabilmente, anche il nostro Jacopo di Michele detto Gera, attivo tra il 1361 ed il 1395, e abitante in Pisa nella parrocchia di S. Nicola. Gera è menzionato nel 1368 come membro di un collegio peritale per la stima dei dipinti proprio di Francesco di Neri presenti in S. Pietro in Vinculis a Pisa; nel 1388 dipinge una tavola per l’ospedale di Ponsacco; oltre a queste e a molte altre opere, si ricorda la colorazione del Crocifisso in marmo sulla porta orientale del Camposanto, portata poi in S. Michele in

Borgo; muore sicuramente nel 1402. Nell’opera di Montenero, forse creata inizialmente per altra destinazione, si scorge quindi una chiara influenza di scuola senese dalla piccola tunica indossata dal Bambino e dal cuscino sul quale è seduta la Vergine; troviamo inoltre legato ad una corda non eccessivamente stretta, e tenuta da Gesù nella mano sinistra, un cardellino, forse un’ipotetica rappresentazione dell’Uomo che, avendo il libero arbitrio, può decidere se rimanervi legato o fuggire: secondo Giorgio Mandalis, invece, “il cardellino

(carduelis), derivando il proprio nome dalla predilezione a nutrirsi di semi di cardo (cardus) è pure simbolo della Passione” (La Madonna di Montenero, pagg. 2224). Attorno all’aureola si può leggere AVE M(ARIA) MATER CHRISTI. Alla luce dei più recenti studi, quindi, l’opera sarebbe da collocarsi nella seconda metà del ‘300 e non al 1345, anno in cui la “leggenda” ne colloca il ritrovamento. Oggi questa meravigliosa icona dell’arte medievale è incastonata nella Gloria modellata dal carrarese Giovanni Baratta e dal nipote di questi Giovanni Cybei,

In aiuto dei Livornesi Al centro dell´attuale Piazza della Vittoria - conosciuta ancora dai Livornesi come Piazza Magenta sorge la chiesa di S. Maria del Soccorso, uno degli edifici sacri da visitare per l’anno giubilare mariano elle grandi calamità (…) si «unN rivelano le insite qualità di popolo» scrive nell’incipit del suo libro Fabrizio Bernardoni, opera datata ma pur sempre di grande interesse per scoprire la storia e l’arte di questo imponente complesso. E, nello specifico, si riferisce all’epidemia di colera che si abbatté su Livorno nell’agosto del 1835, portata da un mercantile (secondo il Piombanti proveniente da Marsiglia). Il morbo provocò subito la fuga di molti abitanti e la morte di un migliaio di persone. Fu così che il 6 settembre di quello stesso anno venne impartita la solenne benedizione da Montenero con la sacra icona trecentesca della Madonna rivolta verso la città. Nei giorni successivi i casi d’infezione e di morte calarono vertiginosamente: per ringraziamento alcuni Livornesi si associarono nella "Deputazione della Patria Impresa" per raccogliere i fondi necessari all’edificazione della nuova Chiesa della Madonna del Soccorso. L’apporto poteva essere in offerte spontanee della popolazione e prestazioni di lavoro in forma gratuita, ma ciò non bastò e il gruppo decise di organizzare così quattro Tombole pubbliche annuali, con tanto di "piano di gioco", per raccogliere i fondi necessari. Ma ciò non bastò, e la

gestione passò così alla Deputazione per le Opere di Pubblica Utilità in Livorno. La costruzione fu affidata a Gaetano Gherardi, che progettò la struttura inglobando la precedente piccola chiesa esistente (oggi Cappella dell’Addolorata, di fianco all’altare), con un´architettura a croce latina con tre navate e la facciata ornata da colonne doriche e tre porte d’ingresso. Nel 1854 venne finanziata dal Municipio la costruzione dell´altare maggiore, completamente in marmo. All´interno il tempio è abbellito da opere d´arte dei migliori artisti livornesi, tra cui Il Miracolo della resurrezione del figlio della vedova di Naim e San Lorenzo che distribuisce in catacomba ai poveri i doni della Chiesa di Enrico Pollastrini, la Benedizione della prima pietra della chiesa di S. Maria del Soccorso e la Madonna

all’interno della chiesa del Santuario di Montenero, dietro l’altare maggiore. PER APPROFONDIRE: Mario Salmi, La Madonna di Montenero, in Liburni Civitas 1, 1928, pp. 83-87; Mario Salmi, Il pittore della Madonna di Montenero, in AA. VV. Mostra iconografica della Madonna di Montenero. Catalogo e note, Livorno, Stella del Mare, maggiodicembre 1967 Nicola R.Vasaturo, Santuario di Montenero – frammenti di Storia, Livorno, Comunità Monastica di Montenero Giorgio Mandalis, La Madonna di Montenero dalla leggenda alla storia, Fucecchio (FI), Edizioni dell’Erba, 2012

della Consolazione di Cesare Bartolena, varie sculture marmoree e, di autore ignoto del XIX secolo, il quadro della Madonna del Soccorso. Di notevole importanza anche il reliquiario, donato dalla famiglia Bertagni all’Impresa Patria, contenente reliquie di vari Santi e oggi posto nella cappella "Tutti i Santi", coperto da tre sportelli di velluto rosso e visionabile solo per il periodo della festa del 1° e 2 Novembre. Da sottolineare il ritrovamento dell’opera, attribuita con certezza al Beato Angelico e oggi esposta in Duomo, della "Testa del Redentore". Data l’ampiezza dell’edificio, in questi due secoli è stato il centro di varie manifestazioni religiose livornesi e non solo: il "Primo Congresso Mariano Nazionale", ad esempio, vi si svolse tra il 18 e il 21 Agosto 1895, con la benedizione di Papa Leone XIII. Nella foto il quadro del Bartolena che raffigura la posa della prima pietra della chiesa del Soccorso PER APPROFONDIRE AA.VV. Atti del Primo Congresso Mariano Nazionale tenuto in Livorno nei giorni 18, 19 ,20 ,21 Agosto 1895, Livorno,Tip. G. Fabbreschi, 1897 Fabrizio Bernardoni, Il tempio votivo di S. Maria del Soccorso. Guida storica e artistica, Livorno, U. Bastogi Editore, 1980; Enrico Zucchi, Chiesa di S. Maria del Soccorso a Livorno, volume 1, Livorno, Archivio diocesano Livorno, 2009 Enrico Zucchi, Chiesa di S. Maria del Soccorso a Livorno, volume 2, Livorno, Archivio diocesano Livorno, 2010

Nell’anno di MARIA

QUANDO «GERA» DIPINSE LA MADONNA DI MONTENERO


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